13.11.20

STORIE DI COVID La specialista di un grande ospedale di Torino a 40 anni vuole lasciare la sanità pubblica

  DA  REPUBBLICA   12\11\2020 

La specialista di un grande ospedale di Torino a 40 anni vuole lasciare la sanità pubblica: "Siamo sfiniti e adirati, quanto sta succedendo, dopo l'emergenza dello scorso marzo, non è accettabile"


 Torino -  Maria non vuole rivelare il suo nome, vuole licenziarsi e ne ha parlato con il sindacato. "Ho chiesto un congedo, ma ho deciso, lascio la sanità pubblica. Così non è più possibile andare avanti". Ha 40 anni, è specialista di area medica e lavora in un grande ospedale torinese. Le sue parole sono taglienti. Ad abbandonare la vita dell'ospedale per andare nel privato, ammette, aveva già pensato poco prima che il Covid arrivasse a sconvolgere la vita di medici e infermieri "perché - spiega - da tempo assisto a scelte che compromettono l'efficacia del nostro lavoro". Ora però quel proposito è diventato ben più di una tentazione.Il suo non è solo il racconto, più volte ascoltato in primavera, di una immensa stanchezza per i turni che saltano e le direttive che cambiano di continuo, dello scoramento e dell'empatia per il dolore dei pazienti, il senso di colpa per i figli piccoli trascurati. La fatica c'è, il senso di colpa pure, ma a prevalere adesso è lo sconforto per quello che si sarebbe potuto fare e non è stato fatto, la delusione per i pazienti che non sono ammalati di Covid e non potranno essere seguiti. Anche la paura di non essere all'altezza quando questa volta c'era il tempo per prepararsi: "Siamo sfiniti e adirati. Il reparto dove lavoro è diventato Covid e non lo era durante la prima ondata, ma nessuno questa estate ha pensato di organizzare qualche corso di formazione per insegnarci un mestiere che non sappiamo fare. Allora il disagio era accettabile, ora no. Tutto era totalmente prevedibile, inutile raccontarcela. Se ci fosse stata una pianificazione durante i mesi di tranquillità adesso saremmo più sicuri, non avremmo addosso questa sensazione di costante incertezza".


Le decisioni, dice ancora "non sono prese di giorno in giorno, ma di minuto in minuto. Respingo questa idea dell'emergenza e sono certa che a pensarla come me sono tutti i miei colleghi". Il rapporto con i pazienti è diventato più difficile e anche in questo caso Maria non fa sconti: "Chi non è ammalato di Covid è molto arrabbiato, deve rinunciare a visite e esami, in molti casi gli stessi che erano stati annullati mesi fa. Un diritto negato che genera intolleranza. Io capisco la loro rabbia. I pazienti Covid invece sono lì spaesati, le cure sono certamente garantite ma la modalità è quella di una maxi-emergenza, con standard che sarebbero scarsamente accettabili in una condizione ordinaria". Chi parla di missione del medico "non mi trova d'accordo. Per questo me ne vado. La nostra è una professione. Siamo chiamati a una grande responsabilità a cui non ci siamo mai sottratti, ma non siamo missionari".

12.11.20

ma che insegnante è una docente che colpevolizza la vittima, per giunta minorenne, e non i carnefici ? il caso dello Studente si masturba durante la dad e i compagni diffondono il video. Ma per l’insegnante la colpa è del ragazzo

   da    https://www.tpi.it/cronaca/


                    Di Selvaggia Lucarelli

Pubblicato il 12 Nov. 2020 alle 17:47Aggiornato il 12 Nov. 2020 alle 17:49
Immagine di copertina

Siamo in una grande provincia del Nord, durante una delle tante mattinate di didattica online per gli studenti delle superiori. In una seconda, la professoressa sta facendo lezione durante la quinta e la sesta ora. Interroga un paio di ragazzi, poi intorno all’una va in pausa, visto che tra le due ore di lezione ci sono 10 minuti di intervallo. A questo punto succede un episodio spiacevole. Uno degli studenti quindicenni pensa di essersi momentaneamente scollegato e inizia a masturbarsi mentre gli altri – quelli rimasti davanti al monitor – lo vedono in video. E purtroppo, anziché avvisarlo, qualcuno si mette a filmarlo col suo cellulare.La lezione riprende poi normalmente ma chi ha girato quel video inizia a inoltrarlo agli amici che lo inoltrano agli amici, finché tutto non finisce su Telegram. In pratica, il video di un minore rubato alla sua intimità, diventa qualcosa su di cui ridere e divertirsi. La voce arriva alla scuola e alla presidenza che immediatamente convoca una riunione d’urgenza. Intanto, il ragazzino, comprensibilmente traumatizzato dall’accaduto, va a sporgere denuncia alla polizia postale con i suoi genitori.Un fatto orrendo, che sarebbe già sufficientemente schifoso per il comportamento degli alunni che lo hanno filmato e di quelli che hanno diffuso il video anche sui social. Riesce però a fare di peggio solo l’insegnante che faceva lezione durante l’ora in cui è accaduto il fatto. Insegnante che, come raccontato da alcuni genitori e come verificato accuratamente da chi scrive, ha inviato una lunga nota vocale alla quinta superiore (evidentemente supponendo che il video stesse girando anche tra i maggiorenni) in cui non se la prende con chi ha diffuso il video, ma col povero ragazzino. Con la vittima, in pratica.“L’insegnante dice testualmente che quel video con quel “cretino” che fa “quella manchiata là” va bloccato”, racconta la madre di uno studente. E pure che “ne va del buon nome della scuola e anche di quel cretino che deve essere a suo avviso sanzionato come Dio comanda”. Capito? Va sanzionato il ragazzino, non i compagni.E si preoccupa non dello stato psicologico dello studente quindicenne, ma della reputazione dell’istituto. Non solo, sempre in questo messaggio alla classe aggiunge anche che è in moto la polizia postale da circa un’ora, quindi i ragazzi devono stare attenti. Li esorta proprio a cancellare il video, dice “Bruciatilu!” in siciliano. Quindi li avvisa pure, così che magari possano cancellare tutte le prove della diffusione. “E non solo”, racconta la mamma, “ma si lamenta con i ragazzi perché dice che a questo punto non può più stare tranquilla neppure con loro quando va in pausa perché “ci sono persone perverse che fanno queste cose”, lamentandosi pure perché “questo tipo” l’aveva pure interrogato l’ora dopo”. Insomma, nella speranza che questo video venga intercettato dalla polizia postale e i responsabili puniti, viene da chiedersi: ma che insegnante è una docente che colpevolizza la vittima, per giunta minorenne, e non i carnefici? E non solo: l’invito a “bruciare” quel video, a eliminare le prove della diffusione perché è venuta al corrente della denuncia in polizia è un comportamento ai confini della legalità su cui io, se fossi al posto dei genitori del ragazzino, inviterei ad indagare.

Ho Perso Le Parole davanti a casi come quello di Genovese

in sottofondo 

pagina facebook  Ihaveavoice ripreso dalla mia

 
 
 
Maria Patanè
3h ·


Drogata, mani e piedi incatenati, tenuta al guinzaglio, violentata con torture sadiche per oltre 20 ore, a ripetizione.
Una guardia del corpo fuori dalla stanza degli orrori per garantire che lo stupratore non venisse disturbato.
Lei una giovane modella 18enne, lui un ricco imprenditore.
È riuscita a scappare seminuda, ricoperta da un lenzuolo insanguinato, con una sola scarpa.
Il corpo martoriato, 25 giorni di prognosi, ma la ferita psicologica ed emotiva sarà devastante per chissà quanto tempo.
Le immagini ritrovate dagli inquirenti nel video delle telecamere di sicurezza sono raccapriccianti. Mai si era vista tanta ferocia e a tanto accanimento, drogata e violentata, più e più volte in una specie di ossessione: il corpo della modella aveva assunto una posizione innaturale per poi irrigidirsi. L'uomo si droga di nuovo e di nuovo droga lei. Poi ricomincia a violentarla. La ragazza per ore non dà quasi alcun segno di vita. Ma lui continua, con disprezzo. Le preme un cuscino sul viso e le stringe il collo per 8 secondi, rischiando di soffocarla, poi la filma mentre nuda, stremata dalle violenza, si lascia andare e la testa cade all’indietro dal bordo del letto.
E lei non è la sola, la lista di donne violentate con questi metodi si allunga di giorno in giorno. Tutte giovani modelle, invitate alle feste lussuose dell'imprenditore, dove scorrevano fiumi di champagne e droga a 4000 euro al grammo, offerta su vassoi d'argento.
Il multimilionario Alberto Genovese, quando sono arrivati gli inquirenti, non voleva nemmeno aprire, rispondendo con un delirio di onnipotenza “Non sapete chi sono io”. Non ha mostrato alcun segno di ravvedimento o alcun senso di pietà verso la vittima. Ha tentato di giustificarsi dicendo: “Non è colpa mia, è la droga, sono vittima” e poi “sono una persona a posto che non farebbe mai nulla di male... Sono una brava persona” e addirittura "Io pensavo di essere innamorato".

Genovese potrebbe essere collegato all'indagine bolognese chiamata 'Villa Inferno' su festini a base cocaina e sesso con minorenni.
Emerge un mondo violento e depravato, fatto di potere e denaro, dove le donne non sono altro che un oggetto da usare con disprezzo, un mezzo per esaltare la propria convinzione di dominio assoluto, di supremazia, persuasi che con la ricchezza si possa comprare tutto, compresa la vita altrui e la legalità.
Un mondo questo che non è un'eccezione, ma si verifica molto più spesso di quanto si voglia credere. Uomini che detengono potere e ricchezza che abusano di donne che non hanno gli stessi mezzi, sicuri del fatto che le donne avranno paura di denunciare e loro la faranno franca.
Le sperequazioni di genere portano anche a questo, sono due lati della stessa medaglia. Ecco perché la lotta contro le violenze va affiancata alla lotta per la parità.
Drogata, mani e piedi incatenati, tenuta al guinzaglio, violentata con torture sadiche per oltre 20 ore, a ripetizione.
Una guardia del corpo fuori dalla stanza degli orrori per garantire che lo stupratore non venisse disturbato.
Lei una giovane modella 18enne, lui un ricco imprenditore.
È riuscita a scappare seminuda, ricoperta da un lenzuolo insanguinato, con una sola scarpa.
Il corpo martoriato, 25 giorni di prognosi, ma la ferita psicologica ed emotiva sarà devastante per chissà quanto tempo.
Le immagini ritrovate dagli inquirenti nel video delle telecamere di sicurezza sono raccapriccianti. Mai si era vista tanta ferocia e a tanto accanimento, drogata e violentata, più e più volte in una specie di ossessione: il corpo della modella aveva assunto una posizione innaturale per poi irrigidirsi. L'uomo si droga di nuovo e di nuovo droga lei. Poi ricomincia a violentarla. La ragazza per ore non dà quasi alcun segno di vita. Ma lui continua, con disprezzo. Le preme un cuscino sul viso e le stringe il collo per 8 secondi, rischiando di soffocarla, poi la filma mentre nuda, stremata dalle violenza, si lascia andare e la testa cade all’indietro dal bordo del letto.
E lei non è la sola, la lista di donne violentate con questi metodi si allunga di giorno in giorno. Tutte giovani modelle, invitate alle feste lussuose dell'imprenditore, dove scorrevano fiumi di champagne e droga a 4000 euro al grammo, offerta su vassoi d'argento.
Il multimilionario Alberto Genovese, quando sono arrivati gli inquirenti, non voleva nemmeno aprire, rispondendo con un delirio di onnipotenza “Non sapete chi sono io”. Non ha mostrato alcun segno di ravvedimento o alcun senso di pietà verso la vittima. Ha tentato di giustificarsi dicendo: “Non è colpa mia, è la droga, sono vittima” e poi “sono una persona a posto che non farebbe mai nulla di male... Sono una brava persona” e addirittura "Io pensavo di essere innamorato".
Genovese potrebbe essere collegato all'indagine bolognese chiamata 'Villa Inferno' su festini a base cocaina e sesso con minorenni.
Emerge un mondo violento e depravato, fatto di potere e denaro, dove le donne non sono altro che un oggetto da usare con disprezzo, un mezzo per esaltare la propria convinzione di dominio assoluto, di supremazia, persuasi che con la ricchezza si possa comprare tutto, compresa la vita altrui e la legalità.
Un mondo questo che non è un'eccezione, ma si verifica molto più spesso di quanto si voglia credere. Uomini che detengono potere e ricchezza che abusano di donne che non hanno gli stessi mezzi, sicuri del fatto che le donne avranno paura di denunciare e loro la faranno franca.
Le sperequazioni di genere portano anche a questo, sono due lati della stessa medaglia. Ecco perché la lotta contro le violenze va affiancata alla lotta per la parità.

Ihaveavoice

10.11.20

il fatto di carignano e l'opinione pubblica

 in sottofondo   \   colonna  sonora   :
Il Figlio del re -Piero Marras


  di  cosa  stiamo  parlando

Torino, spara alla moglie e ai due figli gemelli, poi si uccide. Morti la donna e uno dei bimbi, grave la sorellina



È successo a Carignano, un paesino a mezz'ora di distanza dal capoluogo piemontese. L'uomo ha sparato anche al cane di casa prima di suicidarsi. Stando a quanto emerso finora, l’arma utilizzata, una pistola, era detenuta in modo legale


Dovrei  concordare   <<  di fronte a tutto ciò, non ci vien da dire che "ogni commento è superfluo >>?



l'autore  che   dello screenshot  \  schermata     riportata  sopra  .
Ma  non ce  la  faccio ,   soprattutto     dopo   che  ho letto  certi commenti   da  .....  , a  trattenere   nè  le mani    nè  i pensieri che  affollano  la mia mente che ho buttato giù   su un quaderno  e  che  qui   riporto   per  condividerli con voi , anziché lasciarli nel vento.    
Ci dovrebbero  essere  , ma  non sempre  è possibile come ho  detto prima ,   momenti   in cui è meglio  tacere    e rimanere  in  silenzio   che    gettare  💩💩☠🤬😡👿 ed odio .  L'unica  cosa  che mi sento da  dire     a queste persone     che mi ricordano  un vecchio me   , di smetterla   di  attaccare  le vittime  e vedere   in esse     a torto  (  in questo  caso )   o a ragione  ,  insomma  di giudicare  . La stessa  cosa dico per  i giornalisti   ovviamente    senza  generalizzare   perchè  ci sono   ( e  stavolta    gli devo  riconoscere   )   giornalisti    che  lo evidenziano  bene  , vedere   video sotto  . 
Omicidio-suicidio a Carignano, Elena Stancanelli: "Sono uomini incapaci di tirare fuori di sè un disagio anche minuscolo"
Ora chi mi legge    dirà  :  ma come   fare  ?   


È facile giudicare senza accorgersene: per esempio potresti essere convinto di sapere in quale modo bisogna apparire, pensare e agire. Sebbene l'idea di aver capito e classificato tutto possa metterti a tuo agio, questo atteggiamento può impedirti di stringere nuove amicizie e fare nuove esperienze. Fortunatamente puoi imparare a essere meno critico cambiando il tuo punto di vista, ampliando i tuoi orizzonti e mantenendo la mente aperta.[....] Un atteggiamento critico o saccente può creare tensioni sul posto di lavoro e nelle relazioni personali, ma non è così semplice correggere il proprio modo di pensare. Per esprimere giudizi meno severi nei confronti degli altri sono necessari tempo e pratica, ma esistono vari modi per cambiare punto di vista. Ad esempio, si può imparare a mettere in discussione le proprie opinioni, concentrarsi sui punti di forza della gente e presentare le proprie critiche in maniera costruttiva, anziché dura e negativa. Dopo un po', ci si abituerà ad apprezzare e incoraggiare le persone invece di giudicarle e criticarle. (  introduzione    degli  articoli   di  https://www.wikihow.it/ ) 
 
quando non  serve   e non è necessario 
Lo so che  non è semplice     a  volte  neppure  io  ci riesco  a 100 %   possiamo , ovviamente  seguire  quanto dicono  questi due  articoli 
adattandoli  al proprio io     visto che ciascuno\a  di noi  ha (  ed   ha  avuto  )  una  diversa  formazione culturale   e  psicologica
Lo so  per  esperienza   personale   (  creata  ed  ancora  in formazione    lottando  contro   i condizionamenti   ed imposizioni  altrui     vedere   colonna  sonora  )  che  prima   impariamo  a   smettere   o    controllarci    nel giudicare \ criticare     quando non serve ,   un comunicazione   violenta  \  non ostile  [ I  II ]  ed  a metterlo  in pratica  nella  nostra  quotidianità   si avrebbe  una  fortissima    riduzione  dell'odio e della merda   del veleno  che  intossica  la  rete   e non solo 

9.11.20

INFLUENCER Giustamente , cavalca l' influenza e diventa influencer. Angela Chianello registra video senza mascherina a Mondello: denunciata e sanzionata dalla polizia

leggo  su  fb     news  confermata  poi  da   altri  quotidiani   in  rete  .

 Leggo su repubblicaonline   




Angela Chianello registra video senza mascherina a Mondello

denunciata e sanzionata dalla polizia
Convocata in commissariato da Manfredi Borsellino. Contestata la violazione delle norme anti-Covid, partirà anche una segnalazione in procura



Stretta in un abito di pailettes dorate Angela Chianello, che conta 172mila follower su Instagram, nel videoclip registrato canta "Non ce n'è, non ce n'è, non c'è niente" e ancora: "Buongiorno da Mondello", mentre un gruppetto di ragazzi, tutti senza mascherine e stretti gli uni agli altri, le balla intorno.
Finisce al commissariato Angela Chianello, la casalinga palermitana diventata famosa dopo una intervista in cui ha detto "Non ce n'è Coviddi", diventato un tormentone. Dopo avere registrato, ieri mattina, un videoclip in cui canta e balla sulla spiaggia di Mondello, accompagnata da un gruppo di giovani, tutti senza mascherina, è stata convocata al commissariato di Mondello dove è stata sentita dal vicequestore aggiunto Manfredi Borsellino. Con lei è stato sentito anche il suo agente. 



   dal  suo  account  credevo che avesse, ma evidentemente m'ero illuso , dopo la sua precedente uscita  


La signora del "Non ce n'è Coviddi" diventa influencer su Instagram: è polemica sui social


avesse cambiato idea

Angela, la signora di 'non ce n'è Coviddi' fa marcia indietro: "Indossiamo la mascherina, ora siamo messi male"

.invece     questa  sua ultima uscita    dimostra  il contrario   .    cosa  non si  fa  pur   d'avere  ospitate  ed  fama  ,  si  preferisce    farsi vedere idioti   quando  magari non lo    si   è .  ha  ragione   questa  mia amica  (  a cui ho  , fregato    la  frase  , usandola  come titolo  )  :  <<  INFLUENCER Giustamente , cavalca l' influenza e diventa influencer  >>

il sindaco di PARETE ( CE ) – Gino Pellegrino ‘dirotta’ i soldi per le luminarie del natale sull’assistenza sanitaria per il covid : una convenzione con una società di ambulanze private per garantire la prima assistenza


 leggo su alcune  bacheche     di   fb   il post (  news  confermata   e  verificata     leggendo  online   i  giornali locali fra  cui https://www.casertafocus.net/    da  cui ho     tratto  una foto del post  )  .


  


 del sindaco di Parete (CE)  un sindaco di una lista  civica    che pensa ai suoi cittadini. Chissà se da noi si farà altrettanto.
Sicuramente queste  festività natalizie  imminenti   saranno   diverse   , nonostante  l'invito   a  comprare  i regali in  rete  ,  da tutti gli altri ma cerchiamo  anche  noi   visto che lo  stato  non riesce  completamente  nei migliori dei modi di uscire da questa emergenza sanitaria che sta distruggendo la vita di tante persone    ed  dando  ad alcune  d'esse  con patologie pregresse il  colpo di grazia . Quindi  oltre    a  quanto   già  detto  ( chi mi segue   su i social   salti pure    e prosegua  nella lettura    del  post  )    precedentemente   in  un mio post  

Gino Pellegrino    sindaco  di Parete (CE )   da  https://www.casertafocus.net/ 


. Quindi  oltre    a  quanto   già  detto  ( chi mi segue   su i social   salti pure    e prosegua  nella lettura    del  post  )    precedentemente   in  un mio post  



 o  in una elle mie condivisioni   



Cari amministratori  ( non solo comunali  )   appena  eletti o  in   carica   prendete    esempio   da  lui   .  Un  sindaco  , indipendentemente    dall'appartenenza  politica  ,   che ha interesse  ai cittadini    e  alla cittadinanza    Non poteva fare scelta migliore 🙂 . Infatti   , peccato che non sia  nella mia città un  sindaco del genere  ,  sono pienamente d’accordo. Anzi anche noi concittadini dovremmo dare il nostro contributo. Aiutiamoci ad abbattere questo emico. E a molti direi anche usate la mascherina e non portatela solo come una collana o braccialetto .   Concludo      con un commento trovato sul  suo account  
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  • Ecco la politica del fare. E del fare bene! A dispetto degli altri Comuni (vedasi, ahimè, Trentola Ducenta) che si disperdono nell'inseguimento dei ragazzini, Parete insegue il concetto di "priorità". Dei fatti e non delle scene fantozziane.

 concludo     complimentandomi   con lui  perchè  non avrebbero senso le luminarie se x via del covid saremmo spenti dentro.... Meglio un'iniziativa sanitaria visto che il nostro sistema sanitario è al tracollo.....

8.11.20

“Sono medico, mi hanno ricoverata per il virus e ora sono bersaglio dei negazionisti. Dicono che noi medici roviniamo le persone”

sconfortato leggo   su   https://www.facebook.com/HuffPostItalia  questa storia

A parlare è Adele Di Costanzo, 27enne dottoressa che vive e lavora a Vicenza nelle Usca (Unità speciali contatti assistenziali  foto  al  lato  ) dove cura pazienti colpiti dal virus a domicilio o nelle case di cura. Il medico qualche giorno fa aveva raccontato la sua esperienza col Covid-19 sui social network :
“Due settimane fa sono stata ricoverata per Covid. Sono quindi passata dall’altro lato. Alla faccia che il Covid non colpisce i giovani e sono tutti asintomatici. Ancora è incredibile come esistano negazionisti, 
persone che sono passate da ‘medici eroi’ a danneggiare 70 auto di medici ed infermieri davanti agli ospedali”, aveva scritto la dottoressa. E ancora: “Si tratta di persone che si fanno in quattro per i cittadini con un rischio, nonostante le protezioni. Vedo città devastate dall’ignoranza, che per stare vicino ai gestori di bar e ristoranti devastano bar e ristoranti stessi. È un periodo nero per tutti e la classe politica di certo non prende scelte facili. Importante è non farsi prendere dal panico e seguire le evidenze scientifiche. Il sonno della ragione genera mostri”.
Dopo il primo post social, la dottoressa Di Costanzo ne ha pubblicato un secondo: “Il Covid c’è, esiste e non guarda in faccia a nessuno... Esprimo semplicemente vicinanza a chi sta male e a chi sta fisicamente bene ma è in difficoltà e ribadisco l’importanza della riflessione e del rispetto”.

infatti concordo con questi due suoi stati espressi sul suo Instagram

”.

Dopo il primo post social, la dottoressa Di Costanzo ne ha pubblicato un secondo: “Il Covid c’è, esiste e non guarda in faccia a nessuno... Esprimo semplicemente vicinanza a chi sta male e a chi sta fisicamente bene ma è in difficoltà e ribadisco l’importanza della riflessione e del rispetto”.










7.11.20

IN AFGHANISTAN Marina, infermiera: «Faccio nascere bambini sotto le bombe»


DA  CORRIERE  DELLA SERA  DEL  5 novembre 2020 (modifica il 6 novembre 2020 | 17:32)

IN AFGHANISTAN

Marina, infermiera: «Faccio nascere bambini sotto le bombe»
Marina Castellano, 58 anni di Torino, è responsabile dell’ospedale materno di Msf a Khost. Nonostante la guerra, le coppie che fanno figli sono tantissime. «Le famiglie numerose si aiutano le une con le altre»
                           di Jacopo Storni


Marina Castellano, torinese di 58 anni, è nello staff di Msf in Afghanistan




C’è la guerra in Afghanistan. L’ultimo attacco pochi giorni fa, a Khost. Un attentato con sei morti e dozzine di feriti. Ma nella guerra non c’è solo morte. Se guardi da vicino, ti accorgi anche del suo opposto, la vita, quella che nasce, tutti i giorni, ad ogni ora, all’ospedale materno infantile di Khost, gestito da Medici Senza Frontiere. Ogni giorno, mentre le bombe esplodono e i kalashnikov gridano, ci sono quasi cento nascite. Neonati che vengono alla luce avvolti dalle tenebre del conflitto, che dovranno diventare adulti prima del tempo. Ma che però sono in vita. E che urlano gioia, sognano pace, proclamano vita oltre la guerra. E poi ci sono loro, le famiglie, quelle famiglie che si ostinano ad avere figli, nonostante tutto. E sono tantissime.
«Perché essere famiglia in Afghanistan è importantissimo, avere una famiglia numerosa fa parte della cultura afghana ma soprattutto significa essere famiglia davvero, cioè aiutarsi gli uni con gli altri, supportarsi, stare insieme, condividere. La famiglia è veramente al centro della vita in Afghanistan». A dirlo è Marina Castellano, torinese di 58 anni, l’infermiera che quei bambini li vede nascere ogni giorno, la responsabile dell’ospedale, per la seconda volta in Afghanistan nelle sue missioni, una terra che le è nel cuore. E ogni volta che nasce qualcuno, è una commozione nuova, forse doppia, proprio perché la nascita è dentro la guerra. E ogni volta, quella nascita, alimenta una nuova speranza.
«È sempre una grande emozione veder nascere un bambino e tutto quello che è legato alla sua nascita», dice. Non ci dovrebbe essere guerra che tenga dentro un ospedale materno. E invece, il richiamo delle armi risuona spesso. «Anche nel nostro ospedale - racconta - capita che la guerra in qualche modo interferisca nella vita delle donne che devono partorire e nella vita dei bambini perché spesso queste donne vivono in villaggi lontano dalla città dove ci sono combattimenti e nel momento del parto non possono accedere alle cure necessarie, oppure non possono arrivare in ospedale in tempo perché la strada non è sicura o magari vengono colpite durante il tragitto da casa all’ospedale».
Fra i tanti parti a cui Marina ha assistito, ce n’è uno indimenticabile, quello di 4 gemelli: «Ad avermi colpito - al di là dei 4 gemelli che pesavano tutti più di un chilo ciascuno e il parto che è avvenuto in modo naturale - è la serenità, il coraggio e la gioia che si leggeva in faccia alla madre. Non si è mai lamentata, non ha mai chiesto nulla a nessuno per il dolore, ha affrontato il travaglio tranquilla e al momento del parto sorrideva nonostante la grande fatica. È stata bellissima ed emozionante l’immagine, che credo non dimenticherò, dei 4 bambini appoggiati sulla sua pancia e lei che li abbracciava tutti e 4 piangendo, così come piangevamo noi infermiere».
Infiniti gli aneddoti che potrebbe raccontare, come quello di lunedì scorso: «Siamo stati svegliati al mattino presto da un attacco sulla città, abbiamo dovuto rifugiarci all’interno della saferoom del compound dove viviamo e allo stesso tempo anche tutto l’ospedale, lo staff e i pazienti hanno dovuto rifugiarsi. Poco prima che iniziasse l’attacco, era stata ammessa una donna al termine della gravidanza con un’emorragia in corso. Alla prima visita il bambino è purtroppo risultato morto, la donna doveva subire un taglio cesareo per fermare l’emorragia e per rimuovere il bambino che era messo di traverso e non poteva essere partorito in modo naturale. La ginecologa Ziya, presente nella saferoom con la donna, tramite radio e telefono ci ha chiesto l’autorizzazione per andare in sala operatoria ma purtroppo il coordinatore di progetto non ha potuto darla: fuori continuavano gli spari, gli attacchi erano troppo vicini e i rischi erano troppo alti. Allora la dottoressa ha deciso di creare una sala operatoria all’interno della saferoom e con l’aiuto delle ostetriche presenti hanno effettuato il taglio cesareo. La donna si è salvata ma se non fossero intervenuti avremmo perso anche lei».

democrazia e covid il caso della chiusura della pagina la pagina Fb che sosteneva che i Pronto Soccorso sono vuoti.

Leggo su https://it.businessinsider.com/ uno dei tanti siti che trovo con l'aggregatore  di news (  qui maggiori  informazioni  )    per  smartphone newsrepublic questo post

Andrea Sparaciari
 6/11/2020 4:00:58 AM
26449



L’ultima azione vittoriosa ha portato alla chiusura della pagina Facebook “Ospedali emergenza Fake”, riferibile a un gruppo di convinti negazionisti del Covid 19 (oltre 6.000 follower), che raccoglieva i filmati dei Pronto soccorso vuoti. Prima ancora erano riusciti a far rimuovere dal social numerosi video complottisti che discettavano del vaccino di Bill Gates, mentre durante il primo lockdown avevano fatto chiudere le pagine dei gruppi che organizzavano rivolte negazioniste in strada.
Tutte medaglie al petto del gruppo #iosonoqui, costola italiana di un network internazionale di attivisti della rete che si battono contro le fake news, l’hate speech, le violenze verbali, e che, dall’originaria Svezia, si è diffuso in 13 Paesi. Oggi conta nel mondo circa 150 mila membri in totale, per lo più nei paesi europei, in Canada e Australia.
La costola italiana è nata circa due anni fa, ma ha iniziato a operare nel 2019 e oggi raggruppa circa 3.500 attivisti, sebbene le sue fila crescano costantemente.
«Rispetto al negazionismo da Covid o alla disinformazione in generale, la nostra attività consiste nel fare “counter speech” (cioè ribattere) per ristabilire la realtà dei fatti, soprattutto se agiamo nei commenti di un post ad alto traffico, magari presente sulla pagina pubblica di un quotidiano», spiega Francesca Ulivi, una delle amministratrici del gruppo, «Oppure segnaliamo a Facebook, se si tratta di gruppi chiusi o di pagine di negazionisti. Non andiamo mai a commentare o ribattere nelle pagine che segnaliamo, il nostro obiettivo, a seconda dei casi, è far cancellare il singolo post offensivo, oppure fare pressione affinché venga rimossa l’intera pagina».
Nato principalmente per combattere minacce, insulti, intimidazioni, razzismo, sessismo e omofobia, in rete, il movimento, con l’esplosione della pandemia ha dovuto concentrarsi principalmente sul negazionismo. Se infatti le 190 azioni portate avanti tra il 31 gennaio e il 17 novembre 2019 hanno riguardato soprattutto “attacchi personali” in prevalenza rivolti contro le donne (31%), “migranti” (17%), “razzismo” (18%), “omofobia” (9%) e “odio generico” (5%) , ora l’attenzione è presa soprattutto da quanti negano il Covid-19 e diffondono bugie.
«Sull’hate speech organizzato potremmo parlare per ore, su come sia facilmente rilevabile il movimento in massa di troll organizzati, con profili tutti fake, stilemi che si ripetono. Non dico sia semplice combatterli, ma poiché il piano di confronto è quello delle parole e dei commenti, sappiamo come farlo e soprattutto dipende da noi. Mentre è molto più frustrante combattere l’onda montante del negazionismo del Covid», si sfoga Ulivi.
«Appena ci imbattiamo in qualcosa che merita attenzione, oltre a segnalare agli amministratori dei social, segnaliamo ai debunker con cui collaboriamo di più, come Butac. Tuttavia le segnalazioni a Facebook cadono a volte nel vuoto».

Alcuni dei post di #iosonoqui contro l’hate speech su Andrea Camilleri.



E c’è un motivo: soventemente i negazionisti montano filmati con immagini che in sé non veicolano un messaggio falso. Tuttavia le clip sono spesso accompagnate da scritti e commenti che invece trasudano di falsità. Così, quando gli amministratori di Facebook controllano, si limitano a un check sulle immagini e non sui contenuti scritti, quindi non cancellano.
«Così diventa più arduo chiedere maggiore attenzione», aggiunge amara, Francesca.
Come funziona l’attività del gruppo
se si tratta di contrastare un commento fake o offensivo di un post, magari sotto un articolo di un quotidiano, un attivista aggiunge il suo commento “positivo”, seguito dall’hashtag #iosonoqui. In questo modo, gli altri membri del gruppo possono individuarlo e mettere il loro like. Così il commento “positivo” sale nelle visualizzazioni, scalza quello “negativo” e incanala la discussione su binari lontano dall’odio.
Altre volte, invece, si scrivono post che invitano esplicitamente gli amministratori di una pagina a eliminare commenti ritenuti offensivi;
Oppure, come nel caso dei siti negazionisti, si chiede proprio la chiusura della pagina.
Tutte attività coordinate dagli amministratori del gruppo che indirizzano e seguono le attività degli attivisti. 

Questa da loro condotta ed non solo loro è una durissima battaglia quotidiana, combattuta da un esercito di volontari:

«L’attività è quasi come quella di una redazione (scovare fake e hate speech nei commenti, costruire le azioni, organizzare il gruppo per farle e poi sostenerle, supportare i membri del gruppo mentre si fa l’azione), quindi molto pesante in termini di energie mentali e tempo per gli amministratori e moderatori. Mentre per i membri del gruppo è molto più facile partecipare, è un attivismo dal divano di casa, che aiuta anche a sentirsi meglio: in 5 minuti partecipi ad una azione, vedi gli altri che ti sostengono e il post che si libera dall’odio, oppure, con l’aiuto del gruppo, riesci a proteggere e sostenere una persona che è stata attaccata», aggiunge Francesca. Che lancia anche un appello: 
«In questo triste periodo c’è bisogno di far massa critica contro tutte queste persone e gruppi organizzati che spargono fesserie sul Covid, mettendo a repentaglio la vita delle persone più fragili. Il nostro è davvero un attivismo “comodo” basta avere 5-10 minuti, aprire il gruppo, vedere se è partita qualche azione e semplicemente aggregarsi, o commentando (secondo un determinato canone di counter-speech) o segnalando».


Chi volesse associarsi al gruppo e partecipare alle azioni, deve solo fare richiesta di iscrizione attraverso la pagina Facebook. È richiesta un’autorizzazione degli amministratori per essere ammessi, perché i troll sono ovunque… anche  dove meno te lo aspetti  


Tale news è stata cosi commentata sui miei social : << Cosi si fa! Ci voleva un po' di sana censura. Finalmente. Attendo l'olio di ricino ed il confino per gli Analfabeti Funzionali e per chiunque non la pensi come me.>>  Ora  la   mia  risposta      è che  qui non e problema  pensarla diversamente  da me  , anzi ben venga la diversità d'opinione ed il pluralismo d'opinioni  .Ma  qui  non si  tratta      di  avere  un opinione  diversa  . Ma  di  negare   la  realtà  . Capisco anche essere contro il terrorismo mediatico e Ma arrivare   a  negare la realtà senza portare prove certe non   non è  eticamente  corretto  . Ecco perché pur essendo per la libertà d'espressione concordo con il post sotto







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da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...