Stamani è appena uscita l'intervista che ci ha rilasciato Simone Caminada, che convive con Gianni Vattimo e in primo grado è stato di recente condannato per presunta circonvenzione del filosofo. Il nostro Corriere della Calabria è andato a fondo. Dopo aver sentito la presunta vittima, che continua a difendere a spada tratta il proprio assistente e convivente, oggi usciamo con un'intervista a Caminada. Nel caso in questione ci sono aspetti esterni alla sfera della giustizia, atteso che la presunta vittima appare lucida, motivata e inamovibile rispetto alle proprie convinzioni? E chi è Caminada, di là dalle etichette che gli vengono appioppate, perfino dallo stesso Marcello Veneziani, che per pura linearità di ragionamento l’ha inserito nella (rispettabile) categoria dei badanti? Qual è il contesto psicologico, umano e sociale e in cui è maturata la vicenda? Chi ha preso le difese dell’assistente di Vattimo? Che cosa accomuna i due protagonisti della storia, che continua a far discutere l’opinione pubblica, anche sui limiti oggettivi della logica giuridica? Caminada ha risposto alle nostre domande, poste con l’obiettivo di approfondire aspetti che vanno oltre la cronaca
Il filosofo Gianni Vattimo convive con l’assistente Simone Caminada nella propria casa di Torino, piena di libri, storia, pensieri, ricordi. La vicenda giudiziaria e mediatica che li riguarda ne ha rafforzato il rapporto, stando alle loro ultime dichiarazioni. Caminada è stato da poco condannato in primo grado per circonvenzione d’incapace, cioè lo stesso Vattimo, a giudizio del tribunale di Torino. Tuttavia, il padre del “pensiero debole” continua a smentire di essere vittima del proprio convivente. Di Simone «penso tutto il bene possibile», aveva detto sabato scorso il filosofo al Corriere della Calabria.
Tra i due conviventi la distanza anagrafica è di quasi mezzo secolo. Di origini calabresi, il filosofo ha 87 anni, il suo assistente ne ha 38.
Sarebbe per questo una relazione scandalosa? Vattimo «vuole semplicemente viverla in libertà, a casa sua», secondo Marcello Veneziani, che ha aggiunto: «Quanti altri casi ci sono di mariti, di vedove, di nonni che destinano i loro beni a coniugi, figli, badanti, nipoti che possono assisterli, far loro compagnia nella vecchiaia, nell’infermità, e accompagnarli alla morte? Quanti matrimoni fittizi si fanno in Italia di anziani con le loro badanti, proprio per lasciare loro l’eredità e perfino la reversibilità della pensione pur di avere compagnia e assistenza? È una preoccupazione diffusa, universale, non vedo perché non dovrebbe valere pure per Vattimo».
Non solo. A parere di Veneziani, Vattimo «rilascia serene interviste in cui mostra il pieno possesso delle sue facoltà mentali e ribadisce la consapevolezza delle sue scelte».
Nel caso in questione ci sono aspetti esterni alla sfera della giustizia, atteso che la presunta vittima appare lucida, motivata e inamovibile rispetto alle proprie convinzioni? E chi è Caminada, di là dalle etichette che gli vengono appioppate, perfino dallo stesso Veneziani, che per pura linearità di ragionamento l’ha inserito nella (rispettabile) categoria dei badanti? Qual è il contesto psicologico, umano e sociale e in cui è maturata la vicenda? Chi ha preso le difese dell’assistente di Vattimo? Che cosa accomuna i due protagonisti della storia, che continua a far discutere l’opinione pubblica, anche sui limiti oggettivi della logica giuridica? Caminada ha risposto alle nostre domande, poste con l’obiettivo di approfondire aspetti che vanno oltre la cronaca.
Perché si è trovato in tribunale?
«Il problema è che sono diverso dai cliché che si vogliono imporre a Gianni Vattimo, cioè amicizie e frequentazioni borghesi. Il particolare non è entrato formalmente nel procedimento a mio carico, ci mancherebbe. Però, a ben guardare, senza una sola prova è passata l’accusa di circonvenzione d’incapace, in barba agli elementi granitici che avevo prodotto e alle evidenze più limpide. Allora qualcosa non torna di sicuro».
Lei è sempre stato determinato nell’affermare che intorno a Vattimo c’erano persone insincere. Ne è ancora convinto?
«Ora Gianni ha fatto “pulizia” nell’ambito delle sue amicizie e frequentazioni. Tra i testimoni dell’accusa ci sono state persone che erano diventate molto pesanti per la sopravvivenza economica di Vattimo. Mi riferisco alla moglie di facciata del filosofo, che mirava alla sua eredità, come la stessa ha dichiarato pubblicamente. Poi ha testimoniato uno che da quasi 20 anni si faceva mantenere da Gianni con cifre da capogiro, insostenibili perfino per il professore. Ancora, tra i testimoni dell’accusa c’è stata una psichiatra. Da parlamentare europeo, Vattimo aveva assunto la figlia di questa specialista come propria assistente. Le aveva dato un lavoro ben pagato dai contribuenti, ma lei non amava presentarsi in ufficio, come possono confermare diversi parlamentari europei di allora. La psichiatra ottenne anche la sistemazione di una casa della propria figlia a spese di Gianni, dal quale, non contenta, pretendeva addirittura un regalo di 200mila euro. Contro di me ha poi testimoniato una geriatra, amica della psichiatra. Ha inoltre testimoniato la badante che a Gianni era stata indicata dalla psichiatra e dalla geriatra. Infine, ha testimoniato il consulente bancario della psichiatra. Contro di me, insomma, hanno testimoniato persone che da Vattimo avevano ottenuto o avrebbero potuto ottenere lauti benefici. La mia colpa è una soltanto: aver chiuso i rubinetti a soggetti che avevano approfittato di Gianni, il quale, a malincuore, ha poi aperto gli occhi sul fatto che veniva “coccolato” per meri interessi materiali».
Sostiene, dunque, di essere stato attaccato per aver difeso il patrimonio di Vattimo. È la sua versione. Lei come si è difeso?
«A conferma della mia versione hanno testimoniato due senatori amici di Vattimo da almeno 30 anni. Ancora, per verificare le mie ragioni hanno testimoniato il padre confessore di Gianni, un cugino e il personal trainer del filosofo. Inoltre, hanno reso testimonianza un professore universitario venuto apposta da Roma e un altro professore, nello specifico dell’Università di Torino. Lo stesso Gianni è stato testimone della difesa. Non solo, a mio favore si sono espressi il governante della casa di Vattimo e, a parte, tantissime persone che hanno pubblicamente smentito sui giornali e online le accuse nei miei riguardi. Perciò bisogna riflettere su questa vicenda, che puzza di classismo e razzismo».
Da tempo si prende cura del professore Vattimo. In che modo? Ritiene che qualcuno possa essersi infastidito o che voglia allontanarla dal filosofo? Perché, nel caso?
«Tanti si industriano a derubricarmi a giardiniere, badante, brasiliano eccetera, come se questi fossero dei demeriti. Io sono l’assistente di Vattimo più conosciuto, insieme a quello storico che ora vive a Bruxelles e che sarebbe stato un altro mio testimone scottante, se non avesse avuto seri problemi familiari e personali da non poter arrivare in Italia a testimoniare.
Io sono l’assistente più conosciuto dalle associazioni, dai Comuni, dagli enti, dalle accademie, dagli editori eccetera, che chiedevano e chiedono la partecipazione di Gianni Vattimo a iniziative, eventi, progetti. Sono l’assistente e non il giardiniere, non il badante e via dicendo. Tra l’altro, nell’esposto da cui partì il procedimento penale contro di me e il parallelo iter per l’amministrazione di sostegno nei confronti di Gianni, poi revocata, era stata inserita la parola “adottato” fra i demeriti che mi venivano imputati.
Guardi, le ho tratteggiato il contesto preliminare alle indagini e i presupposti del relativo processo. Mi chiede ancora se ci sia gente infastidita, dopo che le ho dato il quadro generale della vicenda?».
Qual è il ricordo più bello che ha del suo rapporto con Vattimo? Che cosa le ha insegnato il professore?
«Il mio ricordo più bello è legato alla settimana in vacanza che passammo a casa del compianto semiologo Umberto Eco, caro amico di Gianni. Anche gli incontri con il cardinale e poi Papa Bergoglio sono stati indimenticabili. Mi viene pure in mente quando presentai la grande cantante Ivana Spagna, che conoscevo da tempo, a Gianni Vattimo e viceversa. Tutti e due si guardavano con il punto di domanda; io ci risi per parecchio tempo.
Gianni mi ha insegnato che, pur davanti a grandi personaggi, si può vivere e apprezzare la vita senza etichette, come comuni mortali che condividono l’esperienza terrena. Dal canto mio gli ho insegnato le canzoni di Gaber, Vanoni, Guccini e la “mala” milanese dei vari Gufi, Ivan della Mea eccetera, che danno una lezione: anche la canzone può essere “debole” e battagliera come il pensiero di Gianni, come lui».
Perché ha deciso di seguire Vattimo?
«Che siamo molto simili lo si deduce dalla risposta precedente. I miei genitori, mio padre ne era il promotore, per ogni occasione facevano spesso grandi tavolate a casa nostra. Erano sempre contenti di condividere il buon pane e sorrisi non certo di facciata. Anche se sconosciute, l’importante era vedere felicità e condivisione nelle persone. Conoscere Vattimo mi ha fatto rivivere quelle emozioni e quegli insegnamenti, perché lui è sempre stato come mio padre da quel punto di vista, con tutti i distinguo del caso».
Appellerà la sentenza?
«Sì. Tutti gli amici veri di Gianni Vattimo hanno innalzato le barricate per proteggermi, quasi intimandomi di non mollare. Alludo anche a eminenti giornalisti, giuristi, avvocati, politici, persone dello spettacolo e gente di Chiesa; persino ad un amico del Papa che era presente all’ultimo compleanno di Gianni. Soprattutto, c’è tantissima gente comune che mi chiede di non abbandonare la lotta. Non potrei deluderli».
Come si sente adesso?
«Liberato. Ho speso dieci anni della mia vita restando in tutto e per tutto vicino a Gianni. Solo nel 2017 mi accorsi – ma non potevo saperlo prima, visto che non mi ero mai permesso di guardare i suoi conti – di quanto certe brutte persone, benché importanti per lui, pesassero economicamente così tanto sulla vita di Vattimo, che dovette svendere sue proprietà per reggere i costi di quelle amicizie. Dallo scorso luglio Gianni è stato liberato dalla morsa dell’amministrazione di sostegno. Ciò mi ha sollevato, significa che Gianni non ha alcun bisogno di essere protetto dallo Stato. Infine, vedere che persino il classico “odiatore da tastiera” ha ormai chiara la situazione, è stata per noi la riprova di un’indubbia vittoria».
Teme che il suo rapporto con il professore possa cambiare?
«No. Al contrario, ritengo che possa crescere e migliorare ogni giorno. Qualcuno ha di recente dichiarato, per l’ennesima volta, che non riesce più a sentire Vattimo per telefono. Questo qualcuno crede davvero che una persona cui ha fatto ogni male possibile voglia ancora risponderle o vederla? Allora sì che si dovrebbe dubitare delle capacità di Vattimo. Gianni risponde a chi vuole e abita sempre nella stessa casa. Come ha precisato l’imprenditore, politico e saggista Franco Debenedetti, “basta citofonare”».