Un omaggio in musica per una persona speciale. Rinaldo Asuni, storico e apprezzato docente di contrabbasso del Conservatorio di Cagliari lunedì va in pensione. Lascia dopo quarantanni di onorato insegnamento. Quale modo migliore per omaggiarlo se non con un concerto per esprimergli affetto e grande gratitudine. Una locandina con una sua simpatica caricatura che lo ritrae annuncia per il 31 ottobre alle 20 al Conservatorio di Cagliari il Rinal- Day. Un live contrabbasso e pianoforte tra assoli, duetti, trio, quartetti con brani celebri e meno noti e arrangiamenti originali. La serata è a ingresso libero. Protagonisti i suoi allievi che negli anni si sono diplomati con lui e alcuni pianisti. Al contrabbasso si esibiscono Salvatore Atzei, Giovanni Chiaramonte, Andrea Cocco, Stefano Colombelli, Sandro Fontoni, Simone Guarnieri, Andrea Piras, Alessio Povolo, Tommaso Spada, Massimo Tore, Francesco Sergi. Al piano Caterina D'Angelo, Veronica Mereu e Francesca Pittau. Saranno eseguite pagine da Serge Koussevitzky, Nicolò Paganini, Tito Puente, Francois Rabbath, Massimo Tore, Daniel Van Goens. "Mi sono emozionato - commenta con ANSA Rinaldo Asuni - è un pensiero che mi riempie di gioia. Ho avuto la fortuna durante il mio percorso di incontrare ragazzi che hanno lavorato con passione e sacrificio. Il contrabbasso è uno strumento complesso, ricco di insidie, ci vuole tanto impegno. Ognuno di loro ha trovato la propria strada chi nell'orchestra del Lirico con il ruolo di primo contrabbasso o contrabbasso di fila chi ha intrapreso la carriera da solista. Ognuno di loro si è a suo modo distinto e per un insegnante è gratificante vedere crescere e affermarsi un allievo". Il pensiero va ai suoi maestri, uno su tutti il compianto Giorgio Pani. "E' stato un padre, un maestro, un uomo speciale. Ero uno studente squattrinato. Mi ha formato senza prendermi un soldo, mi ha seguito con dedizione e generosità tutti i giorni nel mio periodo romano. Mi piange il a cuore parlarne. Quando si studia musica si crea un rapporto stretto tra docente e allievo. Lui mi ha fatto amare il contrabbasso. Per me il lavoro è stato ed è solo gioia". Ma il ringraziamento lo rivolge anche ai suoi ragazzi. "Sono cresciuto tantissimo anche grazie a loro, nello scambio docente allievo ho continuato a formarmi. Forse non lo sanno, ora è il momento di farglielo sapere".
A chi mi chiede come ho fatto ad attraversare la tempesta dico solo che che scrivere un post di riposta sul mio attraversamento della tempesta e dell'uso per farlo della maliconia spesso confusa con la melanconia ( vedi post precedenti ) è quasi impossibile visto che non so dire come l'ho attraversata e non ho se non sprazzi di ricordi . Ma so solo che : <<[…] Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato. >> ( Haruki Murakami in “Kafka sulla spiaggia " 2002 ) .
Infatti : << La vita umana non dura che un istante, si dovrebbe trascorrerla a fare ciò che piace. In questo mondo fugace come un sogno viver nell’affanno è follia. Ma non rivelerò questo segreto del mestiere ai giovani; visto come vanno le cose oggi potrebbero fraintendermi >> prologo contenuto in
nell' album "noi non ci saremo, vol.II", unica versione con il seguente prologo ) . Ma forse è meglio cosi perchè voglio che chi mi legge
Non fare di me un idolo, mi brucierò, trasformami in megafono, mi incepperò. Cosa fare e non fare non lo sò. Quando dove e perché riguarda solo me. Io so solo che tutto va ma non va. Sono un povero stupido, so solo che chi è stato è stato, e chi è stato non è.“ — Giovanni Lindo Ferretti da A tratti Fonte: https://le-citazioni.it/autori/giovanni-lindo-ferretti/?page=3
Non voglio influenzare chi ha avutomo.hs i miei stessi problemi perché ogniuno ha un suo viaggio percorso nell'affrontarli o nel conviverci diverso dal mio .
Unica cosa un comune è che in fondo non siamo altro che soldati di ritorno dal fronte che hanno deciso di dimenticare la guerra . Anche se la guerra è ormai dentro di loro per sempre .Posso solo dire che o essa attraversava me o io attraversavo \ cavalcando lei e che non volevo fare come altre volte l'atendista cioè limitarmi a scrutare l'abbisso a fare il work watcher osservatore \ spettattore . Ho preferito entrarci dentro cioè entrare nel regno del male per poi passare attraverso il purgatorio in paradiso cioè quello del bene come Dante nella Divina Commedia . Concludo specificando, se mai ce ne fosse bisogno , che questo post non è un post di resa , e che io voglia smettere o invitare gli altri a farlo di combattere . Ma che ho solo escritto una mia battaglia \ una delle tante combattute e concluse almeno per ora . Perchè come al solito non ho saputo ( e non semre ci riesco ) dire BASTA come fece anche dopo 21 anni d'assedio di Candia il Capitano Generale da Mar comandante delle forze veneziane,Francesco Morosini
A otto anni è finito in una comunità, poi in una nuova famiglia. Ieri l'ultimo esame in Scienze dell'educazione: "Ho una moglie, un figlio, un lavoro: aiuto i ragazzini a liberarsi come me". Ieri la maggioranza di centrodestra in Piemonte ha votato la legge "Allontanamento zero" che privilegia le famiglie d'origine ostacolando affidi e adozioni
"Partiamo dal mio nome. Mi chiamo Rambo. Rambo Bologna Halilovic. Sono rom e sono nato 34 anni fa in Italia. Sono stato fino a sette anni nel campo di strada dell'Arrivore, a Torino, quando poi è successa una cosa che tra i rom non è accettabile: i miei genitori si sono separati e questo è stato l'inizio di tutto" . Rambo - che ieri ha superato l'ultimo esame a Scienze dell'educazione, lavora già da anni nelle comunità, si è sposato e ha un figlio piccolo - racconta le sue tante vite, prima e dopo quel giorno in cui la madre, intorno agli otto anni, gli ha detto "Andiamo da Michela", che era l'assistente sociale.
Rambo ha protestato ma la donna non ha ceduto e si sono ritrovati in un ufficio dei servizi sociali, "lo stesso in cui vent'anni dopo mi sono trovato a lavorare come educatore. Non può essere una coincidenza" . Neanche un saluto da sua madre. "Mi ha detto 'giavtar', che vuol dire 'vado via', una cosa che vuol dire tutto. Lei è uscita e io sono rimasto lì con l'assistente sociale. Ero un po' triste, mi sentivo liberato per tutto quello che avevo vissuto ma un po' preoccupato per quello che mi sarebbe da allora in poi". Quella sera Rambo viene accompagnato in una comunità a Torino, dove resta un paio d'anni. Poi arriverà un affido da parte di una coppia di torinesi, che alcuni anni fa si è trasformato in un'adozione. Al suo cognome si è aggiunto anche quello della coppia che gli ha cambiato la vita. "Li ho sempre chiamati per nome, usavo 'mamma' e 'papà' solo quando facevo il ruffiano per avere qualcosa - sorride - . Ma socialmente erano i miei genitori, alla gente li presentavo come mia madre e mio padre, non li ho mai chiamati affidatari".
Sono passati 25 anni e il bilancio della sua esperienza "è positivo". Lo spiega bene nel giorno in cui la maggioranza di centrodestra della Regione Piemonte ha votato la legge sull' "allontanamento zero" che che privilegia le famiglie d'origine ostacolando affidi e adozioni. "Non sarebbe servito dare soldi ai miei familiari d'origine, a me sarebbero arrivate le briciole. E lo vedo anche da educatore: non dico che un contributo non allenti le tensioni di chi fa fatica a pagare l'affitto, ma ci sono situazioni in cui, di 500 euro, 300 vanno nelle slot machine e 200 nell'alcool". E anche misure più blande dell'allontanamento "a volte possono essere utili, ma non sempre. Io ho seguito l'affido diurno di alcuni ragazzi rom: con me imparavano le tabelline, ma quando io non c'ero seguivano altri che andavano a rubare". Otto figli: questa era la famiglia di Rambo. "Una sorellina è morta piccola, quattro sono stati dati in adozione e non so che fine abbiano fatto, mia sorella grande è stata in comunità ma non si è trovata bene e a 16 anni è tornata al campo e si è sposata. Mio fratello è stato dato in affido e io ho fatto un po' di comunità e un po' di affido: chi vuole sapere di diritto, basta che studi la mia famiglia". Lo racconta ridendo Rambo, ma non è stato sempre facile. "Quando sono andato in comunità i primi tempi si organizzavano visite in luogo neutro con i miei, che però non si presentavano. Ero triste e arrabbiato e quando tempo dopo mi hanno cercato non volevo più saperne".
In comunità c'erano tante storie simili alla sua. "Io prima di arrivare lì ero andato non più di dieci volte a scuola. In comunità ho avuto insegnanti che mi seguivano, andavo in piscina. Avevo educatori meravigliosi che ora sono miei colleghi. Posso dire che tra tutti i ragazzi che c'erano lì, nessuno aveva voglia di tornare a casa". Poi un giorno è arrivata la proposta di un affidamento. "Per la prima volta avevo un armadio tutto mio, non dovevo dividere lo spazio con nessuno. E poi la casa aveva il giardino, avevo la mia bici, lo skate, facevo aikido e canottaggio. Cosa pensavo? Che mi era andata di culo!". Anche se Rambo restava sempre il rom: "Da qualcuno venivo trattato con razzismo, da altri con curiosità per la mia cultura. Ma io ne vado fiero, mi piace essere diverso".
C'è stato un momento, dopo i vent'anni, in cui ha pensato che forse quella vita era stata solo una bella parentesi. "Volevo essere indipendente, ho salutato i miei e sono andato a vivere al campo in una roulotte con mia sorella e mio cognato. Stavo anche per sposarmi con una ragazza che mi piaceva, la sua famiglia era d'accordo. Ma era quello che volevo davvero? Una sera dico a tutti che non mi sposo più. Nasce una rissa nel cuore della notte e alle tre del mattino torno a casa dai miei nuovi genitori con la maglietta strappata. Di lì in poi sono arrivati il lavoro, l'università, ho conosciuto mia moglie e ho avuto un figlio. A volte la mia vita sembra un film".
Affacciata sulla sulla baia del Massachusetts, e situata nella contea di Essex, esiste una città che cela tra i suoi vicoli e i quartieri una storia tanto infausta quanto drammatica che non può essere dimenticata.Si tratta della città delle streghe, proprio quella in cui si diede vita alla storica caccia a partire dal 1691\2. Mentre da una parte delle giovani donne dichiaravano di essere diventate le vittime di un maleficio, dall’altra molte altre venivano arrestate davanti al tribunale istituito appositamente per la causa, e condannate a torture o morte.Un capitolo nero, questo, che riguarda la storia dell’umanità intera che però, nei secoli si è trasformato in un vero e proprio fenomeno culturale che non ha lasciato indenni gli amanti dell’occulto e tutti i viaggiatori affascinati dai luoghi del mistero. Perché oggi Salem è anche questa, non solo la città delle streghe, ma una destinazione affascinante e suggestiva da raggiungere, magari proprio in occasione di Halloween e del grande ballo delle streghe.
Benvenuti a Salem
Situata a circa 30 chilometri da Boston, Salem è diventata con gli anni la meta prediletta di tutti i viaggiatori affascinanti dal mistero e dalla magia. A lasciarsi suggestionare dalla città del Massachusetts, non sono solo gli avventurieri amanti del brividi e gli appassionati di storia, ma anche i registi che proprio qui hanno scelto di ambientare alcune pellicole cult del settore. Salem, infatti, ha fatto da sfondo ai celebri film come Hocus Pocus, la Seduzione del Male e Le streghe di Salem, attirando ancora di più l’attenzione di persone provenienti da ogni parte del mondo. Sono tanti i viaggiatori che qui si recano in ogni stagione dell’anno. Sono affascinati sicuramente dalle attrazioni storiche e naturali che appartengono ai territori del New England, ma anche e soprattutto dalla possibilità di poter ripercorrere le orme delle streghe che sopravvivono nel Witch Museum, che traccia la storia del processo, e la Witch House, la casa delle streghe un tempo appartenuta al giudice Jonathan Corwin, nonché l’unico edificio rimasto a testimonianza del periodo della caccia alle streghe.
Come dicevamo sono numerosi i viaggiatori che raggiungono la città di Salem, inserendola negli itinerari del dark tourism, e indagare così sul grande mistero della stregoneria. E se è vero che questo affascina durante tutto l’anno, è vero anche che c’è un periodo specifico in cui la magia diventa assoluta protagonista: Halloween. È durante la notte più spaventosa di sempre, infatti, che viene organizzando un grande evento: il ballo delle streghe.
Il grande ballo delle streghe
C’è qualcosa di straordinariamente suggestivo che accade a Salem quando l’autunno arriva, e non è solo lo spettacolo dei colori messo in scena da Madre Natura. A ottobre, infatti, la città del Massachusetts inaugura tutta una serie di eventi che celebrano, commemorano e indagano le streghe. A partire dal 1982, infatti, la Camera di Commercio della città in collaborazione con il Witch Museum, organizza il Salem Haunted Happenings Festival, una manifestazione che dà vita a una serie di eventi misteriosi e affascinanti che coinvolgono cittadini e viaggiatori di ogni età. Ci sono feste, concerti e mercatini, e tantissime occasioni per ripercorrere la storia del processo, ma anche per esplorare la magia e la stregoneria. Appuntamenti incredibili immersi in un’atmosfera suggestiva che culminano con un grande e imperdibile evento organizzato in occasione di Halloween: il ballo delle streghe. Salem Witches Halloween Ball, questo il nome ufficiale della manifestazione, attira ogni anno viaggiatori, persone e “streghe” provenienti da ogni parte del mondo per trascorrere una notte all’insegna della musica, del divertimento, del mistero e della magia. Chi ha il coraggio di partecipare?
Cani abbandonati si mettono in fila ordinata per ricevere il cibo in Ucraina, il volontario: "Sbalordito"di Fulvio CeruttiI cani pazientemente in fila per il cibo in Ucraina (foto credit Nate Book) L'autore della fotografia Nate Mook: "Spero che possa ispirare le persone a sostenere gli animali che qui hanno bisogno di molto aiuto in questo momento"
23 OTTOBRE 2022AGGIORNATO 24 OTTOBRE 2022 ALLE 11:19
Cinque cani. Fermi, rigorosamente in fila indiana e distanziati. Tutti tranquilli, educatamente in paziente attesa di qualcosa di cui hanno un gran bisogno: il cibo. Capita in Ucraina, più precisamente in una strada di Kramatorsk dove è stata allestita una “stazione” per la distribuzione di alimenti per i quattrozampe. Molti sono diventati randagi con lo scoppio della guerra: alcuni smarriti, altri abbandonati dai proprietari fuggiti dall’orrore dei bombardamenti russi. A far conoscere questa storia è stata una fotografia pubblicata su Twitter da Nate Mook, statunitense impegnato da mesi in Ucraina a sostegno di rifugiati e progetti umanitari e uno degli organizzatori dell'allestimento stazioni di alimentazione per gli animali in tutte le città ucraine. "Sono rimasto sbalordito. Non avevo mai visto niente di simile - ha detto Mook a SBS News -. Questi sono animali che vivevano nelle case e le loro famiglie se ne sono andate e non hanno necessariamente nessuno che si prenda cura di loro in questo momento. Si raggruppano in branchi, ed è per questo che sono tutti insieme e sono molto, molto organizzati. Sono animali molto intelligenti e in questo momento hanno paura degli umani”.
Mook, imprenditore e regista, è stato recentemente Ceo di World Central Kitchen, un'organizzazione non governativa senza fini di lucro dedicata alla fornitura di pasti in seguito a disastri naturali. Nel 2017, per esempio, ha guidato i soccorsi alimentari a Porto Rico dopo l'uragano Maria. Ora nella sua esperienza in Ucraina Mook ha notato una mancanza di supporto o assistenza per gli animali, che oltre ai traumi della guerra devono soffrire anche la fame.Per questo ha partecipato all’installazione di stazioni di alimentazione per animali domestici e ha recentemente contribuito a consegnare circa 230 chilogrammi a un santuario di Sviatohirsk che ospita animali domestici trovati a vagare per le strade della città appena liberata.
Foto credit Nate Book
Foto credit Nate Book
"Questi animali stanno morendo di fame. Alcuni di loro vengono alle stazioni di distribuzione e sono molto amichevoli, ma molti altri sono molto, molto spaventati – racconta Mook -. Metti fuori il cibo e loro lo prendono immediatamente. È davvero tragico e triste vedere la situazione in cui stanno vivendo ora, essere in grado di sostenerli è molto, molto importante".
Foto credit Nate Book
Le stazioni di alimentazione sono allestite in luoghi vicino a ospedali, chiese o centri di volontariato, dove le organizzazioni e le persone della zona possono tenerli puliti e rifornirsi di cibo. Con il supporto delle donazioni, il signor Mook e il suo team sono stati in grado di acquistare alimenti per animali domestici e ora stanno organizzando il supporto veterinario e le evacuazioni.
Foto credit Nate Book
"Sono rimasto sbalordito dal fatto che questi cani si stessero mettendo in fila per mangiare – ha ancora detto Mook - . È stato anche qualcosa di molto commovente e meraviglioso da vedere e spero che possa ispirare le persone a sostenere gli animali che sono qui in Ucraina che hanno bisogno di molto aiuto in questo momento".
Nell’antico rione di su Serbadore il 27 settembre del 1868 nasceva Paschedda (Pasqua) Sanna-Piredda. A soli 17 anni sposava Domenico Manca (1856-1901) piccolo Imprenditore nel settore del legname che vestiva l’abito tradizionale, parlava bene l’italiano (aveva frequentato la 5 ginnasio), s’interessava di politica, leggeva i giornali e alla moglie aveva insegnato a leggere e scrivereI due giovani andavano incontro ad un felice avvenire quando la loro esistenza venne travolta da terribili accadimentiIl fratello Salvatore, sindaco di Nuoro dal 1916 al 1920, aveva subito un furto di maiali e ritenendo responsabili i temuti Serra-Sanna, sporse denuncia contro di loro violando così il codice barbaricino che riteneva queste cose un fatto privato. Il processo si concluse con una sentenza di condanna e con i colpevoli diventati banditi. Immediata la vendetta contro tutta la famiglia Manca – Domenico compreso – così vessata e minacciata di morte che le bambine dovettero abbandonare la scuola. In un proclama appeso nella Bia Majore venivano riportate le pesanti ritorsioni in cui sarebbe incorso chiunque avesse osato lavorare alle loro dipendenzeLa famiglia fu ridotta in estrema povertà e Domenico fu costretto a trattare con i Serra-Sanna i quali, oltre ad esigere una somma enorme, imponevano come unica referente la giovane Paschedda.a L donna si presentò all’incontro accompagnata da un parente farmacista e un esperto del territorio. Di fronte ai nemici tenne un atteggiamento così severo e di sfida da lasciarli sorpresi e ammirati tanto che le perdonarono perfino qualche parola di troppo.Oppresso dai debiti, di lì a poco, il marito moriva di crepacuore.Rimasta vedova a 32 anni con 4 bambine in tenera età, Paschedda, figlia di due possidenti nuoresi, vendette tutti i suoi beni per onorare gli impegni presi dal suo uomo. Si dedicò al ricamo e alla confezione dei costumi, la sua grande passione (a soli 16 anni aveva ricamato con grande maestria il suo abito da sposa) e con l’aiuto delle figlie a cui aveva insegnato quell’arte antica, presto si affrancò dalla povertà.Medaglia d’argento nel 1902 a Nuoro per i suoi cuciti, nel 1919 conseguì il diploma di maestra di ricamo a cui seguirono tanti altri riconoscimenti.Nei primi decenni del 1900 aveva rilevato la rappresentanza della Singer e con la collaborazione soprattutto di Mariantonia – in seguito sarà lei a gestire l’esercizio materno – e di Michedda (Domenica) insegnò il ricamo ad allieve di tutta la Sardegna influenzando la moda del tempo.La primogenita Mariantonia si era spinta perfino a Caprera in casa Garibaldi .Consapevole del ruolo della donna nella società e incurante dei pregiudizi del tempo, indossando il nero costume da vedova aveva preso parte ad una manifestazione della Singer tenutasi a Cagliari.Stimata fémina ‘e pache per la sua saggezza, molti si rivolgevano a lei per dirimere controversie .<<Paschedda Sanna era lo splendore di Nuoro>> , così la ricordava l’avvocato Oggiano.uQando nel ‘30 ad una esposizione d’Arti e Mestieri vinse a Bolzano la medaglia d’oro, la sua fama si diffuse oltre Tirreno e nello stesso anno a Nuoro partecipò alla II Mostra d’Arte e d’Arte Applicata fra tanti illustri: Ballero, Pirari, Devoto, Congiu Pes e Ciusa Romagna.Nel ‘35 il Comitato Nazionale Dopolavoro per le Arti Popolari di cui facevano parte il Canonico Sale e Mario Ciusa Romagna, nominava Sanna Pasqua Artista per il costume del Comitato Provinciale di Nuoro «come persona competente in materia».Ultraottantenne firmò il vestito indossato il 25 maggio del 1950 (anno Santo) dalla Madonna delle Grazie, forse un ex voto, custodito con cura nelle teche della Chiesa .«È stata una nonna meravigliosa – ricorda la nipote Pasqualina Guiso oggi 92enne –. Avevo 8 anni quando alla morte di mia madre sono andata a vivere con lei .Non nutriva sentimenti di odio verso nessuno e non parlava mai delle sue sofferenze. A raccontarle le persone che le hanno vissute insieme a lei»Morì il 7 giugno 1953.
per gentile concessione da https://www.ortobene.net/
“[…] Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato.“ (Haruki Murakami in “Kafka sulla spiaggia 2002 )
sono riuscito ad uscire o quasi dalla tempesta dopo quelo che ho in questi ultimi 6 mesi vedere i precedenti post della triologia anche la maliconia può essere preziosa e quelli ad essa collegati viene rappresentato da questa vecchia canzone di Bob dylan
come ci sono arrivato ? con perseveranza , auto analisi , voglia d'evitare di ricadere e di ritornare a quando stavo male cioè soffrivo dellaconvinzione di valere poco, un’eccessiva preoccupazione per il rifiuto o per le critiche, la paura radicata di fallire sono condizioni che
caratterizzano chi è affetto da disturbo evitante di personalità. Una condizione psichiatrica da trattare con attenzione, per evitare in chi ne soffre, la sofferenza di sentirsi inadeguati. da cui sono uscito anche se ognoi tanto ci ritorno grazie all'auto analisi , al mio analista . Ma soprattutto perchè << (.. ) Distruggere il proprio ego [o almeno ua parte d'esso aggiunta mia ] è una pratica fondamentale (....) >> ( Giovanni Lindo Ferretti in una recente intervista su il fatto quotridiano mi pare del 19 ottobtre se non ricordo male ) .
E poi Morire è un pezzo del vivere, e se hai un buon ( o quasi ) rapporto col vivere non puoi non avere un buon rapporto anche con la morte. Nelle grandi città la morte è stata allontanata, mentre in campagna cioè nei borghi o piccoli paesi bidde come li chiamiamo qui in Sardegna è ancora una presenza vitale. Infatti Se togli la morte, amputi la vita . Anche se però non sempre riesco ad essere fedelke a tale proposito perchè , sarà perchè confondo a morte interiore con quella fisica , dico sempre viva la vida muerte al muerte . E poi
come ho già detto o nelle storie riportate dalla morte rinasce la vita , ecco perchè i miei post sulle tradizioni dei defunti riti che oggi omologhiamo in Halloween . Ma soprattutto la morte è naturale altrimenti si finirebbe conme nel racconto Le intermittenze della morte di José Saramago
Quindo per concludere ho deciso piuttosto che rimanere un una posizione attendista cioè ad aspettare Godot d'attraversare la tempesta cioè la situazione di incertezza, la sensazione di non sapere a cosa si va incontro che conduce alla paura di sbagliare, e di conseguenza di trovarsi di fronte a situazioni difficili da gestire.
visto che tra qualche giorno ci sarà battaglia su fb e non fra #AntiHalloween e #prohallowen , mi chiedo se questa sara anche contro il #munduspatet cioè #hallowen nostrano , o almeno una delle tante versioni popolari , nostrane ? . Ora è notorio a tutti\e che H. una festività dedicata soprattutto ai bimbi, celebrata soprattutto negli Stati Uniti nella notte del 31 ottobre, retaggio (e business) della religione celtica e delle tradizioni nord europa , Irlanda in particolare se non ricordo male . Diffusasi anche in altri Paesi, si celebra con le sfilate in costume e con i bambini, mascherati spesso in modo un po' horror e conformismo , che girano di casa in casa chiedendo dolcetto o scherzetto.
Elemento guida della festa è la simbologia legata al mondo occulto, del macabro e delle streghe con le caratteristiche zucche intagliate e illuminate. Ma ma esistevano anche a Roma dei culti autoctoni originari.Prima di lasciarvi all'articolo interessante che ho trovato in rete consiglio di fare come la vignetta riportata a sinistra
« Sono sante le leggi delle divinità dei defunti », ovvero "Deorum Manium iura sancta sunt" era una delle leggi romane delle XII tavole, in cui si sanciva la sacralità e l'importanza degli Dei della morte: i Mani.
Ovidio in ben sei libri descrive le feste del calendario romano e febbraio per i Romani antichi era il mese dedicato al ricordo dei defunti. Erano ben nove i giorni riservati a tale culto: andavano dal 13 al 21 di febbraio e consistevano in un ciclo che iniziava con i Parentalia del giorno 13 e si concludevano con i Feralia del 21.
I Feralia si chiamavano così, attesta Ovidio, perché durante quei giorni i vivi portavano (in latino fero fers) le offerte ai defunti, da cui l’aggettivo italiano ferale, legato alla morte.
I riti servivano a placare gli spiriti dei defunti nei confronti dei vivi, con l'aiuto degli Dei Mani, infatti secondo Varrone anticamente l’aggettivo manus significava "buono": per cui gli Dei Mani erano buoni e aiutavano i vivi.
Per Ovidio «Si contentano di poco i Mani, apprezzano di più la devozione che non i ricchi regali; non c’è avidità tra gli Dei che affollano le rive dei fiumi infernali. Basta una tegola della casa, che sia coperta da una ghirlanda, qualche chicco di grano, una manciata di sale, del pane inzuppato nel vino, qualche violetta».
L’offerta votiva può essere lasciata anche dentro una ciotola, in mezzo alla via, ma con preghiere e parole adatte. Nei giorni dedicati ai defunti è proibito contrarre matrimoni e si devono chiudere i templi, con gli altari privi di incenso e i bracieri spenti.
IL RITO ROMANO
Festus, in accordo con Catone spiega che: "Mundo nomen impositum est ab eo mundo qui supra nos est", cioè "il nome Mundus proviene dal mondo che sta sopra di noi", negando così il carattere profondo e terrestre del mundus, perchè faceva paura. Era invece molto più familiare alle donne il lato ctonio del mondo invisibile, ma in tempi più remoti.
Il rito della commemorazione dei defunti infatti è antichissimo e preromano, e sopravvisse alle epoche successive soprattutto nell’antica Roma.
Il tempo dedicato al ricordo ed alla commemorazione dei morti non era, come oggi, il primo giorno di novembre, ma durava un'intera settimana nel mese di febbraio, che era l'ultimo mese del calendario romano ed era il mese della purificazione.
Si credeva che le fave nere contenessero le lacrime dei morti, secondo Pitagora addirittura celavano al loro interno le anime dei defunti. Per implorare la pace ai defunti si spargevano invece sulle tombe, e si gettavano alle spalle dicendo: "con queste fave, redimo me stesso ed i miei cari".
A Roma la tradizione voleva che, il giorno dei morti, si consumasse il pasto accanto alla tomba di un parente per tenergli compagnia. Altra tradizione romana era una suggestiva cerimonia di suffragio per le anime che avevano trovato la morte nel Tevere. Al calar della sera si andava sulle sponde del fiume al lume delle torce e si celebrava il rito.
I MANI E IL MUNDUS
Il mundus Cereris (il mondo di Cerere) appartiene alla religione romana arcaica, ritenuta di origine etrusca.
“ Nessuna città etrusca crebbe mai a casaccio, come accozzaglia progressivamente crescente di abitazioni umane.. la città fondata secondo le leggi sacrali costituiva … una minuscola cellula del Tutto, armonicamente inserita in un ordine governato e determinato dagli Dei ”
(W. Keller, La civiltà etrusca, Garzanti, Milano, 1981, p. 85).
PARTICOLARE DELL'ENTRATA AL MUNDUS
Dopo aver delimitato uno spazio sacro a mezzo di due assi ortogonali (quindi disposti a croce) che I Romani avrebbero in seguito denominato Cardo (asse Nord-Sud) e Decumano (asse Est-Ovest), nel punto centrale si procedeva a scavare una fossa che fungeva da legame tra il mondo dei vivi e quello dei morti; questa veniva poi ricoperta da grandi lastre di pietra e insieme alla “volta celeste di cui sembrava costituire la controparte, fu chiamata mundus”
(W. keller, Op. Cit., p. 85).
Tutt’intorno venivano quindi tracciati i confini secondo i riti prescritti. Era una fossa circolare posta al congiungimento degli assi di decumano e cardo, nel santuario di Cerere e consacrata agli Dei Mani, La fossa era chiusa per tutto l'anno ad eccezione di tre giorni in cui "mundus patet" cioè il mondo è aperto.
Infatti che il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre il mundus veniva aperto mettendo in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti e degli Dei Inferii che lo abitano. In quei tre giorni le anime dei defunti potevano ritornare nel mondo dei vivi e aggirarsi per la città, un po' come nella festa di Halloween compaiono fantasmi, scheletri e zucche ghignanti.
Il Mundus si trovava sul Palatino, secondo quanto ci tramanda un magistrato del I° sec. d.c., Gaio Ateio Capitone, dove venivano celebrate le festività del Mundus, ma del rito non c'è notizia. Secondo alcuni un fanciullo vi veniva calato per osservare a quale livello i raggi del sole si intersecassero con l'asse centrale appositamente collocato, onde poter calcolare le posizioni del sole, ma è poco credibile, cercare i raggi del sole in una fossa è improbabile, tanto più che fin dai tempi antichissimi i romani conoscevano la meridiana.
Comunque Plutarco utilizza il termine Telete per tale rito, termine greco riservato ai sacri misteri, e in effetti Demetra che a Roma si chiamava Cerere e sua figlia Proserpina (Persefone) avevano a che fare col mondo dei morti, dove regnavano Ade e Proserpina, cioè Plutone e Persefone. L'apertura del mundus era un momento dovuto ma pericoloso, perché, secondo Macrobio, il mundus avrebbe attratto i vivi nel mondo dei morti, specialmente in occasione di scontri e battaglie.
Dunque o esistevano due Mundus, uno sul Comizio e uno sul Palatino, oppure Plutarco si era sbagliato.
In quei giorni era proibito:
1) dare battaglia (o cominciare una guerra); infatti Varrone riporta che i Romani: “ritenessero che era meglio andare a combattere quando fosse chiusa la bocca di Plutone”
2) fare la leva;
3) prendere moglie.
4) e le porte dei templi restavano chiuse
PORTA PER IL MINDUS (Sarcofago romano)
LE ORIGINI DEL MUNDUS
Plutarco
Narrando la fondazione di Roma Plutarco riferisce che Romolo convocò a Roma alcuni etruschi per apprendere il procedimento sacro per la fondazione della città.
Scavò quindi una fossa circolare “nel luogo che ora è chiamato Comizio”, come riferisce ancora Plutarco, e vi gettò dentro le primizie di ogni cosa. I seguaci di Romolo, a loro volta, vi gettarono un pugno della loro terra di origine. Questa fossa era chiamata dai Romani "mundus", lo stesso termine per indicare l’Olimpo.
Plutarco sostiene che il mundus fosse il centro del solco circolare tracciato intorno alla fossa con un aratro, trainato da un bue e da una vacca aggiogati; questo solco rappresentava il perimetro delle mura della città.
Man mano che l’aratro procedeva, i compagni di Romolo lo seguivano, raccogliendo le zolle smosse e gettandole all’interno del tracciato. Quando si arrivò al punto in cui ci sarebbe dovuta essere la porta, sollevarono l’aratro e lasciarono uno spazio non inciso dal solco: per questo motivo le mura sono sacre ma le porte non lo sono.
Ancora per Plutarco accanto al mundus cresceva il sacro corniolo, nato dopo che Romolo aveva lanciato un'asta dall'Aventino così in profondità, che nessuno riuscì ad estrarla. (Non somiglia sfacciatamente alla spada nella roccia che solo Artù, il vero re, può sguainare? Chi ha copiato chi? Di certo non il primo. Solo che qui l'asta non la sguaina nessuno, anche perchè non ha una guaina, e il vero re è quello che la infigge nel terreno).
La terra era così fertile dove si era conficcata, che il corniolo produsse germogli e poi una grande pianta. Questo albero divenne sacro per i Romani e custodito dai suoi successori come una delle reliquie più sacre, proteggendolo con un muro.
Plutarco sembra credere che il mundus che si trovava nel Foro nella zona del Comizio fosse la fossa di fondazione di Roma sebbene molte fonti indichino il Palatino, nell’area davanti al tempio di Apollo, come il luogo in cui Romolo aveva fondato la Roma quadrata delle origini.
CANALE INTERNO AL MUNDUS
Ovidio
Dunque il luogo della fondazione per Plutarco è il Comizio nel Foro, ma per Ovidio, e per molte altre fonti, è il Palatino.
Ovidio conferma che, dopo gli auspici presi sul Palatino, per la fondazione fu scavata una fossa in cui vennero gettate non primizie di ogni genere ma fruges (biade, messi). La fossa era così profonda da raggiungere la roccia sottostante, poi di nuovo colmata con su un altare che rappresentò il "novus focus".
I cereali, fruges, che secondo Ovidio vengono depositati nella fossa, senza dubbio sono in relazione con Cerere. C'era un legame fra Cerere e il mondo dei morti, sia Dea della crescita, sia come Demetra. Nel primo caso il legame con i morti deriverebbe dalla sua natura ctonia, nel secondo c'è il rapimento di Persefone che sparisce nell'oltretomba e la sua ricerca da parte di Demetra fino agli inferi.
Altri autori
Quindi secondo Ovidio il mundus non è uno spazio vuoto come narra Plutarco, e altri autori come Varrone, Festo e Macrobio non citano il mundus come fossa di fondazione di Roma, per loro trattasi del mundus Cereris, confine fra mondo dei vivi e mondo dei morti, dal quale le anime dei Mani talvolta sarebbero uscite per penetrare tra i vivi e che talvolta, in date ben precise, si apriva facilitando la discesa dei vivi tra i morti.
Festo scrive: mundus appellatur coelum, terra, mare et aer.
Ma la parola mundus indica anche un luogo sotterraneo, dal soffitto a volta a somiglianza della volta celeste, dedicato agli Dei Mani e perciò normalmente chiuso, aperto solo tre volte all’anno in date stabilite.
Secondo Ateio Capitone nel settimo libro pontificale vieneaperto tre volte all’anno: dopo la festa dei Volcanalia (24 agosto), tre giorni prima delle none di ottobre (5 ottobre), e sei giorni prima delle idi di novembre (8 novembre).
Catone nei suoi commentari di diritto civile spiega:
“E stato chiamato mondo come quello che sta sopra le nostre teste: ho avuto modo di apprendere da coloro che vi sono entrati che la sua forma gli assomiglia. I nostri maggiori pensarono che il mundus che sta sottoterra dovesse essere consacrato agli Dei Mani e dovesse rimanere sempre chiuso, eccetto che nei giorni scritti sopra. I nostri ritennero anche che quei giorni fossero “religiosi”, perciò decisero che nei giorni in cui per così dire venivano tratti alla luce e resi manifesti i profondi segreti della religione degli Dei Mani, non si svolgesse alcuna attività pubblica. Pertanto in quei giorni non si attaccava battaglia con il nemico, non si arruolavano soldati, non si tenevano comizi, non si faceva nulla se non ciò che fosse strettamente necessario".
È vietato attaccare battaglia durante la festa di Giove Laziale, cioè durante le solenni festività latine, nei giorni dei Saturnali e quando Mundus patet: nel periodo delle feste latine perché un tempo in quei giorni era stata firmata una tregua fra il popolo dei Romani e quello dei Latini, nei giorni dei Saturnali, perché è noto che Saturno regnò in pace, quando si apre il mundus, perché quella festa è consacrata a Dite Padre e a Proserpina.
Si ritenne che fosse meglio andare a combattere quando era chiusa la porta di Plutone. Per questo
motivo Varrone scrive: quando il mundus patet, si apre per così dire la porta dei tristi Dei inferi, di conseguenza è cosa empia non solo attaccare battaglia ma fare la leva militare, che i soldati partano o che le navi salpino, unirsi alla moglie per avere figli.
Carandini ritiene che sul Cermalus, nell’area antistante al futuro tempio della Vittoria, si possa individuare se non la fossa della fondazione della città, il luogo che agli occhi dei Romani la rappresentava: si tratta di una tomba, poi riutilizzata per altro scopo, su cui era stata edificata un’ara.
Questo altare ha goduto di un rispetto e di una considerazione tali che nel corso dei secoli non è mai stato toccato dai cambiamenti urbanistici in quando ritenuto a tutt'oggi il famoso Mundus.
ENTRATA AL MUNDUS NEL FORO ROMANO
LAPIS MANALIS
Festo riporta che i romani ritenevano che il lapis manalis fosse la porta dell’Orco, attraverso la quale le divinità degli Inferi, dette Mani, penetravano nel mondo dei vivi. L'Orco è poi divenuto il mostro cattivo che mangia i bambini se fanno i capricci, e con cui i grandi troppo severi li spaventano.
Si chiamava lapis manalis anche una pietra posta fuori della porta Capena, presso il tempio di Marte.
In caso di siccità, la pietra veniva portata in città e immediatamente faceva piovere.
In base alla definizione di Festo si capisce che il lapis manalis che provocava la pioggia non aveva nulla a che vedere con il lapis manalis che chiudeva l’acceso dell’Orco, inoltre si può supporre che l’apertura del mundus dovesse essere non più grande della bocca di un pozzo, se poteva essere chiusa con un coperchio di pietra facilmente rimovibile.
Secondo Servio (Aen. 3, 134): alcuni pensano che le are siano proprie degli Dei superi, i focolari degli Dei intermedi e marini, e il mundus degli Dei inferi, e potrebbe essere vero.
I LEMURIA
Il giorno culminante del Lemuralia, il 13 maggio 609 o 610, papa Bonifacio IV consacrò il Pantheon a Roma per la Beata Vergine e tutti i martiri, e la festa di tale dedicatio Sanctae Mariae ad Martyres è stata celebrata a Roma da allora. Secondo gli storici, questa usanza è stata cristianizzata nella festa di Tutti i Santi, prima fissata al 13 maggio, onde dimenticare il Lemuria romana.
Nell'VIII sec., la festa di Tutti i Santi è stata spostata al 1 novembre, in coincidenza con la festa Celtica degli spiriti di Samhain, così ci si dimenticava anche di quella.
Papa Gregorio III (731-741) consacrò una cappella nella basilica di San Pietro a tutti i santi e fissò l'anniversario, e nel 998 Odilo, abate di Cluny, aggiungeva al calendario cristiano il 2 novembre come data per commemorare i defunti. Le feste pagane erano così morte e seppellite.
Ma cos'erano i Lemuria, o Lemuralia?
Nell'antica Roma il 4 Maggio si festeggiavano i Cerealia in onore di Cerere, e poi il 9, l'11 e il 13 di maggio si celebravano le feste degli spiriti, I Lemuria, in silenzio e di notte.
Qui si offrivano i fagioli ai morti e le Vestali preparavano la mola salsa col primo grano della stagione. Secondo Ovidio, derivava da un Lemuria Remuria istituito da Romolo per placare lo spirito di Remo, quindi di un morto.
Ovidio rileva che a questa festa c'era l'usanza di allontanare gli spiriti del male a piedi scalzi e lanciando fagioli neri sopra la spalla durante la notte. Era il capo della famiglia che si alzava a mezzanotte e in giro per la casa a piedi nudi buttava fagioli neri e ripeteva, "invio questi, con questi fagioli redimo me e ciò che è mio" per nove volte. La famiglia avrebbe poi percosso dei vasi di bronzo, ripetendo per nove volte, "Fantasmi dei miei padri e antenati, è andato!".
Domanda:
Ma cos'è che era stato inviato, ovvero era andato, che equivale in latino al "Itum est"?
Risposta:
La stessa cosa che invia il prete alla fine della Messa, e che si dice pure: "Ita est" cioè è stata mandata.
D:
E cosa veniva inviato?
R:
un'entità invisibile, siamo nel campo della magia.
D:
Ma se il Mundus era così pericoloso, come mai veniva aperto in quei tre giorni?
R:
Per saperlo occorre tornare ancora più indietro nel tempo, quando Cerere era una Grande Madre, non ancora identificata con la Demetra greca.
MUNDUS PATET
CERERE LA GRANDE MADRE
Come tutte le grandi Dee aveva un aspetto terreno connesso con la nascita e la crescita delle piante, in questo caso delle messi (e pure degli animali e degli uomini) e un aspetto ctonio, come Dea della morte e degli Inferi. Pertanto le fave, come i fagioli erano baccelli che nascondevano un seme più importante del suo involucro. Dunque l'uomo era il baccello dell'anima, il cui seme può essere ripiantato per una nuova vita.
D:
Una reincarnazione?
R:
Molto simile.
Dunque il mondo visibile aveva bisogno di trarre energie dal mondo invisibile, il mundus, il cui contatto era vivificante per alcuni e terrifico per altri. Un tempo erano le sacerdotesse di Cerere a contattare il mundus, poi ci furono i sacerdoti romani a farlo, ma poichè ormai si temeva la magia, l'effetto era piuttosto mitigato.
Dunque in questi tre giorni, le sacerdotesse prima e le streghe poi, si le streghe, cioè sacerdotesse di un culto privato non riconosciuto dallo stato, le streghe dunque attiravano gli spiriti dei defunti, detti Lemuri, offrendo loro dei doni, soprattutto dei dolci, affinchè non facessero loro brutti scherzi, insomma dolcetto o scherzetto.
Il termine cerritus significa infatti "invaso dallo spirito di Cerere", poichè le sue sacerdotesse venivano "possedute" (come il termine analogo larvatus), della Dea in qualità di mater larvarum ("madre degli spettri"). La Dea Laverna era detta anch'essa mater larvarum, da cui si traeva il suo nome.
A Roma in prossimità dell’area del Comitium, a ridosso dell’estremità nord-orientale dei Rostra, si trova l’Umbiliculus Urbis Romae, l’Ombelico della Città di Roma, il luogo ove per definizione stessa il Cielo si ricongiungeva alla Terra e Roma all’Universo.
È qui che il 24 agosto i Romani celebravano nel periodo arcaico l’apertura del Mundus (Mundus patet), subito dopo la festa dei Volcanalia (23 agosto) e prima di quella degli Opiconsivia (25 agosto).Il Mundus era un edificio sotterraneo con un pavimento semicircolare, una arcaica fossa praticata nel terreno, prima nuda poi lastricata, che metteva in contatto con le divinità del mondo sotterraneo a cui si offrivano sacrifici e doni: frutti della terra, resti sacrificali, formule tracciate su tavolette di argilla. La fossa veniva poi ricoperta dal lapis manalis, la pietra sacra agli Dei Mani o Lari, divinità che rappresentavano anche gli spiriti degli antenati e tutelavano la città e i suoi abitanti.
Sembra che in seguito la fossa venisse sostituita da un altare che veniva rinterrato e scoperto di nuovo asportando la terra ad ogni cerimoniale. E' chiaro che il rito più antico fosse legato alla consultazione degli spiriti o della Dea dell'oltretomba.
Il Mundus fu scavato da Romolo contemporaneamente alla fondazione dell'Urbe “Nella fossa la gente raccolta da Romolo per farne il popolo Romano, gettò ciascuna un pugno della propria terra d’origine e le primizie di ogni cosa che, ciascuno secondo la propria cultura, ritenesse buona o che fosse per sua natura necessaria”
Plutarco indica il rito connesso al Mundus come Telete, parola greca che si riferisce ai Misteri Iniziatici, collegati a Demetra, ovvero a Cerere romana e a Persefone, o Proserpina Romana. la Dea della morte ruba la vita, quindi è Dea ladra, e miete la vita, quindi è Dea delle messi.
LE LARVE
Presso i romani le Larvae o Maniae (Larve o Manie) erano gli spiriti dei defunti che furono malvagi durante la vita. Anche da morti tormentano sia i vivi sia i morti opponendosi ai Lari (Lares), che erano invece spiriti benigni.
Il loro aspetto era terrificante, simili a scheletri (nudis ossibus) e a demoni scarnificati; era loro costume accendere la follia nei vivi che potevano allontanarli solamente con espiazioni e lustrazioni.
Non a caso si chiamano larve (che in latino significano maschere) gli embrioni di alcune specie che diventeranno adulte attraverso una o più metamorfosi, con allusione alla trasformazione tra vita e morte.
E non a caso la parola Mania si usa per indicare uno stato psichico alterato che riguarda tanto le ossessioni quanto uno stato di esaltazione-depressione alternato.
Si riteneva che tanto le larve quanto le manie potessero nuocere ai vivi, le prime succhiando energie e le seconde dando squilibri mentali.
In alcune rimembranze antiche di certe credenze religiose si citavano nel suolo italico, specie in Campania ma pure altrove, le "Bucce di morto" o larve, corrispondenti alle sensazioni, specie al momento del risveglio mattutino, di essere stati toccati o almeno avvicinati da una presenza umana invisibile. Si credeva fossero anime di morti vaganti che potevano trasmettere qualcosa, sia notizie importanti sia malefici, quindi con aspetto anche inquietante.
MUNDUS PATET
DIANA
Quando il cristianesimo eclissò i culti pagani, nel suolo italico restò in segreto e soprattutto nelle campagne, il culto di Diana, colei che insegnava le erbe curative, che proteggeva i boschi e soprattutto che insegnava la magia. Era sempre una Grande Madre, che proteggeva e insegnava alle donne. Per questo la chiesa portò le streghe sul rogo, perchè c'era un nucleo duro che resisteva al cristianesimo, perchè i cristiani credevano, ma le streghe sapevano, e sapere è molto più potente del credere.
Il culto dell'oltretomba passò allora nel buio della notte e dell'inverno, spostandosi da maggio a fine ottobre primi di novembre. Le streghe ponevano nei trivii i dolci e le bevande per gli spiriti, onde comunicare con loro e trarne non solo energie ma soprattutto profezie.
Diana era Trina, come tutte le Grandi Madri, la più antica statuetta in argilla cotta, con la Dea a tre teste su un unico corpo risale a ben 30.000 anni fa, ed era trivia per le sue tre facoltà di dare vita, di accrescerla e di portare la morte.
Insomma come fa la natura, solo che gli antichi pensavano che dietro la Natura Visibile ci fosse una Natura Invisibile, in latino si chiamavano Natura Naturata e Natura Naturans, che nelle immagini divennero poi Mater Matuta e Mamma Mammosa.
Il termine Trina dette origine alla SS. Trinità della Chiesa Cattolica adottata per un Padre, un Figlio e uno Spirito Santo, che essendo però privi di significato sono stati dichiarati un Mistero e pertanto inspiegabile per l'uomo. La Sacra trinità della Grande Madre invece era spiegabilissima e senza misteri.
Ora Diana in quanto Trina aveva la podestà sui quadrivii dove appunto le sacerdotesse, o le streghe, ponevano i dolci per attrarre i defunti, un po' come fece Ulisse e poi Enea, ma per la chiesa divenne peccato e stregoneria.
Pertanto il Mundus Patet passò alla fine di Ottobre, quando i lavori dei campi erano terminati e si cessava di innaffiare gli orti, insomma quando le campagne diventavano deserte. Il giorno, anzi la notte prescelta fu quella antecedente il primo di Novembre, per cui la Chiesa proclamò il primo novembre la festa di tutti i santi, ma siccome la gente continuava a cercare i morti nei quadrivii e nei cimiteri, proclamò la festa dei defunti il giorno dopo, cioè il 2 novembre, affinché il culto passasse dai quadrivii e dai cimiteri alla chiesa.
Così cadde l'ultima possibilità della profezia, sostituita nel XIX sec. dallo squallido spiritismo, che non aveva in sè la consapevolezza profonda nè il cammino spirituale delle sacerdotesse, per cui i desideri inconsci del medium andarono quasi sempre a sostituire la voce dei defunti.
Oggi la Chiesa Cattolica è molto infastidita dalla recrudescenza della festa pagana di Halloween, lamentando l'adozione di feste demoniache e americane per giunta, oltre che pagane. Ma il Mundus Patet era di casa a Roma e le leggi romane consentivano la magia dei cimiteri o in qualsiasi altro luogo purché non venisse fatta a danno di altri.
Il Mundus Patet ancora oggi farebbe paura, perché abbiamo perso quel carattere pagano e sobrio degli antichi romani che fece di Roma una Caput Mundi e un faro assoluto di civiltà.
BIBLIO
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- John Scheid - La religione a Roma - Roma-Bari - 1983 -
- W. Keller - La civiltà etrusca - Garzanti - Milano - 1981 -
- Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio - De mortibus persecutorum - XXVI -
- Renato Del Ponte - I Lari nel sistema spazio-temporale romano - in Arthos - vol. 6 - nº 10 - 2002 -
- J. Eckhel - Doctrina numorum veterum - IV - Vienna - 1794 -