13.10.08

quando il mobbing è di sinistra

 essendomi stancato di rispondere  e   di cestinare  email   in cui    mi dice  : <<  sei comunista  e  quindi  omosessuale  ., opure  voi comunsti siete omossessuai  \ gay >>  lo    faccio  con questa storia  presa dall'unione  sarda del  12\10\2008




La voce rotta di Radio Dee-Gay  Christian Floris, cronache di mobbing e di ferocia
di GIORGIO PISANO     pisano@unionesarda.it


Brutto frocio . L'insulto più feroce ha lasciato una cicatrice lieve. Christian Floris ricorda d'aver incassato e risposto al volo: brutto, a chi? Quanto al resto, non è insulto. Ventiquattro anni, nato a Cagliari «per caso» e cresciuto a Nuoro dov'è rimasto fino al 2002 prima di trasferirsi a Roma, s'è ritrovato su tutti i quotidiani nazionali perché l'altra settimana ha polemicamente abbandonato Radio Dee-Gay: per mobbing.
L'ha fatto con tanto di dichiarazioni alle agenzie di stampa e addirittura una lettera aperta rivolta, urbi et orbi, al mondo omosessuale. Mesi fa (a maggio) spadroneggiava in cronaca perché l'avevano aggredito due sconosciuti proprio mentre rientrava a casa dopo aver registrato una trasmissione radiofonica.
Nella sua camera da letto, la poltrona verde (unico posto a sedere) è la postazione migliore per studiarlo. Accanto alla finestra, una lastra di plexiglas trasparente, che sarebbe la scrivania, è zavorrata da una torre di Rolling Stone (rivista pop di culto). Due librerie stracariche di volumi, miracolosamente in piedi a sfidare le leggi della fisica, e un materasso matrimoniale occupato a metà: una dedicata al riposo e dunque intonsa con cuscino e lenzuolo ben piegato alle cinque della sera, l'altra intasata da computer e palmare. «Non me ne separo mai, non spengo neanche di notte».
Christian Floris è un gay berlusconiano, e già questo potrebbe essere oggetto d'una puntata di Superquarq. Ma èsoprattutto un ragazzo-coraggio. Uno che chiamano Carfagnino perché si è speso in difesa del più indifendibile dei ministri. I cattivi, nel frequentatissimo blog che lo riguarda, l'hanno anche ribattezzato Mastelgay ovvero una sorta di Mastella in versione omo, esageratamente cerchiobottista, quasi democristiano ma fino a un certo limite. Cioé non fino ad essere ondivago come il Clemente dell'Udeur, che dopo le ultime elezioni è ormai diventato un caro estinto della politica. Salma della seconda Repubblica.
Kira, un meticcio color caffellatte, sicuramente nonviolento e disinteressato verso maggioranze e minoranze, guarda il suo padrone con aria pensierosa mentre illustra le ragioni della lite a Radio Dee-Gay, l'analisi politica di un Paese che vorrebbe essere normale (ma non ci riesce) e le prospettive di un ragazzo provvisoriamente sovraesposto.
Uscito dall'accademia di Stefano Jurgens dopo un corso in "metodologia di conduzione televisiva e radiofonica", Christian scrive testi per le fiction televisive. Ha frequentato a vario titolo i grandi (si fa per dire) della televisione: nel senso che ha svolto il ruolo di collaboratore di studio, porta-acqua, figurante e strappapplausi con Bonolis, Raffaella Carrà, Fiorello e altri dèi del nostro povero Olimpo catodico. È un cultore di Dante, può ripetere a memoria alcuni canti della Commedia, adora Oriana Fallaci ma solo fino alla vigilia dello choc neuroletterario che l'ha travolta negli ultimi anni, si alimenta di Grazia
soprattutto un ragazzo-coraggio. Uno che chiamano Carfagnino perché si è speso in difesa del più indifendibile dei ministri. I cattivi, nel frequentatissimo blog che lo riguarda, l'hanno anche ribattezzato Mastelgay ovvero una sorta di Mastella in versione omo, esageratamente cerchiobottista, quasi democristiano ma fino a un certo limite. Cioé non fino ad essere ondivago come il Clemente dell'Udeur, che dopo le ultime elezioni è ormai diventato un caro estinto della politica. Salma della seconda Repubblica.
Kira, un meticcio color caffellatte, sicuramente nonviolento e disinteressato verso maggioranze e minoranze, guarda il suo padrone con aria pensierosa mentre illustra le ragioni della lite a Radio Dee-Gay, l'analisi politica di un Paese che vorrebbe essere normale (ma non ci riesce) e le prospettive di un ragazzo provvisoriamente sovraesposto.
Uscito dall'accademia di Stefano Jurgens dopo un corso in "metodologia di conduzione televisiva e radiofonica", Christian scrive testi per le fiction televisive. Ha frequentato a vario titolo i grandi (si fa per dire) della televisione: nel senso che ha svolto il ruolo di collaboratore di studio, porta-acqua, figurante e strappapplausi con Bonolis, Raffaella Carrà, Fiorello e altri dèi del nostro povero Olimpo catodico. È un cultore di Dante, può ripetere a memoria alcuni canti della Commedia, adora Oriana Fallaci ma solo fino alla vigilia dello choc neuroletterario che l'ha travolta negli ultimi anni, si alimenta di Grazia Deledda («non può dirsi sardo chi non ha letto Canne al vento ») e della lettura quotidiana dei giornali. Per un anno è stato ospite fisso di Maurizio Costanzo, personaggio «di grande preparazione e grande garbo» ma inchiodato «da uno sguardo che tradisce solitudine». Al di là dei rumorosi clap clap al teatro Parioli. Per chiudere, certezza sul marchio d'origine: felicemente barbaricino.
Felicemente, in che senso?
«Dai barbaricini ho imparato la regalità, il rispetto e la dignità».
Duro, per uno come lei, vivere a Nuoro?
«No. Sono andato via che ero ancora ragazzino. Sapevo chi ero e lo avevano capito anche molti altri ma solo a Roma ho trovato la forza di venir fuori».
Le secca essere chiamato Carfagnino?
«Se Carfagnino fa riferimento a una persona molto determinata, che ha fatto carriera fino a diventare ministro, la cosa non mi tocca».
Difficile difendere la Carfagna?
«Rispetto le istituzioni e detesto gli attacchi personali. Mara Carfagna, che è un ministro della Repubblica, ha ricevuto solo offese volgari, private e strumentali».
Gay, di centrodestra e berlusconiano, giusto?
«Giustissimo. Sono diventato berlusconiano quando il Cavaliere è sceso in campo, nel 1994. Lo vedevo in tivù, su uno sfondo di cielo azzurro, ai miei occhi di bambino sembrava un eroe. Nel berlusconismo sono quindi serenamente cresciuto fino a oggi».
Anche il soprannome di Mastelgay la lascia inerte? «
Curioso nomignolo, termometro di un'ignoranza palese. Forse mi chiamano così perché non mi allontano dalla mia formazione cristiana. In fondo, sono un gay diccì».
Ha denunciato il mobbing. Chi è stato?
«Ce l'ho con gli omosessuali radicali, quelli che se non sei di sinistra meglio che ti butti via, non servi a nessuno. A Radio Dee-Gay ho iniziato a lavorare nel giugno del 2007: facevo l'intrattenitore, il pagliaccio direi. Avevo una trasmissione d'un certo interesse. Difatti uno di quelli che mi ha aggredito diceva: così la smetti di fare 'ste cose da frocio ».
Oltreché ladrona, Roma è anche omofobica?
«Non direi. I ragazzini che mi hanno pestato sono soltanto maleducati. Con la stessa logica, avrebbero picchiato un cinese o un compagno di classe colpevole d'essere ciccione. Purtroppo sono vittime di una sottocultura alimentata dai mezzi di comunicazione. Un fortissimo detonatore della violenza è la teoria dell'emulazione, il desiderio di somigliare ai cosiddetti vip».
Lei ha detto d'essere stato discriminato perché di destra.
«Certo. Dopo che ho speso qualche parola per la Carfagna, in radio mi hanno fatto capire che non andava bene. Temevano un calo d'ascolti».
Perché, i gay sono solo di sinistra?
«Questo è quello che si vorrebbe far credere ma non è così».
Il popolo omosessuale ha una vocazione al martirio? «C'è indubbiamente una propensione a farsi male. In un film di Oztepek si dice che i gay siano destinati a soffrire perché inevitabilmente finiscono per amare qualcuno che sta dall'altra parte».
Morale: si dissocia.
«Esatto. Esco dalla riserva degli omo. Voglio vivere la mia realtà diversa in un mondo unico, che abbraccia tutti, indipendentemente dall'orientamento sessuale ».   Se n'è anato dalla radio con una dichiarazione pubblica: chi crede di essere?
«Christian Floris e basta. Nessuno di fondamentalmente importante ma unico e irripetibile come qualsiasi altro individuo. Quanto alla notorietà, ci sarà una ragione se i giornali mi chiamano, se lei mi intervista».
Quanto conta la voglia di esibizionismo?
«Spero di non averla assimilata. Sono andato una volta al Gay pride e non lo farò mai più: è una mascherata. Essere gay non significa non essere uomini».
Però il chiasso tutt'attorno serve.
«Ho rifiutato un reality, non cerco la popolarità ma una strada. Dicono che me la tiro troppo, che sono arrogantino. Lo faccio soltanto per mimetizzare la mia timidezza».
Christian è figlio d'una infermiera, ragazza madre. Che ha tentato inutilmente di parlargli del padre. «E io non ho voluto sapere, non m'interessa».
Dice che se avesse curiosità gli basterebbe aprire la porta della sua camera, andare in cucina dove la madre sta organizzando la cena, e porre la domanda fatidica: dimmi chi è.
«Non ho questa curiosità. Vivo benissimo così, con una mamma splendida». Niente parenti in politica e nemmeno sul fronte televisivo. «Sono un Floris beatamente anonimo».
Come si fa ad essere gay di destra?
«Io sono un cittadino italiano omosessuale e guardo ai problemi del mio Paese. Vivo in maniera attiva la quotidianità. Eppoi il centrosinistra, dove sta la Binetti, non mi pare abbia fatto molto per noi».
In altri tempi per gente come lei accendevano i forni crematori.

«Ancora col passato? Il nazismo è finito. Guardiamo avanti. Io non ho mai sentito Berlusconi dire una sola parola contro i gay».

Mirko Tremaglia, che è della sua area, la chiamerebbe culattone.

« Beh, nessuno è perfetto. Neppure Tremaglia, credo».                                                         
Gianfranco Fini, sempre della sua area, non vorrebbe maestri gay.
«Solo perché non ha mai incontrato un bravo maestro gay. Altrimenti, siccome è un uomo intelligente, cambierebbe idea».Per il nuovo catechismo deve restare casto, altrimenti inferno.«Non sono cattolico. In ogni caso, vorrà dire che mi accontenterò del purgatorio».
Chi sono i peggiori, politicamente parlando?
«Gli omosessuali non dichiarati. Che, come i cretini, formano un partito trasversale. Penso ai numerosi parlamentari che non hanno il coraggio di confessarsi omosessuali: sono tanti, paraculaggine sotterranea bipartisan».A sinistra non le piace nessuno?«L'onorevole Paola Concia e Imma Battaglia. Ho avuto anche l'onore e il privilegio di conoscere Fausto Bertinotti.                                                                                                 Poi, i miei amici sono tutti di sinistra                                            
Qual è il vero grado di tolleranza generale?                  
«Basso, lo stesso dei gay radicali verso gli etero. Non si è buoni e leali solo in un senso».Ce l'ha proprio coi gay, insomma.«Ce l'ho con le finzioni. In tivù ci presentano sempre talentuosi, altruisti, solidali e generosi, i trans invece fanno sempre le mignotte e i travestiti quelli patetici a tempo pieno. La realtà è che siamo uguali a voi».Cioè?«Stronzi, incapaci, egoisti, traditori. Questo per dire che non sono corporativista. Detesto i luoghi comuni».
E il futuro?

«Ho un momento down ma so già che poi torno a galla. Continuerò ad essere quello che sono. Senza maschere».







2 commenti:

PierreLouis ha detto...

Sono d'accordo sul fatto che il gay pride sia una carnevalata. La sessualità è qualcosa di intimo che non va mai esibita, mai.

anonimo ha detto...

Sono d'accordo anche io che la sessualità sia qualcosa da vivere in maniera intima. Non amo le spettacolarizzazioni nè homo ne etero. Il gay pride è solo una festa che come tale deve essere valutata...non come una generalizzazione massificata. Il ragazzo della storia è molto inteligente anche se forse troppo illuso nello sperare che la destra riconosca la dignità omosessuale di tutti e non solamente la sua.