L’Ayatollah Ali Khamenei ha tenuto il suo primo discorso pubblico dopo le elezioni presidenziali in Iran nel corso delle preghiere di venerdì 19 giugno 2009 a Teheran, una settimana dopo che il controverso voto aveva consegnato una vittoria schiacciante al presidente in carica Mahmud Ahmadinejad. L’intervento del leader supremo, davanti ad una vasta folla che includeva alti prelati e politici – anche se soltanto uno dei tre candidati rivali di Ahmadinejad –, è stato un punto di svolta negli eventi del tumultuoso Iran post-elezioni.
Il leader della Repubblica Islamica ha ancora una volta sostenuto i risultati ufficiali delle elezioni, anche mentre continuavano le intense proteste pubbliche a favore del secondo arrivato Mir Hosein Musavi.
Khamenei ha rifiutato i giudizi di inaffidabilità dei risultati: è impossibile che ci siano stati “11 milioni di voti fasulli”, perché “la Repubblica Islamica non manomette i voti del popolo”. Ha anche avvisato i manifestanti che avrebbero dovuto smetterla con le dimostrazioni in strada e con le marce; se non l’avessero fatto, i “mandanti dietro le quinte” sarebbero stati ritenuti responsabili per le loro azioni.
La stance politica del leader supremo è un rischio – dato che l’effetto dei comportamenti e dei discorsi di Mahmud Ahmadinejad (sia prima che dopo le elezioni) è di imporre gravi costi al governo dell’Iran e al leader del regime – acutizzando le divisioni all’interno dell’elite politica e contribuendo a provocare le più grosse manifestazioni di piazza sin dalla rivoluzione del 1979 ha incitato l’opinione pubblica internazione contro Teheran e persino indotto seri dubbi sulla legittimità del suo diritto a governare la Repubblica Islamica.
Il leader della Repubblica Islamica ha ancora una volta sostenuto i risultati ufficiali delle elezioni, anche mentre continuavano le intense proteste pubbliche a favore del secondo arrivato Mir Hosein Musavi.
Khamenei ha rifiutato i giudizi di inaffidabilità dei risultati: è impossibile che ci siano stati “11 milioni di voti fasulli”, perché “la Repubblica Islamica non manomette i voti del popolo”. Ha anche avvisato i manifestanti che avrebbero dovuto smetterla con le dimostrazioni in strada e con le marce; se non l’avessero fatto, i “mandanti dietro le quinte” sarebbero stati ritenuti responsabili per le loro azioni.
La stance politica del leader supremo è un rischio – dato che l’effetto dei comportamenti e dei discorsi di Mahmud Ahmadinejad (sia prima che dopo le elezioni) è di imporre gravi costi al governo dell’Iran e al leader del regime – acutizzando le divisioni all’interno dell’elite politica e contribuendo a provocare le più grosse manifestazioni di piazza sin dalla rivoluzione del 1979 ha incitato l’opinione pubblica internazione contro Teheran e persino indotto seri dubbi sulla legittimità del suo diritto a governare la Repubblica Islamica.
(...) Continua su Le Coordinate Galat(t)iche.
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