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"Il caso è chiuso". Quasi fosse la scena finale di un giallo, dove il colpevole è stato finalmente smascherato. Il caso è chiuso, quindi non se ne parli più. Dopo il parziale riconteggio (non si sa quanto attendibile) delle schede, l'Iran del potere ha deciso: ha vinto Ahmadinejad, non ci sono stati brogli, tornatevene a casa zitti e buoni, o guai a voi. La fotografia qui sotto è diventata popolare almeno come quella di Neda Agha Soltan: e il raffronto con Tienanmen, pure. Nemmeno io vi ho resistito. Vent'anni fa un ragazzo, oggi una donna. Tante donne: persino il regime le teme, addirittura più le morte che le vive. Quel regime sta infatti cercando di convincere la popolazione che i responsabili della fine di Neda sono stati cecchini al soldo della Cia. Un goffo e inutile modo di negare l'innegabile, di mascherare il tradimento. Tante donne, e una sola: non cambia nulla. Anch'esse come un unico corpo attraversano la tempesta, senz'altra risorsa che sé stesse, la loro sommessa determinazione. Verso una mèta ostinata e contraria. E' una lotta epocale, ed esse la percorrono tutta, in carovane di secoli, smembrate, divelte dalla furia d'un mondo patriarcale cadente e disperato. Vent'anni fa mons. Luigi Bettazzi, arcivescovo emerito di Ivrea, titolava un suo libro Farsi uomo. Trascorso un lustro ne pubblicò un secondo, che stavolta battezzò Farsi donna, farsi giovane, per la pace. Egli aveva compreso che la nuova speranza poteva passare soltanto grazie al cammino di quei corpi sommessi e giovani. I più dilaniati dalla furia del vecchio che non vuol mollare la presa. Ma che, alla fine, soccomberà.
Donna e pace, due vocaboli femminili. La Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza è approdata anche in Iran e nei Paesi arabi. Si stanno infatti organizzando reti ed eventi in Medio Oriente, Afghanistan, Iraq, Palestina compresi, con l'appoggio di un importante network televisivo arabo. Anche "speranza" è parola femminile...
...e la Marcia è approdata anche al Pride genovese di sabato scorso. La nostra Roberta Ravani ha "raccontato" la manifestazione con bellissime immagini; e con la presenza sua e di moltissime persone che hanno approfittato della ricorrenza per lanciare, ancora una volta, un messaggio di ampi orizzonti, di rispetto e di diritti per tutti. E per esprimere la solidarietà degli umanisti a Maria Luisa, la ragazza napoletana brutalmente malmenata da un gruppo di teste rasate per aver difeso un amico gay. Il lucido, privo di odio, e per ciò stesso impietoso resoconto di quella maledetta sera, inchioda ognuno alla propria responsabilità. Ma, soprattutto, testimonia quel rovesciamento di valori da qui più volte denunciato e che assurge ora nella sua più allarmante e sciagurata nudità. Maria Luisa ha compiuto un atto del tutto normale: aiutare una persona nel momento del bisogno. In quel momento non era né uomo né donna, era un essere umano, rotondo, completo, straripante, e quindi pericoloso per chi è abituato a considerare solo gli stereotipi. Maria Luisa avrebbe potuto chiamarsi Alberto, senza dubbio; ma di fatto era Maria Luisa, un'altra donna nella tempesta dell'odio inveterato, fattosi ordine e purezza razziale. Ora hanno proposto per lei una medaglia al valor civile (cfr. l'appello al presidente Napolitano).
La terza donna nella tempesta è Pina Bausch. Nessuno mi crederà, ma giorni fa avevo proprio pensato di pubblicare un suo video. Questa Carla Fracci espressionista non era così popolare da noi. Era pugnace come un uomo, d'una serietà da scienziato. Strana creatura d'una Weimar rediviva. Pina Bausch ci ha lasciati ieri. Addio, nordica sciantosa.
Daniela Tuscano
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