30.8.15

la bufala del selfie appena sbarcata

Non mi stancherò mai  di  fare le pulci  ,  anche se  so che certe persone   ( chiamasi capre  )  è una  battaglia persa ,   su tali boiate  . Posso capire  all'inizio  appena  cogli la pseudo  l'informazione .  ma  poi  cazzarola   quando  trovi elementi  che la smentiscono o  un semplice  ragionamentio  a  freddo perchè  ...  continui  imperterrito   a  diffonderla  come un automa  ?

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29.8.15

dylan-dog- n 348-la mano-sbagliata la fase di rinnovamento entra nel vivo ? e si passa dalla demolizione alla ricostruzione su macerie ?


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erano anni che non leggevo un Dylan Dog cosi vecchia maniera . Per giunta ho seguito il consiglio dell'introduzione di Recchioni l'ho riletto con questa musica in sottofondo



mi sa che stanotte dovrò prendere un pitale di camomilla per dormire . Sarebbe bello far scrivere una storia a due mani fra Barbara Baraldi / Paola Barbato o meglio con Mauro Uzzeo , lo stesso Gigi Simeoni , Werther Dell'Edera, Luca Genovese
Dipinti e realtà: a dividerli, solo il sottile velo della Morte!. Bellissimo, da tempo una storia di DD non mi coinvolgeva così. Le tavole sono stupende, come elegantissime le citazioni architettoniche al cinema di Dario Argento (la facciata in stile liberty del palazzo dove vive Anita, il lucernario all'interno del medesimo edificio); la sceneggiatura è solida ed evocativa, si sente la mano di una scrittrice di razza (il contributo della Baraldi alla serie è paragonabile a quello della giallista scozzese Denise Mina per la testata Hellblazer) e non vedo l'ora di leggere la sua prossima sceneggiatura dylaniata!" Concordo con quanto dice : http://www.badcomics.it/<< Il racconto è avvincente, intrigante e trasmette l’eleganza tipica di una penna femminile, ma grazie al supporto grafico di un superbo Nicola Mari, riversa tutta la sensualità, il raccapriccio e la morbosità della vicenda narrata."(....  continua  qui  ) . 
Questo commento  di     Antonella Annesi
sull pagina fb della Baraldi Mi  ha  tolto le  parole  di  bocca  : << Ho trovato “La mano sbagliata” un meraviglioso racconto introspettivo, sensibile e sensuale, accompagnato dall’ immancabile senso dell’ horror e dalle ambientazioni tipicamente baraldiane.Mi è piaciuto tantissimo.Ti faccio i miei più sinceri complimenti.Non sono una lettrice di Dylan Dog, ma tu sei meravigliosa e credo che la serie regolare abbia acquistato una grande sceneggiatrice.La tua penna è inconfondibile, la riconoscerei ad occhi chiusi ormai.Spero di non attendere troppo per leggere di nuovo un “tuo” numero di Dylan. Tua affezionata lettrice >>
Ha  avuto  miracolo ottime recensioni  ( di solito   sono  tiepide  o i fans  più pignoli ed puristi che alla  fine stancano     tanto sono pedanti e noiosi  ,  ovviamente senza generalizzare  ,   incontentabili  ed   poco inclini al cambiamento   lo fanno a pezzi  ) sulla pagina  fb  ufficiale 


Daniele Ramella Stupendo! Devo rileggerlo altre due-tre volte, ma così sui due piedi Barbara Baraldi arriva di botto in testa alla mia classifica del nuovo corso (e molto in alto nella classifica generale di Dyd dal 1986 ad oggi), battendo "E cenere tornerai" di Paola Barbato, che per il momento era in testa.

Miguel Luisez Un numero molto avvincente ed inquietante! Forse il finale lo avrei costruito un po' meglio, seminando qualche indizio che poteva aiutare ad ipotizzare l'identità dell'assassino. Detto questo, storia di alta qualità, complimenti


Antonio Luelli Finalmente! Dopo gli ultimi noiosi numeri mi sono gustato un albo di Dylan come Dio ( o il Diavolo...) comanda. I riferimenti al periodo d'oro di Dario Argento non potevano che rendere la storia avvincente ed appassionante. Bellissimi anche i disegni. Così mi piacete! 

Ottimi   i disegni  Nicola Mari non ha certo bisogno di presentazioni, quindi   riporto a  sinistra   una sua tavola tratta dalla storia  
Unico neo , ma secondo  stavolta  irrilevante  ai fini della  storia e poco toglie  a al   svolgersi   ( anche se ne sento anch'io ho un po' di nostalgia delle cose non spiegate dei finali aperti ed irrazionali non spiegati . Ma rendere avvincente , quando accade m il come ci s'arriva mi emoziona uguale e lo fa passare come in questa storia in secondo piano ) in questione è  quello segnalato sempre  sulla pagina  fb uffiuciale    da  Simone Efosi  << Allora, a me la storia è piaciuta e i disegni di Mari in questo numero sono davvero perfetti... l'unica critica che mi sento in dovere di fare è che è un po' troppo "palese" l'identità dell'assassino... cioè, l'ho capito a pagina 40... per il resto ottimo lavoro, comunque..>>
Non so che altro dire  di  questa  opera  prima  su  Dylan Dog   della  Baraldi    se  non   che  è riuscita  con  maestria  a  fare  una storia che parla di passione, di amore, di morte, i grandi temi dylaniani, ma anche di diversità: l'amore diverso, l'amore PER il diverso. La disabilità come oggetto di sessualità, di amore carnale, al di là della trita e ritrita compassione sociale e del conformismo. La disabilità come passione che brucia, come desiderio e rabbia, ma anche come creatività... .  E   , scusate    se mi auto  elogio 


Giuseppe Scano
29 agosto alle ore 16:49

ottima la tua storia sull'ultimo n di dylan dog se riuscita a fondere romanticismo e noir senza cadere nel feuilleton . continua cosi
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Piace a Barbara Baraldi.


Barbara Baraldi
Grazie! Ho cercato proprio di scrivere una storia che riprendesse le atmosfere dei vecchi noir: dark lady, storie torbide e il protagonista che rimane invischiato suo malgrado nella vicenda...
Mi piace · Rispondi · 29 agosto alle ore 16:56

Quindi  buona lettura  o rilettura ( specialmente per  i nuovi  lettori\trici ) vista la complessità  psicologica   della vicenda  .  Concludo con un suggerimento perr  tutti i  lettori\  trici , tiepidi e sconsolati come  Elia Munaò : <<  Secondo me non era neanche male gli abbandonati. Un numero non spettacolare ne esaltante ma neanche così scadente come è stato detto. Lo definirei come uno dei tanti classici riempitivi di basso profilo che ci sono sempre stati, da trent'anni a questa parte. >> e  quelli  stroncatori a   cui non va  mai bene  niente  e  trovano il clkassico pelo nell'uovo  vedi queto scambio d'opnioni 

Mirco Bob Non mi è piaciuta perche era scontato il finale, scontato l assassino, di "incubo" c'era ben poco e sinceramente mi pare una storia già letta. Ogni tanto una storia "zombesca" non sarebbe male. Di novità rispetto a prima? A parte Block in pensione, non è che ho visto un granché. Semplice opinione personale s'intende.
Giuseppe Scano devi essere Mirco Bob uno di quelli tutto subito e di querlli che hanno la una concezione classica dell'incubo . . rillegila . anche a me alla prima lettura ha dato una simile impressione . E' verò il finale era ovvio , ma carico d'inquietudine e d'angoscia
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· Rispondi · 8 min


oppure  questa lamentela  una  delle meno pedanti e  noiose  degliscontenti 
 
Valerio Dieni   [----] Qui non pare neanche più questione di mancanza di idee, quanto proprio non saperle mettere in pratica. Numero salvato dal solito grande Mari, che non capisco davvero come si possa non apprezzare. Continuo a comprare per speranza. Mi ripeto sempre: "Il prossimo numero potrebbe essere quello giusto". Ed è parecchio frustrante.
che   bisogna  tenere  conto  : 1) tutti  quelle opere (  comprese  i fumetti)    che tentano  di rinnovare  e svecchiare   (. un opera   trentennale ormai  diverntata   ripetitiva   e  tardano nel bene e nel male  a  trovare  il loro centro di gravità permanente vedere  lo stesso dylan dog  dopo i primi 100 \  200 numeri) .
2) bisogna  tenere  conto che   per  un ottima  scrittice   come la Baraldi   era la sua prima prova  di sceneggiatura ( cosa bene diversa  e più complessa   che  scrivere  romanzi  )  quindi portare pazienza e  siate  comprensivi 
3)  provate , magari amndando suggerimenti  e consigli   e non solo le  solite lamentele  ( ormai diventate cantilene  cioè il solito disco rotto  )  o  alla casa  editrice  tramite  lettera    o post   sui  vostri blog e\o   social  , oppure  nella  loro pagina  fb  ufficiale  . 
 4  ) e  qui  concludo  provare  anche   nn sempre  è possibile come dice   una  veecchia canzone    <<  (... )  non mi aspettavo un vostro errore \uomini e donne di tribunale \ se fossi stato al vostro posto... \ma al vostro posto non ci so stare (.... ) >> a mettervi al posto degli autori  e dei responsabili  della testata  che   hanno un ruolo non semplice  nell'opera  di rinnovamento di Dylan  Dog   .  Ma  soprattutto   tenere presente   che ormai <<.... Il fatto è che    non s'inventa  più nulla  da almeno due milleni  ......  si rimescolano  solo le  carte  : Ogni volta  viene  una mano diversa  , ma il fondo il mazzo  è sempre  lo stesso . ( ...)  l'importante  è non perdere la  voglia  di gioccare  . >>  Infatti  Recchioni  e gli autori  vecchi e  nuovi  di Dylan Dog  non hanno perso la  voglia  di farlo  vedi  la serie Orfani  . Ma  soprattutto  <<  .... Sedersi  >>  sempre  secondo  Martin Mystere  la terza stirpe  n 318  <<  al tavolo   con il  fuoriclasse-... apprezzare  il loro stile  e  soprattutot non barare  >>











LA FURBONA DEL QUARTIERONE


Quando non capisco divento nervosa. Come tanti. A me, per la verità, accade d'innervosirmi pure quando capisco (o mi sembra di capire, non voglio essere immodesta). Mi considero una persona semplice, banale. E banalmente constato che certo, adesso non si può che condividere l'orrore di Angela Merkel per tragedie inenarrabili come quella, recente, austriaca (persino le borghesissime bagnanti della mia spiaggia parlavano con toni accorati di "trattamento nazista"!); quando esorta ad aiutare i profughi, condanna muri e fili spinati e rammenta che l'"Europa è ricca", opportunità si possono e si devono creare per tutti. Banalmente non si può esimersi dal sostenerla nella sua lotta al dilagante populismo xenofobo e razzista, pericoloso in ogni paese, ma in Germania e dintorni un po'
di più. Però - ed è qui che mi salta la mosca al naso - non posso nemmeno schivare un'altra domanda, anch'essa banale: finora tutta questa compassione, questo panegirico dell'Europa come terra di opportunità e welfare, cultura e civiltà, non li ho sentiti. Finora "ce lo chiede l'Europa" equivaleva a pareggiare rigidi conti ragionieristici, a sculacciare i mediterranei scialacquatori e torpidi (cioè, noi) che quasi dovevano scusarsi d'esser nati sulle sponde del Mediterraneo e non nella nobile Foresta Nera. La Germania compassionevole è la stessa che ha sbranato la Grecia, con una determinazione e durezza ben superiori ai pasticci del pur sciammannato Tsipras. Non ditemi che sono problemi diversi. E' esattamente la stessa cosa, invece. Perché ora che i guai premono sotto la porta di casa, ora che il vento del "non expedit" spira anche da quelle parti (ci si è evidentemente accorti che i profughi possono rappresentare un incentivo all'economia e non solo un dramma umano e politico), ora, soprattutto, che la svogliata pseudo-battaglia contro il gruppo Stato Islamico ha portato ai risultati prevedibili, cioè al nulla, anzi al peggio (un emirato è sorto in Libia, sotto i nostri piedi), ci si ricorda che il rigore senza lungimiranza non paga: è, al contrario, pericolosissimo. E d'accordo, come si fa a respingere ora gli appelli di Merkel? Ma permane un senso di profondo fastidio: quello per cui alla fine, sia nel male, sia nel bene, solo una decide, e gli altri si accodano, pronti poi a farsi mettere in coda, come sempre. E, quanto a code, noi ne abbiamo vasta esperienza. Saremo pure inerti e irresoluti, degl'irriducibili levantini, ma non mi pare che l'acume nordico abbia stavolta brillato per preveggenza... e nemmeno per furbizia.

© Daniela Tuscano

27.8.15

LIGURITUDINE

 Qui, in via Morardo, è tutto un po' selvaggio. Un pittoresco anche troppo partenopeo, fin dalle facce. Se di bimbi, già fanno immaginare futuri splendori di ragazzi, imprendibili e furfanteschi. Accanto permangono volti ponentini, di fissità picassiane, e il crespo dei capelli inanella schiene d'ataviche fatiche. Qui il turista non invade ancora i carruggi. La spaghetteria “La mulattiera” ammannisce delizie d'altri tempi in mezzo a cimeli corsi, cartine preunitarie, biancheria di foggia francese, gufi e poiane, gioghi e tovaglie a quadri bianchi e rossi, su cui rosso spicca un papavero. E non stona. Esalta. Addolcisce ineffabile sapidità. Siamo, in realtà, in un suq orientale che sa di spezie e contenitori di plastica adibiti a vasi . Siamo in Italia. Siamo in un reperto anni Cinquanta. Il capolavoro del luogo è la “sala di lettura”: qui pure, un ammonticchiare assolato di grancasse,
pendole, scaffali, ruote di biciclette e piastrelle da cucina. Ed è giusto, perché con la cultura si mangia: e si condivide. Davanti alla saracinesca, simile a quella dove Peppino Impastato si rifugiava per leggere Pasolini, si scambiano chiacchiere e libri. Anch'io ho portato il mio (su Renato Zero), che in verità vi è rimasto poco. Non capita così spesso di trovare un ventenne sparuto innamorato non solo del glam dei '70 ma di...  ! Caspita! - Ma è vero che Renato lo conosceva? Io e Cristian, veramente, non l'abbiamo scritto, avendolo scoperto dopo, ma sì, pare che nel '72 Renatino frequentasse spesso il Superstar di Roma in compagnia del sexy divo, e chiedeva insistentemente al dj di mettere le sue canzoni! (Ma quali?). Pur se un sospetto m'era venuto parlando di "Calore", quasi una memoria involontaria, proustiana, sicuramente un caso, ma non si sa mai... Insomma regalo il libro al ragazzetto entusiasta, pazienza se non guadagno nulla, non voglio taccagnare adesso, in quest'antro mezzo marocchino mezzo sabaudo, sopra pagine polverose con nomi russi e il titolo: "La fine di un attore". Rientro a casa, il basilico è stato letteralmente divorato da una cavalletta che, nei radi momenti di pioggia, l'ha pure adibito a tettoia. Starà lì due giorni, poi sparirà, saltellando in chissà quali universi. 
© Daniela Tuscand

26.8.15

storie ai margini





 una riflessione sul sistema carcerario, affidata a una lettera che abbiamo ricevuto da Bancali ( sassari )  Dietro ognuno di noi c'è sempre una storia diversa, una società che si consideri civile dovrebbe capire cio e sapere che le carceri contengono persone umane che pagano una pena per aver commesso degli errori, nessuno di noi puo dire: io su quella pietra nn mi siedero mai, tutti siamo soggetti ad errore chi più chi meno e una persona che sta pagando una pena detentiva si deve gia considerare parte integrante della società civile quindi per me è giusto che le carceri siano rese fruibili dai cittadini liberi, con ciò nn metto in dubbio che ci possano essere carceri dove si adottano delle restrizioni per via della sicurezza per cui si debbono prendere altre misure

25.8.15

UN "PENSIERO RIFLESSO"... IN UN BICCHIERE DI WHISKY di Daniela Tuscano


Filosofia come compagna di vita, come narrazione di se' e non solo del Se', come autobiografia, occasione per raccontarsi, romanzarsi, "poetarsi": questo il filo portante del lavoro di Cristian Porcino, intitolato "Pensiero riflesso".
Cioè in vista, confessione scagliata e vibrante, carnale, esplicitata quasi con impudicizia. Urlo di rabbia, anche. Idea non nuova, anzi inserita nel solco della grande tradizione filosofica. Siamo noi contemporanei ad aver confinato la filosofia fra le materie astratte, o forse aride, e in una forma espressiva - quella saggistica - che richiama a un periodare pedante, scolastico e impersonale. Occorre ricordare che per gli antichi era tutto l'opposto? Che Socrate aveva appreso l'arte fra le braccia di Diotima e che i suoi trattati portavano il nome dei suoi allievi? Erano innanzi tutto dialoghi, fra un triclinio e un sospiro di passione. Perché la filosofia è spirito; quindi materia. Rinnova la materia. Non v'è separazione fra i due, ma nobilitazione della seconda grazie alla prima. E per questo Porcino riesce a intessere un inno alla vita malgrado gli schiaffi ricevuti, la considerazione che, in un mondo come l'attuale, il pensiero autentico, composito, "riflesso" (sincero) non solo non è apprezzato ma osteggiato. Si prediligono i tuttologi, che in realtà non dicono nulla, i raccomandati, i salumieri dell'affabulazione. Porcino esordisce con una silloge poetica assai pregevole (a mio parere, la parte migliore del libro) con echi vagamente ungarettiani (da "Sentimento del tempo") dal punto di vista stilistico e tributario, nei contenuti, di Bukowski e Busi. In verità, non ne possiede il disincanto e il cinismo, semmai la dolente passione. Tra le composizioni più riuscite primeggiano "Chi salverà il mondo" e "I maestri dell'esistere" (e tra questi ultimi figurano anche maestre donne, finalmente!), "O-Dio" e la catulliana "Amo e Odio" dove lo scrittore reclama una fede che non ha trovato, ma che gli spetta, in certo senso, di diritto: la fede nell'umano, la speranza. Il discorso prosegue nel suo secondo volume, "Tutta colpa del whisky": in esso Porcino rivendica un sapere "aristocratico" (nel senso etimologico di migliore) che non può essere per la massa, ma per chi riesce a indagarne e apprezzarne la profonda poliedricità (di qui un ironico, ma non troppo, "Elogio del lei" da contrapporre a un tu non più sinonimo di eguaglianza e comunione, ma d'omologazione dozzinale). Un folle, ma non per le folle, come sottolinea in un altro passo. Non è facile uscire dalla spersonalizzazione della società post-consumistica, che dona solo l'illusione di potersi esprimere liberamente, e che invece - lo ha sottolineato di recente Umberto Eco - permette a qualsiasi imbecille di sentirsi un "maître-a-penser". Chi invece orienta la cosiddetta opinione pubblica, e i gusti artistico-letterari, sono sempre roccaforti (fili spinati?) di baroni ben decisi a difendere la loro inespugnabilità. Cristian prova a fendere alcune sane "picconate" col "whisky" del suo sapere, genuino ed entusiasta, col nerbo d'un giovane che malgrado le ferite non è disposto a lasciarsi domare, e spazia dal card. Martini a De Crescenzo ai grandi filosofi orientali - anche in tal senso, la consapevolezza che la Sofia vive pure nell'altra sponda del Mediterraneo, non solo tra le nebbie del Nord o in un malinteso neoclassicismo -. Del resto, Cristian è siciliano: e nessuno sfugge alle proprie radici.

24.8.15

LEGGERA - Ricordo d'un'estate in Costa Azzurra di © Daniela Tuscano

Quanto abbiamo attraversato? Il bello è che l'abbiamo fatto assieme: sempre. Sempre sull'onda, alla scoperta dell'umano, della ricchezza della natura, capace di sorprendere ogni volta, mai eguale a sé stessa. Abbiamo percorso secoli e luci, opere umane, spianate mediterranee, circondate da occhi e simboli, non più arcani, ma chiari e silenti; sistri d'argento non più decifrati, ma solo ascoltati. Tutto era nostro ma non possedevamo niente: ci s'immergeva. Uccelli, in particolare, con occhi di topazio, t'accolgono se ne accetti l'esistenza; e non si pongono domande. Dee e guide cristiane (dappertutto spuntano Terese d'Avila e di Lisieux). Le ville, trionfi dell'ingegno umano, sono musica. Percorsi iniziatici. Vi si affastella tutto, ceramiche boiserie panorami catturati, però poi è il giardino, questa Commedia vegetale, a introdurti fuori di te. 

 Passi per la porta stretta di bossi, ed è solo l'inizio. Il Paradiso terrestre, l'innocenza. Laggiù spira sempre fresco. Poi prosegui, e nel giardino litografico, a Villa Ephrussi, vai oltre i simboli del gioioso e un po' vacuo paganesimo. Non hai timore, respiri il verde cupo. Le pietre. Le occhiaie concentriche del grigio. Sei giunta. Il giardino giapponese è un'onda senza mossa. Nulla è più lineare. Stai per spiccare il volo. Nuoti nell'aria e potresti concludere il passaggio su questa terra. Poi un colpo ti fa riprendere le umane posse, perché sei qui, e devi proseguire, e seminare speranza e ritorni. Il roseto trionfa accanto all'arido deserto araucano, perché lo spirito non è nirvana, e Dio lo ritrovi nelle valli accidentate, nella sete, in quel coperchio di cielo troppo azzurro e nella purità della Madonna ora così intimamente carnale. E concludi molle e sazia, di nuova energia, e senti che altrove non esiste. Già respira qui, in un pugno di splendore.
© Daniela Tuscano

22.8.15

Alessandra e la magica gita in Supramonte alla scoperta della natura e degli animali

  da  www.unionesarda.it  Oggi alle 14:51 - ultimo aggiornamento alle 15:09



alessandra faccia a faccia con una mucca (foto franca loru)
                          Alessandra faccia a faccia con una mucca (foto Franca Loru)
Cosa accade a una bambina di 2 anni che per la prima volta viene a contatto con la natura ancora incontaminata di uno degli angoli più belli e selvaggi della Sardegna?
Alessandra, come tutti i bambini di oggi, ha più dimestichezza con cellulari e schermi al plasma che con gli animali che vivono liberi sulle montagne.
Il Supramonte di Urzulei
                   Il Supramonte di Urzulei
Una gita per le impervie piste del Supramonte di Urzulei è la buona occasione perché conosca dal vivo ciò che molti possono vedere solo in video.
Alessandra fa conoscenza con un maialetto (Loru)
                  Alessandra fa conoscenza con un maialetto (Loru)
La passeggiata inizia nella piana del Cuile Televai, ultima roccaforte dei caprai della zona. Il paesaggio si fa sempre più idilliaco ma sono ancora visibili le ferite provocate dalla grande alluvione del novembre 2013. I maialini al pascolo subito catturano l’attenzione di Alessandra che si lancia all’inseguimento dei giocosi animali.
Alessandra dà da mangiare agli asinelli (foto Loru)
                        Alessandra dà da mangiare agli asinelli (foto Loru)
Alla fine la bimba, con la sua spensierata innocenza, riuscirà a conquistare la fiducia del più coraggioso del gruppo, che verrà ricompensato con parte della sua merenda. Più timide le mucche che, schive e diffidenti, non si lasciano incuriosire da questa bambina che scopre per la prima volta un nuovo mondo, come se fosse un sogno.
Alessandra faccia a faccia con una mucca (foto Franca Loru)
                        Alessandra faccia a faccia con una mucca (foto Franca Loru)
Ma è con un branco di asinelli che Alessandra stringerà la più profonda sintonia e amicizia, riscoprendo quell’armonia tra uomo e natura che la società moderna troppo spesso tende a dimenticare.
L'asinello e la bimba (Loru)
                           L'asinello e la bimba (Loru)
La scena più bella al momento del commiato, quando gli animali e la bambina si lasciano dopo un lungo abbraccio. E’ ora di tornare alla realtà.
I nuovi amici con le orecchie grandi (Loru)
                             I nuovi amici con le orecchie grandi (Loru)
Il sogno sembra svanire nel nulla, ma per sempre rimarrà il ricordo di una natura ancora integra che le nuove generazioni avranno il dovere di difendere da una modernità troppo spesso indifferente e cinica. (g. d.)
Alessandra saluta i suoi nuovi amici (Loru)
                      Alessandra saluta i suoi nuovi amici (Loru)

La didattica dell’ascolto sa risvegliare l’orecchio di numerosissimi ascoltatori. È tempo di portare la musica di qualità al pubblico del Terzo Millennio di Antonio Deiara


E pensare che io e lui , quando lo avevo avuto come prof alle medie non andavamo d'accordo . Lo giudicavo un dittatore per la sua ( poi mi sono reso conto che aveva ragione perchè io ero troppo indisciplinato ) severità . Ed ora a distanza di 30 anni gli do ragione al 90 % specie sua musica d'oggi più precisamente in e lo chiamavano rap su quanto dice in questo post preso dal suo sito http://www.antoniodeiara.it/ in particolare su gli zanfaraioli ( ambulanti \ bancarellisti letteralmente dal gallurese secondo questo dizionario italiano -gallurese ) espressione con cui in senso figurato si definisce musica da quattro soldi quella che Guccini nella famosa ...... canzone : << colleghi cantautori, eletta schiera, che si vende alla sera per un po’ di milioni,voi che siete capaci fate bene a aver le tasche piene e non solo i coglioni… >>


Immaginate 450 ragazzi seduti sulle panche dell’ultima fila di una chiesa, in silenzio, senza telefonini e Facebook, con gli occhi attenti ai movimenti dei piedi e delle mani dell’organista, e delle dita dei violinisti proiettati sullo schermo più vicino, con le orecchie protese verso il tema dell’orchestra d’archi. Novanta secondi, il brano si conclude ed esplode l’applauso. Cinquantacinque minuti e il “Concerto Politematico 3.0” ha termine, con un’imprevedibile richiesta di bis da parte dei giovani e giovanissimi ascoltatori. È accaduto a Sassari, nella Basilica del Sacro Cuore; si è ripetuto nella Chiesa di San Sisto, al Centro storico. Potenza della “Didattica dell’ascolto”! È tempo di portare la musica di qualità al pubblico del Terzo Millennio.
Parafrasando Franco Battiato, viviamo strani giorni, anche noi che procediamo sui sentieri pentagrammati, ritenuti sicuri fino a pochi anni or sono. Dilagano fenomeni paramusicali che avviluppano l’ascoltatore indifeso nelle spire di videoclip ammalianti nei quali, quasi come nel viaggio di Ulisse, sirene più o meno siliconate si trasformano ben presto in arpie bramose di denaro e followers. L’errore sarebbe quello di rinchiudersi nelle torri d’avorio dei talebani del pentagramma. Ben presto, gli zombies dei prodotti pseudo musicali, circonderebbero ed abbatterebbero le torri dei puristi della monocultura classica o jazz. I sopravvissuti, musicisti di grandissimo livello ma operatori culturali autoreferenziali, sopravviverebbero rimpiangendo un’Ètà dell’oro frutto della loro fantasia autoassolutoria.
La strada da percorrere è una quattro corsie: rispetto per il “vissuto musicale” di ogni persona, perché i gusti dell’ascoltatore non si modificano con le critiche ma con l’istruzione musicale; rispetto delle scelte vocali e/o strumentali e/o compositive proposte dagli allievi, a partire dalle Scuole Elementari e Medie, ai docenti pentagrammati vecchi e, soprattutto, giovani; applicazione dell’”Educazione Musicale Diffusa” a partire almeno dalla prima classe della Primaria; utilizzo costante della “Didattica dell’ascolto” verso le nuove generazioni di interpreti ed ascoltatori.
La “Didattica dell’ascolto” sa risvegliare l’orecchio di numerosissimi ascoltatori. Occorre proporre al pubblico brani molto brevi e marcatamente diversi fra loro; dato che viviamo nel Secolo dell’immagine, tutti i presenti al “Concerto Politematico 3.0” devono poter vedere da vicino le mani del musicista, l’agilità delle dita del violinista o la stupefacente fluidità del “tacco e punta” dei piedi dell’organista. Cinquantacinque minuti di emozioni spingono l’ascoltatore a ripetere l’esperienza e a farla vivere ad amici e parenti. Due ore di noia mortale allontanano, non di rado per sempre, anche l’orecchio più paziente. “Circuitiamo”, cioè portiamo anche nei quartieri cittadini, nei paesi grandi e piccoli, nelle comunità e, soprattutto, nelle Scuole di ogni ordine e grado, il patrimonio di musica di qualità prodotto ogni anno da Indirizzi strumentali, Licei musicali e Conservatori, da Scuole di musica civiche e private, Bande, Cori, Ensembles, Band e solisti. È tempo di portare la musica di qualità agli ascoltatori del Terzo Millennio, prima che sia troppo tardi.


e un altro artista che anche la pensa allo stesso modo è il mio amico e fidale ( lui d'aprile io di febbraio ) Giacomo spano






Diplomato in chitarra e in didattica della musica strumentale presso il Conservatorio di Sassari, da diversi anni affianca all'attività di insegnante presso le scuole medie a indirizzo musicale e scuole civiche quella concertistica come solista e in formazioni cameristiche, spaziando dalla musica classica a quella etnica e popolare


Ha inoltre collaborato con associazioni culturali per la realizzazione di lavori discografici rivolti al recupero e la valorizzazione del repertorio musicale popolare del nord Sardegna. E' autore di un metodo per chitarra classica dal titolo "La mia chitarra" edito da Casa Musicale Eco. Il quale << [...] la realizzazione di questo metodo è stata ispirata principalmente dall’idea di proporre un’opera didattica che si configurasse come “libro di testo” per allievi delle scuole medie a indirizzo musicale. Ritengo tuttavia che, per le sue caratteristiche e per quelle dei brani antologici in esso contenuti, il
testo possa comunque essere un valido strumento per principianti della chitarra di qualsiasi età. >> alla Prefazione. E che ha avuto ottime recensioni in ambito musicale infatti << [...] Il testo è utile e interessante sia per gli studenti delle scuole medie a indirizzo musicale, sia per chi desidera avvicinarsi allo studio della chitarra >> ( http://www.seicorde.it/ )  . Un  ottimo libro per  chi vuole avvicinarsi  allo  strumento in questione   . Infatti Il libro contiene:
  • le esercitazioni in ordine progressivo
  • una ricca antologia con oltre 120 brani
  • un CD con 50 brani per l'autoverifica

Il testo è suddiviso in quattro parti, che affrontano ciascuna le principali peculiarità dello strumento e le relative tecniche. In ogni parte si distinguono poi due momenti dello studio: uno dedicato all’acquisizione della tecnica e delle nozioni teoriche attraverso gli studi, e un altro riservato all’esecuzione e all’interpretazione dei brani antologici.



Spirito di © Daniela Tuscano

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Anche questo è martirio. Soprattutto questo. Khaled Asaad [foto sotto al centro  ] è morto per quelle pietre, per quella memoria litica che stava lì, a immortalare non solo l’umana vicenda, ma la peribilità degli dèi.

Khaled è stato torturato per mesi da Is/Daesh nel solito silenzio complice e criminale di Turchia e Occidente, poi decapitato, appeso a una colonna – uno dei tanti simboli da lui protetti e amati – a 82 anni. La sua testa l’hanno posta al basamento con ancora indosso gli occhiali. Di questi neonazisti in versione mediorientale tutto si può dire, tutto si può e si deve maledire – e stroncarli, stroncarli senza esitazione – ma non che siano stupidi. Anch’essi usano una loro simbologia, e gli occhiali lasciati sul capo dell’insigne studioso non sono solo un’irrisione, ma il manifesto odio l’uomo colto, che osa
dubitare: pure degli dèi, quegli dèi succedutisi, come accennavamo prima, nel macigno dei secoli, lettura per umani, evoluti o perduti con essi. E tuttavia sempre presenti, a suggellare un tempo che, comunque, fluisce; un prima e un dopo sono esistiti ed esisteranno ancora. La sterile fissità degli assassini, avida, consumistica – non desideravano impossessarsi dei reperti per distruggerli bensì per rivenderli al mercato nero a ricchi collezionisti occidentali e quindi investire il ricavato in armi: che tutti i sedicenti amanti delle antichità sappiano – è il marchio avvilente del loro declino ateo; la  negazione dell’evoluzione, anche della percezione di Dio, il rifiuto della propria natura profonda, proteica e multicosmica. Periranno, assieme a chi li ha tollerati e finanziati, e continua a farlo. Entrambi sorgono dalla decrepitezza d’una banconota. E da tarli antichi, come gli aguzzini di Ekin Van  [foto in alto   a  destra   ], naturalmente curda, naturalmente trucidata da turchi sodali di Daesh – turchi, membri della Nato -, d’una turpitudine così banale da non trovar di meglio che spogliarlo, quel corpo, perché va sempre bene, perché una donna nuda è sempre indecente e lasciva e umiliata. Si perpetra, anch’esso nel suo fissismo senza storia, il martello della misoginia, che non sa parlare, ma solo ringhiare e sbranare. Demoliscono e distruggono antichissimi monasteri cristiani, senza escludere gli umani: di tutti i perseguitati, i seguaci di Cristo sono i più ignorati dall’Occidente, che li accoglie con un’alzata di spalle, che non li riconosce nemmeno; cristiani in Oriente, come si trattasse d’una vicenda eccentrica, distorta. 



Invece essi nascono laggiù. La nostra coscienza s’è dispersa in quelle pietre che non hanno nulla di mistico nel senso di certo ayurveda riveduto e corretto. Il misticismo cristiano è aridità di deserto, roccia di comunione. Non è distacco dal mondo, ma è mondo, un mondo lacero e sofferente, accettato e sfrangiato. Spiritualmente siamo tutti semiti, diceva Pio XI, ma lo Spirito, che soffia dove vuole, si è allontanato dai nostri angoli…
No. Non ci fa mai mancare il suo soffio, il suo ruah. Ma non sappiamo più riconoscerlo.

                                             © Daniela Tuscano

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