30.9.21

l'amore vince sulla malattia , . PER CHI VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE, la vita è tutta un film , dopo uno shock anafilattico ha ripreso in mano la sua vita CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ,

da    https://storiedeglialtri.it/  di Carmelo  Abate (  carmeloabbate@storiedeglialtri.it  oppure   https://www.facebook.com/carmeloabbate1971 )    : <<   persone semplici, pure, nel cuore e nei sentimenti. Mi fanno pensare a mia madre e a mio padre, che purtroppo non c’è più. A tutte quelle persone umili che ogni giorno, nel loro piccolo, hanno tenuto la barra dritta e hanno contribuito a rendere grande il paese in cui viviamo >> Ogni storia racconta un pezzo di vita degli altri, ma finisce per toccare corde sensibili dentro ognuno di noi. Emozioni che ci fanno sentire meno soli, e più vicini a persone che non conosciamo.


. PER CHI  VIVE UN MOMENTO PARTICOLARE DELLA PROPRIA VITA, E HA SMESSO DI CREDERE NELL'AMORE
Lei è Maria. Nasce a Napoli nel 1951. Cresce in una famiglia umile, ha nove fratelli che cura come figli, appena può lascia la scuola e trova lavoro in fabbrica. Ha 16 anni, cammina per strada, incrocia gli occhi di un ragazzo che la fissa con insistenza. Piacere, mi chiamo Salvatore, scusami, ma non riuscivo a smettere di
guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.

guardarti. Maria sorride, gli stringe la mano, non la lascia più. Si sposano, in pochi anni nascono Luisa e Giuseppe. Maria si occupa dei figli e della casa, Salvatore è tutto il suo mondo. Si punzecchiano, bisticciano, poi fanno pace a passo di valzer. Maria cammina per strada vestita di tutto punto, gli uomini la guardano, Salvatore digrigna i denti, lei gli schiocca un bel bacio. Passa il tempo, i figli crescono, Maria e Salvatore riscoprono la gioia di stare insieme, viaggiano spesso, loro due, soli, mano nella mano sulle note di Celentano. È il 2009, Maria ha 58 anni, è in vacanza con la famiglia, d’improvviso si mette a urlare, dalla bocca le escono improperi e insulti. Salvatore è attonito. Amore calmati, che succede? Maria non sa, non riesce a spiegarsi, ha paura. Lui la stringe a sé. Stai tranquilla, va tutto bene. I giorni passano, Maria ha continui sbalzi d’umore, i medici fanno tante ipotesi, l’ultima è la più brutta. Alzheimer in fase avanzata. Maria si aggrappa al marito. Adesso cosa succede, che cosa ne sarà di me, di noi? Salvatore la tiene tra le sue braccia finché non si calma. Passano gli anni, Maria non riconosce più i figli, neanche i nipoti, vuole solo il marito, lo chiama, lo cerca, sempre, ovunque. Salvatore cucina i suoi piatti preferiti, impara a metterle lo smalto, fa venire il parrucchiere ogni settimana, e quando Maria ha lo sguardo lontano, le sussurra all’orecchio. Amore mio, ricordi quanto ci piaceva ballare? Maria gli fa una carezza. Come sei bello! La sua vita è tutta in quegli istanti, nei sorrisi, negli sguardi, nel ti amo sussurrato fino all’ultimo giorno della sua vita. Sono passati due anni, Salvatore ancora le parla. Ogni notte, prima di addormentarsi, la vede, corre tra le sue braccia, digrigna i denti. Maria lo guarda, gli fa il verso, e ride, ride.
PER CHI NON SMETTE MAI DI CREDERE NEI SOGNI
Loro sono Robin e Judith. Vivono a Francoforte, in Germania. Robin lavora come ingegnere, Judith in una radio. Sono appassionati di cinema, divorano film e serie tv. È il 2014. Robin e Judith si concedono una vacanza a Praga, camminano per la città finché trovano il punto esatto in cui è stata girata una scena di Mission Impossible. Robin fa per scattare una foto, poi si blocca. Tesoro, e se ti facessi una proposta indecente? Judith sgrana gli occhi, Robin scoppia a ridere. Tranquilla, intendevo che sarebbe divertente ritrarci nello stesso posto e nella stessa posa degli-------------
 
PER CHI CREDE CHE UN PICCOLO GESTO PUÒ CAMBIARE IL MONDO

Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali. Si piazza lungo la strada. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l'ambiente
Leah. Vive a Kampala, in Uganda. È una bambina intelligente, curiosa. Mano nella mano con il nonno, passeggia nei boschi, ammira gli alberi, si diverte ad abbracciare i tronchi per annusarne la corteccia. Sono belli, forti, indistruttibili. Cresce, ha 14 anni, esce di casa per andare a scuola. Vede un automobilista gettare qualcosa dal finestrino. Leah gli urla dietro, poi si guarda intorno. La strada è piena zeppa di rifiuti. Come ha fatto a non accorgersene prima? Raccoglie le cartacce, le butta, ma al ritorno da scuola ne trova altre. Leah stringe i pungi, è arrabbiata da morire. Corre a casa, prende un foglio, scrive una frase a caratteri cubitali e torna indietro. Si piazza lungo la strada, in piedi, immobile. I passanti la osservano. Ragazzina, che cosa stai facendo? Leah indica il foglio. Non si vede? Sto scioperando per il clima e l’ambiente. Tutti i giorni Leah salta la scuola, gira la città, sosta agli angoli delle vie, mostra a tutti il suo cartello, parla, spiega le sue ragioni a chiunque voglia ascoltare. I genitori provano a farla ragionare. Tesoro, è molto bello quello che stai facendo, ma come la metti con lo studio? Vuoi farti bocciare? Leah li guarda indignata. Cos’è più importante, salvare il pianeta o andare a scuola? Mamma e papà sono spiazzati. I mesi passano, che piova o ci sia il sole, Leah continua a camminare con il suo cartello giallo e il suo messaggio bene in vista. Un giorno si trova a ripercorrere i vecchi sentieri che faceva con il nonno. Si guarda intorno, e ha una stretta al cuore. Che fine hanno fatto i miei bellissimi alberi? Leah piange dalla rabbia, grida, urla, poi corre in un negozio, compra dei semi e comincia a scavare. Quanti erano? Cento, duecento, mille? Costi quel che costi li ripianterà tutti. Scava come una pazza, ce l’ha a morte con il mondo intero. Dei rumori la riportano alla realtà. Leah alza gli occhi. Davanti a lei c’è un gruppetto di persone. Leah riconosce qualcuno dei volti incrociati per strada. Le sorridono. Siamo qui per darti una mano.
Scopri le altre donne che hanno superato limiti e barriere.
PER CHI SA CHE UN SORRISO VALE PIÙ DI TANTE MEDICINE

Lui è Salvatore. Nasce nel 1993 a Massa Lubrense, in Campania, tra il profumo di limoni e di salsedine. Trascorre un’infanzia spensierata, resa unica dall’amore di una famiglia verace. Ha 15 anni, conosce Alessia, un angelo dagli occhi verdi che gli ruba il cuore. Salvatore stringe la sua mano e va incontro alla vita. Si diverte a cucinare torte e paste fresche con la nonna, si iscrive alla scuola alberghiera, vuole diventare chef
È il 2014. Salvatore ha 21 anni, non si sente bene. Fa tanti esami, soffre di un grave deficit del sistema immunitario. Il medico è chiaro. Dimenticati di stare dietro ai fornelli, è troppo rischioso. Salvatore ascolta incredulo, poi crolla, si disfa in mille pezzi. Lacrime, paura, serate intere a piangere sulle panchine di fronte a Capri. Alessia lo abbraccia, lo stringe forte. Amore, tu puoi farcela, puoi cambiare vita, io sono con te, non ti lascio. Salvatore non scommetterebbe un soldo bucato su se stesso, ma si fida del suo angelo. Si iscrive a Economia, sgobba, suda, sputa sangue. Alessia è al suo fianco, sempre. Salvatore si laurea, prende un master, trova lavoro per piccole aziende locali, ottieni i primi risultati, ma la sua maledetta salute lo riporta giù. Soffre, non molla. Alessia lo sorregge nei momenti di difficoltà. Forza amore, andiamo, cambiamo vita, ricominciamo, noi due, insieme possiamo farcela. Si trasferiscono a Milano, una città grande che mette paura, soggezione. Salvatore e Alessia diventano grandi all’improvviso, stretti l’uno nelle braccia
dell’altra. Passano giorni interi a piangere in una umile cameretta, a cercare calore negli sguardi degli sconosciuti. Si sorreggono, non mollano, vanno avanti. Dopo sei anni di incertezze, arrivano le prime gioie. Firmano il mutuo, comprano la macchina, trovano un lavoro stabile e tanti amici. Oggi sono ancora lì, con gli occhi pieni di sogni, determinati e pronti a lottare. Se c’è una cosa che Salvatore ha imparato, è che l’amore è la medicina più forte. Devo tutto a te angelo mio, cuore mio, prego che il signore ti ripaghi per tutto il bene che mi hai fatto, e per la forza che continui a darmi.

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PER CHI VUOLE VIVERE LA MAGIA DEL CINEMA


attori. Judith è entusiasta. Se proprio dobbiamo, allora facciamo le cose per bene. Girano per negozi, recuperano un abito da sera, due cappotti neri, si vestono, si truccano, poi tornano sul ponte e scattano la foto. Robin è soddisfatto. Sono identico a Tom Cruise! Tornati dalla vacanza appendono la foto in salotto, la ammirano in silenzio, poi si guardano negli occhi. Stai pensando anche tu la stessa cosa? Fanno una lista dei loro film preferiti, scovano le location, pianificano le vacanze e, ciack, si gira! Volano negli Stati Uniti. Cappellino, barbetta, sguardo
crucciato, e Robin si trasforma in Forrest Gump. Raggiungono la Nuova Zelanda armati di bastoni e mantelli, solo per scoprire che la montagna di Lo Hobbit è stata ricreata al computer. Ballano a mille gradi sottozero come in La La Land, aspettano delle ore per sedersi sulla stessa panchina di Colpa delle stelle, passeggiano per il lago di Como con l’armatura ricavata da vecchie pentole. E Games of Thrones? Judith è irremovibile. Dobbiamo farlo, per forza! Impiegano giorni per realizzare l’abito di Khaleesy, una volta sul posto, si dannano per trovare la giusta angolazione, e quando finalmente è tutto pronto, ecco l’immancabile passante che sbuca dal nulla. Tutto da rifare, e risate a non finire. Ogni anno le vacanze di Robin e Judith si trasformano in una maratona cinematografica. Una volta a casa, si siedono sul divano con bibita e popcorn, riguardano le scene, sognano, ridono. È meglio di un film. Strano, folle, ma in fondo, perché no?

ambiente


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PER CHI HA IL CORAGGIO DI ALZARSI IN PIEDI E DIRE BASTA

Lei è Eunice. Nasce a Tryon, negli Stati Uniti, nel 1933. Il padre si barcamena tra mille lavori, la madre è una predicatrice religiosa. Eunice ha 6 anni, va in chiesa, ascolta il suono dell’organo, rimane stregata. Mamma, posso provare a suonarlo? Muove le mani, riproduce la canzone appena sentita. La madre è sbalordita. Figlia
mia, tutto questo da dove salta fuori? Eunice prende lezioni di pianoforte, suona Mozart, Bach, Beethoven, sogna grandi palcoscenici. Ha 10 anni, sta per esibirsi davanti alle persone più importanti della città. Ha il cuore a mille, cerca mamma e papà tra il pubblico, li saluta, poi assiste a una scena strana. I suoi genitori sono costretti a cedere il posto a una coppia di bianchi. Eunice salta in piedi, punta il dito. Non suonerò più una nota se la mia mamma e il mio papà non restano dove sono. Cala il silenzio, e l’imbarazzo. Eunice non si piega, viene accontentata. Il concerto è un grande successo, ma lei non è felice. Si sente umiliata. Giura a se stessa che diventerà la prima pianista nera di musica classica. Cresce, tenta l’ammissione in una scuola prestigiosa, gli insegnanti si congratulano. Hai talento, ma questo non è il tuo posto. Eunice piange di rabbia. Odia la sua pelle scura, è stanca di ricevere oltraggi, si fa chiamare Nina Simone e si esibisce nei nightclub. Un discografico le offre un contratto, Nina non ha niente da perdere. Suona con musicisti famosi, diventa una pianista e cantante di successo. Ma dentro di lei c’è sempre quel senso di vuoto. È il 1963. Nina ascolta una notizia sconvolgente. Quattro bambine nere sono state uccise in un attentato mentre erano a catechismo. Nina stringe il pugno, forte, fino a sanguinare. Prova rabbia, dolore, ma anche qualcosa di nuovo. Pesta le dita sul pianoforte, urla. Poi si guarda allo specchio, e sorride. Compone canzoni di protesta, canta contro il razzismo, inneggia all’uguaglianza. Riceve critiche, insulti e minacce. I suoi dischi tornano indietro spezzati in due, la carriera di Nina Simone cola a picco. Ma la piccola Eunice resta in piedi, con il dito puntato.


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Dopo lo shock anafilattico, Silvia si è affidata a un nutrizionista, e ha intrapreso un percorso psicologico che l’ha aiutata a riprendere in mano la sua vita.


Lei è Silvia. Vive a Firenze. Ha 20 anni. Si sveglia, fa per alzarsi, ma il corpo è rigido, non risponde ai comandi. Silvia si spaventa, urla. Mamma, papà, aiuto! La portano in ospedale, il medico non ci gira intorno. Signorina, lei ha la sclerosi multipla, tra dieci anni sarà in sedia a rotelle. Silvia ingoia lacrime amare, la sua vita viene sopraffatta dalle terapie e dal dolore. Nasconde a tutti la verità, ne parla solo con Roberto, il fidanzato, ma non pronuncia mai il nome della malattia. La Signora, così la chiama. Rinuncia agli amici, al lavoro, si sente un peso per tutti. Un solo desiderio la tiene in piedi, diventare madre. I medici la sconsigliano, lei tira dritto. Si aggrappa a Roberto e dopo anni di tentativi nasce la piccola Chiara. Negli occhi della sua bambina, Silvia cerca la forza di reagire, non la trova. Passano tre anni. È sera, Silvia fa la solita iniezione prima di andare a dormire, il suo corpo ha una reazione violenta, sussulta, si muove a scatti, poi d’improvviso tutto diventa buio. Silvia riapre gli occhi e si trova davanti a una scena assurda, impossibile. Il suo corpo è steso a terra, e lei lo sta osservando dall’esterno. Non prova nulla, anzi, finalmente il dolore è sparito, si sente libera, in pace. Silvia cerca la Signora. Portami via con te, basta, sono stanca. Si sente sempre più leggera, finché un pensiero le attraversa la mente. Tra qualche ora Chiara si sveglierà, cercherà la sua mamma, e piangerà tanto. Silvia si agita, gira gli occhi nella stanza. Bambina mia, figlia mia, dove sei? Qualcosa la tira verso l’alto, ma lei si oppone con tutta se stessa. Deve andare dalla sua piccola, adesso, subito. C’è una luce accecante, poi i suoi polmoni si riempiono d’aria. Silvia apre gli occhi, si guarda intorno. È tornata, è viva. Oggi Silvia ha 53 anni, da quel giorno la sua mente e il suo corpo si sono ripuliti. Ha smesso di piangersi addosso e ha ricominciato a vivere. Ha capito che il vero nemico era dentro di lei, e nel momento in cui l’ha affrontato, è tornata libera. Non è guarita, ma non è più una malata.

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. PER CHI LAVORA CON PASSIONE, A OGNI ETÀ

Linda, la figlia di Margaret, ha scritto un libro in cui racconta la storia della sua instancabile mamma.
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma Home
Lei è Margaret. Nasce a Monaghan, in Irlanda del Nord. Perde la mamma quando è molto piccola, cresce con le sorelle e il papà in una casa dal tetto di paglia. Ha 5 anni, si ferma davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua davanti allo specchio, guarda i suoi capelli, prende le forbici e zac, li taglia tutti. Le sorelle inorridiscono, lei sorride soddisfatta. Voglio fare la parrucchiera. Cresce, fa chilometri in bicicletta per raggiungere il salone della città. Lava i pavimenti, intanto guarda, osserva ogni gesto, impara. È il 1952. Margaret si trasferisce a Chorley, in Inghilterra. Vuole aprire il primo negozio tutto suo, ma il paese ne ha già uno, e non cercano personale. Margaret si morde le labbra, lavora come infermiera, taglia i capelli gratis alle pazienti. Durante un ballo conosce Frank, è amore a prima vista. Si sposano, poco dopo arriva la prima figlia. È il 1956. Margaret mette la sua bambina nella culla, poi sente dei rumori, guarda dalla finestra, urla. Quel benedetto salone sta finalmente chiudendo i battenti. Margaret corre in soggiorno, sistema il tavolo, uno specchio, tira fuori gli attrezzi del mestiere e appende un cartello in giardino. Capelli da Margaret. Aspetta per ore, finché dalla porta fa capolino la prima cliente. Margaret estrae le forbici. È il momento più bello della sua vita. I giorni passano, il salotto di casa è un via vai di persone, il marito si lamenta. Mica si può vivere così! Margaret promette che smetterà appena la figlia inizierà la scuola. Il primo giorno di Elementari, il marito le ricorda la promessa. Margaret annuisce. Lo so, lo so, oggi stesso annuncio la chiusura. Frank la guarda storto. Non ci provare, sei troppo brava, piuttosto concedimi di farti da assistente. Tra una piega e uno shampoo, il tempo scorre in fretta. È il 2021. Margaret annuncia con orgoglio di aver raggiunto i 65 anni di attività. Le clienti scoppiano in lacrime, sono disperate. Maggie cara, non avrai intenzione di andare in pensione, vero? Margaret sgrana gli occhi. In pensione? Ma non scherziamo! Ho 91 anni, non sono mica morta.

29.9.21

No vax di Olmedo convince un malato di Covid a lasciare l’ospedale: muore

 non trovo neppure la  forza  di commentare    e  di scrivere    due righe   su queste  vicende  .   

No vax di Olmedo convince un malato di Covid a lasciare l’ospedale: muore

No vax di Olmedo convince un malato di Covid a lasciare l'ospedale: muore

La vicenda del no vax di Olmedo.

C’è un ristoratore originario della Olmedo, Antonio Mureddu, al centro di un indagine della polizia irlandese, chiamata a far luce sulla morte di Joe McCarron, avvenuta nel nosocomio di Letterkenny . Il sardo avrebbe convinto il 67enne a lasciare l’ospedale nonostante avesse contratto il Covid. A nulla è servito il diniego dei medici, McCarron è stato portato via ed è morto pochi giorni dopo.

L’indagine.

Sarà un’indagine della polizia irlandese a chiarire la dinamica dei fatti. Da una prima ricostruzione, tuttavia, pare che McCarron sia stato convinto e portato via da Mureddu. Pochi giorni dopo le condizioni dell’anziano si sono aggravate e perciò si è reso necessario un nuovo ricovero all’ospedale dell’università di Letterkenny, ma le sue condizioni erano ormai disperate ed è morto dopo qualche ora. Nonostante fosse stato attaccato al ventilatore polmonare, per lui non c’è stato nulla da fare. Spetterà ora agli investigatori ricostruire la vicenda e stabilire se l’intervento del ristoratore sia stato in qualche modo coercitivo rispetto alla volontà di McCarron.

Chi è Mureddu.

Antonio Mureddu, originario di Olmedo, è un ex militare italiano che è intervenuto insieme ai legali del Common Law Information Center di Ballybofey. Secondo taluni, il trattamento sanitario per il Covid-19 potrebbe essere applicato solamente con l’autorizzazione del paziente. Alle spalle del ristoratore, infine, vi sarebbe una lunga storia legata al complottismo e all’estrema destra.

77° ANNIVERSARIO Stragi naziste: Mattarella, “Marzabotto e Monte Sole segni indelebili nella Costituzione e nei valori di un’Europa dei popoli e della gente non quella della lobb y e dei banchieri



29 Settembre 2021 @ 10:08
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“Oggi Monte Sole e Marzabotto, insieme ai vicini Comuni di Monzano e Grizzana Morandi, sono luoghi di memoria e sacrari di pace, non soltanto per la Repubblica italiana ma per l’intera Europa. Sono segni indelebili, che troviamo nelle radici della Costituzione e che hanno dato origine al disegno di un’Europa unita nei suoi valori comuni”. Lo ha dichiarato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione del 77° anniversario della strage di Marzabotto.
“Marzabotto e Monte Sole – ricorda il Capo dello Stato – furono teatro settantasette anni fa di un eccidio di civili spietato e feroce compiuto dalle SS nel nostro Paese. Si raggiunse in quei giorni, tra il 29 settembre e il 5 ottobre del ’44, pur nel contesto della ritirata delle truppe tedesche, il culmine di una strategia di annientamento che non risparmiò bambini e anziani, giungendo a sterminare persone del tutto incapaci di difendersi e fedeli riuniti all’interno della loro chiesa”. “L’orrore di quella ‘marcia della morte’ e il sangue innocente versato – aggiunge Mattarella – divennero simbolo della furia distruttrice della guerra, della volontà di potenza, del mito della nazione eletta. Un simbolo che la resistenza popolare e il desiderio di pace e libertà hanno saputo capovolgere nell’avvio di un percorso di costruzione democratica e civile, fondato sui diritti inviolabili della persona e della comunità”.
“Il ricordo di quanto avvenuto, che doverosamente si ripete in forme aperte e pubbliche, rinnova anche l’impegno che la Repubblica e le comunità locali assumono nei confronti delle giovani generazioni”, ammonisce il presidente, secondo cui “occorre avvertire la responsabilità di testimoniare ancora i sentimenti, i sacrifici, gli ideali che hanno spinto il nostro popolo, insieme agli altri popoli europei, a far prevalere la civiltà sulla barbarie e ad affermare la libertà, la democrazia, la giustizia sociale come pilastri irrinunciabili della nostra vita”.

Oltre  al solito    bla ... bla  .....   spesso ipocrita    ed retorico infatti    le  celebrazioni ufficiali vengono  fatte     e  vi partecipano   anche  politici ed  politicanti  che  hanno  al loro interno  gente  che  ancora   celebra     e  mantiene   come   punto di riferimento    teorie  ed  ideologie   che      sono state la  causa  e  l'origine di   tali fatti   bisognerebbe       ricordare  l'evento    attraverso uomini come Ferruccio Laffi dovrebbero essere considerati monumenti viventi al coraggio, dovremmo celebrarli e ricordarli ogni giorno, e invece sono ormai diventati rumore di fondo, persino un po’ fastidiosi, scomodi per alcuni, ricordi ingombranti di un passato con cui in tanti rifiutano ancora di fare i conti. Teniamoceli stretti perché un giorno nessun testimone di quell’orrore ci sarà più. E non è questione di decenni ma anni.  Infatti  oggi  parlo  di   Ferruccio Laffi l'uomo ritratto in questa foto a sinistra .Egli , oggi ha 93 anni ne aveva 16 il 30 settembre del 1944 , quando tornando nella sua casa di Monte Sole ( trovate a fine post , come di consueto dei link per ricordare o conoscere se ancora non lo sapete cosa è stato tale evento ) trovò la sua l’intera famiglia ammazzata dai nazifascisti: mamma, papà, fratelli, sorelle. 14 persone in tutto, trucidati insieme a migliaia di italiani innocenti.
Li hanno ammazzati uno per uno, nelle case, nelle cascine, persino nelle chiese, donne, anziani e bambini, alcuni fucilati sul posto, altri bruciati vivi, altri ancora decapitati. In tutto alla fine saranno 1830 le vittime Per una settimana intera. Non importava se avessero combattuto o no, se fossero o meno partigiani. I nazisti erano arrivati sull’Appennino bolognese con un piano preciso in testa: ammazzare qualunque essere umano in grado di respirare. E così fecero.Egli   è uno degli ultimi  (  se  non addirittura  l'ultimo  )    e pochissimi sopravvissuti di quella strage. Si era andato a nascondere nel bosco. Quando è tornato a casa e ha trovato quei 14 corpi, li ha sepolti uno per uno con le sue mani. Ha trascorso metà della sua vita a cercare di dimenticare l’orrore. E, quando ha capito che era impossibile, ha cominciato a raccontarlo. A testimoniare. A denunciare. Perché altri, dopo di lui, non lo potessero più cancellare. Il 29 settembre di 77 anni fa cominciava la strage di Marzabotto, una delle più grandi ferite della storia dell’Umanità, proprio lì, a due passi da Bologna.A Ferruccio Laffi, a questa memoria vivente, l’omaggio e il pensiero di tutti noi.


 Per non dimenticare. Infatti 

Uomini come Ferruccio Laffi dovrebbero essere considerati monumenti viventi al coraggio, dovremmo celebrarli e ricordarli ogni giorno, e invece sono ormai diventati rumore di fondo, persino un po’ fastidiosi, scomodi per alcuni, ricordi ingombranti di un passato con cui in tanti rifiutano ancora di fare i conti. Teniamoceli stretti perché un giorno nessun testimone di quell’orrore ci sarà più. E non è questione di decenni ma anni.



P.s
Lo  so  che    cito  più volte    ma  che  colpa  ne  ho se    una delle poche persone pensati     che  ancora  non hanno mandato il cervello all'ammasso  o  nella  falsa  libertà al pensiero  unico  \ complottismo     diventa conformismo  .  Infatti  pur non allo stesso modo, stiamo tornando a quel clima di odio, persecuzione, menefreghismo nei confronti dell'altro che sia diverso da noi per provenienza, religione, colore della pelle, idea politica. Questo mi fa paura, non tanto per me, che già ho trascorso la maggior parte della mia vita, ma per il nostro futuro. Ben venga chi ci fa ricordare gli errori del passato, ci vuole più conoscenza dei pericoli verso cui andiamo incontro.

                        Per   approfondire  





l'innocenza dei bambini Bambino investe un pulcino con la sua bicicletta e lo porta in ospedale con i suoi risparmi

Fra  i miei   contatti  fb      ho trovato la  storia     che  trovate  sotto  .    Ma poiché   l'articolo   del  il sito  https://www.universoanimali.it/   non solo la  riporta incompleta    senza    il  finale  ma  la    spaccia  come  avvenuta  di recente   ,  il  solito  sistema   Clickbait \   acchiappa  like,  anziché   nella data reale     ovvero  due anni  fa . Infatti  facendo  ricerche   in   rete      ho  trovato    quest  articolo  





Bimbo investe pulcino e lo porta in ospedale per farlo curare

CRONACA DAL MONDO

04 APRILE 2019, 14:30 / AGG: 04 APRILE 2019, 16:37


Con il suo visino addolorato per aver fatto del male al pulcino, il bambino riceve l'elogio di tutto il web.



Non è riuscito a evitare di colpire il pulcino del vicino con la sua bici: così è iniziata la storia di questo bambino di sei anni. Tormentato dai sensi di colpa, è subito corso in casa e dopo aver preso dei soldi si è diretto all’ospedale più vicino. Lì gli è stata scattata una foto dolcissima.
A Mizoram, in India, questo coraggioso ometto si è distinto per la sua umiltà e per come ha cercato di rimediare al suo errore. Quando Derek è tornato in casa per cercare aiuto, i genitori si sono trovati 
https://curiosandosimpara.com/
2019/04/06/
spiazzati di fronte le lacrime del figlio con in mano il pulcino morto.
Dopo aver ricevuto il consenso del padre, il bambino è risalito sulla sua bici, assieme all’animaletto e ad una banconota da 10 rupie, e si è diretto correndo verso l’ospedale. Poco dopo è tornato singhiozzando: gli avevano solo scattato una foto e nessuno aveva aiutato il pulcino, così era intenzionato a prendere una banconota di più alta valuta e tornare. I genitori si sono visti costretti a spiegargli la verità: ormai l’animale era morto e non c’era niente che potessero fare in ospedale.
Nel frattempo, però, Sanga Says ha pubblicato la foto del piccolo Derek su Facebook, con il visino triste, le 10 rupie in una mano e il pulcino nell’altra; e in meno che non si dica è diventata virale, arrivando a più di 100 mila visualizzazioni. Quasi 10 mila persone si complimentano con il bimbo per il suo atteggiamento altruista e responsabile, e gli augurano di non perdere mai questa sua particolarità. “Grande esempio di umanità.
                                          Immagine di repertorio di un pulcino


 Tutti dovremmo imparare da te”; “forse possiamo imparare qualcosa da questa piccola anima”; “Caro bambino, la società riderà di te, sii te stesso.
Raggiungerai la grandezza.”; molti sono anche i commenti che elogiano i genitori e la loro educazione.

 


Il regista Maresco: "La coscienza antimafia è solo retorica e fiction, in Sicilia ha vinto l'apatia"
               di Mario Di Caro

"Abbiamo perduto l'occasione quando si è presentata: negli anni Novanta esisteva la possibilità di un colpo d'ala. Oggi non percepisco più una mobilitazione, un impegno, un senso. A Palermo vedo solo un moltiplicarsi di locali per la movida, vedo una vitalità infelice"


Con il suo film 'Belluscone' ha sbattuto in faccia che la coscienza antimafia dopo le stragi del '92 non è mai penetrata nel ventre delle periferie palermitane mentre, con 'La mafia non è più quella di una volta', ha preso di mira il rito di cortei e raduni per gli anniversari di Capaci e via D'Amelio. Il regista palermitano Franco Maresco ha affrontato la mafiosità che si respira in alcune strade di Palermo e non si stupisce se, dalle più recenti intercettazioni degli investigatori, viene fuori il divieto di un boss di Ciaculli, arrestato nel luglio scorso, a un'amica che voleva mandare la figlia alla  manifestazione per Falcone e Borsellino. Testimonianza che i due magistrati uccisi danno fastidio anche da morti."Oggi le intercettazioni fanno ascoltare quello che non si vede e non si sente, ma questi discorsi di mafiosi io li ho sentiti con le mie orecchie andando in giro per i quartieri e per le periferie - dice Maresco -  quando ancora non c'erano i social e non c'era youtube. Sentivo il disprezzo verso i carabinieri, l'odio verso i giudici ammazzati, quello che viene fuori oggi non è una novità. C'è semmai una desensibilizzazione da parte dell'opinione pubblica, c'è assuefazione, apatia totale, tutto è ridotto al rango di fiction, l'antimafia ridotta alla sua banalizzazione".

Ma come? Il veto del boss dice che le manifestazioni antimafia se non altro infastidiscono Cosa nostra...

"Se mi chiedi se servono le manifestazioni dell'antimafia come le fiaccolate rispondo che condivido il pensiero di Letizia Battaglia che esprime nel mio film La mafia non è più quella di una volta: 'Sembra la sagra della porchetta'.  Questa spettacolarizzazione dell'antimafia era già in atto negli anni Novanta, Falcone era ancora vivo quando Costanzo e Santoro facevano la trasmissione assieme. Falcone diceva che la mafia è un fenomeno umano e come tale prima o poi finirà: io credo che quello che verrà dopo sarà persino più terrificante, dopo Cosa nostra verrà fuori qualcosa apparentemente legale, quello che vediamo oggi è qualcosa di folclorico, è colore, è quello che vedevamo nei film di Damiano Damiani. Per esempio il padrino che fece tatuare a un picciotto il volto di Falcone per diventare un insospettabile. Quando intervistati il giudice del maxiprocesso Alfonso Giordano per il nostro film Come inguaiammo il cinema italiano, alla domanda 'cosa rimane del maxiprocesso?' mi rispose 'certo, la mentalità mafiosa è difficile da estirpare'. Oggi c'è l'apatia, l'indifferenza".

Vuol dire che l'ondata di rabbia del dopo-stragi è finita?

"Qui a Palermo abbiamo avuto la reazione alle stragi con i lenzuoli, poi c'è stata la primavera orlandiana e subito dopo la conquista della Sicilia da parte di Forza Italia: persino l'ex presidente del coordinamento antimafia, Carmine Mancuso, finì col volersi candidare con Forza Italia. Credo che abbiamo perduto l'occasione quando si è presentata: negli anni Novanta esisteva la possibilità di un colpo d'ala. Oggi non percepisco più nella città una mobilitazione, un impegno, un senso, vedo solo un moltiplicarsi di locali per la movida, vedo una vitalità infelice".

Una scena di "Belluscone" 
In 'Belluscone' i giovani della città borghese intervistati non sapevano, o fingevano di non sapere, a cosa fosse legato il 23 maggio...

"Ecco, i fatti dimostrano che le fiaccolate per la memoria non servono L'ho dimostrato nei miei film realizzati negli ultimi dieci anni, in particolare in Belluscone, dove raccontavo che non solo nelle periferie ma anche nei contesti borghesi si trova la stessa omertà, la stessa indifferenza, la stessa  smemoratezza riguardo a Cosa nostra. Quasi dieci anni dopo le stragi del '92, nel 2001, all'indomani delle elezioni che videro trionfare in Sicilia Berlusconi e Forza Italia con l'indegno 61 a 0, Vincenzo Consolo in una intervista rilasciata a Repubblica definiva i siciliani 'un popolo di servi'. Furono parole dure le sue, che provocarono accese reazioni tra i lettori,  ma nella sostanza aveva ragione, quel risultato elettorale confermava il trionfo del clientelismo e della corruzione. Era ancora valida la tesi della irredimibilità della Sicilia sostenuta da Sciascia molti anni prima. A che cosa erano servite, dunque, le fiaccolate in memoria dei martiri uccisi dalla mafia? Quale presa di coscienza collettiva avevano determinato? Io ricordo solo slogan e le passarelle di tanti professionisti dell'antimafia, alcuni finiti in seguito perfino in galera. No, le fiaccolate non servono perché non determinano azione, non smuovono assolutamente lo stato delle cose che rimane, nella sostanza, quello di sempre".

Cinico Tv 
Maresco, possibile che la Sicilia non sia andato avanti di un centimetro in questi trent'anni dopo le stragi?

"Trentacinque anni fa nasceva Cinico Tv e oggi posso permettermi di affermare che nessuno ha rappresentato e ridicolizzato la mafia come abbiamo fatto io e Ciprì in quegli anni, quando di Cosa Nostra ancora si moriva e senza internet e i social gli intellettualoni palermitani nella quasi totalità tacevano vigliaccamente. per paura o perché stavano nel libro paga della politica mafiosa".

28.9.21

si può essere eroi senza essere miti e senza retorica

 IL fatto sembra una delle.classiche storie feuilleton regalateci dalla letteratura XIX e XX secolo . ma invece dimostra sempre più che ci sono anche eroi per caso lontano dai media nazionali ( salvo che non abbiano fatto gesti clamorosi o retorici come quando un ostaggio Italiano fu ucciso da suoi sequestratori perché per far vedere come muore un italiano s'era tolto il cappucci che gli avevano messo ) o relegati : alle edizioni locali o in qualche trafiletto della cronaca più interna oppure in giornali/riviste popolari da parucchiere come si diceva un tempo come giallo o cronaca vera solo per citare i più noti


Simone Bonzio ha 41 anni, è veneziano e padre di due figli e, giorni fa, ha perso il lavoro.
Anche per questo venerdì pomeriggio si trovava a due passi dal campo dei Carmini quando ha sentito un tonfo nel canale.
Appena il tempo di voltarsi, e di fronte si è trovato un cerchietto che galleggiava e poco più in là, a pelo d’acqua, gli occhi sbarrati di una bambina di cinque anni (come scoprirà dopo) che rischiava di affogare.Simone non ci ha pensato due volte e si è gettato in acqua, raggiungendo la bambina, afferrandola per un braccio e portandola a riva, scioccata, sconvolta ma in salvo.Quando i genitori della bimba lo hanno raggiunto non si sono limitati a ringraziarlo, ma il giorno dopo il padre - sapendolo disoccupato - è riuscito a fargli avere un colloquio e, con ogni probabilità, un lavoro nella ditta di termoidraulica per cui lavora, che cercava proprio qualcuno con le sue qualifiche.Un degno finale per una storia che poteva trasformarsi in tragedia, non fosse stato per la prontezza, il coraggio, l’eroismo - perché no - di quest’uomo. “Il senso civico, il volerci bene, è qualcosa che non deve mai abbandonarci, che deve venire spontanea” dice lui. Ma la verità è che non tutti avrebbero avuto lo stesso spirito e la stessa freddezza di quest’uomo. Una storia così, un atto del genere, in questi tempi di egoismo sfrenato e assenza totale di empatia merita di arrivare lontano.,

«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...