interesante questa lezione di Cristian porcino .
che ci mette d'innanzi al classico dubbio fidarsi o non fidarsi degli altri ?
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
interesante questa lezione di Cristian porcino .
che ci mette d'innanzi al classico dubbio fidarsi o non fidarsi degli altri ?
lo so che non avrei parlato di #vannacci e i suoi fans . per non dar loro ulteriore visibilità . Ma quando qui si tratta di un brutta clima . Fortunamente non si è arrivati a sparare o a mettere bombe . Ma le premesse ci sono . E se si continua cosi si passa dalle #shitstorm \ #tempestadimerda insomma denigrazione ed minacce poco ci manca .
(ANSA) - CAGLIARI, 28 SET - Minacce, anche di morte, a un docente dell'Università di Cagliari per aver criticato sui social il discusso libro del generale Roberto Vannacci. "Te ne devi andare dall'Italia, tu e tutti i depravati come te, prima che apriamo la caccia...meglio che lo fai con le tue gambe da in piedi". È il post più pesante pubblicato sulla sua bacheca dopo aver contestato il libro dello scrittore-militare Per questo il rettore dell'Università di Cagliari, Francesco Mola, e il direttore generale dell'ateneo, Aldo Urru, a nome di tutta la comunità universitaria, hanno espresso la loro "piena e incondizionata solidarietà al collega Massimo Arcangeli pesantemente minacciato nell'esercizio della libera espressione di pensiero e di parola".Il docente, ordinario di Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche, che era stato il primo firmatario di una petizione alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni contro il testo di Vannacci, ha già annunciato di aver dato mandato al suo legale di denunciare il titolare del profilo alle forze di polizia, insieme ad altri autori di commenti minacciosi. "Seguiranno la stessa sorte nei prossimi giorni, tutti quelli che hanno provato a intimidirmi con le armi della diffamazione, della denigrazione e dell'offesa personale", afferma Arcangeli.
Video correlato: Il libro di Vannacci, parla la prima miss Italia nera (Mediaset)
L'ateneo è con lui. "L'Università di Cagliari - si legge nel comunicato - è da sempre luogo inclusivo e mai divisivo di ideali, progetti, idee e opinioni, un luogo di confronto aperto e libero nel quale ognuno deve sentirsi al sicuro e protetto al di là dei propri orientamenti di tipo politico, religioso, culturali o di genere. Lo stesso senso di sicurezza e protezione deve avvenire nel contesto sociale in cui viviamo e per il quale l'Ateneo svolge un importante ruolo di disseminazione e diffusione di princìpi costituzionalmente sanciti, fondati sull' eguaglianza e sulla libertà. Pertanto, non possiamo fare altro che condannare gesti o parole di tale viltà che hanno come unico obiettivo minare alla base la nostra istituzione e la società civile in cui operiamo". (ANSA).
Da Castelvetrano condoglianze per la morte di Messina Denaro,ma anche senso di liberazione di una parte della popolazione.La morte dell’ ultimo dei padroni – padrini stragisti di Cosa Nostra,primula rossa per decenni a due passi da casa , è stata divisiva,come tutto in Italia.Che Cosa nostra abbia comandato politici,uomini delle istituzioni,gente comune per decenni c’è pure sui libri di scuola.
Così come sui libri di scuola vengono giustamente esaltate le figure di Falcone e Borsellino e dei servitori leali dello stato.Vengono pure ricordate quelle di Peppino Impastato,Mauro Rostagno ( foto a sinistra ) , e le centinaia di cittadini trucidati per essere stati contro il crimine organizzato mafioso,padronale,reazionario. dalla comunity facebook
Utopia. 22 h
Comunicare con gli animali è un’arte, ricorda la letteratura insieme al cinema. Nel romanzo “L’uomo che sussurrava ai cavalli”, poi trasposto per il grande schermo, il protagonista Tom Booker guarì il destriero Pilgrim e la padrona Grace, vittime di un incidente molto grave. Nel film “Balla coi lupi”, tratto dall’omonimo racconto, il tenente John Dunbar ammansì un lupo, divenne suo amico e lo nominò «Due calzini». Anche in ambito religioso ci sono vicende simili, di affezione reciproca. Il mite Francesco d’Assisi chiamava «frate» il lupo di Gubbio e, secondo una leggenda, l’abate Gioacchino da Fiore, confessore dell’imperatrice Costanza d’Altavilla, ascoltava e capiva i propri buoi.
Giandomenico lavora in una clinica privata dalle ore 9 alle 17. La mattina, spiega, si alza alle 5, va a salutare i cani, verifica se stanno bene, li abbevera e ci dialoga. Ne ha imparato il linguaggio e si rapporta con gli sguardi, i gesti, i toni giusti. Sa capirli e farsi comprendere. Gli basta poco per interagire con loro, per intuirne stati d’animo e necessità. Dopo carica la macchinetta del caffè e si sistema per uscire. Al suo ritorno, verso le ore 18,30, il giovane ricontrolla i cani e interviene, se occorre, con antiparassitari e trattamenti di primo soccorso. Poi li fa mangiare e in seguito prepara la cena per sé. «Vado a dormire più o meno a mezzanotte, perché – precisa Giandomenico – i cani sono parecchi e non posso trascurarli. Nel tempo residuo, mi dedico alla coltivazione di ortaggi e consumo ciò che produco. Spendo i miei soldi per quest’opera del cuore e per ricuperare la colonica qui accanto. Nei fine settimana parto spesso per il Nord. In diverse città calabresi prelevo dei cani da affidare in adozione. Arrivo la domenica mattina a Bolzano, a Genova, a Milano e non solo. È la staffetta cui partecipo con altri volontari: viaggio con un camioncino, consegno i cani al nuovo padrone, rientro in Calabria, riprendo il mio furgone e rincaso. Sono almeno 2500 chilometri ogni volta».
I fatti di caivano hannno anche un altro protagonista si tratta di una marescialla di 23 anni che ha ascoltrato le bambine e le ha invitate ad aprirsi
da repubblica del 26\9\2023
La marescialla di 23 anni ha seguito i corsi del Codice rosso. “Ero lì
«Ho cercato di metterle a loro agio spiegando che si trovavano in un posto sicuro e che non dovevano avere paura di raccontare come erano andati i fatti perché eravamo lì per aiutarle, non per giudicarle. La bambina più grande è rimasta la maggior parte del tempo silenziosa, mentre la più piccola era più loquace, più lucida. Al comandante ho riferito che era molto razionale per avere 10 anni: è come se fosse cresciuta prima del dovuto. Mancava di quella spensieratezza che è propria dei bambini di quell’età».Francesca Boni, romana di 23 anni, è il maresciallo dei carabinieri che è riuscita ad aprire un varco nella corazza di disperazione eretta dalla due bambine vittime degli stupri di gruppo a Caivano. Uno scricciolo in divisa innamorata dell’Arma, che con pazienza, sensibilità e tanta professionalità ha saputo trovare le corde giuste per aiutare le due bambine a raccontare il baratro in cui erano finite anche grazie alla stanza di ascolto, una delle tante che i carabinieri hanno allestito nelle caserme per le vittime di abusi.
Come ha fatto?
«L’interesse è venuto in primis dalle bambine stesse: mi hanno visto giovane donna, una figura femminile in una caserma. Ho 23 anni, ma in abiti civili posso sembrare anche più piccola. Ho dato loro dei cioccolatini, una bibita e hanno chiesto di parlare con me in privato. Le ho accolte nella “stanza tutta per sè” che abbiamo in caserma a Caivano, un ambiente familiare, sembra un salottino, non è un ufficio pieno di carte. Qui evidentemente si sono sentite molto più a loro agio. Non ho fatto domande perché si vedeva che avevano qualcosa dentro che volevano dire e avevano paura di riferirlo ai genitori. Ritengo che, se ai familiari non fosse arrivato quel messaggio, le due bimbe non avrebbero mai parlato spontaneamente».
Hanno avuto più facilità parlare con lei che con i genitori?
«Penso di sì. Magari un genitore è preso emotivamente dalla questione e può avere delle reazioni come rabbia, spavento che un bambino non sa filtrare».
Lei è un carabiniere, ma non deve essere stato semplice mantenere il controllo davanti a questo orrore...
«A scuola veniamo formate per situazioni del genere e seguiamo corsi specifici sul “codice rosso” e sulla violenza di genere e sulle situazioni sensibili. Ma quando ci si trova davanti alla realtà dei fatti, davanti a persone che hanno subito delle cose così potenti, situazioni così difficili, certo il carico emotivo è grande. Nel momento in cui queste bambine mi raccontavano le vicende sicuramente dentro di me ho provato tantissime emozioni. Ma ho cercato di schermare tutto quello che stavo provando perché dobbiamo essere professionali e anche empatici e mettere nelle condizioni queste persone sensibili nel sentirsi sicure di raccontare quello che hanno subito senza sentirsi giudicate, spaventate».
Si immaginava una situazione di così alto degrado come quella che si vive da anni nel Parco Verde di Caivano?
«Queste situazioni si conoscono un po’ per sentito dire un po’ perché ci informiamo attraverso i giornali. Però a volte pensavo che queste situazioni avvenissero soltanto nelle fiction, nelle serie tv. Ho scelto di venire in Campania, è stata la mia prima destinazione, proprio perché volevo vivere una realtà importante per il mio lavoro. Certo, non mi immaginavo come primo “codice rosso” una questione così delicata e ho cercato di essere il più professionale possibile. Ero lì da appena una settimana ed era la mia prima esperienza territoriale, dopo essere entrata nei carabinieri il 5 novembre 2020 e dopo la scuola. A Caivano sono da tre mesi».
Cosa le lascia questa vicenda?
«Sicuramente mi ha segnata. Anzi, è meglio dire che sicuramente non me la dimenticherò mai. Mi piacerebbe lavorare ancora per tutelare le fasce deboli».
Con le bambine come si è lasciata?
«Le bambine si erano molto tranquillizzate io le ho lasciate dando una carezza ad entrambe sulla spalla. Mi sono avvicinata a loro dicendole di stare tranquille perché da quel momento in poi l’Arma dei carabinieri sarebbe stata loro vicine. Ho fatto capire che ogni volta che sarebbero entrate nella caserma di Caivano o in qualsiasi altra si sarebbero dovute sentire al sicuro. All’inizio erano molte spaventate perché essendo così piccoline non capivano neanche la situazione. Vedevano molte attenzioni ricadere su di loro, ma non riuscivano a capire costa stava accadendo né come gestire la vicenda perché non erano neanche nella preadolescenza. Mi sono sentita una sorella maggiore. Ho una sorellina più piccola di 5 anni e sono sempre stata abituata a proteggerla a darle consigli e questo mi è venuto naturale».
Cosa pensa dei ragazzi indagati e del disprezzo assoluto dimostrato verso le due bambine?
«Spero che in qualche modo possano ravvedersi e intraprendere un cammino diverso, lontano da contesti degradati e, soprattutto, spero per le due piccole che possano dimenticare questo terribile capitolo della loro vita».
corriere della sera tramite msn.it \ bing Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...