20.4.21

sono critico contro il decreto zan ma non sono Pillonista e non faccio disiformazione ed ho letto la legge

 Leggi prima del post  
http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/356433.pdf

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Il senatore Pillon ha risposto alla lettera aperta che Luciana Littizetto gli aveva scritto nei giorni scorsi, l’ha fatto con un post social che ritengo sia sensato analizzare con voi. Perché me ne occupo? Perché BUTAC già nel 2014 cercava di spiegare le cose nella maniera corretta. All’epoca si parlava di DDL Scalfarotto-Leone, ma i fatti erano sempre gli stessi, sono passati sette anni e siamo sempre allo stesso punto. Per certa gente la legge Mancino e le aggravanti dell’art. 61 del Codice Penale sono sufficienti. Non servono nuove leggi. E per sostenere queste affermazioni usano sempre gli stessi ritornelli.

Il testo di Pillon è questo:

Mia cara Lucianina, Lucy, gambino di sedano, ti posso fare una domandina? Ma tu hai letto il codice penale? E il ddl Zan, lo hai letto? o leggi solo le veline che ti passa il PD?
Se tu li avessi letti, avresti scoperto una cosa carina, e cioè che già oggi, con le leggi in vigore, “se tu insulti o picchi una persona per via del suo orientamento sessuale o per il suo genere o per la sua disabilità, devi subire una condanna pecuniaria o penale”. Anzi, applicando il già vigente art. 61 puoi ottenere pene aggravate per chi sia così stupido o pericoloso da aggredire qualcun altro perchè gay, o perchè non la pensa come lui.
Il ddl Zan dice che donna non è la persona con i cromosomi xx, ma anche un maschio che si sente donna. E a lui spettano quote rosa, gare sportive femminili, diritti delle donne.
Il ddl Zan dice che sarà punita la semplice istigazione alla discriminazione contro i diritti LGBTQ+, e siccome tra i diritti pretesi ci sono il matrimonio e i figli, chiunque farà propaganda contro il matrimonio gay o l’utero in affitto si beccherà da 2 a 6 anni di reclusione.
Il ddl Zan dice che, con la scusa della “giornata nazionale contro omofobia, bifobia, lesbofobia e transfobia” bisogna insegnare ai bambini fin dai 3 anni, l’ideologia gender.
Noi, cara Luciana, rispettiamo tutti, e non vogliamo che ci siano alcuni più uguali di altri.
Tu invece rispetti solo chi ti pare, e ti permetti di diffamarmi, dicendo che ho la testa vuota. Meriteresti una querela, ma il mio Maestro mi ha insegnato a non rispondere al male col male, perciò stai tranquilla, non sarai accusata di pillonfobia.
Solo, la prossima volta, visto che sei democratica, ricordati di garantire il contraddittorio.
È facile sparare addosso agli assenti…
Oltretutto lo stipendio te lo paghiamo tutti, e tutti abbiamo diritto di essere rappresentati nella tv pubblica, no?
PS: io non penso di essere caxxialtruifobico, come dici. Per conto mio ognuno faccia come gli pare, anche sul soffitto se gli piace. Ma se limitano la mia libertà di pensiero, e più ancora se cercano di legittimare indirettamente pratiche orrende come l’utero in affitto o peggio se cercano di andare nelle scuole a indottrinare i miei figli, allora è mio dovere alzarmi in piedi.
È nostro dovere alzarci in piedi.

Partiamo dalla prima affermazione:

  • …già oggi, con le leggi in vigore, “se tu insulti o picchi una persona per via del suo orientamento sessuale o per il suo genere o per la sua disabilità, devi subire una condanna pecuniaria o penale”. Anzi, applicando il già vigente art. 61 puoi ottenere pene aggravate per chi sia così stupido o pericoloso da aggredire qualcun altro perchè gay, o perchè non la pensa come lui.

FALSO – da nessuna parte la legge Mancino prevede la tutela degli orientamenti sessuali. Si parla solo e sempre di motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. E lo stesso vale per le aggravanti. Come spiegavo nel 2014:

(la legge Mancino) protegge chi è di diversa razza, etnia, nazionalità e religione. Lo difende da discriminazioni e offese, attribuendo al fatto una valenza penale. In uno stadio, non posso esporre uno striscione che attacca un giocatore perché buddhista o cattolico o di razza diversa dalla mia, ma posso farlo se invece gli do del gay.

Seconda affermazione del Senatore:

  • Il ddl Zan dice che donna non è la persona con i cromosomi xx, ma anche un maschio che si sente donna.

DISINFORMAZIONE – Il DDL Zan fa queste precise distinzioni:

a) per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico;
b) per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso;
c) per orientamento sessuale si intende l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi;
d) per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione.

Quindi è di sesso femminile chi è nato con sesso biologico femminile, mentre ha un’identità di genere femminile chi si identifica con una donna, anche se questo non coincide con il suo sesso biologico. Non è la stessa cosa che dire che donna non è la persona con i cromosomi XX. Ma che ve lo spiego a fare, se avete capito le parole del DDL non avete bisogno della mia spiegazione, se la pensate come Pillon purtroppo non saranno le mie parole a farvi cambiare idea.

Andiamo avanti:

  • Il ddl Zan dice che sarà punita la semplice istigazione alla discriminazione contro i diritti LGBTQ+, e siccome tra i diritti pretesi ci sono il matrimonio e i figli, chiunque farà propaganda contro il matrimonio gay o l’utero in affitto si beccherà da 2 a 6 anni di reclusione.

FALSO – L’art. 4 comma 1 del DDL Zan prevede esplicitamente che si possa avere diritto alle opinioni:

Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti.

Quindi se vuoi parlare contro il matrimonio gay o l’utero in affitto potrai continuare a farlo, basta non scadere nelle offese e nella discriminazione.

E per finire:

  • Il ddl Zan dice che, con la scusa della “giornata nazionale contro omofobia, bifobia, lesbofobia e transfobia” bisogna insegnare ai bambini fin dai 3 anni, l’ideologia gender.

DISINFORMAZIONE – Il DDL Zan infatti dice:

La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le  discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione.

Che è ben diverso da quanto riporta Pillon. Prima di tutto il testo del Disegno di legge è inclusivo, quindi non legato a quella che Pillon definisce ideologia gender (di cui abbiamo parlato numerose volte), bensì mirato a evitare TUTTE le discriminazioni e le violenze motivate dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere. Quindi tutela la donna in quanto donna, come tutela chiunque si senta donna. E alla stessa maniera tutela l’uomo in quanto uomo, e chiunque si senta uomo. Vi riporto, come conclusioni, quanto già dicevo nel 2014 quando parlavo del DDL Scalfarotto-Leone:

Io sono per il rispetto, di tutti, sempre… Noi razza umana abbiamo ampiamente dimostrato che questo rispetto non c’è: anche in presenza di leggi come la Mancino, o quella che sarà la Scalfarotto-Leone, esisteranno sempre siti che inciteranno all’odio razziale, all’omofobia; contro quelli che tifano per Gesù e quelli che tifano Satana. Perlomeno queste cose dovranno essere giudicate sullo stesso piano; tutti devono godere degli stessi diritti e degli stessi doveri. Non mi permettete di urlare al mondo quanto io detesti tutti quelli di colore blu? Non vedo perché dovrebbe esser permesso di urlare che odiamo tutti quelli che amano la Nutella.

 Io   sono critico  verso   questi due  parti  







La piattaforma del MIT, Movimento identità transessuale, contiene al punto 4 e 5 l'obiettivo di ottenere il cambio legale del sesso sulla base della sola autodichiarazione. Il ddl Zan, con la sua definizione di identità di genere all'art. 1, può aprire a quanto richiesto dal MIT, per questo serve un emendamento che radichi il ddl Zan nei limiti della legge vigente, che non consente di cambiare sesso sulla base della sola autocertificazione. 


Si discute  e ci si confronta   , non come stanno facendo i promotori   radical  chic  della  intellighenzia  intellettuale  o pseudo intellettuale  che  sono   ed  alcuni  salta fosso   ( veere  foto sotot )  


 Pro  Zan    ma  soprattutto non  sparo  ....... fesserie   o  dò  come fanno i pillonisti interpretazioni ad minchiam




La domanda per padri e madri

N.b
Non riporto   né qui né  nel post  precedente  il video  di Grillo  perchè   come    dice  il mio contatto  
Il video di Grillo è davvero incommentabile.
Ho ascoltato/guardato fino alla fine con grande fatica (e perciò evito di condividerlo qui) uno show ripugnante di garantismo genitoriale estremo che, secondo me, nuoce gravemente al figlio.
È talmente violento da risultare contraddittorio e parossistico come difesa da un’accusa di violenza.
È talmente illogico nelle argomentazioni da far supporre che davvero non esista alcuna argomentazione logica a difesa.
Bene avrebbe fatto a tacere, almeno stavolta.

Adesso dopo questa promessa entriamo nel vivo del post d'oggi . Dopo  la lettura dell'articolo   su repubblica  d'oggi  , che  trovate  sotto   ,  di Michela   Murgia  sul becero discorso  di Beppe  Grillo  , troverete  delle   aggiunte  a quanto  dicevo ieri nel  mio  post  : << Beppe  grillo ha  paura    della condanna  del figlio    e del relativo danno d'immagine  ?  >> .
Ora il  finale  dell'articolo  di Michela Murgia è  un  forzato \  esagerato   Un po' esagerato alla  fine   perchè non  è detto  che   per forza necessariamente,   anche  se non è   da  escludere  perchè  :  una subcultura simile figlia di un arcaico possesso della femmina purtroppo fa ancora danni incredibili pure tra i giovanissimi\e che  in tutte le  famiglie   ci  sia   per  forza  un grillo  .Un articolo che fa puntualizzazioni importanti. Ci serviva.  Infatti  nel  finale  ha voluto "calcare la mano" nell'affermare che c'è un Grillo in ogni famiglia e ovviamente ognuno di noi pensa che non sia vero, non nella nostra, ma rifletterci bene non ci farà sicuramente male. Grazie.  Ma  prima    di lasciarvi alla lettura   del suo   articolo   dico  solo  a chi ha il dubbio che si cerchi di creare una cultura della carta da bollo nella sessualità, consiglio di leggere l'articolo di Perilli sulla rape culture  su repubblica  d'ieri  , e guardare il video (in inglese). O di leggere l'articolo di Michele Serra sul post di Aurora Ramazzotti e il cat calling di qualche settimana fa...e in particolare di leggere i commenti dei lettori. Illuminanti, su cosa significhi non cogliere l'esigenza di consensualità nei comportamenti sessuali, consensualità che può mancare su tanti, troppi livelli: dai commenti alla donna che va per i fatti suoi per strada, ai crimini di stupro. Dalle piccole alle grandi cose, la consapevolezza è il primo passo verso il cambiamento. Parole e concetti giustissimi quelli di quest'articolo, che
dovrebbero leggere e soprattutto comprendere certi opinionisti di Destra (vero Feltri, Sallusti e company ) che in precedenti occasioni hanno speso parole in abbondanza per ricordare, a loro dire, come dietro ogni minaccia o offesa sessuale maschile compiuta ci sarebbe sempre in realtà un'accondiscendenza da parte femminile. Con tanto di squallidi esempi da loro riportati addirittura sulla meccanica con cui uno atto sessuale violento può o non può essere compiuto senza la partecipazione "voluta" della vittima. Ricordiamocelo. Quindi  da  EX    simpatizzante  del  m5     mi sento  
dire  anch'io   condividendo quanto dice  quest altra mia   utente  Facebook  

È da ieri che vorrei scrivere qualcosa.
Spiegare a Grillo l’ovvio. Spiegargli cosa può succedere nel corpo e nel cuore di una donna che subisce una violenza. Vorrei raccontargli esattamente come mai possano passare giorni prima che una realizzi e decida di denunciare. A volte mesi. A volte anni. A volte non basta una vita. Vorrei provare a fargli capire che lui, con la sua immeritata visibilità, sta stuprando quella ragazza una seconda volta.
Ma non capirebbe.
Forse è meglio qualcosa più alla sua portata. Tipo vaffanculo
Ma   adesso basta   parlare io lasciamo  la parola  alla Murgia e   ed  alle  vostre  considerazioni  se  vi  va  di  commentare    

 Commento

La domanda per padri e madri

Il video shock di Grillo

Per far capire agli scettici nostrani del #metoo quanto sia difficile per una donna denunciare una violenza sessuale basterebbe mostrare loro il video con cui Beppe Grillo, coi toni scomposti delle reazioni a caldo, insinua che in una denuncia presentata otto giorni dopo i fatti ci sarebbe qualcosa di "strano", cioè sospetto e dubitabile. La presunta vittima, colpevole di essere stata troppo lenta a reagire, sarebbe dunque la vera carnefice, decisa a incastrare a posteriori dei ragazzi ingenui senz'altra colpa che quella di esser stati troppo esuberanti. Grillo esprime una presunzione comune a molte persone: quella di sapere come dovrebbe comportarsi ogni vera vittima di violenza per essere credibile (e dunque creduta). Secondo questo vademecum dell'affidabilità, la donna deve correre subito al primo commissariato e contestualmente al pronto soccorso, altrimenti è legittimo pensare che si sia inventata tutto a mente fredda per incastrare qualcuno e magari specularci su. Come troppi, il fondatore del Movimento 5 Stelle fa finta di ignorare che vivere l'esperienza di uno stupro non è come subire un furto. Capire di esser stata violentata mentre eri ubriaca è tutt'altro che immediato. Devi ricordare, poi superare la vergogna di confessarlo, affrontare la paura di non essere creduta (ti chiederanno com'eri vestita? Perché avevi bevuto? Come mai eri lì?) e sopportare l'ipotesi - utile agli inquirenti, ma terrificante per te - che esistano prove digitali che possano nel frattempo girare pubblicamente e che, nel caso di un rinvio a giudizio, finirebbero sotto gli occhi di decine di estranei pronti a giudicare i tuoi atteggiamenti intimi decine di volte.
Visti da questa prospettiva, otto giorni per trovare il coraggio di denunciare sembrano persino pochi, invece per Grillo - manettaro da politico e garantista da genitore - sarebbero già la prova che non è vero niente, rafforzata da un filmato dove la presenza di consensualità si evincerebbe dal solo fatto che un gruppo di maschi diciannovenni sembri divertirsi molto. In che modo si siano divertiti Grillo junior e i suoi amici lo stabilirà ovviamente un tribunale. A noi spetta invece interrogarci sulla strana idea di consensualità che emerge dal ragionamento di Grillo senior, perché sta alla base della diffusa difficoltà italiana a riconoscere come tale qualunque violenza sessuale. Il consenso tra adulti esiste se le persone fanno un patto su termini condivisi. La persona consenziente è quindi quella che ha espresso un accordo esplicito. Ovvio? Non se parliamo di sesso. Per un meccanismo sociale che si chiama cultura dello stupro - quella secondo la quale la violenza è sexy e la sessualità è violenta - in Italia avviene infatti l'esatto opposto: il consenso femminile ai rapporti sessuali è considerato implicito anche in assenza di disaccordo. Se non dici no, allora è già sì. Non ha alcuna importanza se il tuo rifiuto è impedito dal fatto che sei ubriaca, spaventata o intimidita da circostanze, sostanze e persone. Questi fattori possono essere addirittura considerati rafforzativi del consenso, giacché se hai assunto alcool o droghe è perché volevi perdere il controllo. Per questo, agli occhi di molti, bere sottintende già il consenso a fare sesso in stato di alterazione, così come l'indossare abiti convenzionalmente definiti provocanti o l'accettare situazioni confidenziali che però non sono ancora sessuali. Il consenso come volontà espressa non gode di gran credito nel nostro Paese, dove fior di commentatori sui giornali intervengono a giorni alterni per lamentarsi di quanto il #metoo abbia ucciso il romanticismo e di come chiedere assenso esplicito burocratizzi la spontanea arte del corteggiamento. La vicenda Grillo è come tante e la dirimerà un giudice, ma ai ragazzi e alle ragazze chiederei di usarla per fare un piccolo esperimento sociale in famiglia. Mostrate ai vostri genitori il video dell'ex comico e chiedete loro: papà, se mi diverto col corpo di un'altra persona senza chiederle il permesso, anche tu mi difenderai così? Mamma, se bevo a una festa e poi mi fanno questo, anche tu mi scaricherai così? C'è un Grillo in ogni famiglia. Forse è il momento di stanarlo.

chiudo  con in sottofondo radiofonico  le    note  finali   di Pensa  di  F.Moro
 e   quelle  iniziali   di  la  canzone del maggio   di F.De.Andrè 

19.4.21

Beppe grillo ha paura della condanna del figlio e del relativo danno d'immagine ?

Lo sfogo di un padre va sempre capito non assecondato. Si può capire il suo dolore , la sua rabbia, la sua impotenza di fronte a una sventura evitabile in questo caso . Oggi è troppo tardi. Male intendere la libertà a questo porta, Dolori disagio e quanto di peggio si possa immaginare. Essere il figlio di, non da metaforicamente parlando, il lascia passare alle malefatte e a comportamenti emendabili ed aberranti . Le maglie della giustizia poi quando si stringono vi riamane impigliato il pesce piccolo e quello presunto grande. La legge e lenta ma inesorabile. Io lo capisco ma non lo assecondo ne giustifico perchè tali cose non si possono o si devono giustificare . Infatti mi chiedo e gli chiedo quello che   sentendo i suoi beveri e  vergognosi   strali     se  come   dimostra il video    perchè  tuo figlio  o tu non lo avete messo online  per  difendervi  ?    come  mai  sei intervenuto a gamba tesa   prima che  il  giudice  decida  se archiviare o rinviare  a  giudizio ?  È vero   che  In questo  tuo  video che  hai  diffuso poche ore fa, dopo l'annuncio del probabile rinvio a giudizio  di  tuo  figlio Ciro e dei suoi tre amici, colpevoli secondo i magistrati Tempio Pausania di violenza sessuale ai danni di una ragazza di diciannove anni, nell'estate del 2019, in Costa Smeralda Ma Peccato però che nella tua   difesa accorata di un figlio che non esiti a definirlo "coglione", utilizzando   utilizzi parole fin troppo udite nelle aule dei processi per stupro. Dove con un'opera di demolizione ormai ben nota è la vittima che finisce sul banco degli imputati, da vittima diventa colpevole.   Infatti  

<< Ciro e i suoi tre amici, dice Grillo, si stavano "divertendo", e se quella ragazza ha denunciato otto giorni dopo, beh, insomma, vuole dire che non era poi così sicura che quel "gioco di gruppo" fosse uno stupro ripetuto, dimenticando che per legge uno stupro si può denunciare fino a sei mesi dopo. Perché quella violenza è un'offesa così profonda che a volte non si hanno parole per raccontarla, subito. Ma resta lì, indelebile.>> da https://www.repubblica.it/cronaca/2021/04/19/

Tu  dici  ancora che se tuo figlio e i suoi amici fossero stati davvero colpevoli, li avrebbero dovuti arrestare subito. Invece i magistrati hanno indagato, a lungo, proprio perché non si crede così facilmente a un'accusa di stupro, lo sanno bene le donne, quanto è difficile essere credute. Forse Ciro e i suoi amici sono innocenti e lo dimostreranno, ma forse questa volta il silenzio da parte   tua  , o  almeno  aspettare  che  il giudice   dicesse  la  sua  cioè archiviare  o   rinviare   sarebbe stata la strategia migliore. 
Hanno   ragione  ,  te lo  dice  uno  a  cui  non stanno    tanto  simpatiche  soprattutto la prima che fa #femminismoaintermittenza visto che è stata zitta quando il capo del suo partito era in Arabia Saudita a parlare di nuovo Rinascimento con i diretti responsabili di una feroce dittatura sanguinaria e violenta, in particolar modo con le donne, questi due  interventi 

Boschi contro Grillo: "Video scandaloso, usa il suo potere mediatico per assolvere il figlio"



Quindi   caro  Grillo    ti   dico    prima  di parlare pensa  parafrasi  di  una  famosa   canzone  di    Fabrizio Moro 

basta un non niente per incappare nella dittatura del politicamente corretto . esperienza personale sui social

 recentemente   ho condiviso  su  il mio facebook   questo Meme  



ho ricevuto accuse di sessismo . ecco alcuni commenti  : << ***** . Divertente . Ma è uno stereotipo discriminatorio nei confronti di belle donne che hanno fatto successo mostrandosi. Ci vuole cervello anche per fare questo. ; ***** Discorso lungo ... comunque a parte poi conoscerle personalmente, quello che propongono non mi piace ... belle sì, ma belle sí può essere senza perpetuare questo stereotipo ... ; *****  Sono davvero in tanti anche gli uomini in tv con cervello poco interessante eppure nessuno si chiede mai dove sia. ;  *****  brava  **** negli uomini invece troviamo narcisismo bullismo belloccio e muscoli che non servono a molto anche nel lato sessuale >>
È  vero   che  potrebbe   sembrare   (   anzi meglio  è  )  uno stereotipo  sessista  , ma chi mi segue  o legge  in miei  post  anche  occasionalmente sa  o dovrebbe  sapere  che  non lo sono   e  quindi  non vedo   motivo di specificarlo  in  quanto  condivido certi post diversi dal mio  modo  di pensare   e   spesso contrastanti   lo faccio volutamente per indurre ad un eventuale dibattito fra noi. 
Infatti hanno Tanto cervello: perchè hanno e capiscono che i beceri e gli ignoranti ( ma non solo perchè pur di distrarci dalle bruttezze quotidiane ormai siamo succubi ed abbiamo paura di fare figuracce o rimanere in silenzio se in una discussione si parla  e tu  non sai  chi sono     di tali personaggi Maschili o femminili del nostro trash  )  sono tanti e quindi si sono adattate. Guardate i geni (come i Guzzanti che io adoro) siano relegati ai margini dello spettacolo rispetto a costoro e chiedetevi ancora se siano decerebrate loro o chi le segue.
 come ho risposto ai commenti ( compresi quelli sopra riportati ) la stessa battuta la farei anche a uomini idioti perchè ce n'è che fanno trash. Ha ragione una mio amica facebookiana che ha scritto : << Purtroppo il cervello ben difficilmente è utile per fare soldi a palate, come fanno queste signore. Che magari il cervello lo hanno, e anche buono. Ma recitare la parte dell'oca è sicuramente più redditizio >> finché, aggiungo io , c'è gente che segue questo tipo di offerta televisiva o legge tali giornalacci che ormai non usano più , metaforicamente parlando, neppure per avvolgere il pesce .
Quindi   per  concludere  se qualcuno\a  ha  una  vignetta  \  Meme  con protagonisti  maschili   simile  ( ma   anche  diverso   )   a quello   che  ho   condiviso    su  fb  e  riportato qui     sarei ben lieto     di  pubblicarlo  . Potete  metterlo anche  nei commenti ,  la mia  bacheca  è  aperta a tutti\e , del post   in questione   (  che  trovate  qui  https://bit.ly/3eguava ) .  con     questo  è  tutto alla prossima  

18.4.21

ecco un modo di combattere il bullismo e l'odio senza leggi eccezionali e repressione . Palermo Scuola, Arriva Il Baby Mediatore Per Le Liti Tra Compagni. E Niente Note Sul Registro

 Lo  so  che tale news  successa  in questi  giorni   farà  , come  è successo      sulla mia bacheca  deve    fra i commenti  c'erano  molti smile  sorridenti  ,  ridere  ma   secondo me  è una bella notizia   simbolo di resistenza  culturale   ,  all'odio e   alla  violenza   ancora  imperante  vedi i nuovi  fatti di Colleferro  . 

 da  https://palermo.repubblica.it/cronaca/


L'impresa più difficile è stata arrivare alla pace fra Leonardo e Marco. Si punzecchiavano sempre durante le lezioni e un giorno sono finiti a rincorrersi per tutta l'aula. A loro ci ha pensato Gioele Barletta, 13 anni, uno degli alunni mediatori dell'istituto comprensivo Antonio Ugo della Noce. "All'inizio non volevano neanche parlarsi, era un caso disperato. Poi a poco a poco ho cercato di farli calmare, mi sono fatto raccontare le due versioni dei fatti e per la prima volta si sono ascoltati a vicenda, hanno fatto pace e da allora sono amici", dice il ragazzo.



Si perché all'Antonio Ugo i litigi fra gli alunni non finiscono con una nota sul registro, un richiamo del professore o una convocazione dal preside. Vengono affrontati dagli stessi bambini alla presenza di un terzo bambino-mediatore in un'aula ad hoc riservata, appunto, alla delicata questione del superamento dei conflitti che anche fra i bambini delle elementari possono essere delle montagne invalicabili. I bambini-mediatori, una trentina in tutto l'istituto, dalle classi delle elementari alle medie, sono stati formati da tre anni a questa parte all'interno del progetto europeo "Deliberative mediator leader students" che ha visto impegnati in prima battuta i professori che poi hanno formato i ragazzi."La prima cosa che ci hanno insegnato è l'autocontrollo, molto utile in certe situazioni. A fare il mediatore si imparano tantissime cose, si ha un'arma in più rispetto agli altri. Si conosce se stessi, le proprie emozioni e si trova più facilmente una strada per risolvere i piccoli conflitti quotidiani", dice Barletta, mediatore ormai da due anni.

I casi sono tantissimi. Il compagno che rivela alla classe qualcosa che doveva restare segreta, le offese sotto voce durante le interrogazioni, la paternità di un lavoro fatto insieme conteso fra più compagni. "Agli occhi di un adulto possono sembrare piccole cose, ma per i bambini sono enormi. E può anche capitare che dietro a una sciocchezza si nasconda un disagio più grande che in molti casi i bambini riescono a risolvere da soli. Di certo è un approccio innovativo di fronte ai conflitti che aiuta gli alunni a sentirsi protagonisti e responsabili allo stesso tempo. Serve una buona dose di empatia e la capacità di capire l'altro per essere un buon mediatore e loro ci riescono", dice Maria Chiara Billa, professoressa di inglese e coordinatrice del progetto.I margini di successo, a sentire la scuola, sono enormi. "Quasi sempre se la cavano da soli, senza l'intervento dell'adulto che resta come una sorta di supervisore. Seguono delle regole precise nel processo di mediazione, attendono il turno per parlare, espongono il problema e alla fine il mediatore fa delle domande per arrivare a un accordo finale", dice Marilena Salemi, vice preside dell'Antonio Ugo. Quando il conflitto è risolto, i bambini sottoscrivono un vero "trattato" di pace. "Firmano proprio un modulo e la pace è fatta. Non c'è cosa più bella", dice Billa.

Nell’anno della pandemia le piccole imprese guidate da cittadini stranieri in Italia sono cresciute nonostante la crisi e la burocrazia.

 

  da  repubblica  online 

FORSE  è perché «sono abituati a doversi arrangiare tra grandi difficoltà» come osserva Stefano Rovelli, cofondatore di Singa Italia, un network nato nel 2018 per sostenere le attività degli imprenditori stranieri. Fatto sta che persino nell’anno del Covid le imprese guidate in Italia da imprenditori stranieri sono aumentate del 2,3 per cento secondo la Fondazione Leone Moressa, mentre quelle guidate da italiani sono rimaste più o meno stabili (-0,02 per cento). Ormai le imprese guidate da stranieri sono diventate un decimo di quelle nazionali, grazie a un aumento del 29,3 per cento negli ultimi dieci anni contro un calo dell’8,6 per cento di quelle italiane. «Gli stranieri possono anche contare su una rete familiare che permette loro di abbattere i costi, rimanendo aperti con orari prolungati. Hanno inoltre la possibilità di utilizzare filiere diverse, a costi più bassi» osserva Enrico Di Pasquale, ricercatore della Fondazione Leone Moressa. La maggior parte delle imprese guidate da stranieri si trova in Lombardia, segue il Lazio. Le prime tre nazionalità: cinesi, romeni e marocchini. La presenza maggiore è nel commercio, seguito da servizi, costruzioni e ristorazione. Qui di seguito alcuni di loro hanno accettato di raccontarsi al Venerdì.

Amanda Menezes, Brasile.

Trentaquattro anni, è venuta in Italia per amore, e ha aperto la sua azienda nel pieno della tempesta Covid: «Ho conosciuto mio marito a Rio de Janeiro, ci siamo sposati e l’ho raggiunto in Italia». Con una laurea e un Mba internazionale, e un’ottima conoscenza dell’inglese, Amanda pensava che sarebbe stato facile trovare

Amanda Menezes, 34 anni, importa costumi brasiliani  

un lavoro. «E invece dopo mesi di ricerca, niente. Sapevo che se avessi fatto passare altro tempo avrebbe avuto un effetto negativo sul mio curriculum, e così ho deciso di mettermi in proprio». L’idea è stata quella di importare in Italia la moda mare brasiliana, ma con una particolare connotazione: «Scelgo solo tessuti sostenibili, importo i lavori artigianali delle donne indigene del Sudamerica, aiutandole anche così a preservare la loro cultura». La pandemia non l’ha scoraggiata: «Sto lavorando anche per ampliare la produzione attraverso accordi con artigiane del Sud Italia. E a breve lancerò la prima collezione, con modelli interamente creati da me».


Marco Wong, Cina

«Perché i cinesi sono tra le prime nazionalità tra gli imprenditori stranieri? Perché l’80 per cento dei cinesi che vivono in Italia vengono dallo ZheJiang, un’area dove da sempre si coltiva il sogno imprenditoriale». Marco, 57 anni, è diventato cittadino italiano a 18. È cresciuto a Firenze, è tornato in Cina, ha lavorato in Sudamerica e infine è rientrato a Roma, dove vive e ha tre aziende: una si occupa di importazione di alimenti etnici, la seconda gestisce gli immobili di supporto all’altra, e infine la terza si occupa di organizzazione di eventi digitali. «Per uno straniero molto spesso aprire un’impresa è l’unico modo per non essere rispedito al proprio Paese, e ciò vale anche nei momenti di crisi, come questo». E per superare gli ostacoli rappresentati dalla lingua e dalla normativa, spiega: «In Italia si creano delle strutture professionali legate a chi è arrivato prima che mettono a disposizione consulenti, mediatori e commercialisti».

Marco Wong, 57 anni, ha tre società  

Elena Musuc, Moldavia

Sono venuta in Italia nel 2009 dalla Moldavia, a 20 anni: ho studiato all’Accademia di Belle Arti e mi sono innamorata di Leonardo da Vinci, dell’architettura, delle opere dei Musei Vaticani. Ho cominciato a lavorare come baby sitter e domestica, ma il mio sogno era realizzare abiti di sartoria ispirati all’arte italiana. Anche adesso, quando creo le mie collezioni, vado nei musei per cercare ispirazione». Elena Musuc, 33 anni, ha un negozio nel centro di Roma, a Largo Argentina. Realizza abiti su misura e fa anche riparazioni di sartoria: «Con il lockdown le persone hanno ritrovato negli armadi abiti vecchi di 20 anni, di buona qualità ma che non riescono più a indossare. Io li trasformo in modo che possano metterli di nuovo». Prima di aprire il proprio negozio ha lavorato anche nelle boutique di grandi stilisti, da Armani a Gucci: «Mi hanno presa perché parlavo il russo», racconta. Ha avuto grandi difficoltà per il credito iniziale, ce l’ha fatta grazie a prestiti di amici e alla sua forza di volontà, e nei mesi più duri del Covid ha anche cominciato a cucire mascherine. Nel frattempo si è sposata e ha avuto due bambini, che ora hanno sei mesi e quattro anni.

Elena Musuc, 33 anni, stilista   

Kelly Chidi-Ogbonna, Nigeria

Laureata in statistica, Kelly Chidi-Ogbonna, 35 anni, ha un diploma post laurea in formazione e sviluppo e  un diploma in affari e imprenditorialità. Eppure quando, nel 2013, è venuta in Italia dalla Nigeria per raggiungere suo marito, che già era emigrato e viveva a Padova, non riusciva a trovare lavoro. «È stato tutto molto difficile, frequentare la scuola per imparare la lingua, conciliare tutto con la nascita dei miei tre figli». Piuttosto che continuare a cercare un impiego, nel 2015 ha avuto un’idea: esportare in Nigeria vino biologico italiano. «Le banche non mi hanno aiutato e quindi ho cominciato con piccole quantità. È stata ed è ancora una vera sfida». Ha anche un blog, che si chiama The finest italian wine. Nel 2017, con l’aiuto dell’incubatore di Singa, Kelly ha aperto la startup MySpotlyt, che mette in contatto persone di talento con aziende o imprenditori che possano farle lavorare, permettendo di realizzare i loro sogni. Un po’ come è successo a lei.

Kelly Chidi-Ogbonna, 35 anni, esporta vino in Nigeria 

Marco Soxo, Ecuador

Quarantuno anni, è arrivato in Italia malvolentieri: «Sono stato costretto nel 1999 dalla mia famiglia, che si era tutta trasferita qua, comprese sei delle mie otto sorelle. Quando sono arrivato smagnetizzavamo videocassette usate in modo che potessero essere usate per nuove registrazioni». A quel punto Marco si è messo a studiare italiano, ha fatto il cassiere, pulito le piscine, ha preso il patentino di istruttore di nuoto. «Nel 2006 ho aperto la mia prima impresa, con soci italiani: un ristorante di cucina messicana in franchising in un  Carrefour di Limbiate». Dalla ristorazione è passato alla disinfestazione delle cucine, aprendo una nuova azienda con una certificazione ad hoc per l’eliminazione di “insetti striscianti e roditori”. Il Covid gli ha un po’ ridotto il lavoro, ma non si scoraggia: «Gli italiani stanno cominciando a diventare più pigri, spesso le aziende muoiono perché i figli non sanno gestire quello che hanno avuto dai genitori, mentre uno straniero parte da zero e non ha niente da perdere. E poi agiamo con più “incoscienza” e quando ci rendiamo conto che ci sono problemi, ci rimbocchiamo le maniche e andiamo avanti».

Marco Soxo, 41 anni, disinfesta le cucine 
Ma gli italiani  salvo   pochi esempi    vedi post  precedente  che fanno  ? 

perdono

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