Apprendo da il gruppo di Facebook in volo ( https://www.facebook.com/groups/103441243926 ) l'unico commento che mi sento di fare è questo : Riposa in pace caro amico”. da da voi amici a quattro zampe cè solo da imparare! e
La notizia mi ha lasciato sgomento credevo fosse una bufala ( con rispetto del gruppo e dei suoi curatori fra cui una nostra utente ) sono andato a fare delle ricerche in rete è ho trovato questo articolo preso da http://www.ilmessaggero.it/societa/ del 13\2\2012
ROMA - E’ morto Tommy, il cane meticcio di 13 anni divenuto una celebrità per la sua fedeltà alla padrona che lo ha condotto a varcare quotidianamente l'ingresso della chiesa di Santa Maria degli Angeli, a San Donaci (Brindisi), dove due mesi fa è stato celebrato il funerale della donna, scomparsa a 57 anni.
da facebook non ricordo il gruppo
Ne ha dato notizia Sebastian Mapelli che amministra ora la pagina Facebook della madre, Maria Lochi, la donna che si è occupata del meticcio di 13 anni e di molti altri randagi. «Purtroppo devo dare a tutti una triste notizia... Tommy non è più con noi! Si è spento nel sonno alle ore 15:45 a causa di un arresto cardiaco. Riposa in pace caro amico».
Da domenica scorsa, quando si era diffusa la notizia che Tommy era in fin di vita, ricoverato in una clinica, proprio su Facebook erano stati pubblicati numerosi messaggi di incoraggiamento al cane e al padrone che se ne stava occupando. A pubblicarli erano persone da tutta Italia che si erano lasciate commuovere dalla storia del meticcio che andava abitualmente in chiesa e stazionava vicino all'altare accolto da sacerdoti e da fedeli.
Per chi non avesse seguito al vicenda c'è l'url del messaggero e\o in sintesi questo video del corriere della sera
Alcuni anni fa accompagnai i miei studenti a Roma e in Vaticano, per la
consueta gita scolastica. Mi capitò di soffermarmi a osservare, da una delle
enormi finestre, il panorama sottostante. La città si stendeva mite e sensuale
come un'immensa dama, ma con qualcosa di terribile, simile alla Natura
leopardiana prima dell'incontro con l'Islandese. Fu un attimo di cui rammento
il silenzio perfetto, vitreo, confitto nei millenni. Ero a contatto diretto con
Dio - o con la sua totale assenza. Perché, davvero, non percepivo nessuno.
Udii la mia voce commentare: impossibile.
La città, la metropoli, l'urbe, diveniva il mondo. Infiniti,
moltiplicati mondi. Un labirinto di occhi, di fiati, di drammi, da contare uno
per uno, cui dare risposte definitive. Ma come avrei potuto farlo, in nome di
Dio ?
Per me, il problema non si sarebbe mai posto, in quanto donna. La fabbrica di
Cristo, che aveva scalzato Gesù, mi aveva esclusa dal controllo totale
dell'anima del mondo, ma in quegli istanti provai una sincera commiserazione
per il gravame di quell'uomo anziano, solo, sulla cattedra di Pietro. Cattedra.
Di Pietro, che era stato un pescatore illetterato.
Il Papa se ne va. Dopo molti secoli, un Pontefice abdica. Per
stanchezza fisica e morale, per fede, dice qualcuno. Per umiltà .
Ratzinger è stato umano, consapevole, drammatico. Dietro la mitezza, l'assoluto
rigore dell'animo germanico. Non sono sconvolgenti le sue dimissioni. Avrebbero
dovuto essere normali. Ma il suo, è stato un atto di fede? Non so.
I fondamentalisti attraversano ore drammatiche. Un Papa che si dimette
non era nelle loro previsioni. Men che meno questo Papa. Erano convinti
d'aver riconquistato la "cristianità". Si ritrovano di fronte un uomo
normale, forse smarrito (benissimo!), forse sconfitto. Ma sono disorientate
anche tante persone comuni, prive d'un punto di riferimento, orfane, anch'esse,
di quella diversità che ai loro occhi Giovanni Paolo II incarnava così bene. Il
Papa polacco era una statua controriformista, un santo dalla spada sguainata,
intrepido sull'abisso. Non seguivano le sue indicazioni, ma quella sorta di
roccia umana scaldava in qualche modo il loro cuore.
Adulti. Ora, improvvisamente, costretti a uscire dal guscio. Come quel
giorno a Roma, quella Roma divenuta liquida come il mare, ondeggiante,
frastagliata e perigliosa, essi adesso cercano una voce, una morale dentro di
sé. E stentano a trovarla.
Un Papa dimissionario è un Papa umano. Ma non si possono dimenticare le
azioni di quel Papa.
Ratzinger fu il Pontefice della lotta al "relativismo", del
perdono senza pentimento ai lefebvriani, del discorso di Ratisbona, degli
attacchi agli omosessuali come "minaccia per la pace", della
banalizzazione dei delitti dei Conquistadores. Visse, probabilmente
senza mai riprendersi del tutto, lo scandalo della pedofilia. La Chiesa da lui
diretta intervenne pesantemente in politica appoggiando governi non di rado
irrispettosi dei più elementari diritti umani; e del tutto anticristiani.
Non alzò mai la voce, ma il pensiero che mi sale dal cuore, in questi
momenti, è rivolto a chi, in questi e negli anni precedenti, è stato
emarginato, umiliato, scacciato dalla dura morale ecclesiastica, dalle feste
della famiglia dalle quali era del tutto escluso, e che anzi venivano
organizzate contro di lui.
Oggi era la giornata mondiale del malato, istituita proprio da quel
predecessore di Ratzinger dai fatui trionfi secenteschi. Di quei malati
m'importa. I dolori dell'anima a volte illuminano, altre volte deturpano.
A stare troppo in alto, l'atmosfera tende a rarefarsi. E ci sentiamo
soffocare. La vita è orizzontale. E' in quelle case galleggianti, in quella città-donna
spianata, in quelle miriadi di occhi che dormono da lontano. Di cui la Chiesa è
obbligata a riappropriarsi. Senza sperare di governarli dall'alto. E da sola.
Una Chiesa femminile non soltanto di nome. Una Chiesa senza monarchi assoluti
da divinizzare. Una Chiesa che, avendo voluto cancellare il Concilio Vaticano
II, ha mortificato lo Spirito, e che ora deve pentirsi e riprendere la strada
smarrita.
Da alcune parti, ingenuamente si auspica il "Papa nero", come
se la provenienza geografica fosse la risoluzione alla marginalità del
cristianesimo. Certo, che il cristianesimo non sia solo europeo, e addirittura
torni alle sue radici, lo auspichiamo tutti. Ma non sarà un Papa africano a
cambiare le cose. La maggior parte dei vescovi del Continente nero è nettamente
conservatrice, quando non reazionaria. Un Papa, da qualunque parte venga,
dev'essere nuovo. Dentro.
Lo potrà soltanto se scenderà dallo scranno. Se accetterà di farsi orizzontale
e corale. Se diventerà uomo e donna. Non da solo. Con tutti e con tutte.
Non deve "abbandonare". Se ritiene persa la partita in
Europa, non c'è in lui fede. C'è ateismo.
Ecco perché la cattedra di Pietro necessita di tornare barca, come in
origine era. E forse, per usare un'immagine più moderna, le gioverebbe bussare
a qualche porta, entrare in qualche luogo pubblico, banale, dimenticato.
Dozzinale. Chiedendo aiuto, perché no? Come il prete di Nanni Moretti (quello
de La Messa è finita, non del pretenzioso e sbalestrato Habemus Papam),
magari si guarderebbe intorno, con curiosità puerile ed esitante, per poi
esclamare, discreto, agli avventori: "Vi amo, voi tutti che siete in
questo bar".
La Giornata Mondiale del Malato, istituita ventun anni fa da Giovanni
Paolo II, non è mai stata una ricorrenza popolare.
Si tende anzi a dimenticarla. Molti ne ignorano addirittura
l'esistenza.
Il malato non fa rumore. E non solo quando langue in ospedale. Il
malato tende a rinchiudersi per quella sorta di strano pudore, che lo affligge
e lo umilia davanti agli altri. Si sente inadeguato. La sua prima malattia è la
solitudine.
Il tempo del malato procede al rallentatore. Se dovessi personificare
questa giornata, le darei le fattezze di don Bruno, prete dalla tonaca lisa,
impercettibile anche nella fisicità plastica e rotonda; eppure sempre lì, tra
ospedali e condomini, villette e sperdute casupole. Nelle sue visite, e alla
comunità, non manca mai di ricordare una vecchina, un bambino, una persona
adulta o un giovane (sì, soffrono pure i giovani, spesso più di noi) che lui
conosce ad uno ad uno, e che resta accartocciato dietro persiane mute, a
osservare lo scorrere delle ore. E da quelle ore, magari, spera emerga un
sorriso.Don Bruno ce li ricorda come un popolo in festa. Mancasse lui, si
creerebbe una voragine enorme.Il malato è l'imperfetto perché umanità nuda e indifesa. Vogliamo
rimuoverlo.Ma malati siamo tutti; e infelici quelli che nemmeno s'accorgono del
proprio dolore.
Malati ci ricordano che il dovere di ogni uomo, e di ogni donna, è
l'accompagnamento. Don Bruno è sempre in movimento, ma la sua figura si staglia
su albe placide e paesaggi familiari. Riporta nelle case sofferenti un dolce
sole.
Basterebbe, come lui, essere presenti qualche minuto, qualche ora, dare
a tutti i dimenticati un nome. Siano benedetti i malati, il silenzioso coro comunionale
che si leva dal pietrame delle nostre città.
da www.avaaz.org del
Pubblicato il: 7 Febbraio 2013 leggo questa interessante proposta che secondo me ( io ho già fatto la mia donazione perchè credo che funzionerà insomma potrebbe funzionare \ avere successo ) è perhè da uomo m'indigna che che le donne ( chiamatemi pure femminista ) subiscano delle cposde cosi abberranti . Ed in base a questo propongo questo sondaggio
Ora puntiamo a un obiettivo ancora più alto in modo da sommergere i politici misogini, buttandoli fuori dalle istituzioni :
fai ora una promessa di donazione per aiutarci a raggiungere il nostro
nuovo obiettivo di 30.000. Addebiteremo l'importo della tua promessa di
donazione solo se raggiungeremo il nuovo obiettivo. La storia si ripete uguale in tutto il mondo: a uomini violenti e maschilisti viene affidata la responsabilità di introdurre le leggi che dovrebbero tutelare le donne. E usano il loro potere per evitare le complicazioni che potrebbero
avere a causa delle vittime o degli elettori: ma abbiamo la possibilità
di cambiare questa situazione.
Quando su un autobus a Delhi una studentessa 23enne ha subito un brutale
stupro di gruppo, le proteste dei cittadini hanno infiammato l'intero
paese e il mondo intero ha urlato la sua indignazione. L'India ha quindi
avviato una inchiesta ufficiale ma questa settimana il governo ha
sfacciatamente dichiarato che ignorerà la raccomandazione venuta da
quell'inchiesta, cioè far dimettere i politici accusati di stupro o simili violenze contro le donne. I 260 politici accusati di questi reati stanno lottando con le unghie e con i denti e per ora stanno vincendo!
L'unico modo per far cambiare la situazione è uno sforzo collettivo,
coordinato e dal basso per isolare questi politici e buttarli fuori
dalle istituzioni. Se assieme riusciremo a raccogliere 25.000 promesse
di donazione, Avaaz sarà in grado di affrontare i peggiori politici.
Dipendono dalla loro reputazione, e li metteremo a nudo sui media e
sulle reti sociali, utilizzando anche spazi a pagamento e sondaggi.
Cominceremo in India: la più grande democrazia del mondo che sta andando
verso le elezioni nazionali e poi saremo pronti a fare lo stesso
ovunque avremo l'opportunità di cambiare la politica e mettere fine alla guerra contro le donne!
Lo so che spesso mi contraddico con quanto dico in precedenza ( vedere qui questo mio precedente post ) . Ma stavolta davanti a tali persone non importa se di destra o di sinistra
e soprattutto davanti alcuni amici reali e virtuali ed altri solo virtuali che mi hanno chiesto , leggendo il precedente post ( vedere url sopra ) s'ero passato al fascismo visto che ricordavo avvenimenti fatti propri dalla destra fascista repubblicana ( quello che allora si chiamava Msi - movimento sociale italiano \ fiamma tricolore ) fatta propria dai fascisti e ora dai revisionisti di sinistra , eccetto alcuni esponenti ( vedi qui ) . Oppure altri che mi dico è basta crogiolarsi nel passato e guarda al futuro .Oppure i nuovi iscritti che mi chiedono come un comunista ( in realtà sono un libertario ) come sia arrivato a ricordare in maniera cerchiobottista ( secondo loro ) o a 360° tali avvenimenti .
Mandiamo con ordine .
Il monumento collocato all'ingresso della "foiba" di Basovizza
foto tratta dal 2 sito citato
Oltre ai motivi suddetti , che ho citato nel post precedente , c'è il fatto che : << La storia fatta di silenzi, di falsificazioni, di mistificazioni, non è maestra di vita >> Ciò non toglie che in opere storiche, l'argomento fosse dibattuto: ad esempio nel 1980, Arrigo Petacco - noto giornalista e saggista - illustrò la tragica realtà di questo massacro. Il suo racconto, pur all'interno di un'opera più ampia e con molte incertezze, prudenze ed omissioni, offriva un quadro sufficientemente completo, senza sottovalutare entità e ferocia delle stragi.
Ricordo perchè è già bastato l'assordante silenzio durato mezzo secolo su tali eventi storici .
Esso fu di tre tipi diversi ma accomunati dall'opportunismo politico e del voler dimenticare tali fatti
Il silenzio internazionale \ degli alleati
Per non inimicarsi la Jugoslavia che, all'epoca, in piena guerra fredda, faceva parte dei "Paesi non allineati( cioè tutti queoipaesi che nonaderirono ne al blocco societico \ comunista nè a quello Americano ) gli americani, così come i loro alleati non indagarono su ciò che gli Jugoslavi avevano compiuto durante la guerra, né pubblicizzarono quanto gli stessi continuarono a compiere nei periodi immediatamente successivi alla sua conclusione.
La rottuira politica fra Tito e Stalin avvenuta nel 1948 fece entrare la ex Jugoslavia nei paesi non allineati e da qui la necessità di utilizzare la Jugoslavia come "paese cuscinetto" tra i due blocchi, spinse tutto il blocco occidentale a stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia, in funzione antisovietica (si era agli inizi della guerra fredda) per contrastare l'egemonia sovietica nei Balcani .
Anche a "giochi finiti" non vi fu mai alcuna ammissione esplicita ed ufficiale delle brutture e delle responsabilità del regime Jugoslavo . Infatti << le "foibe" (...) sono state una variante locale di un processo generale che ha coinvolto tutti i territori in cui si realizzò la presa del potere da parte del movimento partigiano comunista jugoslavo ... >>[ Raoul Pupo, Le stragi del secondo dopoguerra nei territori amministrati dall'esercito partigiano jugoslavo ] >> . Gli eccidi, come detto, avevano anche l'obiettivo di eliminare i possibili oppositori del costituendo regime comunista jugoslavo e furono uno dei tanti eccidi che caratterizzarono la sua ascesa al potere, fra questi è rimasto tristemente celebre il massacro di Bleiburg. Repressioni di tale portata furono consentite dalle caratteristiche dittatoriali del regime comunista di Tito. Simili repressioni furono, inoltre, caratteristiche dell'ascesa al potere di gran parte dei regimi comunisti del periodo fatto che ha spesso portato a presentare le foibe 'tour court' come un "crimine del comunismo" ) Sarebbe stato infatti estremamente difficile riuscire a spiegare all'opinione pubblica mondiale per quale motivo gli Alleati, pur sapendo della pulizia etnica in corso nella Venezia Giulia, non intervennero per scongiurare o comunque mettere fine a quella tremenda carneficina e di come loro dichiaratamente anticomunisti sostennero anche se non apertamente un regime comunista non sovietico .
Nazionale
La vicenda nel dopoguerra è stata a lungo trascurata per i convergenti interessi di governo e opposizione.I vari governi italiani del dopoguerra preferirono mettere a tacere questi fatti per : 1) che voleva sorpassare tutto il capitolo della sconfitta nella seconda guerra mondiale e l'italianizzazione forzata delle minoranze slave i crimini fatti dal regime fascista e poi dopo il 25 luglio del 1943 dalla Rsi ( Repubblica Sociale Italiana ) ., 2) non doversi confrontare su alcune imbarazzanti questioni legate debiti di guerra nei confronti dei privati. Infatti beni espropriati agli abitanti delle zone interessate dall'esodo del dopoguerra non furono risarciti equamente, ma con avvilenti elemosine. Riprendere la questione avrebbe significato indennizzi definitivi agli esuli con fondi sottratti alla ricostruzione dell'Italia devastata dalla guerra; si preferì, quindi, accantonare il problema insabbiandolo.3)non si voleva inoltre riaprire il problema dei molti militari che commisero in Jugoslavia reati di guerra per i quali non furono mai perseguiti,e poi amnistiati con le nonostante le iniziali richieste del governo jugoslavo . Infatti I vari governi italiani succedutesi negli anni mai consegnarono i responsabili dei crimini nei Balcani, sia a causa della così detta "amnistia Togliatti" intervenuta il 22 giugno 1946, sia perché il 18 settembre 1953 governo Pella ( democristiano ) approvò l'indulto e l'amnistia proposta dal guardasigilliAntonio Azara per i tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948 a cui si aggiunse quella del 4 giugno 1966.All'epoca la sola città di Belgrado chiese di imputare oltre 700 presunti criminali di guerra italiani fra cui i generali Mario Roatta, Vittorio Ambrosio e Mario Robotti, che non furono mai consegnati nonostante gli accordi internazionali prevedessero la loro estradizione.
dalla voce di wikipedia massacri foibe ( trovate l'url nel post )
Nel 1992 è stato istituito un procedimento giudiziario in Italia contro alcuni dei responsabili dei massacri ancora in vita. Tali inchieste furono giustificate dal fatto che all'epoca la Venezia Giulia era ancora ufficialmente sotto sovranità italiana; inoltre i crimini di guerra non sono soggetti a prescrizione. Partite dalla denuncia di Nidia Cernecca, figlia di un infoibato, videro come principali imputati i croati Oscar Piskulic e Ivan Motika. L'inchiesta fu istituita dal pubblico ministero Giuseppe Pittitto. Nel 1997 diversi parlamentari sollecitarono il governo affinché avanzasse richiesta di estradizione per alcuni degli imputati. Il procedimento si è concluso con un nulla di fatto: nel 2004 fu infatti negata la competenza territoriale dei magistrati italiani.
Le responsabilità del Partito Comunista Italiano
L'atteggiamento del PCI nei confronti della questione dei confini orientali italiani fu ambiguo: già nel corso del conflitto, aveva acconsentito a lasciare la Venezia Giulia e il Friuli orientale sotto il controllo militare dei partigiani di Tito,[97] avallando così la successiva occupazione jugoslava. Fu per questo motivo che aveva ordinato ai propri partigiani operanti nella regione di porsi sotto comando jugoslavo (fu in questo contesto che maturò l'eccidio di Porzûs).
Successivamente richiese che i territori assegnati all'Italia col Trattato di Rapallo (1920) passassero alla Jugoslavia, ritenendo che i diritti nazionali degli italiani sarebbero stati tutelati dal nuovo ordine socialista imposto da Tito al suo paese; infine - a partire dalla metà del 1945 e massimamente a seguito della rottura fra Tito e Stalin - passò ad una difesa del carattere italiano della città di Trieste: prima sposando la linea per cui era da crearsi il Territorio Libero di Trieste, poi - dal 1948 - assumendo il mantenimento della città in Italia fra gli obiettivi del suo programma politico. Localmente, tutte le federazioni del PCI della Venezia Giulia aderirono alle richieste annessionistiche espresse dalla Jugoslavia[senza fonte]. In particolare, il PCI di Trieste - allontanatosi alla fine del 1944 dal CNL cittadino per sottoporsi gerarchicamente al fronte di liberazione della Slovenia - auspicò durante il corso di un'assemblea pubblica indetta dalle autorità italo-slave quella che venne definita "risoluzione settima repubblica", che prevedeva la formazione di una settima repubblica federativa jugoslava, di carattere italiano con già pronta la bandiera ufficiale, comprendente Trieste, Monfalcone e il Friuli orientale: a tal scopo organizzarono il Partito Comunista della Venezia Giulia
Terminato il conflitto molti militanti[senza fonte] comunisti italiani collaborarono con il governo jugoslavo e molti ebbero un ruolo attivo nelle repressioni. Si consideri che le scelte dei comunisti italiani, spesso tacciati di "tradimento", furono coerenti al loro internazionalismo, secondo il quale l'affermarsi del comunismo era un valore moralmente superiore a quello di patria e nazione.
Negli anni successivi furono tuttavia molti gli ex partigiani e i militanti a prendere la via dell'esodo, come conseguenza delle politiche nazionaliste e repressive del comunismo jugoslavo, oltre che per la disputa che opponeva Tito a Stalin, e che vedeva i comunisti italiani schierati su posizioni rigidamente staliniane.
Negli anni successivi il P.C.I. contribuì a dare, all'opinione pubblica italiana, una visione alterata degli avvenimenti, volta a minimizzare e a giustificare le azioni dei comunisti jugoslavi. Di questo atteggiamento ne fecero le spese i profughi, ai quali fu ingiustamente cucita addosso l'odiosa nomea di "fascisti in fuga".
idem precedente
A tutt'oggi, come si dice avanti, persiste in taluni ambienti comunisti e post-comunisti, in particolar modo quelli più legati all'epopea partigiana un atteggiamento che tende a minimizzare e a giustificare gli eccidi.
Il PCI, che doveva a tutti i costi evitare di far entrare nella coscienza comune l'idea che alcuni dei suoi leader potessero aver dato un tacito appoggio agli autori degli infoibamenti e delle deportazioni, negò sempre, anche di fronte all'evidenza, quanto stava accadendo in quelle terre, tacciando di falso chi tentò di renderlo noto all'opinione pubblica.
Studiando attentamente la documentazione e le informazioni sulla storia giuliana che stanno via via venendo alla luce, appare logica ed evidente la conclusione che il PCI fosse totalmente appiattito sulla posizione di Tito.
Da un lato questo atteggiamento poteva essere spiegato con lo spirito internazionalista che caratterizzava il PCI, alimentato tra l'altro dalla comune ideologia e dalla necessità di combattere un comune nemico come il nazi-fascismo. Ma dall'altro non si può non rilevare che questa sudditanza contribuì notevolmente ad assecondare le mire espansionistiche di Tito nei confronti della Venezia Giulia, dell'Istria e della Dalmazia. Questa sudditanza, infatti, favorì l'occupazione e la sottrazione di parte del territorio nazionale da parte della Jugoslavia e avallò la persecuzione della popolazione giuliano dalmata, che non risparmiò neanche antifascisti o compagni di partito contrari all'annessione slava.
Significativa anche la lettera scritta dal vicepresidente dei Ministri Palmiro Togliatti il 7 febbraio 1945 al Presidente Ivanoe Bonomi, con la quale il leader comunista minacciò 25 persino la guerra civile se il CLNAI avesse ordinato ai partigiani italiani di prendere sotto il proprio controllo la Venezia Giulia, impedendo così l'occupazione e l'annessione jugoslava.
Mi è stato detto che da parte del collega Gasparotto sarebbe stata inviata al C.L.N.A.I. una comunicazione, in cui si invita il C.L.N.A.I. a far sì che le nostre unità partigiane prendano sotto il controllo la Venezia Giulia, per impedire che in essa penetrino unità dell'esercito partigiano jugoslavo. Voglio sperare che la cosa non sia vera... è a prima vista evidente che una direttiva come quella che sarebbe contenuta nella comunicazione di Gasparotto è non solo politicamente sbagliata, ma grave, per il nostro paese. Tutti sanno, infatti, che nella Venezia Giulia operano oggi unità partigiane dell'esercito di Tito, e vi operano con l'appoggio unanime della popolazione slovena e croata. Esse operano, s'intende, contro i tedeschi e i fascisti. La direttiva che sarebbe stata data da Gasparotto equivarrebbe quindi concretamente a dire al C.L.N.A.I. che esso deve scagliare le nostre unità partigiane contro quelle di Tito, per decidere con le armi a quale delle due forze armate deve rimanere il controllo della regione. Si tratterebbe, in sostanza, di iniziare una seconda volta la guerra contro la Jugoslavia. Questa è la direttiva che si deve dare se si vuole che il nostro paese non solo sia escluso da ogni consultazione o trattativa circa le sue frontiere orientali, ma subisca nuove umiliazioni e nuovi disastri irreparabili.
Quanto alla nostra situazione interna, si tratta di una direttiva di guerra civile, perché è assurdo pensare che il nostro partito accetti di impegnarsi in una lotta contro le forze antifasciste e democratiche di Tito. In questo senso la nostra organizzazione di Trieste ha avuto personalmente da me istruzioni precise e la maggioranza del popolo di Trieste, secondo le mie informazioni, segue oggi il nostro partito. Non solo noi non vogliamo nessun conflitto con le forze di Tito e con le popolazioni jugoslave, ma riteniamo che la sola direttiva da dare è che le nostre unità partigiane e gli italiani di Trieste e della Venezia Giulia collaborino nel modo più stretto con le unità di Tito nella lotta contro i tedeschi e i fascisti.
L'atteggiamento del PCI nei confronti dei profughi giuliani, in linea con la posizione dei compagni slavi, fu di condanna totale e coloro che fuggirono dal comunismo vennero additati come fascisti.
Concludo rispondendo , spero in maniera definitiva e completa a : 1) a chi mi fa i complimenti perchè coltivo la memoria condivisa .
Mi spiace deluderli ma ricordare a 360 al limite del
cerchiobottismo ( è un effetto collaterale di chi vuole ricordare
obiettivamente ) significa memoria condivisa . Essa ci sarà
quando : << Solo se noi agiremo tutti in questo modo
creeremo le condizioni in cui, dimenticato il passato, sarà possibile
che le questioni della nostra frontiera siano affrontate con spirito di
fraternità e collaborazione fra i due popoli e risolte senza offesa nel
comune interesse.>> E quando si smettera d'usare la
storia ad uso e consumo ideologico \ politico , di sminuire e d
ingigantirlo , e vedendo solo gli avvenimenti da una parte sola
.
2) chi mi chiede Come mi sono preso a cuore \ interessato alle foibe e all'esodo delle popolazioni Istriane e dalmate ?
per il fatto che mi piacciono , nel bene e nel male le storie dei vinti come potìete leggere nei ost del mio blog .
Ma soprattutto sono legate anche se in maniera indiretta alla mia infanzia e ala mia adolescenza . Ai " conflitti " di mio nonno e prozio paterno fascisti con mio padre e mio zio sinistra extraparlamentare e quindi l'accusa reciproca sulle responsabilità dele foibe . E poi le letture ( in realtà sfogliavo le pagine , ero troppo piccolo quando morirono mio nonno e mio pro zio paterno, avevo 11 e 13 anni ) . Quindi cadde ( aggiungendosi ai silenzi di cui ho parlato sopra ) il silenzio e il venir meno del mio interesse su questi argomenti . Per poi riemergere con l'istituzione della giornata del 10 febbraio e le prepoteste appena ne sente parlare in tv di mio padre che vedeva e vede le foibe come una vendetta \ reazione degli istriani ala violenza e le aberrazioni fasciste . La rilettura ( di quel che si è salvato visto che mio padre butto via considerando , non a torto paccottiglia fascista ) dei testi fascisti con aggiunta di testimonianze un padre di un mio amico che fece la guerra in Jugoslavia durante il fascismo e le brutture che esso fece agli istriani e di una signora venuta qui in Sardegna durante l'esodo giuliano -istriano ( vedere i link sotto per l'esodo per la situazione che precedette le'esodo cioè le violenze fasciste e comuniste vedere gli url del post precedente ) mi hanno portato a ricordare a 360° tali avvenimenti .
L'amore è desiderio fattosi saggio . L'amore non vuole avere vuole soltanto amare Herman Hesse ( 1877-1962 )
Il titolo del post d'oggi mi è venuto in mente leggendo in sequenza le due storie sotto riportate .
La prima riguarda la scoperta importantissima del pezzo " mancante " ad un capolavoro della storia dell'arte .
E' news di questi giorni che La donna del celebre nudo di Courbet “L’origine del mondo” opera in cui un nudo ( volgare o elegante dipende dai punti di vista )
<< Grazie al grande virtuosismo di Courbet, alla raffinatezza della gamma delle tonalità ambrate,L'Origine del mondo sfugge allo statuto d'immagine pornografica. La schiettezza e l'audacia di questo nuovo linguaggio non escludono un legame con la tradizione: difatti, la pennellata ampia e sensuale e il ricorso al colore ricordano la pittura veneziana. Del resto, lo stesso Courbet faceva appello a Tiziano e al Veronese, al Correggio e alla tradizione di una pittura carnale e lirica. (...) da http://www.musee-orsay.fr/it/collezioni/ trovate qui l'articolo integrale e qui un ulteriore news sull'autore e sul quadro con le classiche interpretazioni critiche destinate ad essere messe in discussione da tale scoperta su tale quadro
Avrebbe un volto il corpo femminile ritratto nel famoso quadro di Gustave Courbet “L’origine del mondo”: un collezionista sostiene di possedere la parte mancante del dipinto, appunto il viso della donna ritratta. La notizia diffusa dal settimanale francese Paris Match ( foto a destra )
Ecco quindi che -- da quanto legge su fanpage --“L’origine del mondo”, il celebre nudo ritratto da Gustave Courbet avrebbe finalmente un volto. Il condizionale è d’obbligo dato che la “scoperta” ha diviso fortemente i critici. La notizia è stata riportata dal settimanale francese Paris Match: è stato un appassionato d’arte a scovare, in una maniera decisamente casuale, la parte superiore del quadro di Courbet, considerato il nudo più erotico del XIX secolo. Nel piccolo quadro del pittore francese, esposto dal 1995 al museo d’Orsay (l’ultimo proprietario privato fu il grande psicanalista Jacques Lacan), appare il corpo adagiato sul letto di una donna ritratta fino all'altezza del seno.Una rappresentazione dell’organo genitale femminile che fece scalpore a Parigi quando, nel 1866, fu rappresentato. La tavola scoperta dall’appassionato d’arte, che dovrebbe dunque definire il resto di quel quadro, mostra il volto di una donna bruna sdraiata, con la testa rivolta all'indietro e la bocca leggermente aperta.
Il volto di “Jo” tra i vecchi mobili di un antiquario parigino - I colori, la trama della tela e, infine, le stesse dimensioni del ritratto corrispondono alla celebre opera de “L’origine del mondo”. Per questo motivo si è arrivati alla conclusione che quel quadro fu diviso a metà. Dunque, il dipinto scandalo esposto al museo d’Orsay non sarebbe che un dettaglio di un’opera più grande. “Due anni d’inchieste, perizie e analisi”, scrive il settimanale francese, “ci hanno permesso di sollevare il velo e risolvere un mistero che ha affascinato il mondo dell’arte e il pubblico”. L’opera che ritrae il volto ( foto a destra pubblicata dal settimanale francese Paris Match ) sarebbe stata acquistata nel gennaio del 2010 in una bottega di un antiquario parigino per 1400 euro: il quadro era abbandonato tra vecchi mobili e nessuno sospettava potesse essere parte di quella celebre opera. La modella di Gustave Courbet sarebbe stata, dunque, Johanna Hiffernan, detta Jo, che all'epoca del dipinto era l’amante del pittore americano James Whistler, grande ammiratore del maestro del realismo francese.
La notizia che porto come tesi e titolo del post è questa , tratta sempre da www.fanpage.it
San Valentino, ecco la coppia più longeva: sposati da 81 anni
John ha 101 anni e la moglie Ann Betar ne ha 97. Si sono sposati il 25 novembre 1932. Il loro segreto? "Vivere nella gioia senza andare oltre i nostri mezzi".
Un lungo viaggio chiamato amore: ottantuno anni l'uno accanto all'altra. Per John e Ann Betar il regalo di San Valentino è una immagine. Il loro matrimonio, avvenuto ottantuno anni fa nel Connecticut, Stati Uniti. John e Ann sono la coppia più longeva degli Stati Uniti. Lui ha 101 anni e lei 97 anni e il 14 febbraio nella festa degli innamorati a Fairfiled, sarà riconosciuto il loro record negli Stati Uniti, se non del mondo. I due si sono sposati il 25 novembre 1932 e quest'anno andranno ben oltre le nozze di platino; hanno cinque figli, 14 nipoti e 16 pronipoti. L'amore è iniziato da ragazzini e non è stato privo di travagli: i genitori di Ann avevano promesso la giovane in sposa ad un altro ma pur di stare assieme la coppia decise di scappare. Lo scorso anno fu premiata una coppia di Las Vegas, con alle spalle 78 anni di matrimoni. John e Ann hanno visto alternarsi ben 14 presidenti degli Stati Uniti, da quando, all'epoca, nel 1932, era in carica Herbert Hoover. Il segreto della loro unione? “Vivere nella gioia- ha detto John – senza andare oltre i nostri mezzi”.
“Deceduto per infarto”: ma non era vero. Lo portano nelle celle dell'obitorio e muore assiderato
Russia: nel villaggio di Ulianovshina un malcapitato creduto morto viene portato nelle celle obituarie. Ma quando il medico ha iniziato l'autopsia il suo cuore batteva ancora.
Una storia terribile e incredibile, quella nella quale è rimasta vittima a Mosca, un uomo di 57 anni. Fato per morto dopo un attacco cardiaco, è rimasto per quasi due giorni in una cella frigorifera dell'obitorio locale, ma il suo cuore batteva ancora quando il medico legale stava cominciando l'autopsia sul suo corpo: inutili i tentativi di rianimazione: è morto per assideramento. L'episodio è riferito dal sito Lifenews.ru, è accaduto nella regione di Pskov, nel villaggio di Ulianovshina. La famiglia del malcapitato subito dopo l'attacco cardiaco aveva allertato i soccorsi ma trattandosi di un villaggio lontano dai centri abitati i tempi dell'arrivo si sono allungati a dismisura. Nel frattempo è poi arrivato un infermiere locale, che ha constatato il presunto decesso, sbagliando clamorosamente, e informando la polizia della morte. Soltanto il medico legale, due giorni dopo, ha fatto la terribile