La Sardegna non est Italia😍😁🤙 lo sanno anche in Inghilterra. Quest a che trovate sotto
dall'unione sarda del 13\9\2017 la storia di https://www.facebook.com/daniela.morgan
è la storia di Daniela Morgan una ragazza inglese che ha fatto l'erasmus in Sardegna e poi s'è iunamorata , come di mostrano anche lesue foto sulla sua bacheca di Facebpook , tanto da fare un dottorato sull'indipendentismo sardo usando anche materiale in " Limba " /( Lingua sarda ) ed imparando e studiando il sardo .
Spett Anpi , Spett Samuel Rago Ma come fater a dire: << (...) "Siamo assolutamente contrari. Giuseppina Ghersi era una fascista. Protesteremo col Comune e la prefettura" dice Samuele Rago, presidente provinciale dell'Anpi.">> davanti a ciò ? da http://www.oggitreviso.it/ del 15 \9\2017
Stuprata barbaramente e uccisa dai partigiani a 13 anni, vietato ricordarla
Fa discutere a Noli l'iniziativa di un consigliere comunaledi centrodestra di ricordare una ragazzina violentata e uccisa dai partigiani con una targa nella piazza dedicata ai fratelli Rosselli. La storia di Giuseppina Ghersi, 13/enne di Savona uccisa pochi giorni dopo la liberazione, torna di attualità. A proporre la targa, che sarà inaugurata il 30 settembre, Enrico Pollero, di centrodestra e con un padre partigiano. "Dopo aver letto la storia di Giuseppina ho pensato che bisognava fare qualcosa per ricordare una bambina di 13 anni uccisa senza motivo". Pollero punta ad una "vera riappacificazione" sostenuto dal sindaco della cittadina del ponente ligure, medaglia d'oro della resistenza. L'associazione partigiani è insorta. "Siamo assolutamente contrari. Giuseppina Ghersi era una fascista. Protesteremo col Comune e la prefettura" dice Samuele Rago, presidente provinciale dell'Anpi. "Eravamo alla fine della guerra, è ovvio che ci fossero condizioni che oggi possono sembrare incomprensibili", sostiene.
Quand'è che finalmente l'Anpi si deciderà a riconoscere anche le atrocità commesse dai partigiani? Oppure ci sono atrocità di serie A e di serie B? Uno stupro è uno stupro e non è giustificabile in nessun modo, men che meno in una bambina, altrimenti sarebbero giustificabili anche quelli commessi dai fascisti, o dai comunisti o da chiunque altro. Questa ritrosia non ha giustificazioni e non contribuisce alla riconciliazione che dopo 70 anni e più dovrebbe essere già cosa fatta. A me fa inorridire quello che è successo a Giuseppina:punto e basta...mi stupisce che non faccia inorridire tutti
Come fate a a considerare fascista una bambina di 13 anni , non ancora " formata politicamente e culturarmente " e ssendo nata in ena epoca fascista , senza conoscere nè opposizione nè opinioni diverse essendo tutta ( salva quella clandestina ) in mano al regime ? La presta vetusta presa di posizione mi ha talmente indiognato e sbigottito per la vostra chiusura umana ed
Ovviamente. Ovviamente lo so, che ai neofascisti di Giuseppina Ghersi non importa nulla. Vogliono solo usarla. Vogliono dimostrare, attraverso la sua atroce vicenda, quanto fossero carogne i partigiani. Il loro scopo è screditare la Resistenza per esaltare il Duce e il fascismo. Certo che lo so. Ma non mi turba. Non è un problema mio. Del resto, da oltre 70 anni Pinuccia viene usata. Usurpata. Abusata. Non ricordo quando venni a conoscenza della sua storia. Penso per caso, come succede quasi sempre. Probabilmente per una foto, quella più conosciuta e infame, di lei legata, il volto sfregiato da scritte derisorie, mentre avanzava verso il suo orrendo destino scortata da un manipolo di maschi armati fino ai denti, biechi, tutti giovani, certuni suoi coetanei, qualcuno con una luce infoiata nello sguardo, forse pregustando il piacere che a breve avrebbe consumato. Il piacere dello stupro e dell’uccisione. Sadismo e morte, sempre insieme. Pinuccia venne trucidata a 13 anni per un tema lodato da Mussolini. Per una passione inconsapevole, un’adolescenza illusa, da bimba che mai aveva conosciuto la libertà. Giurai a me stessa che non l’avrei dimenticata, che nel mio piccolo le avrei reso giustizia. Perché, a differenza sua, io la libertà la conoscevo, e potevo permettermi di scrivere tutte le scemenze possibili e immaginabili nei temi, nelle lettere, perfino sui muri, e poi tornare a casa con la pelle intatta. O quasi. La devo, questa libertà, ai partigiani e alle partigiane. Sono loro riconoscente, quindi non temo. La libertà s’accompagna sempre a onestà e integrità. Amo la democrazia e per questo non esito a riconoscere i limiti umani di alcuni militanti della parte “giusta”. I loro errori e atrocità, già magistralmente affrescati dai fratelli Taviani nella “Notte di San Lorenzo”. Quanti rapirono, picchiarono, violentarono e uccisero Giuseppina Ghersi furono criminali efferati. L’altra faccia della Resistenza? Anche. Ma, soprattutto, maschi inferociti. Va detto, ricordato, denunciato, esecrato. Leggo oggi che il consigliere comunale di centrodestra d’una cittadina ligure, figlio d’un partigiano, vorrebbe dedicare una targa alla memoria dell’infelice ragazzina. L’Anpi locale è insorta manifestando la propria contrarietà “alla realizzazione d’un cippo in memoria della brigatista nera Giuseppina Ghersi”. “Brigatista nera”: così viene definita Pinuccia, per un componimento scolastico di qualche anno prima, e la cui famiglia non possedeva nemmeno la tessera del Pnf. “La pietà per una giovane vita violata e stroncata – prosegue il comunicato dell’Associazione - non allontana la sua responsabilità di schierarsi e operare con accanimento a fianco degli aguzzini fascisti e nazisti”. Pinuccia si schierò e operò “con accanimento” (come? in che modo?) a fianco degli aguzzini fascisti e nazisti. A tredici anni. Potrei fermarmi adesso. Sarebbe troppo, sarebbe esagerato anche così. Invece proseguo. "Eravamo alla fine della guerra, è ovvio che ci fossero condizioni che oggi possono sembrare incomprensibili”: così l’Anpi spiega le ragioni della sua opposizione. Condizioni che oggi “possono sembrare” – nemmeno è certo… - incomprensibili. Ma, in fondo, se l’era cercata, par di leggere fra le righe. Se l’era cercata? Dove l’ho già letto? Quante volte l’ho letto? Se l’era cercata, una ragazzina che mai aveva indossato una divisa? Se l’era cercata, aveva operato addirittura “con accanimento”, come un delinquente matricolato, quasi avesse maturato una sicura coscienza politica, una tredicenne figlia d’ortolani? Ma, quand’anche così fosse stato; se davvero Pinuccia fosse “convinta” delle sue “idee”; se realmente si fosse sentita “fascista” – come molti altri suoi coetanei e anche più adulti, da Pasolini a Scalfari, dall’ex repubblichino Dario Fo a Montanelli che sposò una bimba-schiava etiope… - avrebbe meritato quella fine? E, soprattutto, quell’”ovvio” stupro? È, questa, la parte del messaggio dell’Anpi più scellerata, quella maggiormente rivelatrice, la spia d’un male atavico e universale, quasi una tabe dell’animo maschile, dal più nobile al più indegno: l’ovvietà – e, pertanto, la banalità – dello stupro, la sua normalità, un accidente in chiave, previsto e tollerato. Un “che sarà mai” non esplicito, ma fin troppo chiaro, che urla ancora, dopo quasi 80 anni di libertà, di sangue versato, di imprese anche eroiche, ma mutile, imperfette e sostanzialmente inutili, se ancora sorvoliamo sul corpo violato d’una donna, se ancora anteponiamo l’ideologia all’umanità scempiata d’una persona viva, e non riconosciuta come tale. No, esimi reduci dell’Anpi, uno stupro non è MAI ovvio! Mai! Non su una bambina come Pinuccia, certo; ma nemmeno su una donna adulta. E non ci sarà sorta di guerra a giustificarlo, perché lo stupro, della guerra, è il padre, la scaturigine del Male assoluto, un problema con cui gli uomini devono pur fare i conti, prima del fascismo e dell’antifascismo. Il sesso è l’arma di cui si servono i vili per combattere una guerra non sessuale ma sessista; orgia di potere e sopraffazione, come denunciò con crudezza lapidaria il Pasolini di “Salò”. Giuseppina Ghersi è la Salò dei partigiani e, sullo sfondo, degli uomini tutti; non fantasma ma presenza reale, la cattiva coscienza del sopruso. Se ne prenda atto, e finalmente la si affronti. Per una volta, una sola volta, un’ultima volta. Il tempo è scaduto.
P. S. : Mio padre era poco più giovane di Pinuccia quando la scuola lo “invitò”, cioè costrinse, a scrivere imbarazzanti letterine al “fante d’Italia”, uno dei tanti disperati privi di famiglia mandati al macello nella guerra del “Duce”. Fortunatamente il soldato la scampò e, alla fine del conflitto, volle conoscere di persona il suo piccolo corrispondente. Il quale però, nel frattempo, aveva abbozzato una sua originalissima posizione “politica”, come attestano le frasi qui riprodotte. Figlio di antifascisti, mio padre decenne mescolò tutto e il contrario di tutto: i proclami del Ventennio, l’esaltazione di Badoglio e il ludibrio del re. Senza dubbio, il vero Rinaldo Tuscano trapelava in quell’unica invocazione spontanea, in quel “noi” così commovente e irrinunciabile: “Vogliamo la pace”. E tuttavia non oso pensare cosa sarebbe stato di lui, se l’avessero scovato i repubblichini. O certi compagnucci esagitati. O le guardie reali. Ma forse, trattandosi d’un maschio, lo stupro gliel’avrebbero risparmiato.
stavo cercando su http://www.ladonnasarda.it/home.html uno stralcio sulla vicenda riportata solo in cartaceo o a pagamento online del secondo quotidiano dell'isola l'unione sarda di Daniela Morgan ( suo account fb ) ragazza inglese che ha studiato un anno in sardegna e poi ha fatto la tesi di laurea sull'indipendentismo sardo ma ho trovato quest'altro articolo interessante sulla Sardegna sempre dallo stesso sito
A partire dalla processione di Sant' Efisio a Cagliari,passando per la Cavalcata sarda di Sassari, fino alla manifestazione religiosa del Redentore di Nuoro, buona parte dell'anno in Sardegna si vivifica la frizzante diatriba sul nome del ricco complesso vestimentario tradizionale che rende l'isola famosa nel mondo. Dunque qual é la dicitura corretta da usare: "Costume" o "Abito tradizionale"?
Certamente non sono da considerarsi sinonimi. Non esiste giornalista sardo infatti che, impiegando l'una o l'altra definizione, non abbia dovuto rendere ragione della propria scelta. Analoga situazione si verifica in una conversazione su forum d'argomento folclorico, o una discussione sulle "piazze" social, o ancora più semplicemente durante una chiacchierata tra amici al bar. Il termine 'costume', che oggi risulta essere improprio, serve però ancora a individuare diffusamente la cultura vestimentaria femminile della Sardegna che rivestiva un significativo ruolo comunicativo, tanto da trasmettere a colpo d'occhio tante informazioni sulla donna che lo indossava. In altre parole, seppure il termine non è ritenuto corretto da parte di alcuni studiosi della materia esso non è un termine ambiguo e nel parlare di costume sardo c'è chi non trova alcunché di incomprensibile.
Tanti gli antropologi che negli ultimi anni si sono confrontati con la curiosa questione che somiglia, per certi versi, alla quadratura del cerchio. Impossibile citarne solo alcuni perché se ne scontenterebbero altri, ma certamente chi se n'è occupata con rilevante continuità è stata la studiosa Gerolama Carta Mantiglia. Il mare, ritardante sugli effetti della modernità, ha funto d'altra parte da conservante di quei tratti caratteristici che, dall'abbigliamento alla lingua, sono divenuti essenziali e riconoscibili elementi identitari, unificatori di un popolo. Con uno sguardo si poteva accedere ad indiscrezioni sull'età, la provenienza, lo status sociale e persino la professione di chi lo portava. Ragazza in abiti signorili. Inizi '900 Si distinguevano, inoltre, gli abiti per le giornate di festa e quelli giornalieri, le varianti per le donne sposate, per le ragazze nubili e per le vedove. Nei piccoli borghi indossare l'abito tradizionale è un'abitudine ancora sedimentata nel vivere quotidiano, in altri è una pratica che viene svolta in occasione di commemorazioni e funzioni religiose, per la festa del patrono o semplicemente la messa domenicale. Ma quando è avvenuto il passaggio dall'abbigliamento tradizionale a quello moderno per la donna? Gran parte degli studiosi di demo-etnoantropologia popolare sarda è concorde nel ritenere che nel passaggio all'epoca industriale - sebbene il processo di snaturamento della cultura regionale fosse iniziato in epoca unitaria - il popolo sardo abbia preso a vivere complessi d'inferiorità nei confronti della propria lingua e del proprio abito, che possiamo complessivamente definire costume nel senso di insieme di abitudini, di "costumanze". Il sardo ha assunto un atteggiamento svalutativo tanto da «proiettare gli aspetti deleteri attribuiti a chi lo parla (ignoranza, povertà nei mezzi di istruzione e arrettratezza)» come dichiara lo studioso di Cultura sarda Giovanni Mura. Per ciò che riguarda strettamente l'abbigliamento, eloquente, più di ogni saggio, sono invece le celebri tavole di Tarquinio Sini, brillante caricaturista sassarese, morto sotto gli ordigni bellici del '43.
Cartolina anni '30 - tempera Tarquinio Sini
Soggetti prediletti di Sini sono le fanciulle desulesi che, avvolte nello sfavillante abito del paese, osservano le licenziose e civettuole signore del Continente in abiti moderni, con tanta curiosità e forse un po'di invidia. Inizia per queste giovani un lento innesto alla realtà che scorre fuori da casa e sagrato del centri rurali. Sini seppe interpretare con una carica di sottile umorismo il fenomeno di "sprovincializzazione" con la serie di celeberrime tempere "Contrasti", in cui registrò argutamente gli umori di questa transizione culturale, non senza venarla di una ironica polemica che restituisce l'idea di ciò che comportò psicologicamente un passaggio alla modernità che fu tutt'altro che un automatismo. Nel progressivo passaggio al comfort dell'abito "civile", soprattutto la donna rinunciò al bagaglio simbolico, e ancor più materiale, intrinseco al vestiario sardo. In che senso precisamente? Le vesti e i gioielli passavano da una generazione all'altra e costituivano parte non secondaria della dote. Erano ritenuti un bene di rifugio e un investimento. Infatti non è trascurabile «l'aspetto economico del gioiello, il quale può quasi essere considerato come una forma di tesaurizzazione al riparo da qualsiasi evenienza imprevista. Il gioiello può essere utilizzato in qualsiasi momento come moneta di scambio», dichiara Vittorio Angius. Dunque la scelta della mimetizzazione nella società civile riesce ad avere la meglio sulla ricchezza identitaria, perché questo richiedono i tempi, soprattutto alla donna.
Il discorso è assai articolato e più complesso di un semplicistico riferimento ad un avvicendarsi di mode e costumi. La vera rivoluzione nel vestiario concerne per lo più le classi popolari perché la moda dei ranghi superiori ebbe una contaminazione costante nel tempo e l'abito femminile si teneva di pari passo alle mode "continentaleggianti".Certo è che il diffuso sentimento regionalista, di gusto poeticamente identitarista, si affievolì nel momento in cui molte fanciulle dai piccoli centri rurali si trasferirono nelle città in cerca di lavoro e dovettero adeguarsi alle mode urbane, non tanto per civetteria quanto per adeguarsi ed ambientarsi al vivere cittadino. La complessità della riflessione prende le mosse anche dal periodo storico in cui la transizione della cultura vestimentaria femminile sarda si verifica, tra ansia di modernità e rispetto della tradizione. La cultura sarda è sottoposta alla competizione di due forze politiche contrarie.
Entroterra barbaricino anni '80
Siamo nel pieno del Ventennio fascista che incoraggia le antiche pratiche rurali, esasperando la difesa dei caratteri rustici del folklore, dall'altro lato la spinta modernista della borghesia emancipazionista ispirata alle conquiste di una forte industrializzazione d'ispirazione cittadina che dall'ambito socio economico non tarderà a rifletteri sul campo culturale. L'abbandono dell'abito tradizionale non fu, insomma, una scelta compiuta in silenziosa solitudine ma una presa di posizione densa di significato, sia per quante decisero di abbandonare il "costume" sia per coloro che, con garbata festosità, ancora colorano le strade dei paesi sardi con la loro scelta di tenerlo. L'imponente percorso di ricerca del sociologo Luigi Lorenzetti "Donne e lavoro. Prospettive per una storia delle montagne europee del XIX-XX secolo" evidenzia che nei centri dell'entroterra sardo il lavoro extra domestico fosse inteso dalle donne come umiliante, indicava una condizione di necessità che gli uomini non erano stati in grado di onorare. "L'aspirazione delle donne non era quella di lavorare fuori casa ma al più di lavorare per la propria famiglia-azienda. Era soprattutto questa condizione ad essere ritenuta un privilegio dalle donne, ed a questa esse miravano". Non è del tutto esatto, dunque, estendere il cambiamento della moda vestiaria all'idea di una rivendicazione femminista. O per lo meno non fu solo questo.
Donne in abito tradizionale e compaesana in abiti moderni. Fine anni '50
La riflessione che ha originato il nostro ragionamento, il secolare utilizzo del termine "costume", muove proprio dal passaggio progressivo, ma non sempre graduale, all'abito moderno. Ciò che era abito quotidiano viene riposto nel guardaroba, senza nostalgia, con il nome di costume, di artificio mascherativo, a cui attribuire una funzione folcloristica e, via via turisticizzata, solo durante le occasioni festive. Gerolama Carta Mantiglia sul tema non scende a compromessi: «È il caso di spendere qualche parola a proposito dell'uso che si continua a fare (e che non si dovrebbe fare) della parola costume e dell'uso che non si fa (e che invece si dovrebbe fare) dei termini vestiario e abbigliamento popolare». Per l'antropologa il vocabolo 'costume' ha una valenza negativa legata all'auto concezione di cultura sarda come subalterna. A questa concezione la studiosa attribuisce la preservazione del solo abito della festa, quello sfarzoso, in virtù della gioielleria annessa, e allo stesso tempo, imperdonabilmente, nessuna cura verso il vestito quotidiano considerato retaggio di lavoro e umiltà, da cui il termine asettico e distaccato di costume. Solo in tempi recenti, nel clima di un rinato rigore identitario è ripresa con un certo rimpianto l'affannosa ricerca sulle origini dei vari tipi di vestiario e con essa un rifiuto categorico da parte degli studiosi del termine "costume" considerato dispreggiativo di una realtà tutt'altro che caricaturale o riconducibile a situazioni lontanamente carnascialesche. La conclusione del pensiero antropologico in materia di cultura popolare é pressoché concorde nell'ammettere che il nuovo vigore della ricerca non sia un nostalgico archeologismo ma l'esigenza di una funzione aggregativa ricca dei valori della tradizione indispensabili al futuro del popolo sardo.
sula tematica del femminicidop se ne parla troppo e male senza , sono rari i casi contrari , analizzare le cause , e concentrandosi su particolari morbosi . questo interessante intervento di Daniela è uno dei rarari casi di cui parlavo prima
FIDUCIA
...e per questo ti senti sempre in pericolo. Perché non sei inconsapevole. Perché condividere un messaggio su un social network, qualche frase tra il caramelloso e l'intimidatorio, significa poco o nulla. Forse. O forse, dietro quelle parole un po' sbadate, c'è un grido vero, un'esigenza di comunicare, un'invocazione d'aiuto. Non sei inconsapevole, ma ci caschi sempre, ci caschi comunque. E la risposta è tutta lì: nell'invito finale. "Fidati". Ecco, quello sì, quello lo fraintendi quasi sempre. Tu, di fiducia, hai un disperato bisogno. Da giovane, perché sei giovane. Da adulta, perché ti serve tenerezza. Da anziana, perché meriti un po' di pace. Tu, di fiducia, hai bisogno perché è umano. Ma anche perché ti hanno insegnato a vivere per gli altri. Per l'altro. Per lui. E l'hai scolpito nella pelle, come una seconda natura. Un tatuaggio di millenni. E quindi, "fidati" per te significa concedersi un'altra volta a lui. Lui è diverso, lui cambierà, lui non è come gli altri, lui ti ama... Anche quando il suo schiaffo ancora brucia sul viso. E lo schiaffo, lo sai - lo sai, ma ti fidi - è solo l'inizio. L'inizio della fine. La tua. Ci fidiamo tutte, giovani e vecchie, italiane e straniere, cristiane, buddiste, pagane. Quella fiducia, ce la devono. E noi l'abbiamo appresa, l'aneliamo, la supplichiamo. Invece no. Fidarsi non basta. Dobbiamo imparare una storia diversa. Dobbiamo imparare a non fidarci senza perdere in umanità. Dobbiamo diffidare senza temere il salto nel buio, la solitudine, il bilico. Anche quando il nemico l'abbiamo in casa. Dentro. Dove, poi, spesso si trova. Dobbiamo volgere quell'amore, soprattutto verso noi stesse. Perché il mondo in cui viviamo, l'hanno costruito a loro misura. Quindi fidiamoci, sì, ma di ciò che siamo, d'un futuro che noi sole costruiremo, dove il femminino sarà esaltato nella gioia e non nel sacrificio. Solo così ameremo compiutamente l'altro. Con fermezza e libertà. La semplice consapevolezza, altrimenti, non potrà salvarci. In qualsiasi frangente, in ogni epoca della vita, in disparate latitudini.
[Noemi Durini, 16 anni, è l'ennesima vittima di femminicidio a opera del "fidanzato" 17enne, che l'ha trucidata con la complicità del padre. Lo scorso mese aveva pubblicato quest'immagine sul suo profilo facebook.]
A tutti quelli che s'arrocano davanti alla crisi economica , sociale , etica , ecc post 11 settembre 2001 , che trovano rifugio nella propria identità chiudendosi e vedendo nell'altro un pericolo fino ad arrivare a fome di becero razzismo come di mostrano i seguenti e recenti fatti 1)
. ennessimo rifiuto di un paese che si sta spopolando che rifiuta l'accoglienza di bambinbi senza genitori che sbarcano con i barconi
2) La paura di perdere voti dei malpancisti ( che purtroppo sono 😤💩👎 " bipartisan " ) e non fare la legge sullo ius soli e le violente contestazioni di fascisti e malpancisti vedere il video
dico non sempre si sempre si può ( ciò non vuol dire che debba smettere di lottare contro chi : brutalizza , sfrutta , specula , svende , il nostro paese o la mia terra ) combattere e chiudersi davanti al mondo che cambia . Tali energie si posso incanalare in qualcosa di positivo magari nel cercare di capire ed approfondire andando oltre i pregiudizi e li stereotipi usati dalamprppaganda e dalpotere per distrarci dai loro abusi \ leggi ad personam e furti . Allora qualcuno vicno ai movimenti di destra dirà : ma allora devo smetteredi essere italiano ed essere straniero a casa mia ? rinuciare alla mia identità mai , ecc .
Dipende cosa s'intende per identità se chiusa porta al fondamentalismo , ai vecchi fantasmi del passato ( fascismo e nazismo ) , razzismo ed exenofobia .
o da reeazioni ( alcune costruttive nella diversità e civili con cui è possibile , anche se poi si finisce che ciascuno rimanga sule sue idee , i dialogo ed il confronto , altre proprio no perchè si finisce ad insulti e a "£ populismo " se non nel becero razzismo ) sul mio fb a tale video
Se invece è aperrta come suggerisce la canzone , vedi sotto sound system , dove le culture diverse s'integrano e si contaminano e dialogano come ho suggerito nei miei precedenti post in particolar e quet'ultimo . Giudicatemi pur e buonista o come vi .... pare . se voi oltre la mia o quelle becere populiste ne avete altre lo spazip dei commenti del blog o dela mia bacheca e pagina di facebook è a disposizione .
colonna sonora
Sud Sound System - LE RADICI CA TIENI
Ivano fossati - mio fratello che guardi il mondo
inno nazionale - Luca Carboni
Articolo 31 feat Bob Dylan - Come una pietra scalciata
Fiorella Mannoia e Frankie Hi Nrg - Non è un film
Caparezza _ Vengo dalla Luna
GolaSeca - Canzone contro il razzismo - Sud dei sud
La risposta può sembrare ovvia e scontata , con la fantasia e l'immaginazione , e con la musica , osservando foto ed immagini rillassanti o fantastiche di paesssaggi , ecc . Ma esiste un altra strada \ via accettare il fatto che che le meraviglie non sempre provengono da fuori di noi . Infatti ogniuno di noi , quando ( sempre che voglia farlo perchè a volte è un percorso doloroso e si tratta di rimettersi indiscussione e decidere cosa lasciare e cosa gettare , esperienza personale ) riesce a guiardarsi dentro di sè+ e scoprire o rioscoprire i propri vasti spazi interiori che se esplorati ( o riesplorati in quanto l'esplorazione , almeno per me , è continua ) , conducono alla scoperta di uan miriade di significati .. oìciascuno dei quali ci rende unici .
Ora qualcuno di voi si chiederà ma cosa intendo dire ? Intendo dire che questa più di ogni altra è la magia che ogni individuò possiede una forz che può cambkiare il mondo .
colomnna sonora
Immagine - J-Lennon SABOR A CHOCOLATE -- ELEFANTE Dejenme Llorar - Carla Morrison Linger -The Cranberries Don't Let Me Down- The beatlsStreet Of Dreams - Guns N' Roses Someone Like You - Adele Get Me - Chili Vanilla
Lontano _ Modena city ramblers Smells Like Teen Spirit Nirvana cover - David Garrett
Lo so che avevo promesso di non parlarne più , non per censura o auto censura , ma per non avvelenare l'aria e scadere nella morbosità . Ma questo interessanre vedi url sopra , articolo di Michela Marzano mette in evidenza come L'episodio di Firenze riapre il capitolo mai chiuso delle relazioni problematiche che gli uomini continuano a intrattenere con le donne: la violenza non potrà mai essere sconfitta fin quando ci sarà chi pensa che il "sì" possa essere implicito, ed essere in stato di ebbrezza un segno di disponibilità.
Ma sopratutto mi permette di ripsondere ad alcune email he mi arrivano su tali argomenti ed osservazioni sul mio cartattere e prese di posizione su tali fatti
Sono mascolinista è vero , ma il termine non va confuso con Maschilismo : << termine divenne di uso comune negli anni sessanta per indicare un atteggiamento socio-culturale basato sull'idea di una supremazia maschile e sulla continuità del sistema patriarcale. Il neologismo si ottenne dalle parole maschio o maschile e dal termine femminismo, intendendo erroneamente una sorta di contrapposizione al femminismo .( https://it.wikipedia.org/wiki/Maschilismo ) >> . Ultima frase di wikipedia discutibile visto che Maschilista e femminista non sono parole equivalenti
In molti lo pensano ancora: e la similitudine delle due parole inganna, ma sono concetti molto distanti come spigato qui .
Mi identifico nella pagina \ comunity facxebbokiana maschio beta e nelle sue faq suen FAQ
Ma allora potrebbero dire alcuni\e : << ma allora non si uomo hai unanidentità sessuale ondivaga ? , come prima condivi certe cose maschiliste \ sessiste e poi rifiuti tale modelo cultursale ? >> , e menate varie .
Invece No . sono un uomo ed ho ... mi fermo qui per non cafere nel sessimo e nella volgarità gratuita . E' vero che a volte , alcune mie condiovisioni su facebook e twitter , ed alcune rifiutavo l'educazione antisessista e anti maschilista impartitami da i miiei genitori , ed ora lo sto rivalundo e fa cendo miei i loro valori e lottando per liberarmi e far morire i residui del sssimoe del maschilismo che è ancora presente in me . Infatti e qui rispondo oltre alle domande prima citate a chi mi dice : << ma come stai buttando via la tua cultura di uomoe di maschio , ti vendi alle femministe perchè cosi .... e varie . >>
riasumo la mia presa di osizione già nota per chi mi segue con atttenzione qui e sui social condividendo questi due post interessantissimi della pagina facebook https://www.facebook.com/narrazionidifferenti/ contro l'uso strumentale oltre che sessista che si fa delle recenti violenze sessuali
<< la cosa più fastidiosa è forse che dietro tutto il clamore degli ultimi giorni ci sia più calcolo di consenso che interesse per quanto accade quotidianamente alle donne. Quello che è successo, infatti, è piuttosto evidente: stupri, vittime e carnefici sono stati strumentalizzati e usati come una clava per dare addosso ai propri avversari. Nel frattempo, è stato legittimato spazio per esternazioni violente e idee razziste funzionali a tutt'altra battaglia politica. >>
Queste le parole del sindaco di Firenze sul caso delle due ragazze che hanno subito violenza. Per lui il problema è "lo sballo". No gli stupratori, ma lo sballo. L'ennesima versione del "se l'è cercata"
anche se è notizia delle ultime ore che i genitori dei bulli hanno smentito d'aver minacciato la ragazza in questione è sempe un atteggiamednto grave e del cambiamento dei tempi , i cosidetti mala tempora currunt come dicevano i miei nonni paterni . Infatti
dallanuova sardegna del 8 settembre 2017
Bullismo, minacciata prima del processo
Sedici ragazzini alla sbarra il 25 settembre. La vittima 14enne ingiuriata dalla mamma e da una zia di uno dei denunciati
di Stefania Vatieri
NUORO. Intimidita e ingiuriata alla soglia del processo che tra pochi giorni vedrà alla sbarra 16 ragazzini presunti bulli. Lei era stata presa di mira da centinaia di bulli, in città, tutti di età compresa tra gli 11 e i 15 anni, che per mesi l’avevano insultata ed etichettata come “porta iella”. La ragazzina, all’epoca dei fatti dodicenne, per sfuggire ai suoi aguzzini, era stata anche costretta più volte a cambiare scuola, ma le angherie erano continuate incessantemente. È stata la denuncia dei genitori a far scattare le indagini della Polizia che nel corso dei mesi ha prodotto un lungo fascicolo contenente le conversazioni telefoniche avvenute tra i bulli e la vittima, le chat e i tabulati. A distanza di due anni, il 25 settembre, si aprirà il processo al Tribunale dei minori di Sassari a carico di 16 presunti bulli, accusati dei reati di diffamazione e molestie ai danni della studentessa oggi quattordicenne.
A poche settimane dal processo che deciderà le sorti della banda dei bulli nuoresi di 14, 15 e 16 anni la storia sembra ripetersi. Qualche giorno fa infatti durante una partita di calcio la giovane studentessa che si trovava sugli spalti in compagnia di alcuni amici è stata avvicinata da due donne, identificate come la madre e la zia di uno dei minori denunciati e coinvolti nel processo, secondo quanto riferito da alcuni testimoni presenti, che con fare minatorio e arrogante avrebbero intimidito e diffamato a più riprese la povera quattordicenne definendola in prima battuta una «poco di buono» e successivamente una «rovina ragazzi».
La vicenda è stata raccontata su Facebook dalla presidente dell’associazione Onda Rosa Luisanna Porcu, essendo stato coinvolto nel fatto anche suo figlio, coetaneo e amico della quattordicenne, che ha cercato in tutti modi di difendere la giovane ragazza. Ancora una volta l’arma usata è quella dell’ingiuria, scagliata questa volta da due madri nei confronti di una bambina, che ha avuto il coraggio di denunciare le violenze subite. Era febbraio 2015 quando i genitori della giovane vittima hanno deciso di dire basta alle violenze subite quotidianamente dalla figlia e mossi da una grande preoccupazione hanno deciso di raccontare tutto in Questura, impugnando una lista nera con un centinaio nomi di presunti carnefici, tutti studenti nelle quattro scuole medie cittadine, della figlia dodicenne. Che dopo mesi di silenzi aveva finalmente trova il coraggio di raccontare tutto ai genitori. «Ogni giorno era una fotocopia del precedente: varcata la soglia di casa era un continuo incassare, tra urla ingiuriose, gesti scaramantici e maldicenze» avevano raccontato i genitori della giovane perseguitata dalla banda di bulli. «Porti iella» le dicevano accompagnando le parole a gesti scaramantici: «Un fiume di lacrime disperate ha accompagnato il racconto di nostra figlia, l’abbiamo ascoltata con il cuore in frantumi e dentro la nostra testa ci chiedevamo perché tutto questo, perché proprio a lei. Purtroppo le hanno attribuito la nomea di porta iella e il tam tam in città è stato così veloce e impietoso che tutti i ragazzini anche se non la conoscevano si toccavano i genitali quando passava, cantandole canzoncine che fanno rima con la parola sfiga». Un anno dopo la triste vicenda i genitori della ragazza hanno fondato un’associazione cittadina contro il bullismo riunendo al suo interno numerose vittime di bullismo, genitori e professionisti impegnati giornalmente nella promozione di azioni volte a rieducare i bulli ma sopratutto a supportare le numerose vittime di questo insidioso fenomeno. «Siamo al fianco della ragazza e dei genitori in questo momento per loro difficile – ha
commentato Maria Grazia Mascia, avvocato e membro dell’associazione No Bullying –. Seguiremo molto da vicino questa battaglia che non vuole limitarsi ad essere un atto di giustizia dovuto, ma una lezione per tutti i giovani affinché capiscano quanto le parole possano fare male» conclude.
Ora per esperienza personale dico solo quiesto sempre peggio . Ok , il nonnismo e il bullismo sono sempre esisti , ma prima c'era un argine da pèarte dei genitori . Adesso anche gli stessi genitori sono peggio dei loro figli . Infatti quando io rispondevo ( ne sono statio vittima ) con bullismo \ nonnismo , anche se sapevo quando fermarmi , infatti vedevo una persona piangere chiedevo scusa e facevo ammenda perche cazziato , ma anche no dai genitori ., e cercavo d'aiutarli contro gli alri buli .Adesso con le nuove generazioni è anche peggio .
ringrazio Antonio Masoni di Gallura newsper le storie che ci racconta
Sono passati quasi due anni da dicembre 2015 quando, incuriosito più dal nome dell’allevamento che dal genere di animali di cui si occupava, ho incontratoBartolomeo Addis, 51 anni, un lavoro da vetraio alle spalle per circa 25 annie da qualche anno alle prese con deglianimali straordinari, a torto assimilati a semplici essere viventi non certo annoverati tra quelli esaltati per intelligenza o per capacità di interagire con l’essere umano.“La gallina – diceva quella canzoncina – non è un animale intelligente, lo capisci da come guarda la gente”.
Bartolomeo Addis con un bellissimo esemplare di gallo.
.« Posso assicurati– dice Bartolomeo –che non c’è nulla di più sbagliato. Sono sensibili e intelligenti, ti riconoscono e se dai loro amore, te lo ricambiano fidandoti di te».Dice questo mentre prende in braccio Rufus, il suo preferito tra i galli e che accarezza come un cagnolino. L’immagine che ne ricevo è quella diempatia tra lui e il suo allevamento, un trasporto totale che lo porta a trascorrervi anche 13 ore al giorno tra i suoi animali a due zampe senza sentire fatica né il peso delle cure maniacali che pone verso di essi, un misto traavvertirne la responsabilità ed assecondarne l’indole, quella che li vuole liberi e sempre in grandi spazi.« Pensa alla tristezza dei loro simili allevati in batteria, senza possibilità di conoscere lo stato brado dove loro si esaltano e riescono a vivere senza mai litigare, lo spazio è fondamentale per farli vivere al meglio. Io non intervengo nella loro fisiologia e nel loro ciclo naturale, danno le uova che devono e non quelle che potrebbero darmi. Questo significa guadagnarci meno ma per me è un valore altissimo perché ne rispetto la loro vera natura. Qui la chimica non entra, qui i rimedi quando stanno male sono naturali, tutto è legato a cure con prodotti naturali e ad alimentazione non OGM».
L’ingresso dell’allevamento La Piuma Dorata, Ci si arriva percorrendo la strada per Calangianus,dopo il Time Out, a sinistra nella discesa di Parapinta.
Oggi Bartolomeo ha nuovi esemplari, la sua ricerca di novità è continua, avrà presto nuove specie oltre
qu
elle che mostra nel video, con qualche assoluta bellezza di cui vuole però mantenere il riserbo. L’entusiasmo è la prima cosa che leggi nelle sue parole, sempre precise e frutto di anni di studio e di conoscenza del mondo di questi animali. Preparato e professionale, come piace a lui, mai arrogante e pronto anche ad ascoltare allevatori esperti che conosce in Sardegna e con cui mantiene contatti continui e scambio di animali ed informazioni.
Ha un suo sogno che manifesta nell’intervista video ma che sottoscrivo perché penso possa essere un ottimo tramplino di lancio per questo genere di allevamento.
« Si, ti confesso che mi piacerebbe organizzare una mostra di due giorni a Tempio di questi animali. Non sarei solo, verrebbero tanti colleghi anche da fuori. Il Parco delle Rimembranze che per due giorni si riempie di persone, bambini, scuole. Ammirare questi animali miei ma anche altri splendidi esemplari di altri allevatori bravissimi che ci stanno in Sardegna. Un progetto che ho e che spero di realizzare tra aprile e maggio del prossimo anno. Per quel che ho visto altrove, arrivano migliaia di persone e questo potrebbe essere una buona occasione di ossigeno per l’economia locale, temporaneo ma, credetemi, notevole».
Tutto nell’allevamento La Piuma Dorata ha un senso, anche quel dettaglio che a me sfugge ma che lui mi fa notare. Ha ricreato nelle sue voliere l’ambiente naturale per i suoi animali pregiati, quelli da esposizione, che per alcune ore della giornata, senza mai mischiare le razze, lascia liberi nei campi.
Gli animali sembrano obbedire docilmente alle sue parole, mai severe e sempre dolci come dev’essere in allevatori che amano quanto fanno. Ne esco arricchito, come la prima volta, perché dagli animali e da chi li ama hai sempre da imparare ed anche perché in un uomo come Bartolomeo hai la chiara impressione di leggerci chi sa trasfonderti esempi positivi, quelli che ti riconciliano con te stesso. In mezzo agli animali, nei ritmi scanditi dalla natura, quelli degli orari biologici, tutto ti fa apprezzare ancor di più la bellezza dell’amore da cui sei circondato. Grazie Bartolomeo!