8.3.18

si può ricopre un ruolo nella fotografia senza essere mai stati fotografi ? si la storia di Grazia Neri e della sua agenzia . ed quella di Pauline Fazzoli

https://it.wikipedia.org/wiki/Grazia_Neri
https://www.nikonschool.it/sguardi/88/Grazia-Neri.php

http://www.cinquantamila.it/storyTellerThread.php?threadId=NERI%20Grazia



non ho niente d'aggiungere ai soliti bala bla politicamente corretti ed istituzionali che come ogni anno si trovano sui media , ed in rete per ricordare l'8 marzo . Quinbdi piuttosto che  sparare  ....  fesserie per  essere originale     a  tutti  i  costi   .preferisco  raccontare   una storia  di donna  . Ecco quella  scelta  per   l'8  marzo di quest'anno .

La  protagonista  d'oggi   è  la  Photo agentMaria Grazia Casiraghi  Milano 16 marzo 1935.

Le news qui riprese sono tratte da   :
http://www.fotographiaonline.com/grazia-neri-1935/

Grazia Neri, in accostamento inviolabile, tanto da essere spesso pronunciato “grazianeri” senza separazione, è una delle figure più note e conosciute della fotografia italiana. Al culmine di precedenti esperienze professionali, distribuite sull’arco di dieci anni, nel 1996 fondò un’agenzia fotografica identificata con il suo nome, per l’appunto Agenzia Grazia Neri, che ha attraversato quattro decadi abbondanti, imponendosi come la più autorevole agenzia fotografica del nostro paese, fino alla chiusura, annunciata ufficialmente il 17 settembre 2009Grazia Neri è nata Maria Grazia Casiraghi, a Milano, il 16 marzo 1935.

Grazia Neri – La mia fotografia (Giangiacomo Feltrinelli Editore, 2013).

Figura di spicco della fotografia italiana, all’indomani della conclusione della esperienza della agenzia fotogiornalistica identificata dalla sua personalità, Grazia Neri si è raccontata in una avvincente e appassionante biografia: La mia fotografia, pubblicata da Giangiacomo Feltrinelli Editore, nel 2013 (460 pagine 14x22cm).
A tutti gli effetti, non si tratta di una consueta sequenza cronologica, ma -molto più concretamente- di una lettura appassionante, che coinvolge coloro i quali frequentano la fotografia in una esistenza completamente vissuta con la sua espressività di più alto livello: da cui, riflessioni, considerazioni e testimonianze conseguenti.

Grazia Neri con gli emblemi dell’onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana (Fotografia di Lello Piazza).

 e  da  a  http://www.cosebellemagazine.it/grazia-neri-fotografia/
Grazia Neri, il mondo della fotografia e noi donne
di Elisa Sola


Grazia Neri, famosa per aver dato il nome e l’anima nel 1966 alla prima agenzia di fotografia fondata in Italia, ha scritto un libro – titolo, La mia fotografia – per raccontare di sé e del suo mondo, e anche un po’ del nostro.
Ho aperto questo libro e ho ritrovato mia madre, mia nonna, l’altra nonna, quella con le camicie col fiocco che ho sempre detestato – non le camicie, lei. E ora invece le camice le compro, le indosso, fanno sì mi dicano che mi vesto “sempre bene” anche se non é vero, e che ci sia un po’ di lei. Com’è successo? È successo riprendendo in mano le fotografie, ritrovando gli occhi, le case, le pieghe dei vestiti, i profumi.
Ho ritrovato in queste pagine anche quel magone a metà gola che Grazia Neri descrive bene, quando pensi non sono all’altezza, faccio errori che non vorrei ma non so evitare, ma che ho scritto su questo messaggio whatsapp, non ce la faccio. Le volte in cui prima o dopo un appuntamento con qualcuno in cui brillano gli occhi, o dopo un colloquio di lavoro andato bene, ho pensato ma come hanno fatto a pensare di scegliere proprio me, mi sono comportata così da stupida.
In un libro ritrovare il racconto di una vita e quindi anche gli ostacoli, le sfide, i sorrisi e un caleidoscopio di incontri, nomi, storie nella Storia, strumenti per raccontare il mondo, la guerra, il quotidiano, la cronaca, la vita di tutti i giorni e persino la moda. Fino ad internet, il digitale e il copyright.
Risultati immagini per grazia neri
 Grazia Neri (Ritratto di Ruy Teixeira)  d  
Grazia Neri e la sua agenzia. Un’agenzia nata in uno studio di 50 metri quadri che alla fine si ritrova con uno spazio di mille. Trova il modo di assumere i collaboratori, di raccontarne la persona e il lavoro, con lo sguardo preciso, accogliente, affettuoso. Grazia Neri che è una donna, anzi lo è diventata. È stata una bambina che perde il padre e che vive la guerra, i bombardamenti e le mancanze: il dolore come lo si vive da piccoli, senza bisogno di proteggersi ma nel tentativo dolcissimo di proteggere gli altri, soprattutto sua madre. Una madre magrissima e bella che la porta al bar il sabato, che si cura di lei e di sé ma si preoccupa perché legge troppo. E poi la passione per la Francia, il primo lavoro, e un posto come giornalista rifiutato tra le proteste, fino alla decisione un po’ folle ma perfetta – come quasi tutte le decisioni folli, prese con un caro amico, di quelli che non ti mollano mai e ti sanno dire le cose anche come sberle quando serve – di aprire un’agenzia di fotografia, di entrare in un mondo allora prettamente maschile, di vendere foto e rappresentare i fotografi con la convinzione che sia una professione da trattare con amore, da scoprire, e presentare, da rendere accessibile.
E diventa la donna che è, e che dà molte opportunità alle altre donne: le assume, le rappresenta, le vive come amiche, ne crea le icone, ma senza mai perdere la libertà di essere prima di tutto Grazia Neri. Una persona, una madre, una moglie, una figlia, un’amica e una professionista. Senza bisogno di rivendicare ogni secondo l’essere femminile, senza chiudersi in una gabbia. Leggi il libro ed è chiaramente scritto da una lei, per lo sguardo, per la maternità con la quale racconta gli altri e se stessa, l’amore, gli amici, e anche gli errori e le cadute, i lutti o i confronti duri che lasciano segni. Ma non dice mai «sono stata la prima ad aver aperto un’agenzia di fotografia in Italia», non è il punto, non è il senso, sembra non interessarle per nulla ad essere sinceri. Racconta solo la sua vita, la pazza idea di lanciarsi in un’attività allora molto meno ossessionante di ora, meno accessibile, senza regole, e di farlo senza una lira, come scrive e sembra vederne il sorriso.
Grazia Neri non scrive un racconto, ma dedica singoli capitoli alla sua storia, alle persone del cuore, ai fotografi e ai temi che l’hanno colpita durante gli anni. Come evolve il mondo della fotografia nel raccontare il mondo vero, quello dei conflitti, della violenza, dell’Italia, della cronaca – un capitolo a sé parla dei reporter di guerra, di come riescano a non perdere la speranza e la fiducia (stupita che non diventino cinici e disillusi) pur avendo documentato gli orrori, il peggio che il genere umano più mostrare di sé. E di una loro paura: che il loro lavoro duro possa perdere autenticità, venire strumentalizzato e perdere senso. Ma parla anche del mondo finto dei vip, dei personaggi famosi, delle vite pubbliche e degli scoop giornalistici, delle cose piccole e ordinarie.
Pensandoci ora, nei nostri tempi nei quali un’immagine può diventare virale, può creare mostri o icone positive in poche ore, dove siamo tutti fotografi un po’ ossessionati dagli specchi, dai luoghi, dal dire sono qui, sono con. Epoca di velocità, connessioni e condivisioni, che fine hanno fatto i fotografi? Il lavoro del fotografo potrebbe sembrare diventato altro.
Invece nella storia di Grazia Neri, (che ci tiene a sottolineare di non essere mai stata una fotografa) si ritrova il senso che la fotografia può e sa avere anche oggi, quando racconta eventi e persone, va a cercare, scava, documenta e seziona, ci costringe a guardare o ci da il piacere di scoprire.
E il ruolo che una donna può avere, forse “deve” avere. Un po’ meno ossessionate da come e cosa dobbiamo essere, ma solo molto vive. Libere di non dover rivendicare ogni secondo di poter o non poter fare qualcosa, ma solo di provare a farle, e di alzare la voce per chi non può.



Pauline Fazzioli

Pauline Fazzioli


suona dal 2001 nella Celtic Harp Orchestra di Fabius Constable, con cui ha tenuto centinaia di concerti, in Italia e all'estero.
Ha studiato per tre anni arpa classica al Conservatorio G. Verdi di Como, con il M° E. Gattoni.
Il desiderio di utilizzare la musica come forma di comunicazione empatica, la porta a specializzarsi in Arpaterapia presso il Centro di Ricerca musicoterapica Arpamagica (Milano).
Si interessa di visualizzazione creativa, PNL e di rilassamento fin dall'adolescenza.
Al momento lavora in mezzo alle arpe tutti i giorni, come Assistant Manager presso Arpitalia.
Nel 2016 riceve il primo livello di Komyo Reiki.


ulteriori informazioni  https://www.facebook.com/pauline.fazzioli




8 marzo c'è poco da festeggiare .

  canzone    consigliata :
  preferisco   cosi  -  Altre latitudini Gio' Maria testa  

Infatti non so  cosa dire  oltre  questa  vignetta 
Nessun testo alternativo automatico disponibile.  piuttosto che dire  le  solite  frasi   retoriche  e  di circostanza    preferisco  lasciarle  parlare  le  donne      che   hanno 



P.s
non  vuol  dire  che   me ne  freghi  \ disenteressi   di  ciò  .  Ma   quando  non  si  ha  niente  d'originale da  dire   è meglio lasciare la parola    a  chi  ha  più  esperienza  e conoscienza   di   ciò . 

  quindi   vi  lascio    con questo post     della nostra  utente  Daniela  Tuscano 

Il Tulipano - Il Web Magazine Indipendente scritto dal Popolo
Pubblicato da Daniela Tuscano · 7 h · 


Antonietta Gargiulo è uscita dal coma a ridosso dell'8 marzo. Ancora non sa che è sola, noi sappiamo che non deve rimanere sola. È un imperativo, un dovere morale. Abbiamo permesso accadesse la devastazione, ora non si tratta di riparare, bensì di risorgere.
Matilda Borin è morta a 22 mesi. Uccisa da un calcio senza padrone, un calcio vagante, buttato là, perché i piedi sono lo scarto, la noncuranza e il tedio. Uccisa perché piangeva, faceva casino, esisteva con la sua prorompenza di bimba. Matilda, bellissima e disgraziata, era piovuta da un sogno di cui nessuno ha colto la soave fralezza.




Pamela e Jessica, assieme ad Antonietta, sono questo 8 marzo, e ormai bastano i loro nomi. Per le donne. Tutto il resto è bassa strumentalizzazione, antirazzismo da operetta, rivalse da maschi feroci. La giustizia, adesso, reca quei volti biondi, brevi d'esistenza.
Rokhaya Mbengue è la meno conosciuta, anch'essa sola ma destinata a rimanere oscura. Le avevano ammazzato il marito, le hanno ucciso il compagno. Non so da cosa fuggisse, ma non ha avuto scampo. S'è trovata in una procella d'odio atavico, al centro d'un altro regolamento di conti, tutto al maschile. Perdendo l'unico uomo innocente che le camminava accanto, inconsapevole, dallo sguardo lento.
8 marzo sono le donne siriane sotto le bombe: madri, mogli, donne solitarie, che i visi li hanno, e i nomi li han persi. Noi vorremmo comunicar loro vicinanza e affetto, e forse non serve ma tacere è un crimine.
Rebecca Bitrus invece ha riassunto tutto: il rapimento da parte dei Boko Haram, il martirio del figlioletto, lo stupro, la fuga, il perdono degli aguzzini. E un bambino nato da quella violenza, che, con la sua innocente scaturigine, è diventato per lei una nuova luce. Rebecca ha saputo amarsi ancora, perché confidava in Dio e ha trovato al suo fianco amici veri. Ma le rimane negli occhi vellutati un filo sospeso, una domanda inespressa: fino a quando potrà esser tollerato lo strazio della creazione?
                                             © Daniela Tuscano


7.3.18

SASSARI, UNA VITA DIETRO AL VOLANTE nel suo taxi star e criminali


ne  deve aver  vissuto  di storie    il taxista  Antonio Ruzzeddu     che giuda   da 33 anni ma ama il suo “mestieraccio”. Nel cuore il ricordo di una corsa speciale: «Che emozione l’incontro con la Fracci» 
                                            
  da la  nuova sardegna del 5\3\2018

di Luca Fiori

SASSARI. Una gelida notte di dicembre di 14 anni fa dal suo taxi fermo davanti a un hotel del centro di Sassari, scese una donna esile, avvolta in un cappotto bianco, che lo lasciò senza parole. Con un piccolo gesto quella donna elegantissima e minuta gli regalò una ragione in più per amare quel «mestieraccio» senza orari e con tanti disagi, che dopo 33 anni non lo ha ancora stancato. Un lavoro ereditato a 21 anni da suo padre Aldo, classe 1932, tra i primissimi tassisti della storia della città.




«Signor Ruzzeddu, lei è sposato?» chiese quella donna infreddolita ma dai modi gentili, lasciando perplesso il tassista, a cui nessun cliente fino a quella notte aveva mai rivolto una domanda simile.
«Benissimo - sorrise la donna prima di infilarsi nella hall dell’albergo - quelle rose rosse che ha messo nel bagagliaio mi farebbe piacere se le tenesse lei. Ora faccia come le dico, torni a casa in silenzio, entri in punta di piedi in camera da letto - si raccomandò quella signora gentile - e senza svegliare sua moglie le poggi sul comò. Domani mattina quando la sua signora aprirà gli occhi e le sorriderà - gli disse quella passeggera speciale prima di salutarlo e ringraziarlo - vedrà che sarà felice di aver fatto tardi per colpa mia stanotte».
Quella donna dai modi gentili, avvolta in un cappotto bianco, era Carla Fracci, una delle più grandi ballerine che l’Italia abbia mai avuto. Antonio Ruzzeddu, sassarese di 54 anni, l’aveva riportata in albergo dopo lo spettacolo al teatro Verdi e l’artista lo ricompensò per la sua gentilezza con il più grande dei numerosi mazzi di fiori che quella sera i sassaresi le portarono in camerino. «In 33 anni di carriera al volante per le strade della città - racconta Antonio Ruzzeddu, conosciuto da tutti come “Lello” - ho visto e conosciuto persone di tutti i tipi, ma l’emozione di quella notte è uno dei ricordi più dolci di tutti questi anni». E dal 20 luglio del 1985 quando suo padre, dopo 32 anni di lavoro, gli consegnò la licenza e le chiavi del taxi e gli augurò buona fortuna, Lello ha visto veramente di tutto. In tanti anni ha aperto la portiera a grandi artisti, politici, prostitute, corrieri della droga, normali cittadini e in più di un’occasione a donne con il pancione che hanno rotto le acque proprio sulla pelle nera dei suoi sedili.
«Mi è capitato anche qualche brutto episodio - ammette Lello - una notte mentre guidavo mi ritrovai una lama puntata su un fianco. Era un criminale che era salito a bordo in porta Sant’Antonio - racconta il tassista - e poco prima di arrivare nel punto concordato tirò fuori un coltello, mi ordinò di fermarmi e poi saltò fuori dalla macchina e se la diede a gambe levate». Antonio Ruzzeddu è una dei 35 tassisti in possesso della licenza rilasciata dal Comune. In 27 fanno parte della Cooperativa taxi Sassari Service, mentre gli altri 8 (compreso Ruzzeddu) lavorano in proprio. Per mettersi alla guida di un taxi è necessario sostenere un esame e ottenere il cosiddetto Kb, il certificato di abilitazione professionale rilasciato dalla Motorizzazione civile. A Sassari il numero delle licenze è bloccato dal 1969, quando il Comune ne concesse 10 nuove che andarono ad aggiungersi alle 25 che già esistevano da un pezzo. «Una di quelle 25 - racconta con orgoglio Lello Ruzzeddu - era di mio padre Aldo». I primi veri taxi comparvero in città nel 1953 e fino ad allora il trasporto pubblico era affidato alle carrozze.




«In quegli anni - racconta Lello Ruzzeddu - il taxi lo utilizzavano le famiglia della “Sassari bene”, i giudici, i notai e l’alta borghesia». I benestanti della città oltre a utilizzare i taxi per accompagnare i figli a scuola erano soliti contattare i tassisti in occasione di matrimoni e battesimi, perché all’epoca quasi nessuno possedeva un’automobile. Dal centro della città gli invitati venivano accompagnati nei ristoranti di Ernesto a Platamona o da Fofò a Castelsardo e poi riportati a Sassari a festa conclusa. Erano i tempi i cui una corsa semplice in città costava tra le 5 e le 10 lire. Oggi per una trasporto all’interno della cinta urbana si spendono in media una decina di euro, mentre per un viaggio dal centro fino all’aeroporto di Alghero ne occorrono 39. «Quando iniziai a fare questo lavoro nel 1985 - racconta Lello - avevo appena 21 anni, ma notai subito che la nostra categoria aveva bisogno di mettersi al passo coi tempi». Le chiamate arrivavano per tutti a una “colonnina a terra” situata accanto alle stazioni di “fermata”, le più importanti erano in piazza Castello e all’Emiciclo Garibaldi. I telefoni cellulari ancora non esistevano, ma quando nel 1992 comparvero sul mercato, il giovane Lello che tre anni prima era diventato presidente di categoria, capì che l’occasione era da cogliere al volo. «Pagai tre milioni e mezzo di lire - racconta il tassista - e fui il primo in città a installare un telefono veicolare sul mio taxi». I colleghi anziani inizialmente lo guardarono come un marziano, ma piano piano tutti dovettero adeguarsi. Ma qual è il segreto per continuare dopo tanti anni ad amare ancora un lavoro che ti costringe a stare sempre in giro e ad accontentare i clienti? «L’incontro con persone nuove ogni giorno - spiega Lello - continua ad affascinarmi. Da parte mia continuo a metterci l’impegno e la professionalità che ho imparato da mio padre - spiega - e naturalmente una pulizia maniacale del mio taxi». Eppure molta gente vi guarda con sospetto, perché? «Non saprei - conclude Ruzzeddu - sono tantissimi anche quelli che ci ringraziano e ci lasciano la mancia». Per non parlare di chi si spinge fino a regalare al tassista un mazzo di rose rosse, ma quella è tutta un’altra storia.


Futuriste al Man di Nuoro: le artiste che sconfissero la misoginia del Movimento Dal 9 marzo fino al 10 giugno 2018,

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http://www.iltempo.it/cultura-spettacoli/2009/03/07/news/tante-odiate-e-ammirate-br-le-donne-del-futurismo-57001/
http://www.museoman.it/it/index.html



Futuriste al Man di Nuoro: le artiste che sconfissero la misoginia del Movimento

Dal 9 marzo fino al 10 giugno 2018, 100 opere raccolte sulfilo rosso del Manifeste de la Femme Futuriste

07 marzo 2018



Valentine de Saint Point

NUORO. E' dedicato alle donne che riuscirono a trovare spazio in un movimento programmaticamente misogino come il Futurismo la mostra «L'elica e la luce. Le futuriste. 1912_1944», al Man dal 9 marzo al 10 giugno 2018.
Attraverso oltre 100 opere fra dipinti, sculture, carte, tessuti, maquette teatrali e oggetti d'arte applicata, l'esposizione prende le mosse dal Manifeste de la Femme futuriste (1912) di Valentine de Saint-Point, e documenta l'operato di artiste e intellettuali di primo piano nella ricerca estetica d'inizio secolo.




sorprese del mare Australia, il mare restituisce il più antico messaggio in bottiglia della storia: risale al 1886

ecco la mia  hit 
 Lucio Dalla - Come è profondo il mare da(Live@RSI 1978) - Il meglio della musica Italiana
Francesco De Gregori - Mira mare
Fossati De André De Gregori - Questi posti davanti al mare
Creuza -de- ma Fabrizio De Andrè



L'oceano lo ha conservato per 132 anni, poi lo ha fatto riemergere e consegnato su una spiaggia dell'Australia occidentale. Quello trovato da una famiglia di Perth durante una passeggiata è il più antico messaggio in bottiglia mai scoperto finora. Si tratta di un foglio datato 12 giugno 1886 e affidato al mare da una nave tedesca, la Paula, salpata da Cardiff e diretta in quel periodo a Makassar, in Indonesia.
"Una ricerca d'archivio in Germania ha trovato il Giornale di bordo originale della nave Paula, nel quale c'è una nota del 12 giugno 1886 scritta dal capitano che registra il fatto che una bottiglia era stata gettata in mare, alla deriva. La data e le coordinate corrispondono esattamente a quelle sul messaggio della bottiglia", ha affermato il dottor Ross Anderson, del Western Australian Museum.
Il ritrovamento ha una rilevanza da guinness: finora, il il tempo più ampio trascorso tra il lancio e il ritrovamento di un messaggio in una bottiglia era di 108 anni. La famiglia Illman - protagonista dello storico recupero - non aveva capito cosa gli fosse capitato tra le mani. Erano solo incuriositi dalla bottiglia dalla forma strana. Poi hanno visto il messaggio, che era anche bagnato. Per asciugarlo lo hanno messo nel forno, per cinque minuti. "Quando lo abbiamo srotolato, ho visto un messaggio scritto a mano c
on una grafia minuta su un modello prestampato. Chiedeva al lettore di contattare il consolato tedesco", ha raccontato la signora Tonya Illman. Suo marito Kym - che è un fotografo professionista - ha effettuato ricerche sul web e ha scoperto che tra il 1864 e il 1933 l'Osservatorio navale tedesco ha compiuto un esperimento sulle rotte oceaniche. È scattata così la ricostruzione storica che ha permesso di individuare le origini del messaggio. La famiglia Illman ha ora prestato il messaggio al Western Australian Museum, dove resterà esposto al pubblico per i prossimi due anni assieme alla sua bottiglia.

6.3.18

fare dell'8 marzo una giornata contro le violenze sulla donna proprio come si fa il 25 novembre

femminicidio italia sotto media ueSiamo alle porte dell’8 marzo, vorrei ricordare a tutte le donne che pensano che questo giorno sia simbolo di trasgressione e divertimento che dietro questa data c’è una grande battaglia e una grande tragedia. Pensate prima di agire ........
Infatti  invece di fare il  25 novembre  giornata   sul femminicidio  \  violenza  sulle  donne   non potevano  farla l'8  marzo  ?

5.3.18

Professore ghanese insegna informatica senza il computer

Quando non si hanno abbastanza mezzi e risorse a disposizione bisogna rimboccarsi le maniche ed improvvisare . Ed è proprio cio' che , insieme al suo grande impegno, che Richard Appiah Akoto ed è un professore ghanese di 33 anni della Betenase Junior High School di Sekyedomase,  sta  facendo  .


da  https://www.gqitalia.it/news/2018/03/01/


Spiegare alla lavagna come funziona Microsoft Word disegnando la pagina del programma. Un insegnante ghanese ha postato su Twitter le immagini del proprio sforzo divenute rapidamente virali. Richard Appiah Akoto, 33, insegna informatica alla Betenase M/A Junior High School nella cittadina di Sekyedomase, a nord della seconda città del Ghana, Kumasi. Sul suo account con pseudonimo Owura Kwadwo Hottish, su Facebook e Twitter, ha caricato le foto della lezione in cui è impegnato a illustrare un “interfaccia di lavagna” non essendo disponibile in aula alcun computer per gli allievi 14-15enni. Le foto sono apparse smart ed esotiche, un documento di vita in una scuola rurale dell’Africa occidentale, ma anche molto ispiranti tanto che un’imprenditrice camerunense, Rebecca Enonchong, ha sollecitato aiuti. 


A stretto giro, Microsoft Africa ha annunciato l’invio dello strumento informatico ad Akoto per le sue lezioni. Benché “Owura Kwadwo Hottish” abbia il suo laptop, preferisce spiegare ai suoi allievi con la configurazione che troveranno all’esame finale, e col mouse, e non intende familiarizzarli con altri modelli che possano confonderli.
Ha comunque spiegato, riferisce Quartz, che la scuola avrebbe bisogno di 50 desktop.




Il messaggio è doventato talmente virale che

 [....]  Un post condiviso centinaia di volte e arrivato
fino alla bacheca dell’imprenditrice camerunense Rebecca Enonchong, che lo ha ripostato a sua volta su Twitter chiedendo l’aiuto di Microsoft.
Il colosso dell’informatica ha subito promesso di fare la sua parte, inviando un computer con i software necessari per superare l’esame. In realtà, come ha spiegato Richard Appiah Akoto a Quarz, di computer ne servirebbero 50 (uno ad alunno) ma, considerato il successo che sta riscuotendo la sua storia, il traguardo potrebbe essere vicino.  
  da  https://www.vanityfair.it/lifestyle/  più  precisamente  da  qui







Stati Uniti, sbaglia il canestro per non uguagliare il record di una leggenda

chiamatelo pure  sfigato o  mettevi ure  a ridere  ,   ma  secondo me   è una storiua  d'umiltà (  forse    estrema  )  ma  second me significativa  in un mondo pieno di squali e  di competizione  spesso frustante ed  inutile  


Un giocatore di basket negli Stati Uniti che ha scelto di non eguagliare un record di punti per non accostare il suo nome a quello di una leggenda della stessa squadra, morta anni prima. 

 

Servizio di Pierluigi Vito




4.3.18

Due fascisti che sfruttano la religione per ingannare la gente . Il primo , italiano , esibisce il rosario - Il secondo , turco , sventola il Corano. Qual è la differenza ?

L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono, telefono e barba seconda me nessuna

Al cimitero di Fucecchio (Firenze), Alfiero Menichetti, pensionato di 77 anni, ha preparato la propria tomba con foto, nome e anno di nascita.

da  http://iltirreno.gelocal.it/empoli/cronaca/2018/03/02/news/


La sua tomba è pronta, ma lui è ancora vivo: «Ho scelto la foto che mi piace»
La decisione di un pensionato che ha già fatto scrivere anche la data di nascita: «Così non gravo sui familiari. Non è scaramanzia, tanto prima o poi arriva...»

di Marco Sabia


C'è la tomba, ma lui è ancora vivo. La scelta di AlfieroAl cimitero di Fucecchio (Firenze), Alfiero Menichetti, pensionato di 77 anni, ha preparato la propria tomba con foto, nome e anno di nascita. "Così non gravo sui miei familiari e avrò la foto che voglio io". L'articolo

FUCECCHIO. I piccoli paesi – spesso – celano storie curiose, che rimangono nascoste agli occhi di chi non conosce questi lembi di terra. Fucecchio, crocevia della Francigena e ultimo bastione della fiorentinità al confine con le lande pisane, da questo punto di vista non manca mai di offrire storie e aneddoti.Nella terra dei Montanelli (Giuseppe Indro), del Palio e del Padule, può accadere infatti che qualcuno faccia una scelta che va decisamente controcorrente, che a raccontarla si stenta a crederci, per quanto è particolare e rara. Al cimitero comunale, non molto lontano dalla cappella che contiene le ceneri di Indro, c’è una tomba, per il momento vuota: sopra – e qui sta la specificità di questa vicenda – ci sono già la foto, il nome e la data di nascita del futuro occupante. Il quale, oggi, ha 77 anni e se la passa abbastanza bene, salvo qualche acciacco che a quest’età fa parte del gioco ma che a volte gli fa maledire dolori e malanni.
Alfiero Menichetti racconta con molta tranquillità e senza particolare enfasi per quale motivo ha deciso di anticipare una pratica che, al momento che il destino vorrà, sarebbe stata svolta da uno dei suoi familiari. D’altronde la “sua” tomba è nella cappella di famiglia e quindi è normale che pochi conoscano questa vicenda, perché la porta d’ingresso – di un vetro blu – è socchiusa. Per capire le motivazioni dietro una scelta del genere, c’era solo un modo, cioè parlare col diretto interessato. Che, legittimamente, avrebbe potuto dire che sono fatti suoi, perché la morte e l’approccio a quest’ultima impauriscono e allontanano. Menichetti, invece, con estrema serenità, spiega perché la “sua” tomba è già parzialmente completa. Lo fa sgombrando il campo da ogni discorso relativo alla superstizione, che con la paura della morte va spesso a braccetto: «In occasione del funerale di una zia ho deciso che avrei fatto anche la parte riguardante la mia tomba, scegliendomi la foto e mettendo nome e data di nascita. Non è un discorso di superstizione, perché tanto la morte prima o poi arriva per tutti. Certo, quando alcuni conoscenti hanno visto quello che avevo fatto, c’è chi mi ha dato ragione, chi no, magari facendo una battuta».


Alfiero, che oggi è un pensionato che vive da solo in una casa alle Botteghe, ne parla con tranquillità, lasciandosi andare anche a qualche sorriso; non ci vede chissà cosa, anche se poi ammette che è «una scelta che non tutti farebbero».
La foto che l’uomo ha scelto è di un matrimonio di qualche decennio fa, dove Menichetti sorride, con giacca e cravatta: «Certo, così facendo me la sono scelta io, non gravando sui miei familiari. Almeno avrò la foto che voglio io», aggiunge l’uomo, senza commentare oltre.
La tranquillità con cui racconta il tutto colpisce chi lo ascolta, in un mondo dove la morte (così come la malattia), diventa tabù. E parlarne diventa di conseguenza scomodo, pur essendo la morte una delle due tappe obbligate (insieme alla nascita), per chi vive su questa terra. Si può sperare – se si crede – che la vita terrena sia “soltanto” una tappa, ma
resta il fatto che alla morte non si scappa. Woody Allen, parlando proprio di questo, diceva: «Non è che ho paura di morire. È che non vorrei essere lì quando succede». Averne paura, in ogni caso, non serve ad evitare un appuntamento per tutti inevitabile. Per cui se ne può parlare con tranquillità, come fa Alfiero, che non si schernisce né si chiude a riccio. Pur essendo la sua scelta un qualcosa di giustamente intimo e personale, che non necessita di giudizi.

foibe viste da sinistra . intervista a Marco Barone

 
Nota, anche le immagini mentonoo vengono strumentalizzate  
La foto usata   per illustrare l’articolo è forse la più utilizzata per rappresentare il massacro delle foibe, si trova sul siti di Rai Storia ed è utilizzata nelle locandine di eventi commemorativi promossi dallo Stato. Tuttavia si tratta di un falso. Come ricostruito da Piero Purini, i fucilati sono slavi e non italiani, si tratta di cinque ostaggi sloveni uccisi da un plotone fascista. Abbiamo volutamente scelto di usare una foto falsa allo scopo di sottolineare quanto grande sia l’inganno che la retorica patriottarda ha ordito  e  continua  a farlo   su un tema così importante, e delicato, come quello delle foibe.  e  del confine  orientale  

1) tu parli in questo recente post http://xcolpevolex.blogspot.it/2018/02/dal-daspo-urbano-per-chi-offende-il.html in particolare : << [...] Il FVG ha le sue radici non solo latine ma anche slave, deve la sua specialità al friulano, al tedesco ed allo sloveno, cosa che si dimentica sempre. Ora, venendo all'attualità, dobbiamo fare i conti con gli effetti da un lato di una legge che ha strumentalizzato vicende complesse e mescolandole quale quella sul Giorno del Ricordo in merito alle questioni del confine orientale che per essere comprese andranno raccontate e analizzate almeno dall'inizio dell' 800, che per come concepita e usata andrebbe solo abrogata nella misura in cui ha favorito la negazione dei crimini compiuti in nome e per conto dell'Italia contro gli "slavi", ha favorito la riabilitazione di fascisti e nazisti nel momento in cui in modo indefinito, mescolandole con le vittime innocenti, si commemorano e onorano i "martiri delle foibe" visto che la maggior parte delle vittime una volta uccise e gettate nelle foibe furono nazifascisti e menzogne storiche assolute come la "pulizia etnica contro gli italiani". Atti e fatti che minano i rapporti internazionali tra l'Italia e l'Est, altro che FVG ponte verso l'Est. [....] >> della cancellazione della giornata del ricordo . Allora ti chiedo come bisognerebbe ricordare le foibe , l'esodo , l'instaurazione dei campi di concentramento di Tito ?

Nella domanda si mettono insieme tre fatti ed eventi storici diversi e non connessi tra di loro. Vanno ricordati nella giusta dimensione, una dimensione che deve partire come minimo dalla disgregazione dell’Impero Austro-Ungarico, ai 25 anni di occupazione italiana coincisi praticamente con il fascismo che porteranno a realizzare in questa zona di Europa un vero unicum che non ha conosciuto eguali e non sarà un caso che proprio a Trieste nel ‘38 verranno proclamate le leggi razziali perché de facto già anticipate contro “gli slavi” con loro vi erano state le prove generali di quella pulizia etnica che si scaglierà poi in particolar modo contro gli ebrei. Quando si parla di foibe si pensa, nell’immaginario collettivo a persone gettate vive per odio nazionalistico da parte dei comunisti “titini” come vengono chiamati gli aderenti alla Jugoslavia socialista, vincitrice nella seconda guerra mondiale al pari degli USA e dell’Inghilterra ad esempio. Sono state ingigantite a dismisura rispetto alla loro reale portata e pensando a quelle del ‘45, intendendosi episodi di giustizia sommaria, di rappresaglia o vendetta, che ha comportato uccisione prevalentemente di nazifascisti i cui corpi poi sono stati gettati in queste cavità carsiche naturali, sono conseguenze di una guerra atroce e vanno inquadrate in tale contesto. Di vittime innocenti sicuramente ve ne sono state, ma oggi quando si parla genericamente ed indistintamente dei “martiri delle foibe” si mettono insieme vittime innocenti e nazifascisti e ciò ha comportato la riabilitazione dei nazifascisti, senza dimenticare che alla fine della guerra ovunque si sono verificati casi diffusi e non isolati di “giustizia del popolo” di vendette in dimensioni similari a quelli di cui ora si discute, ma ciò non ha fatto notizia e non potrà fare notizia perché non funzionale al revisionismo storico ed a chi accecato da odio antislavo, anticomunista continua a professare menzogne strumentalizzando sofferenze famigliari per altri fini. I campi di concentramento di Tito? Immagino che fai riferimento agli episodi relativi alla rottura della Jugoslavia con Stalin. Fanno parte di una storia difficile, aspra dal punto di vista politico e vanno inquadrati come tali e nella loro dimensione, ci si deve interrogare perché alla morte di Tito la quasi totalità dei capi stranieri mondiali hanno partecipato al suo funerale, ivi incluso il Presidente della Repubblica italiana, se effettivamente era stato questo gran criminale come lo vorrebbero presentare alcuni. Anzi, come viene riconosciuto da tanti è grazie a Tito se si è evitata la terza guerra mondiale che nel mondo rischiava di avere la sua miccia proprio sulle vicende del confine orientale, e paradossalmente questa verrà evitata proprio con la rottura avvenuta con il regime di Stalin . Tito non era sicuramente un santo, di errori ne sono stati commessi, chi non ne compie? Di vittime innocenti ve ne saranno state, purtroppo, ma non si nota lo stesso fervore e la stessa attenzione verso i campi di concentramento italiani, di cui si è persa memoria ed anche traccia fisica perché salvo forse quello di Visco, sono stati letteralmente cancellati dalla faccia della terra. Ci si deve chiedere il perché? Visto che le dimensioni di quelli italiani sono stati ben superiori nella loro atrocità e portata rispetto a quelli incriminati in Jugoslavia.

2) Visto che nel vostro contro convegno a Torino il 10 febbraio è stato considerato , oltre le solite accuse idiote , revisionista e negazionista , inopportuno anche se su basi giuste perchè si mettono sullo stesso piano i morti creati dal fascismo e queli creati dopo l'8 settembre 1943 . Ora perché avete scelto proprio il 10 febbraio e non prima o dopo per celebrarlo ?
Perchè il 10 febbraio è il giorno in cui si parla delle più complesse vicende del confine orientale, ed è quello che facciamo ed abbiamo sempre fatto, come vuole quella legge istitutiva del Giorno sul Ricordo, che andrebbe solamente abrogata per i danni enormi che ha comportato in Italia in chiave di revisionismo storico, riabilitazione di nazifascismi e nazionalismi beceri e sentimenti antislavi.

3) come ricordare la complessa situazione dei confine orientale senza cadere né nel negazionismo fascista \ nazionalista né il quello comunista ?

Non so cosa sia il negazionismo comunista, so solo che esiste un documento chiuso nel cassetto da parte italiana ed invece pubblicato ad esempio sul sito dell’Ambasciata slovena in Italia, quello della commissione italo-slovena, composta da vari storici, che può essere una buona base di partenza per comprendere cosa è realmente successo e quali le reali responsabilità, cause e conseguenze. 

4) qualcosa d'aggiungere rettificare a quanto dice  quest'ottimo articolo  https://www.wumingfoundation.com/giap/2015/02/foibe-o-esodo-frequently-asked-questions-per-il-giornodelricordo/

E’ un buon post, che può essere utile per tutti coloro che non conoscono quanto successo nel Confine Orientale, soprattutto nella società di oggi dove le informazioni passano prima di tutto tramite la rete. Qualcosa da aggiungere? Direi di no visto che ci sono 24 punti scritti da un figlio di un esule istriano, poi ci sono commenti ragionati, come sempre accade su GIAP diventato il sito di riferimento per una comunità enorme e che cresce ogni giorno in modo impressionante

Poi la  nostra   chi la  nostra  chiaccherata  è  continuata  

IO  per negazionismo comunista intendo quando il pci ( ed in patrte molti continuo oggi ) definirono quelli che fuggivano da foibe , dittatura di tito , ecc come fascisti

Marco  Che gli italiani vennero in parte identificati come fascisti è vero perché fu lo stesso mussolini a dire che gli italiani erano fascisti e la presenza italiana in quelle terre è coincisa con il fascismo. Ma migliaia furono gli italiani che rimasero lí senza partecipate al processo emigratorio chiamato esodo e si inserirono bene nella nuova Jugoslavia così come furono tanti gli italiani che si aggregarono in Slovenia, Croazia ecc alla resistenza in loco e ancora oggi vengono ricordati con monumenti, cippi e cerimonie..

IO
vero l'ultima parte . cosi e cosi la prima in quanto durante una dittatura è impossibile discernere chi vi aderi per coerenza o chi non ( paura , opportunismo , tornaconto personale ) e chi vi aderiri acriticamente o criticamente . Eil falso mito della "vendetta contro i fascisti", che viene tuttora perpetuato, in alcuni ambiti, anche in senso riduzionista: non si negano dei massacri ma si tende a ridimensionare il fenomeno.Perchè come giustamente   si  nota   la situazione de cnfine orientale è complessa . sopratutto le foibe . è riduttivo vedere queste ultime solo come il falso mito della "vendetta contro i fascisti", che viene tuttora perpetuato, in alcuni ambiti, anche in senso riduzionista: non si negano dei massacri ma si tende a ridimensionare il fenomeno.. che certamente ci fu . . ma : << ( ... L’arrivo delle truppe dell’Armata popolare jugoslava in Istria, nel goriziano e a Trieste portò a violente repressioni, epurazioni, e rese dei conti. Le repressioni colpirono persino esponenti del Comitato di Liberazione italiano, ovvero ideali alleati nella lotta antifascista. Ma il nascente regime titino doveva fare tabula rasa di nemici e alleati scomodi, tutti etichettati come “nemici del popolo“.(...) Si trattò essenzialmente di collaborazionisti del regime: podestà, amministratori, giudici, carabinieri, militari e paramilitari ma anche civili accusati di essere spie o collaborazionisti. Non solo italiani, però. Finirono nelle foibe anche quegli sloveni e croati che appoggiarono il regime fascista italiano o quello ustascia in Croazia. Non è da escludere che a venire infoibati fossero anche persone poco o nulla complici dei crimini del regime, ma – come sottolineato prima – il periodo di terrore aveva esacerbato gli animi portando ad associare tutti gli italiani con il fascismo.(...) >>da
http://www.eastjournal.net/archives/70115 e poi furono anche gli slavi in izialmente gente comune esaperata dalla politica d'italianizzazione forzata e di terrore fascista 194\1\3  E poi  le forze titine . Bastava essere anche essere sospettato d'essere fascista o semplicemente contratrio a tito . Non credo sia bello che due vengano catturate , legate insieme , uno ucciso con un colpo alla nuca , e che quell'altro vivo finisca gettato in sieme a quello morto

3.3.18

Facebook ha un problema con i "Negri" (di cognome) Attivista politica oscurata per un giorno a causa di un vecchio post su Toni Negri, confuso con i "negri"



FERRARA. Passano gli anni, eppure basta un vecchio post su Toni Negri (con la "N" maiuscola) per bloccare l'attività social di Elisa Corridoni, storica attivista ferrarese del partito di Rifondazione comunista, impegnata in questo giorni per la campagna elettorale di Potere al Popolo. Un giorno di oscuramento su Facebook andando a ripescare chissà come una frase per l'appunto legata a Toni Negri.Infatti  negli ultimi giorni il social dei social si è dimostrato un po' troppo zelante con le segnalazioni degli utenti per razzismo, tanto da sospendere due militanti della sinistra radicale per aver scritto la parola "negri". Peccato che Mauro Vanetti candidato con "Sinistra rivoluzionaria" a Pavia aveva citato la poetessa Ada Negri, mentre Elisa Corridoni di Potere al Popolo di Ferrara era incappata in una conversazione sul "cattivo maestro" Toni Negri

«Sembra una barzelletta ma la realtà supera la fantasia: Facebook mi ha bloccata per due giorni per un contenuto nel quale ho scritto la parola "negri"; peccato che parlassi di Toni Negri... - così la Corridoni, della segreteria nazionale di Rifondazione comunista ed esponente di Potere al Popolo -. Per noi che siamo un partito piccolo e senza risorse non avere accesso a Facebook, che poi è anche il mio lavoro, visto che mi occupo di social media managing, è un danno gravissimo ed è imbarazzante assistere a questa escalation di errori da parte di questo social. Ci auguriamo che facciano al più presto chiarezza e che elaborino una strategia più efficace per censurare davvero i contenuti razzisti e xenofobi e non colpire invece chi lotta contro le discriminazioni».
E va aggiunto che proprio fino a martedì, infatti, era stato il segretario di Rifondazione, Maurizio Acerbo, anch'egli candidato di Potere al Popolo, ad avere l'account Facebook bloccato per un suo contenuto su #Marx e antirazzismo.

Care donne parlamentari non è solo linguaggio dei media e di certi uomini fra le cause del femminicidio ma anche anche leggi scritte a ......

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Quindi andate oltre a  questo enunciato
(....)  «Bisogna aiutare le donne a denunciare, a superare la vergogna, ad avere fiducia nelle forze dell'ordine e nella giustizia, ma occorre che le donne siano accolte, aiutate, protette. Devono essere rapide le udienze per la revoca del porto d'armi o i provvedimenti di sequestro delle armi nelle case. Questa non è una battaglia delle donne, è una battaglia della società tutta. Abbiamo bisogno che i nostri padri, fratelli, mariti e amici ci aiutino a fermare i violenti. Ma serve anche rafforzare i presidi psicologici, i presidi psichiatrici sui territori , ancora fanalino di coda del SSR. Dobbiamo immaginare anche un diverso supporto psicologico alla coppia e alla famiglia , dobbiamo insomma mettere in campo una vera e propria rete su tutto il territorio nazionale per prevenire, curare e fermare questo orrendo femminicidio».  (  ...    estratto da  qui   ) 
che   si contiene delle  cose  giuste   da  fare   ed intrapendere per   combattere tale  piaga. Ma se  ad esso non seguono fatti    fiisce  come   sempre   cioè nei bala  bala   ed  inutili che  trovano    il tempo che  trovano    ma che      sono  buoni  solo   ad essser  rispolverati       davanti   al prossimo  caso di femminicidio  .
Quindo  , care  paarlamentari  ,  battetevi  (  o se  proprio   il patriarcato  è troppo forte    prendete  voi delle inizative  in merito  e  poponete  anche  voi   una legge  )   pere leggi  ( ed  ovviamente  farle applicare  )   fatte  bene  e   non scritte  ... con i piedi  come il video riportato sopra











la chiesa prointa ad un passo indietro sull'ora direligione a scuola

   Per qualcuno era una noia mortale, un’imposizione statale   e  poi  dei genitori in un’Italia, quella degli anni precedenti  al  rinovo  ...