11.4.18

A Lucca c'è una produzione di tè alle camelie che piace anche al maharaja

Inizialmente  ,  dal punt di vista   economico ed  ideologico   , le nicchie  ed  i  suoi prodotti  venivano  mal  visti  (  e vengono tutt'ora mal visti  con derisione    )  e considerati arrettratti o privilegio   in quanto  il termine  nicchia

In economia la nicchia è una parte di mercato che la concorrenza non ha ancora raggiunto, o che essa ha parzialmente occupato, ma in maniera tale da non venire incontro soddisfacentemente alla domanda.Può consistere in una parte di clientela, oppure in un determinato tipo di prodotti. Le nicchie sono in genere degli spazi piccoli, spesso ricercati da piccole imprese. Dati i costi fissi e le dimensioni modeste di una nicchia di mercato, non è detto che la sua conquista comporti la necessaria redditività.

Ma  dietro  d'essa si  nascondono grandi storie  ,  valorizzazione   del territorio  , rispetto  del ambiente  ,  economia  non invasiva,  ma soprattutto  è una  risposta  ( o  al massimo  un tentativo )  :  << pensare  globale  agire  locale  >> .Questa  è la  storia  di un the particolare   creato in Italia      da Guido cattolica   . Infatti  in tutto sono 2.500, organizzate in quattro "prode" e ogni anno producono circa quattordici chili di tè. Di solito il primo raccolto si effettua ai primi di maggio. Cattolica si occupa della coltivazione, del raccolto, della lavorazione e del confezionamento e le quattro tipologie di tè da lui prodotte - bianco, verde, oolong e nero - sono acquistabili solo nella sua tenuta di Sant'Andrea di Compito o durante la mostra delle camelie .
 La storia      d'oggi  presa  da  http://iltirreno.gelocal.it/lucca/cronaca/2018/04/08/news/



A Lucca c'è una produzione di tè alle camelie che piace anche al maharaja

Tanti i personaggi noti che hanno visitato la meravigliosa Antica Chiusa Borrini, immersa tra le colline del Compitese in Lucchesia.A prendersi cura di questa piccola azienda Guido Cattolica, 63 anni, scarponi ai piedi e sguardo gentile: è lui il “signore delle Camelie”, l’uomo che dedica la sua vita alla cura di questo delicato fiore e alla sua piccola piantagione di tè. Anche Ratzinger beve il suo infuso
                       





LUCCA. 
«Salve signora, sa dov’è la tenuta dove si coltiva il tè? ». «Forse si passa da quel cancello – risponde lei dubbiosa – ma non ne sono mica tanto sicura». Eppure questa piantagione che profuma di miracoloso, immersa tra le colline del Compitese in Lucchesia, da anni è diventata meta ambitissima, frequentata da personaggi noti e soprattutto da importanti cultori del tè provenienti da tutto il mondo. La prima volta che un maharaja si presentò nell’antica chiusa Borrini di Sant’Andrea di Compito, in quel piccolo scrigno pitturato dalle camelie che è il regno incantato di Guido Cattolica, era il 1995; arrivò nell’angusta via della Torre a bordo di una Rolls-Royce per conoscere di persona l’uomo che era riuscito in quella che è un’impresa eccezionale, almeno qui in Italia: è l’unico agronomo che è stato capace di “isolare” una pianta tanto forte e resistente in grado non solo di sopportare temperature rigide ma anche di produrre del tè


L'agronomo Guido Cattolica è l'unico in Italia ad essere riuscito a isolare un ecotipo di tè in grado di resistere alle temperature rigide che d'inverno, a Sant'Andrea di Compito, in Lucchesia, dove si trova la sua piantagione, raggiungono anche i dieci gradi sottozero (Video di Fiorenzo Sernacchioli)



Dopo il maharaja arrivarono l’ambasciatore del Canada, e poi Gerard Depardieu e Alain Delon: tutti volevano assaggiare il suo prelibato tè. Poi è stata la volta di Charlène Wittstock, moglie di Alberto di Monaco, appassionata di fiori e giardinaggio. «Prima io ero stato loro ospite a corte – svela quasi imbarazzato “l’uomo delle camelie” – e poi mi è venuta a trovare lei, Charlène». Nel 2010 è stata la volta del raja indiano Banerjee, proprietario di una piantagione di tè tra i più rinomati del Paese. Il tutto mentre in Vaticano Papa Ratzinger beveva una tazza del suo infuso e lo chef Gianfranco Vissani lo adoperava nella sua cucina. Dall’altra parte del cancello, ad accogliere questi ospiti eccellenti con semplicità autentica, c’è sempre stato Guido Cattolica, 63 anni, scarponi ai piedi e sguardo gentile: è lui il “signore delle Camelie”, l’uomo che dedica la sua vita alla cura di questo delicato fiore e alla sua piccola piantagione di tè da quando, nel 1987, decise che da quei due semi di Camellia sinensis raccolti quasi per caso all’orto botanico di Lucca sarebbe riuscito a ottenere davvero un raccolto.


Da quel giorno sono passati trent’anni e adesso quelle “piantine super resistenti” – ecotipo che Cattolica ha chiamato Sant’Andrea di Compito – sono diventate 2.500: all’anno in media producono 14 chili di tè dai quali Guido ottiene poi quattro tipologie diverse a seconda della lavorazione: bianco, verde, oolong e nero. Il suo tè è naturale, al 100% made in Italy e a chilometro zero dato che è possibile acquistarlo solo in loco e una volta all’anno durante la mostra delle Camelie. «Il quantitativo è sempre limitato – spiega – all’anno riesco a fare due o tre raccolti quindi non potrei commercializzarlo. Qualche anno fa mi proposero di acquistare la piantagione ma rifiutai perché non mi piacerebbe lavorare alle dipendenze di qualcuno. Il mio quindi è un prodotto di nicchia che faccio assaggiare a tutti i visitatori che mi vengono a trovare e che si può acquistare solo qui alla chiusa. Sono io che mi occupo di tutto, sia della raccolta che del confezionamento. Quest’anno la pianta è particolarmente “ferma” perché l’inverno è stato rigido e lungo ma comunque ne è uscita indenne».
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(Foto Sernacchioli e Il tè a Capannori/Facebook)


e 2.500 piantine di Cattolica infatti, sono state nel tempo “selezionate”: sono tutte state capaci di sopportare le basse temperature, che a Sant’Andrea, raggiungono anche i dieci gradi sottozero. E di dare vita a un “frutto” senza trattamenti chimici. «Di sicuro so che non c’è piantagione al mondo nella quale non vengano effettuati trattamenti crittogamici. Il mio tè invece è al naturale e può essere consumato anche dalle persone che hanno delle allergie anche perché io quando la pianta è malata non lo raccolgo». Qualche anno fa, con il suo tè oolong – che poi rivela, è anche il suo preferito – a un concorso ad Amburgo si è classificato dodicesimo su sessanta. «È stato un ottimo risultato: l’oolong si ottiene da un secondo raccolto che si sottopone a una fase intermedia detta di “rollatura”. Questa lavorazione dà origine a un tè semi ossidato che ha un retrogusto moscato. Anche al Raja indiano, Banerjee, questo tè era piaciuto molto e mi aveva dato dei consigli per esaltare ancora di più il retrogusto moscato».


Un successo, quello di Cattolica, che lui stesso però non ama esaltare tanto che i vari personaggi di spicco che in questi anni hanno apprezzato il suo tè vengono fuori tra una chiacchiera e l’altra, senza che lui mostri un particolare coinvolgimento. Ospiti da lui ci sono state delegazioni giapponesi ma anche personalità importanti del “mondo del tè” provenienti dal Belgio e dalla Francia, come la titolare della prestigiosa sala da tè di Parigi Mariage Frere e Olivier Scala, considerato uno dei più grandi esperti di tè a livello europeo. E la sua storia ha ispirato un romanzo francese di successo pubblicato nel 2002 che si intitola Assam e che ha vinto il premio letterario Renaudot, l’equivalente dei nostri Campiello o Strega. «Venne qui da me lo scrittore Gerard de Cortanze perché aveva saputo quello che ero riuscito a fare con il tè gli raccontai la mia storia. Lui la trovò interessante e decise di utilizzarla per scrivere un romanzo che diventerà anche un film». Le riprese sono cominciate e chissà che in questo modo la sua impresa riesca ad arrivare, finalmente, anche ai vicini di casa.
Info. Ulteriori informazioni sulla pagina Facebook “ Il tè a Capannori ”. L’antica chiusa Borrini si trova in via della Torre a Sant’Andrea di Compito. Il costo di una confezione di tè, che contiene tre “filtri”, va dai 6 agli 8 euro. Un "filtro" è utilizzabile con 250 ml di acqua, dose sufficiente per quattro tazze di tè. Essendo totalmente naturale e privo di un involucro, le stesse foglie del tè possono essere utilizzate anche due volte.


Nell'Antica Chiusa Borrini si può passeggiare e ammirare centinaia di varietà diverse di camelie, tutte ''ottenute'' dall'agronomo Guido Cattolica. Ed impossibile non rimanere incuriositi dai nomi che l'uomo ha attribuito alle piante: due sono dedicate ai suoi genitori, un'altra al suo cane. E poi spazio anche agli appellativi che fanno riferimento alla storia e all'astronomia 



Alle camelie che colorano i vialetti dell’antica chiusa ha dato i nomi delle persone a lui care ma anche quello di personaggi che hanno fatto la storia, come ad esempio Karl Marx o Maria Antonietta. Vicino alla cappella dove sono sepolti i suoi avi - uno è Angelo Borrini, oculista personale di Carlo Lodovico di Borbone, duca di Lucca, nonché colui che piantò nel giardino della villa che porta il nome di famiglia le prime camelie – ce n’è una addirittura una dedicata a “Mani pulite”. Ad altre invece Guido Cattolica ha dato degli appellativi che hanno a che fare con l’astronomia, sua grande passione insieme alla pittura.











10.4.18

"Mia figlia voleva le scarpe di Spiderman e le ha rubate al fratello": così una bambina ha superato le differenze di genere

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Prima della lettura  della   storia  che  trovate  sotto, credevo  d'essere  l'unico   o  "d'essere malato" in quanto da piccolino giocavo  con le bambine   ed  usavo  le  loro babole .,    ed  spesso anche al giorno  d'oggi    uso  ombrelli e  qualche  vlolta mi  è successo    di  usare  un   maglione  o un giubotto    che   in teoria  dovrebbe  essere  da  donna  . 
Mia figlia voleva le scarpe di Spiderman e le ha rubate al fratello: così una bambina ha superato le differenze di genere

"Mia figlia voleva le scarpe di Spiderman e le ha rubate al fratello": così una bambina ha superato le differenze 
di genere

Parte da un tweet, e da un giro al centro commerciale, una polemica contro la catena di negozi Target. Ma i casi in cui il marketing segue le distinzioni di genere sono moltissimi. Eppure a volte basta la sensibilità di una piccola di due anni per cancellare tuttoè una bambina di due anni negli Stati Uniti che - con la sua sensibilità - ha dato a tutti una lezione sull'insensatezza delle distinzioni di genere applicate alla moda e al marketing, e sul perché non dovrebbero esistere. È una storia che inizia con un giro al centro commerciale insieme al padre e al fratello e si conclude con un video che diventa simbolo del superamento delle imposizioni della società. Un finale esemplare, per la sua semplicità.
"Hey Target, ho comprato a mio figlio di quattro anni le scarpe di Spiderman, e ora anche mia figlia di due anni le vuole. Ma tu non vendi scarpe di Spiderman che si adattino a bambine di due anni. Anche quando le cerco, l'unico risultato che trovo sono le scarpe per ragazzi". È il post di Qasim Rashid, che su Twitter si è rivolto a Target, la seconda catena di discount più grande degli Stati Uniti.  
L'uomo, avvocato e attivista per i diritti umani, ha raccontato di aver accompagnato i figli in un supermercato Target in Virginia e di aver comprato delle scarpe di Spiderman - supereroe della Marvel e amatissimo dai più piccoli - per il figlio più grande. Un acquisto che ha intristito molto la figlia più piccola, al punto da farla scoppiare in lacrime dopo aver litigato con il fratellino una volta usciti dal negozio.Il motivo? Anche lei desiderava quelle scarpe, prodotte però solo per ragazzini maschi. La bambina doveva accontentarsi di un paio di scarpe da ginnastica "normali", senza il ritratto dei supereroi.
Il post di Qasim ha riportato alla luce il dibattito sul gender e sulle differenze con cui vengono cresciuti i bambini fin dalla tenera età. E, a giudicare dai commenti, sono molti i negozi che si basano ancora su queste nette diversificazioni. "Ho una figlia che ha cercato una maglia che non fosse rosa, non avesse brillantini e non avesse scritte di ispirazione femminile. Né Target né OldNavy l'avevano!" scrive una follower di Qasim. Un altro utente aggiunge: "È triste, e questo è colpa dei negozi e dei produttori di abbigliamento che fanno sezioni diverse per ragazzi e ragazze. Mettete insieme i vestiti e lasciate che i bambini scelgano quello che vogliono!".

Altri utenti si lamentano di aver riscontrato lo stesso problema non solo con l'abbigliamento dedicato ai supereroi, ma anche ad altri personaggi, come Super Mario, protagonista di una fortunatissima serie di videogiochi. Anche in questo caso, abiti destinati solo ai maschi.
Proteste come queste non sono passate inosservate da alcuni protagonisti del mondo della moda. John Lewis, proprietario degli omonimi grandi magazzini, a settembre ha lanciato una nuova linea di abbigliamento per bambini fino a 14 anni. Grande novità, l’eliminazione delle etichette “Boys” e “Girls” per permettere ai piccoli acquirenti di scegliere liberamente cosa indossare. “Ci teniamo a dare il nostro contributo all’abbattimento degli stereotipi. Del resto, il criterio d’acquisto non deve essere legato al genere, ma a ciò che piace” ha spiegato Caroline Bettis, responsabile di questo settore del marchio inglese.
Una svolta a cui ha contribuito il gruppo LGBT “Let clothes be clothes” (Lasciate che i vestiti siano vestiti) che da anni si batte per eliminare le differenze di genere nella moda. A John Lewis si sono aggiunti altre griffe, come Zara, H&M e Agent Provocateur, che ha lanciato sul mercato la linea di costumi unisex “Les girls les boys”.


Due immagini della collezione H&M Denim United, linea di jeans unisex
Rosa per le femmine, celeste per i maschietti; e ancora: solo le bambine possono giocare con le Barbie, ai bambini invece spettano il calcio e le macchinine. "Da ancor prima che nascesse, per me è importante che mia figlia cresca sapendo di essere uguale al sesso opposto" ha detto Qasim in un'intervista a Yahoo, "se non le insegno il concetto di uguaglianza a casa, non si aspetterà una parità di trattamento nel mondo".

Per ora, Target non ha ancora risposto alle critiche di Qasim. Ma il papà ha trovato comunque un modo di far felice la sua bambina: in un video, si vede la piccola che cammina felice con ai piedi le scarpe del fratello. Che siano solo per i maschi, a lei non importa.

8.4.18

Giro... vedo film ... vedo gente... mi muovo... conosco... faccio cose...leggo



parafrasando un famoso un famoso   film morettiano vi temngo agiornati   su di me  , facendo contenti  😁😘😜🤪  chi  mi  chiede    che  fine ha  fatto il tuo diario personale  .

 vedo  oltre report  , rai  storia  , ulisse   di piero angela  anche dei film  , l'ultimo La battaglia di Hacksaw Ridge   in streaming   in quanto risale  al 2016 . 


Un bellissimo    film  che dovrebbero vedere  anche i nazionalisti   anche  se  sarà duro per  loro  vedere  che  si  può " serive  la patria  "   anche senz'armi  . 
  Un  ottima  recensione  che  condivido è questa   di https://www.wired.it/play/cinema  che  afferma  : <<   il film   Hacksaw Ridge è un capolavoro, ma va affrontato senza pregiudizi .La retorica della guerra e dell’eroismo hanno tutta un’altra luce quando le affronta Mel Gibson, una che risplende di anticonformismo   . >>  Un   film bellissimo   anche  se  girato  (   ci sono cascato 😪😢non sono riuscito a tenere  separato  l'artista    dal suo privato )   :  dall'antisemita , razzista  , misogino  , Mel Gisbon
Esso   si basa   sulla storia vera del medico dell’esercito americano, Desmond Doss. L’uomo, un obiettore di coscienza che rifiutava l’uso delle armi, fu insignito della Medaglia d’Onore dal Presidente Harry S.Truman

Leggo   oltre  i quoridiani   di tutto . In questi giorni   ho  letto ,  in quanto  ho dimenticato  , non ricordo  dove ,  e  quindi lasciandolo a metà  ,  il libro di  jonny  di  Beppe  fenoglio  , questi due  libri  

due  fumetti  

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non riporto nessun commenti   aspetto che  sia  finita  la serie   per dare  un giudizio .gobale   sia ala  serie orfani  \  sam  , sia   all'intera  saga  Orfani    che si cncluderà salvo speciali  per  coprire  (  coperti dal romanzo Ringo: Chiamata alle armi Edizioni Multiplayer ) in versione   fumettistica    i buchi  di sceneggiatura  .


 Una donna sola nel vecchio West… Una donna giovane e attraente circondata da uomini rozzi e brutali, in un mondo governato dalla Legge della Colt. Non è una vita facile e Angela lo sa bene. Per questo ha imparato a muoversi in fretta, a blandire e sedurre, ma anche a colpire duro se ce n’è bisogno… Tutte qualità che le saranno utili quando – in seguito alla morte del marito – si troverà a vestire i panni dello sceriffo !

Un fumetto western  bellissimo  . non banale , non mitizzato(  o  almeno lo  è solo in parte  , cosa rara  quando si parla di un periodo storico   ormai  diventato mito e leggenda   )  anche  se  è latente       la nostalgia   epica  della frontiera  e del selvaggio west . Un  un western  non maschilista,  dove le  donne hanno un ruolo di  primo piano  rispetto alla  vulgata  (  storica  ,cinematografica  , ecc  )  che  le  fa passare  in secondo  piano   salvo eccezioni come  questa
 dellottimo sito   farwest.it    .
 Praticamente  si   è riusciti a mettere    su carta     e  addattarlo  al  femminile   il  film il Grinta   .  Difficile stabilire quale  versione  se  :  quella  del 2010 dei  fratelli Coen ., oppure   i due  classici  (  quello del 1969 e  il sequel   del 1975 )   con John Wayne affiancato da Katharine Hepburn. 
Un a scenggiatura postuma di  paolo morales   anche  se è    un western un po'   convenzionale .  una storia   bellissima  ed  intensa  , uno  dei pochi tentativi   di rottura  e  di decostruzione  del carattere  sessista   che  fa passare in secondo piano le donne  del west  

 due  libri  



Chi ha  ucciso  Rino  Gaetano  Il coraggio di raccontare: un'indagine tra massoneria ...  di Bruno Mautone  (  trovate  nell'archivio del blog  la mia  intervista   a Bruno   sul  suo   precedente  libro  “Rino Gaetano - La tragica scomparsa di un eroe"   )  . Un  libro meticoloso  ed approfondito   che  ha  lasciato  ,  di solito  ha  un carattere  ( vedere  la minaccia di denuncia   per  il libro precedente  ) spigoloso   ,   la  sorella  Anna  Gaetano  .  




 Altro   e  Altrove  del compagno di viaggio    Cristin Porcino 

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trovate qui sul blog una mia unervista ed alcuni suoi scritti . Un libro che raccoglie alcuni saggi dell’autore su diverse tematiche. Le riflessioni del filosofo impertinente sono pungenti, ironiche, polemiche, libere e toccano svariati episodi e personaggi come: George Michael, il testamento biologico, gli scandali in Vaticano, il ricordo di Lady D., l’assassinio di Giordano Bruno, la sessualità dei supereroi, il coraggio di Lady Oscar, l’omofobia, la parità di genere, l’infelicità, i programmi televisivi di Maria De Filippi, le canzoni di Francesco Gabbani e molto altro ancora. Porcino Ferrara c’invita ad andare oltre le apparenze e a soffermarci sul vero senso della vita.



E per concludere visto che faccio mlti errori di punteggiatura e di grammatica oltre che di spazie configurazione \ impaginazione del testo , oltre frasi fatte ed banalità assortite qui e sul mio facebook . Il libro di Claudio Giunta : Come non scrivere: Consigli ed esempi da seguire, trappole e scemenze da evitare quando si scrive in italiano
da https://books.google.it/ << Al lavoro: schede, memorandum, presentazioni. A scuola: temi, tesine, relazioni. Nel privato: post su Facebook, email personali, chat sul cellulare. Sarà anche l’epoca degli audiovisivi e della comunicazione in tempo reale, ma non abbiamo mai scritto tanto. E più dobbiamo scrivere, meno sembriamo capaci di farlo. Ma, mette subito in chiaro Claudio Giunta all’inizio del libro, «non s’impara a scrivere leggendo un libro sulla scrittura, così come non s’impara a sciare leggendo un libro sullo sci. Bisogna esercitarsi: cioè leggere tanto (romanzi, saggi, giornali decenti), parlare con gente più colta e intelligente di noi e naturalmente scrivere, se è possibile facendosi correggere da chi sa già scrivere meglio di noi». E quindi? Non potendo insegnare come si scrive, Claudio Giunta prova a spiegarci come non si scrive, passando in rassegna gli errori, i tic, i vezzi, le trombonerie e le scemenze che si trovano nei testi che ogni giorno ci passano sotto gli occhi: dall’antilingua delle circolari ministeriali alle frasi fatte dei giornalisti, dal gergo esoterico degli accademici e dei politici al giovanilismo cretino della pubblicità... Ma in questo slalom tra sciatterie e castronerie Giunta trova per fortuna il modo di contraddire la sua dichiarazione iniziale, perché insegnare Come non scrivere significa anche dare delle utili indicazioni su come si scrive: per ogni cattivo esempio se ne può trovare uno buono da opporgli, per ogni vicolo cieco argomentativo c’è una via di fuga creativa, e spesso basta un punto e virgola per risolvere una frase ingarbugliata. In questo anti-manuale spregiudicato, arguto e divertente, nella tradizione di Come si fa una tesi di laurea di Umberto Eco ma aggiornato all’era di Google, scopriamo che per scrivere bene bisogna ripartire da un po’ di affetto per la nostra bistrattata lingua italiana, ma soprattutto bisogna tenere a mente poche regole di buon senso: se scriviamo lo facciamo perché qualcuno ci legga, capisca quel che vogliamo dire e, se possibile, non si annoi a morte. Sembra facile, no? «Un vademecum istruttivo e divertente.» - Paolo Di Stefano, Corriere della Sera «Il bello scrivere? Imparalo da Borg.» - la Repubblica «Un anti-manuale che insegna a scrivere in modo corretto passando in rassegna gli errori, i tic e i vezzi dei testi che incontriamo ogni giorno... Ci aiuta a comunicare in maniera veloce ed efficace senza essere mai banali.» - Donna Moderna «Un testo ricchissimo in cui ragiona con autorevolezza, umorismo e senza arroganza su che cosa sia la lingua e come la trattiamo.» - Il Foglio «Sono convinto che la paura sia alla radice di quasi tutta la cattiva scrittura.» Stephen King «Se conosci la cosa di cui vuoi scrivere, le parole verranno da sole.» Catone il Censore «Ho letto il tuo racconto. Non mi sembra male, ma devi smetterla di usare troppi aggettivi.» Roald Dahl «La impegna di più un set con Lendl o un set con McEnroe?» «Mi impegna tutto, anche un set con mio nonno.» Bjorn Borg >>


Strage di Cisterna, le parole di Antonietta: "L'odio e il rancore non hanno vinto. La mia vita è un miracolo"., Milano, aggredita in metro perché portava il velo: la storia di Houda, tra razzismo e solidarietà., ed altre storie


Strage di Cisterna, le parole di Antonietta: "L'odio e il rancore non hanno vinto. La mia vita è un miracolo"




Il messaggio alla comunità carismatica "Gesù è risorto". La donna era stata ferita dal marito, che dopo aver ucciso le loro due figlie, si era tolto la vita

                            di FLAMINIA SAVELLI



Ha rotto il muro del silenzio Antonietta Gargiulo, ferita da tre colpi di pistola lo scorso 28 febbraio dal marito, Luigi Capasso. Il carabiniere che dopo averle sparato al viso, alla spalla e all'addome poi si è barricato nel loro appartamento di Cisterna di Latina e dopo aver sparato alle due figlie di 7 e 13 anni si è ucciso.
La donna dopo un lungo ricovero all'ospedale San Camillo di Roma è stata trasferita in un centro di recupero vicino Napoli. Sono stati i familiari, una volta risvegliata dal coma, a darle la terribile notizia sulla morte delle figlie.Strage di Cisterna di Latina, il messaggio di Antonietta: "La mia vita è un miracolo"


Parla dunque per la prima volta dopo quel terribile giorno. Affidando la sua voce alla pagina ufficiale della comunità dei carismatici "Comunità Gesù risorto". Un audio in cui spende parole di perdono e ringraziamento: "Ciao a tutti cari fratelli, sono Antonietta e oggi voglio ringraziare ognuno di voi per le preghiere e per l'amore. La mia vita oggi qui è un miracolo e ringrazio Dio ogni istante.Il vero miracolo, ancora, è l'amore che ha circondato me soprattutto le mie bambine. Il vero miracolo, è che l'odio, il male e il rancore non hanno vinto nei nostri cuori. Ma regna un senso di pace, pietà e misericordia. Regna l'amore che sta estendendo a cerchi concentrici come da una goccia e sta arrivando lontano".
Il messaggio si conclude con un ringraziamento a tutti coloro che hanno pregato per la sua famiglia e l'invito a partecipare al convegno di pregare in calendario alla fine del mese



Milano, aggredita in metro perché portava il velo: la storia di Houda, tra razzismo e solidarietà


In un lungo post sul suo profilo Facebook una studentessa universitaria di 20 anni, nata in Marocco e da 17 anni in Italia, ha raccontato gli attimi di terrore vissuti alla fermata della metropolitana di Porta Garibaldi e ha ringraziato i tanti che l'hanno aiutata




Una mattinata di un venerdì come tanti altri, alla stazione della metropolitana di Porta Garibaldi a Milano. Houda ha 22 anni, è marocchina, vive da 17 anni in un paesino in provincia di Varese. E' una di quel milione di giovani italiani di seconda generazione che lo scorso 4 marzo non hanno potuto votare, perché senza cittadinanza.
Come ogni giorno ha preso il treno che da Travedona Monate arriva a Porta Garibaldi ed è scesa ad attendere la Metro 2 per andare in università, alla Statale, dove studia giurisprudenza. Ha lezione alle 8 e 30. Rischia di arrivare in ritardo, sono le 8 e 17. E' questione di un attimo: il treno sta arrivando, Houda si sente spingere. Sbatte contro la porta del convoglio, ancora in movimento. Si riprende, si guarda in giro, vede l'uomo che l'ha aggredita. E che additandola continua a minacciarla...
Il racconto di Houda, postato sulla sua pagina Facebook, comincia qui: ed è il racconto della paura che inizialmente la immobilizza, dell'odio cieco che muove il suo assalitore nei confronti del colore della sua pelle e di quel suo velo rosa confetto, ma anche e sopratutto della solidarietà della gente che la circonda e la protegge su quel treno.


Houda Latrech
6 aprile alle ore 21:346 Aprile 2018, ore 8.17 metro linea 2, fermata di Milano Porta Garibaldi, interconnessione con metropolitana numero 5, e con treni S3, S4, S5, treno diretto ad Abbiate Grasso, ferma in tutte le stazioni.
Ore 8.17, sono agitata, stanca e nervosa, svegliarsi alle 6 del mattino per andare in università, passare più di un’ora in un treno affollato, in ritardo. Ho lezione alle 8.30, accelero i passi, cerco di salire sul primo convoglio che passa per arrivare in tempo. Odio arrivare in ritardo. Ore 8.17, qualcuno mi spinge, mi si gela il sangue nelle vene, mentre temo di finire contro il treno in movimento, riprendendo l’equilibrio mi giro a guardare chi abbia potuto fare questo, un uomo mi osserva con uno sguardo di folle lucidità, mi addita, e comincia a inveire contro di me. Tremo di terrore, non so cosa fare, il panico sale inaspettato e io che sono sempre forte, sempre sicura di me stessa, io che so resistere alla tempesta mi trovo in un attimo travolta da essa. Fai qualcosa, fai qualcosa mi ripetevo incessantemente, senza riuscire a muovere un muscolo. Fai qualcosa, mentre sentivo le ossa gelare e paralizzarsi, un dolore salire dal profondo e infiammare tutti i miei capillari. Ore 8.17, cerco di non piangere, cerco di coprirmi le orecchie, di confondermi con la massa, mentre mi investe la bufera. Ore 8.17, fisso il vuoto cercando di allontanarmi dall’uomo, che non si ferma un attimo, continua a urlare, alzare le mani, mentre frasi sconnesse continuano a fuoriuscire dalla sua bocca, mi intima di tornare a casa, mi accusa di essere un’assassina, mi accusa di violenza, mi minaccia, cerca di raggiungermi mentre mi faccio più piccola pur essendo appariscente nel mio metro e settanta. Ore 8.17 sento un nodo alla gola formarsi e stringere sempre di più, io che parlo sempre senza freno, non ho più la capacità di esprimere nessun verso, investita da quella violenza inaudita, da quella rabbia cieca. Ore 8.17 cerco di essere razionale, non mi succederà niente, sono circondata da persone, se mi allontano piano dalla porta della metro dove mi continua a spingere, se mi posiziono tra le altre persone, se mi faccio proteggere, se scompaio. Non riesco più a trattenermi, ma non gli darò la soddisfazione di vedermi piangere, lo so, in fondo al mio cuore, so che non cederò. E così sorrido, gli sorrido, lo guardo negli occhi e sorrido. Il mio sorriso sembra scatenare la solidarietà delle persone che ho accanto, l’uomo davanti a me mi dice di ignorarlo, si sente in dovere di scusarsi, mi dice che anche noi italiani eravamo discriminati, che in America ci chiamano mafiosi, che la ruota gira per tutti. Ma non voglio essere un raggio di questa ruota, lo ringrazio di cuore, gli stringo la mano, mentre le lacrime cominciano a scendere, calde sulle mie guance, deve scendere, si scusa ancora un’altra volta, e io perdo la mia barriera, l’uomo è davanti a me direttamente, senza nessuna protezione, avanza minacciosamente, il panico si impossessa del mio corpo, raggela tutte le mie vene, mi farà del male, le sue parole sono sempre più minacciose, dovete morire tutti, dice e sembra pronto ad attuare il suo piano. Piango, ormai e retrocedo, ferita nel profondo, una ferita che ormai sarà indelebile,inguaribile.
[... continua  qui  https://bit.ly/2Eufkgs  sullla  sua bacheca    ]
Abbiamo sentito Houda. Ha scritto questo post perché, spiega, "non riuscivo a tenermelo dentro". Non per alimentare le paure, né per sottolineare le discriminazioni che pur ha già
 vissuto nella sua giovane vita ("Mai così, però"). Solo per scrivere, "perché a me piace scrivere", di solidarietà."Non ho paura perché ho capito che ci sarà sempre chi mi aiuterà", si legge nelle ultime righe del suo post, "perché finché ci saranno più persone da ringraziare che da incolpare so che andrà tutto bene, e che sono ancora a casa". 

l'ultima  storia   è  questa  

Riccione, in classe c'è un bimbo con l'epilessia: ogni compagno ha un ruolo per le emergenze
Il piccolo ha 9 anni: la maestra ha spiegato ai suoi amici come rendersi utili in caso di crisi


Riccione, in classe c'è un bimbo con l'epilessia: ogni compagno ha un ruolo per le emergenze


RICCIONE - C'è un bambino di 9 anni che ha l'epilessia. E compagni di classe pronti a soccorrerlo quando lui ne ha più bisogno, perché la maestra ha spiegato loro cosa sia questo problema di salute, che conseguenze e che manifestazioni abbia, e come occorra intervenire, con lucidità e rapidità. E' stata la mamma del bambino a raccontare in una lunga lettera su un gruppo Facebook come l'insegnante abbia deciso di rendere ciascun compagno di classe consapevole di poter essere d'aiuto: ha affidato a ciascuno di loro un ruolo, nel caso il loro amico abbia una crisi in classe. I genitori del piccolo hanno scoperto quel foglio di istruzioni quasi per caso, andando ai colloqui.


Se il ruolo di regista dei soccorsi spetta ovviamente all'insegnante, c'è