La bufala, "Migranti pronti a partire dalla Libia": ma è la foto del concerto dei Pink Floyd a Venezia del 1989
"Porto libico. Non te le faranno mai vedere queste immagini. Sono tutti pronti a salpare in Italia". E' la didascalia che accompagna la foto di un non ben precisato porto sulle coste della Libia, colmo di imbarcazioni pronte a partire alla volta dell'Italia. Ma la realtà è ben diversa. Si tratta infatti di una foto scattata il 15 luglio del 1989, in occasione dell'indimenticabile concerto dei Pink Floyd a Venezia.
Al centro dell'immagine si può notare anche l'immenso palco galleggiante sul quale si esibì la band. Tutto attorno le imbarcazioni degli spettatori riempiono il bacino di San Marco, di fronte all'omonima piazza. Il post ha collezionato oltre 9mila condivisioni prima di venire cancellato, ma in molti utenti si sono accorti indignati della bufala denunciandola sui social.
Fake news che ha ottenuto oltre 9000 condivisioni, un numero spaventoso di like e un'immensità di commenti indignati, razzisti e violenti, per questa bufala. E poi non si può dire che gli italiani siamo, salvo pochissime persone un popolo di coglioni ...
Ed ecco che il tizio in questione ha commentato ed da li e iniziata poi da lui abbandonata per paura do un confronto o shampo rimprovero da parte di detterminate persone sottoscritto
compreso
Stefano Satya PagginiCredete alla befana?... ma bravi... avete capito tutto.. complimenti. continuate a condividere le cazzate inventate e studiate a tavolino da poveri mentecatti... Guarda tu le fonti e se non sei completamente andato capisci subito!.. Anche solo dare ascolto a queste notizie (fac o meno) è indice di scarsa intelligenza. Saluti e addio !
Stefano Satya PagginiEcco il professore di turno che si riempie la bocca di "cazzo" ... che altro può fare? .capace di quello anzichè' rispondere con argomentazioni valide - fa buona vita... il Tuo Cognome parla da solo...
Giuseppe ScanoIl messaggero non mi sembra tanto di sinistra di credo anche il corriere della Romagna . Non mi sembrano cazzate inventate a tavolino da menteccatti Stefano Satya Paggini
Stefano Satya PagginiNOn mi interessa... è roba da mentecatti,.8000 bambini in Africa muoiono di fame ogni giorno... e queste testate sono tanto impegnate con queste notizie..-.. complimenti a loro e chi le legge soprattutto a chi continua a comprare quei giornali e a chi è tanto impegnato a condividere certe notizie invece di impegnarsi a costruire sulle macerie create da quei giornali - inoltre la sinistra... dopo Berlinguer non è mai esistita... Libri sotto braccio e a scuola a studiare invece di riempire le bachecheche di stronzate
"Hanno aizzato un cane contro un ambulante sulla spiaggia. E tutti applaudivano e ridevano" Un caso di razzismo quotidiano sul litorale della Liguria. "Quando ho chiesto a una signora perché esultava, mi ha insultato dandomi della buonista e puttana"
DI MAURO MUNAFÒ
"Ho visto un cagnolino scendere le scale di un bar che dà sulla spiaggia e rincorrere abbaiando un ragazzo dalla pelle scura che vende libri. Naturalmente il cane era stato incitato dal suo proprietario. Nel mentre i bagnanti applaudivano compiaciuti". Scene di razzismo balneare su una spiaggia ligure, sabato scorso. Ce le racconta Simona, che ci chiede però di non usare il suo vero nome. "Sono intervenuta e ho chiesto a una signora perché applaudiva e perché diceva che quel cane era il "Number One". La signora mi ha risposto così: "Vaffanculo, puttana buonista del cazzo. Prenditeli tu i negri a casa tua, così ti scopano meglio di tuo marito". Un breve racconto che Simona ha consegnato al suo profilo Facebook ed è finito su centinaia di bacheche. Una diffusione che però le ha attirato contro decine di messaggi terribili, con minacce esplicite alla sua persona. E che l'hanno costretta a rimuovere quel post dai social network, per paura della propria incolumità e di quella della sua famiglia. "Quei messaggi che mi sono arrivati erano orribili. Minacce esplicite o velate, dicevano "non intrometterti che è meglio per te", "la prossima volta tira dritto e non guardare". Ma io non riesco a non guardare, non riesco a ignorare queste cose", spiega Simona all'Espresso. Non cerca di fare l'eroina, anzi. "In quella spiaggia, quando mi sono sentita rispondere così, mi sono messa a piangere. A consolarmi è stato proprio quel ragazzo, che mi ha abbracciato e mi ha detto:"Sono abituato, stai tranquilla". E ora, dopo aver letto quello che mi hanno scritto, sono spaventata". Simona ci racconta però di essere andata a cercare la proprietaria del cane per chiederle come le fosse venuto in mente di aizzare il suo animale domestico contro quel ragazzo che vende libri. La risposta lascia senza parole: "Il mio cane, come me, odia i negri". Più che la banalità del male, siamo di fronte alla stupidità del male. Meglio chiudere questo articolo con le parole con cui si chiudeva il post su Facebook: "Io non ce la faccio ad accettare tutto questo. Non sono un'esperta di migrazioni, non sono una politica, non sono nulla di nulla. Sono solo una donna profondamente sconsolata e preoccupata da questo mondo in cui a volte mi sento come un pesce fuori d'acqua. Ma non ci sto. Io non lo accetto".
perchè dimostra cme l'italia sia ormai multi etnica sia che si fugga dalle guerre e dale dittature \ governi corrotti o per altro ( quelli che vengono chiamati migranti ecomici ) .
Purtroppo tale evento è stto strumentalizzato da ambo le parti
da una parte
in
maniera vergognosa ( è a dir poco ). Infatti il razzismo è sempre lo stesso e questa copertina,l'uso nel titolo del termine abbronzate , così come il suo editoriale, lo dimostra perfettamente.
Il vittimismo "dell'uomo bianco " che non può sentir parlare del diverso senza sentirsi bistrattato è vergognoso e riprovevole.
Dall'editoriale , di cui sono riuscito a leggere solo le prime tre\ quatrtro righe ( talmente schifoso e vergnoso è ) scambiandomi il giornale con un amico al bar mentre prendo il caffe pri.ma dandare a la vorare : (.... ) << "quattro ragazze di nazionalità italiana, ma più o meno nere, cioè straniere" >> Questo è proprio razzismo e classico ancheInfatti come dice questo commento sulla bacheca fb del giornale : << Strumentalizzare una cosa del genere dopo tutto quello che sta succedendo denota un razzismo strisciante e dilagante e anziché stemperare gli animi (non credo che giornalisti del vostro calibro non abbiano capito che non si volevano screditare le nostre ragazze bionde e bianche) si sobillano i lettori allo scontro razziale. Tutto ciò è davvero riprovevole a mio parere >>
A sinistra facendo una battaglia contro il razzismo . il simbolo di tutto ciò che si oppone alle politiche Salviniste e company .
Concodo , infatti mi ha tolto le parole doi bocca , con questo articolo di Marco Barone
Non riduciamo e banalizziamo il razzismo solo ad una questione di "pelle". Il fenomeno è più profondo
in data
Una foto diventata subito il simbolo di tutto ciò che si oppone al luogo di ciò che è stato individuato come il male assoluto, Pontida e la festa dei leghisti. Vi è chi dice che in Italia si starebbe ritornando alle condizioni del vecchio nazismo, quello che è stato comunemente debellato e rifiutato da tutti, proprio perchè non italiano, infatti lo stesso rifiuto condiviso ed accettato non vi è stato verso il fascismo, qui la questione è stata più complessa e figlia di compromessi e spesso il tutto ricondotto a banale folclore. E' innegabile che l'Unione Europea sta saltando. E la responsabilità non è delle destre radicali o meno radicali, della democrazia latente o meno, ma di un sistema politico ed economico governato anche dalla sinistra che ha favorito impoverimento, diseguaglianze, riacceso i fuochi nazionalisti e determinato la distruzione di identità e specificità sotto il segno di quella omologazione europea che per molti non ha significato un fico secco. L'idea di Europa va tutelata, difesa, protetta e tutelata. Nel banalismo di ciò che accade quattro ragazze di colore diventano il simbolo della nuova Italia. Operazione già tentata con Balottelli, quando si disse che lui doveva diventare il capitano della Nazionale perchè di colore, per dare esempio. E poi i soliti fiumi di parole. Con lo sport strumentalizzato per fini altri. Quando la fascia di capitano va conquistata sul campo e non fuori dal campo. Probabilmente non si è capita la nostra società. Guardate che anche le persone di colore sono fasciste, sono razziste, anche i meridionali sono leghisti. Il razzismo non è più tanto e solo una questione di colore della pelle, ma ben altro, a partire dall'identità sociale, di genere, del ramo di appartenenza. Il razzismo che porta all'esclusione è prima di tutto verso le classi sociali più indifese, bianche o non bianche che queste siano. La banhttps://xcolpevolex.blogspot.com/alizzazione della lotta al razzismo rischia di essere deleteria per come gestita e cavalcata perchè qui in tanti hanno perso il lume della ragione non avendo accettato di essere stati meritatamente sconfitti e bastonati dall'elettorato che ha votato o che non si è recato consapevolmente alle urne. Certamente un problema verso le persone di colore c'è. Quel razzismo odioso c'è. Ma non è il più importante oggi in Italia. Questo è il punto della situazione. E continuare a impostare l'opposizione mediatica in questo modo altro effetto non avrà che spingere gli attuali governanti a percentuali enormi a maggioranze bulgare. Dunque no. La nuova Italia non può partire da quella bellissima staffetta, da quelle quattro ragazze italiane, perchè loro fanno già parte dell'Italia [ come di mostrano le loro storie riportte dalla maggior parte dei giornali ] . Non è quello il simbolo giusto per combattere il razzismo reale.
Certo Saviano sa scrivere ( vedere nell'archivio del blog la mia recensione La paranza dei bambini, Collana I Narratori, Milano, Feltrinelli, 2016,ISBN978-88-07-03207-3 ) ed è ,quando vuole ed non s'impuntata su news errate , abbastanza documentato . Ed comprensibile che abbia a scorta . Ma da Libero del 29\6\2018E
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IL PRETE DI SCAMPIA
Don Aniello Manganiello: "Roberto Saviano, basta falsi maestri. Io ho rinunciato alla scorta"
Don Aniello Manganiello, prete di Scampia, dà una sonora lezione a Roberto Saviano. "Anch'io sono stato minacciato di morte dai Lo Russo, ma ho semprerifiutato la scorta per stare in mezzo alla mia gente. Non mi sento di chiedere tanto a Saviano", dice al Tempo, "però deve sapere una cosa. Il suo gioco è ormai scoperto e noi abbiamo bisogno di testimoni, non di maestri, veri o falsi che siano".
Manganiello, 64 anni, è stato per quasi vent'anni il parroco di Santa Maria della Provvidenza, a Scampia. Il suo trasferimento suscitò le proteste della gente. La sua esperienza l'ha anche raccontata nel libro Gesù è più forte della camorra. La sua lotta alla camorra è l'antitesi di quella dell'autore di Gomorra: "Non so se Saviano sia passato qualche volta per Scampia; certamente non ha trascorso nemmeno una intera giornata in questi luoghi, altrimenti ci saremmo incontrati o almeno i miei parrocchiani me lo avrebbero riferito. Qui lo scrittore simbolo dell'anticamorra lo hanno visto soltanto in tv. Ciò significa che si può scrivere di camorra senza conoscere concretamente il fenomeno: bastano le carte passate da avvocati e magistrati da cui ricavare storie per editori modaioli e reti tv in cerca di nuovi mercati. Solo così si spiega il fenomeno perché, a dirla tutta, Saviano mi sembra un modesto scrittore".
La sua opera, continua Manganiello, "sul piano pratico, oltre a gonfiare a dismisura il portafoglio di Saviano, non salverà una sola vita". "In territori violenti, dove la legge è assente, soltanto dall'alleanza con l'uomo singolo e bisognoso di aiuto potrà rinascere una vita. Le manifestazioni del fronte anticamorra contro i clan non raggiungono né il cuore né la mente dei malavitosi, che non hanno nemmeno gli strumenti per comprendere il linguaggio degli uomini di cultura". I malavitosi invece, "vanno fissati negli occhi a uno a uno, rassicurati e amati, protetti e sfamati. Senza mostrare loro un progetto alternativo non si caverà un ragno dal buco". E Matteo Salvini "dovrebbe concentrarsi sui problemi reali della criminalità a Scampia e in ogni luogo, non riconoscere valore e centralità a simboli ormai sfocati e inutili".
Caro Roberto Saviano, siamo stanchi dei tuoi romanzi, di dita puntate.
Siamo stanchi di Gomorra, vogliamo un’anticamorra delle opere.
Anch’io sono stato minacciato di morte dai Lo Russo e ho rifiutato la scorta per stare in mezzo alla mia gente.
Non chiedo altrettanto a Saviano, ma abbiamo bisogno di testimoni e non di maestri.
Scampia ha bisogno di impegno serio sulla strada, tra la gente.
Non di pontificazioni. Molti abitanti di Scampia hanno ricevuto minacce.
Ma hanno deciso comunque di vivere la propria terra e di lottare.
Don Aniello
(Per oltre 16 anni parroco AntiCamorra a Scampia)
Infatti non mi piace tanto il Saviano - commentatore/filosofo/sacerdote televisivo - con le sue palingenesi (rinnovamento, rinascita, rigenerazione) umane e politiche astratte e finanche noiose.E la sua antimafia è un antimafi a da salotto \ mediatica ( infatti è stato contestato dall'associazione antimafia Peppino impastato ) e a confini o molto vicino a quelli che sciascia chiamava ( azzeccandoci e vedendo lontano ) i professionionisti dell'antimafia . Ma come dicono alcuni : : << Chi ha veramente paura di essere ucciso non se ne sta' ogni giorno sotto i riflettori >> oppure
Ma allo stesso tempo D'altra parte non mi piace un ministro dell'interno che anche solo affronta l'argomento di togliere la scorta ad un uomo minacciato, vere o presunte che siano dalle mafie (e poi tutti sappiamo che Saviano è ben antipatico a Salvini ).Quindi il ministro dell'interno dovrebbe lasciare il cmpito di decidere se la scorta è leggittima ( visot cher non ha ottenuto non seguito la ciò che si diceva sopra , che minricordano le accuse che venivano rivolte a falcone quyando gli chiedevanbo di rinunciare alla scorta ) o meno Bene quindi Saviano ha fatto perchè la 'inteventgo di Salbvini mi sembra di vendetta e e di ripicca verso Salviano . (magari senza quello stile di sfida teatrale).Io avrei fatto la stessa cosa.
Cambiamo argomento è parliamo di razzismo dei bambini
Sono sconfortato e triste davanti a simili news come quella riportata da un post di
condiviso sula mia bachedca di fb da una mia utente \ compagnodistrada
e che ci sono << genitori che urlano da fuori campo ai figli che giocano al calcio: "spezzagli le gambe!", parlando naturalmente delle gambe di un altro bambino. Ce ne sono altri (o magari anche gli stessi) che mettono in bocca ai figli frasi come quelle pubblicate sotto. Altri ancora picchiano gli insegnanti che danno un brutto voto al figlio.
<< Genitori che >>sempre secondo Sandro Scardigli << forse hanno passato la gioventù a fare i bulli, a impasticcarsi in discoteca, a vivere senza prendersi nessuna responsabilità. >> e che sono ignoranti o credono che non gli interessi
ed << Sinceramente non so proporre nessuno strumento rieducativo non violento nei loro confronti.>> Per questo motivo sconfortato e triste( ancoira non riesco a capacitarmi come faccia ad non indignarmi e ed anon cadere ed abbassarmi agli indifferenti Gramsciani da non riuscire a trovare le parole
.
Ma sopratutto sto iniziando , ma ancra non c'è niente di effettivo , ad avere paura d'intavolare un a discussione su tali argomenti in quanto oltre la solite accuse di buonismo e di volere gli immigrati per sfruttarli , e di essere radical chic e menate varie del tipo portali a casa tua , ecc , sono loroche ti fanno diventare razzista , hanno tutto gratis , non pagasno niente , ti costringono ad essere straniero a casa tua , ecc
Concludo queste mie riflessioni sparse commentando la recente " vittoria " riguardanre il poter guidare delle donne in arabia Saudita .
E' vero che , in un paese dove il potere temporale ( religioso ) e quello politioc sono , come lo era da noi nel medio evo tutt'uno , cio possa costiture un primo passo \ una speranza per i dirittidelle donne . Ma ciò non dev'essere , e lo dico da critico( anche se non bisogna generalizzare perchè ogni movimento ogni cosa ha anxhe dellle cose positive ) , una scusa per non guardare alla situazione femminile in italia . Infatti concordo qusi completamente con questo articolo sula nuovca sardegna del 28\6\2018
di VANESSA ROGGERI [... continua da qui dall'account fb dell'autrice in quanto la nuova sardegna , vedere sotto ne riporta solo una parte ]
E da allora, in un percorso lungo e accidentato, le donne hanno visto la propria condizione ribaltata rispetto al passato. Ma oggi l’Italia può davvero dirsi un paese civile, emancipato, evoluto rispetto alle nazioni che certe conquiste le stanno ottenendo con decenni di ritardo? Se si osserva la società italiana con la lente di ingrandimento ci si rende conto che sotto la patina lustra si cela una dimensione reale fatta di una quotidianità ben lontana dalla parità di genere. Finché in un paese come il nostro si parlerà di quote rosa per assicurare un’equa partecipazione delle donne ai ruoli che contano significa che qualcosa non va, e quel qualcosa ha a che fare con il sistema su cui si impianta l’intera società. Finché lo Stato costringerà le mamme-lavoratrici a sacrificare la carriera perché non è in grado di assicurare un welfare degno di uno stato membro dell’Unione europea, significa che non si è capaci di una visione in prospettiva. Se in letteratura ci si nutre ancora del preconcetto che le donne sono capaci di raccontare soltanto storie “rosa”, (e con l’aggettivazione rosa si intende quanto di più zuccheroso e superfluo), significa che le penne di Grazia Deledda, Elsa Morante, Dacia Maraini, Elena Ferrante, Donatella Di Pietrantonio ecc., non hanno dimostrato nulla ai lettori italiani. Fin quando accanto a giornaliste di spessore, conduttrici dignitose e di carattere la televisione generalista continuerà a propinarci vallette mute e mezzo svestite, finché il corpo delle donne verrà ridotto a oggetto di mercificazione per riviste e pubblicità, significa che seppure tanto è cambiato rispetto a 50 anni fa, il nocciolo della questione rimane immutato. E se al Tg, durante un’intervista per strada, alla domanda “che cosa vuoi fare da grande?”, le bambine rispondono “voglio diventare come Belen”, allora capisci che la situazione è più grave di quanto pensassimo. Duemila anni di sottomissione: le donne nascevano proprietà del padre e una volta adulte cambiavano padrone, entrando sotto la responsabilità del marito. Per secoli la donna è stata relegata esclusivamente al ruolo di madre e moglie, per secoli è stata il cardine della società patriarcale. Poi nel giro di nemmeno un secolo, il ‘900, tante Adelasie si sono ribellate, hanno preteso pari diritti, l’istruzione e il diritto di voto, hanno preteso e hanno ottenuto. È arrivata la rivoluzione sessuale e di costume del ’68, il divorzio nel ‘75 e così, un passo dopo l’altro, il modello di famiglia tradizionale si è spaccato, la società - pericolosamente sclerotizzata nei ruoli - si è vista scardinata dalle fondamenta. Ma davvero eravamo convinti che queste rivoluzioni non avrebbero portato conseguenze? Davvero pensiamo che il fenomeno del femminicidio non sia anche diretta conseguenza dello sconvolgimento dei modelli precostituiti di riferimento? Le ragazze moderne, autonome intellettualmente ed economicamente, fanno paura perché non rappresentano più le fragili creature in attesa che il principe azzurro arrivi a salvarle: le ragazze moderne si salvano da sole. Ma in tutto questo non c’è nessuna pretesa di superiorità femminile, nessuna visione femminista che domina sul maschio demonizzato. Parità di genere significa essere considerati in quanto individui. Significa andare oltre i pregiudizi che ci accompagnano in tutti gli ambiti del vivere sociale, e fondarci su un sistema meritocratico. Parte da qui la costituzione di una nazione equaed emancipata. (...)
Infatti concordo con l'analisi della situazione delle donne in italia che c'è urgente bisogno di riprende la lotta da dove di è interrotta . Ha ragione quando dice : << (...) domandiamoci perché in Italia ogni 3 giorni una donna è vittima di femminicidio. Guardare al proprio orticello potrebbe non essere poi così piacevole. >>. Ma non sono d'accordo quando dic e : << Prima di stupirci per certe notizie dal sapore atavico, notizie che in fondo non ci riguardano perché arrivano da lontano >> , perchè mi sa di nazionalismo ed individualismo , quando la lotta per i principi ed diriti delle donne non ha anzi non docvrebbe avere confini di nazionalità e d'essere stranea al conceto di vicinanza e lontananza
IL post d'oggi , soprattutto per noi sardi o sardi d'oltre mare o sardi acquisiti dovrebbe è sintgetizzabile ed posso se vogliono evitarlo d leggello . da questa poesia po trasformata in canzone tradizionale rappresentata qui in due versioni una classica
ed una moderna
che con il testo qui la traduzione descrive benissimo la situazione non solo della mia isola ma della nostra amata \ odiata italia
Nanneddu meu su mundu est gai,
a sicut erat non torrat mai.
infamidades e carestias;
Semus in tempos de tirannias,
gridende forte "cherimus pane".
commo sos populos cascan che canes
Famidos nois semus pappande
terra ch'a fangu, torrat su poveru
pane e castanza, terra cun lande;
senz'alimentu, senza ricoveru.
Semus sididos, issa funtana
Cussas banderas numeru trinta
de binu bonu mudana tinta;
appena mortas cussas banderas
non pius s'osservan imbriagheras.
e tantu l'ides: su mundu est gai
pretende s'abba parimus ranas.
Abbocaeddos, laureados,
buzzacas boidas e ispiantados.
Adiosu Nanni, tenet'a contu,
a sicut erat non torrat mai.
fache su surdu, ghettad'a tontu;
Infatti vedendo la mostrta , organizzata da L'ISRE – Istituto Superiore Regionale Etnografico
e la casa editrice Ilisso ,Max Leopold Wagner – Fotografie della Sardegna di un linguista antropologo
Nuoro, Museo del Costume, 25 maggio-30 settembre 2018 orari: 10.00-13.00 / 15.00-20.00 (lunedì chiuso) ne ho tratto questa considerazione : Se siamo quello che siamo lo dobbiamo a loro . Cultura che stiamo perdendo o rendendola a folkore . c Pensiero che spiega benissimo il perchè della scelta di tale canzone .
Consiglio vivamente di vedere sia il museo anropologico di Nuro sia la mostra In essa si descrive La Sardegna in ottanta scatti, o meglio, in ottanta “punti”: ottanta fotografie che vanno oltre gli elementi oggettivi che le compongono per fissare alcune tra le più emblematiche immagini del mondo agro-pastorale sardo. E fanno emergere aspetti emotivi dolorosi come ferite.
E’ l’Isola (che non c’è più ) vista dall’occhio di Max Leopold Wagner, “il padre della linguistica sarda”, nato a Monaco di Baviera nel 1880 e morto a Washington nel 1962,
L’esposizione – operazione voluta e patrocinata dall’Isre (Istituto Superiore Regionale Etnografico) e dalla casa editrice Ilisso - è un omaggio all’incommensurabile amore, fermamente ricambiato, di Max Leopold Wagner per la Sardegna. L’antropologo linguista con la sua opera non solo portò alla luce gli aspetti più importanti dell'idioma isolano, dalla fonetica alla morfologia, dalla formazione delle parole al lessico: ma ne ritrasse alcuni momenti irripetibili, in un gioco di rimandi che è insieme assenza nella presenza.
Da queste fotografie emerge un invisibile, che ci guarda e agisce sulla nostra memoria. Infatti secondo la presentazione fatta dal'Isre sardegna [---] La sua tipologia di approccio fotografico è di natura documentale: immergersi il più a lungo possibile nel sociale più primitivo, fra la gente che non avesse «un certo grado d’istruzione», intercettando nel linguaggio la «struttura sintattica della frase», sentendo con essa il pensiero, arrivando quindi in profondità ai caratteri coi quali entrava in contatto. Dunque Wagner non si fa solo mero compilatore di «una lista di parole»: vuole conoscere a fondo e dall’interno la cultura che sta esaminando.
La sua ricerca fotografica va per gradi, attraverso un climax costante: il primo livello è quello dello spectrum: il villaggio viene fotografato da lontano, nel suo insieme, immerso nel suo paesaggio; successivamente l’immagine si ravvicinava sempre più, entrava nelle vie, nelle strade. Cerca, passo più difficile, di varcare la soglia delle abitazioni, posandosi infine sulle cose e sugli uomini. [---] Ciò che si nota vedendo leìle quattro sale della mostra ( possibilmnete unite ad un a visita del resto del museo )
è un atmosfera magia: un ritratto corale, d’insieme e particolareggiato nello stesso istante: un’istantanea storica del sociale più primitivo, dalla cui profondità emerge l’anima e il pensiero dell’Isola dei primi anni del secolo scorso , ormai distrutta o quasi dall'impetuoso sviluppo della modernità ( la costa smeralda e le industrie di rapina diventate poi cattedrali nel deserto ) .
Wagner visitò numerose località della Sardegna, per molte delle quali non ci sono rimaste documentazioni fotografiche. Questa mostra - come si evince dagli scritti - mostra la sua predilezione per i villaggi rurali piuttosto che per le città, le cui dinamiche, condizionate da sempre dalla maggiore frequenza degli scambi con l’esterno, sono state di minore interesse per i suoi studi da antropologo.
Il tedesco - che usò una camera 9 x 12 con cavalletto - non era certo un maestro della fotografia: le sue immagini risultano spesso sfocate, difformi per qualità se guardate nell’intero corpus. La connotazione tecnico formale in Wagner non è scevra se vogliamo da una certa trascuratezza o imperizia tecnica, cui sono da imputare i numerosi difetti delle immagini, sovra e sottoesposizioni, mossi, impronte digitali sulle emulsioni, graffi e abrasioni dei negativi, non sempre dovuti a una corretta conservazione. Ma nonostante ciò c’è una profondità diversa, nelle sue immagini: che non è la classica profondità del campo. E profondità dell’anima dell’autore che fa emergere, nitida e abbagliante, quella più autentica e più profonda di una Sardegna ormai perdutao strandardizzata ad uso del turismo di massa .