25.1.19

Un docente di Lettere simula la deportazione con i suoi studenti: "Partendo da una emozione hanno capito e così abbiamo cominciato la settimana della Memoria"

  Poiché  viene  detto da  più parti     che L’antisemitismo non è sparito. Se non facciamo i conti col passato, l’Europa rischia grosso  e    che  c'è molta  ignoranza     come  testimonia  questo articolo 

Dai Savi di Sion al piano Kalergi, le bufale razziste e antisemite che viaggiano online





Il tweet antisemita di Elio Lannutti, senatore dei Cinque stelle, ha scomodato uno dei grandi classici della propaganda di settore: il protocollo dei Savi di Sion, un falso prodotto in Russia nel 1903 e rimasto in auge da allora sotto forma di teoria cospirazionista sulle «trame ebraiche» per il controllo della finanza. Lannutti ha cercato di tamponare l’accaduto, sostenendo di non essere antisemita (o meglio, di non aver «mai affermato di essere antisemita»).Ma la sua gaffe, sempre che si possa definire così, attinge allo stesso repertorio di bufale a sfondo antiebraico e razzista che spopola su social, talk show e media tradizionali, inclusa un’abbondante produzione di libri acquistabili anche online su piattaforme come Amazon. Le tesi più diffuse spaziano da un complotto «immigrazionista» per sostituire la popolazione europea all’ossessione per George Soros, il finanziere di origini ungheresi accusato di orchestrare i flussi migratori per aumentare i propri profitti (anche se non si spiega come). Il nesso in comune è sempre l’effetto finale, quello di alimentare tensioni verso un gruppo «nemico» che varia a seconda dei casi.




Il protocollo dei Savi di Sion
Il protocollo dei Savi di Sion, citato esplicitamente da Lannutti, è uno dei falsi che ha goduto (e gode) di maggior popolarità nel complottismo antisemita. Si tratta di un documento comparso per la prima volta nel 1903 su Znamya, un giornale di San Pietroburgo, forse a opera della polizia segreta zarista Ochrana. Il testo è suddiviso in 24 capitoli e riporterebbe i contenuti di un incontro, ovviamente a porte chiuse, fra i vertici di un’organizzazione ebraica decisa a imporre una «teocrazia giudaica» attraverso il controllo di finanza, politica e informazione. Nel documento si parla ad esempio di manovrare per intero banche e giornali, scalando dall’interno le istituzioni con l’equivalente di una lobby ebraica.
Già negli anni ’2o del secolo scorso, alcune inchieste giornalistiche rivelarono che i contenuti erano apocrifi e scopiazzati da una pubblicazione satirica in lingua francese, risalente al 1864 e incentrata su un fantasioso dialogo post mortem fra Montesquieu e Machiavelli. Ma lo smascheramento non ha intaccato la potenza di fuoco del volume. Il testo venne diffuso da esuli anti-bolscevichi dopo la rivoluzione del 1917, riscontrando una certa popolarità in Europa e Stati Uniti. Fra i responsabili della sua diffusione risultano anche personalità come l’industriale Henry Ford (i Protocolli vennero ripresi dal suo quotidiano Dearborn Independent: Ford si sarebbe scusato poi dell’errore) , oltre a tutti i regimi autoritari venati da antisemitismo. In primis il nazismo, che ne fece uno fra - tanti - testi di indottrinamento per giustificare l’urgenza della soluzione finale. Secondo quanto riporta lo United States Holocaust Memorial Museum, il museo dell’olocausto degli Stati Uniti, nella Germania hitleriana il testo venne ristampato in almeno 23 edizioni e compare fra le pagine del Mein Kampf.




Il piano Kalergi
Tornato alla ribalta con la crisi migratoria del 2015, il «piano Kalergi» è una ipotesi di complotto che va per la maggiore negli ambienti della destra radicale europea, con ampia visibilità anche nella politica nazionale e nei talk show italiani. In sintesi, si tratta di un progetto di sostituzione etnica per rimpiazzare i cittadini europei, rincalzandoli con la deportazione di masse da altri continenti. L’ispiratore sarebbe stato Richard Nikolaus Eijiro, meglio noto appunto come conte di Coudenhove-Kalergi: un politico austriaco-giapponese, pioniere teorico del paneuropeismo (una corrente di pensiero favorevole all’integrazione europea, poi confluita nei progetti politici comunitari). Davvero il conte di Kalergi pianificava una sorta di «genocidio bianco» a danno dei cittadini europei? Come è prevedibile, no. In una pubblicazione del 1925, «Praktischer idealismus» (Idealismo pratico), Kalergi parla effettivamente di «meticciato» (Rassenmischung), ma in un’ottica ben diversa da quella che gli è stata attribuita decenni dopo. Il meticciato in questione si riferisce all’integrazione fra popoli europei, come argine alle conflittualità che sarebbero esplose di lì a breve nella seconda guerra mondiale. La versione complottista dell’idealismo di Kalergi è successiva e “merito” di Gerd Honsik, un neonazista austriaco morto nel 2018 e noto per le sue pubblicazioni negazioniste. In un libro del 2005, intitolato «Fermiamo il piano Kalergi!», Honsik attribuisce al politico il progetto di un «genocidio per annientare i popoli europei attraverso le migrazioni dall’Africa e dall’Europa».
L’ossessione per George Soros
L’accusa, ormai, è quasi caricaturale: «Sei pagato da Soros». Il finanziare americano di origini ungheresi George Soros, 88 anni, si è trasformato in una sorta di bestia nera per tutte le forze della destra populista internazionale. Soros paga, nell’immaginario collettivo, la concentrazione di elementi indigesti alla retorica dei cosiddetti sovranisti: la commistione con i «signori della finanza» (il suo fondo Soros Fund Management detiene asset per 25 miliardi di dollari circa), le attività di filantropia in chiave liberal e globale (ha donato alla sua Open society foundations 18 miliardi di dollari del suo patrimonio) e, immancabilmente, l’ascendenza ebraica della sua famiglia. Osteggiato in patria da Donald Trump e il suo ex stratega Steve Bannon, Soros è costantemente attaccato da tutti i leader di destra populista europei. Nella sua terra di origine, l’Ungheria, il primo ministro Viktor Orban ha costretto la trasloco la sua università (Central european university, tra l’altro in rotta con tutto il suo indotto all’Austria di Sebastian Kurz). In Italia, il finanziere-filantropo è attaccato (unilateralmente) dal vicepremier Matteo Salvini e altre figure di opposizione, come la deputata post fascista Giorgia Meloni, in genere con l’accusa di «finanziare le Ong» che operano nel Mediterraneo. La tesi è tornata alla ribalta anche in alcuni dibattiti televisivi, rivolgendosi alla Ong tedesca SeaWatch. La portavoce italiana Giorgia Linardi, oltre a far notare che il finanziamento sarebbe del tutto legittimo, ha spiegato che il bilancio delle donazioni è pubblico e registrato ai sensi del diritto tedesco. Nel documento non ci sono tracce di finanziamenti da Soros.
Il canale dei social e l’amplificazione dell’odio
Il materiale propagandistico circola anche nell’editoria tradizionale, attraverso canali che non passano - solo - per circuiti di nicchia. Il Mein Kampf, l’autobiografia politica di Adolf Hitler, si può acquistare tranquillamente via Amazon, con tanto di recensioni libere degli utenti (c’è chi si limita a commentare «bellissimo»). Ma è inevitabile che le fake news si propaghino con più facilità sui social network, amplificatori naturali di tesi «acchiappa clic» sui temi più caldi del dibattito. Gadi Luzzatto Voghera, storico e direttore del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec), spiega al Sole 24 Ore che i contenuti razzisti o antisemiti nascono sempre da «centri di produzione» ben specifici, dai partiti populisti alle case editrici di destra radicale. Il messaggio viene diffuso online e trova sponde positive (utenti che lo condividono perché concordi) o negative (utenti che lo segnalano perché in disaccordo). «In entrambi i casi, si finsice per diffondere e consolidare comunque il messaggio» sottolinea Luzzatto Voghera. Un’indagine svolta dal Cdec in collaborazione con Ipsos («Stereotipi e pregiudizi degli italiani, dagli immigrati agli ebrei») ha rilevato una quota di antisemiti fra gli intervistati pari all’11% del totale del campione.
Il sentimento si presenta con più frequenza in uomini con scarsa istruzione, collocati politicamente a destra e diffidenti verso gli immigrati. «E va pure bene rispetto al tasso di astio verso la popolazione Rom, che raggiungono picchi di quasi la metà del totale» spiega Luzzatto Voghera. Le statistiche, come sempre, rivelano solo la superficie del fenomeno. Per una percentuale che oscilla intorno all’equivalente di un caso su dieci, poco per gridare all’allarme, ci sono tensioni ed episodi alimentati da quello stesso flusso di informazioni bombardate quotidianamente dietro lo schermo di uno smartphone, magari per aumentare gli introiti pubblicitari online o guadagnare qualche comparsata televisiva. «La percentuale è sempre quella, ma poi succede che qualcuno si senta giustificato ad uccidere qualcuno i una sinagoga o per strada - dice Luzzatto Voghera - C’è gente che muore per questo. O gente che è già morta». Elio Lannutti siede fra gli scranni del Senato. Nella stessa aula di Palazzo Madama c’è Liliana Segre, superstite dell’Olocausto.

  e quind  una  lezione     tipo    de L'onda (Die Welle



è un film del 2008 diretto da Dennis Gansel, tratto dall'omonimo romanzo di Todd Strasser, a sua volta basato sull'esperimento sociale denominato La Terza Onda (The Third Wave), avvenuto nel 1967 in California. Sulla base di questo esperimento, Todd Strasser (usando lo pseudonimo Morton Rhue) scrisse il romanzo Die Welle (L'onda), che in Germania è diventato un classico della lettura scolastica.

https://www.globalist.it/news/2019/01/25





La lezione del prof sulla shoah: "Chi non è di Ravenna non verrà più a scuola" e gli altri tacciono
Un docente di Lettere simula la deportazione coi suoi studenti: "Partendo da una emozione hanno capito e così abbiamo cominciato la settimana della Memoria"


Shoah

Shoah

globalist25 gennaio 2019

Il prof entra in aula: "Chi non è di Ravenna si metta da questa parte". Gli studenti lo guardano con sospetto, chi non è nato nella città romagnola, e sono poco meno della metà, si sposta ciondolando, senza capire le motivazioni. Lo racconta su Bologna.Repubblica Ilaria Venturi: "Bene volevo dirvi che da ora in poi non potrete più fare lezione in questa classe, non potrete più venire a scuola". Facce allibite, "prof, ma è serio?", "dai, è uno scherzo". Per la Giornata della memoria Diego Baroncini, insegnante di Lettere, laureato in Filologia classica e in Scienze filosofiche, è salito in cattedra così, l'altro giorno, nella sua classe di seconda media all'istituto paritario San Vincenzo de' Paoli di Ravenna.

Una lezione particolare che ha portato i ragazzi a vivere "ciò che è stato". Il docente li ha incalzati: "Sono serissimo, ora toglietevi orologi, braccialetti, collanine e appoggiateli su quel banco. Voi che avete gli occhiali, via anche quelli". "Ma non ci vediamo!". "È così. Le cinture anche, ragazzi. E le scarpe, non vi servono più. Ragazze, tiratevi indietro i capelli, legateli, nascondeteli come se non li aveste più".
Una ragazza tornando verso il gruppo dei "non nati a Ravenna" senza scarpe dice: "Non mi sento più io". Chi ammette di essere in imbarazzo, chi sogghigna. Poi cala il silenzio. Gli studenti ravennati, a bassa voce, uno con l'altro commentano: "Ma dai, ma perché?". Quelli che non sono nati a Ravenna vengono spostati verso le finestre, fa freddo dagli spifferi, gli altri possono stare al caldo accanto ai termosifoni. Il professore si ferma: "Chi di voi ha capito?". Tutti hanno capito: "Ci ha fatto vivere cosa hanno provato gli ebrei quando sono stati separati dai loro compagni, quando poi sono stati deportati". E voi come vi siete sentiti? "A disagio, gli altri mi vedevano come io non voglio essere vista, senza occhiali non vedevo nulla". Tutti concordano: non è giusto, ovvio.

L'insegnante ha continuato, rivolgendosi al gruppo dei nati a Ravenna: "E voi, perché siete stati zitti?". "Perchè lei è il prof". "Ma se l'autorità commette qualcosa di atroce voi non dovete tacere. Succedeva cosi anche con le leggi razziali: alcuni avevano paura di esporsi pur riconoscendo che non erano giuste, altri avevano un atteggiamento superficiale". Lezione conclusa. "Ho potuto farlo perché c'è un rapporto di fiducia con questi alunni, ho chiesto prima se se la sentivano di affrontare un esperimento. Due studentesse non hanno voluto e hanno solo assistito - spiega Diego Baroncini, 30 anni - Lo scopo era quello di introdurre il Giorno della Memoria, di arrivare a parlare della Shoah. Ma volevo che ci fosse un'emozione da cui partire per far seguire riflessioni profonde, non retoriche. Da questo senso di estraniamento, spogliandosi alcuni di ciò che li fa riconoscere in se stessi e gli altri guardando gli amici privarsi di quanto li rende riconoscibili, abbiamo cominciato il nostro lavoro sulla memoria".
 
mi  sembra  un modo  ottimo , se   :   saputo  fare    e  tenuto  sotto  controllo  ,  per  spiegare in maniera  non  retorica   ed  ripetitiva     nn  solo   l'olocausto    ma  anche  i regimi dittatoriali     che   hanno   ed   ancora  caratterizzano    (  vedi   il primo ul  citato 

la stupidità di Facebook colpisce anche la storia della shoah e dell'olocausto censurando una foto storica

 nonostante abbia  chiesto    una seconda  verifica   continua    a  rimanere   censurata   questa  foto . Non è un nudo  volgare  ma  un  udo  storico  di  un  fatto    realmente  avvenuto  cosi  come    il fatto    descritto  dall'articolo  .


Giuseppe Scano ha condiviso un link.


ILMEMORIALE.IT
Un bordello ad Auschwitz per i prigionieri più produttivi, con tanto di turni, tariffe e orari di ingresso. Quella che al primo impatto suona
caution-traingle
Abbiamo esaminato di nuovo il post e non rispetta i nostri Standard della community in materia di nudo e atti sessuali. Nessun altro può vedere questo post.
L'articolo è questo Un bordello ad Auschwitz per i prigionieri più produttivi, con tanto di turni, tariffe e orari di ingresso. Quella che al primo impatto suona come un’idea assurda rappresenta una triste realtà: nel campo di concentramento simbolo dell’orrore nazista le SS crearono una casa chiusa destinata a particolari categorie di internati. E non solo ad Auschwitz: simili baracche, ribattezzate Sonderbauten («edifici speciali»), erano attive anche in altri Lager. Atti sessuali forzati a pochi metri da montagne di cadaveri ammonticchiati l’uno sull’altro: un capitolo poco noto nella storia del nazismo riportato ora alla luce da Robert Sommer in Das KZ-Bordell («Il bordello nel campo di concentramento»), un libro presentato al parlamento della città-Stato di Berlino. A partorire l’idea fu, nel 1942, il capo delle SS Heinrich Himmler, che puntava in tal modo ad aumentare la produttività degli internati, tutto con la fredda regolamentazione tedesca, a cominciare dalla scelta delle donne: si trattava soprattutto di giovani sotto i 25 anni, provenienti da Germania, Polonia o Ucraina («non c’erano italiane») e reclutate per lo più tra quelle internate come «asociali». Rigorosamente escluse per principio, invece, le ragazze ebree. Ma continua qui su  /www.ilmemoriale.it/storia/2017/09/23/




Ora mi  chiedo ma chi mettono , in quanto c'è anche un controllo umano oltre gli algoritmi a controllare i contenuti ?



Lo so che non è semplice o è impossibile riuscire a controllare tutti contenuti i un social usato direttamente o indirettamente da quasi due miliardi di persone . ma Cazzarola .
  Vergogna! ,è la voce che correre su fb da chi come me aveva condiviso e postato tale articolo " incriminato "Tutte le schifezze fasciste che segnalo io vanno benone invece!

24.1.19

Storia Del Caravaggio Che Riuscì A Raggirare Le Leggi Razziali Del Fascismo e Eden Donitza ed l'antisemitismo a scuola non tutti i prof mi aiutano

E grazie a sovrintendente EEttore Modigliani (Roma, 20 dicembre 1873 – Milano, 22 giugno 1947) direttore della Pinacoteca di Brera dal 1908 al 1934  reo di essere d’origine ebrea.   che  nonostante    le  leggi razziali  del  1938    fece  avere    all'Italia  un opera  importantissima  di  Caravaggio

  da https://corrierequotidiano.it/cultura/  del  22\1\2019    grazie  all'aggregatore   per  android   di  noizie   newsrepublic

Storia del Caravaggio che riuscì a raggirare le leggi razziali del fascismo 
‘Cena in Emmaus’ di Caravaggio
È una delle opera più ammirate della Pinacoteca di Brera ma ha una storia sconosciuta ai più. Si tratta della ‘Cena in Emmaus’ di Caravaggio, dipinto realizzato nel 1606 e che raffigura un episodio raccontato nel Vangelo di Luca.Per arrivare nel museo milanese nel 1939, dovette scontrarsi con le leggi razziali fasciste che avevano portato all’allontanamento dall’istituzione meneghina del sovrintendente Ettore Modigliani, reo di essere d’origine ebrea. Ma fu proprio lui, dal suo nascondiglio da esiliato a ideare, trattare e portare a termine l’operazione che portò alla Pinacoteca il primo e tutt’oggi unico, capolavoro di Michelangelo Merisi.A sostenerlo l’allora ‘giovane’ Associazione Amici di Brera, che, mettendo a disposizione il proprio fondo di 9 mila lire, consentì di dar vita a un’operazione che raggirò l’ostracismo fascista. La storia è raccontata oggi, con molti altri aneddoti, in un libro realizzato per celebrare i 90 anni dell’associazione, ‘Una meraviglia chiamata Brera’. All’epoca invece l’arrivo del dipinto passò quasi sotto silenzio, annunciato solo in un breve articolo scritto da un allora sconosciuto collaboratore del Corriere della Sera, Guido Piovene.Era stato proprio Modigliani, costretto prima, nel 1935, a lasciare Brera per essere spedito all’Aquila e poi, nel novembre del 1938 rimosso dalla pubblica amministrazione, a venire a sapere che la ‘Cena’, proveniente dalle raccolte del Marchese Patrizi, era disponibile sul mercato. Un’occasione unica.Da privato cittadino quindi il 27 aprile del 1939 scrisse una ‘lettera confidenziale’ al ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, col quale aveva mantenuto un rapporto di stima maturato negli anni precedenti. Nella missiva lo informava che sul conto del “Comitato Britannico” della Banca Commerciale erano disponibili le 9 mila lire degli ‘Amici di Brera’ la cui associazione, presieduta dal senatore Ettore Conti, aveva intenzione di acquistare il Caravaggio.Il ministro non rispose personalmente ma attese la richiesta formale di Ettore Conti e autorizzò quindi il prelievo del denaro e l’acquisto del quadro informando solo a posteriori il sovrintendente in carica, Gino Chierici, suscitandone le ire. Il dipinto in realtà costò 500 mila lire messe a disposizione da tre mecenati che non vollero apparire.Come spiega un breve saggio di Chiara Bonalumi pubblicato in occasione di una mostra nel 2016, si trattava di Mario e Aldo Crespi, zio e padre di Giulia Maria Crespi, attuale presidente onorario del Fai e del conte Paolo Gerli di Villagaeta. L’arrivo della ‘Cena ad Emmaus’ a Brera avrebbe dovuto essere celebrato in pompa magna con un programma di festeggiamenti e una mostra. Ma l’inaugurazione che avrebbe dovuto celebrare la ‘generosita’ degli ‘Amici di Brera’ alla fine non ebbe luogo per la contrarietà del regime. E anzi, alla fine del 1939, anche l’associazione venne soppressa dal governo fascista. Rinascerà solo nel dopoguerra.



"Mi è capitato di essere esclusa perché ebrea". Eden racconta, ricci neri e lo sguardo di chi non si rassegna e sa quello che dice. Ma non è vissuta ottanta anni fa. La sua non è una storia che arriva dal passato. E' una giovane studentessa pisana di quinta superiore.I compagni in questi anni le hanno rinfacciato le sue origini. E sono volate, dice, anche parole pesanti. Qualcuno di loro ha rimpianto che non si fosse ai tempi della Seconda Guerra Mondiale e non ci fossero più i campi di sterminio.  Cattiverie scappate di senno, ma che fanno davvero male.Eden non è solo ebrea. La sua famiglia negli anni Quaranta del secolo scorso ha patito la deportazione. "Molti sono stati portati nei campi, tanti purtroppo sono morti ma qualcuno fortunatamente è anche sopravvissuto".  In fila davanti al museo  di Auschwitz, dieci gradi sotto zero e il sole che poco prima delle nove fa breccia in un cielo lattiginoso, aspetta di entrare con gli altri cinquecento e passa studenti del treno della memoria toscano, il giorno dopo aver visitato Birkenau. 
   L'immagine può contenere: 1 persona                             la  sua  vicenda  raccontata     dal corriere  della  sera   del 23\1\2019
"E' tutta la vita – dice -che in fondo mi preparo a questa esperienza". L'ha fatto a scuola, ma anche e soprattutto con il racconto dei genitori e dei nonni, cercando e trovando video sulla rete.   "Non è facile ascoltare ma non si può neppure tenere dentro – si sofferma -, anche se doloroso. E' importante essere testimoni". E' importante per combattere anche quell'antisemitismo che lei in più occasioni ha patito dalle elementari fino al liceo, per cui cerca quasi di non arrabbiarsi più.  "A scuola a volte si prova a reagire – prosegue - A volte si preferisce però il silenzio, per non far sapere. Per far finta che tutto vada bene ed invece è tutto il contrario".
Infatti  sempre  secondo  questo articolo   di  
http://www.toscana-notizie.it/speciali/
l'olocausto e << Il razzismo riguarda anche rom e sinti, deportati nei campi di sterminio. Nancy, che vuole andare all'università, vive in un campo nomadi ma a scuola lo sa solo una persona. Non se ne vergogna, ma sa che a dirlo l'atteggiamento delle persone è quasi certo che cambierebbe. "Il razzismo non è mai finito – dice - e c'è ancora oggi. Quando le persone mi vedono non pensano che sia sinta. Ma se viene fuori non sono più Nancy e si allontanano, intimoriti da tutti gli stereotipi e pregiudizi che ci sono su di noi". "Per questo – spiega - mi è difficile dirlo per prima, perché ti mette tanti muri davanti. Ma in questi giorni ho visto tante cose brutte, ho capito che è importante dire chi siamo e penso di cambiare questo mio atteggiamento".
Il razzismo riguarda a Prato anche i cinesi. "Certo che c'è ancora oggi" interviene Luisa, ultimo anno al Dagomari e il prossimo forse alla Bocconi di Milano, la ragazza cinese che voleva venire ad Auschwitz e per questo la comunità buddista le ha pagato il viaggio. "Vedo che il razzismo c'è – dice - andando in giro con miei amici: si sentono ragazzini pieni di pregiudizi. Io allora intervengo, la mamma me lo dice sempre: difenditi, sai parlare italiano. Questa reazione li coglie impreparati e si zittiscono".
"Il pregiudizio sopravvive anche se come società cerchiamo di nasconderlo" dicono le due ragazze, che frequentano la stessa classe. Una è nata in Italia, l'altra arrivata a tre anni dal Marocco. "Se c'è una chance davvero per stare tutti insieme questa è la scuola" dice la professoressa che le accompagna. Ma non è facile. "C'è discriminazione" riprendono le due diciottenni. "Ma a chi urla preferisco rispondere col silenzio – dice una delle due – perché altrimenti mi metterei sul suo stesso piano".
Reagire però è importante, come far conoscere e sfatare i falsi luoghi comuni. Non c'è futuro senza passato. Non c'è neppure presente. "E un viaggio come questo, che ti fa riflettere – dice come tanti altri Lavinia, anche lei quarto anno all'istituto tecnico Redi di Montepulciano – dovrebbe essere fatto una volta nella vita: soprattutto gli scettici (o chi vive di pregiudizi) dovrebbe farlo". "Perché ti può trasformare – le fa eco di nuovo Giulia -. Ho visto le facce di tanti di noi: venire qua ti può davvero far cambiare idea".

23.1.19

Auschwitz e altri racconti, convivere con un passato ridotto ad attrazione


da  https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/01/20/

di
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Docente di Diritto, Università di Trieste

Andate a rivedervi la scena. Una turista italiana in gita a Predappio, il paese natale di Mussolini, esibisce una maglietta nera con il profilo di un campo di sterminio e la scritta Auschwitzland. Un giornalista, più sbigottito che preoccupato, le chiede: “Posso farle una domanda su questa maglietta?” Lei, socchiudendo gli occhi, anticipa la risposta: “Humour nero”. Il giornalista finge di stupirsi: “Ma raffigura un campo di concentramento come se fosse Disneyland“. Lei lo interrompe sorridendo: «Certo, Aussvitz [alla padana, nda]. Humour nero».
Anche questa gag, a suo modo, ci ricorda la Settimana della Memoria, che si celebra a Trieste, la mia seconda città, in un modo diverso che altrove. Non perché qui c’è ancora la Risiera di San Sabba, l’unico campo di concentramento italiano dotato di forno crematorio. E neppure perché Trieste, oggi, è retta da un’amministrazione di destra, rappresentata da un vicesindaco che un giorno s’oppone al manifesto della Barcolana e l’altro si vanta su Facebook di aver buttato via le coperte di un mendicante.
No, la ragione vera per cui la Settimana della Memoria, qui, si celebra diversamente che altrove, è ancora un’altra ancora. Trieste, la Venezia Giulia, il Friuli, sono un incrocio di storie vive, come se il tempo non fosse mai passato. Qui accenno a tre di queste storie, l’una più straordinaria dell’altra. Poi ne riparliamo a Convivere con Auschwitz, l’evento organizzato per l’Università di Trieste da Gianni Peteani, figlio di Ondina, deportata ad Auschwitz numero 81672, il 22 gennaio in via Filzi 14 (dalle ore 14, ingresso libero): oggi Scuola interpreti, da sempre Casa degli Sloveni, incendiata dai fascisti nel 1920.
La prima storia ce la racconta Tullio Avoledo nel suo ultimo romanzo, Furland® (Chiarelettere, 2018). Fra 2023 e 2035, dopo una sanguinosa secessione, il Friuli è diventato un enorme parco della memoria, che attira turisti da tutto il mondo mettendo in scena episodi della propria storia, chiamati Attrazioni. Le attrazioni più gettonate, naturalmente, sono le più sanguinose: come Il magico mondo dei druidi, con i suoi sacrifici umani, o Kosakenland 1944, ambientata nella Carnia consegnata dagli occupanti nazisti ai loro alleati cosacchi. Con una piccola differenza: quest’ultima è una storia vera.

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La seconda storia è narrata in Red Land (in italiano Rosso Istria), film co-prodotto dalla Rai, presentato come la prima pellicola sulle foibe e rimasto in programmazione nelle sale per oltre un mese, almeno a Trieste (altrove non so). È una specie di western ambientato in Istria alla fine della seconda guerra mondiale, con gli italiani nella parte dei buoni e gli jugoslavi in quella dei cattivi. La storia straziante di Norma Cossetto, la studentessa istriana stuprata e infoibata dai partigiani jugoslavi, diventa memoria-spettacolo, pure lei. Manca una voce fuori campo che racconti tutta la storia: l’invasione nazifascista, la guerra civile, migliaia di altri stupri e massacri, non meno vergognosi.
Ma c’è una terza storia, che in qualche modo completa la seconda. La racconta Tatiana Bucci nel filmato iniziale del convegno e in un libro scritto con la sorella Andra, Noi bambine ad Auschwitz(Mondadori, 2019). Inizia proprio nell’Istria di Red Land, a Fiume (in italiano) o Rijeka (in croato), da dove le due sorelline sono portate ad Auschwitz-Birkenau, come altri 230mila tra bambine e bambini dei quali solo cinquanta sopravviveranno. Loro ce la faranno solo perché una sorvegliante del capo gli si affeziona, ma anche perché le scambiano per gemelle, cavie ideali per gli esperimenti del dottor Mengele.

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Ecco, forse questa terza storia suggerisce la morale anche delle altre due. Perché è una storia di spaesamento: Tatiana e Andra neppure sanno di essere ebree, poi ad Auschwitz dimenticano l’italiano e imparano il tedesco, poi ancora, una volta liberate, impareranno il ceco a Praga e l’inglese a Londra. Alla fine, quando le riportano in Italia, non riconoscono più neanche la madre, sopravvissuta pure lei e cercano solo di dimenticare. Come Liliana Segre, come tutti noi, resto: tutti ugualmente persi ad Auschwitzland, il luogo dove storia e spettacolo, verità e oblio, rischiano sempre di confondersi.

“Ha detto no ai guadagni facili che la camorra gli avrebbe promesso e ha realizzato il sogno che aveva nel cassetto... La favola di “Don Cafè”, una storia piena di tradizione, sogni e speranze!...





Molti diranno     che  ogni volta si tende sempre a beatificare quando questa dovrebbe essere la normalità e non l'eccezione.  Ma    a  volte   è meglio cosi

dopo la citazione twitteriana del senatore Elio Lannutti dell’infame falso storico dei Protocolli di Sion mi chiedo vale ancora la pena parlare della shoah \ olocausto ?

 di  cosa  stiano parlando  

Il senatore del Movimento 5 stelle Elio Lannutti ha scatenato un’accesa polemica dopo un suo tweet in cui condivideva un articolo in cui si parla della creazione dei “Protocolli dei Savi di Sion”. Scrive Lannutti: "Il Gruppo dei Savi di Sion e Mayer Amschel Rothschild, l'abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale, portò alla creazione di un manifesto: "I Protocolli dei Savi di Sion".


Risultati immagini per auschwitz



Ho aspettato un po' per dire la mia perché : << Di respirare la stessa aria \di un secondino non mi va\perciò ho deciso di rinunciare\alla mia ora di libertà\se c'è qualcosa da spartire\tra un prigioniero e il suo piantone\che non sia l'aria di quel cortile \voglio soltanto che sia prigione\che non sia l'aria di quel cortile\voglio soltanto che sia prigione.  [....]  >>  Sono  inoltre  :    assuefatto  senza per  questo  sminuire  o  sottovalutare   il fenomeno   dell'antisemitismo  e   dello'olocausto \  shoah  ,  davanti  al ripetersi   di  tali    fenomeni .,    sfiduciato    , da qui  il   il titolo   del post  ,  come  la nostra utente   Daniela  Tuscano   che   ha  scritto  




E dopo quasi 30 anni che insegni, scrivi, organizzi incontri, ti batti in qualsiasi modo contro ogni razzismo... siamo ancora alla m.erda antisemita dei Protocolli dei Savi di Sion, diffusa nientemeno che da un "senatore" della Repubblica. Che ti rappresenta, e paghi lautamente. E scrive pure libri per editori importanti. Lui. Simpatico comunque il tweet "riparatore": postare un link non significa condividerne i contenuti. Certo, come no. Se io pubblico senza alcun commento un link neonazi (lo stesso da cui ha attinto Lannutti), non significa che l'approvi, figurarsi! Lo faccio così, per sport.




ANSA.IT

  
Ma soprattutto  volevo  evitare  le  solite  frasi di  circostanza  e  ipocrite   della  maggior  parte  dell'informazione   che  avvengono    nelle giornate  come  questa  .  Unica  cosa  che mi sento  di dire   e che  a certe persone   ,  vsto che ormai  lo sanno  anche i sassi di  come    tale  documento  sia  un falso    storico  ,  andrebbe ritirata la  laurea  e  rimandati a  scuola    a studiare  oppure messi   cosi   come il protagonista  di quewstgo famossissimo  film
Risultati immagini per arancia meccanica davanti   a  documentari  ed  immagini   di tale  eventi 

Ritornando  alla  riflessione  del post   mi  chiedo   come    fa  sempre  Daniela
A 74 anni da #Auschwitz, siamo ancora ai #SavidiSion. E lo dice un senatore della Repubblica. Che caxxo insegno a fare.
#Shoah

L'immagine può contenere: disegnoma chi  me  lo fa   fare    di continuare  ,ormai   sono  più  di  15  anni   cioè  da quando  ho messi su  questo blog   ,   a riportare  :  storie  , testimonianze  ,  riflessioni    ed  altro   che riguarda  tale periodo  storico  e  di sentirmi   vomitare     frasi del  tipo  :    <<  ma  sei un giudeo  ,    sei  un  comunista  ,  ed  crmini  dei  tuoi compagni  non   ne  parli ,   ecc.  solo per  indicare  i  più  educati e  civili  >>  .
La  risposta    è li  nel  vento



 che  vola




Lo   stesso discorso    mi  viene    quando  faccio  i miei contro post     per  ricordare    la giornata     del  10 febbraio   

ma io sono un : << (.... ) il mare aperto dei sentimenti \le vele al vento del mio pensiero \ finché quel vento mi resisterà.  >> (   qui   il  resto  della   canzone  )   e  quindi     continuerò  nolente    e dolente