2.10.21

Virologi in onda: basta confusione GLI ESPERTI SI RIBELLANO: PER ESPRIMERSI DOVRANNO AVERE L’AUTORIZZAZIONE DELL’AZIENDA SANITARIA DI APPARTENENZA. NO AI BAVAGLI, MA SERVE CHIAREZZA


premetto  che  : 1) Grasso  che  mi  sta  .....  antipatico  ed  lo  reputo mainstream   insomma  uno partito  incendiario  arrivato pompiere   per non dire  altro ma  ogni tanto  ne  dice  una 
giusta .  2 )   non  sono   no  vax  perchè mi sono   vaccinato    e  credo nella  scienza  ,   sono critico   contro il green pass  perchè   è fatto male  .  Infatti    concordo   con  Luciano Canfora  quando  in un  intervista    sul  complottismo   nell'ultimo  n    Robison --  inserto  letterario   settimanale di repubblica   -- (     foto  a destra   )  dice  : 

[.... ] le chiedo perché questo che lei non vuole chiamare cospirazionismo ma è comunque l’inclinazione a vedere disegni oscuri e perfidi ovunque sia cresciuto enormemente in questi due decenni del XXI secolo.
«Ma lei ne è sicura? Io credo che questa inclinazione sia sempre esistita, dall’antichità ai nostri giorni. Si tratta di fenomeni culturalmente irrilevanti che oggi conquistano più di prima lo spazio
pubblico. La sensazione che vi sia una recrudescenza d’una sospettosità di massa può derivare dal fatto che siamo in presenza di un’ossessiva campagna vaccinale che provoca una reazione eguale e contraria. E questo conflitto è uno dei temi prediletti di giornali e tv».
La campagna s’è resa necessaria, vista la resistenza al vaccino di alcuni milioni di italiani.
«Non discuto la finalità positiva, ma resta il bombardamento quotidiano. E la gente reagisce immaginando le cose più assurde come l’iniezione di microchip sotto pelle per renderti docile ai disegni criminali dai Big Pharma. Devo anche aggiungere che il comportamento delle grandi case farmaceutiche non è stato tra i più limpidi. L’appello di papa Francesco a rendere il vaccino gratuito è caduto nel silenzio più assordante. E il caso limite si è raggiunto quando la signora Emer Cooke, dopo una vita nell’industria farmaceutica, si è ritrovata a sindacare sulla qualità dei vaccini in veste di direttrice esecutiva dell’Ema: il giudicato che diventa giudice. È comprensibile che, in una fase di angoscia collettiva, ne sia scaturito un sentimento di sfiducia profonda. Il salto nella stupidità è a un passo. Ma ha senso prendersela con il povero diavolo che urla sui social?».
[...] 
 Ora  Non si tratta di stigmatizzare  o  approvare   certi  comportamenti ascientifici  ma di capire cosa succede.  Infatti      se  ancora  ci sono 8  milioni  senza  dose   e  se    si  è passati  dal  2\3  %  di no  VAX  pre  pandemia  al  15\8  %   o  molti  pur   essendo fissati per  la   privacy ed  la sicurezza   si fanno   il  green pass   falso  prendendo  delle  fregature  e  vedendo  a chissà  chi  i  dati  personali      un motivo    ci sarà  ?   Lo  spiega ,  o  almeno ci prova  , in  chiave  ironica    e senza  troppi paroloni   (  spesso inutili e  fuorvianti  )  un famoso comico    





 in questi due video.
Ma  ora basta  divagare   e veniamo all'articolo    di Aldo Grasso  tratto   dal settimanale  oggi  del 30\9\2021

La Camera ha approvato un ordine del giorno di Giorgio Trizzino (Gruppo misto) sulla partecipazione in televisione o in radio degli esperti in materia sanitaria, che impegna il governo a intervenire sulla questione. L’odg è stato accolto dal governo e dice chiaro e tondo che i professionisti sanitari «possono fornire informazioni relative alle disposizioni sulla gestione dell’emergenza sanitaria in corso, tramite qualunque mezzo di

comunicazione, previa esplicita autorizzazione della propria

struttura sanitaria». Come dire: virologi, infettivologi e tutti i medici che si occupano di pandemia che rilasciano dichiarazioni e interviste ai media - tv, radio o carta stampata - prima di aprire bocca devono farsi dare l’autorizzazione dall’azienda per cui lavorano «al fine di evitare di diffondere notizie o


informazioni lesive per il Sistema sanitario Nazionale e di conseguenza per la salute dei cittadini».  Ovviamente i diretti interessati

(li citiamo per nome, senza carica accademica, tanto ormai sono personaggi televisivi) non l’hanno presa bene. Fabrizio Pregliasco: «È incomprensibile e inconcludente l’attacco ai professionisti sanitari che parlano con i media». Massimo Galli: «Fa specie che un professionista abbia da subire una censura preventiva nell’esprimere un’opinione o una spiegazione tecnica sul Covid. Questo è un bavaglio». Matteo Bassetti: «Quella di Trizzino è una proposta liberticida. Sono un professore universitario e per dire cosa penso in tv non devo chiedere l’autorizzazione a nessuno se parlo della mia materia. Magari invece si faccia una proposta di legge per i politici che vanno a parlare in televisione di Covid e medicina senza saperne niente, si stabilisca che dovrebbero studiare prima di parlare. Non ci limiteranno, continueremo a spiegare questa malattia».

Ma siamo sicuri che i virologi, gli epidemiologi, gli infettivologi, con la loro continua presenza in tv, con il loro narcisismo, con le abituali polemiche e invidie accademiche abbiano svolto un buon lavoro?

Litigando fra loro in tv, e non su evidenze scientifiche, ci hanno confuso, illuso, depresso.

Il coronavirus li aveva messi al centro della scena mediatica e abbiamo sperato di tutto cuore che sapessero indicarci come vincere il maligno e riportare un po’ di serenità nelle nostre vite squassate dalla pandemia. Dopo anni di oscuro lavoro negli ospedali, questi medici avevano finalmente la possibilità di farsi conoscere, di conquistare un momento di celebrità. Alcuni pare passino più tempo in tv che nelle corsie degli ospedali. A furia di essere protagonisti, di contraddirsi, di accettare le regole dei talk show hanno creato confusione e sfiducia nella scienza. Nessun bavaglio, ma un po’ di chiarezza sì.

A FURIA DI A CCETTARE LE REGOLE  DEI TALKSHOW HANNO CREATO SFIDUCIA NELLA SCIENZA


Infatti  la  stessa  cosa  dice  NANNI DELBECCHI

  • su il Fatto Quotidiano

  •                            I VIROLOGI SONO ORMAI VIPPOLOGI


    virologi, sono virologi; ma anche come massmediologi se la cavano egregiamente, hanno imparato a meraviglia la prima regola da applicare a difesa della propria immagine. Se qualcuno ti accusa di esagerare, come ha fatto l’onorevole Giorgio Trizzino, e ipotizza che le esposizioni sui media debbano essere autorizzate preventivamente, la prima mossa è distorcere l’accusa. “Nessuno mi mette il bavaglio” (Bassetti), “Nemmeno Mussolini era arrivato a tanto” (Galli), “Quest’idea è venuta in Corea del Nord” (Crisanti)... Per una volta, tutti d’accordo su un punto: sparare a zero – dai media – contro chi


    vorrebbe regolare un’onnipresenza mediatica che alla lunga genera confusione. Certamente il meccanismo ossessivo-compulsivo dei talk show, che se li strappano l’un l’altro e punta a creare maschere fisse, ha le sue responsabilità. Ma i nostri scienziati, dopo un anno di Trattamento Marzullo (“Il vaccino è un sogno o aiuta a vivere meglio?”) sono ancora solo degli scienziati? Tra un allarme e un monito danno sulla voce, minacciano di andarsene (e poi restano, metodo Sgarbi), rilasciano interviste e servizi fotografici, pubblicano libri, girano i festival. Insomma, hanno fatto il salto di specie. Virologi, ma soprattutto vippologi. Quel che più lascia interdetti è il loro appello ai dati, ai riscontri, alle evidenze, ai tempi lunghi di cui la scienza ha bisogno per pronunciarsi. La scienza forse sì, gli scienziati un po’ meno. Per essere coerenti dovrebbero apparire in tv una, due volte l’anno, tempo minimo per delle evidenze decenti. Invece eccoli ogni giorno su ogni canale a predicare i tempi lunghi. Prima spiegano che ci vorranno anni per venire a capo della pandemia; poi polemizzano col coltello tra i denti sulle ultime di giornata. Vorremmo tranquillizzare l’onorevole Trizzino: la mordacchia è un falso problema, ancora un paio di salti di specie e saranno loro a non voler più andare nei talk. Li ritroveremo tutti in blocco su Canale 5, al Grande Virologo Vip.


    In sardegna non c'è la mafia classica ma quella moderna dell'usura e del riciclaggio

       Dopo  due  articoli   sulla  mafia     anzi  le mafie   (  1  e II)    ho ricevuto questa  email  .  Lo  so  che   è  come  dare  le perle  ai  porci  perchè   ci  sono sempre  più elementi  che   la nostra  isola   è  a  rischio mafia ma  non ho resistito .   Ma  prima del  botta  e   riposta    che  sarà  il post  d'oggi   voglio chiarire  ancora    una  volta   la mia   posizione    ,  facendo  mio   e  condividendo  questo post  

    Finite le commemorazioni sui nostri martiri per la giustizia giusta e in primis per il beato giudice Rosario Livatino , dobbiamo chiederci e chiedo agli amici e conoscenti cosa possiamo fare da cittadini comuni per portare avanti il credo , l’etica , la lotta alla mafia e chi distrugge il nostro amato ambiente cioè quello che ha creduto il nostro giudice martire per la giustizia ? Non basta la sola riconoscenza per quello che ha fatto , ma secondo me bisogna portare avanti le sue idee. Cosa ci impegnamo a fare sulle centinaia di beni confiscati lasciati abbandonati dai burocrati ?Cosa facciamo per l’ambiente che lui ha tanto amato e protetto ? Non facciamo di lui solo un santino e basta

    Veniamo ora al post vero e proprio .

    Ciao
    E' da  un po'   che   volevo scriverti  ,  e  solo  ora  trovo il  coraggio  . Avevo letto  dei tuoi interventi   sulla mafia   in Sardegna  isola  felice  dal punti di  vista  mafioso.  In  base  a    cosa affermi  ciò  ,  perchè  problemi a problemi  ,  la nostra  Sardegna  ha  si dei problemi come  tutto il sud  ,  ma  non  ha  la  mafia  .  Perché queste  speculazioni  . La mafia  in Sardegna  lo  dice    anche  Pino Arlachi  in questo     saggio      (  se  non lo hai  letto scaricatelo qui ) Quindi  smettila  di  dire  stupidaggini  sui  pseudo siti antimafia   come amazzatecitutti  e  ora  sul  tuo  blog  


                        lettera  firmata 

    IL  solito   pusillanime  che   scrive   lettere  anonime   senza  firmarsi  . Una  persona  poco  attenta  ai problemi  della   sua terra  . Una  persona  poco informata  sulla   nostra terra  .Essa  è anche poco informata    perchè  : 1)  non ho  , almeno  nel  nostro blog    , ancora parlato  della mafia \ delle  mafie in Sardegna  . 2)  ignora   o  fa  finta  d'ignorare  che "  The Times They Are A-Changin' "   e  che  la  criminalità  nostrana     si  è  ormai  trasformata   al 90 %   in criminalità mafiosa   3)  che  la  mafia   non  come   l'intende  il  buon saggio ,  ma  ormai  d'aggiornare  di Pino Arlacchi ,  qualcosa  di classico   come   quello  del film   il padrino   , o quei  bravi ragazzi    ma  qualcosa  di  nuovo . Ma  andiamo  con ordine  La criminalità organizzata in Sardegna ha subìto e continua a subire un profondo cambiamento. E cominciare a parlare di associazione a delinquere di stampo mafioso, seppur con tutte le cautele possibili, non è più un’eresia. Anzi. È l’estrema sintesi di un lungo lavoro di studio contenuto nel volume “Droghe e organizzazioni criminali in Sardegna. Letture sociologiche ed economiche”, curato dalla professoressa Antonietta Mazzette ed edito da Franco Angeli. Il volume è stato presentato ieri pomeriggio nel cortile dell’istituto Farina-San Giuseppe, inserito nel contesto delle manifestazioni di “Sassari Estate 2021”. Infatti , Il tribunale di Cagliari ha    sempre  secondo  --- la  nuova  Sardegna  del  26\6\2021 ---   messo a disposizione dell’osservatorio sociale sulla criminalità in Sardegna (Oscrim) migliaia di sentenze che sono passate nel setaccio del team di ricerca. Ma chi si aspetta un volume infarcito di numeri e statistiche come tanti altri realizzati in passato rimarrà piacevolmente sorpreso. 

    Lo hanno spiegato bene ieri Meloni, parlando senza mezzi termini di una svolta, e Gianni Caria. «È una ricerca che ha particolare originalità – ha detto il procuratore – ed è la prima volta in Italia che si fa una ricerca non soltanto quantitativa ma qualitativa, con la lettura del racconto delle sentenze».
    Secondo le ricerche svolte dal team di studiosi, la maggior parte degli autori del traffico di sostanze stupefacenti è di nazionalità italiana (86%) mentre il restante 14 per cento sono stranieri, soprattutto di nazionalità nigeriana. «Il loro ruolo (tanto degli uomini quanto delle donne) non è solo quello del trasporto materiale della droga – si legge nel volume – per lo più occultata all’interno del proprio corpo, i cosiddetti corrieri ovulatori, ma è anche quello dell’organizzazione, rivestendo talvolta anche ruoli dirigenziali». Dopo i nigeriani sono particolarmente attivi gli egiziani, intercettatati più volte dalla Guardia di finanza, a bordo di imbarcazioni cariche di ingenti quantitativi di hashish. In generale i risultati dell’analisi effettuata dagli studiosi portano a ritenere che «la criminalità in Sardegna abbia subito e stia ancora subendo un profondo cambiamento e che, seppure con estrema cautela, si possa iniziare a parlare di criminalità organizzata intesa come associazione a delinquere di stampo mafioso che, a sua volta, subisce un cambiamento profondo [...  segue  nota  1 ]».
    Ma   a lanciare  l'all'allarme  non  sono     quelli che  potresti  definire   , caro anonimo  , quattro  gatti  o   utopisti  ma  dei Magistrati  . Infatti    La differenza tra un paese dove c’è la mafia e uno dove non c’è è semplicemente un’inchiesta giudiziaria ben fatta. Significa che mafia e camorra sono dappertutto, basta cercarle e trovarle. Vale anche per la Sardegna. Così dice Catello Maresca, sostituto procuratore a Napoli in servizio alla Direzione distrettuale antimafia. È il magistrato che ha arrestato Michele Zagaria, l’ultimo boss dei casalesi. Infatti  Maresca l’altro ieri è intervenuto al convegno organizzato a Olbia dall’Ordine dei commercialisti di Tempio, con il sostegno della Camera di commercio di Sassari, su un tema centrale per la lotta alla mafia: i beni sequestrati come beni comuni. Dalle sue parole un segnale d’allarme: «Nessuno può dirsi o sentirsi “lontano” dalla mafia o dalla camorra, perché sono ovunque. Certo non si manifestano più con lupara e gambali, piuttosto con investimenti immobiliari e turistici, con il controllo degli appalti oppure con operazioni finanziarie nelle borse d’Europa. In Sardegna lo Stato non è presente solo d’estate in vacanza a Porto Cervo, ma anche sulle tracce della criminalità organizzata. Ad esempio, seguendo il filo che ha portato alla cattura di un boss come Zagaria ci siamo imbattuti in investimenti in Corsica e in Sardegna. Nessuno quindi può chiamarsi fuori .... segue  NOTA  2 ».
    Quindi  come vedi  la  sardegna da  Nord  a Sud  è terreno  d'infiltrazioni    mafiose  ,  secondo  La Direzione investigativa antimafia: sulla droga alleanza tra criminalità sarda, camorra e 'ndrangheta. Infatti    anche  Claudio Lo Curto, avvocato generale della Repubblica nella sezione distaccata della Corte d'Appello di Sassari.   che ha  scritto la  sentenza     del Maxi processo con  i Giudici Falconme  e  Borsellino , il più profondo conoscitore dell'asse Sardegna - Sicilia, ne ha messo a fuoco carattere e metodi, ha ben chiari i punti di forza e soprattutto le debolezze. Poco prima che la malattia lo porti via, nel 2017, non riesce a trattenersi dinanzi allo scellerato invio in Sardegna di gran parte dei protagonisti del maxi processo e di tutti i vertici della criminalità organizzata in Italia, dalla mafia alla camorra, dall'Ndrangheta alla Sacra Corona Unita. Quando il primo elenco finisce nelle sue mani non si trattiene e sbotta: « Con i 41 bis arriveranno i parenti, anche cinque o sei, e poi altre persone, che saranno sempre diverse. Arriveranno dieci o quindici giorni prima e se ne andranno anche dieci giorni dopo. Il tempo necessario per monitorare il terreno e allacciare amicizie, contatti. Si faranno conoscere, ricicleranno denaro, concederanno prestiti a tassi da usura, e magari, in seguito all'impossibilità di pagamento del creditore, rileveranno l'azienda .....  Nota  3 ». 
    Potrei continuare     ma  finirei per  annoiarti e   a d  annoiare  chi mi  legge  e   quindi    rimando   agli altri  link sotto  .  Spero  d'esserti  stata  utile   d'averti  aperto  gli occhi  . 
    Ti  consiglio inoltre   questo libro 



    Sta   te  decidere   quale  pillola  scegliere  



     è  stato  un piacere   poter   rispondere   alla tua lettera   . però la prossima  volta   un po'  meno arrogante      se  ma    mi  riponderai   e    mi  scriverai  ancora  , mi farebbe  piacere    sapere  almeno  il tuo nome  .    Se  poi  decidi  ,  capisco benissimo   ,    che  il  tuo nome  non compaia     basta  chiedere  esplicitamente  nella  tua   email  di  non  metterlo 





    Sitografia 


    Joy Ehikioya, è nata 23 anni fa in Nigeria e la sua è una storia di orrore puro e rinascita.

     lo  so sempre  lui . Ma  che colpa  ne ho se  uno  dei  pochi  che si occupa  di tali storie  

     
    Questa donna incredibile si chiama Joy Ehikioya, è nata 23 anni fa in Nigeria e la sua è una storia di orrore puro e rinascita. Ne aveva appena compiuti 18 quando, nel 2016, ancora nel suo Paese, è stata rapita mentre faceva jogging, violentata e sottoposta a un cosiddetto “rito di purificazione”. Il motivo? Perché Joy è nata con la pelle bianca, in un luogo in cui gli albini sono discriminati, perseguitati, trattati come cavie.
    Sembra la fine, e invece è solo l’inizio. Perché Joy viene in seguito venduta come schiava, passa da un rapitore all’altro, la chiudono di notte dentro il bagagliaio di un’auto e si ritrova in un lager libico, tra torture e atrocità di ogni tipo. Infine, forse in un lampo di pietà da parte dei suoi aguzzini, viene caricata su un barcone con destinazione Lampedusa, per poi essere trasferita in Trentino.
    Ed è qui che la sua vita cambia. Joy viene accolta dal Centro Astalli, si iscrive all’Università e, alla fine, a distanza di cinque anni dall’inizio dell’incubo, ieri si è laureata in “Comparative European and International legal studies”, la prima studentessa del Progetto accoglienza richiedenti asilo e rifugiati dell’Università di Trento a raggiungere questo traguardo.
    Non possiamo neanche lontanamente immaginare ciò che ha passato questa giovane donna né, per fortuna, lo vivremo mai.
    Ma chi non riesce a provare uno straccio di empatia, commozione e vicinanza di fronte a una storia del genere, non è degno di essere chiamato umano.
    Congratulazioni dottoressa, e buona vita.

    1.10.21

    Dalla morsa del racket agli stadi per i mondiali di calcio. Gaetano Saffioti: "Denunciare le mafie conviene"

     

    D'oggi   il blog    riporterà  fra i  tag  le storie   approfondimenti e memoria su uno dei temi che più segnano la vita del nostro Paese: la criminalità organizzata e la sfida ( o  almeno i tentativi  pe r debellarla   visto    che  ancora  è  uscito in questi  giorni  ,un video  in cui  compare  Matteo Messina denaro   , proprio lui il  famoso  boss  ,    che  ancora  gira   a piede libero   )  per sconfiggerla da parte dello Stato e dei cittadini. Per  non essere  o uscire  da  quel clima di torpore  in cui  si  è  caduti   dopo le stragi di  Capaci e  via  d'Amelio Dalle inchieste del pool di Palermo e dal maxi-processo, passando per il racconto sulla Nuova Camorra e sulla stagione delle stragi, fino alle inchieste sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell'economia del Paese



    Dalla morsa del racket agli stadi per i mondiali di calcio. Gaetano Saffioti: "Denunciare le mafie conviene"Da testimone di giustizia contro la 'ndrangheta alla rinascita umana e professionale. Una storia di riscatto e resistenza che inizia il 25 gennaio 2002


    di Giuseppe Baldessarro

      repubblica 30 SETTEMBRE 2021


    Quando all'orizzonte li vede affiorare dalle sabbie del deserto, un sorriso disegna il volto di Gaetano. E' inevitabile, perché li sente un po' figli. Creature che hanno il suo calcestruzzo in corpo, gioielli di tecnologia, stabilità e confort. Si chiamano "Al Janoub", "Al Thumama" e "Al Bayat", e sono tre degli otto stadi che ospiteranno i mondiali di calcio nel 2022 in Qatar. Li guarda con soddisfazione ogni volta che arriva dall'autostrada, con quello stesso orgoglio col quale guarda gli ultimi 20 anni di vita personale

    e professionale. Si, perché Gaetano Saffioti (  foto a  sinistra  )non è un imprenditore qualsiasi. "Tanino", comancora lo chiamano a Palmi, il suo paese sulla costa tirrenica della provincia di Reggio Calabria, è un testimone di giustizia. Uno che a un certo punto della sua esistenza ha detto basta alle cosche della 'ndrangheta liberandosi dal giogo mafioso. "Sono nato all'alba del 25 gennaio 2002", dice sempre ai ragazzi che incontra nelle scuole che lo invitano a parlare. Quel giorno scattò l'operazione "Tallone d'Achille" contro i clandella Piana di Gioia Tauro. Finirono in carcere 48 esponenti delle famiglie Bellocco, Mazzagatti, Romeo, Piromalli, Nasone e Gallico. Boss e tirapiedi, assassini e usurai, estorsori e imprenditori collusi. Gente che a nominarla ancora oggi tremano i polsi. Il "Tallone d'Achille", come lo battezzarono all'epoca gli uomini della Guardia di Finanza, era Saffioti, per anni era stato vittima delle angherie di un sistema asfissiante.
    "La prima estorsione me l'hanno fatta in terza elementare - racconta - ero stato uno dei più bravi della scuola e come si usava in quegli anni i meritevoli venivano premiati con una colonia estiva: sette giorni in montagna, a pochi chilometri da casa. A me che non ero mai uscito da Palmi sembrava di dover andare all'estero. Il terzo giorno mio padre venne a prendermi per riportarmi a casa. Non mi spiegò il perché e io pensai che aveva bisogno di aiuto nel lavoro del frantoio di famiglia. Pensai che fosse stato egoista e gli portai rancore per questo". La verità Tanino la scoprì anni dopo da sua madre. Gli spiegò che il padre voleva comprare un terreno che interessava ad altri, a quelli della "Maffia" (con due effe, come si diceva negli anni 60, ndr). E che avevano minacciato di ammazzarlo. "Ti facciamo trovare tuo figlio in un fosso", gli avevano detto. E lui, papà Vincenzo, era corso a riprenderlo quel figlio in pericolo. Saffioti ora sapeva la verità, suo padre era morto da poco e lui non aveva avuto il tempo di chiedergli scusa per averlo giudicato male.
    Ecco - spiega oggi Saffioti - mi hanno estorto i miei giorni di vacanza. Dei soldi pagati in tangenti e dei mezzi che mi hanno bruciato sui cantieri non mi interessa. I soldi si rifanno e le macchine si ricomprano, ma per i giorni rubati a un bambino e per il rancore portato a un padre non c'è risarcimento. Non li perdonerò mai". A quattrodici anni guidava il trattore. A diciassette davanti a quello stesso mezzo montò una pala meccanica. A venti era un maestro alle leve di comando degli escavatori. Prima li prendeva in affitto a giornate per lavorare. Poi via via arrivò la sua prima ruspa acquistata a rate e i lavori di sbancamento per i privati, fino agli appalti. Su ogni cantiere si presentava il tirapiedi del boss di turno: "Pagavano tutti e anche io pur di lavorare, era la normalità. Ero convinto che se fossi diventato un imprenditore importante mi avrebbero lasciato stare. Mi illudevo".

                                                       Il porto di Gioia Tauro 

    Cantieri sempre più grandi fino a quelli per la costruzione del porto di Gioia Tauro. "Comprai il primo impianto per fare da me il calcestruzzo invece di fornirmi da altri - ricorda - qualche anno dopo ne presi uno ancora più moderno. Gli affari crescevano, ma con i fatturati crescevano anche le richieste dei clan. Stabilivano loro gli appalti che potevo vincere e quelli che dovevo perdere, chi doveva lavorare nei cantieri e chi no. Mi rendevo conto che era impossibile vivere così". Pressioni e richieste d'ogni genere, nessuna possibilità di scelta, nessuna libertà. Saffioti si sentiva in gabbia. Per questo iniziò a mandare lettere anonime alle forze dell'ordine, a chiedere consigli alle persone che gli erano vicine, ma niente: "Anche il prete dl paese mi disse di non denunciare, ma di mettermi d'accordo con i clan".                     La paura ha il colore del disonore, della vergogna, dell'essere scambiato per carnefice invece che vittima: "Avevo il terrore di essere coinvolto in qualche indagine sui clan della zona. Pensavo che si potesse pensare che ero un complice e non una vittima". Così Gaetano inizia a registrare ogni cosa. Mette le telecamere nell'ufficio e si nasconde un micro registratore in tasca ogni volta che incontra boss e picciotti. La video sorveglianza interna riprende gli esattori della 'ndrangheta. Le voci dei padrini latitanti restano incise sui nastri audio. In più appunta tutto su delle agende. Tangenti, acquisti, assunzioni, favori. "Pensavo che se mi avessero arrestato assieme a quelli, almeno sarebbe restata traccia della mia innocenza". La goccia che fa traboccare il vaso sono le tangenti durante la costruzione dei piazzali del porto. Una percentuale doveva essere versata alla cosca del paese dove si produceva il calcestruzzo. Un'altra a quella del paese dove veniva messo in opera. Una terza spettava al clan del territorio su cui passavano le betoniere. "In più per ogni metro cubo di calcestruzzo che producevo dovevo acquistare il cemento da chi dicevano loro e persino la terra che potevo estrarre dalla mia cava ero costretto a comprarla dal loro impianto. Pagavo a peso d'oro materiale scadente".Nel 2001 l'antimafia di Reggio Calabria fa arrestare una serie di mafiosi della Piana di Gioia Tauro. Il Pm Roberto Pennisi intervistato dalla Rai descrive l'indagine e dice: "Purtroppo gli imprenditori non denunciano. Sono dei codardi". Qualche giorno dopo, Saffioti si fa accompagnare da un ufficiale della Guardia di finanza a palazzo di giustizia. Pennisi racconterà così quell'incontro: "Ho visto entrare in ufficio un uomo con la barba che mi ha detto: "Mi chiamo Gaetano Saffioti, sono un imprenditore e non sono un codardo".Un testimone di giustizia, il primo in Calabria, che non solo è pronto a testimoniare, ma che consegna al magistrato le registrazioni e gli appunti per dimostrare anni di angherie. Un'indagine praticamente fatta, pronta per essere portata in aula davanti ai giudici. Tre cose chiese Saffioti ai pm: "Non voglio cambiare identità. Non voglio andare via da Palmi. E non voglio cambiare mestiere". Un accordo a cui si aggiunse anche un'altra rinuncia: "Niente aiuti economici dallo Stato. Se ce la faccio, ce la faccio da solo".E' cocciuto "Tanino", lo è sempre stato. Sa che rinunciare ad una delle condizioni dettate ai magistrati sarebbe comunque una sconfitta. Che i clan si sarebbero poi vantati di averlo costretto a scappare, a cambiare vita. Se avesse preso soldi avrebbero detto che era un fallito pronto a vendersi per denaro. Se invece ce l'avesse fatta da solo avrebbe dimostrato che i clan, la 'ndrangheta, si può battere. Lui stesso ne sarebbe stato il testimone. Per loro sarebbe stato una spina nel fianco, per sempre.

    Al processo "Tanino" siede al banco dei testimoni nell'aula bunker di Palmi. Racconta tutto, indica i boss e riconosce gli uomini del clan. Le mani sudano e il cuore trema, ma la testa resta alta e lo sguardo dritto. I protagonisti dell'inchiesta vengono quasi tutti condannati. Negli anni successivi Saffioti contribuisce ad altre operazioni antimafia. Testimonia lui e convince altri imprenditori a fare altrettanto. E' un dito nella piaga per le cosche, anche se è costretto a vivere sotto scorta. La sua casa, il suo impianto, i suoi magazzini sono recitanti col filo spinato e sorvegliati 24 ore al giorno. Il 20 settembre scorso chiamato al telefono ha ricordato: "Sono sotto tutela da19 anni, 7 mesi e 28 giorni, è il tempo della mia libertà. Non ho rimpianti lo rifarei mille e mille volte". Non è stato semplice. La mattina del 25 gennaio 2002 a Palmi "c'era un silenzio surreale, neppure gli uccelli cantavano". All'epoca aveva un fatturato importante e una trentina di dipendenti: "Quella mattina a lavoro si presentarono in tre, gli altri avevano paura o semplicemente non volevano più avere nulla da spartire con me perché ero diventato un infame". Il telefono che riceveva decine di telefonate al giorno non ha più squillato, i committenti spariscono, amici e parenti si eclissano. Per anni il fatturato diventa pari a zero, "persino le banche mi chiudevano i conti correnti nei quali ero in attivo e sui quali c'erano i miei soldi". Saffioti viene isolato ed emarginato. Paga un prezzo altissimo.



                                        Janoub Stadium (Qatar) 

    Racconta: "Iniziai a girare l'Italia in cerca di commesse e per partecipare agli appalti. Inizialmente dormivo negli alberghi, poi mi dissero che la presenza della scorta creava disagio per gli altri clienti. Qualche volta affittavo un appartamento in periferia, altre ho dormito nei capannoni assieme ai camion e agli escavatori. Anche al nord c'era la 'ndrangheta, l'ho incontrata spesso e ovviamente dove c'erano loro non potevo esserci io. I primi anni anche in Emilia Romagna mi bruciarono i camion impedendomi di lavorare".Col tempo arrivano le prime commesse, ma il lavoro vero è soprattutto all'estero. In Italia per lui non ci sono cantieri. Gli uffici restano a Palmi, Saffioti non lascia il suo quartier generale, per lavorare però deve spostarsi. Si fa spazio grazio alle sue competenze, alla precisione nel realizzare opere complesse, alla voglia di migliorare l'azienda facendo ricerca sui materiali. I suoi calcestruzzi sono sempre più efficienti, gli asfalti di altissima qualità, le miscele studiate e bilanciate per evitare sprechi. Assume ingegneri, autisti, operai specializzati. Con Saffioti vogliono lavorare in tanti "perché pagavo puntuale, e bene, ferie comprese". Dal quel gennaio 2002 le cose sono cambiate, ora il fatturato si è decuplicato, i dipendenti sono centinaia e di ogni parte del mondo, ma soprattutto "sono libero".Tanino dalla sua Palmi guarda "Al Janoub", "Al Thumama" e "Al Bayat", le sue ultime creature realizzate assieme ad altri partener. Sono stadi a forma di conchiglia, di tenda beduina, di cappello tipico della zona. Il primo l'ha progettato l'archistar Zaha Hadid, l'ultimo è quello che è piaciuto più ai committenti. A "Tanino" piacciono tutti, perché non sono solo strutture, ma sogni che si realizzano: "Di quando da ragazzo guidavo l'escavatore parlandogli perché lo immaginavo come una cosa viva, con al suo interno un cuore che pulsa e sangue che circola".Un solo rammarico, "In giro per il mondo creo ricchezza per gli altri paesi, infrastrutture che portano benessere e lavoro, nel mio Paese non ci sono ancora riuscito, ma sono cocciuto, non mollo". Attorno alla sua casa, suo ufficio e all'impianto di calcestruzzo c'è ancora il filo spinato e le telecamere. Davanti alla porta c'è sempre la scorta della Guardia di Finanza. Ora però, oltre tutto questo, c'è futuro: "Oggi posso dire che denunciare le mafie non è solo un dovere, oggi posso sostenere che è anche conveniente per chi vuole avere un futuro come imprenditore".  



    Alberto Cavasin dalla serie A( panchina d'oro con il lecce ) alla prima categoria con il Barisardo , Il mio lavoretto estivo? In malga a fare il pastore,


    Dalla serie A al Barisardo: mi sento al Real Madrid
    Alberto Cavasin allenava in serie A e ha conquistato la “panchina d’oro”. Ora ha accettato la proposta di una squadra dilettantistica in Prima Categoria. Ed è raggiante




     



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      credevo che la  bora  fosse  solo  un vento. Infatti sapevo che esso è   un vento catabatico di provenienza Est/Nord-Est, che soffia con particolare intensità specialmente verso l'Alto e Medio Adriatico e verso alcuni settori dell'Egeo in presenza di forti gradienti barici tra continente e mare.
    Il termine deriva da Borea, personificazione del vento del nord nella mitologia greca. La bora conosciuta in Italia è quella di Trieste.e ...   quello    che   riporta   su 'esso l'Enciclopedia Treccani . Ma  non sapevo  la   che A Trieste un luogo inusuale:




     ci sono libri e oggetti, tra cui le corde per resistere alle raffiche. E poi 200 fiale raccolte nei luoghi del mondo ad alto impatto eolico

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    Il mio lavoretto estivo? In malga a fare il pastore



    La scelta controcorrente di Lorenzo e Alice: a 17 e 24 anni hanno passato le vacanze prendendosi cura delle greggi ad alta quota, nel cuore del Parco dello Stelvi








    Nicolas Gentile, cultore del Signore degli Anelli che ha dato vita alla Terra di Mezzo narrata da Tolkien., l'avocado siciliano , Dalle Ande a Tarquinia, la fattoria degli alpaca L’oro delle Ande conquista Pian d’Arcione:

      La  contea  degli hobbit  si  trova  in Italia  ?
    A colloquio con Nicolas Gentile, cultore del Signore degli Anelli che ha dato vita alla Terra di Mezzo narrata da Tolkien. Ottenendo il plauso di Elijah Wood e Sean Astinc

     Maggiori  informazioni 
    https://www.indiegogo.com/projects/costruiamo-la-contea-gentile-di-nicolas-gentile
    https://www.laconteagentile.it/#faq  (  sito ufficiale  ) 

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    bisogno  c'è di andare  a prendere   la  frutta tropicale  all'estero quando la  si puo anche  avere  in italia  ?  Non diciamolo a  Salvini  ed  a  sovranisti  altrimenti  gli usano come fanno   capro espriatorio  come  hanno fatto  con i  migranti per  coprire  le loro  magagne    e  parlare  alla  pancia  






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    Dalle Ande a Tarquinia, la fattoria degli alpaca  L’oro delle Ande conquista Pian d’Arcione:

    oltre 150 esemplari del particolare mammifero producono il caldo e ricercato tessuto nel più grande allevamento italiano

    di Camilla Romana Bruno


    "Che il Signore ti protegga, Maryan", scritto da un'amica israeliana, dice tutto.Maryan Ismail da oggi è imam, la prima in Italia nel suo genere. Amica degli ebrei, tenacemente ostile a integralisti e Fratelli musulmani

    da il tulipano gruppo facebook gemello della nostra pagina facebook ho trovato questo post "Che il Signore ti protegga, Maryan", scritto da un'amica israeliana, dice tutto.
    Maryan Ismail da oggi è imam, la prima in Italia nel suo genere. Amica degli ebrei, tenacemente ostile a integralisti e Fratelli musulmani ("non passeranno" è il suo motto), Maryan è una musulmana che si batte per un islam diverso. Liberale o democratico. Compatibile con lo Stato di diritto. Io non ho mai amato né usato molto l'espressione "musulmano moderato": fa pensare a qualcuno che è musulmano solo "un po'", e sembra suggerire che i musulmani veri, i musulmani pienamente tali, siano i fanatici. È il contrario, in realtà. Nessuno è più musulmano di Maryan, e dalla sua fede tira fuori il meglio. Non è facile. Non sono in molti. Non è comodo, né sicuro.
    Maryan avrebbe potuto strappare. E invece vuole tessere, vuole cucire qualcosa. O al contrario avrebbe potuto tacere, "accasarsi" comodamente fra le braccia dell'islam politico egemone, quello finanziato da chissà chi (sappiamo), quello coccolato dall'Unione europea e riverito in ogni sede. Poteva mettere su un bel velo 🧕
    sarebbe stato pittoresco quanto basta per ottenere inviti televisivi, servizi, incarichi e riconoscimenti. Poteva farlo. Ma avrebbe tradito la sua storia, il nome di suo fratello ucciso da Al Qaeda, e le sue convinzioni. Ha scelto la strada più difficile. "Sono una donna che non si fa velare o zittire" ha detto una volta, a Milano. Questa è una donna coraggiosa, e non ha scelto la sicurezza e la comodità. Correndo dei rischi, ha scelto la libertà. E nel giorno in cui in Tunisia viene incaricata una premier donna, tutto ciò assume un significato particolare. Maryan Ismail, che il Signore ti protegga. Non passeranno
    Incuriosito sono andato sula sua bacheca facebook , ne trovate nelle ultime righe dell'articolo sopra l'url ( indirizzo ) , ed ho trovato quest articolo di Alberto Giannoni del https://amp.ilgiornale.it/news/ del 29 Settembre 2021 - 07:51
    precisazione prima dell'articolo

    a chi mi dice che mi contraddico con quanto espresso precedentemente qui in questo post e sui social dico solo questo : Dialogo, confronto e scambio culturale, sono le basi della comunicazione tra le persone e un ottima " arma " per evitare o ridurre le guerre ed i conflitti

    Maryan Ismail: «Orgogliosamente musulmana, ma l'islam si apra e si attualizzi»


    La prima donna imam africana e liberale. Maryan Ismail fa un altro passo avanti. Orgogliosamente musulmana e tenacemente ostile agli integralisti, sorella di un diplomatico ucciso dalle forze localqaediste, dopo anni di impegno civile questa coraggiosa italo-somala milanese ora ha in mano il «diploma» di «imama» rilasciato dall'Università di Padova. Molto più di un attestato formale.


    Pochi giorni fa, Maryan Ismail ha superato a pieni voti - con lode - l'esame finale del «corso per imam e ministri di culto musulmani», riconosciuto dal ministero dell'Interno nell'ambito della tanto invocata preparazione dei ministri del culto italiani, per evitare gli «imam fai da te», più facilmente veicolo di discorsi d'odio e radicalizzazione. «L'ho fatto - spiega al Giornale - perché, come previsto dal patto col Viminale, è necessario uscire dalla improvvisazione di questi personaggi che non si capisce bene da dove arrivino e come». Maryan non è la prima «imama» in assoluto, ma è la prima che in Italia ambisce a guidare la preghiera. «Il divieto della preghiera non è contemplato - spiega - ma le donne sono state via via escluse. Eppure oggi abbiamo esempi di donne imam in America e in Germania. L'Italia è un laboratorio interessante, possiamo costruire qualcosa di importante e iniziare a cambiare, ed è essenziale che ci sia una partecipazione delle donne. Le donne vanno già in moschea, ma oggi sono invisibili. Una moschea co-gestita potrebbe anche essere più rispettosa di tutti. Radicalizzazione e jihadismo sono anche l'effetto perverso della separazione, del purismo, delle suggestioni sull'uomo forte musulmano». Quella di Maryan Ismail è una figura importante. Cinque anni fa ha lasciato il Pd, accusandolo di aver scelto un islam «oscurantista». «La gestione dei rapporti con l'islam a Milano - riflette ancora - negli ultimi anni è stata fallimentare. L'approccio è stato divisivo: è improponibile un dialogo solo con una parte, occorre aprirsi, mettere al centro le donne, le minoranze, la laicità dello Stato».
    Quella di Maryan è una battaglia senza strappi con la fede, anzi è ostinatamente orientata a tessere la possibilità di un islam rispettoso dello stato di diritto e della Costituzione. Un'imam donna incarna la speranza di questo cambiamento. «Sul tavolo - dice oggi - ci sono ancora questi temi e le linee guida per la formazione di un islam europeo sono uno strumento per risolvere i problemi che conosciamo: la poligamia, una lettura contraria ai diritti delle donne, compreso il fatto che possano esser picchiate - perché la tradizione di una lettura distorta questo insegna - e poi i matrimoni combinati e forzati, la negazione del diritto all'istruzione e altro ancora». «C'è il mio impegno perché si cambi - conclude - da qualche parte bisogna pur iniziare. Non basta dire che l'islam è una religione di pace rimuovendo i problemi, tiriamo fuori questa pace, accettiamo la realtà e dialoghiamo con la realtà cercando la via giusta nella pratica»