10.1.24

le mafie non sono solo lupare o soldi sporchi . il caso della Figlia di Carmine Giuliani ex boss camorrista che lancia il profumo col nome del padre

 ma  nessuno   dice  niente   .   mentre  per   serie come  Gomorra      e  la  paranza  dei bambini    sono pronti  a lanciare   merda    fango  

Figlia ex boss camorrista lancia il profumo col nome del padre
Figlia ex boss camorrista lancia il profumo col nome del padre© Provided by ANSA

(ANSA) - NAPOLI, 09 GEN - Di Carmine Giuliano, ex boss di Forcella, si ricorda soprattutto l'amicizia con Maradona: memorabile la foto col pibe de oro nella vasca da bagno a forma di conchiglia. Ora la figlia, Nunzia, del tutto estranea a contesti criminali, lancia sui social un profumo in omaggio del padre e che porta il suo soprannome: 'O Liò, con il muso stilizzato di un leone sulla boccetta.
In uno dei suoi tanti messaggi su TikTok, dove è seguita da circa 14mila persone, Nunzia spiega che acquistando il profumo "state dimostrando tanto rispetto e stima nei confronti di mio padre, perchè voi avete ricevuto rispetto da lui. Leggo bei messaggi, belle parole, frutto di quello che mio padre ha seminato. È scontato che io parli di un grande uomo, un grande papà, sono la figlia. Ma voi? Voi siete il popolo, la bocca della verità e leggere questi commenti per me è un onore".
In effetti, c'è chi parla di Giuliano (morto per una malattia nel 2004) come di "un pezzo di storia napoletana" e ricorda "i reportage con Maradona", dove appare "elegante e gentile, un uomo d'altri tempi". Chi lo descrive "pieno di fascino". A chi commenta che "al di là di tutto era in primis suo padre, ci sarà sempre chi le dirà cose brutte, ma per lei era solo ed esclusivamente il suo papà", Nunzia risponde: "Bravissima, lui per me è stato un papà unico ed esemplare". E pubblica una foto di lei bambina col genitore con la scritta: "Quello era il mio posto sicuro, tra le tue braccia".O lione era uno degli undici figli di Pio Vittorio Giuliano, il patriarca. Assieme ai fratelli Guglielmo, Salvatore e Raffaele, ha affiancato per anni il primogenito Luigi, 'o rre, cioe' il re di Forcella, alla guida del clan. Acerrimi avversari di Raffaele Cutolo, i Giuliano diedero vita con altri gruppi criminali alla Nuova famiglia. Padroni per decenni di Forcella, divennero ricchissimi grazie al contrabbando, alle estorsioni, alla vendita di prodotti contraffatti e allo spaccio di droga. Poi, alla fine degli anni Novanta, arrivò il declino, con gli arresti che ne decimarono le fila.Intanto ora 'O Liò è sold out, "continuamente in produzione", come dice la stessa creatrice del profumo. 

DIARIO DI BORDO N °28 ANNO II Fedez usa i media e poi gli attacca ., Sucida sul balcone, i passanti filmano il corpo. I video choc nel Leccese ., Un negozio di biciclette elettriche a New York è andato in fiamme dopo l'esplosione di una batteria agli ioni di litio ., ed altre storie


 quando oggi Fedez critica “le priorità dell’informazione italiana” solo perché ci sono alcuni giornalisti sotto casa sua, prende un grande abbaglio.
 Anzi: dice proprio una cretinata (si può dire?). Primo: se sei diventato famoso condividendo sui social la tua vita e il tuo lavoro, devi mettere in conto lo  voglia  o meno  che i giornali   (siano essi di cronaca rosa o importanti quotidiani) ne rendano conto al pubblico. Perché da che mondo è mondo, e soprattutto al tempo di internet, a fare “notizia” non sono    solo  fatti di interesse pubblico, ma anche  purtroppo  le  storie che appassionano la gente. E - purtroppo - gli italiani di ieri, di oggi e forse anche di domani hanno piacere a sapere cosa fanno i loro due. Un'attenzione che non nasce per meriti :  sportivi , culturali   , artistici ,  ma solo perché i Ferragnez hanno deciso di essere i Ferragnez. Di esporsi. Di mostrarsi. Financo di diventare "modelli" di vita, vedi le battaglie che hanno più volte sostenuto.
Dunque ha ragione Myrta Merlino: Matteo Messina Denaro non c’entra nulla e i mass media vanno presi così come sono, nella buona e nella cattiva sorte. Altrimenti Chiara Ferragni non avrebbe dovuto convocare quella patinata conferenza stampa quando promise il suo cachet di Sanremo in beneficenza. No?


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Sucida sul balcone, i passanti filmano il corpo. I video choc nel Leccese


nella  mia  rassegna  stampa leggo     da il giornale   del 9\1\2024      del suicidio ( presunto per  i  genitori  )  di  Roberta  Bertacchi   e dell'’orrore social non si ferma neppure davanti alla tragedia di un corpo senza vita. Infatti i I famigliari di Roberta Bertacchi, la 26enne di Ruffano, in provincia di Lecce, trovata impiccata al balcone di casa a Casarano, pare abbia  no  già inviato  , tramite i loro legali diverse diffide: gira infatti attraverso i gruppi WhatsApp un video di pochi minuti che ritrae la giovane al
balcone poco dopo il presunto suicidio.
Non si sa chi l’abbia girato - sebbene forse la polizia postale potrebbe risalire attraverso i metadati - se un passante o un vicino di casa, ma quel che è certo è che si tratta di un comportamento per nulla rispettoso nei confronti di un lutto che ha scosso una comunità.
È difficile immaginare però che la diffusione del filmato si fermi: sono ancora in giro i filmati del revenge porn verso Tiziana Cantone, trovata impiccata in circostanze misteriose nel 2016,. È difficile che un filmato si fermi una volta che finisce in Rete.questo non è documentare   ma  speculare   su  un evento  drammatico


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Il fatto che il processo a Rosa e Olindo per la Strage di Erba torni di nuovo in aula dà il senso del decadimento del nostro sistema investigativo  e  giudiziario. Magari il tutto si risolverà  con una dichiarazione di inammissibilità all’istanza di revisione  o  con  l'accettazione  d'essa   dunque è presto per emettere un giudizio. Ma si può però affermare una cosa: finisca come finisca, sarà una sconfitta per

la giustizia. Se infatti verrà confermata la condanna, i parenti avranno comunque dovuto affrontare l'ennesima riapertura della ferita ; se invece dovessero decretarli innocenti, chi ridarebbe loro tutti questi anni passati in cella ?

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 Mi sto divertendo un mondo a leggere gli articoli sull’antico scritto di "teologia dell’orgasmo" redatto dall’attuale capo del Dicastero per la Dottrina della Fede, l’ex Sant’Uffizio, Víctor Manuel Fernández. Il
custode dell’ortodossia cattolica un tempo discettava di sesso, eiaculazioni e rantolii durante gli orgasmi e giustamente i tradizionalisti lo attaccano, cavalcando l’onda dopo il pasticcio madornale delle benedizioni alle coppie omosessuali “di non oltre 15 secondi”. La domanda che pongo io invece è banale: che bisogno c'è, teologicamente parlando, di sapere che nel momento di eccitazione massima l'uomo “di solito emette grugniti aggressivi” e “lei, invece, fa balbettii o sospiri infantili” ?


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 sempre  dalla   mia  rassegna  stampa  stavolta   da   Zuppa  di Porro 

- Gino Cecchettin torna dal riposo, si dice giustamente ancora provato ma determinato a continuare il suo lavoro. Nulla, per il momento, è dato sapere sul suo possibile “impegno civico” dopo la morte della figlia. Il manager intanto è lì e c’è chi specula. La verità la sa solo lui, ma noi possiamo limitarci a un appello: caro Gino, risparmiaci fiction o serie tv.
  

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Un negozio di biciclette elettriche a New York è andato in fiamme dopo l'esplosione di una batteria agli ioni di litio


Un negozio di biciclette elettriche nel Queens, a New York, è stato avvolto dalle fiamme dopo l'esplosione di una batteria agli ioni di litio, ha dichiarato il Dipartimento dei Vigili del Fuoco della Grande Mela. Il video mostra il fumo che si forma intorno alla batteria di una bici, prima che il dispositivo esploda e incendi il negozio King Electronic Hub. Il negozio era chiuso al momento dell'incendio e nessuno è rimasto ferito.

8.1.24

non è ancora uscito nelle librerie anche se è disponbile in pre ordine vorrei chiederti di quel giorno" (Rizzoli) di lorenzo tosa ma fa parlare di se è viene attaccatto dagli haters .

 l'autore parla coasi del  suo libri   


“Ma di cosa parla il tuo libro?”
E a tutti ho risposto sempre la stessa cosa, senza tremori apparenti: è la storia di mio padre, morto suicida quando avevo due anni e mezzo.E questo, fino a poco tempo fa, era quasi tutto quello che sapevo di lui.
Ci ho messo due anni per scriverlo.
Quaranta anche solo per immaginare di potere raccontare questa storia, impigliata in un oblio concordato che credevo di non avere il diritto di scalfire.
Ma è pure molto di più.
È il racconto degli anni ‘60 e ‘70 della politica e della contestazione che lui ha vissuto tra le fila di Lotta continua, e di come hanno finito per entrare nella traiettoria d’impatto degli anni ‘80. È la storia di un crollo dell’io e, insieme, di una generazione, nell’attimo in cui perde l’innocenza. Di padri e di figli, della salute mentale di cui prendersi cura e degli stigmi e dei muri che è arrivata l’ora di picconare.
E, in un modo che neanche potevo immaginare quando è cominciato questo viaggio, è la mia storia, forse un po’ di tutti NOI.
Ne è uscita, per distacco, la cosa più importante, faticosa, dolorosa, liberatoria che abbia mai scritto. Senza sconti per nessuno, in primis per me stesso . 

Infatti« Sapere o ignorare sono forme simmetriche di salvezza.» È in questo dittico contraddittorio e duellante l’innesco del racconto dell'ultimo  libro di Lorenzo Tosa. E l’inchiesta privata e corale su Bruno, suo padre, morto suicida il 2 aprile 1986, non può che partire dall’ultimo giorno e dalle ultime ore trascorse insieme. Lorenzo aveva solo due anni e mezzo, non può ricordarle ma può ricostruirle e in parte immaginarle, e da lì avviarsi nel lungo e tortuoso viaggio per ricomporre i pezzi di una storia finora taciuta, in un’operazione di omissione concordata messa in atto dalla sua famiglia. Lo farà parlando con chi Bruno lo ha conosciuto e amato, gli amici, i compagni, le donne della sua vita; ricorrendo alla memoria e ricucendo i frammenti di Bruno arrivati fino a lui, senza sconti per nessuno e per se stesso; scavando anche nelle proprie insicurezze di bambino, di giovane adulto e di genitore a sua volta, per rispondere all’urgenza di conoscere e raccontare suo padre. C’è quindi Genova in queste pagine, c’è l’Italia degli anni Sessanta e Settanta e la generazione della politica e della contestazione, il turbinare nell’aria e nei cuori di nuovi modi di stare insieme nell’amicizia e nell’amore, e lo scontro tra i padri e i figli che sarà la cifra forse più paradigmatica di quegli anni. Dentro la vicenda di Bruno Tosa, ragazzo di trentatré anni, c’è oltre  al ricordo  ,  la riflessione, così attenta e delicata nelle parole di Lorenzo, sul crollo psichico che porterà all’esito della vicenda, sullo stigma che il disagio mentale ancora si porta dietro, sulla cronaca di una morte non annunciata. Un racconto spietato e tenero, composto di silenzi e urla rabbiose, di presenze, assenze e abbandoni. Un cerchio che si chiude, nella salvezza che solo il conoscere può garantire, avvicinandosi un pezzo alla volta «a quell’utopia che chiamiamo anche verità».Per  momento  dalle recensioni  ed  i pareri letti mi sembra  che Lorenzo   abbia    fatto  come Il figlio di Bakunìn  film del 1997 diretto da Gianfranco Cabiddu e ispirato all'omonimo romanzo di Sergio Atzeni .Aspetto con ansia   di leggerlo e  le buone  recensioni


“Caro Lorenzo, ho divorato il libro.

Inutile dire che hai una capacità straordinaria di scrittura, ma questo già era noto. La storia è veramente molto interessante e ispira molti interrogativi e riflessioni anche più ampie della vicenda stessa, ma in generale sul concetto di famiglia italiana, sui tabù, i pregiudizi e le ipocrisie della nostra cultura. I personaggi poi sono davvero affascinanti, prima su tutti l’indomabile Nina. Complimenti per il coraggio, penso che questo libro sarà utile a molte persone che direttamente o indirettamente sono state impattate dal tema del suicidio o dei segreti familiari”.

                                   Elisa 🙏❤️


fanno ben  sperare cosi  come   la brillante  e  sagace  risposta    data    da Lorenzo  sullla   sua bacheca   facebook     a degli odiatori  

Questo è il livello assoluto degli hater che popolano i social.
Profili palesemente fake, dietro cui però ci sono persone in carne e ossa, che ti augurano pubblicamente il suicidio, tirano in mezzo un figlio (sì, in realtà è un maschio) mentre tre decerebrati - questa volta sì, reali - sghignazzano di gusto. Che è, tra tutte, forse la cosa più abietta e miserevole. Guardate, non mi interessa fare la vittima, che non sono. Anzi, sono consapevole che esporsi pubblicamente attira e attirerà sempre disagiati e meschinità di ogni genere.Se ho scritto questo libro, è per arrivare alle centinaia di migliaia di persone - e sono la maggioranza - che hanno la capacità, il coraggio, l’empatia per affacciarsi a vicende umane così dolorose, intime e universali a un tempo, e uscirne accresciuti.Ho pensato a lungo a cosa avrei potuto rispondere a una vigliaccheria simile, ma, alla fine, l’unica reazione davvero sensata è sapere che, anche grazie a lui/lei, leggerete questo libro in tantissimi, come già sta accadendo. Non c’è risposta migliore per chi scrive. Non potrei chiedere di meglio per il 2024.Lo trovate in preordine qui: 👉🏼 https://amzn.to/41HJBF4 E in tutte le librerie.





acca larentia il passato che non passa

DI COSA  STIAMO PARLANDO  




Mi spiace deludere IL Signor Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ma come ormai d’abitudine, ogni anno la commemorazione della strage di Acca Larenzia diventa l’occasione per una celebrazione neofascista, e non accade solo sotto questo governo di estrema destra, cosa che dovrebbe farci seriamente riflettere sulla maturità delle nostre istituzioni democratiche. nel silenzio ( totale o quasi ) , nell’indifferenza e nell’impunità generale In centinaia, disposti in formazione militare, con il braccio teso in un saluto romano al grido di “presente” per ricordare i camerati caduti in via Acca Larentia, a Roma.Tutti lo sanno, ma nessuno interviene, come se fosse un normale raduno di militanti.Ma questo non è raduno, questo è un ritrovo dichiaratamente fascista. Questo è un reato, un crimine, una scena

semplicemente intollerabile in un Paese civile e democratico.
Sarebbe ora di di dire basta ma con i fatti non a parole a questa Ridicola la parata con procedura militare che irreggimenta le presunte truppe: chiede l’attenti, poi per tre volte ripete “per tutti i camerati caduti” e la risposta in coro è “presente”, con l’enfasi del saluto romano. Infine autorizza il “riposo” e scioglie i ranghi. Grotteschi nell’aspirazione di sentirsi per qualche minuto milizia fascista; grotteschi e ridicoli, certo, eppure non meno inquietanti.
Vedere che questa messa in scena accade autorizzata, tutelata e agevolata dalle istituzioni, dovrebbe spaventare ma ormai ci s'è assueffatti . Nulla c’entra una parata neofascista con il ricordo delle vittime del terrorismo. Lo stesso paese che procede all’identificazione di chi alla Scala grida “viva l’Italia antifascista”, che manganella studenti, che condanna al carcere chi organizza rave party, permette sul suolo pubblico questo tipo di eventi. Tutto in coerente continuità con la trasformazione autoritaria del nostro paese, dove queste pagliacciate servono a carezzare il pelo delle frange radicali di estrema destra che si sentono sempre snobbate e tradite dai “camerati” che hanno raggiunto poltrone di potere, ma che, incredibilmente, hanno ancora bisogno dell’appoggio di questi esaltati . Infatti  . Come dice Lorenzo Tosa

Questa non è l’Italia di Giorgia Meloni.
Questa è l’Italia punto. Che è e resta, come sempre, all’estremo ma anche in parte dei suoi apparati, fascista.E il governo Meloni, attenzione, non è la causa di questo scempio qui sotto, semmai la conseguenza. E la sua legittimazione.Lo voglio dire chiaro e a scanso di equivoci.Giorgia Meloni è, rappresenta, incarna politicamente e storicamente le immagini raccapriccianti di Acca Larentia.Ma quelle immagini lì, quel raduno, quegli avanzi di fognatura che fanno il saluto romano disposti in parata militare c’erano ieri, c’erano l’anno scorso, e c’erano tutti gli anni precedenti (come dimostra questo scatto) quando Giorgia Meloni neanche sognava di diventare Presidente del Consiglio. E tutti i maledetti anni pochi di noi hanno continuato a mostrarlo e denunciarlo senza che NESSUNO - destra, sinistra, centro, di sotto, di lato - abbia mai fatto nulla per impedirlo, perseguirlo o condannarlo. Tutti sapevano, ma nessuno ha mai fatto nulla. Troppo facile svegliarsi oggi e gridare allo scandalo dell’Italia ai tempi di Giorgia Meloni, troppo comodo, auto-assolutorio.Questa non è l’Italia di Giorgia Meloni. Questa è l’Italia punto. Che è e resta, come sempre, all’estremo ma anche in parte dei suoi apparati, fascista.E il governo Meloni, attenzione, non è la causa di questo scempio qui sotto, semmai la conseguenza. E la sua legittimazione.Prima lo capiamo tutti, meglio è.

Truffe digitali, ora spuntano quelle con l’intelligenza artificiale: “E io che pensavo fosse amore…”

da  Truffe digitali, ora spuntano quelle con l’intelligenza artificiale: “E io che pensavo fosse amore…” (msn.com)






«Certo che dispiace, essere ingannati. A me è andata bene, me ne sono accorta in tempo. Ma la truffa con l’intelligenza artificiale, quella davvero non me la sarei mai aspettata».Annamaria Armando è una donna coi piedi per terra. Fa l’operaia metalmeccanica, legge, ha pitturato da sola le pareti della sua casa nella campagna del Cuneese, coltiva i peperoni nell’orto, ha una vita piena di interessi. Eppure, stava per cadere in una romance scam, una truffa romantica via web, di quelle col belloccio che ti corteggia sui social per poi spillarti dei soldi
LANCIARE UN ALLARME – Cinque settimane, tanto è durata la sua corrispondenza con un fantomatico americano dietro al quale si nascondeva un’organizzazione criminale. Si è salvata grazie al suo fiuto e a un’amica che si è trasformata in detective. Ma se ha deciso di raccontare comunque a Oggi la sua storia, senza imbarazzi, è per lanciare un allarme: «Oggi la tecnologia rende tutto terribilmente reale. Anche le bugie». Ci arriveremo.Tutto ha inizio nel settembre scorso. La signora Armando ha due grandi passioni: il tiro con l’arco e gli animali. A tirare va con gli amici dell’associazione di zona, nel weekend: «È un bellissimo sport, condiviso da persone speciali».
IL GANCIO? GLI ANIMALI – Gli animali, quattro gatti in casa e tre galline nell’aia a parte, ama osservarli dovunque: nei documentari, sui social. Un giorno, su Facebook, le appare uno di quei reel che l’algoritmo di Meta invia automaticamente in base ai tuoi interessi: un volpacchiotto quasi addomesticato che si fa dare i grattini. Sotto il video, Annamaria lascia un commento minimo, («super!»), seguito da un cuoricino. «Mi aveva fatto tenerezza». Poco dopo, un uomo le risponde, in inglese: «Anche a te piacciono gli animali? Quali?».La foto è quella di un americano di mezza età, capelli brizzolati, occhi castani. Sul suo profilo Facebook c’è scritto che si chiama Jack, vive in New Jersey, è un ingegnere e fa volontariato coi disabili.




Video correlato: InPiazza, cosa ne pensano i messinesi dell'intelligenza artificiale? (Dailymotion)








































Lì per lì, scambiare due chiacchiere con uno sconosciuto su una pagina web affollata di procioni dispettosi ad Annamaria non pare poi così grave.Non che sia a caccia di flirt, tutt’altro. «Sono single e sto benissimo così». Il fatto è che alle superiori ha studiato inglese, le piaceva tanto ma poi non l’ha più praticato. «Mi sembrava una bella occasione per rinfrescare un po’ la lingua».

Truffe d’amore, la storia di Daniele suicida dopo aver scoperto l’inganno

SI PASSA SU MESSANGER – Dopo qualche messaggio pubblico, Jack la invita a proseguire la conversazione su Messenger, in privato. Dove vivi di bello in Italia, di cosa ti occupi, cose così. Lui, racconta, è un ingegnere, va in palestra, è divorziato e ha una figlia, Mia, di 13 anni. Da un paio di messaggi al giorno, la conversazione s’infittisce. Non che lo scambio sia poi questo granché: mentre Annamaria scrive delle sue letture appassionate, dell’interesse per le storie di mafia, per la meditazione, Jack non mostra di avere grandi argomenti di conversazione. Al massimo racconta della figlia, tira fuori qualche massima new age. Ripete insistentemente, questo sì, di essere un uomo facoltoso, di avere molte proprietà e “un contratto in ballo da un milione di dollari” che lo porterà presto a Londra, «così magari prendo un aereo, vengo in Italia e ci conosciamo». Ah, in vista del trasferimento nel Regno Unito Jack sta chiudendo tutti i suoi conti bancari negli Usa, “per sicurezza”.
LUI INSISTE SUI (SUOI) SOLDI - La signora Armando è perplessa: «A me dei soldi non importa nulla, perché tanti particolari?». Finché, ormai passato ai messaggi vocali (ottimo inglese, nessun accento particolare), il presunto ingegnere si mostra sempre più romantico. «Se il destino ci ha fatti incontrare un motivo ci sarà». «Sei unica». «Non vedo l’ora di baciarti».Annamaria lo ammette: avere qualcuno che ti chiama darling e ogni giorno ti manda un messaggino fa piacere. E però – donna concreta, dicevamo – resta sulle sue: «Mi pareva ridicolo: non ci siamo mai visti in faccia e scrivi che sono l’amore della tua vita? Ma dai…». Jack fa l’offeso («Perché dubiti di me?»), sparisce per giorni. Poi, sfodera l’asso: va bene, facciamo una videochiamata. L’appuntamento è per una domenica pomeriggio. Annamaria aspetta seduta sul divano, il cellulare in mano.
ARRIVA ANCHE IL VIDEOMESSAGGIO – Quando risponde, sullo schermo del telefonino appare Jack. Lui, in carne e ossa. «Il video era molto perturbato, ma era proprio l’uomo della foto: muoveva la bocca, la voce era la sua. Solo, non mi sorrideva mai, non capivo perché». Pochi secondi e la comunicazione cade. Jack richiama solo in voce («Scusa, qui c’è poco segnale»), scherza, le canta I feel good. «Non vivo sulla luna, sapevo delle scam, le truffe online, avevo anche seguito un’inchiesta in tv e soldi non gliene avrei dati mai. Ma dopo averlo visto in faccia perché avrei dovuto pensare a un inganno?».Ad aprirle gli occhi è un’amica: guarda che qualcosa non torna. Insieme si mettono a cercare sul web la foto di Jack, che ovviamente Jack non è. Il ritratto appartiene a un ex modello californiano, che con questa storia non c’entra niente.
L’AIUTO DELL’AMICA – Il copione, in compenso, è sempre lo stesso: ancora una manciata di messaggi e “Jack” avrebbe finto di aver avuto un intoppo con la carta di credito («Sai, non mi hanno attivato il nuovo conto corrente») avrebbe detto ad Annamaria che sarebbe stato così felice di venirla a trovare in Italia, certo però se lei avesse potuto aiutarlo coi soldi del biglietto…Le romance scam sono come la peste nera: +30% di casi e 5 milioni di euro sottratti in Italia solo nell’ultimo anno. Dati benevoli, badate bene, perché la maggior parte delle vittime (soprattutto donne) non denuncia: troppa vergogna.Alla fine, la signora Armando invece mette in fila tutto – il profilo di “Jack” con tre post in croce, le risposte generiche, l’insistenza sul fatto di essere ricco, il romanticume precipitoso – e blocca l’impostore su tutti i social.Resta lo stupore per la videochiamata, ed è questa la vera novità: grazie ai software di AI, oggi le gang – basi in Ghana, Nigeria, Costa d’Avorio – riescono ad animare qualche secondo di conversazione, a rendere viva anche una foto rubata. L’ho visto in faccia, era lui. Giustamente allarmata, Annamaria si rivolge alla Polizia Postale per fare una segnalazione. «Non mi hanno neanche fatta sedere in ufficio, né chiesto dettagli. “Eh, adesso fanno così”.Ma io questa cosa voglio raccontarla. Perché se ci caschi davvero, può fare male. Tanto».

Fiamma Tinelli

DIARIO DI BORDO N° 27 BIS ANNO II Chiesa Altro che coppie gay: il parroco benedice la paranza di camion del costruttore condannato per camorra ., Maria Gambarana La “staffetta” dei moti del 1821 Storia di una cospiratrice carbonara dimenticata ., ed altre storie

 




Il  duemila  e ventiquattro è appena cominciato ma nella Chiesa la battaglia anti-bergogliana dei clericali di destra continua senza pause. L’ultima trincea è quella delle benedizioni alle unioni omosessuali, poi ridimensionata dal prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, il cardinale argentino Victor Manuel Fernández detto Tucho, in modo quasi fantozziano: “Le benedizioni devono durare poco, dieci massimo quindici secondi”.Nel frattempo, nel sud d’italia, c’è una certa Chiesa che benedice tutt’altro, in linea con la nefasta tradizione degli “inchini” di sacre statue a boss e mafiosi durante le processioni. La storia l’ ha raccontata Vincenzo Iurillo sul sito del Fatto il 5 gennaio. A Sant’agnello, paesino della costiera di Sorrento, il 30 dicembre il parroco ha benedetto una “paranza” di cinque camion di proprietà di un imprenditore edile condannato a quattro anni e mezzo (già scontati)per reati di camorra. Il sacerdote si chiama Francesco Saverio Iaccarino e ha atteso la “paranza” sul sagrato della sua chiesa, intitolata ai santi Prisco e Agnello, al termine di una sfilata a colpi di clacson dei camion. Intervistato da un quotidiano web locale, Positano News, l’imprenditore ha precisato che “siamo molto cattolici”. Il video poi è stato rimosso. Non solo. Il costruttore è di nuovo sotto inchiesta per un fatto avvenuto a fine marzo, sempre a Sant’agnello (poco più di 8mila abitanti), e denunciato in Parlamento da Federico Cafiero de Raho, l’ex procuratore nazionale antimafia oggi deputato del M5S. Questo: il pregiudicato avrebbe aggredito a pugni e calci uno storico ambientalista della zona, Claudio d’esposito del Wwf. In passato, l’ecologista aveva fatto vari esposti e denunce per alcune speculazioni edilizie del suo aggressore. Dopo il violento agguato ci fu anche una mobilitazione nell’intera penisola sorrentina.
E TRA I PROMOTORI
figurava anche un sacerdote, don Carmine Giudici, che spese pubblicamente parole profonde e intense: “La vicenda di un altro povero Cristo della nostra terra, Claudio solitario e testardo difensore di una bellezza sempre più profanata e violata, anche questa ci chiede di prendere posizione, di assumere una postura, di schierarsi senza esitazione e senza cavalcare in maniera strumentale la risonanza emotiva di un momento per poi sprofondare nuovamente in un anonimato che resta indifferente se non complice di certe devastazioni violente e selvagge”. Invece.Invece nove mesi dopo un suo confratello della confinante Sant’agnello si è reso complice dello show cittadino dell’aggressore del “povero Cristo”. Qual è allora il vero volto della Chiesa di quella terra di fronte alla violenza e alla prepotenza della camorra? Quello del parroco benedicente o quello dell’altro parroco che condanna?A dire qualcosa dovrebbe essere il vescovo locale Francesco Alfano, prelato fin troppo prudente e moderato e che in penisola sorrentina ha pure abolito de facto la tradizione antichissima dell’elezione diretta del parroco. Ché in questa storia anche il tradimento della volontà popolare ha un peso: il prete che ha benedetto i camion è infatti il primo parroco, dopo secoli, non eletto di Sant’agnello.

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Il 29 gennaio del 1827 moriva a Tromello, in Lomellina, la contessa Maria Gambarana, vedova del nobiluomo cremasco Venceslao Frecavalli. Nata a Pavia nel 1789 in un casato antico, è una delle figure più straordinarie e oggi più dimenticate del nostro Risorgimento. Nel 1921, in occasione del centenario dei moti liberali di Napoli e del Regno Sardo, Il Secolo XX, rivista milanese mensile “riccamente illustrata”, rievocò nel numero di marzo alcune donne che avevano preso parte a quelle vicende. Della contessa Maria, amica di Federico Confalonieri e di Teresa Casati Confalonieri, di Bianca Milesi, di Giuseppe Pecchio, di Metilde Viscontini Dembowski (amata da Stendhal), il periodico ricordò che “ebbe l'ardire di passare disinvolta il confine [austriaco] per portare, fra le trecce de’ capelli, una lettera d’invito con la firma di parecchi carbonari che esortavano il Piemonte a varcare il Ticino. Informata di quanto si tramava, con la scusa che possedeva beni in terra piemontese faceva la spola per recar lettere e ambasciate ai cospiratori”.

Più volte fermata, “seppe sempre con disinvoltura schermirsi e sfuggire alla polizia. Quando si vide pedinata e in pericolo di cader in trappola si travestì da uomo e su un calessino da lei stessa guidato fuggì da Milano e si mise in salvo”. Era il marzo del 1821. Il sollevamento del Piemonte profumava di primavera e di gioventù, ma non avrebbe passato la Pasqua, che cadde il 22 aprile. La signora che aveva varcato il Ticino, confine fra il Lombardo-veneto austriaco e il Regno di Sardegna, aveva poco più di trent’anni, non sapeva come sarebbe andata a finire la rivoluzione e neppure se i liberali del Piemonte sarebbero entrati in Lombardia. Pensava soltanto a portare a termine la missione.

La rivoluzione naufragò. Maria Gambarana continuò a cospirare. Fermata a Torino e tradotta in Lombardia per essere giudicata dalla polizia austriaca, fu interrogata a più riprese a Milano, ma negò tutto, evitando qualsiasi ammissione che potesse coinvolgere i suoi compagni, a differenza di quanto avevano fatto altri arrestati. Dovettero rilasciarla, mettendola però sotto sorveglianza speciale. Annotarono gli inquisitori: “...le premesse imputazioni prese tutte insieme ed avvalorate dalla considerazione che la Frecavalli era amica di Confalonieri, e che non era quello il tempo proprio per una signora a far viaggi, acquistano una forza imponente, essi però non sembrano tali da poter formare un indizio legale di reità”. Ebbe anche riflesso il “sistema negativo della Frecavalli adottato nei tre suoi esami politici”.

In un opuscolo dello storico Raimondo Morozzo della Rocca, pubblicato nel 1931 e caduto nell’oblio come Maria, si narra che la nobildonna non si risparmiò neanche quando era allo stremo delle forze, mettendo a punto con Teresa Casati Confalonieri, nel 1826, un piano per liberare il conte Federico dalla fortezza morava dello Spielberg.

Il piano fallì, Maria si spense in povertà nella tenuta di Tromello. Il giornalista Raffaele Barbiera lasciò detto di lei che “tanto spese per la preparazione dei moti del ’21, che lasciò le due proprie figlie (una delle quali bellissima) in miseria. Toccò a un parente intervenire e accogliere le povere ragazze”.


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Ricca malasanità L’odissea di un lombardo costretto a emigrare (nel privato) per una tac

FOTO ANSA
 La sede della Regione Lombardia

Noi e la sanità. E diciamolo, dunque: “Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?” Fino a quando, Catilina, abuserai della nostra pazienza? Così inveì Cicerone nella prima delle sue celebri “catilinarie”, il giorno in cui il suo avversario aveva ordinato ai propri sicari di ucciderlo. Non diversamente dovremmo rivolgerci ai pubblici poteri di questo Paese, che vent’anni fa decisero di trasformare la salute degli italiani in uno dei più grandi e impuniti campi di profitto, essendo gli altri ormai saturi o inarrivabili al genio imprenditoriale italico. Così una convenzione dopo l’altra, un’esternalizzazione dopo l’altra, un soffio di ’ndrangheta dopo l’altro, il sistema sanitario che fu nostro vanto, come l’amministrazione pubblica in Francia o l’assistenza sociale in Svezia, sta diventando un gigantesco fattore di ingiustizia sociale in un Paese sempre più vecchio e bisognoso. Dopo gli eroismi dell’anno del Covid, sono caduti i veli. Lo ha registrato il monitoraggio di Nando Pagnoncelli sulle vere urgenze degli italiani, lo ha ricordato il Presidente della Repubblica nel suo messaggio di Capodanno. Fino a quando continuerà? Fino a quando sarà possibile? Certo le regioni non sono tutte uguali. In alcune, con esempi clamorosi al Sud, il dramma della malasanità è stato quasi sempre endemico.

Epperò sentite questa. Proprio in queste settimane ho potuto seguire per interposta (e disperata) persona la vicenda di un cittadino lombardo. Ossia di un abitante della

regione più ricca d’italia e che stabilmente reclama da decenni l’assoluta “eccellenza” della propria medicina. Un sistema sanitario competitivo, dove privato e pubblico concorrono tra loro, con effetti virtuosi sulla qualità dell’offerta. Questo cittadino, residente nella provincia mantovana, dovendo affrontare con urgenza un’operazione per tumore e dovendo per questo preventivamente presentare una tac a chi avrebbe dovuto operarlo, si è sentito respingere la richiesta dal sistema pubblico, e prima (semmai possa essere una ragione) del periodo natalizio. Perché nemmeno in questi casi urgenti ci sono finestre disponibili per mesi. Il signore in questione ha allora sfoderato la santa pazienza di questi momenti (“quousque tandem?”, appunto) e ha cercato di effettuare la tac nel privato. Ma neanche questa disponibilità a pagare in proprio è bastata. Niente da fare da nessuna parte, almeno nei territori in cui, a buon senso, poteva rivolgersi. Allora è passato a un’altra regione anch’essa zeppa di eccellenze, l’emilia. Ma neanche lì il pubblico aveva finestre aperte. E neppure il privato, almeno nelle province limitrofe. Finché un posto (privato) è miracolosamente spuntato nella provincia di Ferrara. Morale: un cittadino lombardo per curarsi in una situazione di estrema urgenza ha dovuto rivolgersi al sistema (privato) di un’altra regione. È dovuto emigrare. Sottolineo: è dovuto emigrare.

Una volta era il contrario, in Lombardia ci si andava a curare. Un caso accidentale? No. Mesi fa un medico marchigiano mi ha raccontato che da un po’ di tempo nella clinica per cui lavora arrivano d’estate a farsi visitare cittadini lombardi. La ragione? Nelle Marche il posto nel privato si trova prima, e in più gli interventi (sempre nel privato) costano molto meno. La scelta estiva? È dovuta alla possibilità di ammortizzare le spese di trasferta e permanenza abbinando il viaggio a una vacanza. Turismo sanitario, appunto. Così si consumano, non tutte d’un tratto, ma un gradino dietro l’altro, le celebri eccellenze. Dietro ci sono i drammi veri di malati che non si possono curare, costretti a svenarsi, o perfino a indebitarsi. E quelli di famiglie in cui i malati sono più di uno. Perché il parlamento invece di promuovere una indagine-rappresaglia sulla sanità ai tempi del Covid, non ne promuove una vera al servizio della collettività sullo stato odierno della sanità in Italia? Ah, saperlo…




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Dazn e Lega calcio Due anni di partite interrotte? Ecco l’abbonamento triplicato

Nell’estate del 2021, quando Dazn acquistò i diritti tv del campionato di Serie A scalzando Sky come partner privilegiato della Lega del pallone, il prezzo mensile dell’abbonamento era di 29,99 euro e addirittura di 19,99 per chi si fosse abbonato alla velocità della luce sottoscrivendo il contratto entro una certa data. Pagando 29,99 euro al mese – o 19,99, appunto, sfruttando la sottoscrizione-lampo –, l’utente acquistava il diritto di vedere le 10 partite di Serie A su due dispositivi anche in luoghi differenti (ad esempio, un componente della famiglia connesso da casa e un altro connesso da un luogo diverso) con la possibilità di dare la disdetta dell’abbonamento in qualunque momento interrompendo servizio e pagamento.

Ebbene, sono passati due anni e mezzo, a primo triennio ancora in corso Dazn si è assicurata i diritti anche per i prossimi cinque campionati (fino al 2028-29) e la novità, ufficializzata da Dazn nei giorni scorsi ma di cui vi avevo già fornito un’ampia anteprima, è che da oggi, anno di (dis)grazia 2024, vedere le 10 partite di Serie

A mantenendo la possibilità, per due membri delle stessa famiglia, di farlo anche da due luoghi differenti costerà – tenetevi forte – 59,99 euro al mese: il triplo rispetto ai 19,99 euro pagati dagli abbonati con sottoscrizione-lampo, il doppio rispetto ai 29,99 euro pagati dagli abbonati-standard al primo campionato, il 2021-22. Volendo, si può anche scegliere di pagare 34,99 euro mensili ma a patto che la doppia visione contemporanea delle partite avvenga dalla stessa rete internet della propria abitazione; e se si vuole mantenere la possibilità di disdire l’abbonamento in qualunque momento, i 34,99 euro mensili – che vengono pagati anche nei mesi di giugno, luglio e agosto in cui non c’è campionato – diventano 40,99.

Ricapitolando: Dazn ha a tutti gli effetti raddoppiato e in certi casi triplicato il costo del suo servizio e lo ha fatto – con la benedizione del Palazzo del calcio – dopo due anni e mezzo di disservizi e di disagi continui rifilati agli utenti. In un Paese serio, in un movimento calcistico serio, la piattaforma in questione avrebbe offerto sconti, e tante scuse, ai suoi abbonati costretti a vedere partite puntualmente interrotte dalla rotellina del buffering.

Se a questo strozzinaggio aggiungiamo il fatto che Dazn non ha nel suo bouquet la Champions League, e cioè il torneo calcistico cui il vero appassionato di calcio non può rinunciare (e per vedere il quale deve necessariamente abbonarsi a Sky raddoppiando così la spesa per il calcio in tv), la conclusione è una sola: il Palazzo del calcio sta cercando di succhiare fino all’ultima goccia il sangue alla gente. E lo fa in questo modo brutale, senza alcun ritegno e senza alcun rispetto verso chi è pur sempre la risorsa principale del suo stesso sostentamento.

Come se non bastasse, tutto ciò avviene all’indomani della decisione del Parlamento Ue di cancellare a partire dal 2025 il geoblocking dando la possibilità a tutti i cittadini europei di abbonarsi, volendo, a piattaforme straniere – scegliendo l’abbonamento e il prezzo più convenienti – anche per assistere a eventi sportivi e partite di calcio: Serie A e Champions League comprese. Insomma, siamo alla mossa della disperazione. E se il modo per combattere la piaga della pirateria televisiva è quello di attentare alle tasche della gente con rapine legalizzate a mano armata, il calcio italiano si scava la fossa con le proprie mani. Ma come si dice: chi è causa del suo mal, pianga se stesso.


DIARIO DI BORDO N °27 ANNO II .Matteo Concetti, suicida in carcere a 25 anni. La mamma: «Me l'aveva annunciato. Ammazzato dallo Stato»., In cella da quasi due anni per soli due euro, l’incredibile storia di Kelvin.,


Antonio Pio Guerra  • www.leggo.it  15 ora/e

«Mio figlio è morto per colpa loro, lo Stato l’ha ammazzato». La mamma di Matteo Concetti ci riceve fuori dall’obitorio dell’Inrca. È sera, ormai sono passate quasi ventiquattr’ore dalla morte di suo figlio. Piange ma non molla Roberta Faraglia, che da vent’anni vive a Rieti e lavora in ambito sanitario. Annuncia battaglia perché «questa è una tragedia che si poteva benissimo evitare». Se è vero che esiste un sesto senso materno, la signora Roberta aveva capito che qualcosa non andasse già la mattina di venerdì, quando ha incontrato per l’ultima volta suo figlio in una stanza di Montacuto.
Le parole choc della mamma
«A me e a suo padre ha detto: io mi impicco» racconta. Una precisa volontà manifestata anche agli agenti penitenziari. «Se mi riportate lì sotto (in isolamento, ndr) io mi ammazzo. Ho paura, non ci voglio stare» le parole pronunciate secondo sua madre. Perché Matteo soffriva anche di disturbi psichiatrici e faceva dei sogni strani. «Mi ha raccontato di aver sognato sua nonna che lo sollevava dal cappio che si era stretto intorno al collo» . Infatti Matteo voleva curarsi.
«Medicine negate»
«Con le stesse medicine che prendeva in comunità e che lo facevano star bene» dice la signora Roberta. Una possibilità che, sempre secondo lei, gli sarebbe stata negata. «Nessuno poteva prevedere un gesto di questo tipo, non essendo il detenuto di Montacuto a rischio suicidario» ha scritto il Garante dei detenuti marchigiano Giancarlo Giulianelli, ma la madre di Matteo non è dello stesso parere. «Aveva già tentato il suicidio nel 2017» ricorda. Poi punta il dito sulla sorveglianza: «Mi avevano promesso che avrebbero vigilato su di lui. L’hanno fatto?» si chiede. E annuncia battaglia. Al suo fianco c’è la squadra di Sinistra Italiana e della senatrice Ilaria Cucchi, a cui la donna si è rivolta. «Il ragazzo era incompatibile col regime carcerario. Questa storia dimostra quanto poco conti la vita umana in certi ambienti» commenta la senatrice.



In cella da quasi due anni per soli due euro, l’incredibile storia di Kelvin
the social post Pubblicato: 08/01/2024 09:35



Da un anno e otto mesi si trova in carcere per un’estorsione da 2 euro. E’ la storia di Kelvin Egubor, cittadino nigeriano di venticinque anni, recluso da venti mesi nel carcere a Poggioreale. La condanna è di cinque anni. In cella da quasi due anni per soli due euro, l’incredibile storia di Kelvin, mendicante senza fissa dimora e senza permesso di soggiorno, è difeso dall’avvocato Salvia Antonelli, che chiede la sua assoluzione e la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari in comunità.
L’estorsione da 2 euro
Secondo l’accusa, il 25enne avrebbe imposto ad un uomo il pagamento di due euro minacciando di danneggiare la cappotta della sua auto, per parcheggiare a Fuorigrotta tra via Campana e via Giulio Cesare. Tutto è accaduto nel novembre 2021. La vittima ha chiamato la polizia che ha denunciato Egubor.
Egubor non faceva il parcheggiatore abusivo in zona, ma il mendicante. Si arrangiava con piccoli lavoretti come le pulizie della strada. La difesa ha fatto notare che non ci sono testimoni del fatto, mentre il Garante dei detenuti campani Ciambrello all’edizione napoletana di Repubblica ricorda «l’assoluta sproporzione di pena rispetto ai fatti contestati». E cita la sentenza della Consulta del maggio scorso che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del reato di estorsione nella parte in cui non prevede una diminuzione di pena non eccedente un terzo quando il fatto «risulti di lieve entità per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo». La sesta Corte d’Appello deciderà oggi il destino del cittadino nigeriano. «Spero solo di poter uscire dal carcere e ricominciare a vivere. Ma ci crederò soltanto quando senttirò bussare alla porta della cella e una voce mi dirà: “Sei libero”», dice Egubor.




7.1.24

Filosofia dalle scuole elementari ? secondo me si ma con giudizio

 sfogliando  il sito https://www.dols.it/   ed  in  articolare  i  tag    del  sito  Filosofia pratica Archives mi  sono  imbattuto   nell'articolo sotto   proposto      di Maria  Giovanna  Farina  



Vero quanto  dice la  studiosa sarebbe  positivo introdurre  lo studio ella  filosofia  fin  dalla  scuola elementare  primaria  perchè : <<   con la viva speranza che potrà aiutarci, chiederle di sciogliere i nodi dell’anima attraverso la sua cura, una cura che diventa un prendersi cura.>> Ma   a mio  avviso ,  da semplice  profano    e   d'antiaccademico   non  c'è bisogno  di metterla  come materia     scolastica   obbligatoria   erchè  si  corre anche  il rischio    di  farla  odiare o  a rifugiarsi  nel non pensare   o non farlo  con la  propria  testa  . Lo si può anche  fare  in maniera     non accademica  \ scolastica  . Possono  , perchè  secondo me   la  filosofia  è anche   spirito critico  come  ha  evidenziato   la  serie  tv  un professore   (  con  Con:Alessandro Gassmann,Claudia Pandi  Gasman fin ora  2  stagioni  )    dove un    insegnante di filosofia di Roma [  Alessandro Gasman  ] apre la mente dei propri studenti attraverso idee poco ortodosse.
  , farlo anche  i  genitori  o gli ediucatori  (  centri  sociali   , parocchie   , ecc )  o   insegnanti   non  di filosofia  . 
A   voi   l'articolo  in questione   .



La Filosofia è una buona madre 
DA MARIA GIOVANNA FARINA ON 28/12/2023FILOSOFIA PRATICA




Possiamo rivolgerci alla filosofia come se fosse una persona reale e, con la viva speranza che potrà aiutarci, chiederle di sciogliere i nodi dell’anima attraverso la sua cura, una cura che diventa un prendersi cura.
L’incontro con la Filosofia dovrebbe avvenire il più precocemente possibile, i primi passi in questa affascinante materia si possono già muovere alle elementari quando è più naturale familiarizzare con la culla originaria di tutte le scienze. Solo lei, come una “buona madre”, è in grado di tenerle unite nel grande albero della conoscenza. L’idea dell’albero l’ho “rubata” al filosofo e matematico del ‘600 René Descartes (Renato Cartesio) al quale dobbiamo l’acuta rappresentazione del conoscere come un grande albero in cui la filosofia è il tronco mentre le altre scienze sono i suoi rami. Il tronco-madre genera i rami-scienze permettendo loro di evolversi e di rinnovarsi producendo sempre nuove foglie, tenendo presente che senza il tronco ciò non sarebbe realizzabile. Eppure la “buona madre” dopo aver ramificato e dato alla luce il sapere rimane sconosciuta per molti anni proprio nel periodo cruciale della formazione quando il suo aiuto sarebbe prezioso. A scuola tutte le discipline si apprendono a piccoli passi: per giungere all’algebra si parte dall’aritmetica, per cimentarsi nella scrittura di un tema si inizia dall’alfabeto e per studiare Socrate da dove si è partiti? Manca l’iniziazione. E pensare che, già tre secoli prima di Cristo nella Lettera a Meneceo, Epicuro invitava ad un precoce studio: “Il giovane non deve aspettare ad occuparsi di filosofia e il vecchio non deve stancarsi di farlo. Poiché nessuno è mai troppo giovane o troppo vecchio per la salute dell’anima”. Essere filosofi è una forma mentale, un modo di essere già riconoscibile nell’infanzia e scoprirne le prime avvisaglie è un compito importante da saper svelare, da portare alla luce come un dono prezioso della vita.
I bambini sono predisposti a questo tipo di argomentazione e la loro capacità di giungere alle cose con spontaneità, senza lasciarsi irretire da vuote speculazioni, dovrebbe essere alimentata precocemente. Ogni adulto interessato alla loro crescita armonica può assumersi questo compito e, attraverso iprimi passi, acquisire i semi da deporre. Più i semi saranno ricchi di amore per il sapere (filosofia significa amore per la sapienza) più saranno adatti a far nascere una conoscenza che va in tante diverse direzioni. La Filosofia con il suo dar-da-pensare può aprire la mente alle più disparate realtà insegnando a guardare oltre il proprio limitato punto di osservazione. Con questo auspicio, auguro a tutte le lettrici e ai lettori di Dol’s magazine un buon e filosofico 2024.



5.1.24

incominciamo bene . anno nuovo problemi vecchi . i femminicidi e laviolenza sulle done continua


L’ha prima strattonata, poi afferrata e trascinata per i capelli, lanciata a terra e, una volta lì, colpita con un pugno in faccia,
Un’aggressione di questa violenza è gravissima per qualsiasi donna, ma lo è ancora di più se si pensa che Anna Procida è un’infermiera, al pronto soccorso del San Leonardo di Castellammare, e la sua unica “colpa” è quella di aver invitato i parenti di un paziente ad accomodarsi in sala d’attesa.
È stato sufficiente quel semplice invito a scatenare la furia di uno di loro, che le ha lasciato naso e labbra spaccati e un dente rotto.
In un solo episodio ci sono due delle violenze più intollerabili e diffuse: quelle nei confronti del personale medico-sanitario, costretto spesso a lavorare in trincea, sottoposto ad aggressioni verbali e fisiche quotidiane, spesso senza la minima protezione.
Ma anche, come ha ricordato la stessa Procida, nei confronti delle donne.
“Non solo non si è fermato davanti a una donna” ha detto al Corriere del Mezzogiorno, “mi ha pestato proprio perché donna”.
Piena solidarietà ad Anna Procida e a tutti i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari in prima linea. Non serve chiamarli “eroi”, per poi abbandonarli a loro stessi.

Tigri romantiche, trapianti suini, bestemmiatori fatali, smemorati fedeli, babbi Natale atletici, docenti truffaldini e omicidi su Google

Il prof di Economia si laurea in Fisica sfruttando un errore e gli esami di un omonimo L’accademico dell’anno è il prof. Sergio Barile, doce...