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23.3.11

la storia di Franca Viola farà cambiare ide alle nuove gatte morte dei festini d'Arcore















in tempi di bunga bunga e meretricio sempre obbligato o ricattatorio sempre più incalzante e diffuso voglio raccontare la storia di Franca Viola di una donna coraggiosa che con i suoi NO cambiò la legge e il costume maschilista dell'epoca che permetteva nel caso di violenza \ stupro un matrimonio riparatore . Una storia che le giovani gatte morte ( metaforicamente parlando ) dei festini del vecchio bavoso che va minorenni e della sua congrega d'amici e dei loro genitori mai sazi di prebende e denaro facile sembrano ignorare o considerare retaggio del passato, disposti ad immolare le proprie figlie all'altare della celebrità e della ricchezza , gettandole fra e braccia (e non solo) potente anfitrione di turno .


La storia avvenne , ma visto il clima culturale del nuovo edonismo e del successo a tutti i costi sembra oggi , a metà degli anni ' 60 a d Alcamo in una Sicilia ( ma poteva essere una zona qualunque del meridione e del sud dell'Italia del tempo ) rurale ed arretrata ma che fu proprio grazie a Viola e a suo padre capace di ribellarsi e d ad infrangere un tabù quello "dello stupro istituzionalizzato \ legalizzato " lo Stato Italiano la supportava nel codice penale. Il vecchio articolo 544 (abrogato solo nel 1981) ammetteva il "matrimonio riparatore", considerando la violenza sessuale come un oltraggio alla morale e non alla persona. L'accusato di delitti di violenza carnale, anche su minorenne, avrebbe avuto estinto il reato nel caso di matrimonio con la persona offesa. Insomma Melodia aveva la legge dalla sua parte e soprattutto la tradizione.. E poi ridotto \ sminuto fino alla nuova legge sulla violazione sessuale agli anni '90 ( ma questa è un altra storia ) considerato dai codici come reato contro il patrimonio e non come ora contro la persona .Gli ulteriori particolari della storia sono presi da ricerche in rete .
Fra le notizie degne di menzione, in quel volgere di anno 1965, la storia di Franca Viola sembra oggi sepolta da una miriade di fatti “più importanti”: proprio negli stessi giorni infatti l’Italia viene messa in allerta da una intervista al democristiano La Pira che dalle pagine del Borghese tuona contro l’amico Fanfani: “Attenti sarà il nuovo De Gaulle!”
Fra velleità golpiste, o solo dirigiste, e il boom di vendite dei televisori (il 49% degli italiani ne possiede uno) sembra strano pensare che una vicenda personale, piccola piccola, accaduta oltretutto laggiù, in Sicilia terra di emigrazione e malavita (basti pensare alla torinese La Stampa che tuona: “Attenti i criminali sono tutti figli di immigrati”) ed accaduta a una giovane di 18 anni possa essere ricordata per anni e diventare anzi l’alba di un nuovo atteggiamento delle donne verso leggi retrive e assurde oltre  che discriminanti 
Ammesso per legge il matrimonio riparatore (art.544), considerata la violenza sessuale un oltraggio alla morale e non alla persona, è chiaro che Franca Viola, 18 anni, residente a Alcamo, non possa desiderare altro che sposarsi dopo essere stata rapita e tenuta nascosta per otto giorni da un guappo del paese, tale Filippo Melodia.
Il giovane infatti, respinto dalla ragazza, ha una bella pensata: la rapisco, la violento e poi la sposo ( magari mi faccio aiutare da 12 amici caso mai dovesse ribellarsi). E anche se lei dovesse opporsi, il padre acconsentirà, ne va dell’onore di una famiglia.
nella  foto grande dietro le  sbarre   i rapitori e sotto  a  sinistra lei   foto presa  da n °1 BBC di history aprile  2011
 Ma le cose non vanno proprio così, e forse una “questione privata”, per dirla con il titolo di un libro di Fenoglio uscito proprio quell’anno, diventa una questione pubblica che più pubblica non si può.
Il padre finge di acconsentire alle nozze e concorda, con i Carabinieri di Alcamo, una trappola: quando il Melodia scende in paese attorniato dai suoi ‘bravi’ e con la donna al seguito, scatta la trappola: ad attenderli c’è il padre con i Carabinieri. Filippo Melodia viene condannato a 11 anni di carcere ridotti poi a 10.
Nel 1968 Franca Viola sposerà, adesso si per scelta, il giovane Giuseppe Ruisi. Melodia invece, uscito dal carcere nel 1976, finirà assai male: il 13 aprile del 1978 si ‘scontra’ con una lupara e muore.
Nel 1970 anche il cinema onorò Franca Viola e il regista Damiano Damiani girò con Ornella Muti il film La sposa più bella.

Approfondimenti:
Intervista a Franca Viola
Biografia scaricabile
Libro sul caso Viola
Tesi di laurea su Franca e il costume negli anni Sessanta

il secondo  dalla  voce  Franca  viola di Wikipedia 

Il 26 dicembre 1965, all'età di 17 anni, Franca Viola, figlia di una coppia di coltivatori diretti, venne rapita (assieme al fratellino Mariano di 8 anni, subito rilasciato) da Filippo Melodia, un suo spasimante sempre respinto, imparentato con la potente famiglia mafiosa dei Rimi, che agì con l'aiuto di dodici amici. La ragazza venne violentata e quindi segregata per otto giorni in un casolare al di fuori del paese; fu liberata con un blitz dei carabinieri il 2 gennaio 1966.
Secondo la morale del tempo, una ragazza uscita da una simile vicenda, ossia non più vergine, avrebbe dovuto necessariamente sposare il suo rapitore, salvando l'onore suo e quello familiare. In caso contrario sarebbe rimasta zitella, venendo additata come "donna svergognata".
All'epoca la legislazione italiana, in particolare l'articolo 544 del codice penale, ammetteva la possibilità di estinguere il reato di violenza carnale, anche ai danni di minorenne, qualora fosse stato seguito dal cosiddetto "matrimonio riparatore", contratto tra l'accusato e la persona offesa; la violenza sessuale era considerato oltraggio alla morale e non reato contro la persona.
Ma, contrariamente alle consuetudini del tempo, Franca Viola non accettò il matrimonio riparatore. Suo padre, contattato da emissari durante il rapimento, finse di acconsentire alle nozze, mentre con i carabinieri di Alcamo preparavano una trappola: infatti, quando rapitore e complici rientrarono in paese con la ragazza furono arrestati.
Subito dopo il fatto, la famiglia Viola, che aveva contravvenuto alle regole di vita locale, fu soggetta ad intimidazioni: il padre Bernardo venne minacciato di morte, la vigna fu rasa al suolo ed il casolare annesso bruciato.
Il caso sollevò in Italia forti polemiche divenendo oggetto di numerose interpellanze parlamentari. Durante il processo che seguì, la difesa tentò invano di screditare la ragazza, sostenendo che fosse consenziente alla fuga d'amore, la cosiddetta "fuitina", allo scopo di mettere la propria famiglia di fronte al fatto compiuto per ottenere il consenso al matrimonio.
Filippo Melodia venne condannato a 11 anni di carcere, ridotti a 10 e a 2 anni di soggiorno obbligato nei pressi di Modena. Pesanti condanne furono inflitte anche ai suoi complici dal tribunale di Trapani, presieduto dal giudice Giovanni Albeggiani. Melodia uscì dal carcere nel 1976 e venne ucciso, nei dintorni di Modena, da ignoti con un colpo di lupara il 13 aprile 1978.
Franca Viola diventerà in Sicilia un simbolo di libertà e dignità per tutte quelle donne che dopo di lei subirono le medesime violenze ed ebbero, dal suo esempio, il coraggio di "dire no" e rifiutare il matrimonio riparatore.
Franca Viola si sposò nel 1968 con il giovane compaesano Giuseppe Ruisi, ragioniere, con il quale era fidanzata, che insistette nel volerla sposare, nonostante lei cercasse di distoglierlo dal proposito per timori di rappresaglie. La coppia ebbe due figli: si trasferì a vivere a Monreale per i primi tre anni di matrimonio, per poi tornare ad Alcamo.
Giuseppe Saragat, Presidente della Repubblica, inviò alla coppia un dono di nozze per manifestare a Franca Viola la solidarietà e la simpatia sua e degli italiani. In quello stesso anno i due sposi vennero ricevuti dal papa Paolo VI in udienza privata.
Il regista Damiano Damiani, nel 1970, realizzò il film La moglie più bella, ispirato alla vicenda e interpretato da un'esordiente e giovanissima Ornella Muti.Franca Viola ha due figli e una nipote e vive ad Alcamo.
Passeranno ancora sedici anni per l'abrogazione di quella norma inutilmente invocata a propria discolpa dall'aggressore: l'articolo 544 del codice penale sarà abrogato dall'articolo 1 della legge 442, emanata il 5 agosto 1981, che abolisce la facoltà di cancellare una violenza sessuale tramite un successivo matrimonio.

Ora care ragazze che volete fare le veline e non , prendete esempio da questa storia di una ragazza ( all'epoca dei fatti ) che  Personaggio simbolo della libertà e dell'emancipazione femminile, fu la prima donna a rifiutare il matrimonio riparatore con colui che l'aveva violentata. coraggiosa che ha cambiato non solo le leggi ma anche i costumi che ora rischiano di essere nuovamente messi indiscussione dal vostro accondiscimento che vi portare ad accettare passivamente le brutture imposte da vili .
Concludo questo mio sfogo consigliandovi la lettura , io ho pianto dall'inizio alla fine , di quest'opera di Massimo Carlotto che descrive ampiamente e benissimo il mondo di ruby e company , scritto in tempi non sospetti e prima degli scandali sessuali del nostro ( anche se io non l'ho votato è stato democraticamente eletto ) presidente del consiglio . Ecco la trama <<  Il racconto teso e vibrante di una "quotidiana" tragedia familiare. Sullo sfondo la Torino dei quartieri operai che operai non sono più. L'arrivo e la difficoltà di convivenza con gli extracomunitari. La mancanza di lavoro. La totale assenza di prospettive di vita di "qualità": la pensione, la difficoltà di sbarcare il lunario quando non si è più produttivi. L'essere consumatori, comprare per essere vivi. L'assenza di strumenti culturali per opporsi allo squallore dell'esistenza. La tv modello e unico sbocco e sfogo. Lo stato che non è più in grado di garantire diritti e servizi cosicché le contraddizioni esplodono all'interno della famiglia. >>
e lasciandovi alla canzone iniziale di Renato Zero che poi è anche la colonna sonora del post d'oggi .Non  so che altro dire   se non le  parole della stessa  Franca  Viola  che  dovrebbero servire  da  monito allle  ragazze  d'oggi  : 
<<
Non fu un gesto coraggioso. Ho fatto solo quello che mi sentivo di fare, come farebbe oggi una qualsiasi ragazza: ho ascoltato il mio cuore, il resto è venuto da sé. Oggi consiglio ai giovani di seguire i loro sentimenti; non è difficile. Io l'ho fatto in una Sicilia molto diversa; loro possono farlo guardando semplicemente nei loro cuori 
>>
             

22.3.11

tempio pausania II giornata delle camelie il 19.3.2011

i 150 dell'unità d'italia ed io [ se invece di dividerci su questione di lana caprina facessimo di più contro chi la denigra ]




In questi giorni   facendo , uso inernet  e l'email da un pc  esterno al mio , un po' di pulizia  nella posta  eletronica  , eccovi alcune  email    riguardanti il  mio post  sui  150   del nostro  amato\ odiato bel paese
 dici che non  c'era niente da festeggiare   e poi sei caduto  anche  tu nella  trappola  delle celebrazioni .
 Sei un ipocrita  sputi ed  insulti la patria   e poi  la celebri  ?   sei ipocrita (  questa la pubblico interamente  perchè  mi fa troppo ridere  in quanto la persona  non ha  capito un   di  me  o  è  di quelli che  guargente  con i  paraocchi  dell'ideologia ) << come  la sinistra   che  si scopre patriotica. Mi fate  amaramente   ridere per non dire  peggio  per  come  all'improvviso vi coprite   patriotici . Quandi  Fino a pochi anni fa, a parlare di patria e tricolore eravamo noi  di destra .Infatti fino all'anno scorso ,vedere l'ìopera da lei citata nel  suo post precedente ,chi parlava più del Risorgimento? Quest'anno è  di moda   riempirsi la  bocca  ed  esternarlo , forse  perchè  èil 150° anniversario  del nostra  amata patria.
L'anno prossimo tornera'nell'oblio. Non si erano mai viste persone di sinistra inneggiare al tricolore, ma  solo insultarlo. Ma adesso c'è¨ la Lega e quindi: "Contrordine Compagni! Viva il tricolore!"Se non è ipocrisia questa  caro   Amico .>>
Inoltre mi è stato  chiesto : << Dici  d'essere  sardo prima  che  italiano  e poi celebri l'oppressore  o non metti insieme  alla bandiera  tricolore  neppure  una sarda  ? chde cosa  c'è da festeggiare 80 anni di Savoia, 20 di fascismo, 50 di DC, quasi 20 di fra  falsa opposizione  e berlusconismo.
Non c'è molto di cui esser fieri ma ci fu un momento in cui davvero "sentimmo l'amor per la patria nostra". W la resistenza, w la lotta partigiana, w l'Italia antifascista!

Inn parte è  vero  quello che  dicono quelli che  mi dicono cosa  ci sia da festeggiare e quello che dicevo nel post precedente  su cosa  è stato per  noi Sardi .Infatti Scrisse Antonio Gramsci nel 1920, sull'Ordine Nuovo, queste parole: "Lo stato italiano è stato una dittatura feroce, che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti".
Non Aveva tutti i torti . Ed è anche vero che il Risorgimento non fu per niente o quasi una "rivoluzione di popolo",in quanto  quelli che  loro  furono furono emarginati  ed isolati  dopo essere stati usati   e che fu usato dalla monarchia sabauda per costruire sì uno stato unitario, ma nell'interesse di una borghesia gretta e ottusa, subito pronta ad allearsi con i latifondisti meridionaliopposizione  e, reazionari e sanfedisti. Il fascismo nacque, figlio carnale, da quella alleanza.Ma ,eppure <> come  dice  Giulietto Chiesa in http://www.nuovasocieta.it << potrebbe ancora essere, dopo 150 anni, una cosa diversa dall'immonda decadenza cui è stata costretta, o ( hanno chinato la testa) a cui si è assoggettata. Lo prova la Costituzione di cui si è dotata, dopo la caduta del fascismo.>>
E poiché vedo, con raccapriccio, chi sono coloro che oggi insultano il tricolore, i lanzichenecchi della Lega; e poiché vedo chi è, e di che pasta è fatto, l'eversore che guida il governo d'Italia, contro la Costituzione, allora non posso che stare dalla parte del tricolore (anche se non mi piace granche   troppo retorico andrebbe riscritto , riadattato ad  oggi  e lasciato intatta  la musica  per altro bellissima ,  come  è stato fatto  con l'inno nazionjale  della Csi ex Urss    dove la musica  è rimasta  intatta  ma ma  hanno  cambiato il testo   =   dee della Resistenza, che quella Costituzione promosse.Hon ricordato , scondinando nelle celebrazioni lo ammetto   il 150esimo anniversario del nostro Paese: per difendere la sua unità (contro gli organizzatori potenziali della guerra civile) ; la sua democrazia (anche se così tanto minacciata e  rimessa  indiscussione     da 60 anni a questa  parte  ); quel poco di giustizia sociale che ancora resta (anche se così tanto offesa).
Tornando a Gramsci: è un "casamatta", nella quale difenderci e dalla quale, appena possibile, riorganizzare la controffensiva contro chi  offende e  vuole riscrivere  anzichè  studiarla  a  360°nel bene e nel male   la  storia
Per  quanto riguarda la mancata esposizione   della bandiea  sarda  con quella tricolore , non l'ho fatta  perchè  : 1) non ne  avevo  , e non ne  ho trovato ; 2) non sapevo se usare  quella classica   istituzionalizzata  erroneamente dallla dc  e poi di nuovo  dalla pdl  o  quellla  riformata da Soru ( qui e qui  maggiori news  sulla diatriba  ) oppure quella  dell'albero sradicato insegne del  regno giudicale d'Aborea  che  si ribella  all'aragona .E poi sinceramente , non è  mica  necessario  un simbolo  o ( in questo  caso ) una  bandiera  per   dimostrare  la  propria identità  .
Per  quanto riguarda il tricolore è dovuto alla mia è una resistenza antropologica-culturale  prima ancora che politica. Mi rivolta l'idea maniacale di doversi proteggere da tutto, odio il dogmatismo delle tradizioni (radici di questo e di quello da tutelare a tutti  i costi  ), prendo a calci dalla mattina alla sera il concetto fascista di identità chiusa , irrido il timore  dell'alterità in qualunque forma si presenti, specie se è quella umana, detesto il culto del lavoro (il "fare") come sostanza etica dello stare insieme mi offende ( anche se  non sono   da qualche anno   tanto praticante  ) vedere la religione ridotta a marcatore identitario  ed usata a proprio uso  e consiumo per  giustificare un ideologia  xenofoba e razzistica  Tutto l'impianto ideologico del leghismo incarna alla massima potenza il contrario del mondo che cerco di costruire. Questa resistenza è patrimonio civile di molti sul territorio italiano, e so che  tanti ( me  compreso ) hanno messo il tricolore alla finestra non tanto per dimostrare di essere italiani, quanto per affermare simbolicamente di non essere leghisti.Infatti << (...)  Camminavo per le strade notturne di Santarcangelo di Romagna al ritorno da una conversazione pubblica con Emiliano Visconti nella biblioteca comunale, e parlavamo proprio di come la presenza di istanze razziste e incivili, distruttive del più elementare stare insieme da persone umane, abbia costretto persino un internazionalista come lui, uno che non ha mai subito il fascino della retorica della patria e di quel che si porta dietro, ad aver voglia di tricolore, manco fosse il solo scudo rimasto contro la deriva xenofoba e reazionaria che sta alla base della spinta popolare leghista.( .... dalla  nota  su fb  diMichela  Murgia   ) . Infatti  io  che consideravo e  ancora  lo faccio  nonostante  tutto 

E poi ---  qui mi rivolgo alla lettera  di  ***** che mi accusa d'ipocrisia ---  del risorgimento la  sinistra ne  ha  sempre parlato di risorgimento ed patria  non in maniera manifesta  e acritica folkloristica  usata  per  giustificare  le  guerre imbelli e colonialistiche ed  imperialistiche  (  come si diceva  un tempo )  cioè  sintetizzando  : << (...)nei miti eterni della patria o dell' eroe (...) nei campi di sterminio dio è morto,coi miti della razza dio è morto >>. Mentre la  sinistra   e non solo  ha  un concetto  diverso  di patria ( anche  se   io credo  che   bisogna  parlare  di patrie   vista  la diversità  da regione  a  regione   ancora  da li avvenire e da costruire    ) ecco   come   (   riporto solo  l'ultimo  che  in sintesi a mio  avviso   li rappresenta  tutti     di cui trovate  i  video  nei vari url )   noi della sinistra  vediamo la patria   : il piave  (1 2 ) bella ciao, il sentiero  (  dei Mcr ) ,linea  gotica (  ex Csi ) viva l'italia (  de  gregori )  povera patria  (  di battiato )
 


con questo  è  tutto  alla  prossima

18.3.11

incredibile a 103 va ancora in bici

la bellezza non ha tempo IL Nabucco di giuseppe verdi

Ieri  17 marzo ho  visto il nabucco di Giuseppe Verdi , rinunciando  senza gosso sacrificio , tanto la  si può volendo   rivedere  in rete  alla  più noiosa e  soporrifera  (  non per  gli argomenti trattati  , ma  per  i soliti ospiti  chiamati ad intervenire  ) trasmissione di Annno zero che  ormai vedevo tra un abiocco  o zapping  e l'altro per le  vignette di Vauro
Essa  è stata l'occasione per avvicinarmi senza  pregiudizi e  a  360° alla Lirica  . Riavvicinarmi perchè  sono cresciuto  in una famiglia che mi ha trasmesso  (  i miei nonni paterni ed i loro parenti  e fratelli  almeno quelli che  ho conosciuto direttamente  o  indirettamente tramite  mio padre , ed  mia  zia materna  ) la passione  , anche se  in  realtà ,  forse causa testi  oltre  che i miei problemi d'udito  e  culturali  ( infatti la lirica va seguita  con un testo ) ne ascoltavo e mi lasciavo trascinare  da alcuni pezzi come l'atto  III  del nabucco



o dalle musiche  o dalleinterpretazioni tipo  quelle  della Callas .Ascoltandolo e leggendo i sottotitoli dell'opera di Verdi n  in questione  affermo che le opere  classiche non sempre  sono stuchevvoli e  barbose  .L'opera  in questione  sarà pure bibblica  e avrà la collocazione di un'autorità di tipo religioso, l'inflessibile pontefice Zaccaria, a capo della fazione ebrea. Una prospettiva non condivisa da Verdi, la cui simpatia e il cui interesse di drammaturgo vanno soprattutto verso le figure più complesse e tormentate del tiranno babilonese e di Abigaille.Infatti pochi forse sanno che, in origine, il nome dato da Giuseppe Verdi alla sua opera fosse
 "Nabuccodonosor" ma, data la lunghezza dello stesso sulla locandina, venne diviso in due righe e cioè "Nabucco" e, a capo, "Donosor" ma la gente faceva caso solo alla prima riga. Da qui la diffusione del nome dell'opera fino ad oggi come del "Nabucco".Ed il tema risorgimentale  è indiretto ed incentrato soprattutto su due  fatti .Il primo  il famosissimo coro Va', pensiero, sull'ali dorate, intonato appunto dal popolo ebreo. Il resto del dramma è invece incentrato sulle figure drammatiche del re di Babilonia Nabucodonosor II e della sua presunta figlia Abigaille. Il secondo   che il librettista Solera aderì alla battaglia risorgimentale da posizioni neoguelfe.
Ma d'altronde   quando un regime o  una  dominazione  straniera controlla anche la  cultura e  tutte le forme  d'epressioni artistiche  bisogna  giocare sul filo di lana  ed usare la  fantasia  onde  evitare censure  ed repressione .
Molto curata la contestualizzazione   storico\culturale  fatta in studio  fra un atto e l'altro.Un opera di grande passione civile specie  nel coro   del terzo atto    e  se  ci pensiamo  di  grande attualita ,  nel   se ci pensiamo bene   come  dimostra  sia  da questo video e  quello riportato sotto



Da  profano  ed impedito problemi  d'udito e un insegnate caprone  e stizzosa  di educazione musicale   alle medie le  musiche  e  le interpretazioni dei cori  e  dei singoli personaggi  mi sono piaciuti  e mi hannpo  emozionatoproprio come   quando Julia Roberts in pretty woman.viene  portata  all'opera da  Richard Gere Concludo affermando  che  è  una delle opere  , più intese  della  cultura  del nostro  amato-odiato risorgimento e più attuale  che mai

approffondimento
testo  e curiosità sull'opera http://it.wikipedia.org/wiki/Nabucco

17.3.11

Giovine Italia


"Esce di mano a lui che la vagheggia/prima che sia, a guisa di fanciulla/che piangendo e ridendo pargoleggia,/l'anima semplicetta che sa nulla,/salvo che, mossa da lieto fattore,/volentier torna a ciò che la trastulla" (Purg., XVI).

Buon compleanno, Italia. Giovine Italia. Sei ancora come quella fanciulletta descritta da Marco Lombardo. Sei "un'anima semplicetta che sa nulla", e che "di picciol bene in pria sente sapore", smarrendosi poi, come nel giardino dell'Eden dopo il peccato di conoscenza. Così, d'improvviso, prima ancora di diventare adulta, ti sei ritrovata vecchia, stanca, spogliata e sterile. "Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?". Hai la Costituzione più bella del mondo, e per quella fame inesperta di vitalità diffusa e infantile permetti pure che la dileggino. E ne ridi, o te ne disinteressi esausta. I tuoi sono i peccati dell'inesperienza e dell'accidia, eppure la tua storia è antica. Culla d'Europa, si diceva con qualche ridondanza. Ma sei restata in culla. Hai accettato di farti violentare da oppressioni, dittature, atarassia e ti sei ninnata in quello stato di soggezione in cui ti ha mantenuto la gerarchia ecclesiastica. Ventre molle d'eterna madre, per una figlia mai svezzata. Italia che oggi vorremmo tornare a definire patria; vocabolo scrostato dagli orpelli nazionalistici e reazionari in cui l'aveva confinato il fascismo e scandito - assieme al celebre Inno del giovane Mameli - nei cori di chi, oggi, si batte per salvare lo Stato di diritto, l'eguaglianza delle leggi, la parità tra i cittadini. Italia che, per questo, sarebbe molto più Matria, e se lo fosse, oggi, ci troveremmo in un grembo adulto, cosmopolita, fecondo. E l'avevano compreso non solo le grandi figure di Garibaldi, Cavour e Mazzini, ma le stesse protagoniste di quegli anni, ancora integre per la scoperta: Anita Garibaldi Ribeiro , prima rivoluzionaria che moglie dell'Eroe. Prima brasiliana che italiana, e per questo, più fortemente nostra. L'unica donna tumulata nel Gianicolo, emblema dell'Indipendenza, è un'extracomunitaria, consorte di un uomo forse troppo vasto per un mondo solo: gliene occorsero, in effetti, addirittura due. Italia terra d'oppressi e perciò in prima fila accanto agli oppressi di tutti i tempi: lo affermava Mazzini e oggi quell'Italia dovrebbe stare accanto ai rivoluzionari arabi e a tutti i popoli che si battono per la democrazia. Non stupisce che a quest'idea di nazione, ma non di nazionalismo, siano del tutto estranee la sindachessa di Milano Moratti e la sua alleata Lega, che l'altro ieri ha preferito rimanere alla buvette mentre in Consiglio comunale, si eseguiva l'Inno di Mameli; mentre la cosiddetta prima cittadina si esibiva dalla sgallettata Barbara D'Urso, a Pomeriggio Cinque, ballando una sfrenata Waka waka. A quest'ultimo personaggio non dedichiamo una riga in più. La sua stretta e particolaristica visione, del resto, è arcitaliana, anzi, italiota: di quell'altra Italia che si rifiuta di crescere, di quell'Italia pargoletta, ineducata, afasica, di quell'Italia levantina e pigra, malgrado si fregi di sano realismo padano. L'Italia adulta, invece, è ancora accennata. In Anita, ma anche in Cristina Trivulzio di Belgiojoso , femminista, politica, scrittrice, e in un uomo, quel Salvatore Morelli , mazziniano, che condivideva col suo maestro, l'insegnante che amava la chitarra, l'idea che una nazione non può essere davvero libera senza il contributo delle donne.

Buon compleanno, Italia. Sei un disegno incompiuto che vorremmo, anzi vogliamo, completare già qui, ora, in questa vita.



N. B.
: Nelle foto di questo servizio, alcuni momenti della mostra Italia Donna, realizzata dall'associazione Riciclando e ospitata a Bresso (Milano), nei locali dell'ex-ghiacciaia.





(Pubblicato anche da
MenteCritica)

16.3.11

Nata per unire - Buon compleanno Italia!

i 150 dell'unità d'italia ed io


Come  ho  già accenato  nel mio  fb  in cui mettevo come  foto del profilo questo manifesto   per  i  150  . foto scattato in una  cartolibreria  di una mia concittadina 

ricordo  e   celebro   i  150 anni  dell'unità perchè nel bene  e  male si tratta  nella  nostra storia  . Ma allo  stesso  tempo , anche se  ho esposto ( foto sotto ) nei miei  balconi , nelle vetrine  del  nostro negozio





per reazione a chi  insultando quel simbolo  ripudia il prezzo storico  e sociale  ( guerre , lotte  sociali  ,  emigrazione  verso le  Americhe  e l'Australia  definitiva  per la maggior  parte  dei  casi   ) e sociale . Ma  senza  grandi festeggiamenti  , retorici ed  ipocriti  per  di più . E poi mi chiedo cosa ci sia  da festeggiare   con  una La classe politica fa schifo,che sta distruggendo il paese , e con dei suoi rapressentanti  ( i leghisti  )   che dicono non mi sento \  non mi riconosco nell'Italia però  alle prebende  e privilegi e ruoli politiic  non ci rinuncio  . Un paese dove la vita  è  carissima,a causa  dell'imbecillittà  di reagire  alle caste  e  ai privilegi  dei  gruppi   di pressione (  confindustria  , vaticano  , ecc )    e tagliano sui servizi e la  cultura  anzichè  su stipendi  e buono uscite faraoniche  e da  nabbambi . 
La giustizia non esiste o se esiste è lentissima,per  gli amici degli amici  s'interpreta  e si cavilla  con leggi ad  personam  , per poveri diavoli s'applica  implacabilmente  .,  il lavoro è sempre di meno e la disoccupazione è a livelli altissimi.
La macchina statale con tutti i suoi impiegati di tutti i settori parrassitari e doppi per  lo più è la piu' grande organizzazione mangiasoldi del mondo intero!!
L' unita' d' italia è stata raggiunta, secondo molti revisionisti  \ negazionisti  (  teoria  a cui non credo  )  non per volere esplicito del popolo ma per il rovesciamento armato dei regimi di allora, la complicita' della chiesa e un mero scopo di lucro ben mimetizzato!OraChe l'italia sia una nazione pur nelle diversità  etniche  e culturali fra regione  regione   e` un dato di fatto e cercare di negarlo dicendo che non ci si riconosce in questo sentimento di unita` nazionale a mio parere non ha molto senso.Ora  come dice un conto dei  miei contatti  di fb : &lt;&lt;
L'Italia e` stata fatto non solo da quel manipolo di coraggiosi/terroristi che erano i mille, ma anche da tutti gli uomini e le donne che sono venuti dipo e che hanno per esempio partorito una delle costituzioni piu` belle e piu` moderne e perfette della storia dei paesi democratici.
In Italia ci sono stati e ci sono menti eccellenti, personaggi autorevoli e gente comune che lavora e che costruisce con coraggio e dedizione un paese migliore.
Lo so... suona tanto retorico tutto questo ed un po' lo è , ma la verita` e che a dar retta a chi sostiene che non siamo una vera nazione, si distrugge quel che di buono questa nazione ha portato con se dalla sua unita`.
Io lo festeggio il 17 marzo e nonostante sia disgustata da certa parte di italiani, nonostante non abbia nessuna voglia di tornare nel mio paese, sono orgogliosa di essere italiana e dimostrare al mondo che in italia c'e` molto di buono sotto la melma putrida che ci  ta tutti ricoprendo e che ci sta facendo svergognare di fronte al mondo intero >>  specialmente  negli ultimi   to da rendere  attuale   questo pezzo del nabucco  che  viene strumentalizzato in quanto  :<< Lega Nord lo ha usato come "Inno della "Padania", con la giustificazione che il librettista Temistocle Solera apparteneva alla cosiddetta "corrente neoguelfa", assertrice di un blando federalismo (sistema alla base del programma politico leghista), a dispetto del fatto che questo coro di esuli ebrei era stato uno dei simboli musicali più importanti del Risorgimento italiano. Nessun documento comprova la tesi che Solera fosse favorevole a un sistema federale per l'Italia, e Verdi era un fervente sostenitore dell'unità nazionale.>> (  voce  di wikipedia  su va  pensiero )



o povera patria di battiato  (   da "Come un cammello in una grondaia", 1991  )

 Guardiamo in faccia alla realta'...tra i tanti popoli che ci circondano non abbiamo mai spiccato come popolo unito ( sopratutto quando ce lo infilano in quel posto come  è successo  e succede  a  noi sardi  vedere  qui )e  siamo  diversi da regione  a regione ed  a causa  dei campanilismi  accentuiamo questa  divisione    come evidenzia   questa  canzone  di Luca  Carboni  intitolata  appunto   inno nazionale 
In compenso siamo uniti davanti al televisore per programmi insulsi ed  ebeti  come  il grande  bordello ops  fratello  e  altri idioti o mediocri reality come facciamo noi italiani medi  per pe parafrasare la  canzone  l'italiano medio  degli ex articolo31
Nemmeno alle urne , quando si gioca il futuro del paese troviamo un briciolo di unita' con percentuali di voto che si discostano di poco dalla meta' degli aventi diritto.( compresi i voti dall'a estero ). Scambiatemi  per per  antipatriota  , pessimista  , ecc . Ma  in realtà anche  nel  non festeggiare amo questo paese ma ripudio la direzione che sta prendendo.Concludo   con questa  canzone di Francesco De Gregori   in canna nel lo stereo  che  capita  a fagiolo  con quanto scritto

                                                                      Viva L'Italia

Viva l'Italia, l'Italia liberata,
l'Italia del valzer, l'Italia del caffè.
L'Italia derubata e colpita al cuore,
viva l'Italia, l'Itali  che non muore.
Viva l'Italia, presa a tradimento,
l'Italia assassinata dai giornali e dal cemento,
l'Italia con gli occhi asciutti nella notte scura,
viva l'Italia, l'Italia che non ha paura.
Viva l'Italia, l'Italia che è in mezzo al mare,
l'Italia dimenticata e l'Italia da dimenticare,
l'Italia metà giardino e metà galera,
viva l'Italia, l'Italia tutta intera.
Viva l'Italia, l'Italia che lavora,
l'Italia che si dispera, l'Italia che si innamora,
l'Italia metà dovere e metà fortuna,
viva l'Italia, l'Italia sulla luna.
Viva l'Italia, l'Italia del 12 dicembre,
l'Italia con le bandiere, l'Italia nuda come sempre,
l'Italia con gli occhi aperti nella notte triste,
viva l'Italia, l'Italia che resiste.

  buon 17  marzo  a tutti\e   sia  che lo festeggiate o meno o  che  solo  lo ricordano come me  

                                    approfondimenti


perchè in italia non fanno studi sullele medicine alternative o ci vogliono 20 anni per diffonderlo nelle farmacie il caso di angelo spiga di Olbia che cura le ustioni di 3 grado ed altro ( con ottimi risultati ) con le erbe


 unione sarda  del 16\03\2011
Cronaca di Olbia

Dopo vent'anni di ricerche Angelo Spiga è riuscito a commercializzare la “Ph21 Ex carabiniere e mago delle erbe Scopre una pianta curativa e crea una pomata miracolosa



Un giorno, quando lavoravo per l'Arma, mi sono tagliato: ero in Barbagia e ho trovato un'erba con un grande potere cicatrizzante»
Vedi le foto A ngelo Spiga ha investito una vita intera per arrivare al punto in cui si trova ora: sta per aprire uno stabilimento di un prodotto cosmetico, la pomata Ph21, che guarisce qualsiasi problema della pelle. Ustioni di terzo grado, piaghe da decubito, alopecia, sciatica. Necrosi. Le peggiori forme di psoriasi. E parecchio altro. Spiga, che ha 45 anni, ha impiegato 25 anni e speso oltre un miliardo di vecchie lire per entrare nelle farmacie con il suo prodotto. Ora Ph21 è in rampa di lancio. «Tutto è iniziato 25 anni fa, quando lavoravo nell'Arma dei carabinieri - racconta - mi ero fatto un taglietto alla mano mentre mi trovavo in Barbagia. Per caso ho toccato una piantina e mi sono accorto che la piccola ferita si era cicatrizzata con grande rapidità. Ho preso quella pianta e l'ho fatta analizzare. L'ho studiata e fatta studiare. Per 25 anni ho cercato di carpire tutti i suoi segreti. Ph21 è fatta con l'essenza di quella pianta, e di altre diciassette vegetali che crescono in Sardegna (e non solo). Ph21 deriva dal fatto che il mio decotto, o la mia crema, o il gel che produco è in grado di guarire 21 differenti patologie. Da oltre 20 anni curo le persone, ma Ph21 non è mai entrato in farmacia. Adesso ho ottenuto i test dermatologici, quelli clinici. E naturalmente da decenni faccio collezione di certificati medici, di referti: c'è voluto molto tempo, tanta fatica e impegno anche perché ho voluto essere prudente, sentivo molto la responsabilità di mettere un impasto (sebbene totalmente naturale) sulla pelle altrui. Ora ho tutto ciò che serve, Ph21 sarà venduto nelle farmacie tra un mese e lo stabilimento in cui verrà prodotto è già pronto». In questi venti anni Spiga ha curato oltre 20 mila persone. Politici, vip di vario genere, ma soprattutto persone comuni. Di tutta Italia, ma anche dall'estero. I numeri sono impressionanti: solo nel 2010 si sono rivolti a lui ben 13 mila persone. «Non sono un medico e non faccio ricette - dice - la gente mi ha contattato grazie al passaparola. Vedo il problema e lo risolvo in base alla mia esperienza. I risultati sono migliori, di solito, di tutti gli altri già provati dai pazienti». Tre persone prese a caso dalla rubrica telefonica di Spiga, e senza preavvertimento, confermano di aver provato Ph21 e di aver avuto ottimi riscontri. Rosa Orecchioni, di Arzachena, racconta: «Ho avuto la dermatite e la psoriasi nel braccio destro per cinque o sei anni. Nessuna cura è riuscita a guarirmi. Con la pomata di Spiga mi è passata completamente». Secondo accertamento: «Soffro di psoriasi cronica da 26 anni nel 70 per cento del corpo - dice Tonino Pillittu di Serramanna - le ho provate tutte, ma niente. Ora invece questa crema me l'ha seccata e ridotta della metà». Terza e ultima testimonianza da Bari, Francesco Rubino: «Mi sono fatto mandare il prodotto per posta, da 30 anni convivevo con una brutta psoriasi. In tre mesi è quasi sparita».
L a crema di Angelo Spiga non ha nulla a che vedere, sostiene lui, con i prodotti altrettanto artigianali e naturali realizzati da alcune donne anziane che custodiscono gelosamente i segreti di una pozione spesso miracolosa. Anche in Gallura questa tradizione viene tramandata da secoli. Ma Spiga afferma «che Ph21 non ha niente a che fare con quei rimedi. Si tratta di una composizione completamente differente». Che è top secret. Spiga non vuol dire i nomi delle piante da lui utilizzate. Forse l'aloe? «No, non lo lavoro proprio. Questi vegetali crescono in condizioni abbastanza particolari e sono diffusi in alcune zone della Sardegna, ma anche nei Paesi Baschi, in Svizzera e in altri paesi europei. A seconda del clima, cambiano anche i principi attivi: io li ho studiati tutti». 

CLAUDIO CHISU

Yara, tra le forze dell'ordine non c'è coordinamento . speriamo che ciò non dettermini la mancanza di giustizia per i familiari

da http://www.ecodibergamo.it/ del 16\3\2011 leggo una lettera   di Due appartenenti alle forze dell'ordine
come dice  l'articolo :<< La premessa fondamentale è che a sottoscrivere la presente lettera siamo in due appartenenti alle forze dell'ordine, che per esclusivi motivi di (intuibile) opportunità, preferiscono rimanere anonimi >> . Capisco  benissimo  il loro  anonimato  ed  uno dei pochi casi che  ametto  tale  genere di cose  . Speriamo  che  questa lettera    , a cui non aggiungo altro , valga  a qualcosa  e   si eviti  che la  famiglia  non ottenga giustizia  . Spero inoltre chefaccia indignare la  gente  affinchè  non siano solo  i solito pochi " scemi " o mosche  bianche  (  sottoscritto compreso )  a  chiedere  l'unificazione  i  dei due  corpi  delle  forze dell'ordine in uno solo   com'era  in Italia  fino al 1948  quando  Scelba  creo la  celere  .
Ora le parole , sempre  dall'eco  di Bergamo  , dei due   coraggiosi apartenenti forze dell'ordine che per evitare ritorsioni dirette e indirette per il loro non obbedir tacendo sono costretti a non firmarsi

Siamo rimasti molto scossi dalla notizia del ritrovamento del corpo della piccola Yara, una vicenda che ci tocca prima dal punto di vista umano ma poi, direttamente, anche da quello professionale, essendo stati impegnati sul campo nelle ricerche della giovane.
Smarrimento e sconforto - Quella in cui ci ritroviamo a vivere è una surreale atmosfera di asfissiante smarrimento, talmente pesante da sconfinare nello sconforto. Avvertiamo un livello tale di rabbia e scoramento che non ci possiamo più esimere dal non esprimerlo. Aleggia nell'aria una sorta di senso diffuso di impotenza che si tramuta in consequenziale pessimismo sull'esito delle indagini. Una situazione contraddittoria e deleteria che sentiamo l'esigenza di spiegare, oltre che approfondire.
Una gestione discutibile Sottolineiamo questo, sgombrare il campo da strumentalizzazioni di sorta o di parte e il sorgere di sterili polemiche prive di spirito costruttivo. Ispirandoci a Martin Luther King, che sosteneva che «le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano», nemmeno noi in questo momento possiamo restare in silenzio. Potremo sbagliarci, ma negli ultimi tre mesi abbiamo assistito ad una gestione delle indagini da parte degli inquirenti perlomeno discutibile e oggettivamente farraginosa e, non da ultimo, improduttiva. Senza gettare la croce addosso a nessuno (buona fede ed impegno non sono in discussione), forse la chiave di questo insuccesso investigativo è da ricercarsi nella cronica assenza (storica) di sinergia tra carabinieri e polizia.
Dualismo deleterio La questione è annosa e di vecchia data, ma si ripropone in maniera antipatica e puntuale, eppure non si riesce a comprendere quando questo Paese capirà (ed ammetterà) quanto sia deleterio il dualismo tra due forze dell'ordine che invece di condividere mezzi, uomini e risorse, finiscono per nascondere alla controparte informazioni ed indizi, con l'unico risultato di non raggiungere mai il traguardo consolandosi che nemmeno i cugini (di un versante o dell'altro) sono riusciti a raggiungerlo. Semplicemente avvilente! Il caso della scomparsa di Yara prima e della scoperta del suo povero corpo deturpato, ha di nuovo portato alla ribalta il problema: il palese conflitto di interessi e attribuzioni tra i vertici dell'Arma dei carabinieri e della polizia di Stato, che determina, con puntualità ossessiva, una chiara, evidente dispersione di forze e di energie, a discapito della scoperta della verità d'indagine. Sconcertante, inoltre, e non possiamo davvero sorvolare sulla questione, la direzione e la conduzione delle indagini affidata alla magistratura che, alla prova dei fatti, si è dimostrata impreparata o per lo meno avventata nel suo incedere, come testimoniato in modo eclatante nella circostanza dell'arresto di un cittadino straniero (determinato da un'errata traduzione di una conversazione telefonica) rintracciato a bordo di una nave fatta rientrare apposta nelle acque territoriali italiane (!). E non da ultimo, come non citare le circostanze (evidenziate ampiamente da numerosi organi di stampa) del nuovo sequestro, a distanza di giorni, dell'area del ritrovamento del cadavere di Yara per l'effettuazione di rilievi scientifici chiaramente ormai «inquinati» dal libero accesso di giornalisti e gente comune dei giorni precedenti. Ad ogni modo, al di là delle questioni prettamente tecniche ed investigative, la drammatica ed assurda vicenda dell'assassinio della piccola Yara ha indelebilmente segnato tutta la società civile e spolverato ogni coscienza, nessuna esclusa. Proprio per questo motivo, la magistratura e le forze dell'ordine avrebbero, anzi «hanno», il dovere di fare il loro dovere nel massimo della trasparenza, assicurando alla giustizia colui (o coloro) che hanno commesso l'omicidio o che ad esso sono connessi. Questa lettera non è uno sfogo ma solo un'ammissione pubblica che se le cose a volte non vanno come dovrebbero, le responsabilità non si possono sempre camuffare. È troppa l'amarezza per l'evoluzione della vicenda, dal punto di vista investigativo, e per quello che, ahinoi, ci ritroviamo a vedere da chi osserva da una visuale privilegiata come la nostra. Troppa, per continuare a comprimerla nel silenzio.
Una vera collaborazione Non ci resta che guardare avanti e sforzarci di pensare positivo. Quello che in cuor nostro auspichiamo per il futuro è una vera ed autentica collaborazione tra le forze di polizia e una maggiore responsabilità da parte della magistratura, per poter garantire una pretesa e legittima richiesta di giustizia e sicurezza. Inoltre, invochiamo anche maggior rispetto per tutti coloro che «volontariamente» (quindi spontaneamente) hanno contribuito alle ricerche di Yara. Ci riferiamo a tutti i volontari della Protezione civile, preziosi per l'opera prestata sacrificando tempo e risorse personali in nome di un ideale sempre più sbiadito nei cieli della nostra società: la solidarietà. E scusaci Yara, a nome di tutti noi, se sei finita per diventare motivo di un assurdo contendere investigativo. Perdonaci, se puoi.

Due appartenenti alle forze dell'ordine

Giuliano Ferrara su Ruby (Qui Radio Londra, 15/03/2011) sul caso ruby

Nella seconda puntata di "Qui Radio Londra" l'elefantino di cui trovate  sotto il  video 


ci ammorba con un sermone evangelico sulla povera Ruby e sul trattamento riservatogli a Maglie, dove è stata fischiata e contestata. "Stamattina mi sono svegliato di ottimo umore" - esordisce Ferrara - i miei tre "canini" (ndr: non i suoi denti giallo paglierino, ma i suoi piccoli cani) venivano lì a scondinzolare e a darmi i bacini...poi mi sono messo al computer e ho visto un video. Sono diventato furibondo, ma veramente furibondo. Ho pensato: nel mio paese c'è gente che ha scambiato il proprio cuore di carne con un cuore di pietra. Che orrore! Guardate qua cosa hanno fatto a una giovane donna, che linciaggio morale le hanno riservato nella città di Maglie, in Puglia".
Parte il video della contestazione e l'elefantino si scatena: "Eccola! Sputacchiata, insolentita..battevano le mani sull'auto che la stava portando in una discoteca per un numero ( ???)."
Ma chi è Ruby? Ferrara ce la presenta con queste parole: "Ruby è una giovane, figlia di una famiglia di immigrati marocchini, che ha avuto un'infanzia complicata e se ne è emancipata attraverso il proprio corpo. Succede a molte ragazze, in particolare nella società attuale in cui le regole del business dello show (le conosciamo: la tv, lo spettacolo, l'idea di poter avere una vita florida e una vita breve attraverso l'esibizione di sè) sono legge. Andava a dei concorsi "miss-no-so-di-che-cosa"...alcuni amici di Berlusconi (Emilio Fede, un altro...non lo so) l'hanno scoperta, ed è entrata in un giro di ragazze con le quali Berlusconi nella sua vita privata ama intrattenersi. Non è l'unico, credo, che ama la compagnia delle belle ragazze. Può succedere, non giudico. C'è un processo in corso che seguiremo con particolare attenzione, perchè è stato accusato di "prostituzione minorile" (ndr: locuzione accompagnata da un gesto quasi teatrale dell'oratore). Cioè le cene private a casa del presidente del consiglio ad Arcore sono diventate un bordello".
Ferrara continua la sua omelia, invitando i telespettatori ad accogliere la figura di Ruby proprio come ha fatto il suo padrone: con amore, con carità, con misericordia. E bacchetta chi esterna disprezzo e rancore, mostrando un cuore di pietra. E cita ad minchiam l'adultera lapidata.
L'amore vince sempre sull'odio.

15.3.11

anche il mondo animale puà essere utile per studiare l'uomo il salto nel vuoto di un pinguino




Ci vuole coraggio a superare i propri limiti, persino quando si è un pinguino. In questo video ripreso in una spiaggia del Sudafrica un pinguino si appresta a saltare da una roccia all'altra: sotto di lui il vuoto. Un vero e proprio salto della morte con finale a sorpresa

odio per gli animali o per il loro comportamento ?

questa foto  è stata scattata  stamattina mentre  tronavo  dalla  pescherie  di  ********* situata  inpieno centro storico   di tempio pausania  (  Olbia -Tempio ) .  a  voi lettori  \ lettrici  ogni  commento in merito . A  quando  una   con  le persone  visto che i  vicoli del centro storico  sono sempre ricettacolo  specie durante  il carnevale  ( e da cui  nessuno\a    sottoscritto compreso  ) è immune e  visto  che  certi vicoli  vengono chiamati    con nomi particolari  tipo vicolo dei piscioni  o dele pisciate  in fretta 

nuovi rapporti con la libia

13.3.11

chi lo dice che il senso di colpa è negativo ? Ecco la storia di Ale che avendo subito incesto , alcoolismo e violenze aiuta gli altri\e che ne sono vittime







Unione Ssarda del 13\3\2011



Il senso di Ale per la vita 
Una vita in giro




È ospite di una vecchia alcolista che oggi, a vent'anni dall'ultimo bicchiere, va quotidianamente in tour tra i 200 utenti (come li chiama lei) che vivono in dieci paesi del circondario: marginali, malati di mente, schiavi della bottiglia. Per conto di una coop sociale che l'ha assunta dopo quindici anni di volontariato, gira su un furgone portandosi dietro qualche “paziente” che ha bisogno di assistenza-extra. Altri li tiene a casa, dove ci sono marito e tre figlie che le fanno da spalla. La fuga dall'alcol si sconta vivendo e Simonetta, 44 anni,ha appaltato la sua esistenza al prossimo. È un gigante, e nemmeno lo immagina. 

Alessandra vive bene con lei. Si sono conosciute una decina d'anni fa. «A quell'epoca avevo già il delirium tremens. Mi prendevano certe crisi ma certe crisi, credevo di morire: tremore, tachicardia, ansia, allucinazioni e una paura che ti stringe fino a toglierti il respiro. Tutto finito, grazie al cielo: da cinque mesi non sfioro un bicchiere. Della malattia mi è rimasto solo il terrore dei ragni. Quando stavo male sognavo che mi venivano addosso, un esercito con le zampe nere...».
Della violenza da ragazzina illumina solo qualche squarcio. Per esempio, la mattina che sono venuti a prenderla i carabinieri. «Ero a scuola. Avevo presentato la denuncia da qualche giorno. Non mi aspettavo quella specie di irruzione. E soprattutto mai e poi mai avrei immaginato che si sarebbero portati dietro l'uomo che mi violentava, quello che mi diceva sta' ferma che ti faccio le coccole». 
Passato remoto. Peccato tuttavia non essere riuscita a riprendersi almeno il diario che aveva consegnato proprio al maresciallo.«C'era tutta la storia». L'aveva riempito dai sei ai tredici anni con una grafia che si è fatta via via sempre meno incerta. Mentre ne parla accende l'ennesima sigaretta e butta il fumo sulla bocca del camino. «Non bisogna inquinare l'aria».



Com'è finita?
«Dopo il processo, sono stata portata via da casa e consegnata alle suore di un collegio nell'Oristanese. Regole durissime, sono scappata. Mi hanno ritrovata dopo due giorni e riportata nell'appartamento dove ero stata abusata. Giravo di stanza in stanza con un coltello nascosto nella manica. Fosse riaccaduto, ero pronta a morire».

Poi?

«Altro istituto, a Gonnesa. Suore meravigliose. Ma io avevo cominciato a bere. Il battesimo con l'alcol risale a quand'ero bambina. Era un Natale che non ricordo. Dalla cucina ho rubato bottiglie di spumante e le ho scolate. Mi ci sono addormentata sopra».

Le suore non s'accorgevano?

«Non potevano, bevevo solo quando uscivo dall'istituto. Ho cominciato a portarmi la roba dentro che avevo già 17 anni. Un pomeriggio mi scoprono, intontita dalla birra farfuglio risposte confuse. Quando sento la Superiora chiamare al telefono la mia famiglia, non esito un istante: via, via subito».


Via, dove?

«Mai avuto un posto fisso. Ho dormito sulle panchine, sotto i ponti. Per sfamarmi, chiedevo lavoro nei ristoranti: aiutocuoco o lavapiatti. Ma venivo puntualmente cacciata perché arrivavo al lavoro ubriaca. Iniziavo a bere alle sei del mattino, smettevo quando le gambe mi tradivano. Il mio record personale è di 26 bottiglie di birra in un giorno».

Una botte umana.

«No. Perché l'alcol toglie l'appetito e ti fa fare pipì a fiumi. A vent'anni ero un'alcolista vera. Giravo a caso da un paese all'altro e un giorno mi ritrovo davanti alla comunità di don Sguotti a Carbonia. Sapete come funziona, no?»

No.

«Ti vengono incontro, ti fanno intravedere una prospettiva, la salvezza. Accetto con entusiasmo, riprendo gli studi alle Magistrali ma mi accorgo dopo qualche settimana che sto andando a scuola con una bottiglia di birra in borsa».

Allora?

«Bisognava avere il coraggio di dire basta. Vado al market, frugo tra i detersivi, scarto la varechina perché non mi ispira sicurezza, scelgo la soda caustica e torno in comunità. Decido di morire il giorno del mio compleanno: a sei mi hanno ammazzato in un modo, a ventuno mi ammazzo io in un altro».

Chi la salva?

«Nessuno. La fregatura è che il giorno del mio compleanno mi fanno una sorpresa: torta, candelina e grande festa. Capisco che non è bello rispondere uccidendosi, perciò decido di rimandare a 24 ore dopo. Il 16 gennaio 1992 entro in bagno, riempio il bicchiere di soda caustica, mi guardo alle specchio fino a che vedo la mia immagine dissolversi. A quel punto butto giù il mio veleno. Ospedale, coma, intervento chirurgico per una perforazione dell'esofago e dell'intestino, lunghissima degenza».

Comunque viva.

«Certo. Decido di restare sobria e per due anni, mentre vago per la Sardegna, ci riesco. Poi però riattacco a bere. Un giorno a Cagliari incontro un vecchio mentre stavo in panchina».

Facile immaginare cosa propone.

«Sono rimasta con lui sei mesi. Mi comprava da bere. In cambio chiedeva prestazioni sessuali ma io, giuro, non gli ho mai dato nulla. Gli uomini non mi fanno impazzire di desiderio. Il vecchio si vendicava facendomi dormire sul pavimento. Un modo come un altro per punirmi».

E costringerla a cedere.

«Il fatto è che io non smettevo d'essere ubriaca. Finché un giorno mi chiama una buonissima suora che avevo conosciuto anni prima. Chiede come sto e glielo spiego. Ti mando un'amica, mi dice: si chiama Simonetta, ascoltala».

E lei?

«Metà di me diceva sì perché di quella vita non ne potevo più, metà di me diceva no perché la sola idea di fare a meno della birra mi faceva star male. Alla fine decido di accettare».


Simonetta Uccheddu, 44 anni, arriva a Cagliari di buon mattino e va all'appuntamento con Alessandra. Avevano deciso di vedersi tra i banchi della basilica di Sant'Anna. «Le dò un'occhiata e mi rendo conto che è a pezzi». Non si perde d'animo, forte del suo passato di alcolista, ma soprattutto di una resurrezione conquistata coi gruppi di auto-aiuto. Cosa sono? Assemblaggi di disperazione collettiva, dolori e drammi individuali che si intrecciano ad altre storie difficili e fanno assemblea. I gruppi di auto-aiuto sono una sorta di squadroni dell'infelicità che, messi insieme, scatenano una formidabile voglia di rivincita. E magari succede che, col tempo, i pazienti diventano volontari, sostengono i nuovi arrivati e danno forma a una straordinaria catena umana di solidarietà. Così è nata l'associazione "Amici per la vita", che ha un responsabile scientifico (il dottor Giorgio Madeddu, alcologo) e per colonna portante quella che verrebbe facilissimo chiamare Simonetta dei miracoli. «So cosa sta provando Alessandra, sobria da pochi mesi, perché io ci sono passata prima. E ho fatto pure meglio di lei: bottiglie di birra grandi, in un giorno, me ne facevo anche trenta». Succedeva in un'altra esistenza, sepolta ma non dimenticata. «Gli utenti sono ancora adesso la mia terapia, la scommessa - vent'anni dopo l'ultimo bicchiere - che vincere la guerra è possibile». Alessandra, che non smette un attimo di fumare, è d'accordo, in perfetta sintonia: come non è mai accaduto prima. Soprattutto per colpa di una variabile che non aveva considerato, una sorpresa che dall'inferno la può riportare in terra.

Che è successo?
«Un attimo. Prima devo dire di una catena di lavori avviati e interrotti perché a una cert'ora non ero più in grado di stare nemmeno in equilibrio. A niente è servito farmi disintossicare in una clinica cagliaritana e ripetermi, giorno dopo giorno, che la birra non m'interessava più».
Quanto si resiste?
«Pochissimo. Una mattina a Sassari vado sul ponte Rosello per fare hara-kiri: il coltello ce l'ho, la voglia anche. Programmo di squartarmi e, subito dopo, volare giù. Prima però decido di chiamare al telefono Simonetta per l'ultimo saluto».
E tutto finisce in gloria, giusto?
«Mi ha preso la polizia che non avevo manco cominciato il rito. Fermata, identificata, denunciata: a maggio ho il processo per porto di coltello di genere proibito. La mia vita però è cambiata proprio quel giorno, anzi quella sera».
Perché?
«Perché conosco un ragazzo e me ne innamoro all'istante. Colpo di fulmine. Una storia bella e intensa. Anche se non gli perdono le cose terribili che mi diceva quand'era ubriaco».
Alcolista pure lui?
«Lei crede che mi sarei potuta innamorare di un sobrio impiegatuccio?»
Com'è finita?
«Nel migliore dei modi. Sono rimasta incinta».
Non ha pensato di abortire?
«No, per due ragioni: innanzitutto perché sono cattolica e poi perché quel bambino lo volevo a tutti i costi. Sapevo che poteva nascere malato ma non me ne importava niente. Sentivo che avrebbe dato un senso alla mia vita».
È andata così?
«Bimbo sanissimo. Tutto a posto salvo che i Servizi sociali non volevano lasciarmelo: come pensa di mantenerlo, signora?, dove pensa di farlo dormire, signora? Ero disperata. Ed è allora che mi è tornata in mente Simonetta».
Che c'entra Simonetta?
«C'entra moltissimo. Ha chiesto di incontrare i Servizi sociali, ha discusso a lungo con loro trovando grande comprensione. Alla fine è stato raggiunto un accordo che mi ha fatto piangere di gioia: le hanno dato in affidamento mio figlio. Siamo tutt'e due suoi ospiti. Proprio vero che la vita è un'altalena».
Il suo compagno?
«Finita. È un bravo ragazzo ma non abbiamo più nulla da dirci. Ha chiesto di vedere il bambino e io non ho nulla in contrario: sarà il giudice a decidere».
Cosa racconterà a suo figlio?
«Tutto. Chiederò aiuto a uno psicologo: voglio che conosca la verità da me e non da velenose chiacchiere di paese. Saprà chi è la madre, quando e perché ha scelto di morire, quando e perché è riuscita a tornare in vita».
Futuro?
«Farà ciò che vuole. Spero che studi, che non si fermi come me alla licenza media. Avrà tutto quello che io ho perso».

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