31.1.17

La bufala di Libero sulle “museruole islamiche” Scrive in prima pagina di una nuova "trovata degli estremisti musulmani", ma è una storia completamente inventat

le fogne non finiscono mai di eruttare liquami e fare disinformazione la notizia che riporto sotto è l'ultimo di casi Va bene andare contro corrente ed esprimere un dubbio su una cosa perchè Persone che ancora si pongono domande e dubbi non accettando le verità precostituite sono quelli\e che rendono il pianeta più umano . Va bene anche dare una tua interpretazione su una cosa ma caspita farlo in modo corretto riportando come ha fatto blognews la versione ufficiale . Non unendola ai soliti luoghi comuni .


da http://www.blog-news.it/ che riprende il http://www.ilpost.it






Oggi il quotidiano Libero ha pubblicato [  lunedì  30 gennaio  2017  ] in prima pagina il richiamo a un articolo intitolato “L’evoluzione dell’Islam, dal burqa alla museruola”. L’articolo parla di un nuovo strumento che si starebbe diffondendo in alcuni paesi musulmani sunniti, e che servirebbe a impedire alle donne di parlare: una sorta di “museruola”, come la chiama il quotidiano. È una storia completamente inventata: quella fotografata non è una museruola, non è una nuova moda e non è usata in un paese sunnita, ma è un’antica tradizione tipica di una piccola popolazione che abita nel sud dell’Iran, un paese sciita, e ha tutt’altri origine e senso.



Il box in prima pagina rimanda a un articolo a pagina 4 scritto da Souad Sbai, ex parlamentare del Popolo della Libertà oggi iscritta alla Lega, dal titolo “L’Islam si evolve: dal burqa alla museruola”. Il sommario dice: “L’ultima trovata degli estremisti musulmani è un attrezzo in ottone per azzittire e umiliare le proprie donne, il tutto nel completo silenzio della stampa occidentale che preferisce continuare a straparlare di tolleranza”. Accanto ci sono altre fotografie con la descrizione:
Nelle immagini in alto due esempi su come togliere alle donne anche la voce e zittirle per sempre. Dopo il burqa, infatti, è arrivato il momento di mettere la museruola. Una “moda” che sta prendendo piede nei paesi dove dominano i fondamentalisti salafiti.
I salafiti sono una corrente dell’Islam sunnita particolarmente conservatrice e ortodossa. Sbai aveva già raccontato la stessa storia in un post su Facebook pochi giorni fa, in cui riprendeva una fotografia scattata da un’opinionista francese di solito molto critico con l’Islam.
Le fotografie usate da Libero, invece, sono state prese da un servizio del fotoreporter Eric Lafforgue in cui viene raccontata la tradizione del “boregheh”, una maschera utilizzata dai Bandari, una popolazione che vive nel sud dell’Iran. Le fotografie sono state scattate in alcuni villaggi rurali dell’isola di Qeshm, che si trova nello stretto di Hormuz. Il servizio è stato acquistato anche dal sito del Daily Mail, che a febbraio dell’anno scorso ha pubblicato il servizio riportando correttamente tutta la storia. I Bandari sono una piccola popolazione che parla un dialetto iraniano e ha tradizioni molto diverse dal resto del paese. Per esempio le donne utilizzano abiti molto colorati al posto del chador nero, e sul volto, al posto di un velo, indossano maschere di stoffa o di ottone, spesso molto decorate.
Le maschere non impediscono di parlare e sono utilizzate dagli abitanti dei villaggi sciiti, ma anche dai sunniti. In genere sono indossate solo dalle donne più anziane e, come tradizione, stanno oramai scomparendo. Versioni simili, con nomi diversi, sono utilizzate anche dall’altro lato del Golfo Persico, in Oman. In un altro servizio fotografico realizzato sui Bandari e pubblicato pochi giorni fa sul sito di BBC, il fotogiornalista Rodolfo Contreras, spiega che la tradizione dei “boregheh” è vecchia di secoli: «Nessuno ne conosce l’origine anche se alcuni sostengono che iniziò durante la dominazione portoghese, quando le donne cercavano di nascondersi agli schiavisti che andavano a caccia di donne di bell’aspetto». La maschera doveva servire a simulare la presenza dei baffi.

E  poi    dicono  non siamno  razzisti   .. bah 


30.1.17

Chiedi alla polvere Un popolo nomade in cammino al confine con l’Etiopia, una nuvola nel paesaggio arido, una foto per portare un po’ di loro con sé.ed altre storie



Rivedendo il catalogo  della mostra  genesi ( che è un estensione del  film  documentario il sale della terra /  ) di Sebastião Salgado vista a Genova l'anno scorso  mi è ritornato alla mente   questo articolo letto  durante  il mio cazzeggio nei meandri della rete e  che non il perchè l'avevo salvato   di ANDREA SEMPLICI giornalista e fotografo per il http://www.messaggerosantantonio.it  04 Gennaio 2017






Gente afar in cammino. Donne afar in cammino. Una piccola carovana femminile ai confini dell’Etiopia. In Dancalia, terra arida, difficile. Un clan familiare si muove, nei primi giorni del nostro nuovo anno, lungo la strada che va verso le montagne di Gibuti. Per loro, il calendario dei mesi non ha importanza: valgono le stagioni, le piogge, i pascoli. Non so perché stiano viaggiando: si spostano per cercare nuovi pascoli, acque per dissetare gli animali, seguono il ritmo delle scarse piogge. Gli uomini sono avanti con i greggi delle capre. I bambini più piccoli sono stati «imprigionati» sulla gobba dei dromedari, protetti da una gabbia di legni ricurvi. Altri bambini sono appesi ai seni delle giovani madri. Altri ancora vengono strattonati quando non riescono a tenere il passo.
Le capanne a cupola degli afar sono smontabili, i legni degli architravi sono sui fianchi degli animali. Camminano veloci, queste donne.
Strana sensazione: da molti anni vado in Dancalia, ho «amici» laggiù. So sempre dove trovarli. Gli esperti mi dicono del nomadismo circolare degli afar. Ma in questi anni non ho mai visto le persone che conosco spostarsi di mezzo metro. So dov’è la loro casa, il loro piccolo accampamento. Poi, all’improvviso, m’imbatto in questa carovana, nel suo vortice di polvere, nel suo andare. Sono un intruso, cammino con loro per poche centinaia di metri. Per fotografarli. Nessuna lingua ci unisce. So di essere un fastidio incomprensibile. Queste donne non mi guardano, non si voltano nemmeno un istante, la donna piega il volto verso terra e accelera il passo a capo basso. Vorrei dire: voglio venire con voi, almeno per queste ore che mancano al tramonto. L’incontro non è possibile, posso solo fermarmi, lasciarli andare via.
Scatto una foto, mi giustifico e dico che si scattano da sole. No, non è così, sono io che scatto, che mi intrometto, che voglio «qualcosa» da riportare a casa. Da mostrare, da pubblicare. Da tenere nelle mia mente. Mi fermo, guardo la carovana andarsene in un orizzonte grigio e senza colori. Mi prendo addosso tutta la loro polvere.

 concludo   con quest'altro  " viaggio  "

A passeggio sulle... acque, anzi sulla sabbia del fiume Po in secca


BORETTO. Domenica insolita quella trascorsa da un gruppo di amici nella Bassa reggiana. Grazie alla siccità che dura da due mesi, e che ha ridotto il fiume Po a una sorta di... torrente, i ragazzi hanno potuto camminare sulla sabbia, percorrendo centinaia di metri là dove, nel novembre scorso, c'era una piena importante (video di Ermes Lasagna).



29.1.17

Palestinian family saves Israeli lives in nighttime bus crash

finalmente  anche sui media  ufficiali una bella  notizia  in una terra martoriata (  oancora adesso )  da guerre , rappresaglie  , occupazioni , ecc che  durano   d  quasio  80 anni  . Una notizia incoraggiante. Una famiglia palestinese presta soccorso ai feriti israeliani in un incidente stradale nei territori occupati.Al di là di quello che sostengono gli estremisti antisionisti e gli estremisti di destra sionisti, un accordo fra i duo popoli è possibile.

 dalla pagina facebook sinistra per israele-italia 
 che riprende www.ynetnews.com/articles/0,7340,L-4913959,00.html


Palestinian family saves Israeli lives in nighttime bus crash
A Palestinian family notices an upturned bus nearby a West Bank settlement, and immediately heads out under the pouring rain assist those hurt in the accident; 'They didn't hesitate or stop to weigh things out. They saw that human lives were on the line,' says Capt. Sivan Raviv, who arrived on the scene.
It's nighttime in the Binyamin region. A Palestinian family from the village of Al-Lubban ash-Sharqiya notices an upturned bus that had rolled downhill from the nearby road leading to the West Bank settlement of Ma'ale Levona. Without a moment to lose, the family heads out while still in their pajamas, and under the pouring rain assist those hurt in the accident, where two people had lost their lives.



Capt. Sivan Raviv, a medical officer in the Binyamin Division, told Ynet that the family was the first to call emergency services late Friday night, and that their quick thinking saved lives. "They didn't hesitate or stop to weigh things out. They saw that human lives were on the line. When we arrived at the site we saw the family members already trying to extract the injured parties and offer them treatment."

צילום: חגי דקל
Emergency services rush to the site of the accident


The upturned bus (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)
The upturned bus (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)

An emergency services ambulance arrives on the scene
An emergency services ambulance arrives on the scene

At that very moment, the region's complex reality was underscored when a few kilometers away from the accident infantry soldiers from the Kfir Brigade were in hot pursuit of an armed terrorist near the Palestinian village of Aboud, where two shooting attacks had taken place with a 24-hour period. When word of the accident reached them, the soldiers divided into two groups—one to continue the chase after the terrorist, and the other to go tend to those hurt in the accident. Once arriving on the scene, they worked together with members of the Palestinian family to help rescue the injured parties.


Capt. Raviv
Capt. Raviv


Photo: TPS
Photo: TPS


Emergency services divise a rescue plan (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)
Emergency services divise a rescue plan (Photo: Judea and Samaria Fire Fighting and Rescue Unit)

Shortly after the family called to report the accident, Magen David Adom, a fire fighting unit, residents from Ma'ale Levona and additional medical teams arrived, and together they managed to evacuate those injured to several hospitals within an hour and a half. "We didn't give up," said Sivan. "It was hard to carry those injured on gurneys through the mud, while we fell down, got back up and lifted them once more, until reaching the ambulances and the two helicopters belonging to Unit 669 (the IDF Combat Search and Rescue unit—ed) that were waiting for us nearby."

Photo: TPS
Photo: TPS

"We realized this wasn't a regular occurrence," recalled Raviv. "The bus was turned over and completely destroyed. We couldn't afford to miss any one. The bus was totally crushed. We weren't thinking of anything but their quick extraction."


Ynetnews News - Trump and Netanyahu agree to February meeting

Ynetnews News - Erdan moves forward with cannabis decriminalization

Ynetnews News - Under cover of night, Syrian wounded seek help from Israel
Now Playing

Ynetnews Jewish Scene - Is Ivanka Trump really Jewish?

Ynetnews News - Palestinians threaten consequences if US embassy moves to Jerusalem
1:00

Ynetnews News - Netanyahu: Regulation Bill is an 'irresponsible move'
0:52

Ynetnews News - Report: Istanbul nightclub attacker who killed 39 caught
0:45

Ynetnews News - Government to discuss Ma'ale Adumim annexation
0:51

Ynetnews News - Policeman killed in south survived by wife and 2 children
0:50

Ynetnews News - Two killed during home evacuation in Negev
0:54
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"CAPRICCIO" in pillole, la scena del crimine.[ chi lo ha detto che lo splatter è solo violenza gratuita e non serva per denunciare il femminicidio e non solo ? reprise ]




un ulteriore  precisazione   degli autori   del video  " amatoriale  " \ produzione dal  basso (  vedere  nel primo link  sopra  per  il video  )   ecco  che   gli autori  Samuele Innocenti, Michele Roverselli. ci svelano alcuni   retroscena \  dietro le quinte   


A distanza di quasi un mese dalla pubblicazione del nostro primo video, abbiamo deciso di svelare alcuni "dietro le quinte" dello stesso. E'un modo per rispondere, in una volta sola, alle lecite domande che ci son state fatte e per descrivere i retroscena di quello che ci rendiamo conto esser stato un esperimento audace e molto pretenzioso, alla luce sopratutto della sua breve durata.


   L'immagine può contenere: una o più persone e primo pianoNonostante possa sembrare casuale, il set in realtà fu studiato in ogni suo singolo dettaglio, cercando di ricostruire nella sua disposizione anche le dinamiche non mostrate all'interno del corto, di modo da fornire indizi allo spettatore. Ringraziamo quindi di cuore tutte le persone che si son impegnate a guardarlo più volte e che quindi hanno colto taluni dei dettagli che ora spiegheremo. 1. Le corna di caprone inquadrate all'inizio di Capriccio, sono un voluto "indizio" utile allo spettatore per intuire che la colluttazione possa aver avuto luogo a causa di un presunto tradimento da parte della donna. 2. In un' altra inquadratura, c'e'una sorta di "faccia a faccia" tra il coltello di lui e la forchetta di lei, per evidenziare il fatto che dalla parte della donna ci sia una posata vacante, ovvero il coltello (che troveremo poi a terra), usato da lei per difendersi dall'aggressione. 3. L'unica scena del pre-delitto che compare, é un brevissimo flashback in bianco e nero della coppia seduta a tavola. Lui, già nervoso, tamburella sul tavolo con le dita, mentre lei copre in fretta lo schermo del cellulare a causa dell'arrivo inaspettato dell' sms che potrebbe aver dato inizio al "capriccio". 4. Non pochi hanno pensato che l'uomo sia morto tagliandosi le vene...In verità la ferita che riporta sul braccio e'stata causata dalla donna che lo ha colpito per difendersi..Prima che lui avesse la meglio e la finisse a colpi di mattarello. (L'uomo muore suicida con pillole e champagne) 5. A proposito di champagne...abbiam voluto evidenziare il di lei nervosismo mettendo del rossetto sul suo bicchiere, per testimoniare quanto la sua tensione fosse già altissima una volta seduta a tavola, portandola a bere prima del brindisi. 6. Mentre lui e'in agonia,c'e'un inquadratura dall'alto che richiama, volutamente, il video di OXO...Francesco Ippolito, in tal video, viene difatti inquadrato praticamente nello stesso modo. 7. E'impossibile morire suicidi con cosi poco alcool in corpo in cosi poco tempo,ma avevamo una storia da raccontare, meno di due minuti di musica per farlo e quindi, per "amor del cinema" abbiam dovuto congestionare il tutto (pentola,delitto,suicidio,dettagli) nel breve tempo concessoci dalla durata del "Capriccio 11" di Paganini. Ecco dunque svelati alcuni retroscena e dettagli del nostro primo lavoro...Ancora un grazie sincero a tutti coloro che ci hanno supportato. Con la NONDORMO siamo già al lavoro per nuovi lavori che vedranno la luce quest'anno e che speriamo vi facciano riflettere ed incuriosire come Capriccio.


                   Samuele Innocenti, Michele Roverselli.

Un libro per combattere l’omofobia e la violenza sulle donne

"Canzoni contro l'omofobia e la violenza sulle donne" di Cristian A. Porcino Ferrara


 è un saggio ben strutturato e, come sempre, scritto bene. Inoltre c'è l'elemento della novità: nessuno ha trattato due temi così delicati e importanti attraverso l'analisi dei testi di celebri canzoni.
Porcino Ferrara, filosofo e scrittore indipendente, ha creduto fortemente nell'uscita del libro nonostante i diversi apprezzamenti ricevuti da editori non disposti, però, ad investire economicamente su di un libro che si occupa dei cosiddetti “perduti della storia” (definizione racchiusa nella prefazione di D. Tuscano). Una scelta vittoriosa, quella del nostro autore, se pensiamo che il libro ha ottenuto anche il plauso della senatrice Monica Cirinnà. L'autore ricostruisce le vicende storiche che si celano dietro la tardiva emancipazione dell'universo femminile a causa di una società maschilista e aggressiva, spalleggiata, quasi sempre, dai rappresentanti religiosi (anch'essi, ahimè, maschi!). Inoltre si affronta con competenza la radice dell'intolleranza omofobica e le relative aggressioni a chi ha un orientamento sentimentale diverso dal proprio. A conclusione del libro si trova un progetto educativo per sensibilizzare gli studenti delle scuole sulle diverse forme di affettività. Cristian insiste nel sostenere che la violenza e l’intolleranza sono manifestazioni proprie dell'ignoranza, e di conseguenza vanno combattute con la conoscenza. Un testo che, a parer mio, deve essere letto proprio per contrastare comportamenti e situazioni ancora così frequenti nella nostra società. È notizia di questi giorni di una nuova aggressione omofoba a Milano, e della legge votata in Russia che depenalizza la violenza domestica su donne e bambini. In tal senso il viaggio dentro la storia operato da Porcino Ferrara si fa ancor più illuminante per noi lettori. Dunque auspicando una rapida diffusione del volume vi esorto alla lettura di un libro così tanto sentito e ispirato.



(Federica Giuliani)



Il libro può essere ordinato presso le librerie Mondadori e Giunti oppure acquistato su Amazon al seguente link:

28.1.17

Voci dal silenzio. Un documentario sugli eremiti d’Italia in crowdfunding






Voci dal silenzio
vocidalsilenziodoc

Cari amici, la campagna di crowdfunding terminerà tra 4 giorni, resta dunque poco tempo per sostenere il progetto prenotandone in anticipo la visione su https://www.produzionidalbasso.com/project/voci-dal-silenzio/
Vogliamo ringraziare tutti coloro che hanno apprezzato l'iniziativa accompagnandoci in questa avventura. Il budget raccolto in questa prima fase ha coperto le spese vive necessarie ad avviare il progetto, compresi i costi relativi al viaggio. Ci saranno ancora passaggi importanti da dover affrontare, ma la bellezza di certi incontri, delle immagini e dei contenuti raccolti ci da molta fiducia. Approfittiamo infine di questo spazio per ringraziare Stefano Signori, Michele Cumo - Massaggi Professionali, Barbara Esposito, Maurizio Vezzoli Photography, Davide Della Penna, Serena Frailis, Fabio Romantini, Aurelio Manzoni, Manuel Prighel, Tommaso Goisis, Giuseppe Savino, Pasquale Verdicchio, Stefano Dell'Orto, Alexander Mutschechner, Viviana Bassan, Maria Giulia Terenzi - arte e restauro di suoli e territori, Giuseppe Gavazza e Mario Nava, per il sostegno dato al nostro lavoro.


Lo   so che   non sono più in tempo   per   poter  contribuire    a tale iniziativa lontana   dalla mediocrità   e  che  rispecchia  la  bellezza  ai  margini  e   ha  un notevole valore antropologico e culturale   di  un mondo  che resiste    alla  mediocrità della  vita    e    che     sembrava   scomparso \1 estinto con l'illuminismo   e le rivoluzioni culturali    del  XIX e XX  secolo  ma  come  unfenomeno  carsico  riemerge   e ritorna  . Quindi  è  un piacere   segnalare e parlare ( anzi in realtà lascio che a parlare sia l'articolo e il video o riportato sotto ) di tale iniziativa



VOCI DAL SILENZIO

Un documentario sugli eremiti d’Italia

UN VIAGGIO, DAL NORD AL SUD DELL’ITALIA,
PER RACCOGLIERE LE TESTIMONIANZE DI CHI,
ATTRAVERSO UNO SLANCIO INTIMO E SOLITARIO,
HA INTRAPRESO UN AUTENTICO PERCORSO DI RICERCA


SOSTIENI IL PROGETTO
VAI SU "PARTECIPA" E SCOPRI LE DIVERSE RICOMPENSE PREVISTE PER OGNI TIPO DI CONTRIBUTO

INTRO

Ogni eremita è un mondo a sé. C’è chi ispirato da una fede cristiana, musulmana o buddista, chi dagli insegnamenti delle sacre scritture, dei maestri, dei profeti, chi invece da valori laici. C’è ancora, tra loro, chi ha cercato di elevarsi e chi invece ha scavato nelle profondità dell’animo e della psiche. Abisso e vetta, a nostro avviso, delimitano l’ambito di un’investigazione infinita poiché rivolta a una meta che appare irraggiungibile: l’ascesi. Eppure la scelta del vivere in solitudine resta, agli occhi dei più, una decisione enigmatica e controversa, se non incomprensibile. Da qui l’idea di sviluppare un’opera visiva che possa diventare un ponte e condurre lo spettatore dal mormorio mondano a quel silenzio a noi ignoto, intriso di spiritualità, di cui è pervasa la vita ascetica.




IL DOCUMENTARIO

Viaggeremo per vie solitarie, spesso inospitali, in eremi distanti dalle voci del mondo, all’interno di luoghi caratterizzati dal silenzio e dal raccoglimento. Riprenderemo il rapporto con la solitudine, il silenzio, i riti quotidiani, la preghiera, le esperienze estatiche. Ci immergeremo all’interno delle singole storie, raccontandone il passato, la vocazione, i conflitti e le battaglie. Tutto ciò con l’obiettivo di partecipare a un dialogo tra le varie tradizioni, poiché l’eremita, nella sua ricerca sempre autentica e originale, è per noi esempio d’unione e fusione delle diverse esperienze religiose. Il documentario ritrova così il suo vero “oggetto di ricerca” nella mistica, intesa come dialogo diretto tra uomo e Dio, una comunicazione altra, non verbale, non razionalizzabile , cuore unico e pulsante di ogni tradizione, philosophia perennis.




COME NASCE IL PROGETTO

Il progetto nasce dall’incontro con Federico Tisa, fotografo torinese che nella primavera del 2014 decise di attraversare l’Italia a piedi, zaino in spalla e macchina fotografica, con l’intento di creare una relazione intima con gli eremiti. Una scelta dettata da una duplice motivazione: lasciarsi alle spalle il brusio urbano per riscoprire una dimensione contemplativa e documentare fotograficamente una storia che pochi conoscono. Ne è nato un reportage marcatamente espressivo e intenso: Visita Interiora Terrae




“Nutrivo il desiderio di comprendere, e realizzare, che un modo di vivere più semplice e più puro è possibile. Così, per esplorare autenticamente la dimensione umana e il suo rapporto con ciò che la circonda, ho affrontato questo viaggio a piedi, poiché solo a piedi e con i propri mezzi ritengo possibile integrarsi pienamente con la natura stessa di questo percorso. Camminando s’intuisce il peso reale del proprio corpo sulla terra, i limiti e le necessità concrete, non quelle imposte dall’esterno. Dormire, mangiare, respirare a pieni polmoni, affrontare ciò che è sempre stato umano e che ora trascuriamo. E, cosa per me più importante, porre lo sguardo verso un orizzonte lontano, dove la vista si perde e lo stare al mondo acquista un nuovo significato”.
Federico Tisa



Così, in uno spirito di piena collaborazione con Federico, abbiamo preso spunto da questa sua avventura per sviluppare un progetto documentaristico che ne ampli e completi la ricerca.
Questo progetto ha per noi un carattere fortemente simbolico, ritorniamo infatti a ciò che diede l’avvio alla nostra carriera documentaristica. Era il 2010 e a bordo di un camper sgangherato degli anni 80 attraversammo anche noi l’Italia. Incontrammo monaci, eremiti, alchimisti, sciamani. Privi dell’esperienza acquisita nel tempo e attenti più alle necessità di riscoprire noi stessi nella relazione con l’altro, non abbiamo mai orchestrato quelle riprese all’interno di un’opera. Eppure quel viaggio ha sancito l’amore per la ricerca documentaristica. Oggi, a distanza di 6 anni, crediamo sia giunto il momento di ritornare su quei primi passi e concludere un ciclo.





L’EREMITAGGIO

L’eremita è una figura onnipresente nella storia dell’umanità. In ogni secolo ci sono stati uomini che hanno intrapreso una via solitaria all’interno dell’esperienza spirituale. Hanno messo in pratica gli insegnamenti dei testi sacri, hanno seguito i passi dei profeti o la spinta di una voce interiore, attraversando il deserto, il pellegrinaggio, l’isolamento e mirando alla coincidenza di teoria e pratica religiosa, di mondo terreno e ultraterreno.
Attraverso il loro cammino si vivifica e attualizza la relazione tra Dio e l’uomo, dialogo in cui si sviluppa la ricerca umana dell’identità.
Immerso negli eventi mondani dell’ambiente sociale che lo circonda, ogni uomo deve e vuole sforzarsi di ritrovare se stesso, di scavare nella propria anima per comprendere la sua vera identità e la sua origine al di là dei lavori imposti, di ciò che la società gli ha richiesto e delle grandi opere che può realizzare. Ma nessuna scalata, nessun panorama – per quanto vasto – sulla bellezza straniante di questo mondo, potranno restituirgli il senso della sua vera casa, i confini infiniti e misteriosi dell’io che anima il suo corpo.




NOTE DI REGIA

All’inizio di questo film c’è solo l’indicazione di una direzione, di un orizzonte, di un'inclinazione. Perché filmare è, prima di ogni altra cosa, intessere una relazione. Nessuna sceneggiatura dunque. In questo caso si tratta di raccontare ciò che è invisibile, impalpabile. La cinepresa si adatta a quello che accade nel momento, col fine di coglierne la verità che si manifesta nel suo movimento, eludendo le false evidenze, immergendosi nelle sfumature meno appariscenti. Il reportage seguirà il ritmo del viaggio, quello esistenziale prima di tutto. Viaggio di ricerca di sé, di scoperta e conquista dell’universo interiore. Alla successione di testimonianze delle figure incontrate farà da eco il lucido travaglio dei viaggiatori, immersi all’interno di un appassionato viaggio on the road a bordo di un vecchio camper.
La regia orchestrerà il tutto in un’unica esperienza corale restituendo allo spettatore il senso dell’erranza, della ricerca, del raccoglimento. Le immagini si accompagneranno ai racconti degli eremiti, alle riflessioni degli autori, alle voci della natura, ai silenzi. Le riprese poetiche, puramente musicali, che si riempiono di gesti e di attimi, avranno il fine di riaffermare le forme del nostro immaginario.
Ciò che mostreremo sarà sempre il frutto di un atto condiviso, di una piena adesione al progetto da parte degli eremiti che incontreremo. Alcuni li conosciamo già e sappiamo che sposeranno le nostre finalità. Altri hanno creato un rapporto di fiducia con Federico e sarà lui a introdurci nel loro paesaggio emotivo. Altri ancora saranno invece nuovi incontri, perché i viaggi lenti nascondono la sorprendente capacità di aprire sempre scenari nuovi e inaspettati.




CHI SIAMO

I REGISTI

Alessandro Seidita - Joshua Wahlen

Nati entrambi a Palermo, si laureano con il massimo dei voti. A. Seidita in Filosofia della Conoscenza e della Comunicazione, discutendo una tesi sulle tecniche di trasformazione dell’Io nel percorso psicanalitico, J. Wahlen al D.A.M.S trattando una tesi sui linguaggi multimediali. Nel 2008 si trasferiscono a Torino. A. Seidita prosegue gli studi in ambito antropologico. J. Wahlen si specializza in tecniche audiovisive al V.R.M.M.P.

Nel 2009 vincono il premio Mind the Difference con l’Approsimatio in Tempora, video sperimentale sul disagio psichico. Nel 2010 ottengono il primo premio al XXVIII VideoCinema&Scuola con Non Tentarmi, video intervista finalista in numerosi festival nazionali. Lo stesso anno intraprendono un viaggio on the road, alla ricerca delle nuove forme di spiritualità. Nel 2013 rientrano in Sicilia. Qui firmeranno due documentari che raccontano la condizione attuale dell’Isola, Viaggio a Sud (2014) - che indaga il complesso rapporto che gli abitanti dei piccoli centri rurali tessono con la memoria - e Corrispondenze (2016), poema visivo nato dalla collaborazione con i detenuti della Casa di Reclusione di Noto.



IL FOTOGRAFO

Federico Tisa

Nato nel 1982 a Torino, dove tuttora vive. Frequenta la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino. Comincia a occuparsi di fotografia nel 2009, dopo un diploma conseguito presso l’Accademia di Fotografia F.A. di Torino, collaborando con diverse web magazines e riviste che trattano di musica. Nel 2013 in seguito ad un master in fotogiornalismo seguito presso Obiettivo ReporterM.A.F. a Milano, decide che il fotogiornalismo è il modo migliore per comunicare con e del mondo esterno. Dal 2014 è membro della Eikòn, associazione che si occupa di fotogiornalismo.



PERCHE’ SOSTENERE IL PROGETTO

La comunicazione pervade oggi ogni singolo istante del vivere, fluendo nella mente, nell’occhio e nell’orecchio come una selva di stimoli d’intensità inumana. Una colata di contenuti marcatamente ipocriti, superficiali, accattivanti, pubblicitari. In un tale contesto, l’eco di alcune domande - “Dove sono?”, “Dove sono diretto?” - viene svuotato di senso concreto, quando lontanamente udibile. Da qui l’importanza di un cinema che prenda volutamente le distanze dal chiacchiericcio contemporaneo e rieduchi all’ascolto, al confronto, a una presa di coscienza personale e soggettiva. Con Voci dal Silenzio vorremmo dare un contributo in tal senso. E vorremmo farlo a partire da ciò che si pone come antitesi della distrazione e del rumore: il silenzio e la contemplazione. Sotto questa particolare gradazione, ancor più che le parole, le scelte attuate dagli eremiti possono diventare un monito per lo spettatore, stimolo concreto per tornare a dirigere il proprio tempo verso panorami più vasti, riscoprire il piacere della concentrazione e tornare a dare un giusto peso agli ostacoli e alle effimere conquiste del quotidiano. Dall’incontro con queste figure potremmo, forse, trarre l’impulso a riequilibrare il nostro stare al mondo, dando a esso un significato personale, profondo e spirituale.

Per realizzare tutto ciò è indispensabile il tuo contributo. Ci permetterebbe anche di:

- coprire le prime spese di produzione necessarie ad avviare il documentario
- emanciparci da quei sistemi produttivi che tendono a privilegiare tematiche che abbiano maggiore potenziale economico e mediatico
- attuare una ricerca libera e non condizionata da committenze che richiedono, sovente, linguaggi codificati, stereotipati, semplicistici, televisivi
- abbandonare l’idea di un cinema come puro intrattenimento a favore di una ricerca tesa ad esplorare nuovi e sinceri orizzonti espressivi.





SOSTIENI IL PROGETTO



VOCI DAL SILENZIO

UN PROGETTO DI: Uroboro Project

UNA PRODUZIONE: Joshua Wahlen e Alessandro Seidita

IN COPRODUZIONE CON: Arte Senza Fine

IN COLLABORAZIONE CON: Federico Tisa

DOCUMENTARIO: 52 min. c.a.

FORMATO: Full Hd

LINGUA: Italiano

REGIA e MONTAGGIO: J. Wahlen e A. Seidita

PROGETTO FOTOGRAFICO: Visita Interiora Terrea di F. Tisa


Le fotografie qui mostrate fanno parte del reportage fotografico di Federico Tisa. Per saperne di più visate la sua pagina personale www.federicotisa.com o dell'Associazione Eikon, di cui è membro attivo www.eikonassociazione.com

  da
http://www.farecultura.net/wordpress/arte-cultura/cinema-teatro/2568/voci-dal-silenzio-un-documentario-sugli-eremiti-ditalia/







Un viaggio, dal nord al sud dell’Italia, per raccogliere le testimonianze di chi ha intrapreso una ricerca intima e solitaria

Ogni eremita è un mondo a sé. C’è chi è mosso da una fede cristiana, musulmana o buddista, chi dagli insegnamenti delle sacre scritture, dei maestri, dei profeti, chi invece da valori laici. C’è ancora, tra loro, chi ha cercato di elevarsi e chi invece ha scavato nelle profondità dell’animo e della psiche. Abisso e vetta, a nostro avviso, delimitano l’ambito di un’investigazione infinità poiché rivolta a una meta che appare irraggiungibile: l’ascesi. Eppure la scelta del vivere in solitudine resta, agli occhi dei più, una decisione enigmatica e controversa, se non incomprensibile. Da qui l’idea di sviluppare un’opera visiva che possa diventare un ponte e condurre lo spettatore dal mormorio mondano a quel silenzio a noi ignoto, intriso di spiritualità, di cui è pervasa la vita ascetica.Rosalba – Val di Susa

Viaggeremo per vie solitarie, spesso inospitali, in eremi distanti dalle voci del mondo, all’interno di luoghi caratterizzati dal silenzio e dal raccoglimento. Riprenderemo il rapporto con la solitudine, il silenzio, i riti quotidiani, la preghiera, le esperienze estatiche. Ci immergeremo all’interno delle singole storie, raccontandone il passato, la vocazione, i conflitti e le battaglie. Tutto ciò con l’obiettivo di partecipare a un dialogo tra le varie tradizioni, poiché l’eremita, nella sua ricerca sempre autentica e originale, è per noi esempio d’unione e fusione delle diverse esperienze religiose. Il documentario ritrova così il suo vero “oggetto di ricerca” nella mistica, intesa come dialogo diretto tra uomo e Dio, una comunicazione altra, non verbale, non razionalizzabile , cuore unico e pulsante di ogni tradizione, philosophia perennis.
Paola – Piemonte

Il progetto nasce dall’incontro con Federico Tisa, fotografo torinese che nell’autunno del 2013 decise di attraversare l’Italia a piedi, zaino in spalla e macchina fotografica, con l’intento di creare una relazione intima con gli eremiti. Ne è nato un reportage marcatamente espressivo e intenso: Vita Interiora Terrae Abbiamo così preso spunto da questa sua avventura per sviluppare un progetto documentaristico che ne ampli la ricerca.
Questo progetto ha per noi un carattere fortemente simbolico, ritorniamo infatti a ciò che diede l’avvio alla nostra carriera documentaristica. Era il 2010 e a bordo di un camper sgangherato degli anni 80 attraversammo anche noi l’Italia. Incontrammo monaci, eremiti, alchimisti, sciamani. Privi dell’esperienza acquisita nel tempo e attenti più alle necessità di riscoprire noi stessi nella relazione con l’altro, non abbiamo mai orchestrato quelle riprese all’interno di un’opera. Eppure quel viaggio ha sancito l’amore per la ricerca documentaristica.
Oggi, a distanza di 6 anni, crediamo sia giunto il momento di ritornare sui quei primi passi e concludere un ciclo.Padre Isacco – Liguria

L’eremita è una figura onnipresente nella storia dell’umanità. In ogni secolo ci sono stati uomini che hanno intrapreso una via solitaria all’interno dell’esperienza spirituale. Hanno messo in pratica gli insegnamenti dei testi sacri, hanno seguito i passi dei profeti o la spinta di una voce interiore, attraversando il deserto, il pellegrinaggio, l’isolamento e mirando alla coincidenza di teoria e pratica religiosa, di mondo terreno e ultraterreno. Attraverso il loro cammino si vivifica e attualizza la relazione tra Dio e l’uomo, dialogo in cui si sviluppa la ricerca umana dell’identità. Immerso negli eventi mondani dell’ambiente sociale che lo circonda, ogni uomo deve e vuole sforzarsi di ritrovare se stesso, di scavare nella propria anima per comprendere la sua vera identità e la sua origine al di là dei lavori imposti, di ciò che la società gli ha richiesto e delle grandi opere che può realizzare. Ma nessuna scalata, nessun panorama – per quanto vasto – sulla bellezza straniante di questo mondo, potranno restituirgli il senso della sua vera casa, i confini infiniti e misteriosi dell’io che anima il suo corpo.Eremo- Piemonte

La comunicazione pervade oggi ogni singolo istante del vivere, fluendo nella mente, nell’occhio e nell’orecchio come una selva di stimoli d’intensità inumana. Una colata di contenuti marcatamente ipocriti, superficiali, accattivanti, pubblicitari. In un tale contesto, l’eco di alcune domande – “Dove sono?”, “Dove sono diretto?” – viene svuotato di senso concreto, quando lontanamente udibile. Da qui l’importanza di un cinema che prenda volutamente le distanze dal chiacchiericcio contemporaneo e rieduchi all’ascolto, al confronto, a una presa di coscienza personale e soggettiva. Con Voci dal Silenzio vorremmo dare un contributo in tal senso. E vorremmo farlo a partire da ciò che si pone come antitesi della distrazione e del rumore: il silenzio e la contemplazione. Sotto questa particolare gradazione, ancor più che le parole, le scelte attuate dagli eremiti possono diventare un monito per lo spettatore, stimolo concreto per tornare a dirigere il proprio tempo verso panorami più vasti, riscoprire il piacere della concentrazione e tornare a dare un giusto peso agli ostacoli e alle effimere conquiste del quotidiano. Dall’incontro con queste figure potremmo, forse, trarre l’impulso a riequilibrare il nostro stare al mondo, dando a esso un significato personale, profondo e spirituale.VIDEO – Estratto dall’intervista a Giancarlo Bruni
(Clicca sull’immagine per aprire il video)

All’inizio di questo film c’è solo l’indicazione di una direzione, di un orizzonte, di un inclinazione. Perché filmare è, prima di ogni altra cosa, intessere una relazione. Nessuna sceneggiatura dunque. In questo caso si tratta di raccontare ciò che è invisibile, impalpabile. La cinepresa si adatta a quello che accade nel momento, col fine di coglierne la verità che si manifesta nel suo movimento, eludendo le false evidenze, immergendosi nelle sfumature meno appariscenti. Il reportage seguirà il ritmo del viaggio, quello esistenziale prima di tutto. Viaggio di ricerca di sé, di scoperta e conquista dell’universo interiore. Alla successione di testimonianze delle figure incontrate farà da eco il lucido travaglio dei viaggiatori, immersi all’interno di un appassionato viaggio on the road a bordo di un vecchio camper.VIDEO – Estratto dell’intervista a fra Cristiano
(clicca sull’immagine per aprire il video)

La regia orchestrerà il tutto in un’unica esperienza corale restituendo allo spettatore il senso dell’erranza, della ricerca, del raccoglimento. Le immagini si accompagneranno ai racconti degli eremiti, alle riflessioni degli autori, alle voci della natura, ai silenzi. Le riprese poetiche, puramente musicali, che si riempiono di gesti e di attimi, avranno il fine di riaffermare le forme del nostro immaginario.
Ciò che mostreremo sarà sempre il frutto di un atto condiviso, di una piena adesione al progetto da parte degli eremiti che incontreremo. Alcuni li conosciamo già e sappiamo che sposeranno le nostre finalità. Altri hanno creato un rapporto di fiducia con Federico e sarà lui a introdurci nel loro paesaggio emotivo. Altri ancora saranno invece nuovi incontri, perché i viaggi lenti nascondono la sorprendente capacità di aprire sempre scenari nuovi e inaspettati.

Testo redatto e immagini e video forniti dagli autori Joshua Wahlen e Alessandro Seidita 


Sinfonica o progressive rock. Veruno il paese dove tutti suonano ed hanno un musicista per famiglia e ci sono varie rassegne - la storia di Davide Ierardi, musicista membro del gruppo «Santa Taranta».

riprendiamo , prima di gettarci nel giorno del ricordo   ( 10 febbraio  ) , di cose generalmente   più ( poi ovviamente   dipende   dai sentimenti    e da  quello che  ciascuno di noi sente     e ci riversa in essa  ) allegre  sopratutto  in  un  nazione  patria  del  bel canto  (  opera lirica , melodramma     e  cantautori  \ poeti )   ormai quasi estinti  salvo  eccezioni   come  queste  due  storie     che  m'avvio a  riportare  

la  prima   è tratta   da  http://www.lastampa.it/ del 26/01/2017





Sinfonica o progressive rock il paese dove tutti suonano Nel Novarese un musicista per famiglia e varie rassegne


Alcuni dei componenti della Società Filarmonica Verunese, il corpo bandistico che vanta 102 anni di storia

                                                 CHIARA FABRIZI

VERUNO (NOVARA)
Se per cercare il paese dei balocchi bisogna leggere Collodi, per quello della musica basta impostare sul navigatore il nome di una località del Novarese: Veruno. Già il cartello stradale recita: «Veruno, paese della musica». Per averne la prova basta entrare in una casa qualsiasi: almeno uno dei componenti suona uno strumento, canta nella corale o ha un diploma di conservatorio nel cassetto. Nella famiglia Bicelli la passione per la musica si tramanda di generazione in generazione, come il colore degli occhi. Renzo Bicelli, 76 anni, è un metalmeccanico in pensione: «A casa toglievo la tuta da operaio e imbracciavo il basso tuba». E’ lo strumento che suona nella Società Filarmonica, la banda che vanta 102 anni di storia. «Con me suonano le mie due figlie, una l’oboe e l’altra il clarinetto, mio genero la tromba, come mio nipote Samuele, 12 anni. Tutto ha avuto inizio con mio padre Primo, che nel 1914 ha istituito la Filarmonica, il vanto del paese».
Perché accada che in un Comune di 1700 abitanti la percentuale di persone «contagiate» dal virus della musica sfiori il 50%, lo spiega Alberto Temporelli, presidente di «Ver1 Musica»: «Tra fine ’800 e inizi ’900 in tanti sono andati a lavorare in Francia o in Svizzera e lì sono entrati a far parte di bande e sodalizi musicali. Una volta a casa, hanno importato quella passione». C’è chi della musica ha fatto una professione: Maurizio Sacchi che è direttore d’orchestra, i clarinettisti Alessandro Temporelli e Paolo Lombardo, mentre Lorenzo Bellini suona il corno; alcuni di loro fanno parte dell’Orchestra del Settembre musicale verunese, diretta da Alessandro Maria Carnelli. E chi, a Veruno, non suona, canta: in paese c’è la Corale di Sant’Ilario. E l’associazione «Percorsi musicali» promuove uno stage di perfezionamento per giovani strumentisti: ogni anno 100 musicisti a luglio, per 15 giorni, trasformano il paese in una sala prove diffusa.
Ma a rendere nota la località del Novarese oltre i confini italiani, in Europa e non solo, è il festival «2 Days Prog+1» organizzato dall’associazione «Ver1 Musica». «E’ il più importante festival di progressive rock in Italia e tra i primi al mondo - dice Temporelli - in media 6 mila persone ogni anno arrivano da tutta Europa». Il «2 Days Prog+1» - uno dei momenti del Settembre musicale verunese che comprende jazz e classica - offre concerti gratuiti: «Ogni anno si rinnova il miracolo - dice Temporelli -. Ci ritroviamo in migliaia sotto il grande palco nella piazzetta della Musica e nell’auditorium, per condividere musica ed emozioni. Negli anni abbiamo ospitato la nuova generazione del rock nostrano, come Litfiba e Afterhours, gruppi che hanno rappresentato il prog in Italia come le Orme, la Pfm, il Banco del Mutuo Soccorso accanto a band internazionali come Haken, Curved Air, Mystery, Uriah Heep». A tutti si chiede non solo di suonare ma di stare tra la gente: «Quattro chiacchiere davanti a un piatto di pasta cucinato da un’altra band che per una sera, lascia gli 
strumenti e mette il grembiule».


 la  seconda   dal http://www.messaggerosantantonio.it/ del 22\1\2017











                         Davide Ierardi, musicista membro del gruppo «Santa Taranta».


Il made in Italy ha una lunga storia in Australia. Non è iniziato con la pasta, la pizza o il panettone, bensì con la musica. Fin dalla seconda metà dell’Ottocento nel Paese oceanico arrivarono i primi gruppi di emigranti da Viggiano (provincia di Potenza, Basilicata) con le loro arpe a tracolla. Un terremoto aveva colpito duramente il Sud Italia nel dicembre 1857 e proprio a Viggiano – paese che vanta una lunga tradizione artigianale nella costruzione di arpe – i morti furono ottocento. L’emigrazione fu l’unica soluzione al dramma umano che ne seguì. Nel decennio 1860-1870 i viggianesi erano già numerosi a Sydney, Melbourne e Adelaide. All’inizio si esibivano per le strade ed erano chiamati musicantes. Successivamente formarono gruppi di buon livello artistico, sempre più richiesti durante i balli e i ricevimenti di lusso, ma anche nelle sale di proiezione, dove accompagnavano i film muti da dietro le quinte.
Col passare del tempo, l’arte di costruire e suonare l’arpa si perse un po’ nel nulla. Da circa dieci anni, però, è in atto un ritorno alla tradizione. E gran parte del merito va a Davide Ierardi (nella foto sopra ), viggianese che ora abita a Melbourne. «Mi sono avvicinato al mondo della musica sin da piccolo – racconta il giovane –. Da autodidatta ho iniziato a suonare la fisarmonica diatonica e ho avviato un percorso di ricerca, salvaguardia e promozione del patrimonio musicale lucano». 
Dopo aver frequentato il Conservatorio di Potenza e un corso di laurea in Discipline della musica e dello spettacolo a Napoli, nel 2004 Davide inizia a suonare l’arpa popolare di Viggiano (arpicedda). Quindi, assieme al padre Giovanni, crea il primo laboratorio di costruzione d’arpa. 
Gli anni passano, ma la passione per la musica popolare resta. È il 2012 quando Ierardi si trasferisce a Melbourne. In Australia conosce altri musicisti e, con Salvatore Rossano ed Emiliano Beltzer, forma il gruppo «Santa Taranta». «Taranta» è il termine pugliese per «tarantola», il ragno che, «pizzicando», scatena nella vittima un frenetico bisogno di danzare, per liberarsi dal suo veleno. Ovvio quindi che la «taranta» sia la musica più eseguita dal gruppo, seguita da pizzica, tammurriata, polka e jazz. I componenti della band, a turno, cantano e suonano la fisarmonica, l’organetto, la chitarra, la zampogna, il tamburello. Sono loro i nuovi musicantes che portano in Australia la musica tradizionale del Sud Italia. Non c’è da stupirsi se partecipano con successo a festival nazionali e sono invitati a esibirsi nelle scuole. «Il suono dei nostri strumenti – conclude Davide – è naturale, limpido, fresco, genuino. Per questo entusiasmiamo il pubblico e, dopo ogni spettacolo, ci sentiamo dire: “A quando la prossima volta?”».




27.1.17

Un viaggio a piedi nella neve, così il figlio riunisce i genitori prima della morte


questa  storia mi ricorda     tanto  l'anime   sui monti con annette in particolare  questi  tre  episodi  

A tutti i costi
「吹雪の峠をこえて」 - fubuki no touge wokoete 23 ottobre 1983
Lucien viene a sapere dalla sorella Marie che a Montreaux c'è un bravo medico che forse potrebbe guarire la gamba di Dany. L'intervento è molto costoso, ma Lucien non ha intenzione di farsi sfuggire il medico. Dopo aver racimolato tutti i suoi risparmi e anche quelli di Pegin, parte, all'insaputa di tutti, alla volta di Montreaux. Ma durante il viaggio si scatena una terribile tempesta.
40 In nome dell'Amicizia
「立ち上がれ ルシエン」 - tachiaga re rushien 30 ottobre 1983
Sorpreso da una terribile tempesta, Lucien, sfinito, crolla tra la neve. Nel frattempo Pierre si mette sulle sue tracce, ma il cattivo tempo lo costringe ad interrompere le ricerche. Lucien sta per arrendersi, ma il desiderio di parlare con il dottore di Montreaux e quindi di dare a Dany una possibilità di guarigione è più forte di tutto.

Una speranza per Dany
「ダニーを診てくれますか」 - dani wo mite kuremasuka 6 novembre 1983
Dopo mille difficoltà, Lucien raggiunge Montreaux. Contatta il dottor Givette e gli racconta di Dany. Il medico accetta di curare Dany ed assieme a Lucien parte per Roncinterre.
  quanti  ricordi  d'infanzia

da http://www.lastampa.it/2017/01/25/italia/cronache/


Un viaggio a piedi nella neve, così il figlio riunisce i genitori prima della morte



                                                     LAPRESSE









Pubblicato il 25/01/2017
ANTONELLA BORALEVI



Ci sono quattro metri di neve, tra i monti Sibillini e i monti della Laga, su per i boschi di faggi e di castagni. Neve intonsa, che nessuna ruspa finora ha trovato il tempo di sfiorare.
La strada è bloccata da giorni.
La neve fresca sono sabbie mobili che ingoiano le gambe, ogni passo sollevi una montagna.
Acquasanta Terme, duemilaottocento abitanti, un bel paese sperso in alto, a 19 km da Ascoli Piceno, è un tumulo bianco. La neve è dappertutto e è insormontabile.
Ma l’amore, e mi secca doverlo dire proprio io, che della retorica dell’amore sono nemica giurata, davvero vince tutto.
Romolo Nespeca, quaranta anni e qualcosa, venerdì scorso ha attraversato, un passo per volta, una gamba per volta, talvolta a gattoni, per due ore e mezzo di cammino, quell’universo bianco e gelato.
E’ andato nella frazione di Venamartello, ha preso tra le braccia sua madre, che di anni ne ha sessanta e di forza fisica molta meno di lui.
Era già buio.
E siccome non arrivavano né l’elicottero né lo spazzaneve, Romolo, con la mamma tra le braccia, talvolta sorreggendola, talvolta spingendola nel passaggio stretto che si sforzava di scavare con le mani nella muraglia di neve, ha fatto altre due ore di cammino, per arrivare all’ospedale.
Sulla porta, è quasi svenuto dalla fatica.
Ma era lì. Ce l’aveva fatta.
All’ospedale, c’era suo padre che moriva. Romolo e sua madre non volevano che morisse solo.
Alle nove di sera, in quell’ospedale che era irraggiungibile ma che l’amore ha raggiunto, quel marito e quella moglie che avevano diviso la vita, si sono potuti abbracciare. «A mezzanotte» ha detto Romolo «mio padre è morto,tra le braccia di mia madre».
Perchè ho scelto di raccontarvi questa storia?
Ho sentito l’obbligo di farlo. Perchè certe volte l’amore trionfa davvero.
E la retorica perde.

emergenza femminicidi non basta una legge che aumenti le pene ma serve una campaga educativa altrimenti è come svuotare il mare con un secchiello

Apro l'email  e tovo  queste  "lettere "   di  alcuni haters  \odiatori  ,  tralasciando  gli  insulti  e le  solite  litanie ...