30.4.12

peonie in attesa di fioritura


fra ieri  e  oggi   ho allargato  ,  diserbato  ,   gettato  le  guaste  di  questa  piante  e  con  il  mio   cellulare  ,  ho scattato la  foto    che  vedete  .  

Generalità


Ben note per i loro splendidi fiori, le peonie producono anche un bel fogliame e degli arbusti vigorosi e ampi, molto adatti come esemplari singoli, anche in un piccolo giardino. Il genere peonia riunisce alcune decine di specie di piante erbacee ed arbusti, diffusi in tutto l'emisfero boreale; la peonia è presente anche nella flora italiana con alcune specie dai grandi fiori porpora e rosa, diffuse nelle zone boscose e collinari.
Le specie che possiamo trovare in vivaio non sono specie botaniche, ma ibridi e cultivar, ottenuti dall'incrocio tra specie dalla particolare fioritura; in genere le peonie vengono suddivise in due grandi gruppi principali: le peonie arbustive e le peonie erbacee. Da questi tue grandi gruppi, attraverso successivi incroci ed ibridazioni, si sono ottenute varietà dette intersezionali, grazie alle ibridazioni di Mr Toichi Itoh, queste peonie riuniscono le caratteristiche delle peonie arbustive e delle erbacee.

Peonie erbacee


A questo gruppo appartengono anche le specie presenti naturalmente in Italia; questi fiori vengono coltivati nei giardini Europei da secoli, ed esistono quindi innumerevoli ibridi e cultivar. Si tratta di piante erbacee, con radice tuberosa, di grandi dimensioni; durante i mesi primaverili dalle radici si sviluppano lunghi steli che portano grandi foglie frastagliate di colore verde brillante, a formare ampi cespi tondeggianti, che possono raggiungere 90-100 cm di altezza e di ampiezza. In primavera inoltrata ed in estate tra il fogliame, sottili fusti eretti portano grandi boccioli, che produrranno enormi fiori colorati, in genere nei toni del rosa. Esistono peonie erbacee a fiore semplice, doppio, stradoppio, di colore rosso, rosa, bianco, borgogna.
La coltivazione è molto semplice, e anch le piante meno curate portano a fioritura incredibili; i grossi tuberi si pongono a dimora in un buon terreno soffice e fertile, ben lavorato e mescolato a poca sabbia e a dello stallatico ben maturo. Una volta posizionato il tubero è bene annaffiare a fondo il terreno, e controllare che rimanga fresco e privo di piante infestanti.
La posizione ideale è ben soleggiata, evitiamo di posizionare le piante in luogo eccessivamente buio o ombreggiato, perchè tenderebbero a non portare fiori.
Da aprile fino a settembre annaffiamo regolarmente, le piante possono sopportare periodi di siccità anche lunghi, e preferiscono che le annaffiature vengano fornite quando il terreno è ben asciutto; evitiamo quindi di lasciare a lungo il terreno umido o bagnato, ed annaffiamo saltuariamente, intensificando le forniture di acqua nei periodi privi di precipitazioni. Quando il fogliame tende a svilupparsi, in primavera, spargiamo attorno alla pianta dello stallatico ben maturo, o del concime granulare a lenta cessione, specifico per piante da fiore.
Periodicamente rimuoviamo i fiori appassiti; può capitare che i fiori siano tanto grandi da piegare i fusti che li portano, si può ovviare a questo problema ponendo dei tutori al centro del cespo di foglie, a cui assicurare i fusti con i fiori più grossi e pesanti.
Verso la fine dell'estate possiamo smettere di annaffiare, e in seguito possiamo tagliare il fogliame della peonia a 15-20 cm da terra; l'anno successivo la pianta ricomincerà a germogliare all'arrivo del primo tepore primaverile.

Peonie arbustive


Contrariamente alle cugine erbacee, le peonie arbustive producono fusti legnosi, ben ramificati, che possono raggiungere i 150-200 cm di altezza; queste peonie perdono il fogliame in inverno, lasciando i fusti spogli.
In vivaio troviamo molti ibridi, di origine asiatica ed europea; i fiori sono grandi, di colore rosso, rosa, giallo o bianco. In genere le varietà a fiore giallo o bianco sono tra le più ricercate.
Le foglie sono grandi, seghettate, di colore verde scuro; i rami sono nodosi e contorti, di colore marrone scuro, con corteccia sottile, che spesso si rompe in scaglie.
Anche queste peonie non temono il freddo, e possono trovare posto in giardino, in un buon terreno ricco, leggermente acido, leggero e ben drenato. Preferiscono una posizione soleggiata o semiombreggiata: più il clima è fresco e più sarà possibile posizionare la nostra peonia in pieno sole.
Sono arbusti vigorosi e rustici, che non temono il gelo, e nemmeno la siccità ed il calore estivo. In caso di prolungati periodi di siccità annaffiamo bene il terreno, attendendo sempre che asciughi perfettamente tra una annaffiatura e l'altra.
Anche le peonie arbustive non necessita di particolari cure: periodicamente asportiamo i fiori appassiti; a fine fioritura possiamo accorciare i rami vecchi e rovinati, ma evitiamo le potature drastiche, che spesso portano alla mancanza di fiori la stagione successiva.

Peonie intersezionali


Si tratta di varietà di peonie che presentano caratteristiche appartenenti agli altri due gruppi: disseccano completamente durante l'inverno, ma producono fusti legnosi e ben ramificati durante la bella stagione. I fiori sono grandi e profumati, di colore che va dal giallo al rosa, al rosso.
Anche queste peonie necessitano di un buon terreno leggero e ricco, e di una posizione soleggiata o semiombreggiata. Non temono il freddo.

Alcuni suggerimenti


In generale tutte le peonie trovano posto al sole, o a mezz'ombra nelle zone con estati molto calde; se posizionate in luogo eccessivamente ombreggiato tendono a non produrre fiori.
Possono essere utilizzate come esemplari singoli, ma sono molto adatte anche per creare bordure, vista la bellezza del loro fogliame.
Non necessitano di grandi cure, e capita spesso che esemplari completamente lasciati a se stessi, in vecchi giardini di case abbandonate, continuino nel tempo a produrre i loro splendidi fiori.
Sicuramente annaffiature nei periodi di maggiore siccità e una concimazione con concime per piante da fiore a lenta cessione, da praticare in primavera, portano a fioriture più abbondanti.
Possiamo moltiplicare le nostre peonie dividendo le radici tuberose o i cespi di radici; in questo modo, in autunno, possiamo ottenere più piante da un solo esemplare. Ricordiamo però che le piante così prodotte tenderanno ad impiegare qualche anno per ben stabilirsi nel terreno, e quindi è normale che una pianta ottenuta da divisione impieghi almeno un paio di anni prima di fiorire abbondantemente. Lo stesso avviene per le piante da poco messe a dimora: le peonie infetti non amano i trasferimenti e ogni volta che spostiamo una peonia, la poniamo a dimora o la dividiamo, aspettiamoci che impieghi almeno un paio di anni per adattarsi alle nuove condizioni di coltivazione.
Possiamo ottenere nuove piante di peonie anche da seme, ma poiché in commercio è possibile trovare quasi esclusivamente ibridi, è probabile che pochi semi siano fertili e che le piante ottenute da seme non siano identiche alla pianta madre.

Alcuni dettagli da ricordare


Nelle peonie arboree, gli ibridi di Paeonia lutea sono di vegetazione più tardiva delle varietà di Paeonia suffruticosa.
Nelle peonie erbacee gli ibridi sono invece più precoci delle varietà orticole correnti di Paeonia lactiflora .
In genere sono necessari 2 o 3 anni prima che le piante si sviluppino in modo normale, nel frattempo svolgono un lavoro sotterraneo e pertanto possono dare l'impressione di vegetare producendo pochi fiori o non fiorendo affatto.
Essendo tra i fiori più precoci, le peonie smettono anche presto di vegetare, per questa ragione possono avere un aspetto autunnale già dai primi di settembre.
Per assicurare una lunga durata dei fiori recisi, si consiglia di tagliare i rami quando i boccioli cominciano ad ammorbidirsi ed a lasciar intravedere il colore del fiore. Se si recidono rami con i fiori già completamente aperti la loro durata sarà più limitata.

Moltiplicazione e riproduzione


La moltiplicazione delle peonie arbustive può avvenire per innesto a spacco su radice di Paeonia lactiflora (erbacea) da fine agosto a fine settembre, utilizzando rami lignificati prodotti dalla pianta durante l’anno. Altro sistema di moltiplicazione è costituito dalla divisione dei cespi, anche in questo caso in settembre, utilizzando piante di grandi dimensioni che vengono divise in 3-4 parti e facendo attenzione che su ogni parte siano presenti un adeguato numero di radici e di fusti.
Anche la semina è un sistema valido per riprodurre le peonie, sia erbacee che arbustive, bisogna però tener presente che la nuova piantina avrà quasi certamente caratteristiche diverse da quelle della pianta da cui si sono raccolti i semi.
La riproduzione delle peonie da seme è un procedimento molto lungo, la sola germinazione del seme impiega 2 anni, ma è l’unico utilizzabile per creare varietà nuove. Generalmente per veder fiorire una piantina nata da seme sono necessari 7-8 anni dal momento della semina

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29.4.12

Inoperosità' o pazienza ?

IL mio "fornitore " di pizze d'asporto ha regolato un calendario di dei fondamentalisti cristiani http://www.piuchevincitori.com e fra i tanti versetto biblici quotidiani  commentati   ieri o avant'ieri ho trovato questo :

Ebrei 12:1" Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta". 

                                 Inoperosità' o pazienza  



L'aragosta, quando si trova sulla roccia dove poi si seccherà, non ha la percezione e la forza per tornare al mare, ma aspetta invece che il mare vada da lei ; se il mare non arriva rimane li fino che muore, senza fare nulla.
Questa è passività, non agire, non aspettarsi niente, essere nessuno, la pazienza invece significa lavorare con la speranza che quello che aspetti con il tempo lo raggiungerai. L'inoperosità viene confusa con la pazienza. Non cadiamo in questo inganno  Tu non essere passivo rispetto a Cristo , attivati a muoverti verso di lui per tornare alla vita !




e  mi  accorgo  che   a volte    anche i fondamentalisti  dicono delle cose sensate o parzialmente  sensate e che  
(...)



il buon senso la logica i fatti le opinioni le raccomandazioni
occorre essere attenti per essere padroni di se stessi occorre
essere attenti.
(...)




come passa il tempo il gruppo www.testedatagliare.it fa 10 anni



come miele per le api

Tutto è nato da un appuntamento già fissato per festeggiare i 10 anni di conoscenza di un gruppo di amici di tutta Italia (ovvero noi, testedatagliare, che ci siamo incontrati grazie all'ascolto di Jack Folla nella trasmissione radiofonica Alcatraz - Un uomo nel braccio della morte, ideata da Diego Cugiae andata in onda su Radio 2 Rai)... ma essendo tali amici da sempre sensibili alle tematiche ambientali, sociali, ecc. (in ciò probabilmente hanno a suo tempo trovato il “collante” di questa intensa unione ideale ed è con questo spirito che, in gran parte, hanno costruito e vissuto le proprie vite in questi anni) abbiamo pensato di farne un evento pubblico dedicato al tema della decrescita felice, per estendere a più persone quella che noi crediamo possa essere non solo una buona, ma anche una necessaria pratica di vita.

Da quando abbiamo incominciato a intessere contatti chiedendo la collaborazione di diverse realtà, siamo improvvisamente diventati come miele per le api ricevendo telefonate da persone che hanno chiesto di poter partecipare. E’ evidente che in questo tempo la tematica è fortemente sentita e per noi è un grande piacere pensare ad un momento di confronto e crescita su questo tema da condividere il più possibile.

Una specie di “m'illumino di meno” in versione primaverile quindi, organizzato per crescere ancora assieme nella felicità di riabbracciarci dopo tanto e condividendo questa esperienza con altre persone per uno stimolo ad uno stile vita più consapevole (e anche per far conoscere Montecarotto e le realtà locali).

Se nel caso non leggeste bene o cliccandoci sopra non vi si apre , Il programma dell'evento, pressoché definitivo, è scaricabile qui.

A breve verranno inserite altre pagine utili ai contatti con i b&b e agriturismi della zona e un forum di contatto per il mercato del baratto e per organizzarsi in car pooling.

A prestissimo!!

Per info e indicazioni:
info@testedatagliare.it - 3394092848

non sempre vado in letargo e sto in mutande a volte esco e cammino


Questo post   è  dedicato a chi di voi mi chiede   come trascorro  i  giorni di festa  o quando non lavoro oltre   che stare davanti  al  pc  a sparare  cazzate  o   



per parafrasare un altro grande poeta  dopo de  Andrè

Ora mentre  cerco di pensare  a come  iniziare il post    della  scarpinata - passeggiata  d'ieri   fra quelle che avrebbero dovuto essere campagne ed ora sono quasi tutte case da vigna e da spuntino , mi riviene in mente , stranezze \ sinestesie della vita questa canzone insieme alla precedente della  mia infanzia  





Ecco  ora  sono pronto  al post


Dipende   dalla  stagione . Come  tutti ( per  chè l’uomo  è  un animale  non dimentichiamolo  )  da  novembre   fino ad  marzo \  aprile   vado in letargo   ed  esco  solo per  andare  a lavorare o  qualche  volta  € ed amici ( visto   che   hanno famiglia sono sposati e con figli   o sono un po’ poltroni   come il sottoscritto d’altronde  ) permettendo    si esce il sabato  pizzeria   e\o locali  oppure   si  va  da qualche amico  /( quando non si rimane   a casa   con i matusa   \  vecchi  )  a vedere  film scaricati o noleggiati  . 




 con il pc  portatile  sulle  ginocchia o davanti alla  tv  quando  c'è  ( sempre più raro  ) qualcosa  d'interessante  o  a  vedere  dvd  )  o al  caldo del mio  " eremo  " ( la mia stanza  ) ad ascoltare musica    di zanfaraioli  come  chiama  mio padre  al  musica  moderna   o  in mansarda (  lo studio di mio padre  )   da mio padre  quando   c'è qualcosa  d'interessante  sul  satellite in particolare  i programmi di http://www.arte.tv/fr  



ma  a volte   come  ieri    quando fa  bella  giornata  esco   a  godermi  il cielo  sempre  più blu per  parafrasare la canzone  ma    il cielo è sempre  più blu'  di  Rino Gaetano ( Crotone, 29 ottobre 1950 – Roma, 2 giugno 1981 )


 Di solito   quando esco in compagnia   ed  andiamo nelle campagne  (  zona  mista     come preferisco chiamarla  visto il fenomeno  molto diffuso  nel sud    delle  case  da vigna  e  orto  )   di tempio  o  nei dintorni  andiamo in macchina   fino ad  un certo punto  e  poi andiamo a piedi  . Ma  ieri    essendo  solo   ed  essendo  una bella  giornata mi  è capitato   d'andare da  solo  è quindi   sono andato completamente  a piedi    facendo ( devo attraversare metà paese  )   un po' più dio strada  .
Dopo   aver  attraversato   via  valentino  e  parte  della via  di  della  chiesa  San Giuseppe 



 andando avanti  s'arriva   alle ultime  case   e poi  ai quartieri sub urbani  . e alle  chiese  campestri   della  S.s Trinità  e di mezzaustu.
Prima  d'arrivare   alla  chiesa  della Trinità  si percorrere  un bel tratto di strada   asfaltata  ( frea  case  in abbandono o abitate  per  il  fine settimana o vendemmia  o   da  qualche  residente  \ pensionato   od   allergico  alla vita  di città'  )


 e poi in terra battuta    ,  con qualche fermnata     a mangiare   merendare   : asparagi , tarassaco, l'aglio selvatico o  altre  erbe  selvatiche
Dopo    dopo    qualche discarica    abusiva  ,   carcasse  d'auto  (    erano troppo lontane   per usare lo zoom  della  digitale  )  


qualche  allevamento di  pecore

 e   visto che sono strade  inter ponderali    e  si  sta  vista la crisi  riprendendo con il ritorno ala campagna   l'allevamento   bovino  (  vedere  anche foto vicino alla  chiesa  di Mezzaustu )   capita  di calpestare    (  chi sa  se mi porterà fortuna sorridente  )

dopo  un sentiero di sughere   ecco    che arrivo alla  S.Trinità




poi  tornando indietro aprendo  un cancello  che mi sono dimenticato  , li per li  non ci ho pensato a  fotografarlo attratto   dalla sensazione  di pace    che proveniva  dai  :   rumori  dei campanelli  delle  vacche , dalle rondini ed  altri uccelli ,  grilli e  cicale ( vedere  il finale   cioè  gli ultimi  30  secondi  di questa   famosissima   mi vergogno   a  di dire  il titolo ed  il nome dell'autore talmente  è  nota  canzone   ) a cui noi  villici salvo i vecchi o  chi  ha  o ha  avuto la campagna  ,  siamo diventati allergici





poi  sulla  via   del  ritorno  ho visto   un maneggio  equestre    e  gatti selvatici  \  randagi  





  sbagliando  strada   perchè  una  volta   passato il passaggio  a  livello     da  sotto San Giuseppe   10\15  minuti   ed  ero a  casa   , invece   ho fatto  , sosta  d'amici   che  abitano  vicino al cimitero ( una birrozza  e   qualche  nocciolina  )  e  20 \30  minuti  di camminata  fra le vie  del centro storico 


All’ombra del Supramonte l’orrore della disamistade Un testo tra storia orale e testimonianza antropologica scritto da Teresa Mele

 proprio mentre leggo l'articolo che intendo proporvi  mi ritorna in mente questa  canzone

All’ombra del Supramonte l’orrore della disamistade

Un testo tra storia orale e testimonianza antropologica scritto da Teresa Mele
    di Giacomo Mameli
    di Giacomo Mameli
    Se anche Pietro Clemente, uno dei più autorevoli antropologi italiani con dna sardissimo (nato a Nuoro, un tempo cuore della società del malessere) dice che «è un testo difficile per ragioni che possono apparire bizzarre», c'è da rifletterci. E non poco. Perché – quando si parla di devianze sociali – vanno messi in campo tutti gli strumenti del ragionamento, senza frasi fatte né luoghi comuni, senza condanne né assoluzioni frettolose davanti a uno dei fenomeni - quello del banditismo sanguinario del primo dopoguerra - che ha segnato la Storia, facendo rimbalzare il nome della Sardegna e della Barbagia Oltretirreno e Oltralpe. La prima delle bizzarrie: il libro propone, in positivo, «un eccesso di offerta di temi antropologici». Ci pensa poi un'altra studiosa, Giannetta Murru Corriga, a tratteggiare un quadro altrettanto bizzarro dal quale emergono «contraddittori rapporti comunitari in cui profonda amicizia e feroce inimicizia sono ugualmente possibili». Sembra così - in quel teatro totalizzante che si chiama Orgosolo - di trovarsi davanti all'ordito di una tragedia greca. Scandita da silenzi, dal fragore di una bomba, «da finestre crivellate dai proiettili", da urla e pianti perché - anche senza far accenno ai fatti criminali più recenti e devastanti - tziu Boelle è stato assassinato nel modo peggiore». Con molte frasi in sardo che hanno l'imprimatur del linguista Giulio Paulis.
    Storia e storie di ieri. Raccontate con un linguaggio verità che non è quello, per certi versi assolutorio a prescindere, di figure-mito di prima grandezza come Franco Cagnetta o Vittorio De Seta. E questo è uno degli aspetti più interessanti di questo libro, perché qui emergono semmai Peppino Fiori della “Società del malessere” e Gigi Ghirotti di "Mitra e Sardegna". Ma con una conoscenza che arriva da dentro, “dae sas intragnas”, “imo cordis” e che offre un'interpretazione vissuta, ma non per questo meno coinvolgente e veritiera. Con pagine di amore vero verso Orgosolo, le sue donne, tzia Luisa e tzia Juvanna, i riti di Sa Candelarìa, “su harvone”, con una separazione netta dalla tragedia familiare. Teresa Mele non generalizza. E sono gli stessi orgolesi che «fanno una colletta in tutto il paese, bussano a tutte le porte e tutte le porte si aprono». È la Orgosolo civile dei giorni dopo le tempeste, che esiste al di là di tutto.
    Storia scritta, con un linguaggio che più schietto e perfino coraggioso non si può, da una donna di Mamoiada, partita dal paese dov'era nata da quando aveva sedici anni e trasferita in Piemonte. Qui è diventata mamma, qui vive e qui ha fatto per decenni l'infermiera professionista dopo una breve esperienza mistica "in una comunità di religiose laiche" dalla quale va via per non peccare di "servilismo". Nel turbine di "tormenti interiori" nasce - pur sentendo "un disagio forte che ti rode dentro" - l'idea di questo voluminoso libro-confessione di 740 pagine, "Addio a Orgosolo", sottotitolo "Memorie di una barbaricina" pubblicato dal Cisu di Roma nella collana diretta da Clemente "Finzioni vere, storia di vita per l'antropologia".
    Libro verità della figlia di Chiccu Mele piccolo impresario-boscaiolo e di Peppanna Cadinu. La famiglia da Mamoiada si trasferisce a Orgosolo dove – sottolinea Pietro Clemente con riferimento ai sociologi George Simmel e René Girard – il padre impresario viene subito considerato un invasore, anzi “uno straniero interno” perché "lo straniero", anche se arriva ad Orgosolo da Mamoiada, "mette in crisi le comunità tradizionali, non è il viandante che passa ma colui oggi viene domani rimane". E dà fastidio.
    Eppure Teresa si sente a casa, come se fosse al suo paese: «Da quando ho memoria di me stessa, parlavo mamoiadino con i mamoiadini e orgolese con gli orgolesi, così che mi sentivo mamoiadina e orgolese allo stesso tempo e amavo i miei due paesi». Prima casa nel rione Mazzai, "in su palathu". Poi a Punzitta. Tempi bui, disamistade, morti ammazzati, agguati, taglie. Barbagia Far West. Nel novembre del 1954 «dopo aver seminato per anni il terrore in tutto il Nuorese, quando quel terrore ha cominciato a minacciare e falcidiare gli orgolesi, è stato ucciso il famoso bandito Bascale Tandeddu». È il 1960. «Cose orrende accaddero quell'anno con l'uccisione e il sequestro di Pietrinu Crasta». Estorsioni continuate, imboscate, assalti in armi alle corriere, carabinieri uccisi, lettere minatorie con due segni croce. Una va anche a casa Mele, per l'impresario, l'industriale, il manager venuto non "da lontano" ma comunque "da fuori". Testuale, tutto in minuscolo: "guarda bene signor chiccu mele cuesta è l'ultima lettera se no porta i soldi a pinzellu il 19 di giugno, se no devi ismigrare da orgosolo setu la lettera la porti in caserma per noi ellostesso niente pensati bene». Non una ma tante lettere.
    Stare sotto il Supramonte? No. «Ai primi del febbraio del 1961 la nostra famiglia lascia Orgosolo e ricomincia a vivere a Mamoiada nella più cruda incertezza e precarietà. Seguirà il pignoramento dei mobili, la malattia di mia madre, una vera catastrofe». Ed ecco perché la radiografia di Teresa Mele non è compiacente. A dirlo senza eufemismi è proprio Giannetta Murru perché l'autrice «respinge la visione del banditismo orgolese e dei suoi eroi enfatizzata dai mass-media acriticamente accolta anche dal regista De Seta in Banditi a Orgosolo». Per la Murru Corriga, Teresa «compie una lettura critica di testimonianze, delinea una interpretazione del banditismo che in qualche modo sembra evocare l'idea forse non nuova di accumulazione capitalistica primitiva». E la Mele contesta un parroco, don Giovanni Sanna che «ha totalmente e vergognosamente rimosso, cancellato la nostra storia. Frutto, a mio avviso, di una cattiva coscienza».
    Libro da leggere. Libro da capire. Parla dei murales dove non compare «il dolore atroce delle madri orgolesi che hanno pianto la vita dei giovani figli spezzata dalle vendette e dalle lunghe faide fratricide». Il libro propone analisi controcorrente. "Quei murales non ci raccontano niente di quelle tragedie. Non ci raccontano di don Michele Cadoni che ha dovuto lasciare Orgosolo perché un altro uomo innocente è stato ucciso al suo posto. Parlano solo, e bene, di Ho Chi Min e di Che Guevara, di Antonio Gramsci e di Emilio Lussu. Ma c'è il silenzio sulle cose di casa. Sulle vedove e sugli orfani dei mitra. «Non parlano della tragedia del pacifico commerciante Pietrinu Crasta. I murales in cui si grida Zustissia Cherimus non hanno spinto Orgosolo a esigere giustizia per l'assassinio di don Francesco Muntoni sacerdote innocente e di Adolfo Senes». Conclude Pietro Clemente: «In questo libro nessuna croce manca. Le storie di vita sono un dono al valore sempre nuovo e plurale della vita». Una vita che riporta Teresa a vedere i luoghi dove aveva vissuto bambina. «E mi sento rappacificata con Orgosolo, la mia seconda patria».

    chi ha detto che in ristorante si debba solo mangiare ? Cagliari Un ristorante diventa occasione di riscatto La locanda dei Buoni e Cattivi è stata premiata come migliore progetto di impresa sociale in Italia



    Ecco  un esempio di come un ristorante   sia anche  cultura  e valorizzazione delle diversità  . Nel loro sito   in particolare qui    trovate maggiori dettagli   e il file  audio    di cui si  parla   nell'articolo  sotto preso dalla  nuova  sardegna  online   . Un oasi di pace  in pieno centro : << La Locanda dei Buoni e Cattivi è un posto particolare. E' un bellissimo bed & breakfast con un ottimo ristorante. Un'elegante villa nel cuore di Cagliari, a due passi dal centro storico ed a pochi chilometri dal mare più bello.La Locanda è un ambiente riservato e silenzioso, circondato da un ampio giardino dove puoi essere disturbato solo dalle nostre due rumorosissime tartarughe (Buona e Cattiva). Ma la Locanda non è solo questo. La Locanda dei Buoni e Cattivi si trova a poche centinaia di metri dalla stazione e dal porto, a 10 minuti dall'aeroporto di Elmas. A piedi di raggiunge il Palazzo della Regione, le principali facoltà dell'Università di Cagliari, il Teatro Massimo, il centro della città. >>(  dalla loro home  )
    ecco  l'articolo della  nuova 
    CAGLIARI. La «Locanda dei Buoni e Cattivi» è stata premiata come migliore progetto di impresa sociale in Italia e ora la onlus «Domus de luna» affiancherà alla gestione delle quattro comunità alloggio e cura, destinate alla tutela di minori e madri in difficoltà, un nuovo modello di ristorazione e ospitalità   La «Locanda dei Buoni e Cattivi» ha presentato venerdì sera una nuova proposta che, come ha spiegato il presidente Ugo Bressanello, «vuole far emergere l'orgoglio e la voglia di riscatto dei ragazzi e delle mamme che vivono nella comunità». Non solo assistenza, ma offerta di un servizio di alta qualità: un ristorante serale. Venerdì sera ai fornelli della locanda di via Veneto, durante l'ora dell'aperitivo, lo chef Paolo Ghiani e la giornalista radiofonica Valeria Benatti hanno preparato stuzzichini e manicaretti tratti dall'ultimo libro culinario, “Kitchen in love”, della conduttrice dell'omonimo programma trasmesso su FoxLife e su Rtl 102.5. Gli ospiti hanno potuto apprezzare il risultato della sperimentazione culinaria, “sardizzata per l'occasione”, inaugurando l'apertura serale della «Locanda dei Buoni e Cattivi», voluta dalla fondazione “Domus de Luna” per celebrare il premio nazionale come miglior progetto di impresa sociale. Il ristorante, aperto a pranzo già da due mesi, orà ospiterà i clienti anche il venerdì sera. Nell’allestimento della nuova iniziativa, che ha un obiettivo ben preciso: dare una possibilità di riscatto a chi lo merita, è stata riservata un'attenzione particolare agli arredi, ma naturalmente un grande risalto sarà sempre dato alla preparazione delle pietanze. Le giovani e le madri della fondazione continueranno a gestire attivamente il bed & breakfast, mentre il ristorante sarà mandato avanti dai figli e dai ragazzi in carico alla Fondazione con l’obiettivo di restituirli alla società con una professionalità acquisita nel percorso di recupero.Il supporto dello chef Roberto Petza, con l’Accademia Casa Puddu, ha permesso ai ragazzi di intraprendere un percorso di crescita professionale che combinerà qualità, semplicità e genuinità. L'utilizzo di materie prime di qualità e il rispetto per l'ambiente sono scelte di gusto e di etica: i prodotti, arriveranno dall’orto della Locanda, coltivati dalle mamme di Domus de Luna, frutta e verdura biologiche saranno forniti dalla cooperativa PocoPoco. L’olio proviene dalla comunità La Collina, mentre riso e legumi sono coltivati dall’associazione Libera nei terreni confiscati alle mafie.«Domus de luna onlus» è nata nel 2005 a sostegno di bambini, ragazzi e mamme in situazione di estremo disagio. Opera anche con i ragazzi del carcere minorile ed è attiva nelle scuole e nei centri sociali della Sardegna, a Palermo e all’Aquila, con progetti che si servono della musica e dell'arte come mezzo per facilitare la comunicazione con i giovani.

    28.4.12

    ecco perchè non prendo la via del nord e seguo il consiglio della vecchia Levi montalcini

    non seguo questo consiglio



    ma preferisco ,  anche  solo in rete  perchè  da  solo  è impossibile  vista la rassegnazione quasi totale  in un paese  di  15 mila  abitanti lottare per  non fare ciò
    da  Bobo novecento  di Sergio Staino  in "  Classici del  fumetto  serie oro  n 22  " edito da  repubblica   2005

    e seguire  questo  consiglio

    "Ai giovani medici dico che restare in Italia per fare ricerca è una grande sfida. Loro sono un patrimonio straordinario e saranno la salvezza del nostro Paese".(Rita Levi Montalcini)

    Per capire la nostra epoca meglio evitare i romanzi ?




    su Zanzibar  ho letto   questo interessante  articolo   pur venendo da una fonte lontana dal mio modo di pensare l'articolo che trovate sotto

     
    Il Giornale 18 aprile 2012
    Il caso
    La giuria del Pulitzer rinuncia a premiare la fiction
    Per capire la nostra epoca meglio evitare i romanzi
    Ridotti a intrattenimento o a pura «trama», hanno perso autorevolezza Oggi la narrativa è meno vitale di saggistica e arte contemporanea

    Luca Doninelli



    Hanno ragione quelli del Pulitzer, che hanno deciso di non assegnare il premio alla narrativa, ritenendo non ci fosse­ro titoli capaci di rappresentare l’età in cui viviamo. Tra i bocciati, c’è anche The Pale King, il romanzo postumo di David Foster Wallace, accanto a Train Dreams di Denis ]ohnson e Swamplandia! di Karen Russell. L’America, e - aggiun­go - il mondo anglofono in genera­le, non hanno prodotto ultimamente una narrazione capace di af­ferrare la complessità del tempo presente. Lo stesso vale per molte altre letterature, compresa secondo me quella che si esprime nella lingua di Dante, e di cui faccio par­te anch’io. 
    Da qualche anno, pur conti­nuando ad amare la letteratura narrativa, le mie abitudini di letto­re si sono spostate sempre più deci­samente verso le opere saggisti­che. Leggere romanzi si è trasfor­mato per me, insensibilmente, in un’attività specialistica, professio­nale, non più in una passione incondizionata dell’anima. Non parlo, va da sé, di tutti i romanzi, ma so­lo dei romanzi che si producono og­gi, perché quanto a Guerra e Pace lo potrei rileggere fino alla fine dei miei giorni (credo anche che lo fa­rò). Certo, continuo a scrivere nar­rativa (anche se in modo meno esclusivo di un tempo), e soprattutto continuo a crederci. C’è però qualcosa che non va, una rotellina dev’essere uscita dalle guide. E non riguarda soltanto le mie sensa­zioni personali. 
    Dico subito che di romanzi belli ce n’è anche oggi. Recentemente ho letto La trama del matrimonio di Jeffrey Eugenides, e l’ho trovato molto bello. Ma il mio modo di leg­gerlo è cambiato rispetto a quando lessi- per rimanere sullo stesso au­tore - Le vergini suicide. Benché sia un romanzo, lo leggo come se fos­se un saggio. Lo stesso mi è accadu­to, un anno fa, con Libertà di Jona­than Franzen. Franzen, com’è no­to, scrisse negli anni Novanta un ca­polavoro, Le correzioni, cui seguì un periodo di relativo silenzio. Da questo silenzio lo scrittore è uscito, appunto, con Libertà che io ho let­to fino in fondo con curiosità non per l’esperienza letteraria che (non) mi dava, ma solo per la cono­scenza che ne ricavavo sul mondo di cui il romanzo parla. In sostan­za: ho l’impressione che in questi anni la produzione saggistica, in tutti i campi, superi di gran lunga per qualità quella narrativa. Nes­sun romanziere italiano ha scritto ultimamente un libro che si avvici­ni, per potenza di idee e follia di scrittura, a II capitalismo (Marsi­lio) di Geminello Alvi. 
    Qualcuno mi dirà: il romanzo non si occupa di idee, ma di fatti. In­vece no: il romanzo moderno è na­to esattamente per non decapitare i fatti in un’epoca in cui le storie si compromettevano con la comples­sità sociale, con la forza delle idee e con quella del potere. Niente idee, niente romanzo: con buona pace dei paladini dell’intrattenimento. Più precisamente: ho l’impressio­ne che il romanzo, di cui abbiamo mantenuto i contorni, non sia più in grado di fornirci una narrazione del tempo in cui viviamo. 
    C’è «rac­conto», ma non«narrazione»: que­sto è il problema. 
    Per racconto in­tendo un'affabulazione centrata su uno o più avvenimenti legati tra loro, in modo da delineare un destino. Un racconto è tanto più bello quanto maggiore è la forza lingui- stico-emotiva con cui viene fatto circolare. Per narrazione intendo, invece, la capacità del racconto di trasmetterci una certa immagine del mondo, del tempo presente, at­traverso un apparato simbolico che conferisca al racconto un valo­re universale. La narrazione si av­vale del racconto ma il suo obbietti­vo va molto oltre il racconto: dob­biamo poter scoprire nelle vicende narrate un punto di congiunzio­ne tra il tempo, la storia e il senso (o la mancanza di esso) che balena dietro di esse. La narrativa di oggi è ricca di racconti ma povera di nar­razione. Dev’essere la condizione post-moderna, come diceva Lyo­tard. O qualcos’altro. In questo modo, sia quello che sia, il romanzo perde autorevolezza, ed è forse per questo che, non potendo fare espe­rienza, per suo mezzo, del tempo presente, ripiego sugli aspetti co­noscitivi che il racconto mi può for­nire (società, caratteri individuali, abitudini di vita, geografìa, geopoli­tica, paesaggio urbano ecc.), ossia sull’aspetto intellettuale della let­tura che io preferisco in ogni caso a qualunque emozionalismo acefa­lo. 
    Va detto che, ro­manzi a parte, la nar­razione continua a esistere. La si può trovare, sparsa qua e là, per esempio nel cine­ma, o nelle arti figura­tive e performative. 
    Alcune opere dei controversi Damien Hirst o Maurizio Cattelan-per non parlare dei maggiori, come Kiefer o Richter -possiedono la forza di un emblema universale, di un grido capace di attraversare il mondo. Al cospetto di certe loro opere possiamo dire: sì, è proprio così. È ciò che Aristotele chiamava verosimiglianza. Non so perché tutto questo sia accaduto, so che è accaduto. 
    Alcuni anni fa il compianto Giovanni Raboni sentenziò in tono burbanzoso che il romanzo era morto. Io non arriverei a tanto. Tuttavia è vero che il romanzo odierno non è più una luce accesa sul mondo: nei casi peggiori è un prodotto industriale per l’intrattenimento, in quelli migliori svolge una finzione lunare, troviamo cioè in esso un «riflesso» del mondo, non «il» mondo. Secondo me dire che, semplicemente, i tempi sono cambiati non è sufficiente. Chi ha a cuore il romanzo - mi riferisco in primis, ovviamente, ai narratori e in particolare a me stesso - deve cercare una via per ricucire lo strappo tra racconto e narrazione, o se vogliamo, tra emozione e conoscenza. Non è un problema di teoria letteraria, ma di antropologia. Il romanziere deve tornare, come Diogene con la lanterna, a cercare l’uomo. O - come il folle di Nietzsche che tiene la lanterna accesa in pieno giorno - a cercare Dio. Che è lo stesso.

    In  parte lo condivido perchè ( per la maggior parte degli scritti attuali ) i romanzi e la narrativa in genere si va sempre più conformando o trasformando in un nuovo genere artistico letterario ad esigenze cinematografiche per lo più di pessima qualità vedi la maggior parte delle fiction tv . In parte no perchè ovviamente è soggettivo ci posso anche essere , come dicevo prima romanzi attuali ( non solo classici ) che come le canzoni non ti tradiscono mai . Ma  soprattutto  non condivido quello  che dice   dei racconti e delle  storie perchè  esse descrivono benissimo la realtà.  Vedere   questi due  siti     soprattutto il primo  (  da me  provato direttamente  in quanto  ci  ho  scritto pure  )   dove  si trovano racconti  di buona  fattura   e  promettenti:  1) scrittori emergenti.it , 2) poesieraconti.it

    musica immortale


    27.4.12

    l'inverno è finito ( ? ) è arrivata la primavera ( ? )

    Ogni.inverno e' un anno che passa..e poi l'estate ..breve,poi l'autunno,e dunque ancora l'inverno ..lungo e freddo  e questa   è la  vita  . Una poesia di  ( foto sotto a destra ) Francesco Masia





     



    tratta dal suo spazio di facebook
     è nato a Tula un piccolo centro del Logudoro dove attualmente risiede, è sposato con Graziella.
    Appassionato di poesia e letteratura sin da ragazzo, dovette abbandonare presto gli studi per dedicarsi al lavoro negli anni 70 per neccessità contingenti ma, continuando a studiare per suo conto.
    La passione all'associazionismo lo porta a ricoprire i massimi livelli dirigenziali in un'importante associazione imprenditoriale; Presidente Provinciale, dirigente Regionale e per 10 anni dirigente Nazionale.
    Nel 2004 è colpito da ischemia acuta e gli viene riscontrata una forte cardiopatia, pertanto costretto all'infermità, ed i medici ne consigliano l'assoluto riposo.
    Con seri problemi è soggetto a continue ricadute. I ricoveri sono frequenti e spesso operato in reparti specializzati.
    Oggi con piglio si dedica più assiduamente a quanto da giovanissimo abbandonato, mettendo a frutto le sue esperienze nel campo del lavoro, dell'impresa, del sociale, sindacale e associazionistico:
    Nel 2007 la Magnum Edizioni pubblica una silloge composta da 80 liriche dal titolo "TRIBULIAS";
    Nel 2009 la Cirronis Edizioni pubblica uan silloge composta da 130 liriche dal titolo "ISTINCHIDDIAS E BUTTIOS";
    Nel 2010 la Riflessione Edizioni pubblica una silloge in Italiano con 32 liriche dal titolo "CANTI, PIANTI E RIMPIANTI";
    Nel 2010 La Magnum edizioni pubblica il racconto-romanzo dal titolo "disFAIDAnte";
    Oggi è in itinere da parte della riflessione la pubblicazione di una silloge composta da 52 liriche in Sardo con traduzione a lato dal titolo "BOGHES A BENTU" - "VOCI AL VENTO".
    I suoi scritti parlano di situazioni e stati d'animo partendo dalla sua infermità passando per le sofferenze altrui, le guerre, la disoccupazione, l'ambiente, i sacrifici, le gioie e gli affetti.

    L’Amore rimosso. Arte e omosessualità di ©️ Cristian A. Porcino Ferrara

     premetto che    ho  visto  solo   primi   15  minuti    la  fiction  di leopardi   poi  , l'ho  abbandonata    perché  mi  stava  annoi...