Leggo sul sito ( http://www.19luglio1992.com ) di Salvatore Borsellino di Questo inutile arrampicatore sociale per avere un attimo di visibilità non ha esitato ad infangare ed a mancare di rispetto ( neppure io condivido tutto quello che dice Salvatore , ma mica mi metto ad insultarlo , per giunta pubblicamente cosi mancandogli di rispetto ) una famiglia che con grande coraggio cerca giustizia e verità, verità di cui anche noi abbiamo diritto. Solidarietà e stima alla famiglia . In ricordo ( anche se sono del 76) ricordo di Paolo Borsellino e della sua integrità professionale e morale .
Ora due parole sono poche ed una è troppa a voi ogni giudizio in merito sui questa vicenda sotto riportata
Scritto da Benny Calasanzio Borsellino
Mercoledì 04 Luglio 2012 19:16
Stefano Menichini è uno di quei direttori di quei giornali che vendono pochissimo ma hanno sempre voce in capitolo in dibattiti e talk-show, senza che nessuno ce ne spieghi il motivo. Un Sansonetti insomma. Dirige “Europa”, un ogm sopravvissuto alla decomposizione della Margherita, un giornale (evidente pseudonimo di gusto letterario) che vende circa mille copie al giorno e che nell'ultimo anno ha ricevuto 3.527.208 euro come finanziamento pubblico. Potreste dirigerlo anche voi un giornale a queste condizioni, anche se un giornale non sapete farlo. Di queste mille copie non sappiamo quante ne vengano effettivamente lette, perché, a quanto emerge nell'inchiesta che riguarda il ladro-tesoriere della Margherita, Renzo Lusi, con i soldi del partito disciolto nel Pd il tesoriere ne acquistava delle copie per far lievitare le vendite. Immaginiamo che ovviamente Menichini fosse all'oscuro di tutto.
Menichini è uno di quei giovincelli scapigliati che su Twitter giocano a fare gli intellettuali contro corrente con i suoi pari livello, tipo Giuliano Ferrara; dei Cecco Angiolieri che si incontrato nei salotti virtuali per sfogare invidie e frustrazioni senza nemmeno dover pagare l'onorario allo psicologo. Il 22 giugno scorso, complice il caldo e la necessità di salire sul podio delle velleità, contendendo il gradino più alto a Riotta e affini, ne ha sparata una così grossa e volgare che ha stracciato, nell'incredulità generale, l'agguerrita concorrenza: linkando la richiesta di impeachment a Napolitano avanzata da Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso in via D'Amelio, il direttore del foglietto che la Margherita vende e che la Margherita compra, commenta: “Di questa famiglia (riferendosi inequivocabilmente ai Borsellino) l'unico col sale in zucca l'hanno ucciso”.
Ora, i familiari delle vittime di mafia non godono e non devono godere certo di “intangibilità”, ci mancherebbe. Ma in questo caso cosa avrebbe fatto di male Borsellino Salvatore? O meglio, cos'altro poteva dire il fratello del giudice ammazzato appena in tempo per continuare la trattativa tra Stato e mafia? Cosa doveva fare di fronte a telefonate imbarazzanti in cui un consigliere giuridico del Quirinale garantisce ad uno di quelli chiamati in causa nelle indagini,Nicola Mancino, che il Presidente della Repubblica si sta interessando e che ha la sua situazione a cuore? A cuore non certo per favorire le indagini, ma per salvare l'ex ministro dalle indagini, tentando addirittura di intercedere presso il procuratore nazionale antimafia, il procuratore di Palermo Messineo e l'ex procuratore generale della Corte di Cassazione Esposito.
Be', semplice; per rimanere nelle grazie di Menichini e degli altri scapigliati, doveva tacere, perché Napolitano è il Presidente, perché Napolitano non si tocca e Borsellino Paolo si fotta. Doveva tacere per "ragion di Stato", come hanno fatto tacere il fratello, Paolo, l'unico con il sale in zucca.
E questo, miei cari, dirige un giornale. O quel che ne resta e che continuano a chiamare così.
3) APA - statement about sexual orientation, parents and children:http://www.apa.org/about/policy/parenting.aspx (To be published in Volume 60, Issue Number 5 of the American Psychologist.)
Altri riferimenti: - Articolo 3 della Costituzione italiana: "Tutti i cittadini hanno pari dignita' sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali[...]" - Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: 1) Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcu- na, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religio- ne, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. 2) Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello sta- tuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia che tale territorio sia indipen- dente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autono- mo, o soggetto a qualsiasi altra limitazione di sovranità. -
Cannavaro l’omofobo scende in campo con il PDL. Assessore a Napoli?
Dopo le uscite omofobe del 2009, sui matrimoni gay in Spagna accostati a Gomorra, che gli comportarono il mancato rinnovo del contratto con il real Madrid (il 53% dei tifosi lo voleva fuori) e l’esilio negli Emirati Arabi, Cannavaro sembra in procinto di tornare in Italia, come assessore allo sport del candidato sindaco di Napoli del PDL Gianni Lettieri.
In mutande, con i suoi compagni di squadra, tra cui anche l’altro omofobo Gattuso, Cannavaro sembrava strizzare l’occhio proprio a quei gay che tanto gli fanno schifo. Ma non altrettanto schifo prova per i loro soldi. Solo una coppia di stilisti di destra come Dolce & Gabbana, quelli che sostenevano l’inutilità delle Unioni Civili “perchè tanto loro, con i soldi che hanno, fanno comunque quello che vogliono”, poteva utilizzare modelli omofobi per una pubblicità diretta al mondo gay. Eppure siamo in Italia e le finocchie continuano a vestirsi Dolce & Gabbana pur sapendo che, i due stilisti, sono tra i più acerrimi nemici dei loro diritti. Diventati da tempo articoli da mercatino e snobbati dai fashion followers … rimangono, purtroppo, un top per i gay italiani, un pò “ritardati” in tutto. Chissà quanti di loro, avvolti in una mutanda D&G, sbavano ancora guardando in tv Cannavaro che corre dietro un pallone. Noi auguriamo al PDL campano e al loro assessore in pectore una sonora batosta ed una caduta nel dimenticatoio.
Comunque, a chi interessa, ecco la notizia lanciata da TMNews:
Gianni Lettieri, candidato a sindaco di Napoli per il centrodestra, coinvolgerà il campione del mondo Fabio Cannavaro nella sua squadra di governo qualora dovesse vincere le elezioni del prossimo maggio. “Ho chiesto a Fabio, che ha subito accettato, di impegnarsi al mio fianco per il rilancio della città, mettendo a frutto la sua esperienza – ha spiegato Lettieri – per aiutare i giovani a credere in loro stessi e nello sport. So che ha molti impegni, ma so anche che di fronte alla sfida di far vincere la sua Napoli non si tirerà indietro”. “La sua immagine e la sua voglia di fare saranno determinanti per aiutare la città e sostenere i nostri ragazzi a dare una speranza a chi vive situazioni di difficoltà, a chi per disperazione purtroppo decide di avvicinarsi alla criminalità. Voglio mettere a sua disposizione – ha proseguito Lettieri – ogni più utile risorsa. Fabio ha sempre avuto a cuore le sorti della città e quella dei suoi ragazzi e già sta facendo tanto con Ciro Ferrara con la loro fondazione”. Lettieri ha già ricevuto una email dall’ex capitano dell’Italia. Cannavaro, Pallone d’Oro dopo i mondiali del 2006, già giocatore della Juventus, del Real Madrid e attualmente difesore dell’Al-Ahli Club (Emirati arabi uniti) è pronto. “Condivido i tuoi progetti sulla rinascita della città che vorrai promuovere come sindaco, in special modo – ha scritto Cannavaro nella lettera – per quanto attiene ai giovani e alla soluzione delle problematiche che da troppo tempo li affliggono. Voglio perciò aiutarti in questa sfida difficile ed entusiasmante che va oltre ogni schieramento politico e le logiche di partito. Ho ancora un anno di contratto, durante il quale cercherò di impostare l’assessorato più idoneo creando un team dedicato di professionisti, dirigenti e funzionari comunali. A contratto scaduto, spenderò il mio tempo – ha assicurato – ad aiutare Napoli e i napoletani. So che è una grande responsabilità e che i problemi sono molti, ma ho sempre sognato – ha concluso – di poter fare qualcosa di importante per la mia città”
Intervista esclusiva: “Un figlio gay? Non avrei alcun problema!”. Salmo risponde alle accuse di omofobia
“Avessi un figlio gay sicuro lo pesterei” è la frase contenuta nella canzone “Merda in testa”, di Salmo e Guè Pequeno, che ha fatto infuriare la comunità GLBT italiana ma anche tanti fan dell’artista sardo. Salmo: “E’ solo una rima che precede il ritornello Quanta merda che c’ho in testa.Io quelle cose non le penso proprio”
Nei giorni scorsi è divampata la polemica, prima su Facebook poi sui mezzi di comunicazione. Omofobo e violento sono le accuse che il popolo della rete, tra cui anche alcuni fan, hanno rivolto al rapper sardo.
Nato ad Olbia nel 1984, Salmo incide le sue prime strofe nel 1997 e, dal 2000, produce come rapper i primi demo. Negli stessi anni lavora su proggetti musicali paralleli girando per l’italia e l’europa con gli SKASI…CO (band rap-metal), con i quali produce 3 album e, nel 2009, collabora con i THREE PIGS TRIP producendo il primo EP: “mercyfull bullets”. Dopo 13 anni di attività, nel 2011, incide il primo LP da solista “THE ISLAND CHAINSAW MASSACRE” che riceve moltissime critiche positive.
Salmo non è certo un paladino dei diritti dei gay ma ad essere descritto come omofobo proprio non ci sta. Tutto nasce da una collaborazione con Guè Pequeno, il rapper milanese considerato uno dei fenomeni del 2011, con il quale registra “Merda in testa” un free style contenuto nel mixtape “Fastlife 3″ in uscita alla fine di questo mese. Con il ritornello “Quanta merda che c’ho in testa“, Salmo e Guè infilano una serie di rime, più o meno baciate, tra cui “Vivo day by day sono il capo come Ray/Più hardcore degli Utop/Avessi un figlio gay sicuro lo pesterei/Vuoi far suonare Salmo in giro chiama il 666″
“La canzone non voleva essere distruttiva nè violenta, magari a freddo può sembrare un pò pesante, ma in realtà sono frasi sconnesse che fanno seguito al titolo del pezzo: “merda in testa”. Se avessi un figlio gay io non lo pesterei. Assolutamente“. Ci dice Salmo al telefono. “Non mi sarei mai aspettato questa reazione e mi dispiace che ci sia stato questo fraintendimento. Scrivo i testi delle mie canzoni mettendo su carta tutto quello che mi passa per la testa e quelle frasi rispecchiavano il pensiero di qualcuno che si sente con “tanta merda in testa” … appunto”.
La spiegazione della canzone è chiara, ma la tua reazione alle richieste di chiarimenti su Facebook lo è un pò meno
“Si, hai ragione. Mi sono fatto prendere la mano. Non sono abituato a tutta questa notorietà e quando mi sono visto attaccato in quel modo, con offese gratuite, da persone che nemmeno avevano sentito il pezzo, mi sono innervosito e ho risposto di conseguenza.”
Nella tua prima risposta hai scritto “… non tollero quando vogliono essere accettati mettendo sul web “foto di nudo artistico” mentre si inculano uno con l’altro, da vomito!”. Un pò forte per essere solo una risposta ad accuse di omofobia, non trovi?
“Si, forse. Ma è stata una reazione ad una serie di messaggi privati ed alla pubblicazione continua, sulla mia pagina Facebook, di foto di uomini nudi e di sesso fra uomini. Ognuno è libero di fare quello che vuole ma quella mi sembrava un’imposizione … certo ho esagerato, ma il “vomito” si riferiva a quelle pubblicazioni e non ai rapporti tra omosessuali. Ripeto, ognuno è libero di fare quello che vuole ma non di imporlo agli altri.”
Come mai hai deciso di cancellare la tua prima risposta?
“Perchè l’ho scritta d’impulso e mi sono reso conto che non rispecchiava il mio pensiero. Poi leggendo i commenti alla risposta, sopratutto quelli che esageravano contro i gay, ho capito di avere esagerato e l’ho cancellata subito. Non ho niente contro gli omosessuali e non voglio stimolare l’odio o l’aggressività contro di loro. Ho scritto anche di conoscere diversi gay, anche coppie. Anche loro mi hanno chiesto spiegazioni di quella frase e quando gli ho fatto notare il contesto della canzone hanno capito. Sai, molti quando seguono un artista cercano un esempio da seguire, ma io non lo sono, sono un ragazzo normale che dice quello che pensa. Credo che ora starò un pò più attento.”
So che nei giorni scorsi hai parlato con il presidente del Movimento Omosessuale Sardo, vi siete chiariti?
“Si, mi ha chiamato per chiedermi chiarimenti di quanto successo e gli ho spiegato come sono andate le cose. Quando ho saputo che mi cercava mi sono reso subito disponibile, non mi piaceva l’idea di scontrarmi con un movimento che lavora da tanti anni sulla mia terra e che rispetto. Credo che lui abbia capito.”
Capitolo chiuso allora?
“Sicuramente si. E’ stata una leggerezza, non tanto la canzone quanto la mia reazione. Adesso ho capito che non devo prendere così sul personale tutto quello che viene scritto sulla rete, dietro un computer tutti si sentono liberi di dire quello che vogliono e spesso esagerano. L’ho fatto anche io; non lo ripeterò”
Cosa ne pensi del matrimonio o, comunque, dei diritti delle coppie gay?
“Io sono favorevole ai diritti per tutti … ma, se devo essere sincero, il matrimonio, etero o gay, lo abolirei … Ecco (.. ride) ho fatto anche la rima ..”
Dove ti trovi ora?
“In questo periodo vivo a Milano, spostarsi dalla Sardegna per i concerti era un problema, così ho deciso di trasferirmi qui”
Quando ti rivedremo in Sardegna?
“Spero molto presto”
In una nota il Movimento Omosessuale Sardo conferma la telefonata e getta acqua sul fuoco “No, non ritengo Salmo omofobo” dice Massimo Mele, presidente del MOS “Certo, la sua risposta su Facebook poteva sembrarlo ma il fatto che se ne sia reso conto da solo è un buon segno. La frase della canzone è certo censurabile in sè, ma se contestualizzata credo che rappresenti bene “la merda che molte persone hanno in testa”. Capita a tutti di dire sciocchezze, l’importante è rendersene conto. I cantanti o i gruppi realmente omofobi lo rivendicano pubblicamente, lui ha fatto un passo indietro, segno che non è quella la sua posizione. Magari in futuro lo troveremo anche a sostenere le nostre rivendicazioni. Se vorrà, ci sarà un posto anche per lui nel concerto contro l’omofobia che organizzeremo a Giugno, che quest’anno sarà anche l’occasione per festeggiare i 20 anni di attività della nostra associazione.”
Intervista telefonica realizzata dalla redazione di MOSinforma
Ecco il testo integrale di Merda in testa, di Salmo e Guè Pequeno
Fin da piccolo, fra sai, che avevo grosse ispirazioni
SP nei miei polmoni con l’imbosco nei miei coglioni
Da grande ocus pocus, trasformo barre in euro
Guardo la tv, mentre ho il volume a palla nello stereo
Multi-tasking
E frate la tua tipa è multi-cazzi
Si vero è troppo impegnata, non c’ha un buco libero
Tengo separato il business dagli amici e dalla donna
Ricorda tieni siempre separata las dodas.
Capisci un po’ le citazioni, no, non hai mai visto un film
Questo flow è già storia Guepe Story X
Contro me la tua testa fa crash tipo una bottiglia di Becks
Con la tua tipa sono un groupie entro sempre nel back
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa
Uhh
Sconvolto spettinato in paranoia, mentre guido
Ho un teschio in faccia na hacido Salmo amigo comprendido
So che ottengo, perché esigo
Parlo poco, perché in due parole me la sbrigo
Rap da algebra preparato in materia
Il mio corpo è in aria, sono di sostanza aerea che ora porti con chi
Mi ascolta in stereo, faccio Hysteria
Ci sfioriamo appena, tipo Capoeira
Hey man occhi spenti, dietro lenti Ray-Ban
Chiama il numero della bestia come gli Iron Mayden
Ho dei problemi in testa tipo psicotico
Doppia personalità mi sdoppia un clone prototipo
Vivo day by day sono il capo come Ray
Più hardcore degli Utop
Avessi un figlio gay sicuro lo pesterei
Vuoi far suonare Salmo in giro chiama il 666
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa
Quanta merda fra
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa
Troppa merda in testa
Quanta merda che c’ho in testa.
L’ignoranza è molto più contagiosa dell’HIV
La LILA denuncia l’offensiva superficialità con cui amministratori e giornalisti trattano le persone sieropositive
Qualche giorno fa di migliaia di persone hanno potuto leggere su diversi giornali nazionali che a Milano ci sarebbero degli “untori”,ovvero persone sieropositive transessuali che si prostituiscono e che rappresentano un pericolo per la salute pubblica. Untori che avrebbero scaraventato nella paura migliaia di cittadini. Questo grazie alle affermazioni del vicesindaco e dell’assessore alla salute irresponsabilmente riprese dai quotidiani e successivamente dalla rete.
Quello che colpisce è che si parli di untori, termine obsoleto e riportato in luce da amministratori della salute pubblica in maniera tanto superficiale e ignorante. Rendendo chiara un’immagine, quella di chi volontariamente espone al rischio di contagio la popolazione.
..... di seguito la continuazione dell'articolo e altri articoli
molti parlano solo della sconfitta della nazionale agli europei , e solo pochi come la puntata de l'infedele ( anche se solo accennato ) di lunedi 2 luglio e questo articolo sotto , vedono nel la sconfitta una vittoria del paese reale con cui i cialtroni che ci governano non vogliono fare i conti e perdere voti di quella parte che parla e pensa con la pancia , dimenticando che anche noi siamo un popolo d'immigrati ( 12 ) .E che ciascuno di noi, sottoscritto compreso , ha avuto ( i parenti del marito dio mia zia paterna emigrati negli Usa e un mio prozio sempre materno ch'era per 5 anni emigrato in Argentina ed un cugino di mia madre in Germania ) parenti e avi immigrati .
Ma ora prima di lasciarvi all'articolo vi dico parodiando e adattando questo slogan pubblicitario ., meditate gente meditate e non dimenticate .
Spero che crei qui e non solo su facebook , come molti miei post trasferiti e\o copiati su fb .
Chi nasce o cresce in Italia e’ italiano. Basta aspettare!
04 luglio 2012
L’Italia a Kiev purtroppo ha perso, i nuovi italiani invece hanno vinto. Può sembrare un paradosso, ma è la verità emersa in queste ultime giornate di campionato europeo di calcio. Milioni di italiani hanno scoperto grazie alla doppietta di Mario Balotelli che esistono anche i “neri italiani”, un popolo di un milione di ragazzi e ragazze che sono italiani di fatto, ma ancora stranieri per una legge ingiusta e ingiustificata. Balotelli è diventato cittadino italiano solo a diciotto anni e fino a quell’età aveva in tasta un permesso di soggiorno nel comune dov’è nato.A Mario Balotelli va quindi il merito di aver posto al centro dell’attenzione popolare non tanto la rivendicazione del diritto alla cittadinanza italiana, quanto la semplice esposizione di una realtà che mai prima d’ora era stata così al centro dell’attenzione. In tutti i bar delle piazze d’Italia, anche nei paesini più remoti della provincia, terre padane comprese, il nome di Mario Balotelli, la sua storia, il suo abbraccio alla madre e le sue lacrime dopo una finale durissima sono state oggetto di commenti e discussioni. La questione dei “nuovi italiani” è diventata finalmente una questione largamente popolare.Finalmente ci siamo almeno per metà del lungo viaggio che dovrà condurci verso una riforma giusta e civile della legge sulla cittadinanza in Italia basata sullo Ius Soli: è italiano chi nasce o cresce in Italia da genitori immigrati.Da oggi in poi raccontare le storie e la discriminazione a cui sono sottoposti i “nuovi italiani” sarà sicuramente più semplice anche di fronte alle platee più scettiche o meno informate. Ma al contempo si dovrà riflettere in modo serio su quanti altri Balotelli e a quante altre “doppiette” stiamo volutamente rinunciando danneggiando il complesso della nostra società e alimentando pesanti frustrazioni in chi quest’Italia la ama veramente, nonostante tutto.Quanti bravi avvocati, giornalisti, medici, poliziotti, magistrati, sindaci, diplomatici, funzionari pubblici e tante altre figure professionali a cui oggi rinunciamo per una legge stupida e arretrata. Giovani che con il trenta e lode all’università continuano a vivere con la minaccia della perdita del permesso di soggiorno nel Paese dove sono nati o cresciuti.A questo punto della lunga battaglia e in vista della discussione della legge sulla cittadinanza in Parlamento su richiesta del Partito Democratico, dobbiamo essere in grado di rilanciare il tema della cittadinanza sotto il profilo non solo dei diritti legittimi dei “nuovi italiani”, ma anche per il diritto dell’Italia di non vedersi sciupata una straordinaria opportunità. Senza Mario Balotelli non saremmo arrivati in finale, senza i “nuovi italiani” l’Italia perde una marcia in più. D’altronde come immaginare la scuola italiana oggi senza decine di bambini portatori di culture lontane ma straordinariamente radicati nei quartieri e negli oratori vicino alle proprie case? Come immaginare la propria città senza il negozio di alimentari gestito dall’ormai amico di famiglia di origine pakistana, la propria nonna senza la sua assistente di origine moldava o la propria pizzeria senza il bravissimo cuoco egiziano? L’Italia è diventata tutto questo. Un nuovo paese multiculturale, trasformato rapidamente nell’arco di vent’anni, ma senza particolari incidenti di percorso grazie alla giusta dose di convivenza all’italiana.Come Partito Democratico, grazie alle precise parole di Pierluigi Bersani durante l’ultima assemblea dei segretari di circolo, la nostra rotta è chiara. La prima legge in un futuro e speriamo vicino governo di centrosinistra sarà quella sulla cittadinanza basata sullo Ius Soli. Nel frattempo la nostra speranza è che si proceda alla riforma delle legge a partire da questo parlamento. Occorre quindi rilanciare l’appello a tutti i parlamentari per uno sforzo per il bene dell’Italia. Guardando in faccia a Mario Balotelli e al milione di “nuovi italiani” ancora fuori dalla cittadinanza.
La morsa del caldo pare aver concesso una breve tregua ed è forse il momento
migliore per coccolarsi in piscina. Non strapazzati dall'afa rovente, e
tuttavia pregni di sogni rivieraschi, c'immergiamo nelle acque
clorose come nel mare di certe coste sarde. Dove abito, è facile e
comodo. La piscina dedicata a Paolo Foglia, eroe di sempre prima che solo
cittadino - peraltro, qui non è mai riuscito ad abitare -, si trova alle spalle
di casa. Coperta. Se ne avverte la prossimità nemmeno tanto per il caratteristico
odore di cloro ma per la musica diffusa nell'aria, sfilacciata e rotante, che
accompagna le bracciate dei nuotatori.
Stamane la musica parlava con le note di Lucio Dalla. Coraggiosa eppur
leggera, un passo di danza, e la immaginavo accompagnare le acerbe acrobazie di
giovani ondine. Milano: quella che
ride e si diverte, che quando piange piange davvero, sguardo maligno di Dio. A
questo ritratto così audace e complesso, Lucio ha tralasciato di affiancare la
Milano dell'Idroscalo, dei Navigli e, appunto, delle piscine: dimenticanza,
peraltro, forse solo apparente, perché nei tardi anni '70 quella Milano vitale
e giovanilistica era ormai sepolta. Lo dimostra l'altro brano, leggermente più
antico, dedicato dal poeta bolognese alla mia città natale: Corso Buenos Ayres. Un'affabulazione
atroce e allucinata, dove il sole d'agosto non rimandava a spiagge assolate, non a passeggiate notturne, ma a strangolato sudore
di cravatte, a sospetti, spari, terrorismo, razzismo. Non casuale, poi, la
scelta d'una via centralissima, ma già in decadenza, sempre gremita ma
incomunicabile, affastellata di negozi, cinema, supermercati, ambulanti e
drogherie, in ordine sparso, senza alcun raziocinio. Afosa, nella già afosa
metropoli, perché non protetta neppure da un qualsiasi segno vegetale. Il
paradigma della solitudine concitata. "Vicina all'Europa",
sì, ma nel senso deteriore.
Lucio, per sua stessa ammissione, si rappacificò con Milano proprio l'anno successivo,
regalandole quel leggero tratteggio di qualità e difetti, da carezzare come una
donna. Milano, il brano del perdono,
è pertanto un tocco femminile, una piroetta liberty. La Milano di Milano è quella delle piscine. Non menzionata, ma intravista, "che come un
uccello gli sparano in volo". Una Milano che sa conservare un cuore
d'ingenuità e d'entusiasmo, un retro di bianca goffaggine, nell'esposizione di
corpi cittadini così avidi di liquido amniotico, alla perenne ricerca della
madre. Di lei, la città misteriosa, che si profonde talora in scoppi d'amore
così incontenibili da stordire, ma talmente imprevisti che non li afferri mai
del tutto. "Milano piovuta dal cielo, tra la vita e la morte continui il
tuo mistero". Del mistero, specie se non circonfuso da un'aura di sacertà,
è arduo, se non impossibile parlare, e infatti ben pochi autori contemporanei
hanno affrontato la sfida di raccontare Milano. Lucio ci è riuscito anche nei
suoi silenzi, nei suoi scorci intravisti, perché ha preferito li evocassimo
noi, cedendoci il passo. Un olé da torero o, forse, una garbatezza antica,
quella d'immergerci nella poesia e farla evocare a noi. Milano in piscina con
Lucio, uomo di mare e di provincia, sogno fugace di
fanciulla, è un tuffo in mezzo al cielo.
Ascolto in anteprima , l'ho fregato al padrino ( molto amico dei miei genitori ) del chittarrista , il disco raighes vol 1di Roberto Diana ( foto a destra tratta dal suo sito www.robertodiana.com un giovane chitarrista Sardo ben conosciuto da chi frequenta il rock indipendente nazionale degli ultimi anni. Chitarrista dei Lowlands, collaboratore con Pietro Nobile, fondatore del progetto acustico Ses Cordas, sideman, tecnico del suono, produttore in più di trenta dischi.
L'artista ha inciso il suo primo progetto solista, Raighes Vol 1radici in lingua sarda ) e rimango stupefatto come il bambino nel finale del film la vita è bella . Posso affermare non solo : 1) che ho imboccato la via giusta ( vedi url sotto a fine post) con quanto dicevo su queste pagine e quanto dirò sotto in questo post ., 2) che chi dice che le radici debbano essere intese come qualcosa di fermo/piantato si sbaglia di grosso od è uno che le vede da una parte sola e non anche ccome qualcosa che si muove alla ricerca di vita. ., 3) che non è vero che le radici debbano essere per forza espresse solo attraverso la voce e la parola scritta Infatti lo dice l'autore stesso : << Non credo si possa scindere l'essere umano dall'essere musicista quando la musica accompagna così costantemente la tua vita. E così a volte accade che le emozioni, le esperienze e le sensazioni che provi vivendo scatenino una scintilla creativa da cui nascono le canzoni.
Spesso le emozioni che cerchi di trasmettere col tuo strumento vengono percepite da chi ti ascolta e questo è la più grande ricompensa che credo si possa ricevere, poter emozionare l'ascoltatore. (.....) Che le cerchiamo o no le nostre radici ci sono, spesso ci tengono in piedi, quasi senza accorgercene.Sono le uniche cose che non ci lasceranno mai, qualunque strada prenderemo, sono quelle che ci spingono lontano, verso l'ignoto, in cerca di nuovi posti, nuove anime, nuove emozioni, ma le stesse che ci tengono ancorati al luogo da cui siamo partiti.
Per quanto sarà lungo il nostro viaggio, per quante numerose potranno essere le nostre tappe e impervio il percorso che abbiamo scelto, una parte di noi, sarà sempre nel nostro punto di origine, là dove tutto è iniziato. >>
Ma come può la musica strumentale, senza testo, scritta sulla scia di queste emozioni lasciarle trasparire tutte ?
Credo che tutto stia alla voglia da parte del pubblico di fermarsi e ascoltare con tutti i sensi e senza preconcetti ( chi sa che noia un disco solo strumentale , ecc ) , se vuole sapere le origini e le storie anche di dolore racchiuse dentro ciascuno pezzo , trova sia nel "rough tapes" Prodotto in 50 copie uniche per l'occasione del "Fathers and sons Italy Tour 2011", stampato su Vynil Cd, con cartoncino scritto a mano e numerato, distribuite durante i concerti fino ad esaurimento.l'anteprima di Raighes Vol 1" . ( foto a sinistra ),sia nel disco vero e proprio ( foto sotto ) c'è un libretto dove la storia di ogni brano è raccontata per come è stata vissuta quando è nato.E anche il libretto ha diversi messaggi e storie impresse nelle immagini.
Un disco molto intimista e sofferto :<< È difficile parlare del proprio disco, ma ho voglia di raccontare come è nato.Scrivo canzoni da sempre, da quando ho toccato per la prima volta la chitarra, credo che il primo embrione di brano fosse quando ancora non sapevo come andasse accordata la chitarra e la percuotevo con una matita...
Anche se ho tanti brani chiusi in una cassapanca, Raighes Vol 1 contiene per lo piu brani recenti, canzoni che raccontano diverse storie, collegate da un unico filone, le mie Radici.
Radici non intese come qualcosa di fermo/piantato ma come qualcosa che si muove alla ricerca di vita.
Quando un disco racconta tanto di te delle tue esperienze personali, la paura di come venga accolto da chi lo sente è tanta, ma anche l'orgoglio e la convinzione di dire, questo mi rappresenta, nel bene e nel male questo sono io.. >> .
Un disco molto profondo e poetico come dimostra ( una delle canzoni più belle , almeno al primo ascolto )
Un buon inizio di viaggio visto che : << è un concept album strumentale formato da >> secondo il sito ufficiale << due volumi, il primo ricco di strumenti acustici, intimo e introspettivo ma con un forte animo rock, mentre il secondo verrà sviluppato in formazione elettrica.
Non so che altro dire lascio la parola a chi è più esperto di me
Ecco diverse recensioni su Raighes Vol 1 (rough tapes) apparse sul web dopo il tour di Fathers and Sons con Donald and Jen MacNeill“La potenza espressiva delle sue canzoni, che “parlano” con un’efficacia e un’emotività difficili da raggiungere anche con l’ausilio di parole. [...] Questo disco, in cui appare appieno la maestria di Roberto con la chitarra, è un viaggio intenso e personale che accoglie l’ascoltatore e lo porta con sé, sulle note dell’espressione più vera di questo artista.”
MUSICABOOLA.COM http://www.musicaboola.com/2011/10/20/parte-da-spaziomusica-il-tour-di-raighes-vol-1/
“Lui, se conoscete, i dischi dei Lowlands è un ottimo chitarrista elettrico, tra i migliori in Italia, ma anche all'acustica se la cava alla grande[...]If You Are Happy e Soul Hunter dipingono vicende familiari e stati d'animo attraverso le 6 corde della chitarra nella migliore tradizione dei virtuosi dello strumento.”
Bruno Conti - DISCO CLUB http://discoclub.myblog.it/archive/2011/10/19/donald-and-jen-macneill-due-scozzesi-e-un-paio-di-lowlands-f.html
“Roberto Diana va assolutamente ascoltato ed apprezzato! Un virtuoso della chitarra che abbandona le parole per dare spazio alla voce della sua chitarra. Una voce che arriva fin nel profondo e lascia scossi ed ammirati.”
Ugo Galassi - RADIO BBSI
“Sebbene avessi imparato ad apprezzarlo come chitarrista elettrico con i Lowlands, grande è stata la sorpresa nel vederlo dimostrare (oltre al “gusto” solito) anche una tecnica ed una sensibilità notevoli. ”
Furio Sollazzi - MIAPAVIA.IT http://www.miapavia.it/articolo.cfm?Id=10214
Non sapevo che il proprietario della pizzeria ***** cittadina fosse un cultore delle tradizioni e conservasse esposte su una mensola dele vecchie bilance . Da me fotografate con il cellulare
appena ritrovo , persa o gettata in qualche sgabuzzino o ( spero di no erano cari ricordi di generazioni ,) data a qualche ferro vecchio e svuota solai \ case posterò qui sempre su queste pagine altre bilance più antiche di queste .
Ora qualcuno\a di voi lettori fissi , ma anche occasionali , mi dirà che sono nostalgico e che dovrei lasciarmi alle spalle il passato e vedere avanti , vero ma chi è che non lo è ? .
Infatti :
i giorni passano ( e se li conti anche le ore e minuti )
passano tra le cose belle
e momenti tristi
Gli anni scorrono tra
mode ,record
e chiacchiere
Grandi imprese e piccole
sciocchezze
riempiono le
nostre ore
Tutto diventa un ricordo che a
volte svanisce
Ma
i nostri sogni ed utopie non
se ne vanno
resistono fieri ed indigesti per il potere
e agli indifferenti
a tempeste e
cambiamenti
Cercano il vento
più alto e volano
liberi
Nessuno
li cancella
se non vogliamo noi
Poesia deliberamente tratta da : 1) TOPOLINO 2953 - LONDRA 2012 CACCIA ALL'ORO - LONDRA IERI E OGGI ( copertina a destra) Testo di Roberto Gagnor disegni di Marco Mazzarello ( I-2593 -3 ) ., 2) dall'articolo odio gli inifferenti di Gramsci ( qui il testo completo e qui una lettura di fiorella Mannoia )
” Mia cara moglie, tu comprenderai che ora che hai 54 anni io ho dei bisogni che tu non puoi più soddisfare. Io sono felice con te ti considero una moglie meravigliosa e sinceramente spero che tu non prenderai male il fatto che quando riceverai questo fax io sarò all’hotel Confrot Inn con Vanessa, la mia segretaria di 18 anni. Non ti arabbiare sarò a casa a mezzanotte”. Quando l’uomo arriva a casa trova un foglio sul tavolo nella sala da pranzo. ” Caro marito, ho ricevuto il tuo fax e non posso che ringraziarti per avermi avvertita. Approfitto di questa occasione per ricordarti che anche tu hai 54 anni. Inoltre ti informo che quando tu leggerai questo messaggio sarò all’Hotel Fiesta con Miguel, il mio istruttore di tennis, che come la tua segretaria ha 18 anni. Visto che sei un noto uomo d’affari e in più, laureato in Matematica, potrai facilmente comprendere che noi ci troviamo in situazioni simili ma…. con una piccola differenza” 18 entra più volte nel 54 rispetto al 54 nel 18″……Quindi non mi aspettare prima di domani.
Questa foto a sopra di un manifesto pubblicitario , da me scattata con il telefonino , mentre attendevo in lavanderia di ritirare una maglione di mia madre , sembra confermare la storia che riporto sotto tratta dal corriere della sera online .
Questo dimostra che finalmente c'è gente che sta smettendo di piangersi addosso e di parlare od imprecare solo e che ora di
Ed è questo è il caso di questa storia che vado a riportare presa qualche giorno fa dal corriere della sera online
No, non è facile trovare lavoro in Italia. Lo abbiamo detto e ripetuto su questo blog. Così accade che qualcuno vada all’estero oppure accontoni un sogno o una passione per cercare un impiego. Ma tra migliaia di giovani (e meno giovani) in cerca di un futuro, c’è chi con impegno ci è riuscita. Valentina Cattivelli, 29 anni, racconta la sua esperienza come docente all’Università di Parma e Verona.Sono una ragazza fortunata. In tanti modi. Ho 29 anni e sono docente universitaria da 3. A contratto, si intende, ma pur sempre docente, con la responsabilità di un corso o di una relazione di tesi.
valentina Cattivelli
Immagino che molti lettori potranno pensare che io sia la solita raccomandata, con un cognome importante a spianarle la strada. Non è così. La mia famiglia ed io siamo quelli che il Manzoni definirebbe “genti meccaniche di piccolo affare”. Mi sono impegnata molto presto. Dopo il diploma di ragioneria, mi sono iscritta ad Economia. Ne sono seguite una laurea specialistica, un master in marketing territoriale ed un dottorato di ricerca in economia regionale e rurale (Agrisystem) presso l’Università Cattolica di Piacenza. Durante gli anni di studio, ho sempre lavorato come impiegata presso la Provincia di Cremona. In questo modo mi sono pagata gli studi che, altrimenti, avrei dovuto abbandonare. Per orgoglio, per necessità, non ho mai voluto pesare sui miei genitori che già mi hanno dato tanto. Sono stati loro a trasmettermi la passione per lo studio e per il sapere e ad infondermi lo spirito di sacrificio e la voglia di fare. Sono stati loro i miei prof più importanti e dei loro insegnamenti faccio continuamente tesoro. Per questo, per la pazienza e l’affetto che ogni giorno mi riservano io sarò loro eternamente grata.L’esperienza che ti cambia la vita l’ho avuta nel 2008, come regalo per il mio 26esimo compleanno.L’università di Ferrara mi ha conferito un incarico di docente a contratto presso la facoltà di Architettura per il corso di Economia applicata avanzata: 100 ore di didattica frontale, oltre sei ore di treno ogni volta per recarmi in università. Una scelta di coraggio non da poco quella di affidare un corso così importante ad una ragazza di 26 anni. E’ stata l’esperienza lavorativa più intensa della mia vita. Il primo giorno poi è stato il più divertente: lo stupore dei miei studenti si leggeva nei loro volti, per alcuni di loro poi ero più vecchia di soli due anni, per altri addirittura una coetanea. I loro commenti, alla fine, sono stati positivi, gratificanti. Molti di loro mi rimproverano “di essere troppo buona”, altri di “metterci troppa passione”.Da qui la volontà di non “accontentarmi” di un lavoro pubblico, sicuro, nei termini e nelle mansioni, ma di tentare la più complicata strada accademica. Sempre con la valigia in mano, alla ricerca di un incarico. Certo il rapporto è di uno a quaranta (un incarico affidato, quaranta domande presentate), non ho “sponsor”, ma solo il mio cv a presentarmi. Certo, il lavoro in Provincia mi dà quella sicurezza economica che altrimenti non mi consentirebbe di rincorrere il sogno di diventare prof universitaria a tutti gli effetti. Ora sono docente presso le Università di Parma e di Verona. In ottobre sarò relatrice della “mia” prima tesi.Questo lavoro mi appassiona, è la cura migliore alla mia fame di sapere. Mi piace il rapporto con gli studenti: mi arricchisce, mi stimola a fare meglio. Cerco di dare loro un aiuto concreto alla costruzione della loro formazione e della loro futura carriera con consigli, incoraggiamenti, suggerimenti, oltre che con modelli o teorie economiche. Aver finito da poco gli studi è un grande vantaggio: li capisco, capisco le loro incertezze o esigenze e cerco di aiutarli.Oggi penso che sia stato il “sogno” il mio punto di forza, l’energia e la luce con le quali lo descrivevo durante i colloqui.Perché, in fondo, hanno ragione Antonacci: “la passione è la forza che lega le teste e a quei corpi noiosi dà spirito e luce” o un altro mio giovane collega prof D’Avenia “I sogni veri si costruiscono con gli ostacoli, altrimenti non si trasformano in progetti, ma restano sogni. La differenza fra un sogno e un progetto è proprio questa”. Il mio sogno è diventato progetto, spero che un giorno diventi quotidianità.
Com'è un campo di calcio dopo una
sconfitta? Simile all'ultimo giorno di scuola: sempre troppo vasto, spianato,
interminabile. Melanconico anche, certo: ma privo di quel brivido sottopelle,
di quell'attesa nascosta e colma di felicità. Il campo dei perdenti è sgombro
come il silenzio circostante: un rito si è sfilacciato, inevitabile.
Ieri siamo stati i perdenti.
Sonoramente perdenti, di fronte alla possanza spagnola. Non poteva che andare
così (forse abbiamo sprecato qualche palla, ma il risultato non sarebbe
cambiato di molto). Ma una sconfitta del rito comporta sempre una rinascita: e
chissà che non siamo usciti, finalmente, dall'adolescenza. Perché in questi
ultimi giorni ho visto in campo più degli adolescenti che dei professionisti: e
non alludo all'abilità tecnica, parlo del cuore. Il calcio italiano rifletteva
una nazione allo sbando, lasciata per troppo tempo senza guida, ricca e
giovinetta. E la nostra Nazionale ha cominciato timidamente a balbettare la
propria umanità solo quando è stata portata in visita ad Auschwitz, a toccare
con mano l'inimmaginabile, ancor prima che l'ignorato. Rivelando, a sé stesso
prima che al mondo, d'esser figlio di madre ebrea, Mario Balotelli aveva
cominciato a razionalizzare quella sua rabbia istintiva verso tutto e tutti. A
capire, realmente, il senso della giustizia.
La nostra Nazionale si è pian piano ri-creata nel momento in cui si è sentita un
insieme, e non soltanto un'unione di singoli. La nostra Nazionale, infine, s'è
ritrovata orgogliosa di cantare l'inno nella squarciagola ingenuamente stonata
di Buffon, memore dei suoi bisnonni eroi del Piave e non solo della moglie
modella.
Una squadra, la nostra, che ha
aperto gli occhi sul valore della sconfitta, sulla difficoltà della crescita.
Forse questa consapevolezza è ancora in nuce, forse non durerà; vogliamo però
ingenuamente sperarlo. In fondo, diventare autonomi è la più ardua delle
battaglie. Nel calcio, e ancor più nella vita.