6.11.12

repressione del comune di nuoro la polemica Il Comune cancella il guerrilla gardening Dopo il lavoro dei volontari gli operai dell’ente tolgono piante grasse,mirto e staccionata perché «pericolose e fuorilegge »

lo so che dovrei parlare  di  me    come   promesso  precedentemente , ma :  1)  le storie  della gente per molti insignificanti  , belle  e speciali per  altri  ., 2)  abusi , le prepotenze  , la repressione   del potere ( politico , culturale  e sociale  )  hanno il sopravvento  .
Oggi è il caso   dei fatti  di Nuoro  (  ne  avevo  già accennato qui è il  3  articolo\  storia   del post e ,o riassume questo video  sempre  di  gruppi  di  guerrilla  gardening   avvenuto  nel 2009  a  Sassari  e rovinato  da incivili e   maleducati ) 

che  ha  visto  , come  ci s'aspettava ,  la reazione  bigotta ,stupida  , repressiva  e  con  motivazioni assurde   , ridicole  e non   completamente   veritiere  da parte del potere  costituito in questo caso un comune   .

Ora   sia  che:<<  i veri "guerrilleri" agiscono di notte e in posti più degradati della città smiley (e non in spazi in cui il Comune ha già in progetto di far altro, come Piazza Veneto appunto). Bravi comunque  >> come dice  Fab Chan Solo Nam  nel commentare  tale  news  sulla  nuova sardegna  online  ,  sia   che  sia  vero il contrario  . Come dicono  almeno fin 'ora   i molti commenti  positivi  


Stai pubblicando come Giuseppe Scano (Modifica)




è una buona iniziativa  .

Il  comune  di Nuoro  ha replicato  vedere articolo sotto  con motivazioni  in parte ridicole  fra  cui  quelle:  1)  della staccionata e delle piante grasse  pericolose   la  foto  della galleria della                   nuova  sardegna online  dimostrano il contrario ., 2)   che non avevano attecchito  , questa è la più comica  ,  lo sa  anche  mio nipote  di  6 anni che  per  attecchire  e fare radici ad  una pianta  occorrono  massimo  2 settimane , logico   che  non  lo fa   se  la si toglie  dopo neppure  un  giorno  che  è stata piantata ., 3) che stavano preparando  per  un prato  ,  ma  allora   se cosi fosse  perchè sul luogo in questione  non c'erano  cartelli  d'avviso  o  cantieri che lo segnalassero  ?  
E poi come dicono , sempre  sulla nuova sardegna  di oggi , gli stessi protagonisti del fatto  : << (...)  I veri pericoli e il vero scempio spiegano i guerriglieri–non  siamo noi ma le buche nelle strade,le discariche,il degrado ».



la polemica
Il Comune cancella il guerrilla gardening Dopo il lavoro dei volontari gli operai dell’ente tolgono piante grasse,mirto e staccionata perché «pericolose e fuorilegge »

di Valeria Gianoglio
 NUORO
Tolte le piante di mirto, sradicato l’alloro, eliminati anche i giacinti dietro la fontana,spazzata via in pochi istanti,e sempre nel nome di una «situazione di pericolo», pure la baby-siepe di erbe “indigene”
con un piccolo corredo di piantine grasse, e quel breve tratto di staccionata messa su con tanta fatica in piazza Veneto utilizzando vecchi bancali delle campagne di Marreri e una sega prestata da un genitore generoso. 
Una mezz’ora appena, ieri mattina, e il Comune ha cancellato quattro ore e mezza di lavoro sudato e pacifico del debutto ufficiale, domenica, del guerrilla gardening, il “giardinaggio d’assalto”che sta spopolando in tutta Italia, ma che stavolta assume una connotazione in salsa  nuorese. Con un gruppo di persone,che senza perdersi in troppe chiacchiere, si dota di  zappe, ramazza, piante e rastrelli ravvivano uno spazio della città abbandonato.
Zac. Ieri mattina tutto sparito, tutto, o quasi tagliato, se si esclude un’aiuola superstite che ha resistito come un indomito soldatino al lavorio di alcuni operai mandati dal Comune che hanno eliminato la
gran parte dell’opera del guerrilla gardening.  Il motivo?L’assessore comunale all’Ambiente, Luca Lapia, in un comunicato diffuso ieri pomeriggio,lo  riassume così: il lavoro del guerrilla gardening è  fuorilegge perché privo di autorizzazione, ha creato persino «una situazione di  pericolo»,e avrebbe pure«vanificato un intervento di spietramento realizzato pochi giorni fa dall’amministrazione».
«Gli operai del Comune –continua l’assessore–sono intervenuti prima di tutto per eliminare situazioni di pericolo e rischio come una piccola staccionata in legno che in modo inaccettabile delimitava uno
spazio pubblico e inoltre hanno eliminato alcune piante semplicemente “posate” nel terreno e che non avrebbero attecchito.
La posa di pietre ha inoltre vanificato un intervento di spietramento realizzato dall’amministrazione.
Nella zona si stava infatti preparando il terreno per il ripristino del prato verde e dell’impianto di irrigazione. Capisco – conclude Lapia–che impossessarsi “abusivamente” di uno spazio pubblico può essere un’utile operazione di propaganda legata a movimenti nazionali,ma chi amministra deve farlo
nel rispetto delle regole». Lo stesso assessore ricorda anche che i cittadini desiderosi di darsi da fare possono adottare gli spazi verdi messi da tempo  a disposizione dal Comune.
«Non basta–aggiunge–un’autorizzazione informale appesa a un cartello per sentirsi al di sopra della legge».
Per il Comune, in definitiva,il guerrilla gardening non s’ha  da fare perché fuorilegge, e persino pericoloso.Chi,domenica mattina,ha avuto la possibilità di assistere al lavoro del gruppo dei“guerriglieri”,in realtà,di pericolo non ha visto niente. A meno che non si vogliano considerare pericolose le “terribili” piante di mirto o di alloro, la “temibile” siepe, il “temibile”raggruppamento di
piante grasse.L’unico elemento, che a voler essere precisi,poteva costituire un pericolo,era giusto la staccionata. Ma chi, domenica, era insieme ai ragazzi e agli adulti che hanno 
lavorato con il sorriso e nessuna contropartita,in realtà,non ha osservato tutto questo scempio, né agguerriti fuorilegge.
Ha visto solo un gruppo di nuoresi che amano la loro città, che non hanno alcuna tessera di partito, e che si sono privati persino dei soldi delle sigarette per acquistare una piantina e abbellire uno spazio che loro frequentano ma che era trascurato.
Il risultato di questa guerra che nessuno voleva lo racconta ieri pomeriggio, la stessa piazza Veneto. E vale più di mille parole: zolle vuote, siepi semi-distrutte, piante sparite lasciando un vuoto decisamente desolante.
E un gruppo di ragazzi che continua a chiedersi“perché”.


Questo fatto dimostra  che il potere usa la legalità  per  le  c.... (   va  bene   sarà pure stato illegale  dal punto di vista  della  legge  , ma  perchè  questa   ottusità  verso  un gesto che  non danneggia  o  avvantaggia  il singolo   o  un determinato gruppo di persone  , ma  tutti  ?  ) mentre non la usa  per cose  serie  . 

«Io,sopravvissuto,così sono rinato» Dopo un incidente,ingegniere diventa recordman del nuoto e cambia vita nonostante le gravi lesioni

come  nel post precedente  ho trovato  mettendo in ordine il magazzino  anche  questa news  

tratta dalla nuova  sardegna  del  5\11\2012

La sua storia ha fatto il giro del mondo. «Sono stato investito durante un sopralluogo e oltre a
una grande quantità di fratture ho  subito gli esiti di una neurodistonia che ha trasformato il mio caso in una vicenda quasi unica:sono una delle poche persone in tutto il pianeta che soffrono di questa malattia a causa di lesioni dovute a un trauma».Ancora oggi Francesco Delpiano, ingegnere nuorese di 45 anni, ha la parte sinistra del corpo paralizzata.«Ma sono sopravvissuto e considero il giorno dell’infortunio come quello che ha segnatola mia rinascita – dice con convinzione – Da allora sono diventato un nuotatore.
Ho saputo sfruttare al meglio tutte le mie possibilità. Mi sono trasferito in Emilia Romagna.
Ho  cambiato vita, persino professione.E sono riuscito a costituire una bellissima famiglia».Quella di delpiano è una vicenda straordinaria, in tutti i sensi. «Mi sono laureato a Cagliari e al momento dell’infortunio pensavo mi attendesse un’ottima carriera :a poco più di 30 anni ero il direttore del cantiere per la costruzione a Sassari della metropolitana di superficie per conto del Gruppo Condotte – comincia a raccontare il professionista–Invece,il 17 febbraio del 2000 sono stato travolto da una macchina guidata da un automobilista che sarà poi condannato a 30 giorni di sospensione della patente,una pena così lieve che quasi mi spinse a chiedere di cambiare cittadinanza. Comunque l’urto mi ha fracassato il corpo. Al di là di  tante lesioni, ho riportato un trauma cerebrale, al quale è seguito uno stato di coma. Due condizioni che si sono poi rivelate all'origine del gravissimo disturbo cerebrale che mi ha prima portato a mesi di riabilitazione a Parma e poi costretto a girare per ospedali europei e americani alla ricerca di risposte medico-legali sulla diagnosi definitiva di neurodistonia post traumatica».
«I primi cinque anni si sono rivelati un calvario: mi sono ritrovato sulla sedia a rotelle e solo a Houston il dottor Joseph Jancovic, luminare russo della moderna neurologia, mi ha spiegato con esattezza in che cosa consisteva il mio problema - prosegue Delpiano – Sono stati approcci molto complessi. E molto costosi.La somma provvisionale stabilita dai giudici dopo il processo penale a carico dell’automobilista si è rivelata una goccia nel mare delle spese.
L’assicurazione che avevo come dirigente ha pagato i danni,ma le uscite erano già ingentissime. In sede civile, dopo dodici anni, proprio di recente è stato definito un indennizzo per cui sto valutando col mio avvocato se presentare appello. A ogni  modo, se generosamente familiari, amici e conoscenti non mi
avessero aiutato in modo disinteressato,non ce l’avrei mai fatta a stare dietro a tutti i conti che ho dovuto pagare per l’assistenza».
«Oggi–incalza–ogni tre mesi devo ricoverarmi per una terapia di sostegno che dura un paio di settimane.
 Così, quando mi sono riaffacciato al mondo del lavoro  e ho cercato di fare ancora l’ingegnere, le assenze per   queste cure hanno influitpo. È stato un susseguirsi di assunzioni e licenziamenti. Alla fine ho deciso di cambiare. Ho frequentato una scuola per cinque anni e ora faccio il counselor: mi oc-
cupo cioè di garantire appoggio a chi incontra difficoltà e disagi nella vita di relazione. Un po’quello che hanno fatto cinquanta miei colleghi arrivati da tutt’Italia qui in Emilia dopo il terremoto affiancando psichiatri e psicologi».
«Ma prima, in tutto questo tempo, quasi per caso, ho cominciato a fare sporte sono anche diventato istruttore di nuoto – prosegue il professionista –Ho pensato che, dopo l’infortunio, valesse comunque la pena di giocarsela sino in fondo. In dieci mesi ho conquistato tre record italiani che fra gli atleti con
disabilità resistono ancora: nei 50 e nei 100 stile libero e nei 50 farfalla,piazzando mi tra i primi tredici nuotatori al mondo.Con la nazionale sono entrato nella rosa per le paraolimpiadi di Pechino e ho continuato per circa un anno con ritmi da professionista. Ora ho smesso con l’agonismo, ma nuoto a livello amatoriale».
«Intanto,con la mia bambina e con la mia compagna, che il prossimo mese sposerò, ho potuto ricostruirmi una nuova vita di affetti», sottolinea Delpiano,che non fa mistero della sua carica di entusiasmo per aver avuto una chance di riniziare e il coraggio di vincere la sua battaglia. «Oggi guido la macchina automatica, mi servo di tutori e mi muovo con le stampelle:non lo dico tanto per dire, ma quel 17 febbraio del 2000 si è rivelato il più bello della mia esistenza.
Mi ha fatto risvegliare dal buio e mi ha reso divinamente abile,capace di utilizzare al meglio tutte le possibilità che prima non ero in grado di apprezzare-aggiunge d’un fiato l’ingegnere-counselor – Pochi giorni fa,all'università di Bologna, l’ho spiegato agli studenti che frequentano il corso di scienza e terapia della riabilitazione e ho visto che hanno compreso che cosa intendo».
Del suo caso ha scritto la rivista VanityFair. Mentre in passato qualche giornalista ha cercato,senza riuscirci,di farlo partecipare a trasmissioni tv strappalacrime “su come ricominciare con un sorriso”. «Quando ho scelto di vivere,e non di sopravvivere,ho pensato alla mia rinascita in maniera assolutamente meravigliosa – è la conclusione di Delpiano–Non mi è mai piaciuto piangermi addosso: non so se si sia capito».(pgp)

Oristano, un papà cerca 5 uomini-eroi Salvarono suo figlio caduto nel pozzo 30 anni fa


Riordinando il magazzino del negozio    ,  dopo il periodo  dei morti  ,  ho trovato questo articolo  interessante  che ricorda il caso di Alfredino Rampi

Due anni dopo la morte di  Alfredino Rampi a Oristano rischiò di ripetersi la stessa tragedia. Il padre del bambino che fu ingoiato dal ventre della terra, ora cerca gli uomini-eroi che gli restituirono suo figlio sano e salvo.

La  cosa mi fa  ridere   per  il fatto che  se   ricorda   e sente il bisogno solo ora  dopo di  più di  30 anni    dal fatto  . Quindi  concordo  con i commenti  lasciati  sul sito  dell'unione sarda  a tale  nees  e che sotto riporto  
ray60
04/11/2012 20:17
pubblicita
senza troppa pubblicita credo che basterebbe andare al posto di polizia oppure dai vvff. sicuramente ci sara un verbale redato in cui saronno riportati i nomi e cognomi di questi (uomini eroi ) che salvarono la vita ha suo figlio
Pietropaolo2
04/11/2012 03:50
meglio tardi che mai.
sind'è scirau unu pagheddu tardi... sig mario. farlo 29 anni fà ? ma possibile che neanche il "salvato" tiziano, oramai ben oltre i 30 anni, non abbia mai avuto, in questi anni, il pensiero di dover ringraziare i suoi salvatori personalmente ? Bamboccione... ci pensa papà !!
 Ma  ora la  vicenda   dall'unione  sarda del  3\11\2012 

Nicola Pinna
nicola.pinna@unionesarda.it


Oristano.Tiziano Trogu oggi ha 31 anni. Pinuccio Nonnis lo liberò infilandosi nel pozzo
«Devo conoscere il mio salvatore»
Trent’anni fa un pompiere evitò la stessa tragedia di Alfredino


Era il 23 agosto del 1983. Il piccolo Tiziano Trogu giocava con un amichetto in vico Marroccu (oggi via Neapolis). Mentre inseguiva il pallone cadde in una cavità del terreno che, nascosta dal fango, si era aperta al suo passaggio. Cinque vigili del fuoco e due poliziotti lo tirarono fuori dal ventre della terra. Ora Mario, padre di Tiziano, cerca quegli uomini che lo salvarono dall'inferno che toccò invece ai genitori di Alfredino Rampi, morto nel pozzo di Vermicino.

 Il dramma è tutto raccontato in  quella foto scattata al San Martino da Romolo Concas: un bambino di due anni con le guance insanguinate e lo sguardo terrorizzato. Abbracciato a mamma Linda ripeteva che in
fondo al pozzo sentiva solo il  profumo della mortadella. Erauna strana suggestione,perché quel 23 agosto 1983 Tiziano Trogu ha visto la morte molto da vicino.Ha trascorso due ore e mezza a sei metri di profon-
dità,in fondo a un sifone lasciato scoperto da una squadra di  muratori distratti.
DRAMMA A CHIRIGHEDDU. Tiziano quel pomeriggio stava giocando con un altro bambino, a due passi da casa, e inseguendo una palla è scivolato nel vuoto. Si è ritrovato incastrato in un’intercapedine tra il terreno fangoso e i tubi in cementoche reggevano il pozzo.Per salvarlo i vigili del fuoco si sono calati con le corde e con una fatica disumana hanno smontato in poco tempo dieci piloni da un quintale ciascuno.Vico Marroccu, che ora si chiama via Neapolis,sembrava Vermicino:erano passati due anni dal dramma di Alfredino Rampi e in quel pomeriggio d’inferno la città intera pregava perché Tiziano venisse tirato fuori sano e salvo.
Cinque vigili del fuoco e due  poliziotti  compirono  un’operazione da eroi a tempo  di record.
«Li vorrei ritrovare,vorrei abbracciarli,perché quel giorno hanno fatto qualcosa di straordinario»,dice Mario Trogu, il padre di quel bambino che ora è diventato un uomo grande e anche papà.
L’INCONTRO. Degli eroi in divisa,Mario Trogu non ricorda neanche il nome, ma di una cosa è sicuro: «Se leggeranno il mio appello si ricorderanno della storia, non si saranno dimenticati di Tiziano.A Oristano quel
pomeriggio lo ricordano in tan-ti». I primi indizi saltano fuori dall’archivio de  L’Unione Sarda. Il 25 agosto, nella pagina della Cronaca di Oristano,compare l’intervista ai soccorritori di Tiziano.
Il capo reparto che coordinava i soccorsi era Michele Piretto. Così lui stesso raccontava quei momenti di disperazione e speranza: «Non abbiamo perso tempo e abbiamo deciso subito di smontare quanti più tubi fosse possibile.Ho fatto scendere il vigile Pinuccio Nonnis in fondo al pozzo con la scala di corte, aiutato dagli agenti della Mobile,Peppino Putzolu e Salvatore Meloni.
Con l’aiuto di altri vigili  ( Scognamillo,Addari,Adolfi,Fancello ) abbiamo imbragato i tubi e li abbiamo tirati fuori.Poi Pinuccio Nonnis è sceso di nuo-vo nel pozzo e si è infilato nell’intercapedine. A testa in giù ha afferrato il bambino e lo ha portato su.Quando lo ha stretto bene lo ha passato a un altro vigile che si era calato con una scala.A quel punto Tiziano è tornato in superficie e ha riabbracciato la mamma».
TRENT’ANNI  DOPO. TizianoTrogu ora ha trentun’anni e vive a Ghilarza, realizza tatoo e piercing e ha aperto uno studio.Incontrare quegli uomini in divisa che lo hanno salvato è stato il sogno di tutta la vita.Ma se quella disavventura è finita nel migliore dei modi è anche merito di un altro bambino: Nicoa Montisci quel giorno giocava insieme a Tiziano, aveva solo quattro anni ma ha capito subito che l’amichetto era in pericolo. È corso a casa e ha lanciato l’allarme: «Mamma, mamma,Tiziano è caduto nel pozzo».

5.11.12

I NON BAMBOCCIONI , IL LAVORO NERO \ MORTI BIANCHE E LA POLITICA

Ci  sono  anche  storie  di ragazzi  " non schizzinosi "  che  non sono  nè  bambocioni nè pessimisti  \  sconfortati    ecco alcune storie   


«Laureati,non siamo schizzinosi» Storie di ragazzi che smentiscono il ministro Fornero:«Siamo pronti a tutto»


di Sabrina Zedda
CAGLIARI Dell’aiuto di mamma e papà ne fanno a meno:sanno quanti sacrifici hanno già fatto per
loro e non sono intenzionati a chiederne di più. Ma ai loro sogni non rinunciano. E allora altro che “choosy” (schizzinosi) come ha detto, tristemente, la ministra Elsa Fornero, la quale ha mostrato di inciampare ogni tanto sulle parole : inattesa di trovare il lavoro che possa dare dignità agli anni passa-
ti dietro a un percorso universitario c’è chi si offre per fare le pulizie, chi passa le serate servendo in ristorante e chi,stanco delle solite promesse,si reinventa artigiano.
Altro che schizzinosi i giovani laureati: concreti piuttosto,e perfino altruisti perché per loro lavorare significa creare un valore di cui possano beneficiare tutti. E’ il caso di Sara Cacciuto, 36 anni e due lauree: una di primo livello come Educatrice ambientale all’Università dell’Aquila, l’altra,magistrale, conseguita a marzo all’Università di Roma 3 in Scienze dell’educazione degli adulti. Tra l’una e l’altra un sfilza di lavoretti. «A L’Aquila per mantenermi agli studi –racconta – facevo due lavori,entrambi in località a tre ore dalla città in cui vivevo :la guida naturalistica in un parco durante la settimana,la cameriera nel weekend : lavoravo in una pizzeria».Per Sara i sacrifici sono continuati anche durante il percorso per la laurea magistrale a Roma: «Una città dove la vita costa cara e dove mi sono adattata a fare di tutto: pulizie nelle case, collaborazioni con l’università…»Una fatica che Sara è riuscita a sostenere grazie alla forte motivazione: «Il mio sogno è  aiutare la gente della mia città a mettere a frutto le proprie potenzialità: in tempi di crisi perché le cose cambino è necessario puntare sul potenziale umano».Per fare questo Sara ora sta frequentando anche un corso di specializzazione ma i soldi sono sempre pochi  e il lavoro è poco: «Lavorerei pure in un call center, ma alla mia richiesta non 
hanno risposto ».Davvero per niente choosy questa giovane che però ha ben chiaro cosa significa dare

dignità al lavoro: «Un lavoro dignitoso è un lavoro che abbia una retribuzione congrua:posso anche  fare le pulizie,ma chiedere per questo meno di otto euro l’ora significherebbe sminuirsi».Idee chiare le ha anche Giovanna Pala  ( foto a  sinistra  ) 28 anni e una laurea col massimo dei voti e la lode in Storia dell’arte.« Arrivo da Mamoiada e voglio stare a Cagliari, dove ho la mia vita,ma non posso più chiedere ai miei genitori di aiutarmi».Così anche per lei, che sogna un futuro da critica d’arte per valorizzare il prezioso patrimonio culturale della Sardegna  (lasua tesi di laurea è stata un omaggio a Eugenio Tavolara) la scelta, nel frattempo, di accontentarsi d’altro: « Diverse sere a settimana lavoro come
cameriera in un ristorante»,dice.Il resto delle giornate insegna invece italiano agli stranieri in una cooperativa di Quartu: dovrebbe pagarla la Regione con il fondi per progetti a favore dei giovani disoccupati, ma, si sfoga, «è tutto bloccato e lavorare senza una retribuzione fa calare la motivazione». Un altro che pur di lavorare ha messo da parte i titoli di studio è Massimo, laurea in filosofia e anni passati alla ricerca di un posto da laureato.«Alla fine ho preferito fare da me–racconta–Grazie ai miei genitori ho potuto chiedere un prestito e mi sono aperto una foto copisteria».
Storie di oggi, di chi per andare avanti ha capito che bisogna stringere i denti. Eppure sognare un posto da laureato non significa essere choosy ma cercare di ottenere quello che spetterebbe di diritto: «Siamo solo giovani che vogliono andare avanti – dice Giovanna Pala–Non per essereschizzinosi,ma per daren
senso ai tanti anni di studi».

INCIDENTI SUL  LAVORO . I drammi E LE STORIE

di  Pier Giorgio Pinna
SASSARI Sono scampati alla morte bianca. Ma a un prezzo altissimo.Uno scuro calvario. Mesi di sofferenze e riabilitazioni. Sempre in attesa di qualche spiraglio di luce: la speranza di un reinserimento. Le loro sono vicende drammatiche. 
           Da sinistra,due lavoratori rimasti gravemente feriti:Angelo Addis,40anni,di Ittiri,e GiuseppeSechi,64,sassarese.
Affianco un  incidente  sul lavoro 

Eppure,speculari rispetto a quelle di compagni sfuggiti per un soffio a una fine atroce sotto un trattore o tra le macerie di un capannone crollato. Certo, tutti hanno avuto più fortuna delle decine di operai che ogni anno perdono la vita nell’isola: per
capirlo è sufficiente un’occhiata ai quotidiani degli ultimi mesi,quando la spirale degli infortuni si è fatta angosciante.Però chi rimane ferito a causa d’incidenti terribili poi deve affronta re un inferno. E non è facile riuscire a riprendersi, anzi. Quseta è la storia di chi alla fine ce  l’ha fatta.
Giuseppe Sechi ha 64 anni e da 43 guida di tutto: « Mi mancano solo navi e aerei,per 

le regole della navigazione di selene lungarellae

a tutti i naviganti   eccovi  una bussola per orientarvi

 dalla stupenda   di  Selene  Lungarella  che  ha  fatto la scelta  di  iniziare con la gavetta senza  andare in tv ( x factor   , amici della de filippi , ecc )








Regole della Navigazione
Testo: A. Michisanti – Musica: A. Michisanti/F. Servilio


Cerco un modo per sentirmi vera
Cerco un modo per cambiare,giuro
Mille facce ho lasciato cadere
per ritrovare questo mio respiro

Fogli di carta gettati al vento
L’illusione di questi anni miei
E guardare a lungo il cielo immenso
senza capire dove sei

E poi senti che la vita ti regala tutti i sogni suoi
se provi a navigare questo mare e ti ascolti dentro…

1 fissa la tua meta, se ti perdi, se non sai più navigare
2 fissa la tua rotta, cerca poi una stella, lasciati guidare
3 abbandona la pretesa ad ogni costo, e la stella poi riappare
4 con lo sguardo attento scruta il Firmamento, non lasciarti andare
Odio, verità, dolore, amore, opposti da riunificare
5 quale posizione, quale direzione in questo naufragare?

In quest’ Oceano dell’Esistenza,
che quant’è grande lo sa solo Dio,
mille domande, poche le risposte…
Quando nasco Io?

6 alza gli occhi al cielo, aggrappati alle stelle nella notte scura
7 accogli l’Universo, senti che la Vita…è lì, ti aspetta ancora
8 lascia posto a un cuore che non mente, che non rifiuta e non distrugge
9 affronta la Tempesta con fermezza e se ti vien voglia di gridare,
fallo con tutta la forza che hai nel petto, ma dal cammino non deviare
10 fermati un momento, lanciati nel vuoto per sperare ancora

Accettare questo immenso Mare,
aprire il cuore a un'anima sincera
Ora so che posso navigare
posso rinascere e sentirmi vera




4.11.12

A mani nude contro il diavolo, vita e tormenti di un esorcista


  dall'unione sarda  del 4\11\2012
 di  Giorgio  Pisano (  pisano@unionesarda.it )

Incrocia il diavolo quasi tutti i giorni da diversi anni.Sulle prime,Satana parlava di sé in terza persona, insomma dandosi del lei come succede ogni tanto ai baroni della medicina, poi s’è reso conto che non poteva durare ed è passato al tu.
Don Giovanni Sini 
In fondo, sono colleghi: concorrenti ma colleghi. Lavorano sulla stessa materia prima: l’uomo. Don Gianni Sini,57 anni,figlio di un ex operaio Sir, è l’esorcista ufficiale della Diocesi di Tempio. Biparroco, nel senso che opera in due chiese (Nostra Signora de la Salette a Olbia e Nostra Signora del
Mare a Pittulongu ),è sacerdote molto popolare e molto amato.
Capelli grigi, lunghi e scomposti,da nouveau philosophe,ha un fisico proletario,mani polsi e braccia di conseguenza, jeans, giubbino scuro e polo.Commenta il Vangelo della domenica in una televisione locale (Cinque Stelle) ma si spende soprattutto nella guerra infinita contro il demonio. Racconta che attualmente si sta occupando di cinque casi «decisamente gravi» e sfodera un campionario arcinoto: la vecchietta semianalfabeta che parla ebraico senza averlo mai studiato, il bimbo che grida volgarità da far arrossire un camionista, il giovanotto che in piena crisi decuplica forze muscoli e aggressività. A riprova mostra qualche cicatrice, ferite di guerra.
Alterando luoghi e nomi per evitare che gli interessati vengano riconosciuti,ha raccontato undici storie sataniche nel libro pubblicato qualche mese fa con Sugarco (“Quando parlo col diavolo”) e già a un passo dalla terza edizione. Segno che l’argomento tira anche quando a parlarne non è un decano della categoria come padre Amorth ma un semplice sacerdote di provincia.
All'inizio dell’intervista, posa sul tavolo gli arnesi da lavoro: una stola viola,l’aspersorio, un crocifisso e un libretto molto maltrattato.Contiene le istruzioni per l’uso, formule che invocano l’allontanamento di Satana dal corpo di un  ossesso oppure ne  ordinano bruscamente la cacciata come una sorta di  foglio di via.Spossante?
«Tanto. Anche perché la partita non si chiude in una botta sola».
E qualche volta,confessa, non si chiude affatto.
Don Sini è entrato in seminario che aveva undici anni. Ne è uscito prete e senza conseguenze: «Nessun problema nei rapporti coi superiori né ripensamenti».
La chiamata vera e propria è arrivata tuttavia più tardi. E sarebbe finita in gloria con una carrierina da parroco se non avesse visto un esorcista all'opera . È stato colpo di fulmine. Da quel momento volle, fortissimamente volle dedicare cuore e breviario alla madre di tutte le battaglie: quella contro il Male e il suo ufficiale rappresentante. Male che non prevede «soltanto possessioni» ma anche tentazioni e perfino blitz nella politica. «Chi altro volete che ci sia, se non il demonio, quando si prendono certe cattive decisioni?» 
Quali, per esempio?
«L’eutanasia, per dirne una». Ma si potrebbe serenamente aggiungere anche il testamento biologico o il registro delle unioni civili.Argomenti tuttaltro che spirituali e che riguardano la discesa in  campo di nostro signore degli inferi.
Com’è  il  diavolo?
«Diversamente da come viene rappresentato nella letteratura o nei film, strana e terribile creatura con le corna,è -lo aveva detto Paolo VI - personaggio misterioso, pervertito e pervertitore. Il suo compito è, prima di tutto, attrarre e poi stravolgere la mente e i buoni valori.
 La sua più grande conquista far dire alle persone che lui non esiste».
Obiettivo?
«Annacquare la divisione tra Bene e Male».
L’ha  mai  visto?
«Ci parlo spesso attraverso gli ossessi o le ossesse. Ne altera la voce, lo sguardo, fa dire cose orride».
Ma  s’è  mai  manifestato  davanti  a  lei?
«Fisicamente no. Non dimentichiamo però che, come insegnano le Scritture, è un essere immateriale. So comunque di gente che l’ha proprio visto di persona».
Da  quanti  anni  fa  l’esorcista?
«Il primo caso l’ho affrontato negli anni ’80.Avevo 33 anni».
Addestramento?
«Uno non ce l’ha scritto nel dna che farà l’esorcista. La preparazione si  acquisisce   seguendo i confratelli che già esercitano. Il mio maestro mi ha poi affidato gli strumenti (crocifisso, stola,aspersorio e manuale) che Satana riconosce ufficialmente come armi contro di lui».
Quanti  casi  ha  esaminato finora?
«Alcune centinaia.Non dimentichiamo comunque che i casi di possessione sono i meno numerosi,uno \ due per cento. Incontro sette-otto persone al giorno ma raramente si può parlare di anime possedute».
Effetti  collaterali?
«Beh,certe volte la cappella dove opero si trasforma in una specie di palestra.La lotta tra Bene e Male non è sempre fatta soltanto di parole. Ho preso pugni,graffi, calci, sputi: fa parte del lavoro».
Il  demonio  è  interessato  alla  Sardegna?
«Abbastanza, in linea con Sicilia e Calabria che stanno ai primi posti mentre il Piemonte è soprattutto terra di sette. Nelle zone interne della Sardegna ci sono usanze che sconfinano nel profano,scivolano nello spiritismo,cercano sistemi per stabilire un contatto coi morti, si rivolgono a maghi per far togliere le fatture. E tutto questo è opera sua».
Sua,  di  chi?
«Del diavolo, ovviamente».
In  famiglia  o  gli  amici  l’hanno  mai  presa  per  matto?
«Alcuni sacerdoti tendono a denigrare o a ridicolizzare il ruolo dell’esorcista,dicono che vediamo il demonio dappertutto».
Luoghi  preferiti  per  l’attacco?
«Quelli dove non c’è verità, non si segue il Vangelo e si preferisce il culto di Satana attraverso sedute spiritiche o addirittura celebrando la messa nera, che è la parodia e la profanazione di quella vera».
Travestimenti  per  non  farsi  riconoscere?
«Noi potremmo avere come compagno  di lavoro un posseduto e non lo sappiamo. Perché la ossessione si manifesta solo in certi momenti, mica 24 ore no stop».
Poi?
«A un certo punto, quando si rende conto di non farcela più, l’ossesso bussa alla nostra porta per chiedere aiuto.Sa di avere dentro di sé un altro e vuole liberarsene».
La  psichiatria  le  chiama  sindromi  dissociative.
«Può essere. Ma noi abbiamo indizi precisi per capire se si tratta di vera possessione e non confonderci».
Cioè?
«Dev’esserci una forte avversione al sacro e alla fede, alla Madonna e ai santi, disagio a stare in un luogo di culto o accostarsi ai sacramenti. Tant’è che quando debbono fare la Comunione avvertono una irresistibile repulsione».
Altri  segnali?
«Parlare una lingua sconosciuta.È impressionante ascoltare una donna di settant’anni parlare ebraico quando sai che non ha nemmeno frequentato la scuola dell’obbligo».
Che  genere  di  messaggi  manda  Satana?
«Mi invita a lasciar perdere,urla il suo diritto a possedere una persona,ride delle mie preghiere.Io replico con altrettanta forza: prima lo invito con le buone a lasciare quel corpo, poi passo alle maniere forti».
E  cioè?
«Leggo ad alta voce il rito dell’esorcismo, gli ordino di andare via. Purtroppo però non dipende da me il fatto che si allontani più o meno velocemente.È Dio a decidere. Di solito bastano pochi mesi ma stiamo seguendo casi molto difficili che ci stanno impegnando da anni».
C’è  una  profilassi  anti-demonio?
«Una prevenzione,vuol dire? L’importante è non entrare in contatto col mondo dell’occulto. Non scambiare la fede con surrogati o forme di superstizione,abbracciare una vita vicina a Nostro Signore e ai sacramenti».
Vittime  predilette:  facciamo l’identikit.
«La fascia più esposta è quella che va dai 18 ai 45 anni. Ma può essere  infettato chiunque, compre-
si i religiosi. Ho personalmente seguito il caso travagliato di alcune suore possedute, che pure facevano la Comunione tutti i giorni. Finché non hanno avuto  una crisi nessuno se n’è accorto».
Che  tipo  di  crisi?
«Rifiuto della Comunione e un’esplosione di rabbia che faceva dire parole scurrili,discorsi impensabili sulle labbra  di una monaca».
Bambini?
«Ce ne sono e rappresentano un mistero: se negli adulti c’è un episodio o un’esperienza del passato a spiegare la possessione, nei bimbi non abbiamo  niente di tutto questo. M’è capitato di dover aiutare un bambino di quattro  anni».
Chi  gliel’ha  portato?
«I genitori.Non riuscivano a spiegarsi la sua aggressività: non stava mai fermo e, se veniva rimproverato, non esitava a colpire mamma e babbo».
Non  sarà  stato  ipercinetico?
«No,sotto c’era qualcos’altro: il demonio.E alla fine l’ho scoperto.Ho chiuso a chiave la porta della cappella.Lui voleva uscire a tutti i costi,dava calci e pugni alla madre per farsi aprire. Altrettanto al
padre,che però aveva perso da tempo la pazienza e gli mollava ceffoni molto forti».
L’avete  messo  ko?
«Non ce n’è stato bisogno.A un tratto si è rivolto verso di me,pronto a colpire. Gli ho detto: attento, ti restituisco le botte una per una. All'improvviso ha digrignato i denti, ringhiava come un cane e ha tirato fuori una voce profonda,cavernosa: chi sei tu per fermarmi?»
Com’è  finita?
«Ho iniziato a leggere il rituale ma quando sono arrivato a metà mi ha interrotto: prete, l’hai capito o no che mi stai  rompendo le palle?»
Magari  non  ce  l’aveva  con  l’esorcismo.
«Abbiamo interrotto e il padre, in separata sede,mi ha confessato che da giovane partecipava a sedute spiritiche. Ecco che tutto si  spiegava».
Tara  familiare,  in-somma.  Come  tante  malattie.
«Proprio così.Allora ho capito  che il diavolo stava giocando in casa e dovevo affrontarlo allinterno della famiglia: il bambino  non era altro che  una vittima inconsapevole».
Con  lei  ci  ha  mai provato,  Satana?
«Come no. Mi sabota la macchina,mi fa trovare le ruote a terra o il cambio sfasciato. Ma io  non m’arrendo facilmente».
Tentazioni?
«Continuamente,cerca di deviarmi dal  mio ministero».
Donne?
«No, questo non mi è mai capitato ma  non mi sorprenderei se provasse anche questa trappola».
Il  caso  più  incredibile? 
«Quello di una ragazza di quattordici  anni, cresimata di recente, che manifestava una forte avversione al sacro. Non  riconosceva più nulla, come se non fosse mai passata in chiesa».
Vabbé  ma  il  diavolo?
«Sono riuscito a liberarla dopo quattro  mesi. Ho recitato l’esorcismo in forma imperativa, è caduta a terra come morta. Poi si è ripresa».
La  sua  vita  è  tutta  un  match.
«Lo è.A Oristano,durante la presentazione del mio libro,una donna m’ha lanciato due sedie addosso dopo averne scaraventato un’altra contro una vetrata  mandandola in frantumi».
Posseduta  o  polemica  verso  il libro?
«In passato l’avevo esorcizzata. Evidentemente Belzebù stava tornando alla carica.È stato necessario tenerla immobilizzata.Ho dovuto rifare l’esorcismo in diretta. Si è ripresa dopo un’ora».
Da  pugile  di  Dio,  quanti  incontri  ha perso?
«Per il momento nemmeno uno perché non siamo arrivati alla fase finale.Abbiamo tre casi ancora aperti. Il Male alla fine dovrà soccombere,non può vincere».
Cosa  risponde  a  chi  sostiene  che  siete solo  ciarlatani?
«Contra factum non datur argumentum. Io mi limito a dire: venite con me,state a vedere e poi ne riparliamo».

L’AQUILA E LA BAMBINA CIECA

da  Claudia Pasquariello 18 dicembre alle ore 15:10 · Il vento sussurrava tra i pini della montagna, portando con sé gli echi di un mondo ...