Li guardavo ieri in TV e riflettevo: "Quanta strada compiuta, quanta ancora da compiere!". Li guardavo ieri in TV e pensavo: "Quanta fatica per avvicinarsi! Solo piccoli passi, e intorno il caos". Li guardavo ieri in TV e poco dopo venivo raggiunta dalla notizia dell'ennesimo, orrendo eccidio in Siria, del ritrovamento d'un bimbo italiano e di sua madre fra le vittime dell'attentato in Burkina Faso ma soprattutto - per la specificità dell'argomento, perché le coordinate del mondo s'intrecciano tutte lì - dell'arresto d'un'antimilitarista israeliana. Dell'assassinio d'una sua connazionale davanti ai figli per mano terrorista. Della profanazione dell'Abbazia della Dormizione a Sion. Scritte anticristiane, forse opera degli stessi che lo scorso luglio bruciarono vivo il piccolo Ali e quasi tutta la sua famiglia. Li guardavo ieri in TV e lo sconforto mi assaliva, ripetevo che no, non ce la faremo mai, il nostro passo è troppo lento e la violenza procede invece spedita e implacabile. Mancanza di fede, lo so. Non sono così forte. Li guardavo ieri in TV e la mente tornava alla sinagoga di Trieste, visitata quasi dieci anni fa. Sono edifici strani, fantasie tardobabilonesi, trionfi di lapislazzuli. È come rientrare nel ventre materno, ci si sente invadere da una profonda, remota pace. Mentre, attorno, ogni cosa trasuda odio e guerra. Gli incontri fra ebrei e cristiani - ma era presente anche la delegazione islamica del Coreis con Yahya Pallavicini, un gesto di grande forza, in questi tempi - non sono mai uno stanco rituale. È il nostro destino, la nostra forza e il nostro dramma. Quando i simboli diverranno inutili e obsoleti significherà che la fine è giunta. La fine apocalittica, l'instaurazione cioè del regno. Ma, adesso, servono. La visibilità serve. L'occhio deve leggere. Le kippah, ieri indossate non solo dai non ebrei come ormai d'uso nelle occasioni solenni ma anche da alcuni sacerdoti al seguito di Francesco, hanno contrassegnato l'incontro ebraico-cristiano 2016. Ed è stato giusto così. Il simbolo è linguaggio. E come il linguaggio è polisemico. Ci sono momenti in cui diventa opportuno occultarlo. Altri in cui è bene alludervi. Altri ancora in cui diventa tutt'uno con noi, c'incarna. Perché non indica esclusione né superbia ma soggettività, diritto.
Limite, anche: o, meglio, umiltà. Per gli ebrei il piccolo copricapo, imitato poi dai cristiani, indica il solco da non superare, che ci separa dal cielo. È l'argine invisibile al fondamentalismo (l'altro volto dell'idiota nichilismo occidentale,entrambi espressioni d'empietà). Suggerire di nasconderlo, com'è accaduto in Francia giorni fa per evitare il rischio di aggressioni terroristiche ricorda molto da vicino l'avvertimento alle donne di Colonia di star discoste un braccio dagli immigrati, e magari di non uscire la sera da sole: per il loro bene,s'intende. Tentazione diabolica contro la libertà, da respingere con tutta la forza possibile. Gli ebrei, di simboli se ne intendono: dalla nappa gialla imposta dai papi alla stella di Davide con cui li bollarono i nazisti. Simboli di diversità, questi, di esclusione, di "altro" inassimilabile, perché la Norma doveva essere solo una. Oggi, il nuovo nazismo pretende e sfoggia metodi uguali e contrari. Da un lato il nascondimento vergognoso, dall'altro l'ostentazione: assai differente dall'appartenenza. Sia l'uno sia l'altra degradano l'umanità. Il primo vuol cancellare i diversi, la seconda vuol escluderli in modo esplicito. Bene ha fatto il presidente francese Hollande a ribadire il pieno diritto degli ebrei a manifestare i simboli della loro fede. Ma qualcosa, in questo discorso, stride. La Francia è il paese in cui i simboli religiosi sono banditi. E non mi riferisco ai veli integrali di certe donne musulmane, i quali presentano, fra l'altro, comprensibili problemi di sicurezza. Alludo a qualsivoglia oggetto, anche molto discreto, che indichi una qualche appartenenza religiosa. E non va dimenticato: malgrado i proclami di massima, i simboli più colpiti da quelle parti, come in altri paesi europei, sono quelli cristiani. Contro questi ultimi il laicismo pragmatico-capitalista ha ingaggiato da tempo una guerra, sia pure solo culturale ma non meno funesta, per cui s'è rivelato di fatto il miglior alleato di Daesh. Anche questa forma o, se si vuole, di deformazione della laicità è oggi superata e occorre ripensarla. Se uno Stato laico resta obiettivo irrinunciabile (e chi scrive vi tiene molto), è pur vero che la flessibilità insita nella democrazia impone un cambio di passo. In tal senso molto avrebbe da insegnare la laicità italiana, se realmente fosse applicata e vissuta con maturità. Le religioni, oggi sul banco degli accusati con molte ragioni apparenti, sono chiamate ad affrontar grandi sfide. Fin troppo facile dimostrare la loro devastante influenza non appena si appropriano del potere temporale. Ma è sempre, necessariamente, così (chi, del resto, avrebbe ancora l'impudenza di affermare il rispetto dei diritti umani nei regimi atei?)? Storicizzarle, aprirle, contestualizzarle: anch'esse sono prodotti di uomini. Dì uomini maschi, verrebbe da aggiungere. Un apporto alla democratizzazione delle religioni infatti può e deve arrivare dalle donne; solo così, forse, si eviteranno gli eccessi d'un laicismo esasperato e contraddittorio e d'un monopolio del sacro sanguinario, antiumanista e suicida. E solo così i simboli non incuteranno più timore o sospetto. Non si odierà più una kippah, non si strapperà più un chador, se quest'ultimo sarà scelto dalla donna senza rinunciare ai valori della democrazia e della dignità femminile. Nell'istante in cui lo si valorizza positivamente, l'abito tornerà a relativizzarsi, a essere semplice stoffa, brillando sempre più le nostre kippah, i nostri veli (ma, pure, i nostri jeans, le nostre minigonne...) spirituali. "Com'è vostr'uso", declamava la Piccarda dantesca. E il cerchio si chiude, la fine - apocalittica - si avvicinerà. E non sarà un brutto giorno. Splenderà un sole discreto, primaverile, e tutti si riconosceranno come vecchi amici. © Daniela Tuscano
<< Gia' la notizia della chiusura di un’altra serie della casa editrice Bonelli, baluardo del fumetto italiano; per chi ancora non lo sapesse, il 2016 porterà in edicola gli ultimi capitoli di due serie Bonelliane, Adam Wild e Lukas >> Questa ennesima cattiva notizia, insieme al calo di qualità o alternarsi di qualità di fumetti che leggo mi ha portato a farmi alcune domande riguardo la situazione della casa editrice, interrogarmi su quali possano essere i motivi di una tale moria all’interno della produzione Bonelliana ed a chiedermi come mai sia passata quasi in sordina era passata la chiusura di Mister No nel 2005, dopo una vita editoriale trentennale.E di come se << Il saluto a Jerry Drake è stato il primo grido di allarme in casa Bonelli >> non vi si ponga rimedio ? La decisione di chiudere la serie con protagonista Jerry Drake era arrivata non tanto per un calo delle vendite ( all’epoca secondo nergate.it gli albi vendevano intorno alle 20.000 copie, soglia di sopravvivenza decisa dalla Bonelli ) , ma per un calo qualitativo della serie, dai responsabili individuato nella mancanza di tematiche; girando per i forum pareva fosse un’altra la natura di questa chiusura, ovvero la totale capacità degli sceneggiatori di mantenere fede alla natura del protagonista ( tra i capri espiatori si annovererebbero secondo alcuni mie amici che lo leggevano ed il sito nerdgate .it Mignacco e Masiero ), tanto che i fan della serie invocavano a gran nome sceneggiatori capaci ma impegnati in altre serie (Castelli, Boselli e Colombo in primis). Nonostante questa aperta manifestazione d’affetto per il personaggio
di Nolitta,Mister No chiuse la sua serie regolare,regalando ai nostalgici qualche sparuto albo semestrale o annuale.In questa prematura fine si sarebbe dovuto intravedere ( e cercare di porvi rimedio c, correndo ai ripari ) lo spettro di una crisi nascente, una minaccia al regno di fantasia che da sempre viveva nella casa editrice milanese: il calo della qualità delle storie. Su Dylan Dog è vero si fatica a trovare un centro di gravità permanente , per ora si è solo distrutto ( giustamente ormai certi canoni erano logori e stavano per diventare non o erano già diventati degli stereotipi ) ma per ora esso è fatto di alti (pochi) e bassi (tanti, forse troppi) sarebbe ora di smetterla con la distruzione e iniziare con la costruzione dando vita , fin ora erano quasi assenti ai nuovi personaggi di cui si è fin ora solo accennato e fatto solo qualche comparsata . Infatti << Il difetto che riscontriamo in entrambe le testate è sempre lo stesso, e ci conforta ricevere conferme anche da altri lettori; i protagonisti sempre più spesso non sembrano più loro, le storie a volte paiono sceneggiature adattate alle testate e non concepite appositamente per i personaggi che vediamo poi viverle. >>
Prendete il Nathan Never, invece mio affido perchè ne trova confermo in un ex mio inquilino al temo in cui ero studente fuori sede , non che fans della prim'ora ( dal n 0 della serie ) a quanto dice il sito di nerdgate.it
Negli ultimi due anni la maggior parte delle storie sembrano distaccate dalla continuity della seire, si è cercato di forzare alcuni personaggi in una dimensione che cozza vistosamente con quanto abbiamo conosciuto nella vita editoriale precedente.L’esempio più evidente è la nuova vita di Janine, la storica segretaria dell’Agenzia Alfa, da sempre timida, spesso impacciata eppure un punto di forza della saga, per molto tempo ago della bussola morale di Nathan; tutto questo viene mascherato da un misterioso cambio di
personalità con l’undicesimo maxi, Il fantasma, in cui la timida segretaria diventa un’infallibile e tecnologica ladra.Per motivare questa scelta, vine deciso che addirittura l’assunzione anni prima in Agenzia fosse una sorta di passaggio necessario per questa sua nuova vita; si tratta dell’ennesimo deus ex machina messo a disposizione degli autori, che non rinunciano nemmeno a stravolgere la cronologia della serie asserendo che un prozio di Janine avesse inventato un rivoluzionario parabrezza per motivarne la ricchezza, quando tale invenzione era stata tributata al dr. Detroit del numero 82, Il vigilante.Il trattamento riservato a Janine è solo uno dei tanti piccoli difetti che sta colpendo il Nathan Never, che soffre il cambio di gestione mostrando un apparente distacco dal canone classico con cui ha fatto breccia nel cuore dei lettori; storie come Inferno, Operazione Drago o Gli occhi di uno sconosciutonon sono presenti da troppo tempo sulle pagine di Nathan Never.La realtà è che anche nelle storie dell’Agente Alfa manca una guida che mantenga in linea le trame ed i contesti narrativi che hanno reso la serie un punto di riferimento per i fumetti sci-fi nostrani; personaggi che si comportano in maniera atipica, riciclo di storie già presentate come in occasione del primo Nathan Never Magazine o nell’albo della serie Agenzia Alfa Nato dal buio (in cui vengono messe diverse storie non usate in passato ed inserite apparentemente per non buttare del materiale) sono segni di come la cura per la serie ed il rispetto del lettore siano poco considerati.La speranza è che i segni di ripresi visti con Scacco matto e Arkadin il sicario siano i presupposti di una nuova rinascita per Nathan Never, in concomitanza con i festeggiamenti per i suoi 25 anni di onorata carriera; la Bonelli vuole festeggiare in grande stile, si parla di variant cover e miniserie, ma forse la giusta rotta sarebbe diminuire le uscite parallele (quasi ogni mese oltre all’albo mensile ci sono speciali, magazine o maxi) e concentrare la qualità delle trame in meno uscite, ma con un alto valore per gli affezionati lettori.Un ritorno a storie appassionanti e in linea col personaggio è la speranza di molti lettori di Nathan Never Il problema in casa Bonelli, a mio avviso, è il voler imitare un modello americano; il mercato, ma soprattutto i lettori, a cui si rivolge la Bonelli non ha molto in comune col modello americano a cui si vota una casa editrice come la Marvel. Se oltreoceano le miniserie funzionano e convincono, in Italia non paiono avere grande seguito; noterei anche come la Marvel non abbia mai avuto un buona reputazione per quanto riguarda il rispetto della continuity (ci sono più resurrezioni e ritorni a sorpresa negli X-Men che nella Bibbia o in Beautiful!), cosa che invece si è sempre apprezzata nelle testate Bonelli.
Infatti c'è come già dicevo nel mio precedente post , un imitazione passiva del modello Americano almeno nello svolgersi e nella struttura delle storie ( vedi ad esempio l'annuale o Speciale Dylan Dog da quest'anno la saga del Pianeta dei Morti: fatto secondo me per dare lo zuccherino a chi è appassionato delle storie di zombi e simili .
<< L’idea >> come fa notare nerdgate.it e che non condivido completamente << delle miniserie slegate da testate maggiori non era male, ci ha portato dei piccoli capolavori come Hellnoir ( letto a scrocco d'amici ) del duo Ruju-Freghieri, ma forse non è quello che i lettori italiani cercano ; collane di ottima qualità come Le Storie, o i Romanzi a fumetti possono , aver senso se visti come rivolti ad un pubblico occasionale o come test per nuove collane (come accaduto per la fortunata serie di Dragonero ). >>
La stessa idea di creare una serie e suddividerla in stagioni annuali (stile Orfani o Lukas) ha mostrato nonostante il carattere innovativo del primo ( totalmente a colori , struttura d'impaginazione delle tavole si sul modello americano della Marvel ma non passivo e acritico ) sul second non saprei l'ho preso il primo numero e il mio amico lo ha abbandonato dopo due numeri visto la mediocrità e l'americanata delle storie mostrerebbe una certa debolezza; nonostante abbia un discreto seguito specie , Orfani in origine ero la prima prova di una serie a colori in casa Bonelli, ma il numero di vendite non ha dato il risultato sperato.
<< La voce di corridoio è che le miniserie chiudano con la fine del quarto e conclusivo capitolo di Hellnoir, per poi presentarsi, probabilmente, nella nuova veste di volumi da collezione, sulla scia delle operazioni tentate con la riedizione del romanzo di Dragonero o la raccolta in tre volumi della miniserie Greystorm (quest’ultima un’operazione di marketing discutibile); personalmente ritengo sia difficile mantenere questa linea editoriale, perchè al momento il mercato dei fumetti è piuttosto tragico ! >>
Basti pensare che le vendite delle testate storiche sono in calo costante, e che le nuove serie lanciate (Adam Wild e Lukas ne sono un esempio) hanno una vita piuttosto breve; questo trend calante viene anche segnalato come un grido di allarme da grandi esponenti del settore, come Marcheselli, Manfredi o Serra. << In un contesto così complicato >> , come giustamente fa notare nerdgate.it << dove vengono sfoltiti i ranghi dei team creativi, ha davvero senso lanciare nuove testate ? Non sarebbe più opinabile concentrarsi sulle serie già note e apprezzate e dar loro maggior cura ? Da poco è stato immesso sul mercato un nuovo personaggio, Morgan Lost, nato dalla fantasia del visionario Chiaverotti; è innegabile il carisma e il fascino di questo nuovo eroe, ma riuscirà a far breccia nel cuore dei lettori? Personalmente adoro il modo distopico ideato da Chiaverotti e compagni, così come la personalità complessa e caleidoscopica di Morgan, ma la domanda, per quanto flebile e spaventata, mi arriva alle labbra : quanto sopravviverà ? >> . Già quanto durerà , non potevano integrare le tematiche di questi due ultime serie nell'agonizzante , lo seguo dal 1994 , Martin Mystere
alcuni fans in particolare questo su http://comicus.forumfree.org
Inviato il: Sabato, 24-Giu-2006, 12:30
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Asterix Gruppo: Members Messaggi: 946 Utente Nr.: 1676 Iscritto il: 21-Gen-2006 Città: |
sono un lettore della prima ora del buon vecchio zio Martin
e di conseguenza il mio parere può essere "di parte" tutti i primi numeri , ed io arriverei fin quasi al 200 , meritano di essere letti, poi purtroppo il declino è stato inesorabile, per quanto mi riguarda ho tenuto duro e sono andato avanti, sperando in un rilancio ,in qualcosa di "nuovo" fino al n.269 uscito due estati fà poi , mio malgrado ,ho gettato la spugna ,molto malvolentieri , ma forse è giusto così , non volevo "rovinare" con le ultime letture il bellissimo ricordo degli altri volumi letti in passato ( cmq. è anche un fattore naturale , ha già "dato" tanto ) in ogni modo non posso che ringraziare in primis Alfredo Castelli , e a seguire tutti gli Altri tra sceneggiatori e disegnatori per avermi regalato delle bellissime e straordinarie letture e, per tornare alla storia che mi è piaciuta di più ( anche se è dura segliere ) direi : La setta degli assassini ( n. 88/89/90 ) i disegni di Roi sono da pelle d'oca, solo l'inizio : monastero di citeux imbiancato nella notte da una nevicata, anno 1119 basta , che mi stò commuovendo |
tanto coinvolgente all'inizio quanto noioso ora. dovrebbero avere il coraggio di 1) chiuderlo, è troppo tempo che le storie sono altalenanti ed in alcuni casi pessime, così come la maggioranza dei disegni. tutti i disegnatori talentuosi dopo pochi albi vengono dirottati su altre testate (casertano, roi, villa, freghieri, filippucci solo per citarne alcuni). 2) sfidare come ha fatto recchioni con orfani i tabù imposti dai vertici Bonelli che costrinserro Dylan Dog a cambiare rotta vedere il'accenno nel n 69 o le polemiche se ne discusse sul gruppo di yahoo ayaaah e sul news groups it.arti.fumetti.bonelli del compromesso sul primo numero di dampyr. Oppure un autore che lo dice pubblicamente senza giri di parole o giustificazioni varie. ecco uno stralcio di una mail di paolo morales, talentuoso scrittore di martin mystere, che è stata pubblicata sul forum di agarthi qualche " lustre " fa con il suo consenso. :
"Ti farò una confessione, Aldous: se c'è una cosa che non sopporto sono le censure e le autocensure che vigono alla Bonelli, perché ci sono una quintalata di temi, frasi e situazioni che sono (diventati) tabù... Almeno nel web, lasciamoci un po' di libertà".
prendo come spunto e magariapprofondendo le trasmissioni di voyager ed affini ed affrontare tematiche come i misteri della sindone ed affini .
La Bonelli, per darvi un’idea, ha da sempre un mercato estero forte nei Balcani, specialmente in Serbia. Ultimamente proprio dalla Serbia, quando esce un nuovo prodotto, vengono chieste dai lettori garanzie sulla durata e il prezzo dell’albo, in modo da capire quanto esborso richiederebbe un’eventuale collezione e sopratutto se iniziare ad accollarsi una spesa che potrebbe terminare bruscamente; questo accade nel mercato nostrano, basti pensare al costo di un albo Bonelli e al suo potenziale mercato dell’usato. Le grandi saghe americane (Civil War, Guerre Segrete, Knightfall, Red Son) hanno ancora oggi un discreto costo, ma le serie Bonelli hanno dei prezzi piuttosto bassi, il che non invoglierebbe un acquisto in ottica di investimento.
Ora è qui sono d'accordo in toto con quanto dice nerdgate.it
(....)
UNA MINORE DISPERSIONE DEI TEAM CREATIVI E UN IMPATTO PIÙ GESTIBILE SULLE TASCHE DEL LETTORE POTREBBERO AIUTARE LA BONELLI AD USCIRE DA QUESTO PERIODO BUIO
Il parere del sottoscritto è che la Bonelli può ancora invertire questa tendenza, ha molto da offrire al fumetto non solo italiano ma anche mondiale. La strada per la salvezza potrebbe essere quella di puntare inizialmente sui lettori storici, quelli legati alle serie di punta della casa editrice, ringraziandoli del fedele sostegno con storie all’altezza dei personaggi che tanto amano; è accettabile che dopo tanti anni di vita editoriale ci sia un lieve calo nelle trame, ma questo può essere ovviato tramite un attento programma di assunzione di sceneggiatori validi e con idee forti, anche gettando un occhio oltre i confini, tentando collaborazioni eccellenti ed importanti con maestri del fumetto. Allo stesso modo andrebbero limitate le uscite parallele all’interno delle serie, in modo da non disperdere il capitale creativo e al contempo non allontanare lettori che potrebbero spaventarsi di fronte ad una crescente spesa per seguire la continuity del proprio eroe (la crisi c’è per tutti, d’altronde): il credo della Bonelli deve essere “più qualità, meno quantità”, l’obiettivo riconquistare in primis la fiducia e il sostegno dei fan storici.
(...)
Concludendo questo lungo post .
Il declino si può arrestare , ci sono ancora un po' di margini , sempre che la Bonelli ci metta mano e non si concentri solo sul progetto d'Americanizzazione ( perchè va bene portare nuove fette di lettori specie queli appassionati al genere Marvel e simili ) si potrà evitare il declino sempre più prossimo Ci sarà anche spazio per nuovi personaggi e nuovi progetti, ma non ora; se proprio si volesse tentare un qualcosa di nuovo, personalmente rimetterei in sesto i Romanzi a fumetti, che oltre a dare vita a Dragonero (l’unico nuovo personaggio fin’ora valido) . e integrerei Orfani in Nathan Never magari facendo una storia in cui le origini dell'agenzia Alfa derivi dalle vicende narrate nelle prime tre saghe di Orfani . Fumetti che avevano anche presentato storie interessanti, sai in un’ottica di volume one-shot che come apripista per nuovi personaggi (come vorrei vedere una serie su Sygma!).
Per ora la situazione è dura e complicata, ma dopo anni che seguo direttamente e indirettamente la Bonelli e i suoi personaggi voglio credere in loro, nella passione e nella professionalità che ha da sempre contraddistinto la casa editrice di ( non somno in ordine cronologico ) Mister No, Martin Mystère, Zagor, Dylan Dog, Nathan Never, Tex e tanti altri eroi che hanno accompagnato i nostri sogni di adolescenti e continuano ancora oggi a regalarci qualche emozione. ed arricchimento culturale