18.6.16

arancia meccanica di matteo tassinari


Arancia meccanica
Il film "Arancia meccanica" è stato, è, e rimarrà, sempre una fonte inesauribile di contraddizioni
        di Matteo Tassinari
Nonostante molti critici l'abbiano letto come la più lucida analisi in forma di film sulla violenza e sull'aggressività dell'essere umano - quindi, non certo come un'opera a favore della violenza. Qualche anno fa lo stesso Stanley Kubrick decise di ritirarlo dalla circolazione in Gran Bretagna, impressionato dai fenomeni di imitazione che suscitava, effettivamente furono numerosi.
Persino in Italia una gang di malviventi romani, ribattezzata "banda dell'"Arancia meccanica", e curiosamente su di loro è appena uscito un film, “L'odore della notte” di Claudio Caligari. Oggi, a distanza di oltre 25 anni dalla sua uscita, la contraddizione più curiosa a proposito di "Arancia meccanica" riguarda la sua modernità. Girato all'inizio degli anni '70, il film immaginava un'Inghilterra appena appena futuribile, quindi un'epoca che lo scorrere del tempo dovrebbe aver superato (diciamo, con azzeccata approssimazione, gli orribili anni '80?).
 Gli orribili anni '80?
Ebbene, a rivederlo oggi, non solo nemmeno un'inquadratura del film appare "invecchiata", ma quel senso di futuro imminente è ancora tutto lì, anche nelle cose più "deperibili" del cinema (gli abiti, gli oggetti, gli stili, i comportamenti).

Senza essere postmoderno, Arancia meccanica è ancora quanto più di "moderno" si possa vedere al cinema. Forse l'unica cosa invecchiata di Arancia meccanica è l'immagine in cui Alex De large, il protagonista, si accinge ad ascoltare la Nona di Beethoven infilando una musicassetta nel registratore. Oggi userebbe un ed! Ma è attualissimo sia l'uso che Alex fa di Beethoven - una sorta di spinta adrenalinica all'azione, all'ultraviolenza - sia l'uso che ne fa il film, le rielaborazioni in chiave elettronica.
Quel che resta di Alex
E certo è curiosissimo, alla vigilia del 2000, osservare 1'anticipazione che Arancia meccanica ha operato nel campo della moda, dagli anfibi che indossano Alex e i suoi "drughi" a certi abiti dandy e new romantic che Malcolm McDowell (lo straordinario, e mai abbastanza lodato, protagonista) sfoggia quando non è in divisa da teppista. Per non parlare dei folli vestitini della mamma di Alex, la brava attrice Sheila Raynor, che scimmiotta il kitsch delle vecchie americane. C'è già la globalizzazione, e questo potrebbe essere il messaggio finale del film.






 Karasciò,
Devocka, Coshia
In questo senso, forse non è un caso che Alex e i suoi "drughi" (ma anche altri personaggi) si esprimano in un bizzarro slang anglo-russo, che per altro deriva direttamente dal romanzo di Anthony Burgess, grande creatore definiti "Cocktail linguistici", accozzaglie di glossologie e ammassi di mescolanze.
Per intenderci, la parola "karasciò", che Alex e soci usano di continuo è il vocabolo russo per "bene" (anche se in inglese Burgess scriveva "horror show", facendo assonare il termine russo con un neologismo inglese che significa, più o meno, "spettacolo orribile") e così "devocka" è la parola russa per "bambina", "drug" vuol dire "amico" e “coshia” e la Durango 95 che filava molto "karaschò", con "piacevoli vibrazioni trasmesse al basso intestino. Ben presto alberi e buio fratelli, vero buio di campagna. Folleggiammo alquanto con altri viaggiatori della notte da autentici sbarazzini della strada, poi decidemmo che era ora di eseguire il numero visita a sorpresa. Un po' di vita, qualche risata e una scorpacciata di ultraviolenza" è il pensiero di Alex.
Devocka
Anche questi giochi di parole hanno affascinato Kubrick, che aveva giocato con la lingua russa (ignoriamo se la conosceva, ma certo l'amava) nel Dottor Stranamore, dove il premier sovietico si chiamava Kissoff (da "kiss", bacio) e il suo ambasciatore aveva il pazzesco cognome di De Sadesky! Ma, al di là dei calembour, è affascinante rievocare come Kubrick decise di fare in Arancia meccanica, subito dopo il trionfo di “2001". Era la fine del 1969 quando Kubrick chiamò a New York con lo sceneggiatore Terry Southern, con cui aveva già lavorato in "Stranamore", chiedendogli: "Ti ricordi quel libro di Anthony Burgess che mi avevi consigliato? L'ho letto, ed è stupendo!". Era proprio ai tempi della produzione di Stranamore che Terry Southern non era rimasto colpito dal romanzo, ma per l'interesse di Kubrick per Burgess era, ora, una novità, una felice novità per Southern.



I critici? Sempre
alla gola o ai piedi
Alla fine del '69, Kubrick era uno dei registi più potenti del mondo sul piano contrattuale, poteva dire e chiedere qualsiasi attore che tutti accorrevano per partecipare ad un lungometraggio di Stanley Kubrick, meglio conosciuto come regista innamorato della Perfezione, mentre con "2001" stava realizzando guadagni ingenti, inaspettati per il tema del film. Inoltre, tutti nell'ambiente sapevano che Stanley stava covando un progetto altrettanto ambizioso. Già dal '67 aveva sguinzagliato assistenti in tutta Europa per raccogliere materiali e informazioni di qualunque tipo su Napoleone.
Napoleone
Era in preparazione, per farla breve, un kolossal storico sul grande corso dell'Imèperatore francese, con Jack Nicholson già in parola per il ruolo da protagonista e l'intero esercito rumeno (quello di Ceausescu!) prenotato per ricostruire le battaglie di Jena, di Austerlitz, di Waterloo (pare che la Romania fosse l'unico paese dove 50.000 comparse erano disponibili a prezzi ragionevoli).
Insomma, il generale Kubrick si accingeva a portare sullo schermo il generale Bonaparte, ma le dimensioni del progetto divennero ben presto eccessive persino per lui. “2001”, gli era costato 5 anni di lavoro e Kubrick non aveva, allora, i ritmi "decennali" di dopo. 

Malcolm McDowell
Abituato a "smentire", con ogni suo film, il film precedente, passò repentinamente dal progetto su Napoleone a un'opera agile, da girare nel raggio di pochi chilometri dalla sua casa di Londra, con una troupe ridotta e con pochi attori, senza scene di massa. Dal punto di vista produttivo, infatti, "Arancia meccanica" fu un "piccolo film", E Malcolm McDowell non era ancora una star: aveva esordito solo due anni prima in un film straordinario di Lindsay Gordon Anderson, imponendosi come una forza della natura nel panorama del cinema britannico dalla presenza e l'esuberanza di un americano.
Capolavori mai nati
Se Napoleone è rimasto, ahinoi quasi sicuramente, il grande "film non fatto" di Kubrick, come la Recherche per Visconti e il Viaggio di Mastorna per Fellini e in letteratura il libro sul “Nulla” di Gustave Flabeurt, il passaggio dall'affresco psichedelico di 2001 alla favola grottesco-satirica di Arancia meccanica appare, a posteriori, del tutto giustificato.
Sul set di  "2001: A Space Odyssey"


CONTROLLO UMANO





















In “2001” il futuro dell'uomo era stato affrontato in una chiave a metà fra il mistico e lo scientifico. Ora lo si narrava in chiave sociale, dopo che già “Il dottor Stranamore” apparteneva al genere del fantapolitico. E se “2001” aveva un finale aperto, “Arancia meccanica” chiude l'uomo in una visione deterministica, in cui il controllo politico sulla violenza si traduce in un controllo tout court delle istituzioni sull’uomo.
Infatti, quando si analizza il fascino di Alex e dell'ultraviolenza nella prima parte del film, quella più spettacolare e indimenticabile, non si dovrebbe mai dimenticare la fine che fa Alex nella seconda, quando viene sottoposto al potente condizionamento medico-psicologico per renderlo inoffensivo e ridurlo ad una larva. Se è vero, come ha acutamente osservato Enrico Ghezzi nel "Castoro" dedicato al regista, che tutto il cinema di Kubrick è idealmente compreso nell'inquadratura di “2001” dove l'osso, scagliato in aria dalla scimmia che l'ha appena usato come un'arma mortale, si trasforma in astronave… se è vero questo, e noi pensiamo che lo sia, Alex è il vero erede della scimmia.
"2001: Odissea nello Spazio", l'osso usato come arma
Così parlò Stanley
È un uomo "libero" che segue le sue pulsioni. Queste pulsioni portano alla violenza e alla ferocia. La società si illude di redimerlo, poi si accontenta di controllarlo e, chissà, di usare quella violenza per i propri scopi. Se ricordate l'inquadratura della scimmia, vista dal basso, mentre maneggia l'osso per uccidere, la ritroverete quasi identica nell'impressionante immagine di Alex - ripreso al rallentatore, proprio come lo scimmione - che sfodera il coltello per ridurre all'obbedienza i drughi ribelli. Similitudini fra un film e l'altro per un "discorso" mai concluso.
Là c'era il “Così parlò Zarathustra di Strauss, qui c'è l'ouverture della Gazza ladra di Rossini. Musiche vitali, esaltanti, appassionate che Kubrick usa con maestria per commentare immagini in cui l'uomo si osserva e scopre la propria natura ferina. Per inciso, “Arancia meccanica” è il film che ha insegnato a usare la musica a tutta una generazione di cineasti. Un film da vedere, da sentire, da studiare, da conservare. Il miglior viatico per entrare, sotto braccio al cinema, per il suo futuro.

breve storia di tutto di matteo tassinari

reve storia di tutto


         di Matteo Tassinari
A differenza dell'Inghilterra, dove i giovani iniziarono ad identificarsi con gruppi di riferimento dai codici e stili propri, ma privi di una visione politica, in America tutto si muoveva in sintonia con la scoperta delle religioni orientali, viste come alternativa politica al modello occidentale. Cominciò tutto con l’impegno politico vero nel rifiuto della guerra in Vietnam, questa era la causa principale che animava migliaia di giovani non solo in America ma in tutto il mondo. Proprio quando si scoprì che tanto la vita è un lampo tra l’oscurità del nulla e quella della bara, come dice Giovanni Soriano in "Finché c'è vita non c'è speranza".

 Stili di vita
Nel 1965 il regista Premio Oscar David Miller, bruciò per protesta la sua cartolina di richiamo alle armi, gesto simbolico che da quel giorno fu ripetuto migliaia di volte da altrettanti giovani fino a farlo diventare un atto dovuto per chi voleva cambiare il mondo con un piccolo ma reale gesto e personale che coinvolgesse milioni di giovani per dare un segnale di movimento, di voglia di cambiare musica. Il segnale venne dato, ma non fu ascoltato. Addirittura in grandi falò pubblici vennero ripetuti, in vari punti degli Stati Uniti, di pari passo con il rifiuto dello stile di vita di una società che non produceva altro che inquinamento e materiale bellico, senza contare la contro parte.
America New Lelt
Attraverso il Movimento pacifista giovanile, nel quale un'anima antimilitarista conviveva a fianco di settori più decisi, pronti e all'erta per la guerriglia urbana, si cercò di bypassare tutti codici delle università per evitare la polizia e forze dell'ordine. La protesta entrò nell'arena politica dando spazio alla New Lelt, pagando più tardi un dazio salatissimo. Un clima sociale surriscaldato spinse gruppi come i Doors, Jefferson Airplane, Country Joe & The Fish, oltre l'utopia, l'avanguardia della svolta politica a ritmo di musica, mutando il linguaggio, il vestire, il vedere la vita e l'incontrarla. Tutte moine per nascondere molto, tanto, troppo narcisismo fino ad oltrepassare la soglia terribile delle banalità e rendersi ridicoli agli occhi del mondo e del Creato. Non è una sconfitta alla Gaber, ma uno squallore alla Squallor!
Il clima surriscaldato, spinse in 
alto, ma molto in alto, pure
troppo, molti artisti
Stella alienata
Dalla pittura alla Graffit-Wall alla Writer Dance Music World, dalla musica alla letteratura, dalla poesia alle manifestazioni creative, pareva davvero che il mondo si muovesse sotto i piedi. Penso che nessuna gioventù abbia vissuto un momento così alto e insicuro, vertiginoso, visionario, come ambiguo e perverso.
In una figura: "amleticamente enigmatico". Oppure pirla che si volevano divertire un pò, privati, chissà da chi, della creatività, dono speciale riservato solo agli illuminati, il resto è solo spuma sgasata, piscia... Vigliacco colui o colei che nega questo! Guai! Ma lasciamo perdere... Le prime band a comporre e cavalcare l’onda della protesta a San Francisco furono i Doors con la stella folle dal cognome Morison, Jefferson Airplane con la formazione fissa del Matrix del 1965, The Fish, Bob Dylan e Leonard Cohen nella maniera più anarchica possibile, con molte attenzioni a non mettere i piedi nella furiosa lotta per non sporcarsi i mocassini lucidi a nuova e comprati alla Sholden English, quasi un paggetti rimbaudiano.
L'onda che  monta
Sull'onda del Movimento californiano, in tutti gli Usa si moltiplicarono manifestazioni in tutto lo stato e poi in tutto il mondo. "Esterina, i ventanni ti minacciano, grigiorosea nube, che a poco a poco in sé ti chiude. Ciò intendi e non paventi". (Eugenio Montale). La lisergia di una ballata può fottere o far male. Ti può andare bene una volta, ma prima o poi arriva,  fatale, ed è un casino apparente e reale. Nessuno vorrebbe essere fra l'incudine e il martello quando la sostanza del quiquibus, e Lsd! Troppe, ma dico veramente troppe, anime rubate, sventole, (sberla), t'arrivano senza conoscere il mittente al cervello, fino alla frittura mista come si fa con il pesce al cartoccio.
Quietismo
Hippies

Negli anni tra il 1965 e il 1967, si sviluppò il più grande movimento giovanile di massa che la storia avesse mai visto, movimento che legava sotto i simboli dei Movimenti Hippies, dei poeti della Beat generation e dei musicisti di quell’area culturale. In quel momento, il quietismo degli hippies è all'improvviso soppiantato dalla volontà rivoluzionaria degli yippies.
Iniziano scontri a san Francisco, Tim Leary vuole riempire di Lsd l'acquedotto di Los Angeles, I Jefferson che creano, forse anche senza volerlo, un movimento di allucinati che si sbrandellano il cervello con potenti misture lisergiche e il mondo è disciolto in una pozione di Lsd25. Come l’America, un poema ai nostri occhi, solo per la sua ampia geografia, capace di abbagliare l’immaginazione, perché in America l’unico peccato è porsi dei limiti. "Dove vai, tu, America, la notte, nella tua macchina scintillante?" (Jack Kerouac). In defintiva, l’America è un errore, un gigantesco errore che condiziona la vita di tutti i popoli, ricchi e poveri, comunisti o fascisti.

Un look minaccioso
Un’intera generazione che pretendeva un mondo diverso, per arrivare al punk, capirai che aspirazioni. Un po’ misero come risultato, fatto che fino a quel momento le nuove mode musicali non avevano intaccato il fondamentale meccanismo del consumismo. Avevano caso mai sostituito vecchi meccanismi con nuovi, visto che qualcosa si doveva pur fare. Come morire, ma i morte lenta, caro Faber.
I giovani avevano scoperto una propria zona esclusiva in cui coltivare stili di vita, abbigliamento, tempo libero, divertimento, ma sempre all'interno di un ben radicato meccanismo di consumo. Per la prima volta, invece, gli hippies mettono in discussione la logica stessa del consumismo.
Il look "straccione", diventato poi fatua espressione di moda, era all'inizio il segno di una minacciosa rivolta contro i valori della società capitalista. La povertà, la semplicità, la vita fuori dalle metropoli, o addirittura la vita in comune, ispirata a una sorta di primitivo e radicale socialismo, erano una lacerante ferita inferta all'America dell'espansione imperialista. La potenza di questo messaggio fu amplificata dal fatto che, come mai era successo prima, analoghi desideri circolavano più o meno in tutto il mondo, in una nuova sintonia che superava distinzioni geografiche e culturali. Tanto ormai il nichilismo l'abbiamo già alle spalle, di fronte abbiamo il nulla.


E il movimento?
Era un'altra anima
Foto dal tempismo perfetto
Importantissima quanto profonda, anzi spesso decisiva, nei momenti più intensi della rivolta. A Berkeley si sviluppò l'ala "politica" del movimento, dapprima con il Free Speech Movement, che adottò la tattica della disobbedienza civile per lottare contro i metodi d'istruzione delle scuole e delle università, contro l'asservimento delle stesse università all'industria militare e, soprattutto, contro la guerra in Vietnam, predicando una "lotta politica
emotiva", fantasia poetica e fratellanza. Esibivano il loro stile di vita alternativo, per molti versi simile a quello degli hippies, nella quotidianità della vita urbana, con l'intenzione di fare della propria esistenza personale una testimonianza politica. 
L'obiettivo era quello di porre l'intera America "in acido", ovvero deridere la società, per così dire, "normale" con surreali dimostrazioni pubbliche (famosa la distribuzione gratuita di denaro nella Borsa di New York) con lo scopo d'innescare una vera e propria rivoluzione permanente. Jerry Rubin fu l'elemento di spicco del movimento "politico" californiano, l'organizzatore del Vietnam Day Committee, guida del movimento.
Cervelli      soffiati
Come cantava Jim Morrison “Vogliamo il mondo” e lo volevano veramente, e subito! C'era molta ignoranza sugli effetti delle droghe. Da qui si possono notare gli effetti collaterali in quanto ancora si provava e basta, non c'era informazione Lsd, Morfina, Cardiostenolo, 0,1, liquidi dai colori tropicali. Buttavamo giù di tutto e tutti insieme ma anche da soli, senza preoccupazione convinti che ogni droga potesse dare solo benessere.
E invece... Gli stadi di paranoia dovute all’assunzione soprattutto di effetto droghe allucinogene, che sul momento dell’azione ti porta sulle ali di Icaro, ma quando l’effetto finisce la fatica è trovare un aeroporto aperto con la pista d’atterraggio sicura e illuminata, in quanto l'atterraggio poteva avvenire anche di notte. Vorrei sapere a quanta gente l'Lsd ha soffiato il cervello, ma queste sono le cose che non si sapranno maio, come gli autori della strage di Ustica!
Avendo      provato
quasi     tutte
le droghe in circolazione, quindi conoscendo non per sentito dire ciò che scrivo, posso dare un giudizio certo e attendibile: Lsd è tra le droghe più devastanti della terra. E' un dolore inspiegabile, metafisico, perché quel che vedi e senti, lo vedi e lo senti solo te e questa immensa solitudine scombussolerebbe la psiche di chiunque, devastandola. Attenzione alla chimica di adesso, è facile incontrare un meccanico che fa di suo l'MDMA o presunta Perfettina. Un'autentica bomba ad orologeria, può andar bene, come può andar male e cadere in stati di paranoia più o meno potenti. 


Per questo       viene chiamata
la droga dei poveri e spesso sono gli adolescenti a consumarla, non c'è nulla di così atroce come le frasi comuni legate al modo popolare di giudicare il drogato, uno sconcio autentico. Intanto il Movimento procedeva a passi da gigante, spinto e sospinto non solo perché i giovani conobbero la droga, ma perché gli stessi giovani implicavano motivazioni più che oneste e sincere alle loro lotta, senza interessarsi di quei periodi e problemi causati da queste sostanze spesso alterate da altre sostanze: il crack è sempre all'erta. Ma erano esausti della cosiddetta cultura conservatrice, tant’è che i giovani che si misero alla ricerca di altre culture o religioni, divenne un fenomeno e spesso con conseguenze anche drammatiche.
Parlare del bene
 e del male 
La vecchiaia oggi è un argomento quasi tabù e paradossalmente innaturale agli occhi della nostra società dell’efficienza a tutti i costi. Non a caso troviamo pubblicità che incitano a “non puoi permetterti di invecchiare”, e a questo ci pensa soprattutto la chirurgia estetica e i numerosi personal trainers che cercano di scolpire muscoli “che non si devono afflosciare” di persone più o meno mature.
A parlare, nel bene e nel male, di questa stagione che fa parte della vita di ognuno di noi, oltre alle trasmissioni televisive di grande audience che tendono a considerarla d’impiccio e di impaccio, ci sono due autori cinematografici che hanno coraggiosamente trattato questo tema ironico e cinico, i Coen e Scorsese, ma questi sono dettagli, perché la mia generazione ha perso, per dirla con Gaber, e la giovinezza, spesso, non è vero affatto che sia un’età felice. Eppure c'è chi dice che ogni ora perduta durante la giovinezza è una possibilità di infelicità per l'avvenire. Dunque?

L'EQUIVOCO di © Daniela Tuscano da Il Tulipano - Il Web Magazine indipendente

Su una definizione, almeno, le testate occidentali concordano: Thomas Mair, l'assassino di Jo Cox, è un "pazzo", uno psicopatico, un asociale. Detto altrimenti: malgrado i legami ormai acclarati con gruppi neonazisti, pro-apartheid e anti-Ue, il cinquantenne che ha crivellato di pistolettate (tra cui una in faccia) la deputata laburista e poi, non sazio, ne ha smembrato il povero corpo con un numero imprecisato di fendenti, viene derubricato a episodio, inserito a forza nella categoria dei casi clinici e privato, diremmo denaturato, del suo brodo di coltura. Diversamente dagli Abballa, dagli Abdeslam, dai Mateen, solo per citare gli autori delle ultime stragi nazislamiste, Mair non rappresenta che sé stesso, la sua alienazione e la sua miseria. Questa la narrazione mediatica. Mair come Breivik, due fulminati. Fermi lì. Se non fosse per un trascurabile dettaglio: lo scempio operato dal primo e la mattanza del secondo nulla hanno da invidiare agli sgozzamenti e alle stragi di Daesh e relativi epigoni.
Eppure, li si valuta in modo assai diverso. Per la stessa logica che ha portato a sentirsi Charlie ma non Garissa, o la Siria, o l'Iraq. La Torre Eiffel ha indossato i colori del Belgio ma non del Pakistan. È la stessa logica che, nella sua illogicità, pretende pure d'aver ragione: i morti non sono tutti uguali. E lo proclama apertamente: quelli di Parigi o Bruxelles rappresentano le conquiste della democrazia, della libertà e della laicità; assurgono a simbolo, trascendono il loro corpo. Gli altri vi restano ancorati, nell'insensato disfacimento senza nome, nemmeno abitanti bensì indigeni - come s'indicavano un tempo i popoli colonizzati - di luoghi dove la guerra è pane quotidiano, fattore biologico. Insomma: vi sono abituati...
Mentre qui, nella culla della civiltà, scoppiano al massimo episodi di "follia". Così tutto s'accomoda, anzi, non c'è nulla di rotto. Si ragiona in termini di numeri e statistiche. Chi osi avanzare obiezioni viene immediatamente tacciato di disfattismo o - accusa ben più temibile - di "buonismo", che declinato altrimenti indica intelligenza col nemico. E i cattivisti, che in questo periodo vanno molto più di moda, stanno all'erta, pronti a sommergerti con sarcasmo belluino: "Se ti piacciono tanto, prova tu ad assaporare la Sharia o le dittature mediorientali! - (le medesime, accennato "en passant", con le quali i cattivisti di cui sopra stringono fruttuose alleanze e lauti affari) - Noi siamo l'Occidente, noi siamo l'Europa".
Già, ma quale Europa? Non quella di Jo Cox, che è poi l'unica per cui vale la pena di vivere e morire, l'unica per cui il sacrificio non sarebbe vano. L'Europa dell'umanesimo ricordata da papa Francesco e non quella delle banche e delle multinazionali, delle guerre e dello sfruttamento. L'Europa dei diritti, della laicità, delle libertà, certo! Ma per ognuno, sennò si chiamano privilegi. Ma senza disprezzare l'umanità altrui, sennò si chiama razzismo. L'Europa delle donne e delle minoranze, che dà un senso al nostro orgoglio, l'Europa che non cambieremmo per nulla al mondo - tantomeno per la Sharia. Ma è esattamente questa l'Europa ripudiata dall'europeo Mair. È esattamente questa l'Europa che l'europeo Mair ha inteso spegnere nel minuto e combattivo corpo di Jo Cox. È esattamente in spregio alle libertà e ai diritti che l'europeo Mair ha infierito sulle membra di Jo, con un accanimento pari solo al suo odio.
Ma non sono forse gli stessi obiettivi dei jihadisti? E quell'urlo farneticante, "Prima la Gran Bretagna", cos'ha di diverso dall'"Allahu Akbar" del terrorismo blasfemo (mutuato da quell'altra empietà, anch'essa europea. "Gott mit Uns")?
Ritenere quest'ultimo tara ereditaria d'una religione, d'una cultura, d'interi popoli, e il primo il mero frutto d'una mente insana, dimostra cecità etica oltre che intellettuale.
L'odio non è questione di numeri o di percentuali. Di qua poco, di là tanto. L'odio è sempre "troppo". Ed è estremamente razionale.
Il pensatore argentino Silo, nel lontano 1994, preconizzava: "Il pensiero perderà la sua capacità d'astrazione, che verrà rimpiazzata da una forma di funzionamento analitico passo dopo passo sempre più conforme al modello informatico. Si perderanno le nozioni di processo e di struttura, per cui la produzione intellettuale si ridurrà a semplici studi di linguistica e di analisi formale. [...] Ma proprio allora l'antica speranza di uniformare tutto nelle mani di un solo potere svanirà per sempre. In quella notte della ragione, in quella stanchezza della civiltà, avranno campo libero i fanatismi d'ogni genere, la negazione della vita, il culto del suicidio, il fondamentalismo nudo e crudo. [...] Risorgeranno i localismi e le lotte etniche, e i popoli dimenticati si riverseranno sui centri di decisione come un uragano...".
Il motivo per cui non si comprende, o si valuta superficialmente, l'uccisione di Jo Cox è precisamente questo. La tecnologia ha soppiantato il pensiero, ma i fanatici, orfani di pensiero, ragionano benissimo.
Quello di Cox non è però stato solo un assassinio politico, la distruzione d'una filosofia: è stato anche un femminicidio.
Cox sarebbe stata uccisa anche se uomo, certo; di fatto, però, si trattava d'una donna. Una donna simboleggiava il progresso, un uomo la reazione più feroce. Una si batteva per un'Europa umanista, uno l'ha atterrata; come quei mariti, fidanzati, amici che non sopportano la libertà delle loro compagne. È un delitto politico, ma anche sociale, antropologico. Incarnatosi in un incubo: quello dei muri, delle chiusure e delle separazioni. Del possesso. Dell'egoismo. L'incubo d'un piccolo austriaco vissuto un centinaio d'anni fa, pericope del patriarcato violento.
La cui "Bibbia" - non commentata e riedita nell'edizione del 1934 - è stata regalata dall'identico quotidiano che ieri ha pubblicato il titolo a tutti ormai noto. Operazione di marketing perfettamente riuscita: è sufficiente parlarne! Per chi ripone la propria divinità nel guadagno, poi, tutto rientra nella norma. E risulta oltremodo divertente dato che si tratta di soggetti particolarmente invisi a chi dirige quelle pagine.
Ci si è sdegnati per l'apertura, ma pochi, credo, hanno badato ai due articoli di taglio basso intitolati rispettivamente "La patria della minigonna mette il burqa alla bellezza" (riferito alla decisione del neosindaco musulmano di Londra d'intervenire sulle pubblicità sessiste) e "Ma quelle superdonne ci rovinano la giornata", a mo' di commento. Entrambi, uniti al servizio principale, la dicono lunga sulla visione delle donne - anzi, della donna - da parte del "Giornale": essenzialmente un oggetto decorativo per il sollazzo del maschio (chi non ricorda, del resto, le intemerate pro-Berlusconi?). Per "Il Giornale", la "donna" è sempre e comunque "donna": e non per esaltarne le peculiarità morali e intellettuali o la sua completezza di persona, ma al contrario per ricondurla nei ranghi: mai e poi mai avremmo letto, nemmeno per un avversario politico, "Tre colpi di pistola contro un uomo". Ma la donna, secondo "Il Giornale", è donna o meglio femmina, faccia la femmina, non s'immischi in politica - se poi milita nella sponda opposta, apriti cielo... - o nella letteratura, o nell'arte, sport, scienza. Suo scopo è compiacere l'uomo - quello e basta. Almeno in gioventù. Perché non va neppur dimenticato che lei è "a scadenza", il maschio no.
Naturalmente ora fioccheranno i distinguo, le irrisioni verso chi ha frainteso, quando come minimo quel titolo meriterebbe uno zero in italiano; ma un dieci in ambiguità: i protagonisti sono infatti divenuti i tre colpi di pistola, e parrebbero quasi i salvatori "contro una donna" che, fra l'altro, si opponeva alla Brexit (sostenuta con forza dal "Giornale").
Se poi si pensa che un titolo simile esce in un periodo squassato da un'ondata di femminicidi senza precedenti, una coltre di ghiaccio cala sul cuore.

                                        © Daniela Tuscano  da Il Tulipano - Il Web Magazine

odio i tormentoni ma ... quando meritano . il caso dell'amore merita di Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro e Roberta Pompa

Di solito odio i tormentoni  , ma  quanndo sono belli  e  d'ottima fattura    testo e  ritmo   indipendentemente dal genere  musicale  , preferisco  lasciarmi  prendere  d'essi  .  Un altro tormentone  oltre quello  che  ho usato qualche  giorno fa per  rispondere    alle  consuete  domande  che mi vengono rivolte   nonostante le  FAQ    ( d'amore  e  altre cose  irreversibili di floriana  cangiano   in arte  flo  )  ce n'è   un altro   (  l'amore merita  )   di  cui  ho posto sempre  qui    su queste pagine   il video  .
Tale  canzone mi è piaciuta   parecchio  e chi mi conosce sia  da  vivo  sia  in rete  e  sui social   sa  che al  90 %  detesto   e trovo insipide  le  canzoni e i cantanti fuori uscite  dai  talent  ma  stavolta  devo ricredermi  . Infatti nonostante  il genere  musicale  il testo  è bellissimo   ed  ottima  ( parlo da profano  non avendo ne  fatto  uno studio serio . nè  a  scuolanè privatamente   e poi  ho un pessimo udito   ) l'interpretazione vocale  di questa  canzone





 soprattutto conoscendole  l'origine e lo  scopo


L'amore merita: intervista a Simonetta Spiri... di funweek

<< L'amore merita è un progetto >> come hanno dichiarato le  ragazze   ,oltre     che  nel  video  sopra ,   in questa  intervista   rilasciata  a  fanpage   <<     nato in un momento importante dopo la confessione di una carissima amica che mi ha raccontato le sue sofferenze e il suo percorso di vita tortuoso e incompreso da parte della sua famiglia e dei suoi amici. La sua storia e la sua voglia di affidare a me questo tipo di sofferenze mi ha dato una forte ispirazione per mettere in musica questa storia. In questo momento dell'Italia era importante portare una tematica del genere' dice Simonetta Spiri ai microfoni di Fanpage.it, la quale spiega anche come nasce l'idea di chiamare le tre amiche: 'Ho pensato che una voce non bastava, ma avevo bisogno di voci più forti, diverse ma unite, quindi ho chiamato Roberta, Greta e Verdiana e oggi siamo qui con L'amore merita' >>
Con tale  canzone  tornano, questa volta assieme, Simonetta Spiri, Greta Manuzi, Verdiana Zangaro e Roberta Pompa, quattro cantanti che hanno in comune un passato nei talent (tra Amici e X Factor) e che si sono unite per un progetto comune che unisce la musica a un messaggio sociale. le quattro cantanti, infatti, sono dietro al progetto de 'L'amore merita', una canzone che parla dell'amore universale, senza confini e che è uscito in concomitanza con il decimo compleanno di "Gay Help Line", contact center antiomofobia e antitransfobia.
Un progetto quindi  che ricorda i 10 anni di 'Gay Help Line' e che cade a fagiolo in un momento molto caldo per l'Italia  vedere le manifestazione della nuova maggioranza  sdilenziosa  \  familiy day    contro a legge  cirina  e  i ricatti a  cui   si  è dovuta piegare perchè fosse stata approvata  : <<  'Bisogna cambiare la mentalità, l'omofobia è un'eredità culturale sbagliata e quello che posso dire ai giovani è che se avremo dei figli quello che possiamo fare è regalargli una mentalità più aperta, solidale e rispettosa'. >>( sempre  da fanpage  )
Il brano è un inno a sostegno della libertà e dell'uguaglianza di tutte le persone di fronte all’amore, una canzone contro l'omofobia che esce in concomitanza   come  già detto del decimo compleanno di Gay Help Line.Il testo esprime le sensazioni di una ragazza omosessuale che ha deciso di non vivere più in silenzio l'amore che prova:

«Ora so crescere scegliere/io scelgo me stessa scelgo noi/Non sarà facile vivere ma sarà cielo senza nuvole/Perché la libertà non può costare il mio silenzio e al mondo griderò il mio segreto/E chi ama capirà l’amore non ha sesso e nessun prezzo pagherà»

«L'amore merita», come  riporta www.sorrisi.com è fiirmata da Simonetta Spiri con Luca Sala (uno degli autori di «Non è l’inferno» di Emma) e lo scrittore Marco Rettani (autore del romanzo «Non lasciarmi mai sola»), arriva accompagnata da un suggestivo video (vedi sopra), diretto da Alessandro Congiu, in cui i colori dell'arcobaleno rappresentano l'amore, la speranza e l'amicizia.Il progetto, reso possibile da New Music International, NewTone Agency e Dischi dei Sognatori, segna il ritorno di quattro voci lanciate dai talent più amati: Simonetta Spiri è arrivata al serale di «Amici» (nell'edizione 2007-08), così come Verdiana Zangaro e Greta Manuzi (finaliste dell'edizione 2012-13). Roberta Pompa, invece, ha preso parte alla settima edizione di «X Factor».Infatti sempre  secondo  SORRSI   Il loro entusiasmo ha contagiato molti illustri colleghi che nelle ultime settimane, usando l'hashtag #LAMOREMERITA, hanno diffuso sui social la notizia del progetto. Tra gli altri: Arisa, Loredana Errore, Irene Fornaciari, Valerio Scanu, Ivana Spagna ed Enzo Iacchetti. 

Non  so che altro dire  se  non buon ascolto  amanti e non  del  genere musicale e  e del tal show

17.6.16

Ritrovata la spider della "Dolce Vita" di Fellini, la Triumph acquistata da un collezzionista - appassionato di auto d'epoca per caso


da
Cultura » Provincia di Pesaro e Urbino

Ritrovata la spider della "Dolce Vita" di Fellini, la Triumph acquistata per caso

Oggi alle 12:19 - ultimo aggiornamento alle 12:52

La Triumph Tr3

Un vero e proprio colpo di fortuna, quello capitato a Filippo Berselli, ex senatore e appassionato di auto d'epoca, che, non avendo idea di quale gioiello stesse per acquistare, alcuni mesi fa ha comprato per 30mila euro quella che poi si è rivelata nientemeno che il simbolo della "Dolce Vita" e di un pezzo di storia del cinema.
Quella spider Triumph Tr3 che, nel celebre film di Fellini, Marcello Mastroianni guidava per le strade di Roma.
LA STORIA - Berselli nota l'auto a Pesaro e se ne innamora, nonostante quella Triumph sia in pessime condizioni. Poco più che ''un pezzo di ferro'', racconta, "tutta da restaurare.
Dopo alcuni approfondimenti circa l'anno di immatricolazione e la targa nera che porta, l'ex senatore scopre che tra i vari proprietari c'è il nome della Riama Film, società di Angelo Rizzoli che ha prodotto la "Dolce Vita".
L'ultima targa conosciuta della vettura riporta a Pesaro, ma dall'estratto cronologico emerge che la prima targa è "Roma 324229" e che è stata immatricolata il 15 luglio del 1958: dunque è proprio lei, la Triumph della "Dolce vita".
La spider inglese, una delle primissime importate in Italia, venne pagata la bellezza di un milione e 998mila lire, un cifra per l'epoca considerevole. Passata di proprietà alla Riama, viene messa in vendita nell'estate del 1963 e acquistata da Paolo Bettini di Viterbo, proprietario del suggestivo Parco dei Mostri di Bomarzo.
La macchina viene poi venduta a una signora di Forlì, che non seppe mai che si trattasse della Triumph della "Dolce Vita".
Che dopo il 1970 arriva a Pesaro, dove è stata acquistata da Berselli lo scorso marzo.
Per poter ammirare l'auto dal vivo, di cui è ancora in corso il restauro, si dovrà attendere il 15 luglio quando lo stesso Filippo Berselli la esporrà per la prima volta a Roma durante la manifestazione Santa Croce Effetto Notte.

Marcello Mastroianni e Anita Ekberg
Marcello Mastroianni e Anita Ekberg 
 
"UNA COSA MERAVIGLIOSA" - Francesca Fabbri Fellini, nipote del regista Federico Fellini, si è detta molto felice per il ritrovamento della mitica Triumph Tr3: "Credo che la cosa sia meravigliosa - ha detto - oggi possiamo rivedere quell'auto che appartiene al sogno che Federico ci ha regalato con questo film. Lui è stato talmente bravo da riuscire a proiettare con il suo immaginario in tutto il mondo le atmosfere, i colori e i rumori che tra l'altro arrivavano con quei motori, con quelle auto".

rispondo alle solite domande con questa canzone : d'amore e altre cose irreversibili dell'omonimo disco di Floriana Cangiani

ti potrebnbne interessare
 http://www.flo-official.com/ 



Ma  è possibile  che a  distanza  d'anni , 7\8  da  quando sono   qui su fb ,   che  il blog  è attivo ,  mi si chieda      ancora  di cosa  parla  e quali sono le  tematiche  che tratto  . Leggere    le faq o quando  meno  cercando  con i tag  cercare  le  parole  ; Faq  e  aggiornamento  faq   e leggere   i risultati. , non dico  tutti  , ma  almeno per  farsi una idea   è  cosi difficile  \  complicato  ? 
Ma  oggi   sarà l'effetto  di  questo disco  , il  primo    della  bravi.ssima e promettente   Floriana   Cangiani   in  arte  Flo     che  mi  fa  viaggiare  :  fra  sud   d'italia , andalusia  , paesi africani sul meditteraneo  ,.   che   mi rende  generoso  .  In  sintesi  , come   accenato  nel titolo di questo post  ,    ecco di cosa  di si parla  nel  blog








La  presentazione del cd  D’amore e di altre cose Irreversibili


  e  sotto la canzone  omonima



  Infatti   è un disco  molto bello ed  intenso  : <<   “Scrivo nelle lingue che conosco, ricordando i posti in cui ho vissuto, immaginando quelli in cui vorrei vivere, ispirandomi ai suoni di un grande sud immaginario, ma sempre attraverso i miei occhi e il mio sentire, augurando in ogni momento a me stessa che la canzone che ho scritto sia una partenza…”  >>  (   dal sito  ufficiale  della cantante )
La sua musica é l’ evocazione di un altrove, di un sud immenso ed immaginario; è la cronaca di città ed esistenze sospese nel tempo e nello spazio, in perfetto equilibrio tra pietà e disincanto. Il loro suono spregiudicato, ritmico e pulsante li ha condotti in tour in Italia e in Europa.
Dopo il suo esordio  , di cui  ho proposto qui  una   la canzone principale ,  del   2014  con Agualoca Records “D’amore e di altre cose irreversibili“: un’opera prima, successo di critica e pubblico ( http://www.bigtimeweb.it/news/93-flo/1845-flo–estratto-di-rassegna-stampa-del-disco-qdamore-e-di-altre-cose-irreversibiliq) in Italia e all’Estero.
Quest'anno  esce sempre con Agualoca Records “Il mese del rosario”: un disco,  che mi prometto di ascoltare   o regalare   ,  in cui  da  quello che  riporta  il suo  sito ufficile   trovate  sopra  all'inizio dell post  l'url   coesistono il calore dell’indulgenza, la rassicurante memoria delle storie raccontate e il gentile libertinaggio dell’animo umano.