Sfogliando un altro quotiuotidiano che non sia solo la voce del Pd ( anche se con una piccolissima parte critica ) come la repubblica ho trovato sul corriere della sera del 26\12\2017 questo storia interessante che ho deco di condivederecn voi . Essa mi ha riportato alla mente , la canzone della colonna sonora del post
Paola l’eremita: «Vivo a mille metri d’altezza e prego per voi. Il postino non sale, uso il web» Come rifugio un ex essiccatoio per castagne sulle Alpi Cozie. «Il cellulare e internet vanno usati con criterio ma sono buoni alleati di noi eremiti». Riceve tante persone: «Nel primo anno più di 750. Mi chiedono consigli anche sacerdoti in crisi»
La baita dove vive da sola suor Paola Biacino (ph. Siccardi/Walkabout)
TORINO - Spala la neve. Gli scalini che dalla strada scendono fino a casa sua devono essere puliti il prima possibile. «A Natale qui saremo undici: io, le mie tre figlie, i loro mariti e i quattro nipoti. Dal 27 al 30 dicembre ospito dei toscani di Viareggio. E dal 30 dicembre al 2 gennaio aspetto 17 giovani da Torino e dalla Valle di Susa». Fa freddo. «Mai come sei o sette anni fa quando caddero quattro metri di metri e il termometro scese a meno 25 gradi». Classe 1958, trentina di nascita, piemontese d’adozione, suor Paola Biacino ha modi sportivi e un sorriso contagioso. È madre. Nonna. Ed eremita. Vive sola a mille metri d’altezza, in un ex essiccatoio per castagne trasformato in baita. Alpi Cozie, comune di Bagnolo, provincia di Cuneo: il suo rifugio è abbracciato agli alberi e alle rocce di Pra ‘d Mill, non distante dal monastero cistercense Dominus Tecum
Prima di arrivare a questo approdo, suor Paola ha macinato giorni lunghi e amari. «La vocazione per la vita consacrata l’ho avuta a sette anni — racconta — Volevo fare la missionaria». Altri, però, hanno deciso al suo posto: a 18 anni è stata costretta a sposarsi, iniziando una convivenza dolorosa. «Sono arrivate anche tre splendide figlie, che ho cresciuto dando loro tutto l’amore possibile. Così quei trent’anni in famiglia sono stati la mia missione». Quando, dopo tante traversie, la Chiesa ha annullato il suo matrimonio, Paola ha capito che era giunto il momento di riconsiderare la sua esistenza. «Non ho scelto l’eremo — precisa — semplicemente ho scelto, ancora una volta, Cristo». Nel 2004 ha conosciuto i ruderi che grazie al suo impegno e alla generosità di molti amici sarebbero diventati il suo rifugio. Il 23 luglio 2005 s’è definitivamente trasferita lassù. Dal 2007 è un’eremita riconosciuta dal vescovo di Saluzzo. Già, perché non basta abbandonare tutto e vivere in posti selvaggi: la Chiesa cattolica accetta come eremiti solo coloro che si danno una regola di preghiera e vivono un rapporto di comunione con la comunità cristiana del luogo .ggi, in tutta Italia sono circa 200, uomini e donne. Suor Paola Biacino è una di loro. «La preghiera è come un’antenna invisibile, che chiama a sé le persone» spiega. «Ho lasciato il mondo. Il mondo, però, rimane qui, accanto a me».
C’è sempre qualcuno che sale in baita. «Nel primo anno le visite sono state più di 750, da allora ho perso il conto». Arriva gente d’ogni età e d’ogni ceto, spesso segnata dal disagio. O sacerdoti in crisi. «A volte non ho risposte. Ascolto, stringo forte le mani, rido o piango con chi mi siede di fronte. Una cosa prometto e quella faccio: portare davanti al tabernacolo la storia di chi incontro». Capita a volte che inizi un rapporto fatto di telefonate, sms ed e-mail. «Il cellulare va usato con criterio, ma è un buon alleato di noi eremiti. Così come il web. Il postino non sale. E non sempre mi va di scendere a valle con la vecchia utilitaria che mi ha regalato un gesuita». Solo in Quaresima suor Paola sceglie un ritiro più radicale: un cartello alla porta chiede, per favore, di non bussare. La sua giornata comincia in cappella alle 3: «Canto i salmi del Mattutino». Alle 4 torna in cucina a rifocillarsi. Poi, di nuovo in cappella. «Le ore sono scandite da preghiera, letture e lavori manuali. Vede quei berretti di lana là, su quella sedia? Li ho fatti io sferruzzando. Sono i miei regali. Dipingo anche. Sto finendo un’icona che ritrae le nozze di Cana». Normalmente va a letto alle 20.30. L’eremo è pace ma anche lotta estrema. «Ti scarnifica dentro, riporta a galla tensioni irrisolte». Tutto è amplificato dal silenzio. «Dio parla e si fa vicino. Occorre lasciargli lo spazio che si merita, tenendo a bada i pensieri e purificando il cuore. Talvolta vivo periodi di aridità interiore. Che faccio? Persevero. M’inginocchio e prego. Quando finisce, avverto che non ne esco sola. Con me, stanno meglio anche altre persone».
ben ritornati o ben ripresi dalla prima tranche ( vigilia , natale e santo stefano ) delle festività natalizie
Ecco come possiamo iniziare , in maniera da : non fare tutto in fretta e stressarvi \ deprimervi ancora di più ( specie che soffre d'ansia e depressione ), arrivare già pieni e mettere su altri kg per le feste di capodanno e dell'epifania con una dieta o quanto meno a magiare normalmente . Infattti Esistono caratteristiche individuali che rendono alcuni soggetti più sensibili di altri a questa sindrome. «Le persone che vivono di regolarità, di routine, che non amano le novità, si sentiranno bene nel tornare ai vecchi ritmi e abitudini, che sono il rifugio da ansia e insicurezza», dice lo psichiatra. «Sono i tipi che potremmo definire dei diesel, si trovano bene alla velocità di crociera, anzi a volte si sentono in colpa per essersi allontanati da doveri e responsabilità», aggiunge.
«Le persone invece meno organizzate, ambiziose, competitive, tendono a risentirne maggiormente. Questi sono motori da corsa, vivono di sprint, non di costanza - continua Cucchi - e fanno fatica a tornare al concetto di abitudine». Ecco dunque sempre secondo
LA SINDROME DA RIENTRO PASSA IN POCHI GIORNI, MEGLIO SE SI RIPRENDE LA ROUTINE GRADUALMENTE
Il malessere che può colpire alla fine delle vacanze è un passaggio fisiologico che se ne va in pochi giorni. «Il nostro organismo è infatti progettato con la straordinaria capacità di adattarsi al cambiamento, anche se talvolta qualcosa va storto e ne deriva un disagio, tecnicamente la sindrome da adattamento», conferma Cucchi. Ma con qualche utile suggerimento è possibile rendere il rientro alla vita di tutti i giorni in modo meno traumatico possibile.
«Il modo migliore per affrontare questa sindrome è quello di pensare che sia un’occasione per ristrutturare alcune abitudini, ripensare ad alcune modalità, scegliere strategie e direzioni magari leggermente diverse, per sentirsi più padroni del proprio tempo e della propria rotta», raccomanda Cucchi. «Inoltre, dedicare un po’ di tempo a pensare prima di agire può essere un buon modo per rientrare di slancio, non buttarsi subito a evadere mail o nell’operatività della gestione della casa e delle faccende arretrate, ma progettare il percorso verso la meta», aggiunge. Secondo l’esperto, è inoltre necessario riprendere con gradualità.
«Non fate l’errore di sentirvi in ritardo perché la pancia vi dice che dovete correre: non tutte le cose che sentite di dover fare sono così urgenti», dice.
«E non cercate di dilatare il tempo inzeppandolo di cose da fare e affastellando l’agenda di impegni: meglio porsi obiettivi raggiungibili», conclude Cucchi. Se questo non dovesse bastarvi , oltre i miei riferimenti alle guide precedenti , sotto i classici consigli http://www.alfemminile.com/dieta-dimagrante/tornare-in-forma-dopo-le-feste-consigli-per-ritrovare-la-silhouette-s762727.html http://www.salepepe.it/news/notizie/dieta-detox-dopo-le-feste/ https://www.panorama.it/scienza/dieta/dieta-10-consigli-per-dopo-abbuffate/#gallery-0=slide-2
Inoltre in questo periodo iniziano le sparatorie . Infatti è già da un paio d'anni che , an causa crisi e tasse esagerat le sparatorie di botti e petard hanno smesso di caratterizzare i giorni prima di natale per concentrarsi fra il 31 dicembre e il primo gennaio . Ora lo so che mi ripeto ma non ne posso più di leggere e sentire di morti feriti , mutilati , di animali impauriti o bruciati causa botti \ petardi chi non vuole sermoni , conosce già l'argomenti , lo ha già letto nelle mie guide precedenti può saltare questa parte
Io dopo alcune brutte esperienze ( danni , una bruciatura ) ho smesso di esplodere fuochi \ petardi . Ma visto il continuo bollettiuno di guerra e le conseguenze che essi hanno su gli animali ecco alcuni consigli sia persone che per gli animali Iniziamo con alcuni consigli , per spararli in modo sicuro e con meno danni ( a cose e persone ) possibile
AL MOMENTO DELL'ACQUISTO
• Verificare che sull'unità minima di vendita siano presenti le istruzioni d’uso, la marcatura CE, il nome del fabbricante, etc.
• Il fuoco d’artificio deve essere in ottimo stato di conservazione, non presentare segni di umidità o danneggiamenti.
• Acquistare solo prodotti per i quali si è in possesso delle specifiche di legge richieste (ad esempio avere l’età minima necessaria).
TRASPORTO E CONSERVAZIONE
• Utilizzare sacchetti o scatole, non tenere in tasca o in zaini.
• Tenere lontano da fonti di calore, scintille, fiamme libere o superfici riscaldate. Non fumare.
• Tenere fuori dalla portata dei bambini.
• I fuochi artificiali temono l’umidità.
AL MOMENTO DELL’ACCENSIONE
• Leggere attentamente le istruzioni d’uso.
• Se del caso, il pubblico deve stare ad un’adeguata distanza di sicurezza.
• Indossare indumenti non infiammabili. È consigliabile proteggere gli occhi.
• Tenersi lontani da case, persone e luoghi a rischio di incendio come fabbriche e boschi. Non usare in caso di vento.
• Utilizzare sempre solo un prodotto alla volta tenendo altri eventuali fuochi artificiali lontani e al riparo da fiamme e scintille.
• Accendere l’estremità della miccia stando sempre di lato, senza avvicinare il viso; portarsi quindi alla distanza di sicurezza prevista in etichetta.
• Attenzione: alcuni fuochi artificiali potrebbero spaventare gli animali, tenerli ad adeguata distanza dal luogo di sparo.
DOPO L’USO
• Non abbandonare eventuali involucri dei prodotti pirotecnici dopo l’uso (ad esempio: tubi di batterie, fontane, etc.).
Smaltirli utilizzando gli idonei contenitori per la raccolta dei rifiuti.
COLPO MANCATO
• In caso di mancato funzionamento o di funzionamento parziale, non tentare mai di riaccendere il prodotto (tranne nel caso di articoli con due miccie). Attendere almeno 30 minuti prima di avvicinarsi. Senza mai posizionare alcuna parte del corpo sopra l'artificio irrorarlo con abbondante acqua in modo che sia completamente e profondamente bagnato. Lasciare raffreddare per almeno
altri 30 minuti.
• Non abbandonare mai prodotti inesplosi.
Consigli d'uso per ogni genere di prodotto:
BENGALA
Usare solo all’aperto. Inserire il prodotto in una superficie morbida o altro materiale non infiammabile (es. sabbia).
Stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.
FONTANE
Usare solo all’aperto. Posizionare la fontana diritta al suolo, stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.
CANDELE ROMANE
Usare solo all’aperto senza ostacoli nello spazio sovrastante il punto di sparo.
Fissare saldamente la candela romana ad un palo robusto e diritto. Stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.
PETARDI
Appoggiare a terra un prodotto alla volta ed accendere l’estremità della miccia.
Allontanarsi alla distanza di sicurezza.
Non estrarre la polvere contenuta.
Non legare più prodotti insieme.
CANDELE MAGICHE
Usare solamente su una superficie non infiammabile.
Accendere un prodotto alla volta alla sua estremità. Tenere la candela magica lontano da ogni parte del corpo e da prodotti infiammabili. Non inalare il fumo.
ATTENZIONE! Una volta spenta la candela magica è molto calda.
RAZZI
Usare in spazi aperti senza ostacoli nello spazio sovrastante il punto di sparo.
Inserire l’asta del razzo in un dispositivo di lancio stabile (es. tubo) avendo cura che l’asta sia libera di fuoriuscire. Stando di lato accendere la miccia ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.
SPETTACOLI
Usare in spazi aperti senza ostacoli nello spazio sovrastante il punto di sparo. Appoggiare su una superficie piana, stando di lato accendere la miccia alla sua estremità ed allontanarsi alla distanza di sicurezza.
GIRANDOLE AEREE
Usare solo all’aperto.
Appoggiare singolarmente su un suolo piano posizionando correttamente il lato alto del prodotto. Accendere la miccia stando di lato e allontanarsi alla distanza di sicurezza. ATTENZIONE! La girandola vola in alto.
GIRANDOLE A TERRA
Usare solo all’aperto. Appoggiare a terra su una sperficie piana un prodotto alla volta. Accendere l’estremità della miccia ed allontanarsi alla distanza
di sicurezza.
PARTY POPPER
Tenere lontano dagli occhi e dalle orecchie.
Impugnare con le braccia distese e puntare la base lontano dal corpo, non verso persone ed animali.
per gli animali o per chi ha problemi d'udito ecco i fuochi artificiali silenziosi
Si possono fare fuochi d'artificio senza il botto e senza rumore? Certamente! Fuochi d'artificio silenziosi ed eleganti: oggi questo è possibile! Infatti secondo questo articolo preso da https://www.greenme.it/
sono sempre di più le amministrazioni comunali che ci credono.
L'ultimo esempio in ordine cronologico è quello di Collecchio,ridente cittadina in provincia di Parma, che per festeggiare il suo "Settembre Collecchiese ha scelto ifuochi d’artificio senza botti, "che nulla hanno da invidiare a quelli tradizionali dal punto di vista spettacolare, ma sono senza le note controindicazioni legate al rumore degli scoppi"spiega l'Amministrazione.
I botti pirotecnici, giova sempre ricordarlo, possono infatti risultare molesti e spesso scatenano negli animali paura e panico, inducendoli a reazioni incontrollate e pericolose. I danni si riscontrano direttamente sia sugli animali domestici che su quelli selvatici, a partire dagli uccelli. Con le improvvise detonazioni si verificano nelle colonie che riposano istintive reazioni di fuga che, unite alla mancanza di visibilità, causano la morte di molti esenplari derivanti dallo scontro in volo con strutture urbane (case, lampioni, automobili, ecc.).
Lo spettacolo è garantito anche quando la festa è nel rispetto di tutti. Lo dimostrano queste spettacolari immagini della Setti Fireworks, con due grandi gigli di fuoco e la voce di Freddie Mercurya fondersi con le coreografie di fuoco. O le immagini della Notte di San Giovanni 2014 di Torino.
All'atto pratico,i fuochi "senza botti",come vengono citati,sono realizzabili solamente da professionisti che abbiano l'abilitazione e la strumentazione adeguataertanto alcune informazioni che girano sul web,sono totalmente frammentarie.
I fuochi da divertimento a marchio CE(esempio fontane,razzetti),hanno subito negli ultimi anni,un forte depotenziamento,che ne ha limitati i decibel e quindi il polverino esplodente.
Pertanto,quando molti animalisti dicono "vietiamo i botti di capodanno",si stanno riferendo a grossi petardi prodotti illegalmente,dato che in commercio "regolare" non esistono ormai da qualche anno.
Si smetta quindi di demonizzare l'utilizzo dei fuochi artificiali da divertimento con regolare documentazione,ciò danneggia solamente i rivenditori autorizzati alimentando il mercato illegale,con tutte le conseguenze che ogni anno sentiamo il 1 Gennaio
un po' ignorante e fazioso in quanto , si è vero che quelli a marchio CE hanno diminuto il poternziamento esplodente , ma gli animali hanno un udito più sensibile di noi sentono gli ultra suoni e da loro fastidio e paura
Infatti I festeggiamenti per l’arrivo del nuovo anno sono spesso un incubo per gli animali: il rumore di petardi e fuochi d’artificio, spesso fatti scoppiare anche nei giorni immediatamente precedenti il capodanno, terrorizzano i quattro zampe che possono essere colpiti da veri e proprio attacchi di panico.E’ importante ricordare infatti, che gli animali hanno una diversa percezione dei rumori, nei cani, ad esempio, il senso dell’udito è notevolmente superiore a quello umano. Oltre a sentire vibrazioni comprese tra 20 mila e 40 mila Hz (l’uomo non sente quelle che superano i 20 mila) sentono ad un volume doppio del nostro. Inoltre, una componente dei fuochi per noi marginale, quella olfattiva, è particolarmente rilevante per i cani che sono in grado di sentire odori ad una concentrazione un milione di volte inferiore a quella percepita dall’uomo e ad una distanza per noi inimmaginabile. E’ quindi facile intuire quale sia lo stato di ansia e terrore che anticipa e accompagna lo scoppio simultaneo di migliaia di petardi, mortaretti e fuochi artificiali.I fuochi d’artificio rientrano tra gli stimoli che provocano sensibilizzazione, ovvero un progressivo aumento della risposta di paura poiché sono stimoli di forte intensità, non sono prevedibili, compaiono a intervalli irregolari e non c’è possibilità di fuga. Alcuni soggetti più sensibili, oltre allo stato fobico quando sentono i fuochi, sviluppano anche uno stato ansioso per tutto il periodo che precede e segue la fine dell’anno.Cosa possiamo fare per aiutarli ? ecco alcune regole
1. Teniamo gli animali il più lontano possibile dai festeggiamenti e dai luoghi in cui i petardi vengono esplosi . Magari o chiusi in una stanza oppure in una casa al mare o in campagna lontano dai botti
2. Non lasciamoli soli.Almeno per i primi anni e se sono fobici potrebbero avere reazioni incontrollate e ferirsi, quindi è necessario stare loro vicino, senza esagerare con coccole e carezze. E’ necessario mostrarsi tranquilli e felici, cercando di distrarli, se possibile, con giochi e bocconcini, mostrando che non c’è nulla di cui preoccuparsi
3. Non lasciamoli in giardino.Tenerli in casa o in unluogo protetto e rassicurante anche gli animali che abitualmente vivono fuori in modo da scongiurare il pericolo di fuga 4. Teniamo alto il volume di radio o televisione in modo che venga attutito il rumore dei botti proveniente dall’esterno, chiudendo le finestre e abbassando persiane 5. Lasciamo che si rifugi dove preferisce, anche se si tratta di un luogo che normalmente gli è “vietato”.6. Durante le passeggiate teniamoli al guinzaglio, evitando anche di liberarli nelle aree per gli animali per evitare fughe dettate dalla paura. E’ fondamentale non portarli fuori a mezzanotte o nelle ore immediatamente precedenti perché spesso gli scoppi iniziano con anticipo7. Nei mesi precedentifacciamo visitare l’animale da un veterinario comportamentalista che prescriverà la terapia da seguire, sia comportamentale che, nel caso si necessario, farmacologica.8. Evitiamo soluzioni fai-da-te cioè di somministrare tranquillanti non espressamente indicati dal veterinario , alcuni sono addirittura controindicati e fanno aumentare lo stato fobico.9. Rivolgiamoci ad un veterinario comportamentalista per un processo graduale di desensibilizzazione, esponendo l’animale allo stimolo ad un’intensità progressivamente aumentata quando si trova in uno stato di rilassamento emozionale
10 Sensibilizzate se possibile chi vi circonda a non far esplodere petardi e mortaretti
Queste sono le guide generali poi si varfia d'animali e ad anumale . Infatti i PIÙ SENSIBILI: I CANI.Capodanno è probabilmente la festa meno amata dai cani. Se infatti sono numerosi gli animali domestici che vivono molto male il rumore provocato dallo scoppio dei fuochi d’artificio, i cani sviluppano una vera e propria fobia specifica nei confronti dei rumori.I cani rispondono spesso in modo esagerato al rumore, spesso cercando di fuggire o con comportamenti ansiosi (come urinare in giro, vocalizzare, ansimare, tremare e tentare di nascondersi, ecc.). In casi estremi, mostrano una sintomatologia simile a un vero e proprio “attacco di panico”.COME PROTEGGERLI?
Cani e gatti hanno l'udito molto più sviluppato di quello umano e i forti rumori li gettano nel panico, inducendoli a reazioni istintive e incontrollate come gettarsi nel vuoto, divincolarsi follemente per fuggire, scavalcare recinzioni e fuggire in strada mettendo seriamente a repentaglio la loro incolumità e quella dei passanti. Ecco alcuni consigli praticiper evitare guai:
Non lasciare che i cani affrontino in solitudine le loro paure e togliete di torno tutti quegli oggetti che potrebbero provocare ferite nel caso ci finissero contro;
Evita di lasciarli all'aperto: la paura fa compiere loro gesti imprevedibili, il primo è la fuga;
Non tenerli legati alla catena perché potrebbero strangolarsi;
Non lasciarli sul balcone perché potrebbero gettarsi nel vuoto;
Dotali di tutti gli elementi identificativi possibili;
Se si nascondono in un luogo della casa, lasciali lì, considerano sicuro il loro rifugio;
Ignoralo il più possibile finché manifesta lo stato di agitazione. Rassicurare e tranquillizzare il cane in queste circostanze equivale infatti a premiarlo proprio nel momento in cui è estremamente agitato.
Cerca di minimizzare l'effetto dei botti tenendo accese radio o tv;
Presta attenzione anche agli animali eventualmente in gabbia: non tenerli sui balconi;
Nei casi di animali anziani, cardiopatici e/o particolarmente sensibili allo stress dei rumori rivolgiti con anticipo al tuo veterinario di fiducia;
Nel caso dei gatti , non guardarli negli occhi, potrebbero diventare aggressivi.
riascoltando e ricantando oltre le colonna sonore del post in particolare le strofe delle ultime due che fanno parte di me dae origini del blog e soprattutto la prima è alla base di questo post vedere i tag : Faq , ed aggiornamento faq e a gli auguri per il 2018 un po' in anticipo certo , manon mi va di farli quando li fanno tutti\e cioè diventano di circostanza e poco sentiti
[ ... ] e scuoteva la testa quando le dicevo
che servono nuove parole,
che ora servono nuove parole! [...]
[... ] Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti più adatti ai mutamenti
Viaggia la polvere viaggia il vento viaggia l'acqua sorgente
Viaggiano i viandanti viaggiano i perdenti
più adatti ai mutamenti viaggia Sua Santità [...]
Generalmernt e quanti si parla o si usa il termine Migrazioni si fa riferimento adue tipi di migrazione
La migrazione umana è un movimento di persone da un luogo ad un altro, fatto con l'intenzione di stabilirsi temporaneamente o permanentemente nella nuova posizione ) continua qui alla voce https://it.wikipedia.org/wiki/Migrazione_umanasia che lo si conosca già , sia che lo si strumentalizzi o ricordi inficiato del mito italiani brava gente poverio ma belli ( andavamo li per lavorare non per delinquere e altre , andavamo in maniera regolare e non clandestini , ed altre amenità varie ) qui treovate maggiori news storiche ed attuali vistom che il fenomeno continua tutt'ora sia dall'italia la( fuga di cervelli e di potenzialità , e non solo ) sia di popolazioni che arrivano qui in Italia trovater in questo video e link annessi maggiori dettagli
Le migrazioni sono spostamenti che gli animali compiono in modo regolare, periodico, lungo rotte ben precise, e che coprono distanze anche molto grandi, ma che, poi, sono sempre seguiti da un ritorno alle zone di partenza.
Io vedo il termine di Migrazione sotto un altro significato , Infatti io pensi che la realtà profonda dell'umanità sia stata ( e sempere sarà ) a partire dealla stesse vicende degli ominidi la migrazione , Essa è protagonista nella storia personale di ciascuni di noi
: si migra dal'utero materno alla vita autonoma , dall'infanzia all'adolescenza veerso la giovinezza e all'età matrura sino alla vecchiaiak e alla morte ( vista vote con disprezzo dai giovani e amlinconia \ nostaglia dagli anziani : << quello che tu sei io ero e quello che io sono tu sarai >> ) ,. dall'ignoranza alla consapevolezza , dal benessere al bene essere , dall'infelicità alla felicità , dalla passività all'impegno
O viceversa . dipende da ciascuno di noi . Si migra da un paese ad un altro . Si migra da soli o in compagnia . L'augurio per questo 2018 che facciò è che , se è possibile , nessuno\a sia lasciato solo\a nel suo essere e nel suo migrare
per chi mi leggesse da poco o per la prima volta ( gli alri posso saltare questo spiegone ) . Sappia che non sono contro chi fa il presepe a scuola . Infatti io sono cresciuto ed hofatto i primi studi ( elementari ed medie ) nel periodo intermedio tra : il concordato del 1929 ( i patti Lateranensi di Benito Mussolini e il segretario vaticani Pietro Gasparri ) e il concordato 1984 ( Villa Madama, a Roma,dall'allora presidente del ConsiglioBettino Craxi, per lo Stato italiano e dal cardinale Agostino CasaroliSegretario di Stato Vaticano ) . Inoltre i nonni , speciamente qelli paterni ultra cattolici ho conosciuto il presepe sia a casa che a scuola ( elementari e medie ) non me la sento di proibirlo o d'imporlo forzatamente . E vero che il presepe sia in forma clasicca e povera sia in forma ricca ed opulenta fa parte della nostra tradizione ed usanza e dovrebbe come suggerisce Il vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi come riportato da
«Carissimi fratelli e sorelle, come i pastori anche noi dobbiamo portarci alla grotta di Betlemme per incontrare Maria e Giuseppe e il Bambino adagiato nella mangiatoia. Come? Sono certo che molti di voi hanno allestito ilpresepiodentro la propria casa. È anche questo un modo, semplice e diretto, per testimoniare la fede cristiana di fronte a quelli che, in nome di unlaicismo insipiente e arrogante [ buonismo d'accato come preferisco chiamarlo io ], pretendono che oggi il presepio non s'ha da fare. A questo proposito il nostroConsiglio Comunale, con il voto unanime dei suoi 34 componenti, ha deliberato che il presepio venga allestito anche nei luoghi pubblici come le scuole. È un fatto che onora il Consiglio e la nostra Città di Trieste».Il vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi incentra sul presepe il suo messaggio di Natale ai fedeli: «Il presepio è come un libro aperto, pieno diinsegnamentinecessari per condurre una vita buona. Ci insegna la sacralità della vita umana nascente, della maternità della donna e della famiglia fondata sul matrimonio. Ci insegna che le persone umili, i pastori, sono privilegiate perché chiamate per prime ad incontrare Gesù. Ci insegna lapace(“Pace in terra agli uomini di buona volontà”) e l'accoglienzadi altri popoli (i Magi venuti dall'Oriente). Ci insegna ilrispettoper la natura e per gli animali creati da Dio: per rendere viva la rappresentazione della Natività, nel presepio, in genere, non mancano mai le stelle, le campagne, i monti, i corsi d'acqua e il bue, l'asinello e le pecorelle. Ci insegna, soprattutto, quanto sia bello incontrare Gesù».«Papa Francesco ci incoraggia a seguire questa direzione - aggiunge Crepaldi -: "...fermiamoci a guardare il presepe... Entriamo nel vero Natale con i pastori, portiamo a Gesù quello che siamo, le nostre emarginazioni, le nostre ferite non guarite, i nostri peccati. Così, in Gesù, assaporeremo lo spirito vero del Natale: la bellezza di essere amati da Dio. Con Maria e Giuseppe stiamo davanti alla mangiatoia, a Gesù che nasce come pane per la mia vita. Contemplando il suo amore umile e infinito, diciamogli semplicemente grazie: grazie, perché hai fatto tutto questo per me". Buon Natale a tutti! ».
Come capisco chi come i neo teocon ( vedi il video al lato ) , reagiscono in maniera chiusa e propogandistica : << Da quest'anno da alberista divento presepista". Giorgia Meloni invita tutti gli italiani a seguirla: "Ho deciso di farlo da quando nessuno nelle scuole lo fa più. Come fa ad offenderti Gesù bambino? Come può offendere la nostra cultura ? Quello che io sono è in questo simbolo", conclude la leader di Fratelli d'Italia, "e voglio che Ginevra, mia figlia, lo sappia. A Natale noi celebriamo questi valori. Quest'anno prendiamo il pastorello e facciamo la rivoluzione del presepe >>
Infatti la vera laicità è quella di lasciare libertà di farlo o di non farlo , di dire a me non piace a me si , ecc o di farlo perchè lo si sente davero o in maniera ipocrita e conformista come affermava il poeta trilussa ( 1871-1950 )
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A me non importa e lo fai per omologazione e ipocrisia ( vedere i primi minuti del video sopra ) o perchè ci credi ,mi da fastidio che lo si imponga : con la scusa della pseudo laicità ( uno stato o dittatura che impongono e rendono obbligatorio una fede , qualunque essa sia non è laicità ) sia ce lo si proibisca perchè sei ateo o specialmente per il laicismo insipiente \ buonismo d'accato dettato da : ignorannza , disinformazine , luoghi comuni , mancanza di dialogo e confrontoi fra culture diverse . Infatti fa più notizia quei lupi travestiti d'agnello cioè dirigente scolastico che proibisce o non fa celebrare il natae nel senso religios: non c'è un musulmano( o almeno sono pochisssimi e fondamentalisti quelli contro ) che sia uno che abbia mai detto beh contro il presepe; ci sono invece decine o forse centinaia di casi di persone di fede islamica che hanno collaborato ad allestirlo. Per essi Gesù è un grande profeta, e la sua mamma è degna di venerazione. Ma tant'è - come dice questo articolo preso da http://www.ilsussidiario.net/ --- con l'ignoranza e il pregiudizio le fake news vanno a nozze e diventano mentalità diffusa.
Fa pena Spelacchio, l'abete rosso che illumina (si fa per dire) il Natale di Roma, giunto agonizzante alla mèta e dichiarato ufficialmente morto. Per taluni i suoi rami poco fronzuti sono un'allegoria del degrado in cui versa la capitale. In realtà quel simulacro di natura non rappresenta altro che se stesso, ed è già troppo. La sofferenza di Spelacchio, il suo grido muto, rimbombano nel pensiero, strazianti e insopportabili. Non c'è mai stata pietà per l'abete piangente, come non ce n'è per i suoi compagni di sventura, all'apparenza floridi, che adornano le piazze del mondo. Anch'essi, dopo il fulgore delle feste, giungeranno esausti al macero e nessuno vi baderà più. Nessuno ha mai badato nemmeno a Bruno, un cagnone di nove anni che un manto l'aveva, soffice e inutilmente copioso. Numerosi fruitori di social network ne avevano condiviso più volte la fotografia. Ma lo sguardo dolcissimo di Bruno, alla fine, s'è arreso. È morto là dov'era nato, forse ignorato, forse compatito da altri sguardi senza fortuna, che l'avrebbero voluto ma non ce l'hanno fatta. Perché ce ne sono tanti di problemi e tu sei un eccesso di dolore, il tuo spazio fuori misura, i tuoi anni un'escrescenza. Vegetali e animali se ne vanno senza sfogo, col nudo esistere e per questo la loro dipartita lacera il cuore. Gli umani non sono mai così inermi se non quando s'affacciano al mondo - o l'abbandonano. E lì, in quell'attimo di pura dipendenza, la parentela con gli altri viventi emerge tragicamente uguale. Dovremmo rammentarlo sempre. Ma siamo figli ingrati, e generiamo figli traditi. È il caso di Karim, il neonato siriano rimasto orbo e orfano a seguito d'un bombardamento. La Siria in guerra è sparita dai notiziari, come una Betlemme contemporanea. Karim ha perso tutto, se non la sua bellezza che rifulge tanto più intatta nella parte immacolata del volto. Ma lo sfregio, quell'atroce virgola al posto dell'occhio rammenta la casualità disattenta del suo destino. Ci dice precisamente che si è Karim quando i congeneri smettono di pensarci. Allora, come le piante e gli animali, diveniamo numeri, danni collaterali o semplicemente fatica. Karim il monocolo svela la nostra cecità interiore.
Il Natale ha senso solo qui. Esiste per i Karim, per i numeri, per gli accidenti della storia, per chi non ha potere né riscatto. Il fanciullo divino non è un Dio dolciastro, ma condivisione dell'estrema fralezza; l'attimo più puro della vicenda umana ma anche il più prossimo allo stato naturale, dove la casa è una grotta o una stalla, con armenti e fieno. Natale giunge come un rifiuto delle gerarchie e dei grattacieli mentali che l'uomo erige quando s'illude di saperne di più, e prevarica sugli altri.
Abbiamo visto tanti presepi viventi in questi ultimi anni. L'immagine più veridica, che riassume le storie di tutti i dimenticati, è oggi proprio quella dei cristiani mediorientali. Ecco dunque, nei campi profughi, numerose Marie con bambino, anch'esse strappate alla loro terra, perfino da una Betlemme in cui oggi i fedeli in Cristo si contano sulle dita d'una mano. Se della Siria non si parla più, di costoro, dispersi in innumerevoli Egitto, i "mass-media" non hanno mai parlato. Tantomeno in Occidente, più occupato a smontare presepi di gesso che a badare a quelli autentici. Essi hanno fede. In noi, oltre noi. Ma a noi è demandato il compito di non spegnerla, di tornare in basso, alla pianura, alla relazione. Altrimenti sarà soltanto un altro giorno passato invano, un intoppo, un eccesso. Una festa collaterale.
da legge prima o dopo quiesta storia date vi per evitare casi becero populismo e scrivere \ dre cazzate alla salvini senza sapere il contesto e leggere il testo della legge
Essendo troppo piccolo per riportare una testimonianza diretta su tale episodio avvenuto nerl 1983 e sconosciuto ( infatti anch'io ignoravo lo appreso da un articolo uscito in questi giorni sula pagina della cultura \ speciale natale dell'unione sarsa , solo cartaceo l'online free non è prevvisto , ai più riporto alcuni articoli trovsato online .
Il prete che si è battuto per i diritti dei terroristi in carcere
La storia di Don Bussu, il prete giornalista che ha difeso i diritti dei carcerati, nell'intervista a Luciano Piras, autore del libro “I terroristi sono miei fratelli”
26 Apr. 2017
Salvatore Bussu dalla rete
A dicembre 1983 Giovanni Paolo II fa il suo ingresso nel carcere di Rebibbia per stringere la mano al suo attentatore, il turco Ali Agca. Lo stesso mese un umile prete di provincia, cappellano del carcere nuorese di Badu e’ carros, si autosospende dal suo mandato sacerdotale. Piccolo di statura ma gigante nel coraggio, Don Salvatore Bussu [ foto a destra ] viene da Ollollai, un piccolo paese all’interno della Sardegna, in provincia di Nuoro.Don Bussu si è schierato senza timore in difesa dei reclusi, che da tempo stanno attuando lo sciopero della fame. Oltre a essere un prete, è anche un giornalista, cosa che l’ha aiutato non poco nella sua battaglia. Quella del 1983 è la prima rivolta pacifica nella storia delle carceri italiane a denunciare le condizioni disumane in cui vivono i reclusi. Alcuni dei carcerati hanno un passato da brigatisti, come Franco Bonisoli e Alberto Franceschini. Il cappellano parla apertamente di “terrorismo di Stato”, facendo da catalizzatore per una tempesta di polemiche che fa addirittura intervenire l’allora ministro di Grazia e Giustizia Mino Martinazzoli per attenuare il regime di massima sicurezza in cui i brigatisti sono reclusi.
Quella del 1983 è la prima rivolta pacifica nella storia delle carceri italiane a denunciare le condizioni disumane in cui vivono i reclusi. Alcuni dei carcerati hanno un passato da brigatisti, come Franco Bonisoli e Alberto Franceschini. Il cappellano parla apertamente di “terrorismo di Stato”, facendo da catalizzatore per una tempesta di polemiche che fa addirittura intervenire l’allora ministro di Grazia e Giustizia Mino Martinazzoli per attenuare il regime di massima sicurezza in cui i brigatisti sono reclusi.
Il parlamento si mette a lavorare sul caso e arriva alla stesura della legge Gozzini, dando attuazione al dettato costituzionale che prevede il divieto di detenzione senza il rispetto dei diritti umani. Il provvedimento supera una legge del 1975, che prevedeva la possibilità di far prevalere esigenze di sicurezza sulle norme di rieducazione e di trattamento umano.
Le legge Gozzini diventa allora bersaglio di attacchi, così come lo stesso Don Bussu che la difende sempre a spada tratta. Con il gesto di schierarsi dalla parte dei brigatisti reclusi il sacerdote non vuole certo appoggiarne l’operato – cosa di cui spesso viene accusato – ma lottare per un trattamento degno di una società civile. Don Bussu cerca il giusto equilibrio fra la pena da scontare e l’aspetto rieducativo per il recluso, facendo leva sul concetto del perdono nella fede cristiana.
La vicenda è stata raccontata nel libro “I terroristi sono miei fratelli” di Luciano Piras, giornalista del quotidiano La Nuova Sardegna. Il titolo è provocatorio come le parole che il cappellano del carcere ha utilizzato per manifestare la sua posizione. Il libro ricostruisce la storia con l’aiuto dello stesso Don Bussu.
Quanto è stata decisiva la battaglia di Don Bussu nella riforma carceraria italiana?
Dire che la battaglia di un umile prete della periferia sarda è stata decisiva, può sembrare un’ esagerazione. Eppure, quella lontana e clamorosa “rivolta” partita da Nuoro è stata determinante nella storia d’Italia, tant’è che ha segnato il definitivo tramonto del vecchio ordinamento penitenziario fermo al 1975, anche se ormai nessuno sembra più ricordarsene.
Era stato lo stesso senatore Mario Gozzini, padre della riforma del 1986, del resto, a sottolineare che gli scioperi della fame nel supercarcere di Badu ‘e Carros e il cosiddetto “sciopero della messa” del cappellano don Salvatore Bussu segnarono uno spartiacque nella vita carceraria: prime rivolte, salite sui tetti, violenze anche estreme; dopo, simili fatti sono diventati rarissimi. Tant’è vero che il parlamento dimostrò presto di aver recepito la “sollecitazione” arrivata dalla Barbagia.
Don Bussu è stato inizialmente visto dalle istituzioni sia politiche che clericali come un ingombrante peso. Va inoltre aggiunto che allora non si avevano certo gli stessi mezzi di comunicazione di oggi per poter promuovere una simile battaglia. Quali sono i suoi meriti nell’essere stato persuasivo e abile anche nella comunicazione?
Ingombrante? Mite e pacifico, persino timido, ieri come ancora oggi, don Bussu è stato addirittura additato come sovversivo. È stato bollato come “il cappellano delle Br”… roba da matti! Ha avuto comunque la fortuna di avere dalla sua parte un grande vescovo, monsignor Giovanni Melis, che non condivise le “dimissioni” di don Bussu, e soprattutto non condivise le parole dirompenti che don Bussu usò per “dimettersi” da cappellano, ma lo sostenne ugualmente perché certo che il suo prete agiva in pace con la coscienza, da vero cristiano senza steccati.
Ma se è vero che don Bussu è un prete che ha avuto una parte non marginale nella sconfitta del terrorismo italiano (Gozzini lo ha ribadito più volte), altrettanto vero è che don Bussu è battagliero nato, direttore del settimanale diocesano L’Ortobene. Un giornalista inquieto per Cristo, che proprio per questo ha saputo usare uno dei più popolari e diffusi canali di comunicazione di massa di allora: l’agenzia Ansa.
È all’Ansa che consegnò la sua lettera di dimissioni, è l’Ansa che spinse la notizia ovunque. Sempre attento al mondo dell’informazione, probabilmente oggi don Bussu affiderebbe quella sua lettera ai social, a Facebook… anzi, no… credo che si affiderebbe più a Twitter.
Da uomo di Chiesa Don Bussu si è spesso appellato alla laicità della Costituizione italiana, che prevede che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Quanto nella pratica oggi un carcere italiano può garantire questo diritto costituzionale?
Purtroppo l’Italia, quanto a sistema penitenziario, è ancora ferma allo stato delle caverne. Le violazioni dei diritti umani nelle carceri italiane sono quotidiane. Violazioni della legalità accertate in giudizio anche davanti a corti interne, tanto che ormai si parla di una giurisprudenza costante. E non sono io a dirlo, sia chiaro: sono gli stessi dati ufficiali del ministero della Giustizia, a testimoniarlo, e – cosa ancora più grave – le ripetute sentenze di condanna inflitte allo Stato italiano dalla Corte europea dei diritti dell’uomo.
La Corte di Strasburgo ha detto più volte che il primo colpevole, spesso, è lo stato che costringe i detenuti a scontare pene inumane e illegittime. Diversi sono i casi emblematici che fanno della Repubblica italiana uno stato “fuori norma” e parecchio lontano dal rispetto dei diritti fondamentali della persona e dagli impegni assunti formalmente con la sottoscrizione di atti e convenzioni internazionali.
Ancora oggi, dunque, le carceri italiane presentano standard molto bassi. Spesso la Corte di Strasburgo ne ha evidenziato la gravità. Qual è lo stato delle carceri italiane adesso rispetto agli altri paesi?
In una parola: pessimo. Basti pensare che appena qualche anno fa, mentre nella Repubblica Ceca la percentuale dei detenuti in attesa di primo giudizio era ferma all’11 per cento, in Italia toccava la soglia del 42 per cento. Una vera e propria cancrena che lascia l’Italia indietro rispetto al resto dell’Europa e al mondo occidentale.
Una misura eccezionale – la “custodia cautelare” o “detenzione preventiva” – che invece diventa sistematica, “perché in Italia non si riesce a concludere i processi in tempi ragionevoli”, come denunciava già nel 1991 Mario Gozzini. Significa che oggi quasi il 20 per cento dei detenuti è in carcere da innocente, visto che “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”, come recita l’articolo 27 della Costituzione repubblicana.
Che uomo è oggi Don Bussu? Si sente ancora, nonostante l’età, un combattente sacerdote?
Don Bussu resta il leone di sempre, anche se “la vecchiaia avanza e le forze non sono più quelle di prima”, scherza con la sua tipica autoironia. A quasi novant’anni, dopo essersi ritirato dalla vita pubblica è in cerca del meritato riposo. Ma è comunque sempre pronto a rifare quello che ha fatto, se ci dovessero essere le stesse condizioni di quel Natale 1983, quando uscì dal supercarcere nuorese di Badu ‘e Carros sbattendo i cancelli, mentre quasi in contemporanea papa Wojtyla entrava in una cella di Rebibbia per visitare il suo attentatore Alì Agca.
A dihttps://www.tpi.it/2017/04/26/salvatore-bussu-prete-lotta-diritti-terroristi-carcere/#r a don Salvatore Bussu cappellano del supercarcere Badu ‘e Carros dal 1981 al 1984 e autore del libro “Un prete e i terroristi. Attraverso Badu ‘e Carros un viaggio nel mondo dell’eversione” qui http://iltaccuinodellevoci.blogspot.it/2014/10/un-prete-e-i-terroristi-di-salvatore.html un ottima recensione con alcuni estratti . E gli articoli della nuova sardegna del
07 gennaio 2004
«Vogliamo riappropriarci della nostra dignità di uomini»
NUORO
.Domenica 11 dicembre 1983. Don Bussu, cappellano a Badu 'e carros da appena due anni, ha un colloquio con sei detenuti politici. Sono stati loro, Alberto Franceschini, Claudio Pavese, Massimo Gidoni, Rocco Micaletto, Franco Bonisoli, Roberto Ognibene, capi dele Brigate rosse rinchiusi nel carcere speciale, a chiedere l'incontro. Gli annunciano di avere cominciato tre giorni prima uno sciopero della fame: «Non vogliamo semplicemente protestare contro le disumane condizioni di esistenza cui ci costringono, e che tu ben conosci perchè le devi sperimentare anche sulla tua persona quando ti viene persino impedito di entrare in sezione a parlare con noi - gli spiegano -. Con questa scelta vogliamo innanzitutto riappropriarci di qualcosa che ci appartiene in modo veramente inalienabile: la nostra identità di uomini, la nostra vita vera, profonda». Qualche giorno più avanti si affiancò a loro anche Giuseppe Federigi.
Don Bussu prova con insistenza a farli desistere, senza successo. Sollecita l'intervento del vescovo Giovanni Melis, che si impegna senza riserve. Parla con Franceschini ma ottiene un cordiale e deciso rifiuto: lo sciopero andrà avanti anche a costo della vita. Dopo la messa della vigilia di Natale il cappellano torna a casa: «Furono ore terribili, dovevo fare qualcosa, a tutti i costi». La decisione fu immediata, impetuosa. Scrisse una lettera di fuoco che mise a rumore l'Italia: «Mentre dei miei fratelli - perchè tali me li sento, chiunque essi siano e qualunque reato abbiano commesso - muoiono lentamente, non posso continuare a esercitare il mio ministero a pochi passi di distanza, come se nulla stia avvenendo. Da oggi perciò interrompo il mio servizio pastorale a Badu 'e carros». Fu subito un caso nazionale e soprattutto politico. Si apri la strada alla modifica dell'articolo 90 della legge di riforma delle carceri del 1975 (l'approdo sarà la legge Gozzini), che fu all'origine del malessere e dello sciopero poichè prevedeva l'isolamento totale della struttura penitenziaria in caso di particolari esigenze di sicurezza.
Badu 'e carros, inaugurato nel settembre del 1969 cominciò nel '77 a ospitare i nomi più importanti del terrorismo. Nell '80 fu teatro di una rivolta guidata dai brigatisti Valerio Morucci, Alberto Franceschini, Mario Rossi e Roberto Ognibene.
e del 14\4\2008
«Vogliamo riappropriarci della nostra dignità di uomini»NUORO.Domenica 11 dicembre 1983. Don Bussu, cappellano a Badu 'e carros da appena due anni, ha un colloquio con sei detenuti politici. Sono stati loro, Alberto Franceschini, Claudio Pavese, Massimo Gidoni, Rocco Micaletto, Franco Bonisoli, Roberto Ognibene, capi dele Brigate rosse rinchiusi nel carcere speciale, a chiedere l'incontro. Gli annunciano di avere cominciato tre giorni prima uno sciopero della fame: «Non vogliamo semplicemente protestare contro le disumane condizioni di esistenza cui ci costringono, e che tu ben conosci perchè le devi sperimentare anche sulla tua persona quando ti viene persino impedito di entrare in sezione a parlare con noi - gli spiegano -. Con questa scelta vogliamo innanzitutto riappropriarci di qualcosa che ci appartiene in modo veramente inalienabile: la nostra identità di uomini, la nostra vita vera, profonda». Qualche giorno più avanti si affiancò a loro anche Giuseppe Federigi.
Don Bussu prova con insistenza a farli desistere, senza successo. Sollecita l'intervento del vescovo Giovanni Melis, che si impegna senza riserve. Parla con Franceschini ma ottiene un cordiale e deciso rifiuto: lo sciopero andrà avanti anche a costo della vita. Dopo la messa della vigilia di Natale il cappellano torna a casa: «Furono ore terribili, dovevo fare qualcosa, a tutti i costi». La decisione fu immediata, impetuosa. Scrisse una lettera di fuoco che mise a rumore l'Italia: «Mentre dei miei fratelli - perchè tali me li sento, chiunque essi siano e qualunque reato abbiano commesso - muoiono lentamente, non posso continuare a esercitare il mio ministero a pochi passi di distanza, come se nulla stia avvenendo. Da oggi perciò interrompo il mio servizio pastorale a Badu 'e carros». Fu subito un caso nazionale e soprattutto politico. Si apri la strada alla modifica dell'articolo 90 della legge di riforma delle carceri del 1975 (l'approdo sarà la legge Gozzini), che fu all'origine del malessere e dello sciopero poichè prevedeva l'isolamento totale della struttura penitenziaria in caso di particolari esigenze di sicurezza.
Badu 'e carros, inaugurato nel settembre del 1969 cominciò nel '77 a ospitare i nomi più importanti del terrorismo. Nell '80 fu teatro di una rivolta guidata dai brigatisti Valerio Morucci, Alberto Franceschini, Mario Rossi e Roberto Ognibene.
Quando don Bussu chiamò «fratelli» le Br
Testardo, don Bussu. Nella rossa Reggio Emilia c'erano i Nomadi e Pierangelo Bertoli decisi a mettere in piedi un megaconcerto pur di portare alla ribalta pubblica la brutalità del regime carcerario cui erano costretti i brigatisti detenuti: l'arcivescovo della città, Camillo Ruini, tuttavia, condannò aspramente l'iniziativa e il progetto musicale mori sul nascere. A Nuoro, invece, il cappellano di Badu 'e Carros, don Salvatore Bussu, andò avanti come un trattore, ascoltò soltanto la voce della sua coscienza di uomo e di prete, chiamò i terroristi «miei fratelli» e per loro usci allo scoperto provocando un ciclone talmente potente che costrinse il ministro di Grazia e Giustizia Mino Martinazzoli ad intervenire.
«Quel giorno don Salvatore non se la sentiva di dire messa come se niente fosse. Era il giorno di Natale del 1983. Con il suo vescovo, monsignor Giovanni Melis, aveva parlato a lungo di ciò che stava accadendo a Badu 'e Carros, il supercarcere di Nuoro, di cui era cappellano. Sei e poi sette brigatisti avevano cominciato lo sciopero della fame». È cosi che prende avvio la ricostruzione della prima rivolta pacifica nella storia dei penitenziari italiani.
«In passato le rivolte erano sempre state molto accese, con uso di bombe artigianali, esplosivi, con scontri diretti, feriti e qualche morto» scrive Annachiara Valle nel suo libro appena uscito con la Rizzoli, 'Parole, opere e omissioni. La Chiesa nell'Italia degli anni di piombo" (266 pagine, 17 euro). «Adesso, invece - prosegue l'autrice, giornalista di Jesus e collaboratrice di Famiglia Cristiana -, si sceglie una via diversa e, due giorni dopo l'ultimo incontro tra Franceschini, Bonisoli e il cappellano, il 7 dicembre, comincia lo sciopero della fame». Alberto Franceschini e Francesco Bonisoli non erano due detenuti qualsiasi: il primo era considerato lo stratega del terrorismo rosso, capo incontrastato delle Br, assieme a Renato Curcio; il secondo era stato nel comitato esecutivo che gesti il rapimento di Aldo Moro. Nati entrambi a Reggio Emilia, venticinque anni fa sia Franceschini sia Bonisoli erano rinchiusi nelle celle del 'braccetto della morte" di Badu 'e Carros. E con loro c'erano tanti altri terroristi della vecchia e della nuova guardia.
Giovani sottoposti a un regime speciale che don Bussu non esitò a bollare come «terrorismo di Stato, non meno condannabile del terrorismo delle Brigate rosse». È questa frase che scatenò il putiferio. È grazie a questa frase, tuttavia, che il Parlamento accelerò la discussione della riforma, arrivata poi con la Legge Gozzini. Avvenimento, quello nuorese, che Annachiara Valle focalizza nel quinto capitolo del suo libro freschissimo di stampa. Avvenimento emblematico e decisivo, nel più vasto panorama del ruolo assunto dalla Chiesa nella triste stagione della lotta armata e nella confusione che ne derivò negli anni seguenti. Una testimonianza coraggiosa, quella di don Bussu cappellano, che la Valle giustamente inserisce nella sua inchiesta, un viaggio spesso doloroso tra i conflitti e le lacerazioni che misero alla prova la tenuta dello Stato democratico e che soprattutto durante il sequestro Moro non risparmiarono neppure gli ambienti ecclesiastici.
«Specchio del mondo che la circondava, la Chiesa accoglieva in sé una pluralità di anime, diverse per sensibilità e visione strategica, e alternava aperture e arrocamenti, rigore e coraggiosa disponibilità all'ascolto». Da un lato le alte gerarchie mediarono tra lo Stato e le Br per il rilascio del giudice genovese Mario Sossi, dall'altro invece sposarono la linea della fermezza nel caso di Aldo Moro. Sul fronte delle parrocchie, intanto, non si fermò mai e poi mai l'opera instancabile e magari silenziosa di sacerdoti semplici come padre Ernesto Balducci o don Salvatore Bussu. «Sono certo - ha raccontato Bonisoli ad Annachiara Valle - che la storia del terrorismo sarebbe stata diversa se a Badu 'e Carros, e in tante altre carceri italiane, non ci fosse stato qualcuno in grado di accogliere il nostro grido e di trasformarlo in positivo».
In Israele è avvenuto un piccolo grande miracolo quasi completamente ignorato dai Media: migliaia di donne ebree, musulmane e cristiane hanno camminato insieme in Israele per la pace. Nel nuovo video ufficiale del movimento Women Wage Peace, la cantante israeliana Yael Deckelbaum canta la canzone Prayer of the Mothers , *La preghiera delle Madri* ,
insieme a donne e madri di tutte le religioni, mostrandoci che la “musica” sta cambiando e deve cambiare. Un miracolo tutto femminile che vale più di mille parole vuote ed inutili.
I fuochi da divertimento a marchio CE(esempio fontane,razzetti),hanno subito negli ultimi anni,un forte depotenziamento,che ne ha limitati i decibel e quindi il polverino esplodente.
Pertanto,quando molti animalisti dicono "vietiamo i botti di capodanno",si stanno riferendo a grossi petardi prodotti illegalmente,dato che in commercio "regolare" non esistono ormai da qualche anno.
Si smetta quindi di demonizzare l'utilizzo dei fuochi artificiali da divertimento con regolare documentazione,ciò danneggia solamente i rivenditori autorizzati alimentando il mercato illegale,con tutte le conseguenze che ogni anno sentiamo il 1 Gennaio