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16.3.18

Io sono libera e non sono una puttana, «Salvatore mio...» È l’unico modo che ho per rendere un briciolo di giustizia a Maria Concetta che non è stata solo una vittima della ‘ndrina calabrese ma anche della nostra ipocrita pochezza che permette alle mafie di esistere




Ci sono storie speciali  che non hanno   temo  ( alcune   a lieto  fine  altre  come  questa   dal triste  finale  )  che toccano il cuore perfino   a  chi   usa  ( o ci  prova  quotidianamente  come nel mio cas)  cuore  e mente per  non essere  d'assente   . Storie    che  coinvolgono  anche  se  vecchie  d'anni  (  la  storia   di Maria   è del  2014\5  )  emotivamente anche chi le racconta: quella di Maria Concetta è una di queste. Una storia simbolo di opposizione alla ‘ndrangheta sulla quale non deve ,  come  per  tutte le mafie  , mai calare l’oblio. Lo dobbiamo  ---  come dice  questo articolo  di http://www.antimafiaduemila.com/  --- a  Maria Concetta   ma  anche    a  tutti  quelli   che in  silenzio    a differenza dei protagonisti dell'antimafia  combattono contro la mafia  le mafie 




al suo coraggio, al suo esempio e alla sua immensa voglia di vivere.


Io sono libera e non sono una puttana, «Salvatore mio...»
È l’unico modo che ho per rendere un briciolo di giustizia a Maria Concetta che non è stata solo una vittima della ‘ndrina calabrese ma anche della nostra ipocrita pochezza che permette alle mafie di esistere


Maria Concetta Cacciola sognava la libertà. Per questo era destinata a morire
Sono all’incirca queste alcune delle parole che Sylvia De Fanti fa dire a Maria Concetta Cacciola mentre porta in scena la sua drammatica vicenda nella trasposizione teatrale “O cu nui. O cu iddi”. Maria Concetta: una donna del Sud che voleva sentirsi libera di vivere la propria vita e la propria femminilità; una donna che voleva sentirsi bella e desiderata. E non per vana civetteria né per cattivo gusto: no. Per una donna che libera non nasce ma, come una bestia in gabbia, viene al mondo per crescere in cattività ed essere figlia, sorella, moglie e madre sottomessa e servizievole in maniera esemplare, l’idea di poter sentire lo sguardo di un uomo posarsi su di sé può essere un’esigenza, profonda e inspiegabile, per sentirsi viva, per poter dire a se stessa: «anche io esisto».È l’esigenza di chi cresce avviluppata e mortalmente intrappolata negli schemi di una cultura che non si è mai liberata della sua arretratezza, nonostante i cambi d’abito e di trucco. Quando ascolto queste due battute, un brivido corre lungo la schiena: un’emozione così forte che trattengo a stento le lacrime.



«In te ho visto la libertà, Salvatore mio».
«Io amo la bellezza: voglio sentirmi libera, io voglio affascinare, voglio sentirmi desiderata».
«Salvatore mio…»In quell’invocazione, amorevole e disperata insieme, sento risuonare la fatica compiuta per cercare di agguantare quella libertà che a Maria Concetta è costata la vita. La libertà di autodeterminarsi a partire dalle cose più banali come la scelta di un taglio di capelli, di un abito o di un rossetto, la libertà di parlare e muoversi senza temere di suscitare gelosie e diffidenza o giudizi sulla propria dubbia moralità. La libertà di vivere la propria femminilità senza sentirsi una “puttana” indegna o un’oca senza cervello, buona solo a letto, a passare da un uomo all’altro. La libertà di esistere senza nemmeno sentirsi un gingillo fragile da proteggere da un mondo di uomini voraci e affamati di sesso, incapaci di rapportarsi a una femmina senza pensare che, prima o poi, la farà cedere e cadere tra le proprie braccia. Chiamarlo amore proprio non si può né si può pensare che tutto questo possa essere una forma di rispetto per la donna in quanto essere debole da salvaguardare.Senza minimamente pretendere di avvicinare la propria alla storia drammatica di Maria Concetta Cacciola, i cui sogni sono stati traditi dal suo Salvatore e che è stata uccisa dalla madre, dal padre e dal fratello per quel desiderio di libertà e quel bisogno di dignità, c’è però un filo rosso che tiene insieme la sua e tante, troppe, vicende di dolore e solitudine, il prezzo da pagare per soddisfare il bisogno di affermare a voce alta e ferma: «anche io esisto».Un bisogno latente che esplode nel momento in cui la vita crea le condizioni utili a farti capire che sotto la gonna e il cappello c’è qualcosa di più di un bel faccino e di un corpo che può essere oggetto delle attenzioni indesiderate di un uomo che sente di avere il potere di disporre di te in virtù della sua posizione. Nel momento in cui la vita crea le condizioni utili a farti comprendere che non c’è nulla di male a volerti sentire bella e desiderabile, pur restando fedele, prima di tutto a te stessa, senza dover necessariamente essere in vendita. Nel momento in cui la vita ti permette di capire che la tua intelligenza ha un valore e non è giusto mortificarti, mortificare il tuo aspetto, per non essere esposta a giudizi e critiche di sorta o al rischio che mani indesiderate scivolino lì dove non vuoi.Un aspetto, per tutto questo, da valorizzare solo in presenza del tuo di uomo, l’unico a autorizzato a portarti in giro abbigliata in un certo modo perché lui sì che può salvaguardarti. Quel bisogno che esplode nel momento in cui la vita ti aiuta a capire che se anche dovessi rimanere sola, senza un compagno che ti protegga, nulla sarebbe perduto né ci sarebbe alcunché di male. Nulla di male nel voler rompere gli schemi sociali e familiari che ti ritraggono sposa soddisfatta di una vita di agi. Romperli scegliendo di mandare all’aria un matrimonio sicuro, per incamminarti sulla via, colma di insidie, che si dispiega nel mezzo della sfida lanciata a tutti, in primis alle tue certezze, per cercare di costruirti da sola e misurarti con le tue forze in un mondo di uomini e pregiudizi. E giocare la tua partita con lavori creati dal nulla, che danno un po’ più di peso al tuo nome, al tuo cervello e alle conoscenze faticosamente costruite, concretizzate in una casa piena dei tuoi libri e del tuo bisogno di intimità, nella quale coltivare la tua indipendenza. L’indipendenza che ti permette di dire, con sorridente determinazione, di «no» a chi vorrebbe possederti anche a rischio di sentirti ripetere: «ma tu così gli uomini li farai sempre scappare».Che continuassero a farlo. Questo è l’unico modo che ho per rendere onore a me e ai sacrifici non solo miei ma di tante che, prima di me, hanno lottato per aprirmi l’orizzonte di quella che ci si affanna a chiamare, con grande enfasi, emancipazione. È l’unico modo che ho per rendere un briciolo di giustizia a Maria Concetta che non è stata solo una vittima della ‘ndrina calabrese ma anche della nostra ipocrita pochezza che fa di un costume, dell’apparenza, l’essenza di un individuo. Quella pochezza che permette alle mafie di esistere.

  il resto della  storia    sugli url in cima  al post  




15.3.18

L'ultima frontiera di C'è posta per te: rendere show il volto della crisi desolante spettacolo di Maria De Filippi. Che sbatte in prima serata storie di ordinaria desolazione. Non più fatti privati, ma vere e proprie colonscopie di un paese che soffre e viene ridotto ad attrazione nuda


ci manca  , ma mi sa  che  ci siamo vicini che  trasmetteranno in diretta  o  in differita     programmi   direttamente  dal cesso  , mentre  facciamo  .... plin plin oppure  ,popo popo   o   mentre  ...... copuliamo o  facciamo attività  onanistica  . Purtroppo  ha  ragione  La  Guzzanti  di cui  ho citato la canzone precedente  




 http://espresso.repubblica.it/visioni/2018/03/07/news/l-ultima-frontiera-di-c-e-posta-per-te-rendere-show-il-volto-della-crisi-1.319305?ref=RHRR-BE

Non c’è nessuna novità nel prendere 
i panni accartocciati dal cesto nello sgabuzzino e decidere di lavarli nella piazza televisiva. È talmente una solfa già vista che quasi non ci si fa più caso. Però quando l’Italietta desolante si ostina a volersi superare, come accade puntualmente tra una busta e l’altra 
di “C’è posta per te”, sorge il dubbio dell’accanimento terapeutico. Non basta più litigare davanti alle telecamere, spruzzare veleno familiare su tutto l’albero genealogico, denunciare corna 
e malefatte dopo l’arrivo del postino 
in divisa. La frontiera è stata ormai scavalcata. E si è passati a storie di ordinaria desolazione, dove la parola crisi si infiocchetta per la prima serata e viene regalata come un piatto ricco al buffet.





Così accade che ci sia una moglie povera ma onesta che per esprimere il suo amore al coniuge si presti ad elencare 
nel dettaglio tutte le difficoltà economiche che l’hanno inaridita. 
Non più fatti privati, ma vere 
e proprie colonscopie di un paese che soffre e viene ridotto ad attrazione nuda 
e cruda. Uno show che si nutre dell’umiliazione dell’altro, mentre Maria passeggia elencando come le Pagine Gialle i sacrifici a cui costringe un’ordinaria esistenza di precariato: «Trentotto centesimi per tre pacchi di pasta lunga, 59 per quattro di pasta corta. E per Natale niente casa di Frozen per la bambina, costava troppo». Nessuna dignità, nello srotolare la storia dettaglio dopo dettaglio, navigando con leggerezza tra le lacrime scomposte dei protagonisti intimiditi dalle luci. E nessun ritegno quando i bambini ricchi entrano 
in studio con mosse provate e riprovate accompagnando l’ospite di turno per regalare assegni, canzoni e cotillon 
in mezzo a trionfali sorrisi. In sintesi, 
uno spettacolo indecoroso. 
Come se la tv fosse un pagliaccio ridente capace di risollevare animi e finanze con una risata, gongolando in attesa dei dati di ascolto del giorno dopo.
Un piccolo schermo col cerone e le scarpe buffe dove chi è preso di mira è quel lato debole dell’umano pubblico che ormai ridotto ai minimi termini si presta a perdere ogni senso della misura. 
Ma quel pagliaccio in realtà è il mostro 
di IT. E prima o poi lo lasceremo 
nella busta.





HO VISTO COSE BELLE
In fondo non si chiede poi tanto a un programma tv: solo di essere brillante, visivamente gradevole, capace di raccontare delle storie, in grado di farci sorridere e perché no, emozionare. Semplice. Ed è quanto ha fatto per 
la seconda stagione Riccardo Rossi con “I miei vinili”. Su Sky arte, 
con intelligenza a 33 giri.



HO VISTO COSE BRUTTE
Luca Tommassini perché 
lo hai fatto. Il passaggio 
da X Factor ad Amici sembra un gesto da marito di mezza età che per l’illusione di una facile giovinezza 
si butta tra le braccia di una blanda ventenne. Ma un curriculum solido come il suo che razza di bisogno 
aveva di essere immerso nell’arena degli urletti formato Instagram?







14.3.18

se a dire che le nemiche delle donne sono le donne è una donna che ha subito abusi e violenze silenzio se lo dice un uomo è sessimo

   
Se un uomo ( anche il sottoscritto scrisse sulla sua bacheca di fb tempo fa disse   la stessa cosa  ed  fu  violentemnete  ataccato dalle  femministe  fra cui  una sua migliore  amica  ) dice che il Risultati immagini per donne  nemiche  delle donnevero nemico Delle donne sono le donne stesse viene bistrattato ed accusato di : sessismo, misoginia e maschilismo . Se lo dice

 ci sono donne che per prime dubitano davanti a questi eventi e che, invece di sostenere, accusano la donna stessa, la vittima stessa". studio medico gratuito centro storico di napoli"Ci sono donne intimamente subordinate alla figura del maschio", si legge ancora, " donne che non giudicano questi comportamenti come molestie, ma come inevitabili avance e che scatenano in loro anche qualche lusinga. Donne deboli che non vogliono vedere i soprusi, che non hanno il coraggio per rendere migliore questo mondo e si limitano ad accettare di buon grado qualsiasi parola di troppo, arrivando anche a giustificare i molestatori. Ecco, io oggi non dico grazie a quelle donne. Non a loro. Troppo spesso l'anno di molte di noi si apre, continua o finisce con una denuncia per molestia sessuale, quando ci va bene. E non grazie alle donne che non alzano la testa o che non sostengono le loro sorelle: cambieremo questo mondo. Donne forti, vi ringrazio. Alle altre donne dico: vi aspetto dall'altra parte. Là dove c'è il coraggio, l'amore per le altre, per voi stesse e magari, forse, un futuro diverso"




una donna che ha subito   recentemente     vedi    qui  molestie e violenze  allora nessuno dice niente  seileznzio.

altro che scarpe rosse 'Com'eri vestita?': in mostra a Milano gli abiti delle vittime di violenza ed femminicidio

ecco   una  bella iniziativa  , altro che le  scarpe  rosse  , per denunciare  gli  stereotipi ed  i  luoghi comuni di genere .

 da http://milano.repubblica.it/cronaca/2018/03/13

"La mia amica mi disse, forse lo hai provocato tu?". E' una delle frasi esposta accanto agli abiti - fra magliette a maniche corte, un pigiama, una sciarpa fuxia - scritta da una donna vittima di violenza sessuale. 'Com'eri vestita?' è la mostra-installazione che, realizzata sulla scia dell'originaria americana, inaugurata qualche anno fa in Kansas, espone gli abiti delle sopravvissute a violenze sessuali, nata per accendere i riflettori sulla domanda che viene posta alle vittime, attribuendo loro una responsabilità nella violenza. La mostra, inaugurata alla Casa dei Diritti di Milano in via De Amicis e organizzata dal Centro antiviolenza 'Cerchi d'Acqua', è visitabile fino al 21 marzo (ingresso libero). Molto spesso alle vittime di violenza sessuale viene domandato: "Che cosa indossavi? Com'eri vestita?". Un interrogativo che contiene una sfumatura accusatoria e colpevolizzante, sottintendendo "l'essersela un po' cercata" e ribaltando l'attribuzione della responsabilità non su chi è autore di violenza sessuale, ma su chi la subisce. Cerchi d'Acqua ha voluto riadattare e sviluppare l'idea della mostra americana calandola nella realtà milanese, territorio in cui opera da molti anni, per smantellare alcuni stereotipi: primo tra tutti l'idea che l'abbigliamento possa essere una causa di violenza e che l'atteggiamento della vittima possa provocarla

13.3.18

In Italia una donna neppure in un ospedale viene rispettata ?Visita choc dal ginecologo: “Perché sei lesbica? Con me avresti cambiato idea”

 IL fatto che trovate sotto é la risposta  ed  un ampliamento  a chi mi dice che sono utopista   quando dico che in Italia é un tabù essere omosessuale / Gay .


Una visita ginecologica di routine si è trasformata in un incubo per una ragazza di 23 anni di Ischia. Il medico, infatti, avrebbe più volte lanciato allusione e battutine, oltre che “un lungo bacio viscido sulla guancia”. La giovane lo avrebbe poi denunciato per molestie sessuali: “Mi ha letteralmente immobilizzato. Ero tesa, non riuscivo a rispondergli”.
Allusioni e battutine, un "lungo bacio viscido sulla guancia" . Maria (nome di fantasia) racconta una visita ginecologica che si è trasformata in un incubo. Perché il professionista, che ha provveduto a denunciare ai carabinieri per "molestie sessuali", l'ha messa a disagio. "Di più, mi ha letteralmente immobilizzato. Ero tesa, non riuscivo a rispondergli".
 
Roma, fine gennaio. Lei ha 23 anni, è di Ischia, dove ha vissuto fino all'età di dodici anni. Bellissima, ma questo non conta. "Ad accendere il medico è stato l'aver appreso della mia omosessualità - racconta, ancora provata, benché siano passate diverse settimane - perché quando gli ho spiegato che non ho avuto rapporti con uomini, è partito sparato: " Se avessi avuto trent'anni di meno avrei provato a farti cambiare idea e ci sarei riuscito"". 
Aspetto borghese e fare educato, il ginecologo - racconta Maria - "mi ha rivolto questa frase insinuante guardandomi negli occhi, mentre mi sottoponeva a una transvaginale" . Imbarazzo, l'auspicio che si tratti di una battuta, benché evidentemente non riuscita. E invece no: da lì, va avanti un controllo che diventa, per lei, una sofferenza: "Mi ha detto: " Perché vai a letto con le donne? Avrò la muffa dentro io, ma trovo strana questa cosa dell'omosessualità. Non credo accetterei un figlio gay" ha continuato. E ancora: "Sei troppo bella, torna agli uomini invece di stare con le tue amichette. Ma non ti manca il rapporto con un uomo?"".

Fino al crescendo, lei immobile e disorientata, quasi impotente, ma soprattutto - spiega - "umiliata " : "" Sei proprio una monella" mi ha detto, tastandomi il seno e riferendosi ai miei tatuaggi" . Maria ha trovato il coraggio di raccontare la storia, che potrebbe avere una coda giudiziaria, sul suo profilo Facebook, in occasione della festa della donna, accompagnandola con una chiosa diventata virale: "Grazie a tutte le donne che ho accanto, che hanno saputo farmi capire il loro disgusto, il loro sostegno, la loro comprensione. Grazie alle donne che sostengono altre donne, le loro battaglie e il loro punto di vista; che possono capire profondamente cosa voglia dire questo tipo di abuso e, vestendo i tuoi panni, sanno darti calore e valore. Questa vicenda è stata per me anche chiarificatrice della natura di chi avessi accanto. Mi sono resa conto che ci sono donne che per prime dubitano davanti a questi eventi e che, invece di sostenere, accusano la donna stessa, la vittima stessa". 
studio medico gratuito centro storico di napoli
"Ci sono donne intimamente subordinate alla figura del maschio", si legge ancora, " donne che non giudicano questi comportamenti come molestie, ma come inevitabili avance e che scatenano in loro anche qualche lusinga. Donne deboli che non vogliono vedere i soprusi, che non hanno il coraggio per rendere migliore questo mondo e si limitano ad accettare di buon grado qualsiasi parola di troppo, arrivando anche a giustificare i molestatori. Ecco, io oggi non dico  grazie a quelle donne. Non a loro. Troppo spesso l'anno di molte di noi si apre, continua o finisce con una denuncia per molestia sessuale, quando ci va bene. E non grazie alle donne che non alzano la testa o che non sostengono le loro sorelle: cambieremo questo mondo. Donne forti, vi ringrazio. Alle altre donne dico: vi aspetto dall'altra parte. Là dove c'è il coraggio, l'amore per le altre, per voi stesse e magari, forse, un futuro diverso".


Ora inizialmente leggendo solo la semplice slide su fcebook credevo che più che molestia si trattasse d'insulri i pesanti ed offensivi . In quanto da quel che so è molestia  (  e  da li il passo  alla  violenza  sessuale  \ stupro  è molto vicino    se  non uguale  )  se:

1) Ricevi attenzioni non richieste o contro la tua volontà“La molestia – spiega l’esperta - è quella pungente sensazione di disagio, tale da alterare le normali caratteristiche di uno stato, di un'azione o di un comportamento, provocata da fattori o agenti interni o esterni, oggettivamente ostili o sentiti come tali. Nello specifico è molestia sessuale qualsiasi atteggiamento rivolto alla vittima non consenziente”.
2) Si rivolgono a te con espressioni “colorite”“Sono comprese tra le molestie sessuali- precisa Migliaccio - espressioni verbali spinte che alludono alla sfera sessuale e atti di corteggiamento ripetuti e rifiutati da chi li riceve: è importante sapere che se c’è anche un contatto fisico nei confronti della vittima, la cui libertà sessuale viene in tal modo limitata, è violenza sessuale”.
3) Subisci un palpeggiamento“ ma anche palpeggiamenti, toccamenti, sfregamenti messi in atto nei confronti di un’altra persona per soddisfare o eccitare il proprio istinto sessuale sono da considerarsi un’intrusione violenta nella sfera sessuale della vittima perché coinvolgono la sua corporeità”, aggiunge l’esperta.


Se la vittima è donna, si parla di violenza di genere: “Questo tipo di violenza - spiega Migliaccio  sempre  su  D  di repubblica   - costituisce una grave forma di violazione dei diritti umani - ovvero dell’integrità, fisica, psicologica, economica della persona - e una privazione della libertà personale, un ostacolo al godimento del diritto a una cittadinanza sicura, libera, giusta. L’ONU e l’UE definiscono “violenza di genere” quella che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di controllo e di dominio sessuale, culturale, sociale ed economico degli uomini sulle donne”. 
Nessun testo alternativo automatico disponibile.
Ora un conto pensarlo o dirlo fra amici ( anche se questo non è bene pero la cultura maschilista \ sessista non si uccide dall'oggi al domani o meglio non si smette di coltivarla \ alimentarla dall'oggi al domani fino a farla estinguere ) ma dirlo e soprattutto farlo verso  un donna   ce  ne passa  . Quindi  come  voi ( noi  )  esercitate possesso su  una  donna    sono legittimate  a rispondervi   come nella foto a sinistra .
E soprattutto   a approvo  quanto  dice  la  ragazza in questione   ,  e qui  mi  tolgo  una soddisfazione  e mi faccio una  risata  😅🤣🤔🙄,  in quanto  dissi io una cosa  simile rivolto ad un determinato tipo di donna  : <<  il vero nemico delle donne sono le  donne stesse  >>  venni etichettato come un  sessista , un misogino ., ecc,Ora  che lo dice  una donna  ,  va  e  capiscilo ha  più  valore  e  non è sessimo   

12.3.18

provare a dalogare con un razzista e sfuggits all'orco \ uomo manesco con la denuncia grazie al figlio

  a  chi mi dice    che   con il miei o precedenti post  :

 che  sono buonista , femminista   ed  menate  varie    si legga  queste storie     poi  se   vuole  ne  riparliamo  .






«Caro coetaneo razzista, spiegami perché mi odi»
Scritta inneggiante al duce e a Luca Traini nei bagni della biblioteca alle Zattere. Una ventenne originaria del Burkina Faso gli scrive: «Vienimi a parlare, vorrei solo capire »

 sempre  dallo stesso giornale  leggi  anche  


La condanna di Ca’ Foscari «I nostri valori sono altri»
«L’Ateneo condanna fermamente le scritte razziste comparse nella nostra sede di Ca’ Foscari alle Zattere. Messaggi di questo tipo sono quanto di più distante dai valori di inclusione che Ca’ Foscari...

MESTRE. Leaticia Ouedraogo, 20 anni, è una studentessa del Collegio internazionale di Ca’ Foscari. Nata in Burkina Faso, all’età di 11 si è trasferita a Bergamo con la madre, raggiungendo il padre. E’ studentessa di lingue. Ha scritto questa “lettera ad un mio coetaneo razzista e fascista” dopo aver appreso della scritta trovata nel bagno della biblioteca delle Zattere, dove lavora. Nella lettera, pubblicata su Linea 20 - il blog degli studenti del Collegio Internazionale   [  e  sotto  riportata   ] - usa intenzionalmente
la parola negra. «Un modo per mettermi allo stesso livello di chi usa questo termine», spiega lei, «per provare a de-costruire il senso di una parola, che arriva dal latino, e che poi si è caricata di connotati negativi. Un termine che non mi fa paura

















Leaty, posso farti una domanda?».

Leaticia: «Certo, dimmi tutto».

M.: «Ma cosa vuol dire negher?».

Leaticia: «Perché me lo chiedi?»

M.: «Perché oggi all’intervallo A. e G. mi hanno detto negher».

Leaticia: «E tu cos’hai risposto?».

M.: «Ehhh niente perché non so cosa vuol dire».

Leaticia: «Ok… Allora, negher vuol dire negro».

M.: «Ohhh!!!».

Leaticia: «Eh sì, ti hanno detto che sei negro. Doveva essere un insulto. Magari credono di essere migliori di te perché loro sono bianchi. Ma tu non ci devi credere, perché non è vero. La prossima volta che te lo dicono, tu rispondi che sei fiero di essere negro. Capito?».

M: «Sì».

***

Questa è una conversazione che ho avuto con il mio fratellino di otto anni al ritorno da scuola. Risiediamo a Bergamo con i nostri genitori, ma studio come fuori sede a Venezia e ci sentiamo spesso al telefono. In otto anni della sua vita, non ho mai pensato che avrei dovuto un giorno spiegargli il razzismo. Sono stata molto ingenua perché, dall’alto dei miei vent’anni, di episodi di razzismo ne ho vissuti. I primi si sono verificati quando avevo all’incirca dodici anni. Ma ero già grande e sapevo difendermi con le sole parole.Ma a otto anni, come si rielabora il razzismo? E io, da sorella maggiore, come lo semplifico il razzismo per un bambino ingenuo? Ancora non lo so. Ma devo trovare un modo di rendere mio fratello immune al razzismo. Proprio come sua sorella. Sì, perché io mi ritengo immune al razzismo: non sono razzista e i razzisti non mi fanno paura, non mi fanno arrabbiare, non li detesto. E oltretutto, ho sviluppato una sottile arma per combattere il razzismo a modo mio. Io rispondo con l’ironia, anzi, il sarcasmo. Faccio fiumi di battute auto-razziste alle quali in generale la gente rimane di stucco. Non sa se ridere o meno. Perché verrebbe da ridere, ma ridere sarebbe politicamente scorretto.Quando la gente comincia a conoscermi, si abitua alle mie battute e comincia a ridere. Quando la gente ride e soprattutto quando la gente riesce a fare battute razziste, ritengo che il mio lavoro abbia avuto successo, semplicemente perché portando in superficie l’ignoranza e ridendone, la si demistifica. Io sono immune al razzismo: questo mi sono sempre detta. E sono sempre stata fiera di aver sconfitto il razzismo. Imperdonabile ingenuità! Nei giorni scorsi nei bagni della biblioteca in cui lavoro come collaboratrice sono state trovate delle scritte fasciste e razziste. “W il duce, onore a Luca Traini. Uccidiamoli tutti sti negri”.Wow. Un momento di profondo respiro. Rileggo la frase di nuovo. Per un bianco, o comunque un non negro, credo che questa affermazione possa suscitare ribrezzo, tristezza, rabbia. In verità non so cosa possa provare un bianco, e non so perché debba essere diverso da quello che può provare una negra quale sono io. Da negra, non mi sento offesa. Sono profondamente confusa che queste scritte si ritrovino in un luogo così culturale, e confusa soprattutto perché probabilmente l’autore è un mio coetaneo.La biblioteca delle Zattere è anche chiamata Cultural Flow Zone: un ambiente giovane e vivace, dove, tra una pausa e l’altra dallo studio, si può spostarsi di sala e vedere una mostra, assistere alla presentazione di un libro o partecipare ad un cineforum. Devo dire che è un ambiente lavorativo umanamente parlando molto stimolante e si può proprio sentire la cultura fluire. Incontro persone diverse tra loro: dagli universitari ai liceali, dal personale tecnico ai docenti, dagli attori e cantanti ai corrieri.Questo ambiente non mi sembra un ambiente razzista, anzitutto perché altrimenti non avrei superato un colloquio in cui concorrevo con molti altri ragazzi bianchi. Tuttavia, è stato un colpo per me vedere queste scritte. Ho tentato a più riprese di immaginare la scena di un ragazzo che come molti altri mi chiede di fare una tessera giornaliera, e lo immagino come il probabile autore delle scritte. E voglio parlargli, capire perché mi voglia uccidere, visto che sono negra.

Sono impaurita, non perché io abbia paura di essere uccisa, ma mi spaventano le ragioni per cui verrei uccisa. Come puoi pensare di uccidere qualcuno solo per il colore della sua pelle? Cosa ti può distorcere così tanto da volere uccidere qualcuno perché non è bianco? Ho le vertigini solo a pensarci. Cosa otterresti dalla mia morte? Io vorrei solo capire. Vienimi a parlare. Voglio essere guardata dritto negli occhi e voglio sentire cosa ti affligge. Perché mi odi? Come mi uccideresti? Come ti sentiresti dopo la mia morte? Saresti felice? Voglio capire i tuoi sentimenti. Vienimi a parlare prima di uccidermi, cosicché io ti possa abbracciare e mostrare un po’ di umanità.
Io non ti odio, non perché io sia gentile. È perché sono profondamente triste per te, provo pietà perché non so come tu sia giunto a questo punto. Mi dispiace per i fallimenti che ci sono stati nella tua educazione. Mi dispiace che qualcuno sia riuscito a manipolarti a tal punto e a convincerti di queste cose. Ti hanno avvelenato la mente e il cuore con questo odio insensato e questo suprematismo bianco. Ti hanno rubato la tua libertà intellettuale e questo non è giusto. Mi sono sempre ritenuta immune al razzismo, convinta che fosse una bassa manifestazione di odio dovuto alla mediocrità intellettuale .Ho sempre attribuito il razzismo ai bigotti. Dovrei sentirmi rassicurata e felice che tutti i miei amici e conoscenti non siano bigotti. Ma a me non basta. A me interessi tu, caro fascista, caro razzista. Credo che tu viva in una grande farsa, un equivoco impensabile. Il valore più grande della tua umanità è l’universalità, perché di umanità ve n’è una sola. Non mi puoi uccidere solo perché sono negra. È una argomentazione inconsistente. Tu non sei fatto per l’ignoranza o l’oscurantismo, semplicemente perché sei umano e sarebbe un tradimento alla tua umanità. Un alto tradimento, imperdonabile a te stesso. Non devi uccidere me, devi uccidere quel mostro oscuro che si nutre delle tue paure e della tua ignoranza, ma anche della tua ingenuità. Ti auguro di sconfiggere questi mostri.


                             Leaticia Ouedraogo

 questa  invece viene 

«Sfuggita all’orco per amore di mio figlio»
Padova, moglie picchiata e insultata per anni davanti al bambino: «Ho denunciato e grazie al Centro Progetti Donna sono tornata a vivere»


di Alice Ferretti






















PADOVA
Ci sono voluti due anni di sofferenza, di paura e soprattutto di coraggio, ma alla fine Claudia (nome di fantasia), 56 anni, ce l’ha fatta. È riuscita a uscire da quel vortice di violenza domestica che l’aveva inghiottita e fatta cadere in un baratro che sembrava non lasciarle scampo.

È fuggita da un marito violento che la insultava con parole peggiori dei pugni, la mortificava e la picchiava, anche di fronte al figlioletto. È stato proprio lui ha darle la forza di dire basta. Di denunciare un orco che ogni giorno seminava il terrore tra le mura domestiche.

Claudia, quando è iniziato per lei il dramma della violenza?

« È stata un’escalation durata anni e culminata con la notte di San Valentino di due anni fa, quando il mio ex marito mi ha massacrato di botte di fronte a nostro figlio che aveva solo 7 anni».

Cos’è successo quel giorno?

«Per l’ennesima volta era tornato a casa ubriaco dopo aver sperperato i soldi dell’affitto con il gioco d’azzardo. Gli ho solo detto che quei soldi ci servivano, che non potevamo andare avanti così e lui è impazzito. Ha iniziato a colpirmi sempre più forte, poi mi ha spinto e mi ha dato un pugno fortissimo in faccia. Il bambino era in casa, ha visto tutto. A un certo punto si è messo in mezzo e ha gridato al padre “Non picchiare la mamma”. Piangeva e tremava dalla paura. Quello è stato il momento in cui ho capito che dovevo dire basta».


L’ha denunciato?

«Ho chiamato i carabinieri. Nel frattempo lui gettava piatti e bicchieri a terra. Quando sono arrivati sul pavimento della cucina c’erano cocci dappertutto. Davanti ai carabinieri mi ha detto “Appena vanno via loro ti ammazzo”. Mi hanno portata al pronto soccorso insieme a mio figlio, in ambulanza. Avevo il volto tumefatto, pieno di sangue, ero frastornata. Lì sono entrata in contatto con le operatrici del Centro Veneto Progetti Donna. Sono loro che mi hanno salvato».

Suo marito è stato arrestato per maltrattamenti in famiglia e lesioni, è stato in carcere due settimane, mentre lei ha iniziato a muovere i primi passi verso una nuova vita.

«Mi sono appoggiata al centro. Uscita dall’ospedale mi hanno condotta, insieme a mio figlio, in una struttura protetta dell’associazione di cui non viene reso noto l’indirizzo proprio per garantire la massima sicurezza. Ero seguita ogni settimana da uno psicologo e avevo ricominciato a lavorare come domestica. Ho da poco ottenuto un contratto di lavoro a tempo indeterminato e sono riuscita a prendere in affitto una casa tutta per me e per mio figlio».

Oggi come si sente?

«Ci sono stati tanti momenti in cui ho pensato che non ce l’avrei mai fatta. Ma ho stretto i denti. L’ho fatto per mio figlio. Oggi sono felice perché siamo usciti da quel tunnel, il passato è solo un brutto ricordo».

Che rapporti ha oggi suo figlio con il padre?

« Lo vede ogni due settimane durante gli incontri protetti con gli assistenti sociali. Ama suo padre, come è giusto che sia, ma mi ripete spesso: “mamma non torniamo a vivere con il papà vero? ”. E io lo rassicuro».

L’ex marito di Claudia ha ottenuto una condanna a un anno e sei mesi di reclusione, con la sospensione condizionale. È stato l’avvocato di Claudia a indicare al giudice l’esigenza di non calcare la mano nonostante anni di maltrattamenti e lesioni. In questo modo, infatti, l’ex marito non ha perso il posto di lavoro come muratore e soprattutto ha conservato la fonte di reddito necessaria a garantire gli alimenti all’ex moglie e al figlio di 9 anni.






la puntata di presa diretta del 10\3\2018 : "Sesso e potere" è stata misogina e sessista ? secondo me no

IL  mio  contattto


Angela Vitaliano10 marzo alle ore 12:06 ·

"Presa diretta" stasera manda in onda uno speciale chiamato "Sesso e potere" (mai titolo fu piu' misogino) e invita a discutere Vittorio Feltri opposto alla Murgia. Ora se volete difendere/proteggere la societa' patriarcale e misogina non e' che dovete fingere di occuparvi delle donne. Perche se mettete questo titolo e invitate Feltri, quello state facendo, fingendo pero' di affrontare un problema. Veramente, non se ne viene fuori. E se nemmeno la tragedia di Cisterna e' riuscita a far smuovere un po' gli animi, non c'e' speranza. Che tristezza. Che pena

che  riporta  anche  il  twitter



“Pensavo che la gogna mediatica fosse finita, invece in Italia si continua dar voce al patriarcato, e a lanciare titoli scandalistici degni dei più beceri tabloid, tipo questo: “Sesso e Potere” 🤮 https://t.co/mxPN6YPD9R
TWITTER.COM




Sembrerebbe   di   si .



E' vero che il titolo è unn po ambiguo o  vergognoso  co,me dicono  le  femministe ma    secondo  il mio modesto parere   è stato     fatto apposta per attirare maschi allupati ( infatti durante la notte : << (....) in silenzio m'ingrossava la cappella \ (....) Ho chiuso un poco gli occhi e con dolcezza \ È partita la mia mano  >>  (  citazione musicale ) . Ma la trasmissione , come ho risposto via facebook ad Angela , è stata onesta e ben fatta anche se avrebbe potuto essere più onesta avrebbero docvuto far parlare anche i maschi gli uomini non misogini e sessisti . E se anche una fogna , indipendentemente in  tale  contesto  " femminista  "  agli   analfaberti  di   ritorno o funzionali visto  che purtroppo  ci sono anche  donne  che  lapensano  come  gli uomini    ed   ai maschilisti sessisti l'importanza della trasmissione  e  degli argomenti trattati  . Infatti   vedendo     tale  puintata  specialmente    questi  spezzoni       che trovate  qui  sotto 






Processo per stupro (A Trial for Rape)
Paese di produzioneItalia
Anno1979
Durata60 min circa
Dati tecniciB/N
Generedocumentario
RegiaLoredana Dordi
FotografiaRony DaopuloPaola De MartiisAnnabella Miscuglio
MontaggioFranco Spaziani
Interpreti e personaggi
  • Fiorella, parte lesa
  • Rocco Vallone, imputato
  • Cesare Novelli, imputato
  • Roberto Palumbo, imputato
  • Claudio Vagnoni, imputato
  • Presidente della Corte
  • Domenico Colaiuta, Pubblico Ministero
  • avv. Tina Lagostena Bassi, difensore di parte civile
  • avv. Titta Mazzucca, difensore imputato
  • avv. Angelo Palmieri, difensore imputato
  • avv. Giorgio Zeppieri, difensore imputato
Premi
Prix Italia for documentaries 1979, nomination International Emmy Award 1979
presi  dalla  pagina dala   pagina   facebook  ufficiale  della trasmissione in questione    https://www.facebook.com/PresaDiretta.Rai/  hanno    fanculo alla faccia  di    Sira Delli Colli   che  invece    di  dialogare e   capire     come   CristinaZiccanu  e  Concetta  Pittau    mi ha     rimosso  dai contatti    contributo a rimettere  indiscussione    quanto  ho affermato    in precedenza     in questi due  miei  post I II   sopratutto il  primo    e mi hanno fatto capire  che  sbagliavo .  InfaTTI  IL che m fa pensare chwe una donna che ha subito non solo molestie e stalking , ma violenze fisiche per essere creduta in Italia deve arrivare una donna famosa come Asia Argento ! In altro modo, te lo sei inventata. Questo è il bel paese ! E intanto dopo anni nei tribunali.. curi le ferite e cerchi di dimenticare s e ti va bene . Che schifo !. Ma soprattutto a che livello siamo . sembra che i fatti alla base del film \ documentario Processo per stupro (A Trial for Rape) è un film del 1979 diretto da Loredana Dordi Fu il primo documentario su un processo per stupro mandato in onda dalla RAI  che  trovate   e potete  vedere  se  avete  stomaci  forti    qui   nella sua  integrità  non  sia mai  successo  o  peggio   sia  passato  in  vano  cosi   come  lo stupro  a  Franca  Rame  o il Massacro del Circeo  solo   per  citare  i più noti  . Ora  va bene      che   anche  i porci  e  i crimnali  abbiano   diritto   alla  difesa   ed  a  potersi difendere  e  che  ci sia  presunzione  d'innocenza   ma    che  ....   cavolo un po' di rispetto  ( vedere  i video sopra  )  per le  donne      trovano    con fatica    il coraggio  di denunciare  ed   andare  in tribunale   .  un po'  di dignità   e  di sensibilità   cazzarola  . 



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