19.4.18

Basta foto su Facebook, mamma e papà si inventano le vignette con protagonista la figlia Il mantovano Diego Tarchini e la moglie Maria Chiara Bertuzzi sono gli autori di "Nina, perché?"


Il mantovano Diego Tarchini e la moglie Maria Chiara Bertuzzi sono gli autori di "Nina, perché?








da http://gazzettadimantova.gelocal.it/tempo-libero/2018/04/18/


Basta foto su Facebook, mamma e papà si inventano le vignette con protagonista la figlia.
Il mantovano Diego Tarchini e la moglie Maria Chiara Bertuzzi sono gli autori di "Nina, perché?" che su Amazon è tra i libri per l'infanzia più venduti
                  di Vincenzo Corrado
Niente foto della figlia sui social, ma un libro di vignetteEcco alcune vignette dal libro 'Nina, perché. Tutti i perché di una bambina di 3 anni' (video a cura di Tecla Biancolatte)
MANTOVA. Nei giorni in cui impazza la polemica sull’opportunità di pubblicare o meno sui social network le foto di Leone, figlio della coppia d’oro del gossip 2.0 Fedez e Chiara Ferragni, c’è chi per la propria piccola ha risolto la questione in un modo alternativo. E creativo.
L’architetto mantovano Diego Tarchini e la moglie Maria Chiara Bertuzzi hanno infatti deciso di non postare più immagini della figlia di tre anni, senza per questo però rinunciare a tenere una sorta di diario che tra qualche anno la piccola potrà rileggere e che con tutta probabilità le strapperà più di una risata. È nato così “Nina, perché”, un piccolo caso editoriale: un libro per bambini che in una settimana ha venduto oltre 400 copie piazzandosi in prima posizione nella speciale classifica di Amazon dei volumi italiani per i più piccoli.
«Nina è un nome di fantasia - spiega Tarchini - e questo è l’unico aspetto non reale del libro, che è costituito da vignette ispirate dalla vita di tutti i giorni. Con mia moglie, infatti, tante volte ci siamo trovati a ridere delle battute involontarie di nostra figlia. Lei come tutti i bambini spesso ha delle uscite davvero particolari: “Nina perché” non è altro che una raccolta di domande di nostra figlia. La vera autrice è lei». Il progetto “Nina perché” non è nato sulla carta, ma sul web. «Tra maggio e giugno del 2016, per evitare di pubblicare troppe foto di nostra figlia sui social network - spiegano Tarchini e Bertuzzi - abbiamo deciso di raccontare attraverso le vignette alcuni episodi divertenti che la vedevano protagonista. Io e mia moglie ci lavorammo insieme per qualche mese e nel novembre 2016 aprimmo la pagina Facebook Nina, perché? e il sito ninaperche.com ». Il libro (10,40 euro su Amazon) raccoglie dunque alcune delle vignette apparse online, rivisitate e corrette.
Ma quali sono i dubbi e le domande della bambina che hanno fatto ridere in primis i suoi genitori e negli anni i quasi 12mila follower della pagina Facebook “Nina, perché”? Un esempio: in una vignetta Nina si dimena in maniera strana e quando la madre le chiede cosa stia facendo lei risponde candidamente che «sto provando a staccarmi dalla mia ombra, non vedi?». C’è poi la vignetta con Nina che chiede se nei biscotti che sta mangiando c’è l’olio di Pasqua (e non di palma). Piccoli sketch involontari, semplici ma efficaci. «Sui social - dice Tarchini - i genitori pubblicano tante foto dei figli ma io non sono così sicuro che tra qualche anno ci saranno adolescenti contenti di essere apparsi davanti a migliaia di persone in pannolino o in altre situazioni imbarazzanti. E così nato il nostro libro».
La vignetta dedicata alla Gazzetta:






18.4.18

Disturbi alimentari, la storia di Lavinia: "Vi racconto come ho perso 81 kg in un anno" Protagonista di questa storia di coraggio e tenacia è la 42enne Lavinia Corona, psicologa e sindaco di Vajont. "Avevo toccato i 171, poi è arrivato anche il cancro, ma non ho mollato"


per  approffondire  


da   messaggeroveneto.gelocal.it/pordenone/cronaca/2018/04/17/


La storia del sindaco Lavinia: "Vi racconto come ho perso 81 kg in un anno"
Vajont, la Corona e la lotta col disturbo da alimentazione incontrollata. «Avevo toccato i 171, poi è arrivato anche il cancro, ma non ho mollato»
di Giulia Sacchi

VAJONT. Quella di Lavinia contro “Attila” è una battaglia lunga più di trent’anni. Una lotta che le ha lasciato tante cicatrici, sul corpo e nel cuore, ma che si è conclusa con una vittoria frutto di determinazione e impegno. Protagonista di questa storia di coraggio e tenacia è la 42enne Lavinia Corona, psicologa e sindaco di Vajont.
Il suo nemico storico, “Attila” come lo chiama lei, è quello che in gergo medico è definito eating, ossia un disturbo da alimentazione incontrollata. «In poche parole abbuffarsi», semplifica Lavinia.
Risultati immagini per Lavinia Corona
Com'era 
Una storia, la sua, che affonda le radici nell’infanzia. «Ho solo un ricordo che lego alla prima abbuffata: avevo meno di dieci anni e passavo le domeniche davanti alla tv – racconta –. Guardando un film western, ho mangiato uno stracchino intero con grissini e bevuto coca cola». Nulla rispetto a quanto avrebbe fatto negli anni successivi. «Sono stata capace di mangiare soltanto a cena due pizze maxi e tre Mc menù al Mc Donald’s», aggiunge.
Le conseguenze delle abbuffate sono facilmente intuibili: Lavinia arriva a pesare 171 chili. Una situazione che ha ripercussioni negative sul suo stato di salute: le vengono diagnosticati il diabete, tre ernie al disco e spondiloartrite alla colonna vertebrale.
Risultati immagini per Lavinia Corona
Com'è   adesso
Queste ultime le costano cinque mesi di immobilizzazione a letto, infiltrazioni e un paio di punture spinali senza esito. Ma nemmeno i problemi di salute frenano le abbuffate. La svolta arriva nel 2013, quando Lavinia è costretta a fare i conti anche con il cancro: in quel momento capisce che deve riprendere in mano la sua vita. I medici sono chiari: con un peso così elevato, le restano al massimo sei mesi di vita.

«Ho capito che dovevo agire e ho iniziato a documentarmi sulla possibilità di un intervento chirurgico per dimagrire: con le diete non c’era verso – spiega –. Il primo ostacolo da superare era trovare un ospedale e soprattutto un chirurgo disposto a prendersi l’onere di operarmi senza fare domande: non avrei mai avuto l’ok all’intervento, se avessi dovuto passare per una valutazione psicologica. Ho fatto il possibile per individuare una soluzione perché non volevo morire».
Lavinia riesce a trovare la struttura sanitaria che nel 2015 esegue il bypass gastrico: sorge nella sua terra, il Friuli. In un solo anno, tra il 2015 e il 2016, riesce a perdere 81 chili: da 171 scende infatti a 90 chili. Ma questa operazione non è la sola che deve subire: si aggiungono le plastiche di ricostruzione in un ospedale emiliano. L’ultimo intervento risale allo scorso 18 gennaio.
«487 punti esterni dopo le diverse operazioni, quelli interni non li conto più – ci scherza su –. Il primo intervento di addominoplastica è arrivato nel pieno della campagna elettorale: era il 28 aprile 2016, 176 punti che non volevano chiudersi, tanto che il 14 luglio sono tornata “sotto i ferri”». Ma Lavinia è più forte del dolore per le operazioni e delle complicazioni che non le danno tregua: guarda dritta all’obiettivo e combatte senza sosta. Un percorso lungo e in salita, ma la meta, sebbene le paure non manchino nemmeno oggi, è stata raggiunta.
Ora ad attendere Lavinia c’è un’altra salita: quella che la porterà al monte Lussari. «Quando mi sono ammalata di cancro e ho deciso di riprendere in mano la mia vita, ho fatto un fioretto: percorre a piedi il sentiero del pellegrino sul Lussari, monte che amo sin da bambina – spiega –. Non sarò sola in questa avventura: vorrei con me il mio chirurgo plastico, la mia psicologa, il mio compagno e la mia migliore amica.
Quest’ultima, in particolare, è stata sempre il mio faro e mi ha sostenuta in ogni scelta. Per compiere la nuova missione mi serve solamente un po’ di “fiato” in più. Mi impegnerò e taglierò anche questo traguardo».


Inoltre  il fatto che  nel parla  pubblicamente  con un blog   e sintomo   che   vuole   farcela   e  cambiare    ma  sopratutto   vuole
  L'immagine può contenere: sMS

Infatti  sempre secondo  lo stesso giornale 





La sua esperienza descritta in un blog

  sempre   second lo stesso giornale 17 aprile 2018

«Quello che racconto è crudo, ma vero. Spero possa servire per aiutare gli altri»


Oggi un blog a puntate, in futuro forse un libro. Lavinia Corona ha deciso di raccontare la sua storia nel blog “Aggiungi un posto a tavola”, consultabile alla pagina weblavydoc.blogspot.it. La scelta di questo canale non è casuale. «Mi consente di scrivere le mie riflessioni anche in ordine sparso e senza l’impegno che richiede un libro, ma soprattutto di arrivare in maniera più rapida ai giovani e a quanti stanno combattendo la mia stessa battaglia – spiega –. L’auspicio è che la mia storia, con vittorie e innumerevoli cadute, possa aiutare anche solo una persona nel suo cammino di vita o almeno riesca a strappare un sorriso».
Lavinia non usa mezzi termini nel racconto: non c’è nulla di edulcorato. La realtà è una sola, dura e dolorosa. «Quello che scrivo è crudo ma vero – afferma –. Non seguo un ordine, tant’è che nel blog parto dalla fine del mio percorso. Procedo per puntate: per ora ne ho pubblicate quattro».
A Lavinia sta a cuore il messaggio che col blog [https://lavydoc.blogspot.it/] vuole lanciare. «Voglio far capire alle persone che si può uscire da quello che all’inizio appare come un tunnel in cui non si intravede la luce – osserva –. La fatica è notevole e non bisogna forzare la mano. D’altronde, se non si tocca il fondo, non si può risalire». Lavinia né nasconde le sue paure di oggi né nega che “Attila” è ancora presente. «Pure le fissazioni sono difficili da cancellare – conclude –. Quando vado al ristorante o in una sagra, prendo ancora le misure: prima di sedermi al tavolo, calcolo se c’è lo spazio giusto per passare. Sono sì cambiata, ma fuori. Nella mia testa sono obesa e lo sarò per sempre». (g.)

Ecco perché il razzismo è subdolo , da imbecilli ed ignoranti. aggressione ed insulti razzisti a Paolo Diop è nero, senegalese .ed Si dichiara orgogliosamente fascista, ha militato in Casapound



Permetto che non condivido la sua scelta culturale ed ideologica .  Forse un po' affrettata dovuta alla scarsa conoscenza della storia d'Italia . Ma qui si tratta di


razzismo (raz·zì·ṣmo/ )
sostantivo maschile
Ogni tendenza, psicologica o politica, suscettibile di assurgere a teoria o di esser legittimata dalla legge, che, fondandosi sulla presunta superiorità di una razza sulle altre o su di un'altra, favorisca o determini discriminazioni sociali o addirittura genocidio.
estens.
Qualsiasi discriminazione esacerbata a danno di individui e categorie.

ed  ignioranza    che  va   al di  là di  qualsiasi comprendonio  e  che   secondo la storia  che riporto sotto  ( per  la quale  ringraziuo l'amica  ed  utente   Daniela  Tuscano    per  aver  mess    e  condiviso oltre  che  su https://www.facebook.com/compagnidistrada/ appendice  social    del blog   ed avermi fatto conoscere  questa  ottima  pagina   facebook   )    va  al di là  degli  schieramenti ideologici    e  culturali .

Futura
Ieri alle 13:47
Paolo Diop è nero, senegalese ed è arrivato in Italia quando aveva pochi mesi. Si dichiara orgogliosamente fascista, ha militato in Casapound, è responsabile immigrazione del “Movimento nazionale per la sovranità” di Alemanno e Storace, stima tantissimo Salvini ed è un fiero oppositore dello Ius Soli..
Qualche giorno fa, all'uscita di una discoteca di Civitanova Marche, Paolo e la sua ragazza Francesca sono stati fermati da alcuni ragazzi che hanno iniziato a insultarli. Paolo è stato picchiato al grido di “sporco neg*o”, mentre alla sua compagna hanno spaccato un piede.
Un attacco razzista, probabilmente per il fatto di vedere un ragazzo nero con una ragazza bianca. Non sanno che Paolo è un camerata o uno che la pensa probabilmente come loro. Sanno solo che è nero. E per questo va punito.
Tutta la nostra solidarietà a Paolo Diop e a Francesca. Perché il razzismo non guarda in faccia a nessuno, divide il mondo in bianchi e neri, genera odio e violenza. E noi difenderemo sempre, dalla violenza del razzismo, anche chi lo professa e finisce per diventarne vittima. Sperando che prima o poi si capisca che a forza di appiccare incendi, andremo a fuoco tutti e non si salverà nessuno.
Nel frattempo, gli auguriamo una buona guarigione. Magari leggendo un buon libro di Martin Luther King.

Un attacco razzista, probabilmente per il fatto di vedere un ragazzo nero con una ragazza bianca. Non sanno che Paolo è un camerata o uno che la pensa probabilmente come loro. Sanno solo che è nero. E per questo va punito. 
Tutta la nostra solidarietà a Paolo Diop e a Francesca. Perché il razzismo non guarda in faccia a nessuno, divide il mondo in bianchi e neri, genera odio e violenza. E noi difenderemo sempre, dalla violenza del razzismo, anche chi lo professa e finisce per diventarne vittima. Sperando che prima o poi si capisca che a forza di appiccare incendi, andremo a fuoco tutti e non si salverà nessuno.
Nel frattempo, gli auguriamo una buona guarigione. Magari leggendo un buon libro di Martin Luther King.

17.4.18

questa non è satira ma insulto e volgarità gratuita il caso scontro Crozza-Benatia sul rigore un Real-Juve,: gara di insulti tra il comico e il difensore

Fa ancora discutere il rigore di Madrid che è costato alla Juventus l'eliminazione dalla Champions League. Nel post partita il difensore bianconero Medhi Benatia aveva parlato di "stupro" riferendosi alla concessione di quel penalty: una definizione su cui Maurizio Crozza ha pesantemente ironizzato durante il suo show 'Fratelli di Crozza' in onda su Nove. Benatia ha risposto in modo altrettanto volgare al comico genovese, affidandosi a una storia pubblicata su Instagram


Mi chiedo    e  chiedo a    :  Crozza  ma si può fare comicità senza insultare ed usare in maniera gratuita la volgarità ?  a  Medhi Benatia bastava   dirgli    che è  un semplice idiota o un semplice vaf non serviva essere cosi volgare   come   lui  ? 

storie di bullissimo , di stalker

 in sotto  fondo 

una delle tante  storie  di bullismo  

MANTOVA. «Paolo, Paolo... apri la porta, ti prego, apri...». Ha bussato e implorato per venti, trenta interminabili secondi. Poi, capito che il ragazzino non avrebbe risposto, perché non poteva o non voleva, l’insegnante è corsa a dare l’allarme. Paolo (naturalmente non è il suo vero nome, ndr), studente dodicenne, è stato trovato a terra, nei bagni della scuola media, in stato di semincoscienza. La scena appariva come quella di un tentativo di suicidio per ingestione di farmaci. A farlo pensare sarebbe stato un biglietto lasciato dal ragazzo – circostanza questa che ufficialmente nessuno ha voluto confermare – una sorta di motivazione di un gesto, il suicidio, in realtà mai tentato.A smentire che ci sia stata un’ingestione di farmaci sono state le visite mediche a cui Paolo è stato sottoposto dal personale dell’elisoccorso durante il trasporto all’ospedale Poma e in seguito. Quale l’origine di quello che appare un suicidio simulato o, tradotto, una drammatica richiesta di aiuto? Presunti atti di bullismo di cui Paolo potrebbe essere rimasto vittima. Su questo si stanno interrogando sia la scuola che i carabinieri. Sulla vicenda al momento è stato sollevato – comprensibilmente, vista la delicatezza del caso – uno spesso muro di riserbo.«Non posso riferire nulla – è il commento laconico rilasciato dal provveditore agli studi, Novella Caterina – poiché i fatti e la dinamica sono ancora oggetto di accertamento da parte delle forze dell’ordine. Posso dire solo che provveditore e dirigente scolastica, in continuo contatto, stanno seguendo il caso con la massima attenzione e collaborazione con le autorità competenti».Paolo è stato ricoverato nel reparto di Pediatria. Le sue condizioni fisiche erano buone, non così invece il suo stato emotivo, sebbene lo abbiano subito raggiunto i genitori. Il ragazzino sarebbe stato anche visitato da uno psicologo. Sarà innanzitutto a scuola, comunque, che si scaverà sulle cause dell’accaduto. Ai carabinieri spetterà l’invio di una relazione alla Procura dei minori.

proviamo    a metterci  nei panni non solo dele vittime  ma  di chi  ha praticato e  il perchè lo  ha  fatto il bullismo  o nonnismo  o viceversa vedere  il video  di  questo  Cortometraggio sul tema del bullismo diretto dal regista Giuseppe Sorce di Bagheria realizzato a conclusione del progetto "Why not2" Crescere è confronto" dalla scuola media L. Pirandello e dalla scuola elementare F. P. Tesauro di Ficarazzi (PA). Testi di Loredana Caltagirone. Produzione Opera Fotografia. www.operafotografia.it 
Perchè  chi o ha  subito lo ha   fatto a sua  volta  come il sottoscritto  non in maniera  violenta   ma psicologica  
  




c..   quando  io facevo lo stalker 😁🤗🙂😸 non  c'era  tutti questoi mezzi 


Stalker spiava l’amata usando un drone
Le vie della persecuzione possono essere infinite: chiesto il processo per un 53enne di Saonara          di Cristina Genesin














SARMEOLA. 
Le vie della persecuzioni possono essere infinite. Non bastano pedinamenti, chiamate telefoniche e valanghe di sms. Non bastano neppure riprese fotografiche o video. L’ultima frontiera dello stalking passa attraverso il drone impiegato da F. Z. , 53 anni di Saonara, per spiare ogni istante di vita della donna di cui sperava di conquistare il cuore. Una donna 54enne che, fin da subito, era stata chiara: non era interessata a un legame con lui. Quando, dopo la seconda denuncia, era arrivata la nuova segnalazione della vittima che lamentava l’impiego del drone per spiarla, in procura faticavano a crederci. Nella foto trasmessa dalla signora il drone era ridotto a puntino nero nel cielo azzurro sopra la sua casa. Alcuni giorni più tardi, il 15 settembre scorso, la conferma che la donna aveva ragione: bloccato dalla polizia mentre la stava pedinando, nell’auto di F. Z. è stato sequestrato il drone oltre a due videocamere, due tablet, un coltellino. Ora l’uomo rischia di finire a processo: il pm Daniela Randolo ha chiesto il rinvio a giudizio per stalking, ovvero atti persecutori. L’imputato – sotto posto alla misura del divieto di avvicinamento alla vittima e ai luoghi da lei frequentati – è difeso dagli avvocati Michele Grinzato e Chiara Gaiani; la vittima è tutelata dal penalista Federico Bessega.
Nel 2016 inizia la persecuzione. Scatta una prima denuncia, poi ritirata di fronte a un impegno sottoscritto da lui davanti ai carabinieri di non ripetere quei comportamenti. Tempo qualche mese e lo stalker riprende a farsi vivo in modo più ossessivo: si piazza per ore davanti alla sede dell’ufficio della vittima benché ripreso dalle telecamere fisse; la segue quando esce di sera con le amiche; addirittura si stende per terra davanti alla sua auto in sosta mentre la donna va a riprendere
la vettura nel parcheggio dopo la serata in un locale. Viene riproposta la querela e poco dopo appare il drone che la vittima fotografa. Drone sequestrato nell’auto dello stalker la sera del 15 settembre scorso in occasione dell’ennesimo pedinamento


finalmente si sperimenta un modo nuovo d'insegnare religione in una scuola ormai sempre più multietnica e più confessionale

Io di formaziione  cattolica prima  confessionale   poi laica   ,  cresciuto  nell'epoca  di transizione fra   :  il primo concordato quello del 1929   ( patti lateranensi  )   e quello del nuovo concordato o concordato bis ( L'accordo di Villa Madama ) 1984 , lo  dico d'anni   chela religione   va  iinsegnata  in un modo   diverso    sopratutto    visto  che  dal 1992   l'italia sta sempre  diventando   sempre  più multi etnca  . Ebbne   eccoi che a Bologna  ,  nella cattoliccissima  Emilia Romagna  ,  si sperimenta   fra  alti  e  bassi  un  modo  nuovo  d'insegnare  religione  . Un primo passo  ,  se  pur  timido     di laicizzazione  (  che  ancora  tarda  ad  arrivare  )    della scuola  .  

  da  repubblica  d'oggi  

               ILaria Venturi

Patrick prende coraggio, è il faraone: legge la sua parte al centro dell’aula, sguardo basso e copione in mano, viene applaudito dai compagni, proprio lui ragazzino rom che nemmeno voleva recitare. Mario, il protagonista, è gasatissimo.
Afef è la narratrice, introduce poi si ferma mangiucchiandosi le dita: «Ma come sono andata?».

Bologna. L’ora delle religioni: in aula a lezione di dialogo

«Brava, solo alza la voce». I professori incoraggiano. Bruno Nataloni, insegnante di religione, è anche attore. Paolo Bosco, docente di italiano che fa l’ora di alternativa, ha scritto il canovaccio con gli alunni della seconda B tenendo insieme il racconto biblico sul figlio di Giacobbe e Rachele, ripreso anche dal Corano e rivisitato da Thomas Mann in una sua opera.
Dentro c’è tutto: l’amore, i sogni, la cacciata dello straniero, il bivio nella scelta tra vendetta e perdono. Prove di teatro in classe che in realtà sono prove di integrazione. È l’ora del dialogo.
Tra mondi, culture, religioni.
Risultati immagini per Bologna. L’ora delle religioni: in aula a lezione di dialogo
Alle medie Saffi, scuola nel quartiere popolare e multietnico di Bologna, l’ora di religione cattolica si fa insieme all’attività alternativa. Almeno, lo si sperimenta. È un progetto annuale votato dal collegio dei docenti, condiviso coi genitori.
Invece di dividere gli studenti, i quattro insegnanti dell’istituto dove sei ragazzini su dieci hanno genitori stranieri (l’80 per cento in alcune classi), hanno deciso di unire le lezioni stando in aula in due. Un modello che ricorda la cattedra dei non credenti del cardinale Martini, in linea con la pastorale di Bergoglio e del vescovo Matteo Zuppi designato sotto le Torri, che sul progetto non si è ancora espresso. Una sfida in un istituto di frontiera dove cresce tra i banchi un mondo: dal Pakistan alla Romania, dall’India al Marocco.
Risultati immagini per ora alternativa a quella di religioneLa sperimentazione prova a tenere insieme ciò che fuori dalla scuola si divide. «Nel quartiere i nostri studenti vivono in mondi separati tra famiglie italiane e immigrate. Noi che facciamo intercultura in tutte le materie, anche quando insegniamo matematica, non potevamo continuare a dire in queste nostre ore di religione e alternativa: tu con me, tu fuori con gli altri. La società corre in fretta, da noi è già multietnica: ci devi fare i conti», racconta Paolo Bosco. Anche perché in alcune classi chi fa religione cattolica è davvero una minoranza, se non un solo alunno. «Così abbiamo deciso di prendere di petto la questione gettando ponti tra pensiero laico, ateo, di altre fedi e quello cattolico. Nell’insegnamento a scuola la religione è comunque un fatto culturale», spiega Bruno Nataloni.
Nella terza A fanno lezione Giampaolo Pierotti e Francesca Matrà. Tommaso mostra la mano che ha disegnato sul quaderno: ogni dito rimanda a valori come amicizia, fiducia, lealtà. «Il pollice è potere: cosa io posso essere».
Sull’idea di pace nelle religioni la classe ha musicato un rap.
Una strofa l’ha scritta Hamza: «Lo straniero non deve essere costretto a camminare con lo sguardo basso». Bibbia e Costituzione. Precetti religiosi e laici a confronto. L’insegnamento di Gesù, “amate gli altri come voi stessi”, viene visto anche nelle altre fedi e calato nella vita di dodicenni. E allora c’è chi si racconta: «Alle elementari quando mi chiamavano ficcanaso mi nascondevo sotto al banco».
Damiano si accoda: «Mi chiamavano Ciccio pasticcio. Mi infastidiva molto, non devi fare agli altri quello che ferisce te stesso». Alzano la mano. «Se tu aiuti un altro, magari poi quello si ricorderà e farà lo stesso con te», ragiona Sara. «Se mia madre non fosse nata io non ci sarei», suggerisce Nahim. Ale dice la sua: «Anche gli stranieri vanno accolti». Diritto di cittadinanza, osserva l’insegnante di alternativa, mentre il collega di religione mostra la foto di suo nonno emigrato in Colorado.
Ridono: «Non ti somiglia». Poi capita che si parla di Abramo e allora è Iman, musulmana, ad alzare la mano: «Prof, questa storia la so anch’io, posso raccontarla?».



Ma però  c'è ancora   qualcosa  che non  funziona   completamente ( capita   quando  si prova  a sperimentare    metdi nuovi   ed  alternativi  a  quelli  ufficiali )   come dimostra questo articolo qua  sotto preso da https://corrieredibologna.corriere.it/bologna/cronaca/18_aprile_10/


Bologna: ora di «religioni», la bimba costretta a lasciare l’aula
Don Minzoni, la piccola è l’unica a non partecipare al progetto sperimentale sul dialogo interreligioso. La madre: «Mia figlia è sempre stata iscritta all’ora di alternativa che adesso non esiste più. È stato leso un suo diritto»
                       di Daniela Corneo


BOLOGNA - Il Comitato Scuola e Costituzione incontrerà a breve la preside dell’Ic 11 Filomena Massaro per avere chiarimenti sull’ora di «religioni» alla primaria don Minzoni in San Donnino e alle medie Saffi al Pilastro. «Con noi porteremo due famiglie con i figli alle don Minzoni che nutrono dubbi sul progetto e a cui non è stata garantita l’attività alternativa. E inviteremo anche i rappresentanti di altre confessioni religiose», dice il presidente, Bruno Moretto.
Elena Bonora è la mamma di una bimba di terza elementare alla primaria Don Minzoni. L’unica alunna nella sua classe a non partecipare al progetto sperimentale sul dialogo interreligioso avviato quest’anno su proposta della docente di religione e dei suoi colleghi. «Mia figlia — racconta Bonora — è sempre stata iscritta all’attività alternativa e avremmo continuato anche quest’anno, se non ci fosse stato questo progetto che ci è stato presentato come inclusivo. Ma non è inclusivo, perché non contempla il punto di vista degli atei». Quindi la famiglia è rimasta sulla propria posizione, ma la bimba, quando c’è l’ora di «religioni» con l’insegnate di religione cattolica e la collega di attività alternativa in compresenza, lascia l’aula e va in un’altra terza a seguire le lezioni che si stanno facendo in quel momento. «Di fatto — continua Bonora — l’ora alternativa per lei non esiste più. Ho visto leso un mio diritto e siamo stati accontentati con una toppa, senza contare che mia figlia adesso chiede di stare con i suoi compagni, quando per tre anni questo problema non si è mai posto».
Risultati immagini per ora alternativa a quella di religione
Adesso la famiglia dell’alunna si farà affiancare nella sua battaglia da Scuola e Costituzione che sta ricevendo diverse testimonianze di genitori contrari al progetto. A bussare alla porta del Comitato, qualche giorno fa, è arrivata anche Ilaria Bonato, una figlia in quarta alle Don Minzoni. Lei, a differenza di Bonora, al progetto proposto a inizio anno ai genitori ha dato il proprio consenso. «L’ho fatto laicamente — racconta — anche se alcune cose non mi hanno convinta da subito, però avevo notato che l’anno scorso le proposte dell’ora alternativa erano un po’ sfumate ed era diventata un’ora per fare i compiti. Quest’anno ci hanno prospettato di unire la classe e visto che per noi era importante il tema del dialogo interreligioso, abbiamo aderito». Ma Bonato, come altre famiglie atee che hanno aderito alla sperimentazione, avevano chiesto che ci fosse, proprio in virtù della sperimentazione, un maggiore coinvolgimento delle famiglie. «E invece — continua Bonato — non c’è stato e quello che noto è un po’ l’estemporaneità di un progetto che va invece a toccare delle corde molto sensibili. Vorrei fosse un progetto interculturale, più che interreligioso, e che fossero resi noti contenuti, strumenti e programmazione. In caso contrario, l’anno prossimo non aderirò più».


Ma    secondo     ----  sempre  dal corriere  ---    il Circolo Uaar, che riunisce gli atei e gli agnostici razionalisti: «Ben venga lo studio delle religioni, dell’ateismo e dell’agnosticismo, ma senza docenti scelti dal vescovo per insegnare “in conformità della dottrina della Chiesa”». 

Quindi  si è  sulla  buona strada  .  meglio  tardi che mai  .

16.4.18

Disabilità. «Dopo la scuola non c’è nulla: bocciate mia figlia»

è vero che non ci si possa pronunciare sentendo una sola campana, per esprimere un parere anche solamente sommario dovrei conoscere le motivazioni della scuola. Ma  essendo  figlio e nipote  d'insegnanti   fra  cui  ( mia zia  )  specializzata  sull'handicap   e  avendo una cugina in secondo grado  handicappata   penso    che  la madre  abbia ragione  .  

  da   http://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2018/04/08/























Mia figlia Anna ha 15 anni ed è affetta da grave disabilità. Frequenta la terza media di una scuola livornese, ambiente in cui si sente oramai integrata nonostante i limiti imposti dall’handicap e quelli, altrettanto tangibili, di un sistema-scuola non ancora a misura di disabile. È lei stessa a dimostrarmelo ogni giorno, con l’entusiasmo contagioso che mette nel salire sul pullman e nel raccontarmi, a suo modo, le mattine trascorse a scuola, le attività svolte e piccoli aneddoti su insegnanti e compagni.
Anna alle medie è serena, ha trovato la sua dimensione e, per questo, vorrei prolungare quanto possibile la sua permanenza: per non sottrarle una routine che le offre riferimenti saldi (una continuità indispensabile a ogni ragazzo portatore di handicap) e per rinviare un futuro denso di incognite che, da madre, non può non turbarmi. Incognite legate al prossimo passaggio alle superiori, in un ambiente meno raccolto, e soprattutto al futuro di lungo periodo, quando le prospettive di tutela sociale per Anna si faranno più incerte.
Vivo mia figlia nel quotidiano e l’esperienza mi insegna cosa è meglio per lei. È quanto ho fatto presente al consiglio di classe chiedendo di “bocciarla” per rallentarne ulteriormente il percorso, pregando di tener conto delle difficoltà legate alla mia condizione di madre separata e lavoratrice e del contenuto della legge 104/92, che ammette la possibilità di una terza ripetenza in singole classi. Percependo, viceversa, l’intento di non accogliere a priori la mia richiesta. Ho consultato un legale per vedere tutelati i diritti e il benessere di mia figlia. Ma al di là degli aspetti legali e del mero bilancio didattico, mi amareggia che le mie ragioni di madre siano state considerate marginali, così come le esigenze specifiche. Mi sono sentita inascoltata e lasciata a me stessa proprio da chi dovrebbe offrire il primo supporto a me e a mia figlia; da

chi dovrebbe far sì che i valori di solidarietà, empatia, risposta ai bi-sogni specifici dell’alunno disabile richiamati dalle normative non restino lettera morta. Comunque vada spero si decida il meglio per Anna, lei e il suo sorriso sono la mia priorità. Una priorità, mi auguro, condivisa.

Riconciliazione alla cerimonia in ricordo del martirio del beato Rolando Rivi

 ci  vuole  coraggio per  chiedere  perdon  e  scuse   per  colpe  non proprie  . Complimenti  per  il belissimo  gesto     alla signora  Meris  . 
  

Castellarano, durante la funzione nella chiesa di San Valentino Meris Corghi, figlia del comandante partigiano che uccise il seminarista, ha chiesto perdono dal pulpito per il delitto del padre 
                                        di Paolo Riuini




Meris Corghi bacia Rosanna Rivi, sorella del seminarista ucciso


CASTELLARANO. Il 73° anniversario del martirio del beato Rolando Rivi passerà sicuramente alla storia. Non tanto per le centinaia di persone che hanno riempito la chiesa e il piazzale antistante per partecipare alla funzione, e neppure per le tante autorità presenti. Ma per il fatto che per la prima volta c’è stata una riconciliazione per quell’evento gravissimo di sangue commesso 73 anni fa.

La figlia del comandante partigiano chiede perdono per l'assassinio
Castellarano, Meris Corghi, dal pulpito della chiesa di San Valentino, legge il messaggio della riconcializione durante la cerimonia in ricordo del martirio del beatro Rolando Rivi (video Santandrea) 
Quella di ieri rimarrà una data importante per San Valentino perché, fra le navate della pieve matildica, la figlia del comandante partigiano che ha sparato al giovane seminarista, Meris Corghi, ha chiesto il perdono per l’uccisione di un ragazzo che aveva deciso di rimanere fedele alla fede in Cristo fino al martirio. Due famiglie si sono riconciliate dopo oltre settant'anni e il perdono con la sua grande dose di amore ha avuto la meglio su tutto



Il vescovo: ''E' un seme di pacificazione profondo''
Castellarano, monsignore Massimo Camisasca: ''La richiesta di perdono di oggi ha un valore enorme perchè Meris è arrivata a capire che il male è infecondo ed è mortale'' (video Santandrea) - L'articolo
La messa è stata celebrata dal vescovo di Reggio Massimo Camisasca che nell’omelia ha sottolineato l’importanza di andare contro le ideologie che rinnegano Dio e la fede. «Per questo ogni cristiano deve impegnarsi e lottare e non va mai dimenticato che negli anni fra il 1944 e 1946 sono state ben undici i parroci che sono stati uccisi nelle varie rappresaglie fatte sia dai tedeschi che dai partigiani».
Per il vescovo il messaggio di Gesù: “pace a voi”, letto dal Vangelo di Luca che è stato al centro della messa, è sicuramente molto importante «per poter avere un mondo migliore – ha detto – e lontano dalle malvagità». Così come il fatto che molto spesso vengono compiuti gesti negativi senza nessun senso e il perdono può essere la soluzione per poter superare i momenti peggiori. Ed è quello che è accaduto ieri.
Cerimonia per il martirio di Rivi, Bonicelli: "Qui nasce oggi il santuario di Rolando"
CASTELLARANO. Emilio Bonicelli, portavoce del comitato “Amici di Rolando Rivi”, ha parlato dal pulpito durante la cerimonia in ricordo del martirio del seminarista ucciso dai partigiani. E ha annunciato la nascita del santuario di Rivi all'interno della chiesa di San Valentino. LEGGI L'ARTICOLO



Ogni angolo dell’antica pieve era stracolmo di fedeli e i volontari che dovevano mantenere l’ordine hanno faticato non poco per cercare di mantenere dei passaggi liberi. Alla fine, per dare a tutti l’opportunità di poter assistere alla funzione religiosa, ognuno ha cercato di occupare uno spazio più piccolo. C’è stato anche chi, prima della funzione religiosa, si è spinto, forzando i cordoni, fino alla tomba del beato che si trova sotto l’altare per poter andare a dire una preghiera o per farsi il segno della croce per poi tornare indietro soddisfatto.

Martirio di Rolando Rivi, la messa nella chiesa di San Valentino
CASTELLARANO. Quella del 15 aprile rimarrà una data importante per San Valentino perché, fra le navate della pieve matildica, la figlia del comandante partigiano che ha sparato al giovane seminarista Rolando Rivi, Meris Corghi, ha chiesto il perdono per l’uccisione di un ragazzo che aveva deciso di rimanere fedele alla fede in Cristo fino al martirio. La messa è stata celebrata dal vescovo di Reggio Massimo Camisasca che nell’omelia ha sottolineato l’importanza di andare contro le ideologie che rinnegano Dio e la fede.
Nonostante il maltempo e la pioggia che è caduta per tutta la giornata molte persone hanno assistito alla celebrazione all’esterno sul piazzale della chiesa. La messa è stata celebrata oltreché dal vescovo anche dai parroci del comune di Castellarano: don Vittorio Trevisi e padre Antonio Maffucci. Fra i rappresentanti istituzionali presenti c’erano il sindaco di Sassuolo Claudio Pistoni e il sindaco di Castellarano Giorgio Zanni insieme al vice sindaco Paolo Iotti. Non va dimenticato che a Rolando Rivi è stato dedicato, nel sassolese, l’ingresso della traversa sul Secchia e che a San Valentino di Castellarano vi è la piazza delle opere parrocchiali che porta il suo nome.
Un'altra novità, che il vescovo Massimo Camisasca ha accettato, è quella dell’intitolazione di santuario della chiesa di San Valentino. Una proposta avanzata dall’associazione “Amici di Rivi”. L’edificio religioso che risale all’anno mille e che conserva una pala del Garofalo, oltre ad essere dedicata a San Valentino ed Eucladio, sarà anche santuario dedicato al martirio del beato Rolando Rivi che proprio fra quelle navate venne battezzato.  Ora il suo corpo giace in un sarcofago sotto all'altare principale e il 29 maggio, giorno scelto per ricordarlo come beato, le sue spoglie vengono esposte pubblicamente