Gimondi con Merckx |
Ciclismo, è morto Felice Gimondi: malore mentre faceva il bagno a Giardini Naxos. Mercks: "Stavolta ho perso io"
fra gli articoli più interessanti che ho letto e sentito , sia spontanei che forzati usati per coprire le notizie più scomode è questo bellissimo articolo dell'amica e dell'utente Daniela Tuscano . Un articolo intrinseco di nostalgia di un tempo che fu e di come lo dico in musica ed in poesia in quanto essa è la trasposizione canora di una poesia della meta del XIX secolo il tempo passato non ritorna più
Era Gimmi, come si scrive. Non Gimmy né tantomeno Jimmy. Che faticheremmo a pronunciarlo. Gimmi all'italiana, perché era tutto nostro. Gimmi che aveva quasi 77 anni e lo stesso volto di quando ne aveva 20, ruvido, tutto asprezze, forre, tornanti. E fessure. Al posto degli occhi.
Se esisteva un ciclista da francobollo, quello era Gimmi, cioè Felice Gimondi. Antico
pure il nome, ma l'espressione rimaneva quella: mesta, arrancante, sobria. Lo vidi al Poggio di Sanremo nella prima metà dei '70, ormai prossimo alla vittoria, ansante e macilento, e anche allora pareva al ralenti: quasi volesse farci assaporare il suo valore, la pedalata da alpigiano, così rotonda fra tutti quegli spigoli, così completa, perfetta. Ma intendiamoci, lo scatto del ghepardo non gli mancava, e, malgrado l'aria avvilita, non perdonava. Ti tallonava, ti ghermiva, poi era finita: al comando restava solo lui. O quasi.
Già, perché Gimmi il grande avrebbe potuto essere un grandissimo, se la sua bicicletta non avesse incrociato un belga dal nome impronunciabile, quell'Eddy Merckx che mia nonna italianizzava sbrigativamente in "Merse". E, riconosciamolo: anche un ghepardo, un (quasi) fenomeno come Gimmi nulla poteva davanti a "Merse" detto "il cannibale". Ma "Merse", bello in modo insopportabile (poiché anche simpatico, accidenti a lui) di umano aveva poco. Gimmi non so se fosse bello. Ma non si staccava mai dalla sua dimensione terrestre, italiana, anzi lombarda, anzi bergamasca. Certo, da giovani ci piacciono i super-eroi, siamo esterofili, troviamo irresistibile il birignao esotico, e quindi tifavamo Merckx; Gimmi, campione-maratoneta, magari lo tradivi. Ma non lo abbandonavi. E mentre, con gli anni, il corpo di "Merse" si sformava, diventando torpido e incontenibile come un Elvis delle due ruote, Gimmi restava eguale a se stesso, la serietà, la tenacia, le valli, il buon vino.
E viene a scomparire all'improvviso, in un mare quasi africano, non fra le valli ma nelle acque salate, e il tradimento, stavolta, lo avverti tu. Senti il vuoto, capisci solo adesso il piacere dell'onestà. Ma dove stava scritto che Gimmi era prevedibile?
Con la morte, Felice Gimondi ha superato il cannibale. "Stavolta ho perso io" ha commentato a caldo quest'ultimo. A ragione, perché un'uscita di scena così drammatica e plateale ha ridato smalto alle precedenti vittorie di Gimmi, quelle contro Eddy, quelle che Eddy gli soffiava, quelle, tantissime, che rimanevano ed erano tutte sue. Ora le rivediamo, chiare, terse, ora le rimpiangiamo. Gimmi andava bene così. Non ne nasceranno altri. Il quasi-fenomeno, era un genio della porta accanto.
© Daniela Tuscanoconcludo con in sottofondo Gimondi e Il cannibale di Enrico Ruggeri '' - VIDEO
che insieme a : youtu.be/bTTwYqjxjF0
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e la play list sul ciclismo di Massimo Poggini del 4 Maggio 2017 https://www.spettakolo.it/