16.6.22

Ogni parola di rabbia e delusione non sarebbe degna della delicatezza e dignità del gesto di Cloe - di Licia Atzara

sempre  sul caso di Cloe  Leggi anche  
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2022/06/la-solitudine-di-cloe-bianco-la-prof.html

Sfogliando  le  varie  bacheche  social     dei miei contatti   sul  caso do  Cloe  ho  trovato    questo  bellissimo   e più  intenso post  uno di quelli    che riescono a mantenere  un equilibrio  tra mente  e cuore    ,  tra  razionalità  ed  irrazionalità ,   ecc     ho trovato  questo   di un mio  contatto

chi  volesse    trova  qui  https://www.facebook.com/licia.azara  altri  suoi interessanti  post  

Ogni parola di rabbia e delusione non sarebbe degna della delicatezza e dignità con cui Cloe ha deciso di percorrere la strada della sua libera morte. Ma non posso farne a meno, provo rabbia. Ogni volta che le azioni o le parole di qualcuno sono il movente del gesto disperato o estremo di qualcun altro provo rabbia, infinita. Provo rabbia quando sento che qualcuno ha fatto coming out, con ineguagliabile coraggio, e la reazione non è l'accoglienza ma il dito puntato. Provo rabbia con il fatto stesso che sia necessario fare coming out. Sentiamo per caso la necessità di prendere un microfono per dire a tutti "ehi la sai una cosa? sono etero". No affatto, non esiste
nessun bisogno di questo.
E allora perché siamo così abituati a mettere le etichette sugli altri, a creare una linea di demarcazione tra ciò che reputiamo normale e ciò che per il nostro piccolo mondo non lo è? Perché? Trovo una profonda violenza in questo sistema in cui le persone sono portate a doversi dichiarare come appartenenti ad una certa categoria, così che tutti gli ascoltatori possano sancire che si tratta di una categoria diversa dalla propria. Ma chi ce lo dà il diritto di essere il pubblico giusto di uno spettacolo sbagliato, chi?Provo davvero rabbia, vergogna. Ecco, mi piacerebbe che un giorno qualcuno dicesse "senti devo farti una confessione: non sono una persona per bene, sono una persona scorretta, disumana". Capirei il senso di questo coming out, solo di questo. E nutrirei anche speranze sul presente e sul futuro dell'umanità. Ma per ora la strada è lunga, per ora nelle corsie di questo grande supermercato ci piace passare lo scanner sopra le persone, infilarle dentro buste separate e capire chi sta nello stesso sacchetto e chi in sacchetti diversi. Ci piace pensare di essere dalla parte normale, dalla parte più numerosa, dalla parte giusta. In cosa e perché ognuno di noi si possa definire normale o giusto boh, spiegatemelo voi vi prego, perché io non lo capisco. Buon viaggio Cloe, perdona questo mondo, ingiusto, insensibile, miope. Perdonalo perché non è ancora in grado di accettare le meravigliose differenze che ci rendono tutti egualmente unici.

15.6.22

differenza tra violenza femminile e violenza maschile . quando a uccidere il figlio è una donna

  Leggi anche  
https://ulisse-compagnidistrada.blogspot.com/2022/06/lunga-riflessione-sul-bene-e-sul-male-e.html


a  Caldo     mi  viene dare  ragione   a

La piccola Elena è stata uccisa con sette coltellate, chiusa in cinque sacchi e seppellita a poche centinaia di metri da casa.Poi, la sua assassina, ha inventato la storiella del rapimento e costretto gli investigatori ad un lungo interrogatorio per portarla alla confessione.
Dai racconti ne esce una donna gelosa fino alla rabbia, a volte sfogata sulla piccola Elena, per la nuova vita dell'ex compagno con un'altra donna, che rischiava di insidiare il suo ruolo di mamma.Elena probabilmente uccisa per fare un dispetto o, seguendo la scriteriata logica di tanti ex mariti/fidanzati, nè mia e nè di nessuno. Trovare giustificazioni a questo orrore è folle, provare pena per questa donna è fuori da ogni logica sociale.Mostri sono i mariti che uccidono figli e mogli. Altrettanto vale per una madre che alla fine non lo è mai stata.


Poi  calmata la rabbia ( a  freddo  \  a mente  lucida  )  ho seguito il consiglio di un commento di un mio utente \ compagno di strada social : << Mi spiace ma così sarebbe troppo semplice.. Ti consiglio di leggere il post di Lorenzo Tosa, troppo lungo da copiare  >>  . 
Facendo come  suggerisce  Lorenzo tosa  : << Partiamo da un fatto, incontrovertibile: c’è una vittima, la piccola Elena, 4 anni, la più innocente tra le vittime, il più straziante tra i fatti di cronaca degli ultimi anni. E c’è un carnefice, la madre. E nessuna giustificazione possibile per un’atrocità simile. >>, Infatti in casi come questo indipendentemente da chi commette la violenza Non è la giustificazione che va cercata ma la comprensione di un fenomeno, la ricostruzione della dinamica, l’individuazione di un quadro psicologico dell’assassino. Ovviamente senza mettere idue omicidi sullo stesso piano . Infatti
[...] E no, per quanto mi sforzi, proprio non riesco a mettere sullo stesso piano il figlicidio di Mascalucia con uno qualunque dei circa cento femminicidi commessi ogni anno da altrettanti uomini.E non perché sia più o meno grave, ma perché sono diversissime le implicazioni psicologiche che entrano in gioco, lontanissimi i moventi, se non addirittura opposti.Un uomo che uccide una donna sta annichilendo un’altra persona, la sta cancellando dal mondo, e i figli - in caso di tragedie familiari - non sono che “vittime collaterali di un evento principalmente diretto contro partner o ex partner (il 56% del totale)”. Non lo dico io, ma l’Eures, prendendo in esame 131 casi dal 2010 ad oggi.Una donna no. Quando una donna, una madre, uccide in famiglia, colpisce quasi esclusivamente i figli (l’84,6%), mai anche il compagno o il marito. E spesso, in un secondo momento, se stessa.È un atto estremo, intimo, in cui la donna, colpendo il proprio figlio (non a caso quasi sempre piccolissimo) sta colpendo - e punendo - se stessa. Una frattura psichica e fisica assoluta, una scissione della parte più profonda di sé che un uomo, per ragioni biologiche e culturali (che io stesso combatto) non potrà mai provare. [...] 

                                     


Perciò no, chiedersi cosa stesse passando nella mente di Martina Patti mentre uccideva la propria figlia Elena non è né una giustificazione né, men che meno, una lettura “femminista” di una tragedia. Significa non fermarsi alla superficie, abbracciare la complessità, scavare nelle radici profonde di un crimine così orribile, brutale e incomprensibile ai nostri occhi per saperlo affrontare, e possibilmente evitare, domani.L’unica cosa di cui, di sicuro, non abbiamo bisogno sono le gogne social, i tribunali del web, i pelosi confronti tra maschi e femmine (come se fosse una gara di crudeltà ), le categorie di buono o cattivo, bene e male, bianco e nero. Di fronte a una tragedia indicibile come questa, c’èe ci dovrebbe esseere solo silenzi solo dolore, rabbia per quello che poteva essere, nessuna giustificazione, ma solo << [....] ragione, ragione, ragione. Non esistono altre strade. >>

il coraggio di Raffaele Del Gaudio il ristoratore di Forcella e l'umiltà di Willy Gnonto rispetto a donnarumma

Una grande notizia anzi due perchè la siua storia ne continene due insieme .
Vi ricordate di Raffaele Del Gaudio, il ristoratore di Forcella che aveva denunciato quella paranza di ragazzini che l’avevano minacciato dopo aver investito (e mandato in coma) la moglie? Bene. Ieri, grazie alla sua coraggiosa denuncia, la Squadra mobile ha arrestato tre persone, tra cui anche il figlio di un boss di camorra. Tutti e tre finiti in manette con accuse che vanno da lesioni personali
stradali alla violenza privata aggravata dalle modalità mafiose.
La seconda è che lei, Veronica Carrasco, è ormai quasi guarita, dopo trenta giorni da incubo tra la vita e la morte, e si prepara a tornare a casa dall’ospedale. È la vittoria di Raffaele Del Gaudio, del suo coraggio, del suo profondo senso civico.È la dimostrazione che denunciare serve, che non bisogna mai piegarsi, anche quando tutto sembra inutile.Una grande lezione di civiltà.“È semplice” ha commentato lui. “O sei con loro o contro di loro. Mai mezze misure. La camorra è una montagna di merda”.Credo che tutti dovremmo dire a quest’uomo un enorme grazie. E non lasciarlo solo e possibilemtne seguirne il suo esempio . Ecco ora tocca a noi tutti non lasciali soli nei prossimi anni . Dobbiamo essere, chi può nel loro locale, carabinieri e polizia devono poter protteggerli al primo minimo avviso di percolo, accenno di vendetta.

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La  seconda  è  l'atteggiamento   contrapposto   tra   Gianluigi Donnarumma, 23 anni, autore della clamorosa papera in occasione del 5-0.Alla ottima giornalista Rai Tiziana Alla 

La cronista ha parlato del passaggio sbagliato del portiere che ha favorito il gol del 5-0 tedesco, dicendo: "Quello che colpisce, ma non voglio infierire con questo, è che non è la prima volta che ti capita questo tipo di errore quest'anno". Il riferimento è a un'azione dell'ultima Champions League in cui il Paris Saint Germain di Donnarumma ha subìto un gol dal Real Madrid, che poi lo ha eliminato. Donnarumma risponde stizzito con un’arroganza non degna di un campione e di un capitano.è scattato: "Perché parlate di quell'episodio? C'era fallo. Se poi vuoi dare la colpa a me, dammela pure. Sono il capitano, mi prendo le mie colpe, ma vado avanti a testa alta, come ho sempre fatto".


Dall’altra Willy Gnonto, che col gol alla Germania, a 18 anni, 7 mesi e 16 giorni, è diventato il più giovane marcatore della storia della Nazionale italiana. E, intervistato a fine partita, ha dato questa risposta semplice , perfetta   ,  piena  d'umiltà . 


 “Non me ne faccio niente del gol. Dopo una sconfitta del genere sarebbe stata la stessa cosa se avessi segnato io o un altro".Questione di stile, di umiltà,  dunque   di rispetto per i compagni  ma  soprattutto   per chi lavora.Ha solo 18 anni, ma ha dato una lezione al suo capitano






14.6.22

Lunga riflessione sul bene e sul male e sul bacato sistema giudiziario italiano di Madre Maria Vittoria Longhitano

per  chi volesse  saperne di più su di lei  o leggere  altri  suoi post   può  farlo   nei link qua sotto   https://www.facebook.com/BrujulaGlobal/videos/318977110394770
https://www.facebook.com/madremariavittoria.longhitano

 Piccola Elena, Gesù faceva a sé stesso una domanda retorica: "Ma quando il Figlio dell'uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?". No, non la troverà perché fa parte del patrimonio della fede anche la verità cioè la visione della realtà così come è senza alibi ed orpelli e,, soprattutto, senza paura di guardare l'umanità nella sua interezza ossia in quanto capace di bene ma anche in grado di commettere le più innominabili atrocità.
Viviamo in un Paese in cui le vittime diventano vittime almeno tre volte, fino a tutti e tre i gradi di
giudizio e neppure questo basta: gli assassini sghignazzano in faccia alle vittime, gli stupratori
scorazzano felici, pedofili ottengono tutte le attenuanti per non trascorrere neppure un giorno di galera e chi ha commesso stragi scorazza felice per il mondo e tiene banco nelle università.
E le vittime piangono, soffrono, muoiono di crepacuore, bruciano di rabbia....
Ma tutto ciò ha a che fare con una visione antropologica bacata, creata ad hoc per non assumerci le nostre responsabilità.
Sociologismi (è colpa della società!), psicologismi (poverino...aveva un cattivo rapporto col cuginetto!), panzane di tutti o tipi per non accettare che il Bene o il Male sono una SCELTA, frutto del dono della libertà e del libero arbitrio.
Non c'è paese al mondo più lassista dell'Italia nel tutelare i criminali e colpevolizzare le vittime. È scritto persino nella Costituzione che la (non) pena avrebbe lo scopo di recuperare il criminale: cioè non tanto il ladro di prugne ma lo stupratore seriale, il pedofilo, l'assassino, il maltrattante femminicida... Cioè, sotteso al sistema giudiziario italiano, è che nessuno sceglie visceralmente il male ma sono - poveretti! - le circostanze.
Piuttosto che tutelare le vittime... attenuanti, privilegi, premi per chi ha commesso crimini atroci. Puntualmente reiterati: come può cambiare senza un lungo percorso (obbligato tra l'altro ...se si desiderano sconti e attenuanti) chi deliberatamente ha scelto di stuprare bimbi o di sfruttare delle poverette sbattendole sul marciapiede?
Come può cambiare chi può guardare un bimbo negli occhi mentre ne abusa?
Non saranno certamente gli agenti di polizia penitenziaria o gli assistenti sociali a cambiare il cuore e l'indole di chi è capace di atrocità.
La priorità di uno Stato di diritto dovrebbe essere la protezione e la tutela dei piccoli. Chi vuol cambiare, può farlo anche tra le mura di una Casa Circondariale. Negli USA abbiamo decine di esempi: detenuti che fanno adorazione eucaristica in cella, che organizzano preghiere e corsi biblici. È un pentimento sincero e non hanno bisogno di fingere dal momento che non ci sono i famigerati regali o.privilegi della legge Gozzini e vantaggi affini.
No, H. Arendt, il male non è banale, il male è una scelta deliberata, lucida....magari graduale ma noi - se non tra il bene e il male - abbiamo almeno la possibilità di scegliere il male minore. Quasi sempre.
Piccola Elena, vedi ... di là dello status psichiatrico della tua mamma, è già partita la macchina del giustificazionismo.
È colpa del tuo papà, della società, dei nonni....forse, anche tua, Piccola Elena, se sei stata ammazzata senza pietà e gettata via come un rifiuto in una discarica.
Si, l'atomo opaco del male, l'azione diabolica pura che passa attraverso la nostra volontà....
Addio, Piccola....

La solitudine di Cloe Bianco, la prof transgender che si è uccisa dando fuoco al suo camper


    DI COSA  STIAMO  PARLANDO 

Dal coming out a scuola al suicidio, tutta la storia di Cloe Bianco: la prof di fisica uccisa dalla transfobia



Cloe Bianco, l’ex docente trovata carbonizzata sabato mattina in un camper parcheggiato in provincia di Belluno, sarebbe stata uccisa dalla «transfobia opprimente che la circondava». Questo clima ostile, secondo Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay, l’avrebbe spinta a togliersi la vita. Bianco aveva già parlato nel suo blog dei «tentativi di annientamento» e della sofferenza che le causava chi le stava intorno, annunciando le sue intenzioni suicidarie. Il coming out e le sue conseguenze ....  segue  su https://www.open.online/2022/06/15/cloe-bianco-transfobia-suicidio-storia/


Ma  prima    d'iniziare  il post  d'oggi  oltre al classico riepilogo della vicenda che trovate sopra ad inizio Post alla voce divisa stiamo parlando ,a  scanso di equivoci     onde  evitare      possibilmente    accuse o shitstorm   ) , devo  fare una precisazione  :

N.b
NON  STO   FACENDO NESSUN   ELOGIO   O PANEGIRICO   DEL SUICIDIO   , PERCHE'   ESSA  E'   UN SCELTA  PERSONALE    ED  PRIVATA . MA  STO SEMPLICIMENTE  DICENDO    CHE  PER   ALCUNI\E 
 IL SUICIDIO , ATTO   CHE  PER  NOI SOPRATTUTTO QUANDO SI TRATTA  D'AMICI \ CONOSCIENTI  O FAMILIARI   PUO' SEMBRARE  EGOISMO O DI RESA   ,MA PER LORO   E' UNA SCELTA   DI LIBERTA' DA  UN PESO E DALLE SOFFERENZE FISICHE E PSICHICHE

  repubblica  online

La docente era stata allontanata dall'insegnamento. Lavorava nelle segreterie scolastiche e viveva nella "piccola casa a quattro ruote". Sul blog 
l'annuncio del suicidio: "Così termina tutto ciò che mi riguarda". L'avvocata: "In Veneto mancano tutele per le persone transessuali"




AURONZO - Lo scheletro di un camper divorato dal fuoco in mezzo a un bosco tra Auronzo e Misurina, con all’interno un cadavere carbonizzato. È stato scoperto l’11 giugno scorso in provincia di Belluno e quella che si cela dietro quei rottami è una storia di sofferenza che nessuno ha saputo intercettare, capire, risolvere.
Una storia che comincia nel 2015, nel giorno in cui Luca Bianco, insegnante di laboratorio dell’istituto Scarpa di San Donà di Piave, si presenta ai suoi studenti vestito da donna e dice: “Buongiorno a tutti, da oggi sono Cloe”. Sette anni dopo, cercando attraverso i rottami di un incendio misterioso, si inciampa

sul dramma di una persona che prima di morire ha scritto questo: “Il possibile d’una donna brutta è talmente stringente da far mancare il fiato, da togliere quasi tutta la vitalità. Si tratta d’esistere sempre sommessamente, nella penombra. In punta di piedi, sempre ai bordi della periferia sociale, dov’è difficile guardare in faccia la realtà. Io sono brutta, decisamente brutta, sono una donna transgenere. Sono un’offesa al mio genere, un’offesa al genere femminile. Non faccio neppure pietà, neppure questo”.
Non è stato un incidente, quindi, la morte di Cloe Bianco, 58 anni, di Marcon (Venezia) trovata carbonizzata all’interno del suo camper chiamato “la piccola casa a quattro ruote”. Cloe si è uccisa e, prima di farlo, lo ha annunciato in un post nel suo blog dedicato alle persone transgender.


 ecco   i  suo  messaggio  d'addio   ripreso da 

Subito dopo la pubblicazione di questo comunicato porrò in essere la mia autochiria, ancor più definibile come la mia libera morte. In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono. Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica nella mia piccola casa con le ruote, dove ora rimarrò. Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto. Addio. Se mai qualcuna o qualcuno leggerà questo scritto

Nello stesso post allega copia del testamento biologico e di quello olografo, documenti che spiega di avere lasciato accanto al suo corpo assieme al libro che aveva scritto sulla sua esperienza e sulla decisione di diventare Cloe. Una decisione che le era costata la sospensione dal lavoro di tre giorni, oltre all’allontanamento definitivo dall’insegnamento. Per lei, da quel momento in poi, solo posti di lavoro nelle segreterie di vari istituti della provincia veneziana.
“Oggi la mia libera morte, così termina tutto ciò che mi riguarda”, è il titolo del post in cui ha annunciato di togliersi la vita. “In quest’ultimo giorno ho festeggiato con un pasto sfizioso e ottimi nettari di Bacco, gustando per l’ultima volta vini e cibi che mi piacciono” scrive sempre Cloe. “Questa semplice festa della fine della mia vita è stata accompagnata dall’ascolto di buona musica... Ciò è il modo più aulico per vivere al meglio la mia vita e concluderla con lo stesso stile. Qui finisce tutto”.

Il camper bruciato

Le indagini sono state affidate ai carabinieri di Auronzo, che sono arrivati a Luca Bianco controllando l’intestatario del mezzo bruciato. L’esito del Dna darà la certezza, anche se già oggi non ci sono più dubbi sull’identità di quel corpo distrutto dal fuoco.
“In Veneto mancano le tutele per le persone transessuali e la vicenda di Cloe, lasciata sola dalle istituzioni e dalla Regione di Luca Zaia, lo dimostra”, dice alla Nuova Venezia l’avvocata transgender Alessandra Gracis, 64 anni, di Conegliano. “Purtroppo, per quanto riguarda la cura delle persone affette dalla disforia di genere, siamo all’anno zero. Il vero problema è che nel Veneto, nonostante le promesse di Zaia e i suoi obiettivi o tentativi di dar voce a un centro regionale che affronti questa tematica a fianco delle famiglie, non è stato fatto nulla. La legge regionale 22 del 1993 c’è, per tutta l’assistenza necessaria. È rimasta però una lettera morta, dato che la giunta avrebbe dovuto individuare i centri entro 30 giorni. Di giorni ne sono passati oltre 10 mila, senza i necessari adempimenti. Ora siamo davanti al suicidio di una persona transessuale”.
Telefono Amico Italia, ricorda alle persone che stanno vivendo una fase di crisi e di disagio profondo e che hanno pensieri suicidari, che è sempre in linea e a disposizione. Si può parlare con esperti, tutti i giorni dalle 10 alle 24 al numero 02.2327.2327. Oppure si può contattare il Servizio Psicologico inOltre della Regione Veneto al numero verde 800.33 43 43.

12.6.22

A 10 anni rifiuta la medaglia a tavolino con lo sfidante bloccato nel traffico: lo aspetta e vince

 🙌🏻 Il suo avversario è arrivato in ritardo per problemi di viabilità stradale, lui aveva vinto a tavolino la sua categoria; ma nel momento in cui il suo avversario è arrivato al Pala Invent ha deciso di rimettere la medaglia ai giudici e combattere la gara. 🙇‍♂️👏 Questa è la storia bellissima di 𝗘𝗱𝗼𝗮𝗿𝗱𝗼 𝗙𝗘𝗥𝗥𝗔𝗥𝗜, un bambino di 10 anni che ha dato un esempio incredibile di 𝗙𝗔𝗜𝗥 𝗣𝗟𝗔𝗬.

 credo che   se questa  news  riportata  da  https://www.fanpage.it/  è vera  ed  non e  una leggenda metropolitana o inventata    o  una  fake  news  dovremo avere  fiducia  nelle nuove  generazioni  

A 10 anni rifiuta la medaglia a tavolino con lo sfidante bloccato nel traffico: lo aspetta e vince Edoardo Ferrari a 10 anni ha dato a tutti una lezione di vita. Un gesto di lealtà sportiva davvero notevole che l’ha visto rifiutare la medaglia che gli era stata assegnata a tavolino. Il suo avversario è arrivato in ritardo e lui l’ha aspettato e ha voluto combattere il match di kickboxing riconsegnando la medaglia.Edoardo Ferrari ha 10 anni e con un solo piccolo gesto ha fatto capire quali siano i reali valori dello sport. Al Pala Invent di Jesolo, nella finale dei campionati italiani di kickboxing per la categoria Young Cadet 10-12 anni al limite dei 32 chilogrammi nel Light Contact, ha mostrato rispetto e lealtà nei confronti del suo avversario che per pura sfortuna non è riuscito ad arrivare in tempo per il match. Il suo avversario infatti è arrivato in ritardo per problemi di viabilità stradale portando i giudici di gara ad assegnargli la vittoria a tavolino la sua categoria.

Non potevano fare altro, questo è chiaro, nulla contro il povero avversario di Edoardo fermato prima di iniziare dal traffico. "Nel momento in cui il suo avversario è arrivato al Pala Invent ha deciso di rimettere la medaglia ai giudici e combattere la gara" scrive la Federkombat sul proprio account Facebook raccontando con grande orgoglio quanto accaduto esaltando il gesto del piccolo Edoardo diventato immediatamente un campione su tutti i fronti dando una lezione di vita: sportività, professionalità e serietà che non guasta mai nel mondo dello sport.Il piccolo Edoardo ha dunque deciso di consegnare nelle mani dei giudici la medaglia che gli avevano appena conferito per la vittoria a tavolino del match vista l'assenza del suo avversario. Avversario che però, una volta superati i problemi di viabilità, è riuscito a raggiungere il Pala Invent anche se in notevole ritardo. Edoardo non ci ha pensato su due volte e ha voluto combattere quella gara conquistandosi la medaglia sul campo. "Mi hanno chiesto di combattere dopo un paio d'ore – racconta Edoardo – ero un po' titubante sulla scelta che non mi aspettavo, ma ho deciso di combattere nuovamente, anche perché non ero molto soddisfatto di aver vinto a tavolino".


Piccolo, l’imprenditore che dà un terzo degli utili aziendali ai dipendenti: “Sono 5 mensilità in più in busta paga. Più dai, più ti viene restituito






Chiama i dipendenti della sua azienda “collaboratori”, perché “i dipendenti ubbidiscono soltanto”, mentre “i collaboratori partecipano attivamente”. Marco Piccolo è uno degli esempi italiani di
imprenditoria virtuosa: amministratore delegato dell’azienda torinese Reynaldi Cosmetici, Piccolo si ispira a una idea di economia di impresa dove l’inclusività, la sostenibilità, “il senso della vita”, “la cultura del dare” e “l’umanità” sono le basi portanti, perché “più dai, più ti viene restituito”.
Intervistato da Alessandro Milan nella trasmissione “Uno, nessuno 100Milan” (Radio24),




 l’imprenditore spiega l’evoluzione della sua azienda, specializzata nella produzione di prodotti cosmetici per conto terzi: “Da un solo dipendente nel 2000, la nostra attività è cresciuta mediamente del 25% ogni anno e oggi abbiamo 75 lavoratori. La nostra è una piccola azienda familiare cresciuta da zero. Le persone che hanno lavorato con noi sono quelle che hanno determinato il successo dell’azienda. Mangiamo insieme, lavoriamo gomito a gomito, per cui se ci sono degli utili, perché devo tenermeli solo io? Quindi, oltre allo stipendio, agli straordinari e ai premi di produttività, i miei collaboratori prendono un terzo dell’utile prodotto, cioè fino a 5 mensilità in più in busta paga. È semplicemente una restituzione perché nella nostra azienda c’è reciprocità“.
Piccolo spiega la sua filosofia di impresa ‘etica’, che mette al centro il lavoratore: “Noi alle 16.30 fermiamo la produzione e alle 17.00 chiudiamo l’azienda, perché voglio che i genitori stiano coi figli. Diamo importanza al valore sociale dell’impresa e soprattutto alla vita. Non possiamo vedere imprese dove il tempo di lavoro è solo il tempo necessario per guadagnare soldi per vivere fuori. Al contrario, dobbiamo creare luoghi di lavoro dove viviamo e stiamo bene, perché ci passiamo gran parte del tempo. E quindi – continua – nei luoghi di lavoro dobbiamo stare bene ed essere felici. Quando ero più giovane e fondai con mia madre e mio fratello l’azienda, avevamo pochi soldi, non riuscivamo neanche a prendere lo stipendio. Poi lessi la biografia di Adriano Olivetti. E capii che l’economia di impresa è il motore della crescita della società per il bene comune”.
L’imprenditore, che aderisce all’Aipec, l’associazione di imprenditori e imprese per la “economia di comunione”, aggiunge: “L’unica chiave di successo è creare meccanismi ad alto valore aggiunto. L’Italia è la vera culla della cultura, siamo immersi in un brodo culturale pazzesco. Come imprenditori abbiamo il dovere sociale di innovare non solo per il bene dell’impresa, ma anche per le persone e per la comunità. Le aziende devono generare profitto onorevole e contemporaneamente avere impatti sociali e ambientali positivi. Il profitto non deve essere il primo obiettivo”.
Ma la Reynaldi non è solo un’azienda speciale per il suo modello umano di business. “Siamo in un mercato globale dove competiamo con aziende di altri Stati – osserva Piccolo – È evidente che, se le imprese italiane hanno un cuneo fiscale superiore a tutte le altre, le persone di eccellenza, a parità di importo, vanno all’estero”.
E spiega: “La nostra azienda ogni anno investe il 13% nella ricerca e nello sviluppo, creando 40 formule beauty al mese. Tutta la nostra produzione 4.0 è basata su intelligenze artificiali. Abbiamo investito nella sostenibilità riciclando il 97% dei rifiuti e arrivando a zero spreco di acqua di produzione e di emissioni di CO2. E poi ci sono tutti i progetti sociali: le collaborazioni con Don Ciotti, San Patrignano, il gruppo Abele. In breve, la ricchezza della nostra impresa non è solo focalizzata sul vendere una crema cosmetica in più, ma sul costruire delle relazioni. E tutto questo ritorna, perché le aziende di eccellenza sono fatte da persone di eccellenza. Questo è importante da capire”.
Commento critico dell’imprenditore sul credito d’imposta su ricerca e sviluppo destinato alle aziende e, in generale, sullo stato generale delle imprese italiane: “Quella misura non incentiva affatto la ricerca, perché ne beneficiano anche le imprese che fanno ricerca inutile e inefficiente. Non ha senso. Il vero problema in Italia è che c’è sempre la tendenza al ribasso, mentre, al contrario, si dovrebbe spingere al continuo miglioramento. Abbiamo bisogno di figure imprenditoriali che siano oneste, competenti, dotate di cultura e che insieme costruiscano una società – chiosa – Ma bisogna mettersi insieme e non bisticciare sempre. Dobbiamo riuscire a coniugare l’economia di mercato, e quindi il sostegno delle piccole e medie imprese, con la cura degli ultimi, ma in maniera strutturale, non facendo l’elemosina ai poveri o tenendo fuori delle persone. C’è sicuramente il diritto al lavoro, ma chi ha il dovere di creare questo lavoro? Ci vogliono persone intelligenti, oneste e competenti. Ma purtroppo è difficile trovarle”.