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8.6.23

Gilda Sportiello, deputata, mentre allatta suo figlio a Montecitorio. una news che non dovrebbe fare notizia vista la normalità e naturalezza dell'atto

    


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Carolina Rossi• Già seguiC.E.O. @ NOVA OMNIA GROUP .-. CONSOLE ONORARIO .-. LEGGO, SCRIVO E PARLO DI DONNE, DIRITTI, INCLUSIONE, MINORANZE.


Gilda Sportiello, deputata, mentre allatta suo figlio a Montecitorio.
È accaduto ieri mattina.
Una bella immagine, dolce nella sua spontaneità, nella sua normalità.
Eppure.
Può sembrare incredibile nel 2023, ma questa è la prima volta nella storia che una donna allatta in Parlamento.
Vorrei che questa immagine diventasse talmente normale, ovvia, da smettere di essere una notizia.
Cessi di destare scandalo nei bigotti una donna che allatta in un luogo pubblico.
E, soprattutto, non sia un lusso e privilegio di poche, ma diventi norma per tutte le donne fuori di lì che conciliano a fatica lavoro e famiglia, figli e carriera Ecco cosa ci vedo in questa foto, in questa splendida foto.


Pero  allo  stesso tempo  osservo     che La signora nella foto è privilegiata. Penso con tristezza a tante donne che sono sottopagate o che lavorano nelle fabbriche con turni impossibili. In molti luoghi di lavoro le donne NON sono trattate come gli uomini. Per fare figli servono certezze. Le donne oggi vivono nella precarietà, in tutti i sensi. Poi ci sono le nicchie di mercato...quella minoranza che fa notizia.. Ma le altre, la maggioranza conosce bene il verso dantesco..."Quanto sa di sale lo scendere e salir per le altrui scale".  Infatti m i    chiedo E la foto chi gliela ha fatta?
Un momento così intimo, personale può essere un momento di propaganda  oppure  è un atto spontaneo ? Perché gira sui social ? Quante lavoratrici possono fare questo?

7.6.23

Quelle "signorine per bene che giocavano a calcio" e sfidarono il duce: la prima squadra di football femminile



da  https://cultura.tiscali.it/storie/articoli/


Nasceva novant'anni fa a Milano. Libri, articoli e uno spettacolo teatrale prodotto dalle compagnie Meridiano Zero, Teatro Tabasco, Compagnia Vaga per la regia di Laura Garau scritto e interpretato da Michele Vargiu che sta girando l'Italia raccontano la vicenda del Gruppo Femminile Calcistico milanese

                                     di    Francesca Mulas


“Si può essere signorine per bene e da casa e praticare al puro scopo ginnasstico lo sport del calcio”. Così la giovane milanese Losanna Stringaro difendeva novant'anni fa, sulle pagine del quotidiano Il Littorio, il suo Gruppo Femminile Calciatrici, la prima squadra di calcio femminile nata in Italia. L'esperimento, come lo chiamarono le stesse fondatrici, durò poco meno di un anno ma rivoluzionò per sempre la visione dello sport italiano e fu una preziosa prova di coraggio e libertà nel tempo in cui il fascismo imponeva la sua visione autoritaria e oppressiva sulle donne.





La storia, ancora poco nota, è stata ben raccontata dalla giornalista Federica Seneghini che tre anni fa ha dato alle stampe per le edizioni Solferino "Giovinette. Le calciatrici che sfidarono il duce", un saggio che ripercorre la vicenda di Rosetta, Giovanna, Marta, Elena e le altre donne coraggiose che, appassionate di calcio, scelsero di dare vita a una squadra tutta al femminile sfidando i pregiudizi e gli stereotipi che volevano le donne chiuse in casa mentre gli uomini si occupavano di politica, cultura, lavoro e sport.

 Oggi quello stesso incredibile coraggio è al centro di "Le fuorigioco", spettacolo teatrale prodotto dalle compagnie Meridiano Zero, Teatro Tabasco, Compagnia Vaga per la regia di Laura Garau scritto e interpretato da Michele Vargiu che racconta la storia del GFC, il Gruppo Femminile Calcistico milanese nato tra il 1932 e il 1933; lo spettacolo, che da mesi sta girando il Paese, andrà in scena il prossimo 23 giugno a Sestu, provincia di Cagliari, per il festival “Storie di donne, donne e la storia”.



                                 L'attore Michele Vargiu nello spettacolo "Le fuorigioco"

Era l'autunno del 1932 quando un gruppo di ragazze fondò la squadra per sole donne. Nonostante allora questo sport fosse roba da uomini, le intenzioni delle giovani erano serissime: crearono un programma con regole ben precise e lo inviarono a tutti i giornali perché lo pubblicassero, con l'obiettivo di cercare altre donne interessate a entrare in squadra. Il gioco era diverso da quello maschile: le partite erano divise in due tempi da 15 minuti l'uno, si calciava rasoterra e il pallone era "poco più grande di una palla di gomma, di quelle con cui giocano i bambini". Insieme alla nota stampa le "tifosine", come loro stesse si chiamavano, allegarono anche una foto di gruppo realizzata in uno studio fotografico.
Il 26 marzo 1933, davanti a un pubblico di parenti e amiche, ci fu il primo allenamento della squadra, mentre a fine maggio il giornale "Il Calcio Illustrato", l'unico che prese sul serio l'idea e diede spazio alle notizie del GFC, dedicò un'ampio spazio a interviste, commenti, opinioni intitolato "Un'ora con le calciatrici milanesi". Il giornalista notò un gioco piuttosto lento, scarsa abilità e parecchia inesperienza, tuttavia il suo era un punto di vista finalmente serio a fronte di tanti commentatori sarcastici, e sottolineava "poca agilità in corsa, cadute che erano dei crolli, assenza di dribbling, abuso del colpo di punta al pallone, pochissimi i colpi di testa e gli shoots" nel gioco delle ragazze, come riporta lo studioso Marco Giani nell'articolo "'Amo moltissimo il giuoco del calcio'. Storia e retorica del primo esperimento di calcio femminile in Italia" pubblicato nella rivista La Camera Blu del 2017. "Costituiamo una famiglia sempre in aumento, ci vogliamo bene, e continueremo", così Losanna Stringaro al giornalista de Il Calcio illustrato.



Arrivava nel frattempo l'autorizzazione al gioco da parte di Leandro Arpinati, che in quei mesi presiedeva il Coni e la Figc, a patto però che le ragazze giocassero a porte chiuse; le calciatrici furono costrette a chiedere un certificato medico a Nicola Pende, direttore dell’Istituto di biotipologia individuale e ortogenesi di Genova, allora considerato tra i medici più autorevoli dal fascismo, che diede il suo consenso: "Io credo che dal lato medico - scrisse - nessun danno può venire né alla linea estetica del corpo, né allo statico degli organi addominali femminili e sessuali in ispecie, da un gioco del calcio razionalizzato e non mirante a campionato, che richiede sforzi di esagerazioni di movimenti muscolari, sempre dannosi all’organismo femminile. Giuoco del calcio dunque, sì, ma per puro diletto e con moderazione!".
Conquistato il sì dalle autorità politiche e sanitarie, non restava alle ragazze che giocare: la prima partita ufficiale si disputò l'11 giugno 1933 nel campo milanese Paolo Filzi tra le milanesi "G.S. Ambrosiano" e il "G.S, Cinzano" che conquistò la vittoria con una rete a zero su gol di Mina Bolzoni; sugli spalti, un migliaio di persone. Pochi mesi dopo Leandro Arpinati lasciò la presidenza del Coni e il suo posto venne occupato da Achille Starace, gerarca fascista e uomo meno incline alle sperimentazioni rispetto al suo predecessore, che impose la fine del Gfc suggerendo altri sport "più consoni" al genere femminile.
L'esperienza di Elena Cappella, la più piccola della squadra ad appena 14 anni, Giovanna, Gina, Rosetta e Marta Boccalini, Losanna Stringaro, Brunilde Amodeo, Maria Lucchese e le altre giovani coraggiose si concluse così. Se le partite erano terminate restava invece eterno l'esempio del gruppo di coraggiose che scelsero di rompere gli stereotipi e mostrare al Paese che le donne potevano liberarsi dal ruolo di angeli del focolare e cercare divertimento e libertà in un campo sportivo. A queste donne pochi anni fa il Comune di Milano ha intitolato una strada nella zona di Parco Sempione.

La banca le accredita 50mila euro sul conto per errore, lei trova il modo per non restituirli: è tutto legale

da il sito leggo tramite https://www.msn.com/it-it d'oggi 7\6\2023


La fortuna può arrivare in modi inaspettati, ne è un esempio la storia della donna che da un giorno all'altro ha trovato sul suo conto corrente un accredito del valore di circa 50mila euro. Nonostante fosse stato frutto di un errore della banca, la fortunata ha deciso di tenere per sé il denaro e investirlo nell'acquisto di due case a un'automobile, il tutto senza incorrere in problemi legali. Come ha fatto? Ha spiegato tutto in una serie di video pubblicati su TikTok 
che hanno scatenato la curiosità degli utenti.Aprille Franks, influencer americana di Las vegas, nota anche come business e lifestyle coach, ha condiviso la sua straordinaria esperienza su TikTok. Un giorno d'ormai vent'anni fa ha ricevuto un'e-mail che la informava dell'accredito sul suo conto di $ 50.000 (circa 46mila euro). Siccome non era in attesa di alcun pagamento, ha contattato amici e familiari per sapere se qualcuno avesse fatto un bonifico per sbaglio. Poi ha contattato la banca per segnalare lo sbaglio, ma dalla filiale le è stato detto che non c'era alcun errore e la transazione era legittima. Aprille a quel punto ha deciso di tenere i soldi per sé, dal momento che nessuno li aveva reclamati, ma non prima di sentire il parere del suo avvocato in merito.
Il legale le ha consigliato di denunciare nuovamente l'accredito, stavolta per iscritto e conservando la documentazione, e di non toccare i soldi per almeno 30 giorni. Aprille ha anche rilasciato una dichiarazione pubblica a un giornale, in modo da essere certa che - in caso di errore - il legittimo proprietario dei 50mila dollari potesse reclamare la cifra. Ma nessuno si è mai fatto avanti, e la cospicua somma è rimasta legittimamente a lei. Solo mesi dopo la banca l'ha contattata tramite un avvocato chiedendo il rimborso dell'accredito avvenuto per sbaglio, ma era ormai troppo tardi: Aprille si è difesa sostenendo che fosse stata proprio la banca a non aver rispettato la sua stessa policy non avviando un'indagine entro dieci giorni, mentre lei aveva denunciato tutto secondo procedura. «Non ho infranto la legge e sì, sono stato fortunata. Buon per me», ha detto.
Se oggi 50mila dollari possono essere di sicuro una cifra considerevole, quando sono avvenuti i fatti - nel 2000 - sono stati in grado di cambiare radicalmente la vita di Aprille. In un altro video su TikTok la donna, che oggi ha 47 anni, ha spiegato come ha investito la somma. Ha comprato due case, una delle quali è stata poi rivenduta come forma di investimento, e un'automobile.

6.6.23

Sciarada di parole di ©️ Silvia Serra







Sciarada di parole
che s'insinuano
sotto la pelle,
come
linfa che scorre,
silenziosa...
Accurati
i versi che scelgo
per inondar di gioia
il mio
piccolo mondo...
Ricevo
languidi
sguardi
che
sono enigmi
del cuore
o della mente ?
Non voglio lottare,
mai più,
ne' per te
ne' per me...
Voglio
rivivere
all'alba
senza ferite
nascoste,
con te...


                                                                            ©️ Silvia Serra  foto   di      𝓫𝔂 𝓿𝓲𝔃𝓮𝓻𝓼𝓴𝓪𝔂𝓪

quando si continua a parlare di femminicidio e ci sono tutti gli elementi perché se ne occupi esclusivamente la magistratura non è informazione: è voyeurismo sconcio

 

Ho deciso di di smettere   di parlare dell'ultimo femminicidio non per autocensura o  per snob . Ma  Perché   , non mi sto appiattendo a loro ,  come suggeriscono i miei genitori   (generazione II guerra mondiale  cioè  anni  40   )   più se ne parla e più s'alimentano le morbosità ed l'emulazione ed (  vedere post precedente   ) l'ipocrisia ed indifferenza assuefazione della maggior parte della gente .
infatti concord  con il mio  contatto Facebook  

Continuare a scavare in un caso di cronaca dove ci sono tutti gli elementi perché se ne occupi esclusivamente la magistratura non è informazione: è voyeurismo sconcio ed è una parte consistente del problema della violenza di genere che viene ridotta ad un fenomeno da cabaret sul quale far esprimere tutti: anche il solito circo mediatico di conduttrici e conduttori afflitti
dalla loro vanagloria.
Ci sarebbe da chiedersi perché in un programma di intrattenimento del primo pomeriggio della domenica, nel contenitore "per la famiglia" bisogna mischiare gossip, balletti e canzonette con un gravissimo e doloroso fatto di cronaca se non per eccitare le morbosità, alimentare le reazioni violente che poi leggiamo nei social e alzare due punti di share.
Servizio pubblico, come no, la Venier invece di chiudere i commenti su Instagram dovrebbe andare a nascondersi, possibilmente in silenzio.

Ma soprattutto come ho anche ripotato nel titolo

CHE BELLI TUTTI QUEI VERBALI, SE NON C’ENTRA NESSUN POTENTE

Dove sono i garantisti, tra commentatori e politici, che invocavano ispettori e sanzioni quando le fughe di notizie (presunte) riguardano i politici, come è accaduto – solo per citare uno dei casi più recenti – per i giornali che hanno riportato i nomi degli indagati nell’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid della Procura di Bergamo? Dove si sono rintanati i sacerdoti della tutela della privacy, che fine hanno fatto i loro anatemi contro la pubblicazione di verbali e intercettazioni? Saremmo curiosi di capire le ragioni del loro silenzio di fronte allo stillicidio dell’ostensione di ogni particolare della vita e della morte della povera Giulia Tramontano, il cui massacro e le cui vicende intime, e quelle del suo assassino Alessandro Impagnatiello, sono sviscerate in ogni dettaglio tramite le carte giudiziarie.

Come sapranno i nostri più affezionati lettori,

DOVE SONO GLI ALFIERI DI PRIVACY E GARANTISMO

sostiene che le notizie vadano pubblicate sempre e comunque, appena se ne viene a conoscenza, e specie se di rilevanza pubblica, come quando riguardano i rappresentanti delle istituzioni. Chi scrive nell’estate del 2015 fu perquisito due volte dalla Procura di Napoli come conseguenza della pubblicazione di un’intercettazione dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi. Era contenuta in un’informativa di un’inchiesta di quella stessa procura, consegnata agli avvocati dai magistrati medesimi. Quindi nessun un atto non ostensibile. Eppure in quel caso fu avviata, con enorme dispendio di mezzi e di uomini dell’antimafia (addirittura?), una controinchiesta che aveva un unico scopo: scoprire come quelle carte fossero finite nelle mani di un giornalista, tentando pure di individuarne le fonti. Forse perché in quel caso l’intercettazione riguardava l’uomo più potente d’italia e non un privato cittadino, pur se accusato di omicidio? L’articolo sull’intercettazione dell’allora premier suscitò grande indignazione, secondo quello strano principio per cui i diritti e le garanzie di un politico valgono più di quelli di un assassino.

Il femminicidio sistematico e ripetuto è la conseguenza tragica di una società che ha fatto della misoginia una nuova religione di Mary Blindflowers

da

Il femminicidio sistematico e ripetuto è la conseguenza tragica di una società che ha fatto della misoginia una nuova religione. E lo si evince anche solo guardando frammenti di programmi tv dove la donna ha il ruolo sistematico e deprimente di essere bella e silente, dai festival della canzone dove ci sono donne stesse che dicono ah se non fossi stata bella non sarei qua, e presentatori che dicono che dietro un grande uomo..., sempre nelle retrovie..

foto di 𝓫𝔂 𝓿𝓲𝔃𝓮𝓻𝓼𝓴𝓪𝔂𝓪  presa
da  https://www.linkedin.com/in/silvia-serra-94955a203
 

E che dire di quel programma dove una signorina in minigonna insegnava alle donne a cuccare al supermercato? Ma davvero siamo ridotte a questo livello? Ecco, la misoginia la si avverte ogni giorno sull’autobus quando giovani e vecchi tromboni dicono che non ci sono più le donne di una volta, ossia zitte e ubbidienti, che giudicano le donne dal loro aspetto fisico etichettandole o che fischiano quando vedono una donna, come se si rivolgessero a un capo di bestiame o a una gallina. Misogine sono le mamme che dicono alle figlie di imparare a fare i lavori domestici e ai figli maschi di inserirsi nel mondo del lavoro.
Misogine sono le donne stesse, quando pensano che una donna senza figli non sia una donna completa. E della Chiesa vogliamo parlarne?
  Confinata al ruolo di eterna madre, la donna ha un solo compito: riprodursi e ubbidire. Il famoso fate figli del gesuita Francesco... Roba da Medioevo. Potrei aggiungerne altre, tante, ma mi fermo qui. Se non si cambia la mentalità, come può non accadere il peggio?

4.6.23

la condanna di Calderoli per diffamazione ed razzismo non è granchè ma è meglio di niente davanti al razzismo istituzionalizzato

 Ci sono voluti dieci anni, meno del solito visto le lunghezze bibliche ed infinite del nostro sistema giudiziario ma alla fine è arrivata la sentenza: Roberto Calderoli è stato condannato a 7 mesi per diffamazione aggravata dalla matrice razziale per aver definito l’allora ministra Cecile Kyenge “orango”. Dieci anni per 7 mesi di pena (che, per altro, non

sconterà mai purtroppo ) sono uno schiaffo a chi il razzismo lo ha subito e a chi lo combatte. Ma soprattutto per il fatto che oggi, come “premio”, Calderoli è pure diventato ministro, mentre Kyenge è scomparsa dalla vita politica. Oggi che la giustizia punisce una frase razzista, il razzismo è stato istituzionalizzato, diventato maggioranza e poi governo e i ministri parlano addirittura di “sostituzione etnica” ed e sminuiscono ed deriso i valori fondanti delle nostre istituzioni di cui essi stessi fanno parte .Ma un principio, oggi, è stato segnato, almeno quello.anche se  :<< Macché condanna!! È fasulla!!! Non fa neanche un giorno di prigione e non è menzionata nella fedina penale!! Ma è membro parlamentare! Che schifo !! >> ( Da un commento sulla mia bacheca di Facebook ) . 

le 8 montagne recensione

 Ieri  un  sabato   notte  uggioso ed     piovoso    nel panorama  Rai  e  Mediaset  (  o MediasetRai   se  preferite  )  tardo  primaverile  \  estivo      fatto    di repliche   e  di programmi insulsi     ho  visto sulla  piattaforma primevideo il film  le  8 montagne    .  Un film  che  Sull'aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes , l'89% delle 81 recensioni dei critici è risultata positiva, con una valutazione media di 7,9/10.[5] Il consenso del sito web recita: "Paziente, profondo e talvolta un po' pesante, Le otto montagne raggiunge vette mozzafiato nella sua attenta osservazione di un'intima amicizia". Su Metacritic, il film ha un punteggio medio ponderato di 78 su 100 basato su 28 critiche, indicando "recensioni favorevoli". Vincitore    dei premi  

  • 2022 – Festival di Cannes
    • Premio della giuria (ex aequo con EO)


Alessandro Borghi e Luca Marinelli 
in un fotogramma del film

Un  bel  film  ,   un  po' pesante   come   la  maggior  parte   delle  critiche   e troppo lungo   ,  ma  bellissimo   ed  intenso .  Una buona  ,  da  quel  che  mi   hannno raccontato amici  \  che  che  hanno   letto il romanzo ed   visto   il    film  ,   la trasposizione    cinematografica    del  romanzo   omonimo   di Paolo Cognetti Vincitore Premio Strega 2017 Vincitore Premio Strega Giovani 2017Vincitore del Premio ITAS del Libro di Montagna 2017. Sezione Migliore opera narrativa.  La  visione   mi ha portato  indietro nel  tempo   sia    ai  cartoni    di  Heidi    e soprattutto  a  Sui monti con Annette (アルプス物語 わたしのアンネット Arupusu monogatari Watashi no Annetto?, lett. "Storia delle Alpi - La mia Annette") .una serie animata giapponese in 48 episodi prodotta dalla Nippon Animation, che fa parte del World Masterpiece Theater. È stata trasmessa in Giappone dal 9 gennaio al 25 dicembre 1983 sul network Fuji TV e in Italia su Italia 1 nel 1985.La serie è tratta dal libro per ragazzi Tesori tra la neve (Treasures of the snow) del 1950 di Patricia Saint John.
Ed  al l film il vento fa il suo giro un film del 2005, diretto da Giorgio Diritti, basato su una storia realmente capitata a Ostana e osservata dallo sceneggiatore Fredo Valla. Il titolo riprende un proverbio occitano, col significato di "tutto ritorna".Si tratta di un film in lingua italiana, occitana e francese; queste ultime sono sottotitolate in italiano.
Il  film   Le  8  montagne  come    il romanzo   è  La storia di Pietro, del suo amico Bruno e del loro amore per la montagna. Esso  ( il  romanzo  non l'ho letto )   è  << un  raffinato racconto di quanto può essere profondo l'amore che lega gli esseri umani» – Annie Proulx  >> . Se  il  film è  potente, universale e sempre umile, che non è la meno rilevante delle sue qualità   ,     credo  che  lo sia      anche il romanzo      visto  che  è  stato un caso editoriale    a  livello europeo  .  Infatti  la  montagna non è solo neve e dirupi, creste, torrenti, laghi, pascoli,  cascate  , boschi . La montagna è un modo di vivere la vita. Un passo davanti all'altro, silenzio, tempo e misura. Una bellissima   storia di amicizia tra due ragazzi – e poi due uomini – cosí diversi da assomigliarsi, un viaggio avventuroso e spirituale fatto di fughe e tentativi di ritorno, alla continua ricerca di una strada per riconoscersi.  Un perdersi ed  un ritrovarsi  . Non  aspettatevi  un  film  spensierato  e sdolcinato ,  strappa  lacrime   come  credevo anch'io all'inizio   abituato   ai  cartoni animati     di Heidi  e d'Anette    che hanno  caratterizzato  la mia infanzia  ,    non  farebbe   per  voi  ,ma  un film  drammatico   

la nuova legislazione sulla maternità surrogata o utero in affitto arma di distrazione di massa o deriva autoritaria '?

   secondo    me   entrambe  






il femminicidio è frutto della cultura patriarcale di Ivana fabbris e Alessandra Angeli

 con  questi  due     post    non miei     ma  che  mi trovano  d'accordo   ,  d'altronde per   chi  ancora  non

lo  avesse  capito     lo spirito del blog  e  delle  appendici   social   è anche questo  ,   concludo   fino  al prossimo  femminicidio 😡😠     di parlare  di tale  tematica   di cui  faccio    fatica   nonostante    combatta    tutti  i  giorni     contro  il  maschio alfa      che   è in me .  


Fatemi capire: perché si insiste solo a dire "donne, andatevene al primo episodio" o "non andate agli appuntamenti chiarificatori" e non si insegna ai ragazzi, sin dall'infanzia, a sopportare la frustrazione dei no? Sono almeno 30 anni che si vedono genitori avere un atteggiamento sottomesso a bambini resi dei tiranni da un lassismo educativo fatto di infiniti sì, spacciato per libertà e rispetto dei più piccoli senza il contraltare non solo delle regole (spiegate) necessarie alla vita ma anche del dialogo intimo, dell'interesse dei loro stati d'animo, del trasferire comprensione, sicurezza e accettazione. Sbaglierò, ma credo che in buona parte tutto questo sia il germe della volontà di dominio che finisce col crescere a dismisura nel tempo come una pianta velenosa che induce il bambino divenuto anagraficamente adulto a considerarsi ancora come dominante. Sono almeno trent'anni che si incontra l'incapacità genitoriale di comprendere dove finiscono le proprie proiezioni e dove inizia la persona bambino-uomo di domani da formare. Genitori quarantenni che come un sedicenne qualunque non sono in grado di pensare a lungo termine, che non si rendono conto che ogni loro azione coi figli, oggi, produrrà effetti duraturi domani. Si vedono bisogni artificiali indotti insieme a capricci scambiati per necessità primarie e la cecità di non comprendere quanto sia fondamentale insegnare ai bambini, a desiderare. Nel contempo, però, si scopre di continuo la solitudine di tanti bambini, ma più ancora di tanti adolescenti cui nessun genitore parla con profondità e a cui non riesce a trasferire amore e contenimento e troppi altri genitori ancora, essere più adolescenti irrisolti dei loro stessi figli adolescenti. Non sono stata un genitore perfetto, non ho avuto la pretesa di esserlo, sono cosciente dei miei errori e seppur fa male, lo accetto, ma se una cosa l'ho capita ancor prima di diventare madre, è stata quella di rendermi conto che se non avessi affrontato e risolto i miei problemi come figlia, non avrei potuto essere madre. E soprattutto non avrei potuto scegliere che madre e che genitore essere. Comprendere che, contro la cultura distruttiva in cui siamo immersi, esistono anticorpi di cui dotare i figli non è facile, ma ormai pare essere diventato impossibile. Non mi hanno mai convinto i genitori eroi o quelli che si annullano per i figli perché sono comportamenti che ho sempre percepito come una sorta di disarmonia affettiva che passa un messaggio distorto e che crea vuoti emozionali di non poco conto, ma meno ancora in questi trent'anni mi hanno convinto quelli egoici ed edonisti, affettivamente libertini, consumisti e impregnati di disillusione e cinismo spacciato come percorso formativo alla vita del nostro tempo. In una società quale è diventata la nostra, dove la cultura patriarcale che non è mai morta, ha incontrato quella ferocemente individualistica, consumistica e mercantilistica del sistema in cui viviamo, si è creata una sinergia tale per cui sfregiare una vita in qualsiasi modo o addirittura toglierla, non hanno più la valenza umana, etica e morale che dovrebbero avere, specie verso i più fragili o considerati tali, perché la volontà di dominio e il narcisismo, insieme alla spersonalizzazione, fanno sì che i fragili siano considerati come merce ma di valore inferiore rispetto alla media e, laddove rappresentino una responsabilità da assumere, divengono un impedimento alla realizzazione dell'ego di alcuni. Quindi, in quanto ostacolo, sono da rimuovere, distruggere, cancellare. Siamo passati dall'aggressività e i totalitarismi della cultura dell'uomo forte alla violenza, la ferocia e la crudeltà del debole, del bambino mai cresciuto e con l'avallo di una cultura ancora più potentemente distruttiva. È davvero ora di invertire la rotta perché, con simili premesse del contesto sociale, a mio parere le violenze potranno solo peggiorare, numericamente e qualitativamente.

 
Ma un padre che chiede scusa per ciò che ha commesso il figlio lo abbiamo mai visto, lo vedremo mai? Comunque vada è sempre colpa delle madri, come se fossero le uniche ad avere responsabilità educative sui figli. La capacità di mettere al mondo vite viene loro riconosciuta, strumentalmente, solo nel momento in cui c’è da recriminargli qualcosa, puntargli contro il dito per aver generato mostri. I padri sempre defilati, a mo’ di tutela. L’unico risvolto positivo di tutta la storia è la grande solidarietà tra donne che ne emerge, tra le due giovani donne e tra le due madri, perché è solo così che ci si può salvare dai manipolatori del “dividi et impera”.

3.6.23

l'ino di 'italia inno maschilista ? epurazioni da pare di Mameli delle strofe dedicate alle donne

 Inno italiano detto "Inno di Mameli" ma il vero titolo è: Canto degli Italiani e fin qui niente




d'eccezionale e di nuovo . Quello che i più ignorano è che
In origine, nella prima versione dell’inno, era presente un’ulteriore strofa interamente dedicata alle donne italiane: "Tessete o fanciulle / bandiere e coccarde / fan l’alme gagliarde / l’invito d’amor". Venne eliminata dallo stesso Mameli.Nella versione originaria dell’inno, il primo verso della prima strofa recitava «Evviva l’Italia», ma Michele Novaro lo modificò in «Fratelli d’Italia».

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...