16.7.23

dopo il caso di Beatrice Verzi ecco il caso DI Alberto Veronesi direttore del Festival Puccini che ha diretto la boheme bendato

   COSA  E' SUCCESSO 

Alberto Veronesi dirige la Boheme bendato per protesta, il pubblico non gradisce e fischia. Figlio dell’oncologo Umberto, è passato dal Pd a Fdi

Alberto Veronesi dirige la Boheme bendato per protesta, il pubblico non gradisce e fischia. Figlio dell’oncologo Umberto, è passato dal Pd a Fdi

Il direttore del Festival Puccini contro la scelta del regista di ambientare l'opera nel '68 francese. "Non voglio partecipare allo scempio visivo di un autore, che viene stuprato"

Stuprano la Boheme di Puccini e io la dirigo bendato. Ha fatto scalpore la decisione provocatoria del maestro Alberto Veronesi che la sera del 14 luglio sul palco del Gran Teatro Puccini di Torre del Lago è salito con una benda sugli occhi. Rivolgendosi al pubblico ha spiegato: “Non voglio vedere queste scene”.


 Christophe Gayral, regista   di  questa   versione  della boheme  commenta ,  sempre  sul  corriere  del 16\7\2023 il gesto del direttore d’orchestra: «Sapeva tutto fin dall’inizio e non aveva avuto nulla da ridire, quella benda è arrivata dopo le uscite di Sgarbi» .
Ora  
Di prime tempestose e di regie contestate è piena la storia del teatro d’opera. Nel 2015 ad  esempio   alla Royal Opera House il Guillaume Tell firmato da Damiano Michieletto creò scandalo per una scena di stupro, e già alla prima della Scala del 2009 aveva fatto scalpore la sensualissima Carmen di Emma Dante: Zeffirelli se ne disse sconcertato. "Ma che il direttore d’orchestra si bendi gli occhi per non vedere quanto viene presentato sul palco, lo trovo un’assoluta sciocchezza", commenta Alberto Mattioli, storico della musica, critico e drammaturgo, autore di vari saggi, fra cui Pazzo per l’opera e il più recente Gran Teatro Italia (Garzanti).    Infatti   ecco    cosa    ancora  Alberto Mattioli, in  https://www.quotidiano.net/cronaca/il-critico-musicale-modernizzare-lopera-scelta-normale-e-giusta-3a8cbdca

Mattioli, perché non approva il gesto del maestro Veronesi ?

"Perché suppongo che un direttore d’orchestra, quando conduce un’opera, abbia visto prima la messinscena e l’allestimento: avrà sicuramente parlato con il regista, avrà effettuato delle prove... Non ho assistito alla recita a Torre del Lago, quindi non posso parlare da testimone, ma che senso ha bendarsi gli occhi la sera della prima? Se non ritiene adatta la regia, il direttore può bocciare lo spettacolo in anticipo e abbandonare il progetto".

Qualcuno lo ha già fatto nella storia?

"Certo. È rimasta memorabile la querelle fra Luca Ronconi, al suo debutto operistico alla Scala nel 1974, con il maestro tedesco Wolfgang Sawallisch. Era stato progettato un intero Ring di Wagner con la regia di Ronconi e le scene di Pier Luigi Pizzi, ma dopo Valchiria e Sigfrido il direttore decise di abbandonare il progetto per i dissapori con il regista. L’intero Ring venne poi ripreso e completato a Firenze con Zubin Mehta sul podio".

Il direttore rischia davvero di essere soltanto un ‘battitore del tempo’?

"Ma per carità... Il direttore è il responsabile dello spettacolo, il vero dominus. Proprio per questo può far notare le sue osservazioni prima dello spettacolo: non ha senso farlo dopo. Nel 1924, Arturo Toscanini annunciò che non avrebbe diretto la prima postuma di Turandot se avesse dovuto eseguire anche Giovinezza: Mussolini allora restò a casa e Toscanini la spuntò".

È sbagliato ambientare una Bohème nel ‘68 francese?

"Assolutamente no. Tra l’altro una Bohème calata negli stessi anni, con la regia di Stefano Trespidi, vicedirettore artistico della Fondazione Arena, è andata in scena proprio pochi mesi fa al teatro Filarmonico di Verona e nessuno ha mosso ciglio. Chi si scandalizza per una Bohème sessantottina allora non dovrà mai mettere piede all’Opèra di Parigi, dove è in repertorio un allestimento con Rodolfo e Mimì astronauti nello spazio".

Ma non è una provocazione?

"Qui la provocazione non c’entra. In base ad alcuni riferimenti storici presenti nel libretto, i fatti narrati nella Bohème si possono datare attorno al 1845-‘46 a Parigi. I giovani protagonisti hanno esattamente gli stessi ideali e le stesse passioni di quelli che (tra l’altro nelle stesse strade) avrebbero dato vita al ‘68 francese. E quindi la gioventù della soffitta ha gli identici sentimenti di quella dei nostri anni. Portare le opere a un’epoca più vicina al pubblico è utile per aiutarlo a comprenderne il significato e anche a identificarsi nei personaggi. La più bella Bohème che io abbia visto è quella firmata da Graham Vick per il Comunale di Bologna: era ambientata fra gli studenti dell’Erasmus".

Forse troppo?

"No, perché anche in tutta la storia dell’arte troviamo tantissime attualizzazioni. Pensi a capolavori come la Vocazione di San Matteo di Caravaggio, dipinta nel 1599, dove i personaggi sono vestiti con abiti di quell’epoca, e non certo del periodo storico a cui si riferisce l’episodio, e alle Madonne dei grandi artisti che indossano vesti rinascimentali. Dovremmo cancellarle tutte  ?  

 ma   allora    non  si può neppure  contestare     ?   certo che  si  può   e si  deve      è  il  sale della democrazia  .  Ma  farlo   perchè lo senti  tu  non  come le pecore     perchè   te lo suggerisce l'altro .Ma   soprattutto    farlo   informandoti   vedendola  prima   .  Infatti  Sgarbi e Veronesi contestano proprio quella valenza sociale e politica. «Si vede che non conoscono bene il libretto di Giacosa e Illica, ispirato al romanzo di Henri Murger, Scene di vita di Bohème. Dove un gruppo di giovani, Rodolfo e i suoi amici, poeti, pittori, filosofi, vogliono amare, ubriacarsi di vino e di carezze, cambiare il mondo. Non mi pare così strano e ancor meno forzato trovare un parallelo tra quegli artisti poveri, traboccanti di vitalità e ideali, e i ragazzi del ’68. La Bohème di Puccini è intrisa di poesia e emozioni ma anche di un contesto utopico e sociale».E  quindi   un riadattamento  ci  può anche  stare   senza  però  snaturare   completamente la  base  dell'opera  . Ed  da quel che ho letto   non mi sembra    che  cio'  sia  avvenuto  . 


prima    fa  " lo  scemo "  ed  i  servizievole  visto  che  lo ha  fatto  cosi sembrerebbe  su   sugerimento  di Sgarbi      e  poi  anzichè  accettare  le  conseguenze  cosa  fa  piange   e  fa la  vittima  

  da  Bufera al Pucciniano, la Fondazione licenzia Veronesi. L'ira del Maestro: "Momento triste per la cultura" - Luccaindiretta

Bufera al Pucciniano, la Fondazione licenzia Veronesi. L’ira del Maestro: “Momento triste per la cultura”

La decisione dopo l'esibizione 'bendata' sul palco di Torre del Lago. Ma il direttore d'orchestra rivendica la protesta: "Chiedo al ministero se sia corretto finanziare l’arte strumentalizzata nel nome della propaganda politica"


non rendendosi      conto   che   anche   il  filogovernativo  IL GIORNALE   lo rimprovera

Dirigendo senza guardare l'orchestra, Veronesi ha mortificato l'opera
Storia di Giovanni Gavazzeni  6 h fa

Dirigendo senza guardare l'orchestra, Veronesi ha mortificato l'opera
Dirigendo senza guardare l'orchestra, Veronesi ha mortificato l'opera© Fornito da Il Giornale

La competenza regnante è foriera di accadimenti che non potrebbero albergare nemmeno nelle menti più confuse. Un direttore d'orchestra, Alberto Veronesi (foto), in segno di protesta verso la regia decide di dirigere bendato (se dissenti, o ne discuti prima o non dirigi, come è accaduto tante volte anche a direttori di certa autorità). Il suddetto direttore ha spiegato che intendeva protestare contro il ruolo ancillare del direttore d'orchestra ridotto dai registi a battitore di misura, cioè a fare esattamente quello che lui fa da decenni. Il pubblico, quello del Festival pucciniano di Torre del Lago, lo apostrofa salacemente, ma lui tira dritto e conclude una prestazione definita in vari modi, dai quali vogliamo escludere quella che fa riferimento al «pagliaccio», essendo ingiusto accostare un simile episodio a quella gente seria che sono gli artisti circensi e i pagliacci in particolare. Una voce istituzionale ha ironizzato sull'episodio grottesco e imbarazzante: era uno sfoggio di memoria. Chiunque abbia messo piede in un teatro sa che per tenere assieme uno spettacolo d'opera ci vuol altro che la memoria (fingerla non è cosa né rara, né impossibile), ma c'è bisogno del costante contatto visivo tra direttore, orchestra e palcoscenico. A maggior ragione in un'opera come La bohème dove il discorso è un continuo e difficilissimo movimento, suscettibile di imprevisti ad ogni istante. Davanti a simili accadimenti l'Opera ne esce, per usare un eufemismo, mortificata; mentre l'interessato incassa titoloni e clamore, quando invece ci vorrebbe un definitivo altolà. Se fossero stati al mondo due musicisti della levatura e del temperamento di Giacomo Puccini e Pietro Mascagni (il celebre operista che diresse per primo La bohème a Torre del Lago) l'attore di questa demenziale sceneggiata non sarebbe stato fatto entrare in teatro nemmeno pagando il biglietto




15.7.23

l'ipocrisia dell'antifascismo il caso di Beatrice Venezi direttrice d'orchestra

Va bene essere  antifascisti ,  ma  con  un po   di onesta intellettuale   e   spirito  ctritico . A mente    fredda  ecco  il mio pensiero    sulle  polemiche  che  vedono  coinvolte  la direttice    d'orchestra Beatrice Verzi .
Essa   è  certamente  filo  meloniana  ed vicino   a  qiuesto  governo    e ne  fa  l'addorsement  e  sminuisce  le  accuse   che  gli  vengono  rivolte  come  risulta    da  questa  intervista  rilasciata  al quotidiano La  Stampa    del  13\7\2023 

È un’ostilità dovuta alla sua vicinanza all’attuale governo? «In realtà esiste da tempo,perché io non mi sono mai allineata,ci tengo a precisare che non ho mai preso una tessera di partito, ma al di là della questione politica non ho mai ceduto al pensiero unico. Insomma,ho sempre nuotato controcorrente, anche se è piuttosto faticoso. Però lo faccio per le cose in cui credo e su cui vorrei avere un confronto aperto, invece nel nostro Paese la dialettica assume sempre toni poco democratici».
Si riconosce in quest’etichetta di “neofascista” che è le è stata appiccicata addosso? 
«Le chiedo:ho mai fatto una dichiarazione che possa andare in quel senso? Ho mai fatto dichiarazioni omofobe o a favore di una qualche forma di totalitarismo? Anzi, ho sempre pronunciato parole di massima libertà, a sostegno della libertà della cultura. Per questo sono allibita dall’acredine con cui vengo attaccata e dall’uso scellerato di una terminologia che non ha ragione di esistere».
Si riferisce anche alle polemiche d’Oltralpe? 
«Certo, definire neofascista questo governo democraticamente eletto, e a furor di popolo, mi sembra assurdo. Penso che questo tipo di comunicazione stia sfuggendo di mano, c’è un uso di termini assolutamente improprio e una veemenza, una bassezza che mi colpisceveramente» .
Il nostro Paese ha un problema a confrontarsi con quella parte della sua storia?
  «Sì, perché se ancora si continua a parlare di fascismo e neofascismo per qualsiasi cosa è evidente che c’è un problema. Questo potrebbe essere un buon momento per riconciliarci con la nostra memoria storica, così come è avvento in quasi tutti i Paesi, quanto meno quelli europei. Non è più quel tempo, quello dell’ideologia, bisogna uscire da questi cliché che rischiano di limitare il pensiero a dei preconcetti». 
Pensa che ci sia disparità di trattamento, a seconda che le idee vengano manifestate da persone vicine a una parte politica, piuttosto che all’altra? «La reazione di questi giorni è già una risposta». Quindi sì? «Sì. Fortunatamente questa operazione contro di me si è poi rivelata un boomerang per chi l’ha lanciata e ha solo messo in evidenza l’assurdità di certe posizioni che già erano latenti ma adesso sono sotto gli occhi di tutti:cioè il pensiero di un circolo ristretto di persone ch ecredono che l’arte debba sottostare a un’ideologia o a una considerazione di parte». 

 ma     allo stesso   tempo    è   qui   ecco il  titolo   del  post   , non  h  a tutti  i torti   quando   semore  sulla  stessa    intervista dice  

La sua decisione di eseguire l’Inno di Roma è stata oggetto di critiche a sfondo politico: come risponde? 

«Questo è un brano scritto nel  1919 per celebrare la fine della Grande guerra, non ha nessun tipo di riferimento ideologico, io credo che se si vuol fare un buon servizio alla musica di Puccini, si deve proporre questo brano, così come altri  che sono stati etichettati dalla storia successiva e che andrebbero ricontestualizzati. La Germania in questo ci può dare  una lezione, la musica di Wagner, che per molti anni è stata ostracizzata perché utilizzata nel periodo nazista, oggi è nella programmazione di tutti i  teatri tedeschi: c’è stata una riconciliazione con la memoria  storica».

La sua scelta è stata una “provocazione”? Sapeva che  avrebbe suscitato determinate reazioni?  «No, nessuna provocazione,solo la volontà di proporre un brano veramente bello, che non fa altro che cantare l’amore di patria, valore in cui non vedo niente di male. Ed è un brano che ha subìto un destinodi oblio a causa di un pregiudizio. Devo dire che in questa mia scelta ho avuto pieno sostegno da parte del sindaco di Lucca Mario Pardini. Certo,non sapevo che per qualcunaltro, invece, il brano potesse rappresentare un problema».

Le è stato chiesto di non eseguirlo?

«Sì».

Da quei membri del Comitato promotore delle celebrazioni  pucciniane che non si sono presentati alla serata? 

SI

Come giudica tutto questo? 

«Beh mifa un po’ ridere se penso che qualche anno fa questo brano è stato eseguito da Andrea Bocelli, se non ricordo male alla presenza di Gentiloni   Franceschini, e nessuno ha detto niente.



14.7.23

il carattere delle donne diventa attenuante in un omicidio il caso di Carol Maltesi

Quando una giovane denuncia uno stuproo una molestia ci occupiamo subito di come era vestita l’obiettivo è quello di derubricare l’accaduto da reato a simpatica marachella vedi il caso di un altra aberrante sentenza di ub bidello assolti per molestie su una studentessa : << 10 SECONDI DI PALPEGGIAMENTO SONO LEGALI 🤬😃 NON C'E' MOLESTIA >>
“Il processo è stato fatto a mia figlia Carol, non a chi l’ha uccisa”: la madre di Carol Maltesi, Giuseppina, è sconvolta da quello che i suoi avvocati le hanno riferito, ovvero le motivazioni, appena depositate, della condanna a 30 anni e non all’ergastolo per Davide Fontana,
Pure io che ho una posizione non forcaiola \ tenue sull'ergastolo visto che lo ammetto solo i casi come questo , la sentenza mi lascia indigniato e sconfortato per il fatto che il termine 'disinibita' utilizzato nella sentenza, sembra d'essere tornati ai tempi in cui la violenza contro le donne era un reato contro la morale . Infatti Simona Lanzoni, vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice della Rete Reama, parla di "stereotipi di genere che colpevolizzano una donna uccisa e giustificano il femminicidio tanto da diminuire la pena e rigettare la richiesta di ergastolo. Una sentenza che non rende giustizia a Carol e a tutte le donne vittime di violenza anzi, perpetra una ulteriore violazione da parte della magistratura che rappresenta lo Stato Italiano e la sua giustizia".
L'Italia è già condannata dalla Corte europea dei Diritti umani di Strasburgo per giudizi stereotipati su una vittima di violenza il 27 maggio 2021. "Siamo profondamente indignate da questa sentenza - conclude Lanzoni - frutto di una cultura sessista che permea così profondamente la magistratura italiana. Ancora oggi chiediamo giustizia, che sia certa e scevra da ogni stereotipo di genere contro le donne". Soprattutto leggendo questo estratto ( gli altri li trovate nell'articolo sotto da la stampa del 14\7\2023 ) della sentenza [.... ] si è reso conto che la giovane e disinibita Carol Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo aveva usato e ciò di un moto interiore del tutto ingiustificato e tale da costituire un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale». E neanche cruento perché «non può ritenersi provato in modo convincente che Fontana abbia continuato a colpire Carol nonostante la reazione della donna, a testimonianza di malvagità, di insensibilità morale e di particolare ferocia».

da  la stampa  del  \14\k7\2023

Suscita polemiche la motivazione della sentenza con la quale i giudici della Corte d’Assise di Busto Arsizio hanno condannato a trent’anni invece dell’ergastolo, come aveva richiesto l’accusa, il bancario milanese e “food blogger” di 44 anni Davide Fontana, difeso dagli avvocati Stefano Paloschi e Giulia Ruggeri. La notte tra il 10 e l’11 gennaio del 2022 l’uomo, mentrestava girando un filmino hard con la ragazza nella casa di lei a Rescaldina, la colpì per tredici olte alla testa con un martello, poi le tagliò la gola e infine la dissezionò, nascondendo i pezzi in sacchi della spazzatura buttati in una discarica. Un omicidio orrendo, il cui movente sarebbe da ricercare, secondo i giudici, non nella «gelosia ma nella consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso crescente di frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte». Sono gli stessi giudici, presieduti da Giuseppe Fazio, a entrare nella testa del vicino di casa di Carol: «Dal suo punto di vista l’omicidio era un modo, certo non condivisibile e sproporzionato secondo il comune modo di sentire, per venire fuori da quella condizione di incertezza e sofferenza non più sopportabile, innescata dalla decisione dellastimolante donna amata di allontanarsi da lui». Per la ventiseienne, madre di un bambino di sei anni, il dipendente di banca aveva deciso di lasciare la moglie dopo sette anni di matrimonio. Carol era un’ancora di salvezza per Fontana «da cui sostanzialmente dipendeva – si legge nelle 37 pagine della motivazione – poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante». Di lei accettava anche che «intrattenesse rapporti sentimentali» con altri uomini e neanche si opponeva «all’intensa attività di escort e di attrice porno della donna, che implicava numerosi incontri a sfondo sessuale con altri uomini, che egli, anzi, organizzava e favoriva». Un quadro generale che ha portato i due giudici togati e i sei popolari a escludere le aggravanti della premeditazione, dei futili motivi e della crudeltà. A fare cadere la prima è il maggior peso assegnato «all’assenza di qualunque significativa organizzazione dell’omicidio» rispetto al parere della psichiatrica Monica Bertini secondo la quale la scelta di ammazzare la ventiseienne è stata «frutto di una decisione maturata lentamente, a seguito della progressiva presa di coscienza da parte sua che i progetti personali e professionali di Carol Maltesi non contemplassero più la prosecuzione della loro relazione, anche solo professionale».Per la corte non si può ritenere futile la ragione dell’omicidio che «oltre a non essere turpe o spregevole più di ogni altro motivo che induca alla commissione di qualunque delitto doloso cruento, non è stata espressione di un moto interiore del tutto ingiustificato e tale da costituire un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale». E neanche cruento perché «non può ritenersi provato in modo convincente che Fontana abbia continuato a colpire Carol nonostante la reazione della donna, a testimonianza di malvagità, di insensibilità morale e di particolare ferocia».


Mi   chiedo  Può il carattere ed  la  professione   della vittima diventare una circostanza attenuante in un omicidio? Ovviamente no. Nessun Tribunale oserebbe (  o almeno dovrebbe  )affermare che uccidere un bambino insonne e isterico sia meno grave che ucciderne uno placido e sorridente, o che sia un po’ più legittimo accoppare un genitore insopportabile o un capo ufficio senza cuore. L’unica circostanza attenuante, in un omicidio, è la legittima difesa, con tutte le difficoltà di attribuzione che comporta. Ma questo  sembra  non valere per le donne. 

Infatti  lascio    sempre  dalla   fonte  , La parola   a  chi conoscer  meglio  di me   l'argomento ed  ha  più  competenza  i merito  .


ELENA STANCANELLI



Del resto per le donne si fa eccezione spesso, quando si tratta di reati. Che a subire un reato sia una femmina consente aggiustamenti impensabili nel caso di un maschio. Immaginate come reagiremmo a sentire che è stata alleggerita la condanna per rapina a qualcuno perché il rapinato indossava delle orribili ciabatte, ciabatte che avevano dato adito a un equivoco, che istigavano al reato. Rideremmo, penseremmo a un colpo di sole da parte di avvocati o giudici. Se invece una donna denuncia uno stupro la prima cosa della quale ci occupiamo è come era vestita. Segue una disamina delle sue relazioni sessuali/amorose e una rapida valutazione della sua moralità. L’obiettivo è quello di derubricare l’accaduto da reato a simpatica marachella. Ci hanno fatto credere che fosse complicato separare in maniera netta uno stupro da semplice cattivo sesso. Ci hanno detto: siete sicure? Abbastanza, direi. Ogni donna sa che capitano delle volte in cui si fa del cattivo sesso, qualche volta anche contro voglia perché è più complicato dire no che non sbrigare in fretta la pratica. Ogni donna sa che quella cosa lì non somiglia neanche lontanamente a uno stupro. La si scorda in fretta, non fa male, qualche volta diventa addirittura una scusa per rifarlo, e magari viene meglio. Ripeto: non somiglia neanche lontanamente a uno stupro se non nella testa di uomini malati di mente, siano essi avvocati, giudici o amici dell’accusato. Il sesso, anche il peggiore, e lo stupro non appartengono alla stessa categoria semantica. Il primo è vita, il secondo è morte, violenza, annientamento. Ve ne dico un’altra che farebbe molto ridere se non fosse vera, se non fosse accaduta ieri, nel nostro paese. Se non potesse accadere a ciascuna di noi. Un uomo uccide una donna poi la fa a pezzi e sparge i pezzi in un bosco. Una donna con la quale aveva un relazione di qualche tipo. Viene condannato, ma la sua pena viene ridotta perché quella donna, quella che ha fatto a pezzetti e nascosto tra le foglie, col suo comportamento lo aveva esasperato. «Fontana (l’omicida) si è reso conto che la giovane e disinibita Carol si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo avesse usato e ciò ha scatenato l’azione omicida». Questo scrivono i giudici nella motivazione. Facciamo un gioco: quanti di voi si sono sentiti usati una volta nella vita, quanti hanno avuto a che fare con una personA disinibita, quanti hanno percepito di colpo l’arrivismo di quella persona della quale, fatalmente, si erano innamorati? Quasi tutti noi? «A spingere l’imputato non fu la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte». E qui la percentuale si alza: tutti? Gli altri, pochi, sono molto fortunati. Quanti di noi hanno preso quella persona, l’hanno fatta a pezzi e l’hanno nascosta tra le foglie del bosco? Nessuno direi, per fortuna. Perché questo è il patto sociale: ci si incontra, ci si innamora, e quasi sempre questo innamoramento si trasforma in delusione. A quel punto ci si allontana. Ma questo, lo abbiamo detto, non vale per le donne. O almeno può non valere, se la follia omicida incontra l’ottusità di chi deve giudicarla. Perché, ci chiediamo, perché questo trattamento non viene riservato agli uomini? Recuperiamo la storia dell’indovino Tiresia. Fu la dea Era ad accecarlo, perché aveva visto una cosa che non doveva vedere. Grazie a una storia complicata di serpenti era stato trasformato in una donna e come donna aveva vissuto per sette anni. In quegli anni aveva visto, anzi sperimentato sul suo corpo, il piacere femminile. Interrogato su quella esperienza aveva risposto che non c’era proprio storia: il piacere sessuale di una donna è nove volte più grande di quello di un uomo. La dea si infuriò (perché aveva rivelato un segreto che doveva rimanere nascosto) e per vendicarsi lo accecò mentre Zeus, per risarcirlo, gli donò la capacità di prevedere il futuro (più un danno che un dono). Aveva ragione Era: la prima regola del piacere femminile è che non si parla del piacere femminile. Crea invidia nei maschi e fa crollare tutto quel castello di bugie su cui abbiamo costruito la complicata convivenza: la potenza, l’erezione, l’armamentario maschile che conosciamo. E che sappiamo (ma non lo diciamo) fragilissimo. Di questo parla la sentenza di ieri: della paura dei maschi (non tutti, ma quei giudici sicuramente sì) che quelle nove volte diventino, come è stata per secoli la potenza virile, la dote di chi comanda. Che le donne comandino, finalmente, e sulla base del piacere. Che meravigliosa rivoluzione sarebbbe

Kundera, dove non c'è - Daniela Tuscano

 Salvatelo, vi prego, dai "favolosi" #anni80, dalla canzoncina di #antonellovenditti, dal film che pur impreziosito da #danieldaylewis, e a dispetto del titolo, non decollò mai. Salvatelo, anche, dal suo stesso libro, #linsostenibileleggerezzadellessere che creò il mito ma cancellò lo scrittore. Salvatelo da tutto questo e (ri)scoprirete #milankundera, che potrà piacervi o no, che non era #kafka, ma di Kafka ne nasce solo uno al mondo. Kundera era la leggerezza, sì, ma dell'#ossimoro, pure nelle traduzioni italiane: una leggerezza #umoristica, cioè insidiosa e imprendibile, il contrario dell'evanescenza. Nel suo lavoro migliore - non il più acclamato, naturalmente, bensì #limmortalità - è del tutto inattuale, e fa del fraintendimento il caposaldo della sua poetica. Tu dici immortalità e leggi fama, e lui dantescamente ti riporta su altre coordinate. O le suggerisce. Al lettore il compito di trovarle, in quest'epoca senza vati. Kundera si svela a chi sa ascoltare, e restituisce senso - e dignità, altro lemma desueto - a voci quali Europa, identità, centro, vita e, appunto, morte. Poi molti, forse i più, non inizieranno nemmeno, paventando inesistenti fantasmi #sovranisti, ma non si può, non si deve, essere per tutti, in ogni caso Kundera se ne infischiava, conscio che nulla è più ingannevole del successo, e nell'intimo rimasto poeta, unico viatico per l'eternità.

13.7.23

10 SECONDI DI PALPEGGIAMENTO SONO LEGALI 🤬😃 NON C'E' MOLESTIA

  Ha  ragione  Patrizia Caddau   quandodice : <<  La violenza comincia da qua Dall'uomo che la agisce fino alla giustizia che lo lascia impunito.>>Infatti

© Instagram paolocamilli & durantilaura



 c'è da    chiedersi  quanto deve durare un palpeggiamento prima di essere considerato violenza sessuale ? Più di 10 secondi, secondo un tribunale italiano. I giudici italiani , recentemente  ,  hanno assolto un addetto alle pulizie di 66 anni, accusato di aver palpeggiato una studentessa di 17 anni, perché il tutto "è durato meno di 10 secondi" e perché l'aggressione "non era un segno di desiderio sessuale". Anche solo a scrivere queste parole si tende ad inorridire ! Il fatto è avvenuto in un liceo di Roma nell'aprile del 2022: la studentessa stava salendo una rampa di scale tra una lezione e l'altra quando il bidello, Antonio Avola, le ha infilato la mano nella cintura dei pantaloni e nelle mutandine. Quando è stato interpellato, ha risposto: "Dai, amore, lo sai che sto solo scherzando", secondo gli altri studenti che hanno assistito all'incidente. Il custode è stato accusato di violenza sessuale: ha ammesso di aver palpeggiato la studentessa senza il suo consenso, ma ha affermato che si trattava solo di uno scherzo. Nonostante la richiesta del pubblico ministero di una pena detentiva di quasi quattro anni e di una condanna per violenza sessuale, il giudice si è pronunciato a favore di Avola, stabilendo che i suoi palpeggiamenti erano "durati solo tra i cinque e i dieci secondi" e che la sua mano non aveva "indugiato" a lungo nella biancheria intima della ragazza.Il caso scioccante ha scatenato l'indignazione per il sessismo ancora dilagante in Italia e, in risposta a questa vergognosa decisione, la frase "palpata breve" e un hashtag "10 secondi" sono diventati virali su TikTok e Instagram per protestare contro la sentenza del tribunale. Uno dei primi a usare l'hashtag è stato l'attore di The White Lotus Paolo Camilli, che ha postato online un video in cui si strofina il petto insieme a un conto alla rovescia di 10 secondi.

 

Sono seguiti diversi video piuttosto inquietanti, che mostrano persone che si toccano il corpo (o si fanno toccare da un'altra persona) mentre un cronometro fa il conto alla rovescia, mostrando quanto possano essere snervanti i 10 secondi.  I commenti ai video hanno visto gli utenti dei social media esprimere il loro sdegno per la sentenza.

In alcuni casi, l'aggressore nei video toglie la mano al nono secondo, spiegando che "non conta" se è sotto i 10 secondi. L'utente di Instagram durantilaura ha postato un video di questo tipo (ritwittato qui in alto) e ha scritto: "Non sono un giudice e so bene che le sentenze vanno rispettate, ma davvero non capisco la logica: perché si valuta l'intenzione e non il gesto? Perché si valuta anche la durata per stabilire se si tratta di violenza o meno? Non è forse più importante che la persona che ha subito il gesto sia consenziente? Se si è sentita violata o meno ?".Al Corriere della Sera, l'adolescente coinvolta nel caso ha dichiarato che l'incidente non è stato uno scherzo, come ha affermato il suo aggressore: "Uno scherzo è qualcosa di condiviso tra due persone, non è questo il modo in cui un bidello dovrebbe scherzare con una ragazza di 17 anni, sono molto arrabbiata".

 

12.7.23

Maturità 2023, la storia di Lea, mamma single: “Con mio figlio di 10 mesi andrò all’estero, l’Italia non è un paese per giovani madri”



Leggi anche:

Maturità 2023, studentessa sostiene l'orale con il figlio di sei mesi
Padre e figlia sostengono insieme l'esame di Maturità 2023
Maturità 2023, Luigi è tra i diplomati più giovani d'Italia: abita a Lecce e ha preso 100

leggendo  la   storia      che trovate  sotto mi chiudo  ma  i  ....   di  movimenti provita e pro  famiglia    invece  di  occuparsi  solo  di  gender , utero  in affitto  \ maternità surrogata     si occupassero di    cose   del genere  farebbero meglio  


da Maturità 2023, Lea fa gli esami con il figlio di 10 mesi: dopo andrà all'estero (skuola.net)


Un'altra bella storia che arriva dalla Maturità 2023. La giovane, tra mille difficoltà, è riuscita a prendere il diploma anche grazie al supporto dei suoi insegnanti.

di Federico Bianchetti
Autore
12 Luglio 2023

”Essere una mamma dà molta forza. Da mamma single quella forza è immensa e bisogna solo riuscire a incanalarla per raggiungere i nostri obiettivi e sogni” parole di Lea Cattaneo, 19enne neomamma che si è diplomata quest'anno.

Intervistata da 'la Repubblica', la neodiplomata ha raccontato com'è essere una giovane mamma alle prese con l'esame di Stato. Ma grazie al supporto dei docenti della sua scuola – il liceo musicale 'Cavour' di Torino - anche Lea, come tante altre mamme neodiplomate, è riuscita a concludere il percorso di studi nel migliore dei modi.
”Elogio della scuola inclusiva”: un'altra studentessa neomamma “salvata” dai profL'ultimo anno scolastico è stato decisamente turbolento per Lea che fino a maggio ha frequentato una scuola di Trieste. Poi alcuni problemi di natura personale l'hanno spinta a tornare a Torino, da sua madre e nella sua vecchia scuola: ”I primi tre mesi sono stati tosti, l’organizzazione con me stessa e con il bimbo, non è stata una passeggiata. All’inizio lo studio non era il primo pensiero ma dovevo concludere questo ciclo. Sono tornata al liceo 'Cavour' dove avevo frequentato il triennio, e ho trovato dei professori disponibili che mi hanno accompagnato nel sostenere l’esame da privatista, la soluzione migliore visto che ho allattato il bambino fino a pochi mesi fa e non potevo frequentare” spiega Lea.
Il suo tema sull'“Elogio dell'attesa nell'era di WhatsApp” nella prima prova della Maturità 2023 ha avuto per oggetto la sua esperienza: ”Dopo aver atteso nove mesi chi meglio di me poteva capirlo. Mesi in cui sono stata spesso da sola e ho scritto molto, a volte i pensieri è più facile scriverli che dirli ad alta voce, e con quel tema ho avuto l’opportunità di dire la mai anche all’esame. Questo mi ha reso felice, non solo per il voto: al tema infatti ho preso venti su venti”.
Adesso la neomamma sogna un futuro nel campo della fotografia e cercherà lavoro, però lontano dall'Italia: ”Non tanto per il welfare, anche se in effetti ci sono più aiuti, ma per non vivere di giudizi e pregiudizi” spiega Lea che sogna per sé e il suo bambino un ambiente in cui le persone siano di mentalità più aperta.



incuriosito da quest' articolo ho letto sempre in rete ci insegna una lezione preziosa sulla resilienza e la forza interiore. Nonostante le difficoltà, Lea, che compirà 20 anni ad agosto, è riuscita a conseguire il diploma al liceo classico musicale Cavour di Torino, diventando un modello di ispirazione per molti.
La decisione di diplomarsi è stata una scelta determinata e consapevole: “Sapevo che era un percorso necessario per il mio futuro”, racconta a La Repubblica. Durante il suo quinto anno di liceo a Trieste, una situazione personale complessa l’ha costretta a tornare a Torino da sua madre. Nonostante le sfide, Lea ha mantenuto la sua determinazione, compiendo ogni sforzo per il bene del suo bambino.
La strada non è stata facile. “I primi tre mesi sono stati tosti, l’organizzazione con me stessa e con il bimbo, non è stata una passeggiata“, ammette Lea. Grazie però al supporto dei docenti del liceo Cavour, Lea ha potuto sostenere l’esame da privatista, una soluzione indispensabile per lei, che allattava il suo bambino.
Nonostante sia stata criticata per essere madre a così giovane età, Lea rimane ferma nel suo percorso e ha grandi aspirazioni per il futuro. Desidera continuare a lavorare nel campo artistico, specialmente la fotografia, e cerca un ambiente più aperto per il suo bambino: “Non vorrei che mio figlio cresca in un contesto di giudizi e pregiudizi”.
Infine, nel suo esame di maturità, Lea ha scelto di affrontare il tema dell’attesa ai tempi di Whatsapp, un argomento che le è particolarmente caro dopo aver atteso nove mesi per il suo bambino. “Mesi in cui sono stata spesso da sola e ho scritto molto”, racconta. Sempre altri siti internet mi pare il corriere della sera «Ho voluto concludere un ciclo, l’ho fatto per me e soprattutto per dare a mio figlio la miglior vita che possa desiderare». Nel suo futuro non ci sarà più la musica, ma qualcos’altro di artistico come la fotografia. «Spero di riuscire a continuare a studiare, ma per farlo credo che lascerò l’Italia perché qui l’aiuto alle mamme single non è il massimo. Dovrei iscrivere il bambino all’asilo nido, ma ci sono quasi tre anni di lista d’attesa. Un posto poi magari si trova, ma è molto più difficile che in altri paesi».

Il ciclo del giornalista rancoroso-piagnone, anche detto "Effetto Facci": di Matteo Pascoletti

 Il ciclo del giornalista rancoroso-piagnone, anche detto "Effetto Facci":

 Il ciclo del giornalista rancoroso-piagnone,1) Scrivo o dico una cosa palesemente offensiva e gratuita, colpendo dall'alto verso il basso da una posizione di privilegio.

2) Scateno reazioni di indignazione o di protesta, e nei casi limite si arriva a boicottaggi, esposti, denunce.
3) Reagisco atteggiandomi a vittima di censura, evitando qualunque presa di responsabilità per le cose scritte, magari rincarando la dose.
4) Colleghi o personalità influenti (ad esempio politici), fanno quadrato attorno a me, difendendo l'indifendibile.
5) L'idea diffusa al punto 1 passa, il messaggio si sedimenta, normalizzando o rafforzando la cultura che esprime (es. islamofobia, sessismo, abilismo, victim blaming e così via).
Senza il punto 4 i punti 1, 2, 3 e 5 punti non esisterebbero. Senza la consapevolezza di poter contare sul punto 4, il punto 1 resterebbe nell'anticamera del cervello, guardato a vista

11.7.23

L' AMORE PER UN FIGLIO TI FA' COSTITUIRE E RITORNARE IN CARCERE A SCONTARE LA PENA LA STORIA DI PIERO BASILE

 di  solito  si  sente  parlare ,    vedere  i  lik  sotto  i  recenti  casi  di conaca   solo per  citare i più clamorosi 

di generazioni allo sbando o succubi  dei  like      . invece oggi propongo una storia , sarà una mosca bianca ma fa ben sperare,  di Piero Basile Pietro Basile, il 29enne latitante condannato a 16 anni di reclusione per l'omicidio del padre Franco, 42 anni, la notte di Capodanno del 2014 nella loro casa dopo l'ennesimo litigio in famiglia.


da la nuova sardegnas del 11\7\2023
«Pietro si è costituito per suo figlio»Nuoro Parla la compagna di Basile, il giovane che era latitante da 13 mesi Daniela Agus ha una voce serena: «Sono contenta che l’abbia fatto, che si sia deciso per il fi- glio. Finalmente il bambino potrà conoscere il padre».

Lei è la compagna di Pietro Basile, il giovane di Bitti che ha messo fine alla latitanza dopo 13 mesi, durante i quali è diventato padre. Basile si è consegnato ai carabinieri di Nuoro. Il giovane finiva di scontare la condanna a 16 anni per aver ucciso, nel 2014, il padre Franco. Sono contenta che l’abbia fatto, che si sia deciso per il figlio. Finalmente il bambino potrà conoscere il padre». Daniela Agus è la compagna di Pietro Basile, il giovane di Bitti che ieri ha messo fine alla latitanza dura- ta 13 mesi e 24 giorni, durante i quali è diventato padre. Basile, assente ingiustificato dal 24 maggio dello scorso an- no e poi latitante, ieri mattina alle 13 ha varcato l’ingresso del Comando provinciale dei carabinieri di Nuoro. Con lui il suo avvocato, Angelo Manconi, ad attenderlo il comandante provinciale Elvio Sabino Labagnara, quello del Nucleo investigativo Francesco Giola, il sostituto procuratore della Repubblica Giorgio Bocciarelli. C’era anche don Alessandro Muggianu, ex parroco di Mamone, dove Basile stava finendo di scontare la condanna a 16 anni per aver ucciso, nel 2014, il padre Franco, al ter- mine di vessazioni e violenze imposte dall’uomo a tutta la famiglia. La costituzione di ieri è il culmine di un percorso di riflessione di Pietro Basile: per la sua sorte si era temuto il peggio, dopo che si era letteralmente volatilizzato, non rientrando a Mamone dal quale era uscito per un permesso premio. 



Per sostenere gli esami di ammissione alla maturitàall’Istituto alberghiero Oggiano di Siniscola. Prove superate, avrebbe dovuto fare l’esame, ma qualcosa, nel meccanismo virtuoso di questo ragazzo, si era improvvisamente rotto. «Si è sentito sotto pressione, per lo studio, per la tensione, per il bimbo che stava arrivando. Ha pensato di risolvere con una fuga. Sbagliando», lo dice l’avvocato Man- coni al quale Basile si è rivolto nei giorni scorsi. Non ci sono versioni ufficiali, ma si capisce che il giovane è sempre stato nella zona di Bitti. Qualcuno, probabilmente i famliari stretti, lo ha aiutato in tutto questo periodo. Anche a riflettere su cosa ci fosse in gioco continuando in una latitanza inutile, arrivato pratica- mente a cento metri dal traguardo di una vita normale. Nel momento in cui si è allon- tanato aveva in tasca il biglietto per la semilibertà. Eppure. Un vissuto tormentato, un presente incerto e le incognite del futuro, la paternità. Ma alla fine è stata questa la chiave di volta che lo ha convinto ad affrontare tutto quello che la fuga, tecnicamente una vera e propria evasione, comporterà. «Voglio vedere mio figlio» ha detto all’avvocato, e evidentemente il passo successivo era costituirsi. Quindi, con il legale, ha cominciato a creare le condizioni per la costituzione. Ha avvisato la famiglia, e la famiglia ha chiesto che al momento giusto ci fosse anche don Muggianu, una figura importante per Pietro Basile negli anni a Mamone. Ieri mattina i due si sono parlati per pochi minuti, poi a Basile è stato notificato l’ordine di carcerazione ed è stato condotto a Badu ’e Carros. «C’è stata umanità, accoglienza da parte dei carabinieri», ha sottolineato l’avvocato Manconi. E il colonnello Labagnara ha specificato che «Abbiamo apprezzato il gesto della costituzione, non ci ha voluto dire altro ma comunque è stata una scelta corretta». Ora Pietro Basile dovrà finire di scontare la pena, allungando una conclusione che era a un tanto così nel mo- mento in cui si è allontanato, dicendo alla sua compagna che avrebbe fatto delle commissioni. Lasciando in casa il cellulare, il portafoglio, i documenti serviti per sostenere l’esame, tutto quanto rima- sto sul tavolo della casa che i due condividevano. Via senza neanche un cambio di ve- stiti. C’erano stati appelli, ricerche anche di volontari, e delle forze dell’ordine. Pietro non si trovava, nessuna voce dalle campagne sembrava indicare che fine avesse fatto. Nel frattempo, è nato il figlioletto. La riflessione ha porta- to Basile all’unica conclusione accettabile, tornare. Ora sarà processato per l’evasione. Ma riprenderà in mano i libri e la sua vita. E incontrerà il figlio. Finalmente.

Gioventù allo sbando fingono di stare male per scroccare un passaggio in ambulanza

 non  riporto il  video    che   circola  per   non fare  pubblicità  a  sti cretini  .

è vero che  tutti \e    sotto scritto   compreso   almeno   fiuno  ai 18     ed  a  volte   anche dopo  abbiamo fatto  cazzate   ,  ma   non siamo   scesi a  tale livello     aggravato  anche    dai social  di  cui il film documentario  videocraty    lo denunciava  benissimo  già da  tempi non sospetti . 

diario di bordo n 98 anno III i no vax raccolgono quello che hanno seminato , caso Ramy Elgam gli abusi e la mancanza di rispetto del potere ,acca larentia uso distorto e strumentale del ricordo

Finalmente i anzi dei * no vax ( ovviamente senza generalizzare in quanto esistono come fra i vax quelli civili ed rispettosi ) trovano pane...