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30.8.25

Chi lo ha detto che il fiocco di un neonato debba,essere per forza rosa o azzuro . .... il caso di Margherita colonello parte II

   l'introduzione  al  mio  post  precedente  

visti gli insulti a #margheritacolonello  questi #familiday non li capisco proprio . Nonn vedo cosa ci sia di male che siano i genitori lascino che sia nel corso degli anni il futuro nascituro a decidere se essere,oltre a quello imposto burocraticamente\istituzionalmente alla nascita ,essere maschio o femmina . Ecco  di  quale  crimine 😇😕🤣😁   si  sarebbe macchiata  

  mi da   ragione    trova  conferma nella  replica  di Margherita
IL gesto  della  Neo Mamma  ,  Margherita  colonello  ,   non sta    come  si   può    vedere  da   questa  discussione  


Antonio Deiana
Semplice: uno non può scegliere di essere maschio o femmina.
Nasce maschio o femmina.
Poi, se vogliamo prenderci per i fondelli, è un altro paio di maniche.
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Autore
Giuseppe Scano
secondo me si altrimenti non esisterebbe omosessualità e le altre forme sessuali quelli che vengono racchiusi sotto l'acrononimo lgbtq
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Antonio Deiana
Giuseppe Scano ma che c’entra?
Quelli sono orientamenti sessuali.
Non c’entrano nulla col fatto che si nasce maschio o femmina
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Luigi Agus
Giuseppe Scano ha ragione Antonio Deiana , un conto è il sesso biologico, altro l'orientamento sessuale che matura ed emerge col crescere della persona. La transessualità tuttavia è altra cosa, perché non riguarda l'orientamento, quanto piuttosto la disforia di genere, ossia il non riconoscere come proprio il sesso con cui si è nati.


 confondendo   e  unificando il sesso biologico  (  cioè quello  chje  ti danno alla nascista  )   con  l'orientamento sessuale  .  E'  Vero  che    Si nasce maschi o si nasce femmine, e la sua ideologia non potrà mai cancellare queste differenze" sottolinea Sasso. Ma    giustamente, soprattutto     quando l'interpretazione  è capziosa ,    distorta  ed  incompleta  , per Margherita Colonnello  ,  le  Reazioni "inaspettate"che replica: "Nostro figlio non ha ancora due settimane. Non avremmo immaginato di dover impiegare questo tempo prezioso sommersi da una polemica nazionale sulla nostra famiglia". In un post su Facebook l'assessora punta il dito sui "leoni da tastiera" che "si sono scatenati sulla base di una dichiarazione non riportata correttamente, riempiendoci di odio" dice riferendosi alle parole del maggio scorso sul palco del Padova Pride, quando ancora non conosceva il sesso del nascituro: "Ti regalerò un fiocco arcobaleno - aveva detto - perché i colori sono tutti bellissimi. E poi sceglierai tu". "La bestia "( io preferisco gli odiatori ) - sottolinea   sempre  all ' ansa.it/  Colonnello - ha preso il nostro discorso al Pride di Padova, pronunciato 3 mesi fa, e lo ha distorto, rendendolo macchiettistico e un contenuto facile da condividere per alimentare violenza verbale. Il nostro discorso al Pride, che chiunque può riascoltare, è stato pensato e pronunciato contro gli stereotipi di genere che ancora oggi influenzano la nostra società, generando odio e discriminazione"."Nostro figlio non ha ancora due settimane. Non avremmo immaginato di dover impiegare questo tempo prezioso sommersi da una polemica nazionale sulla nostra famiglia". In un post su Facebook l'assessora punta il dito sui "leoni da tastiera" che "si sono scatenati sulla base di una dichiarazione non riportata correttamente, riempiendoci di odio" dice riferendosi alle parole del maggio scorso sul palco del Padova Pride, quando ancora non conosceva il sesso del nascituro: "Ti regalerò un fiocco arcobaleno - aveva detto - perché i colori sono tutti bellissimi. E poi sceglierai tu".

". Infatti dal suo istangram
[...] 



  con  questo è tutto 

“Il sionismo fallimento totale dell’ebraismo, che ipocrisia su Israele unica democrazia in Medio Oriente”, parla Moni Ovadia

unita.it  tramite  msn.it

Moni Ovadia è tante cose. Attore, cantante, musicista, scrittore. Soprattutto, è uno spirito libero, coscienza critica che sa andare controcorrente, alla faccia del pensiero unico veicolato dalla comunicazione mainstream. Su Israele, ad esempio.
A Gaza è una mattanza senza fine. I gazawi muoiono sotto i bombardamenti, per fame, per mancanza di cure mediche, ma in Italia si disserta sulla Mostra di Venezia e se è corretto l’uso del termine genocidio per Gaza. Che Italia è questa, Moni Ovadia?
Un Paese che vive di falsa coscienza, retorica, ipocrisia e provincialismo infinito. Un Paese irredimibile

da questo punto di vista. È più grave la parola che lo sterminio. Questi siamo noi. Non tutti, grazie a Dio. L’Italia è un Paese strano: la sua classe politica è devastante, ma una parte della sua gente è straordinaria. Sai che il 66% degli italiani è convinto che la guerra in Ucraina sia stata provocata dagli Stati Uniti e dalla Nato? Il 66%! È una indagine del Censis, roba seria.
In tutto questo, quanto c’è di responsabilità anche della comunicazione e della stampa?
Totale. Ti faccio il caso mio, ma ti prego di prenderlo con tutta la modestia possibile e immaginabile. Io credo di essere una persona che si sia occupata di questa questione da sempre. Non hanno il coraggio di invitarmi a un talkshow. Mi tengono fuori. Ci sono io, c’è Luisa Morgantini di Assopace Palestina più ancora di me. Ma non ci chiamano. Chiamano le compagnie di giro.
Perché?
Perché sono vigliacchi. Sono pavidi vigliacchi. Avrai letto il testo, che condivido parola per parola, di Ariel Toaff. Cosa gli ha detto alla fine: adesso provate a bannarmi, vigliacchi miserabili. Gente che crede di salvarsi facendo tacere le voci di quelli che hanno il coraggio di dire cose scomode.
Qual è per Moni Ovadia la cosa più scomoda che oggi andrebbe detta alla diaspora ebraica?
La cosa più scomoda? Che il sionismo è il più grande fallimento di tutta la storia ebraica. Dall’11 al 13 agosto c’è stato a Vienna il primo Congresso mondiale degli Ebrei antisionisti. Naturalmente nessuno ne ha dato notizia. Eppure, sarebbe stato interessante coglierne gli umori, riportarne le motivazioni, anche criticamente se vuoi. Niente di niente. Io sono abbastanza d’accordo con le due linee dell’ortodossia ebraica che dicono che lo Stato sionista è blasfemo sul piano ebraico e criminale sul piano umanitario. Più fallimento di così! Guarda che l’antisionismo è fondato nel Talmud: gli ebrei non devono avere una sovranità nazionale. Perché il sogno di Eretz Israel è tutt’altro che una nazione. Sai cos’è Eretz Israel? È una Terra dove vivi da straniero tra gli stranieri. Per questo diventa Santa. I sionisti hanno scambiato l’idea della Terra promessa con la promessa di una Terra. Che è tutt’altro. C’è un versetto del Levitico, quello in cui Dio disse agli ebrei di creare il Giubileo, una specie di rivoluzione sociale ogni cinquant’anni. Il versetto dice anche (Moni lo recita in ebraica in una cantilena armoniosa, ndr): “La Terra non verrà venduta in perpetuità, perché la Terra è mia. La Terra è di Dio, non dell’uomo”. E poi prosegue rivolgendosi al popolo ebraico: “Tu vi abiterai come soggiornante straniero, insieme agli stranieri che godranno dei tuoi stessi statuti. Ricordati che sei stato in terra d’Egitto!”. E l’ultimo pezzettino del verso dice: “Perché voi tutti davanti a me siete solo stranieri soggiornanti”. Un brillante traduttore delle Scritture, proprio questa estate, ha tradotto in italiano: “Perché voi tutti, davanti a me, siete solo meticci avventizi”. La parola straniero, Gher in ebraico, in ebraico biblico vuol dire straniero, residente e convertito. I sionisti sostengono che si riferisce solamente al convertito. Io dico no, perché c’è scritto: ricordati che fossi straniero in terra d’Egitto. Gli ebrei non erano convertiti in terra d’Egitto, erano stranieri, schiavi. Il sionismo è proprio il fallimento totale dell’ebraismo. Totale.
Da cittadino del mondo, da ebreo antisionista, da uomo di cultura, cosa provi di fronte alle immagini di quei bambini di Gaza ridotti a scheletri umani?
Come essere umano provo lo stesso orrore di quando ho saputo della Shoah. Lo stesso orrore. Vedo riprodursi la logica e la mentalità nazista. L’aveva già detto un grande sionista, Yeshayau Leibowitz. Nel 1968, Leibowitz, un fervente sionista grande studioso dell’ebraismo, disse, dopo la Guerra dei Sei giorni: “Restituite quei territori immediatamente, altrimenti questo Paese assisterà alla nascita del giudeonazismo”. Non ti dico la valanga d’improperi che gli vomitarono addosso. Lui aveva capito tutto. Come essere umano vedo lo stesso orrore. E come ebreo sento il più grande tradimento che io abbia ricevuto nella mia vita.
Eppure, c’è ancora chi, in Italia, definisce Israele l’unica democrazia in Medio Oriente.
Quando ti dicevo della retorica, dell’ipocrisia. Questa è una grande cavolata, per usare un eufemismo. Una democrazia non si comporta così. Anche se oramai l’Occidente ha accettato che l’importante è che tu vada a votare ogni quattro-cinque anni, se poi stermini un popolo, pazienza. Questo sarebbe la democrazia! L’Occidente è fallito. E noi che sosteniamo il popolo palestinese, i gazawi, noi stiamo combattendo per la salvezza dell’umanità, altrimenti l’umanità sprofonderà nella più abissale barbarie in cui abbia mai vissuto.
Tu che giri l’Italia, sia per i tuoi spettacoli teatrali sia per tanti dibattiti, che rispondenza stai trovando su questo tema soprattutto da parte dei giovani?
Ottima. I giovani che incontro sono molto vivi. Vedi, io avevo un sentimento, sapevo che facevo parte di una gente che era sopravvissuta ad uno sterminio. Ma sai quando c’è stata la svolta della mia vita?
Quando e perché?
Quando Luciano Segre, professore di storia nella mia scuola, ero al primo liceo, fu incaricato di fare la commemorazione del 25 Aprile, dagli altoparlanti che avevano appena installato. E lui fece un’ora memorabile, mettendo la resistenza antifascista in relazione con la lotta di classe. La mia vita svoltò di colpo. Avevamo maestri allora, grandi maestri. I giovani hanno bisogno di maestri del genere. A loro ripeto: chi è indifferente è già colpevole. Schierarsi è un dovere morale. L’ho scritto e lo ripeto a te che scrivi su un giornale che su Gaza ha preso coraggiosamente posizione. Un giorno, quando i peggiori dittatori del futuro compiranno crimini indicibili con apparente legittimità, e qualcuno proverà a invocare i diritti umani, essi potranno rispondere: “Zitti, buffoni. Cosa avete fatto con la Palestina?”. E avranno ragione. Non avremo più titolo per parlare. Dobbiamo riconquistarci quel titolo, ricostruire la nostra credibilità morale. L’umanità ha impiegato secoli per arrivare alla Dichiarazione universale dei diritti umani. I cosiddetti democratici occidentali l’hanno calpestata. Hanno fatto carne di porco della legalità internazionale. Io non ho ricette in tasca. Ma so una cosa: dobbiamo alzare la voce, e farlo con forza. Basta understatement, basta diplomazie. C’è una sola soluzione, limpida, netta, necessaria: uno Stato unico per tutti gli abitanti della Palestina storica. Tutti con gli stessi diritti. Tutti, fino all’ultimo. Persino il diritto di camminare deve essere garantito. non si illudano gli indifferenti. Gramsci, che de l’Unità è stato il fondatore, ce l’ha insegnato: sono i più detestabili, i più codardi, perché non si assumono la responsabilità della storia.
Cosa si prova quando – se si intraprendono certe battaglie e si definisce quello che accade a Gaza un genocidio – si è tacciati di antisemitismo?
Guarda, le parole nella società occidentale hanno perso il loro senso. C’è stato uno sterminio delle parole. La mia amica Valentina Pisanty ha scritto in proposito un bellissimo saggio, La parola bloccata, in rapporto all’antisemitismo. È uno strumento micidiale che è usato strumentalmente, in maniera vergognosamente cinica, per distruggere il pensiero critico. Io combatto questa accusa, come se mi dicessero fascista. E ti dico un’altra cosa, a proposito dell’uso strumentale di questa parola, così come della Shoah (la peggiore forma di blasfemia): i sionisti sono antisemiti. Vuoi un esempio?
Certo che sì.
Quando ci fu l’attentato al Bataclan, a Parigi, e contemporaneamente al supermarket kosher, Netanyahu corse a Parigi a esibirsi e disse agli ebrei francesi: venite in Israele, non siete più sicuri qui. Questa cosa fece incavolare alla grande il rabbino capo francese, perché gli ebrei francesi stanno benone lì dove sono. Aldilà di questo episodio, comunque emblematico, scrissi in un mio libro che c’era una latenza antisemita nel sionismo. Io dissi che Bibi vuole finire il lavoro di Hitler: niente ebrei in Europa. Ma perché, un ebreo non può vivere dove pare a lui? La linea revisionista del sionismo, quella da cui proviene Netanyahu, prese contatto con i nazisti, dicendo: noi abbiamo lo stesso obiettivo, voi volete cacciare gli ebrei dall’Europa, non li vogliamo prendere nella Terra d’Israele.
C’è chi ha scritto e detto che a Gaza è morta l’umanità. A Gaza sta morendo anche la speranza?
Se non sta morendo è in condizioni disperate. Il 31 agosto partirà dall’Italia la Global Sumud Flotilla, centinaia e centinaia di imbarcazioni che vengono da quaranta Paesi. È una iniziativa di straordinaria significanza che va sostenuta in ogni dove. Vedi, il mio sogno sarebbe una marcia di tre-quattro milioni di persone che si muovono verso Gaza.
In Israele c’è chi scende in piazza contro Netanyahu e il suo governo...
Sostanzialmente per gli ostaggi. Hai visto sventolare bandiere della Palestina o ascoltato slogan per i palestinesi? In Israele ci sono minoranze illuminate, coraggiose, ma sono piccole. Israele o capisce che la sua storia è finita e accetta uno Stato binazionale o finirà in una guerra civile.
Riconoscere lo Stato palestinese. Se non ora, quando?
Riconoscere una virtualità…Comunque va benissimo. L’importante è non fermarsi all’enunciazione, ma agire di conseguenza fintantoché quello Stato non sia realizzato nei territori stabiliti dall’Onu con risoluzioni che Israele ha bellamente ignorato. E poi, come chiede il movimento pacifista, l’Italia come minimo dovrebbe porre fine alla ignobile vendita di armi a Israele, bloccare ogni accordo commerciale, come si fece per l’apartheid in Sudafrica. E qui è molto più grave che in Sudafrica.

29.8.25

DIARIO DI BORDo n 145 BIS ANNO´III IL vitalizio o per chiara vigo la maestra del bisso ., Da San simplicio ( Olbia ) a Bonaria ( cagliari ) , Monica e Marco i primi pellegrini del Cammino sardo Da Arezzo hanno scelto l’Isola per un’esperienza «indimenticabile» .,

fonte delle storie proposte Unione sarda

Ecco un Uso corretto del vitalizio . Uno dei pochissimi casi in cui non viene destinato a i politicanti già ricchi che godono non solo dalla pensiuone da parlamentari ( e va bene ) ma anche del cumulo con lòa pensione della loro attività precedente alla carica di parlamentare \ senatori




Chiara Vigo, la maestra del bisso di Sant’Antioco, ritorna agli onori della cronaca, grazie alla Presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni che ha proposto e ottenuto l’approvazione per lei di un assegno straordinario, come previsto dalla legge Bacchelli. Un vitalizio riconosciuto a cittadini illustri che si siano contraddistinti in diversi settori, compresa l’arte e la cultura, che versino in stato particolare.
L’emozione
Nella sua casa in Via Regina Margherita, Chiara Vigo apprende la notizia con grande emozione e incredulità. «Non me l’aspettavo. Sono molto emozionata - dice - con tutta probabilità, questa cosa arriva perché qualcuno ha parlato di me alla Presidente e mi emoziona ancora di più il fatto di ricevere, in quanto donna, questo riconoscimento da un Presidente donna. Questo gesto, oltre a riconoscere l’importante significato che ha la mia vita, il tramandare un’arte che arriva da molto lontano, mi permette di continuare a vivere, nella mia umile casa, portando ancora avanti quelle che sono le mie conoscenze, la mia tessitura attraverso il bisso, la seta del mare». Una tradizione per la quale ancora oggi, a Sant’Antioco arrivano tantissime persone che cercano la maestra del bisso. Lei mostra come realizzare i filamenti, lo fa mentre recita preghiere e rituali, raccontando l’antica arte della tessitura del filamento che si ricavava dalle “naccare”, la pinna nobilis. Come tutti i maestri custodi d’arte, annovera anche qualche contestatore, ma lei lascia correre e va avanti col suo percorso, e raccoglie risultati. Di certo, Chiara Vigo rientra tra le persone che più di altri è riuscita a pubblicizzare il nome della cittadina lagunare nel mondo. A metà degli anni ‘90, la maestra del bisso interviene a “Mastros” a Porto Cervo, poi a Basilea per la realizzazione in bisso dello stemma della città. Nel 2008 è stata insignita del titolo di Commendatore della Repubblica italiana per il suo impegno nel tutelare la tradizione e lìambiente marino.


Infatti è fra i pochi , forse l'unica che riesce a estrarre senza danneggiare e rompere il mollusco ( sempre piuù raro ) <<   Il bisso una fibra tessile di origine animale, una sorta di seta naturale marina ottenuta dai filamenti secreti da una specie di molluschi bivalvi marini (Pinna nobilis) endemica del Mediterraneo e volgarmente nota come nacchera o penna, la cui lavorazione è stata sviluppata esclusivamente nell'area mediterranea [ .... Bisso - Wikipedia ] >> 

  sempre  secondo  l'unione  Ha ricevuto premi come “Donna Fidapa” e il riconoscimento “Un bosco per Kyoto” per la sua dedizione nel difendere l’ambiente e la cultura. La sua arte è stata proposta all’Unesco come Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Le sue opere sono state esposte in musei prestigiosi (Museum der Kulturen di Basilea, Museo Nazionale delle Arti di Roma, persino il Louvre) e una cravatta di bisso realizzata per il presidente Bill Clinton. «Esprimo tanta gratitudine - dice Chiara Vigo - e potrò serenamente occuparmi della continuazione storica delle arti. L’unica mia preoccupazione, il futuro per le giovani generazioni».



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Da San simplicio a Bonaria, Monica e Marco i primi pellegrini del Cammino sardoDa Arezzo hanno scelto l’Isola per un’esperienza «indimenticabile









«Dobbiamo ancora metabolizzare ciò che abbiamo fatto». Con queste parole, tra stupore e gratitudine, Monica Arrighi e Marco Bidini raccontano la loro impresa: sono i primi pellegrini ad aver completato il Cammino di Bonaria, il nuovo itinerario che attraversa la Sardegna da Olbia a Cagliari. Lei, 55 anni, libera professionista, lui, 62, pensionato: una coppia di grandi camminatori che da Arezzo ha scelto l’Isola per un’esperienza che definisce «indimenticabile».
Il viaggio è iniziato il 13 agosto dalla cattedrale di San Simplicio a Olbia. Quattordici tappe, una al giorno, fino all’arrivo il 26 agosto, alle ore 14, davanti alla basilica di Bonaria. «Mostrare i timbri è stato emozionante – spiegano – perché in quel momento ci siamo resi conto di aver compiuto qualcosa di davvero grande».
Monica ricorda con emozione la ripartenza dal Monte Ortobene, con l’alba che illuminava la statua del Redentore, e la scoperta della Marmilla, «una terra nuova per noi, i campi di grano ci hanno riportato alle colline senesi». Marco, invece, sottolinea la sorpresa dell’entroterra: «Da quarant’anni veniamo in Sardegna, ma sempre lungo la costa. Questo cammino ci ha mostrato un volto inedito dell’Isola».
La decisione di partire è maturata grazie ad Antonello Menne, conosciuto sulla Via Francigena: «Ci aveva detto che il Cammino era quasi pronto. Due giorni dopo avevamo già prenotato il volo, senza neppure conoscere il percorso. Ci siamo fidati e non abbiamo sbagliato».


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Capoterra-Muravera.

«Di corsa racconteremo la Sardegna» 

La sfida: il giro dell’Isola in cinque giorni con una staffetta tra cinque runner 


Settecentocinquanta chilometri a piedi in cinque giorni per completare il perimetro della Sardegna e mostrare a tutti le bellezze naturali dell’Isola, anche quelle nascoste. È la “pazza impresa” di cinque ragazzi appassionati di running. L’idea è partita da Fabio Mulas, 31 anni, carrozziere di Muravera e fondatore del ClubEffe (il gruppo di appassionati di corsa). Con lui, sempre di Muravera, Stefano Schirru, 30 anni, militare, e Alberto (Bebo) Macis, 31 anni, sviluppatore software. E poi Davide Pinna, 28 anni, agente penitenziario di Capoterra e Alan Delpero (nome d’arte Edgar Delpo), 32 anni, interprete di Trento.
«Ho vissuto per 9 anni a Parigi – spiega Fabio Mulas – e avevo visto che negli Stati Uniti stavano organizzando un’iniziativa simile, e cioè scoprire gli States correndo in gruppo. Mi sono detto: perché non farlo in Sardegna, la mia terra?». Nei mesi scorsi il via alla preparazione: «Ci stiamo allenando da giugno sotto la guida del coach Stefano Pisu – aggiunge Mulas – e stiamo curando tutti i dettagli per riuscire nell’impresa. Noi di Muravera corriamo fra gli agrumeti, cercando di conciliare questa passione con il lavoro. Non è facile». Partenza l’8 ottobre da Costa Rei per poi, in senso antiorario, percorrere il perimetro della Sardegna e ritornare nel Sarrabus entro il 12 di ottobre.La corsa è a staffetta: ciascun componente del gruppo percorrerà ogni giorno trenta chilometri per un totale di circa 150 chilometri. La base logistica è un camper (alla guida Nicola Mulas) e poi c’è un ciclista (Federico Sanna) che supporterà gli atleti durante la corsa e – in caso di infortuni – sostituirà uno dei cinque.«Non saremo soli – chiarisce Mulas – perché runner e appassionati locali in ogni tappa si uniranno a noi per percorrere anche solo pochi chilometri. Vogliamo coinvolgere quante più persone possibile. Racconteremo questa avventura minuto per minuto con video, foto e dirette social grazie ad altri due compagni di viaggio esperti di comunicazione e fotografia, e cioè Elisa Lasagno e Francesco Zedda. Riteniamo che anche questo sia uno dei modi per promuovere la nostra isola, viverla lentamente in mezzo alla gente e mostrare le meraviglie che abbiamo in casa».
L’itinerario
Dodici, oltre Muravera e Costa Rei, i centri che saranno toccati: Arbatax, Dorgali, Orosei, Olbia, Palau, Castelsardo, Sassari, Alghero, Bosa, Oristano, Cagliari e Villasimius. Numerosi gli sponsor privati che stanno dando una mano al team ClubEffe. Un altro supporto potrebbe arrivare dalla Regione del Trentino (anche se manca l’ufficialità) mentre sembra più difficile che arrivi dalla Regione Sardegna (domanda inoltrata ma ancora nessuna risposta). Come dire, l’idea di promuovere così la Sardegna (per ora) piace molto al Trentino.





Settecentocinquanta chilometri a piedi in cinque giorni per completare il perimetro della Sardegna e mostrare a tutti le bellezze naturali dell’Isola, anche quelle nascoste. È la “pazza impresa” di cinque ragazzi appassionati di running. L’idea è partita da Fabio Mulas, 31 anni, carrozziere di Muravera e fondatore del ClubEffe (il gruppo di appassionati di corsa). Con lui, sempre di Muravera, Stefano Schirru, 30 anni, militare, e Alberto (Bebo) Macis, 31 anni, sviluppatore software. E poi Davide Pinna, 28 anni, agente penitenziario di Capoterra e Alan Delpero (nome d’arte Edgar Delpo), 32 anni, interprete di Trento.
«Ho vissuto per 9 anni a Parigi – spiega Fabio Mulas – e avevo visto che negli Stati Uniti stavano organizzando un’iniziativa simile, e cioè scoprire gli States correndo in gruppo. Mi sono detto: perché non farlo in Sardegna, la mia terra?». Nei mesi scorsi il via alla preparazione: «Ci stiamo allenando da giugno sotto la guida del coach Stefano Pisu – aggiunge Mulas – e stiamo curando tutti i dettagli per riuscire nell’impresa. Noi di Muravera corriamo fra gli agrumeti, cercando di conciliare questa passione con il lavoro. Non è facile». Partenza l’8 ottobre da Costa Rei per poi, in senso antiorario, percorrere il perimetro della Sardegna e ritornare nel Sarrabus entro il 12 di ottobre.La corsa è a staffetta: ciascun componente del gruppo percorrerà ogni giorno trenta chilometri per un totale di circa 150 chilometri. La base logistica è un camper (alla guida Nicola Mulas) e poi c’è un ciclista (Federico Sanna) che supporterà gli atleti durante la corsa e – in caso di infortuni – sostituirà uno dei cinque.«Non saremo soli – chiarisce Mulas – perché runner e appassionati locali in ogni tappa si uniranno a noi per percorrere anche solo pochi chilometri. Vogliamo coinvolgere quante più persone possibile. Racconteremo questa avventura minuto per minuto con video, foto e dirette social grazie ad altri due compagni di viaggio esperti di comunicazione e fotografia, e cioè Elisa Lasagno e Francesco Zedda. Riteniamo che anche questo sia uno dei modi per promuovere la nostra isola, viverla lentamente in mezzo alla gente e mostrare le meraviglie che abbiamo in casa».
L’itinerario
Dodici, oltre Muravera e Costa Rei, i centri che saranno toccati: Arbatax, Dorgali, Orosei, Olbia, Palau, Castelsardo, Sassari, Alghero, Bosa, Oristano, Cagliari e Villasimius. Numerosi gli sponsor privati che stanno dando una mano al team ClubEffe. Un altro supporto potrebbe arrivare dalla Regione del Trentino (anche se manca l’ufficialità) mentre sembra più difficile che arrivi dalla Regione Sardegna (domanda inoltrata ma ancora nessuna risposta). Come dire, l’idea di promuovere così la Sardegna (per ora) piace molto al Trentino.

si fa ma non ci si vanta Jannik Sinner ha acquistato di nascosto tutti i vecchi campi da tennis nel cuore della Val Bang a San Candido e li ha rimessi a disposizione in un sito d'allenamento gratuito





segnale di un gesto non opportunistico o pulicoscienza

fonti : account facebook Forza Tennis 25 agosto alle ore 15:02 e https://luxs.carmagazine.tv/

 Jannik Sinner ha acquistato di nascosto tutti i vecchi campi da tennis nel cuore della Val Bang a San Candido *, dove si allenava da ragazzo con una racchetta rotta e palline consumate. Invece di demolirli, ha trasformato silenziosamente il sito in un centro di allenamento gratuito e completamente attrezzato, con un campo al coperto e uno all'aperto e un'area fitness per tutti i bambini svantaggiati appassionati di tennis. Il campione si rifiuta di presentarsi il giorno dell'inaugurazione e non permette che la sua immagine o il suo nome vengano esposti in
alcun luogo. All'ingresso, c'è solo un piccolo cartello in legno, inciso con la semplice scritta: "Restituisco a questo luogo solo ciò che mi ha dato".
Un Passato che Torna a Vivere
Cresciuto a San Candido, Sinner ha passato innumerevoli ore su quei campi malandati, affinando le sue abilità con risorse limitate. Invece di lasciarli cadere nell’oblio o demolirli, il campione ha investito nella loro rinascita. Il nuovo centro include un campo coperto, un campo scoperto e un’area fitness, tutti progettati per offrire ai giovani talenti locali un’opportunità che lui stesso non ha avuto da bambino. L’intero progetto è stato portato avanti senza clamore, con Sinner che ha preferito rimanere nell’ombra.La notizia si è diffusa rapidamente sui social media, con i fan su X elogiando la generosità di Sinner. Un utente ha scritto: “Jannik Sinner non cerca gloria, costruisce futuro. Un vero campione dentro e fuori dal campo.” Le autorità locali hanno espresso gratitudine, sottolineando come il centro offrirà una chance a molti giovani di inseguire i loro sogni nel tennis.
 Gli allenatori del sito hanno confermato che il progetto è già operativo, con decine di bambini che si allenano ogni giorno. questo atto di altruismo silenzioso rafforza il suo status non solo come atleta di élite, ma anche come figura ispiratrice. Il centro nella valle Bang non porta il suo nome, ma porta il suo spirito: un simbolo di resilienza e gratitudine che vivrà oltre la sua carriera. I bambini che ora calpestano quei campi non sanno forse chi li ha resi possibili, ma il loro futuro ne sarà per sempre segnato.

28.8.25

Chi lo ha detto che il fiocco di un neonato debba,essere per forza rosa o azzuro Padova, l'assessore Margherita Colonello appende in Comune fiocchi arcobaleno per il figlio appena nato: «Deciderà lui chi essere»

visti gli insulti a #margheritacolonello  questi #familiday non li capisco proprio . Nonn vedo cosa ci sia di male che siano i genitori lascino che sia nel corso degli anni il futuro nascituro a decidere se essere,oltre a quello imposto burocraticamente\istituzionalmente alla nascita ,essere maschio o femmina . Ecco  di  quale  crimine 😇😕🤣😁   si  sarebbe macchiata  

                               fonte corriere sella sera e corriere veneto

Margherita Colonnello, assessora al Sociale del Comune di Padova, ha affisso cinque fiocchi arcobaleno sulla porta del suo ufficio per celebrare la nascita del suo primogenito Aronne.
Il gesto era stato preannunciato dalla stessa amministratrice a fine maggio, sul palco del Padova Pride, quando ancora non conosceva il sesso del nascituro: «Ti regalerò un fiocco arcobaleno perché i colori sono tutti bellissimi. E poi sceglierai tu: sarà il rosa, sarà il blu, o il verde, il rosso o il giallo».
Ed ecco che sulla porta del suo ufficio sono apparsi alcuni giorni fa cinque fiocchi arcobaleno. La scelta è stata criticata dalla consigliera comunale Eleonora Mosco, della Lega, secondo cui il bimbo è stato «trasformato, appena nato, in un manifesto ideologico. La natura non è un catalogo: si nasce maschio o femmina, punto. Difendere i bambini significa proteggerli dalla confusione che certa sinistra vuole imporre, negando buonsenso e realtà».
Colonnello, in prima linea nella difesa dei diritti civili e di quelli della vasta comunità LGBTQIA+, ha deciso di lasciare il suo bambino libero di scegliere: «Farò in modo di aiutarti ad avere coraggio, perché se ce l’avrai — aveva detto l’assessore dal palco del Pride — conoscerai il mondo non secondo il bianco o il nero, ma secondo i mille colori della bellezza».



L’aveva promesso tre mesi fa. Ed è stata di parola. Lo scorso 31 maggio, dal palco di piazza De Gasperi, al termine del corteo del Padova Pride l’assessore al Sociale, Margherita Colonnello, incinta al sesto mese e non avendo voluto conoscere in anticipo il sesso del suo primogenito, aveva affermato: «Cara bambina, caro bambino, quando verrai al mondo, non ti regalerò il fiocco rosa né azzurro, ma te lo regalerò arcobaleno, perché i colori sono tutti bellissimi. E poi deciderai tu. Spero solo che tu non scelga mai i colori della paura, nè di diventare xenofoba oppure omofobo».L’aveva promesso tre mesi fa. Ed è stata di parola. Lo scorso 31 maggio, dal palco di piazza De Gasperi, al termine del corteo del Padova Pride l’assessore al Sociale, Margherita Colonnello, incinta al sesto mese e non avendo voluto conoscere in anticipo il sesso del suo primogenito, aveva affermato: «Cara bambina, caro bambino, quando verrai al mondo, non ti regalerò il fiocco rosa né azzurro, ma te lo regalerò arcobaleno, perché i colori sono tutti bellissimi. E poi deciderai tu. Spero solo che tu non scelga mai i colori della paura, nè di diventare xenofoba oppure omofobo».
I mille colori della bellezza
Ebbene, detto, fatto. Lunedì, sulla porta d’ingresso del suo ufficio a Palazzo Moroni, a distanza di undici giorni dalla nascita di Aronne (era il 14 agosto, grande gioia per lei e il marito Cosimo Cacciavillani, assistente dell’europarlamentare Cristina Guarda), sono stati affissi cinque fiocchi
arcobaleno e due disegni con la classica cicogna. L’assessore aveva spiegato così il nome del piccolo: «Viene da lontano, attraversando secoli e culture, sa di ulivo, vite e vento del Mar Mediterraneo. È quello di un ragazzo che ha partecipato alle barricate antifasciste dell’Oltretorrente a Parma, cioè il bis-bis nonno di nostro figlio e così, affidandoglielo, gli auguriamo che possa scegliere sempre la luce, la speranza e l’amore». Colonnello, da sempre in prima linea nella difesa dei diritti civili e in particolare di quelli della vasta comunità LGBTQIA+, ha deciso di lasciare il suo bambino libero di scegliere. «Farò in modo di aiutarti ad avere coraggio, perché se ce l’avrai — aveva ancora detto l’assessore dal palco del Pride con a fianco, tra i tanti, il vicesindaco Andrea Micalizzi e l’europarlamentare Alessandro Zan — conoscerai il mondo non secondo il bianco o il nero, ma secondo i mille colori della bellezza».
Le critiche: «Lasci stare i bambini»
Una posizione che era stata fortemente criticata dal consigliere regionale uscente della Lista Zaia, Luciano Sandonà: «Ricordo all’assessore che è la Natura a farci maschi o femmine e, se non le va bene, se la prenda pure con Dio, ma lasci stare i bambini». Quindi, l’affondo: «Mi sembra che Colonnello sia pure un’educatrice scolastica e in questo senso — aveva scandito l’esponente zaiano — mi auguro che non diffonda il suo pensiero distorto tra i piccoli alunni». Un rimbrotto al quale la destinataria aveva reagito con una semplice alzata di spalle.

ma questi che attaccano il sindaco di Bologna perchè applica una politica sulle tossicodipendenze di riduzione del danno sanno di cosa si tratta o applicano solo repressione ?

da Lorenzo Tosa 

Tutta la destra-destra, compatta, guidata da tre noti luminari come Salvini, Gasparri e Sardone, ha denunciato il sindaco di Bologna Lepore per incitazione al consumo e allo spaccio e sono addirittura arrivati a dargli dello “spacciatore” (cit. il meloniano Cavedagna).Tutto perché Lepore, e in particolare l’assessora al Welfare Matilde Madrid, hanno introdotto trecento pipe in alluminio da consegnare ai consumatori abituali di crack con il preciso e scientifico obiettivo di ridurre tanto il consumo quanto il danno, a cominciare dal contagio di epatiti e Hiv. A dar loro ragione non ci sono solo numerosi studi a livello internazionale ma anche una sperimentazione con 40 pipe fatta a luglio - nel silenzio assoluto di Lega e Fratelli d’Italia - i cui risultati sono stati assolutamente positivi.La logica è elementare per
chiunque conosca per sommi capi il tema: se non ti posso far smettere, faccio in modo che la consumi in modo più sicuro e consapevole sui danni e le terapie.
Da una parte ci sono un sindaco e un’assessora che studiano e si approcciano a una piaga come questa con un approccio laico, senza pregiudizi e nell’esclusivo interesse della comunità e delle persone marginalizzate. Questo fa una sinistra ( in quesro caso ) degna di questo nome.Dall’altra una pletora di agitatori da bar che non sanno, non studiano e solleticano le viscere di un popolino ignorante quasi quanto loro insultando e facendo disinformazione.E questo è quello che fa quotidianamente la destra-destra in Italia.Massima solidarietà e stima al sindaco Lepore e all’assessora Madrid, costretti ad abbassarsi a rispondere a un livello rasoterra.Vadano avanti. E, perché no, denuncino chi dà loro degli spacciatori. È il minimo.I bolognesi hanno già ampiamente dimostrato da che parte sanno.

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