29.10.18

chi lo dice che le cose belle siano solo quelle di massa o note al grande pubblico ? La Sajetana dei Feral Cor andidati al parodi edizione 2018



spesso le cose belle , toccanti , profonde sono quelle anche quelle che non diventano massa ma sono di nicchia . Sentite che bella questa canzone, è di un gruppo di giovani genovesi e non solo, è stata selezionata per il premio Andrea Parodi 2018

A me piace tantissimo anche se capisco poco o niente il genovese Grazie all'amica  e  compaesana (  anche  se  ormai   è  cittadina  Genovese   visto   vive  e    lavora  li    ) Giulia Acerba per avermelo segnalato ed ai Feral Cor per averlo messa online

troppo nazionlismo e provincialismo in cucina o prima gli italiani anche a tavola ? il caso di Vittorio Castellani, meglio noto come Chef Kumalé, lascia La Prova del Cuoco


Risultati immagini per Chef Kumalé
 IO   sto  con Chef Kumalé  (  foto  a   destra   )  , non perchè non ami  la  cucina  italiana  e  la mia terra  .
 Ma  perchè    considero  l'identità  ( anche quellla  culinaria  )    un qualcosa  d'aperto e non di  chiuso   . Infatti  : <<  (  ...  )    il boia diventa vittima anche dopo mezz'ora \ ma la vittima diventa il boia se non ha cultura ! (...  continua  qui   )  >>.  Quindi  non vedo    niente  di male   e  " pericoloso "    se  in una  trasmissione  di     cucina    oltre  alle  classiche  ricette  italiane   ci si mettono    anche delle ricette   straniere  . perchè non    bisogna  dimenticare    che  molte  ricette regionali  sono frutto  di  contaminazione  ed  integrazione     con  vari popoli     che   prima  e    dopo   Roma    sono  presenti in  Italia  .  Ad  esempio i  carciofi alla romana  sarebbero    un piatto preso  dall'antica   comunità ebraica  .  



Prima  d'iniziare    leggi anche


Da  https://www.nanopress.it/spettacoli/

Chef Kumalé lascia La Prova del Cuoco: ‘Mi chiedono solo piatti italiani, non ci sto’
Vittorio Castellani, meglio noto come Chef Kumalé, lascia La Prova del Cuoco: 'Mi chiedono di parlare soltanto di piatti regionali italiani, escludendo il multiculturalismo a tavola. Ma io che sono un esperto di cucine del mondo non posso accettarlo'. Insomma: 'prima gli italiani' anche in cucina?


Pubblicato da Raffaele Dambra Lunedì 29 ottobre 2018



La conduttrice Elisa Isoardi durante un photocall della trasmissione La prova del cuoco / Ansa.




‘Prima gli italiani’ anche tra i fornelli? Il giornalista Vittorio Castellani alias Chef Kumalé ha lasciato La Prova del Cuoco perché, a suo dire, gli avrebbero impedito di presentare piatti etnici a vantaggio di ricette rappresentative del ‘multiregionalismo italiano’. Richiesta legittima, per carità, se non fosse che Castellani è un esperto conoscitore di cucine di ogni parte del mondo, frutto di quasi trent’anni di viaggi intercontinentali alla scoperta di sapori e culture diverse, e che quindi non ha senso chiamarlo in trasmissione per parlare di pastasciutta e parmigiana di melanzane.
Chef Kumalé ha annunciato l’addio a La Prova del Cuoco attraverso un polemico post su Facebook, spiegando che a queste condizioni la sua presenza nel programma è diventata inutile: ‘Lunedì 29 sarei dovuto tornare a La Prova del Cuoco su Rai 1, ma l’idea di andare in televisione per raccontare poco più di niente e per fare lo slalom tra termini e definizioni da evitare, ricette fusion e rivisitazioni strampalate, non fa per me’.
‘LA TRASMISSIONE PREFERISCE DARE SPAZIO AL MULTIREGIONALISMO ITALIANO PIUTTOSTO CHE AL MULTICULTURALISMO’
Poi, l’affondo: ‘Dopo avermi cercato e voluto’, ha scritto Castellani, ‘Mi hanno detto che la trasmissione preferisce dare spazio al multiregionalismo italiano piuttosto che al multiculturalismo a tavola. Come se i due contenuti non potessero convivere all’interno della stessa trasmissione’.
‘ANCHE IN CUCINA MI SEMBRA CHIARO IL CONCETTO DI SOLO GLI ITALIANI!’
In altri termini, secondo Chef Kumalé il motivo del cambio di rotta sul tipo di ricette nasconderebbe motivazioni ben più profonde, probabilmente di natura ideologica: ‘Sono preoccupato per l’aria asfittica che si respira in questo Paese, per questa forma di povertà culturale, che in modo silente ma sostanziale sta rinforzando sentimenti e scelte che reputo molto pericolose per la nostra povera Italia. Anche in cucina oramai mi sembra chiaro il concetto di ‘Solo gli Italiani!’, che rappresenta un’estensione dello slogan ‘Prima gli Italiani’.
Inutile dire che qualcuno molto malizioso ha già collegato questa nuova direzione ‘tricolore’ de La Prova del Cuoco alla presenza come conduttrice di Elisa Isoardi, guarda caso la compagna di… Matteo Salvini, uno dei massimi rappresentanti dell’identitarismo nazionale. Ma forse la scelta di puntare, in via quasi esclusiva, sulla cucina italiana è dovuta più probabilmente alla necessità di recuperare ascolti dopo un inizio zoppicante, dato che alla maggior parte dei telespettatori interessano di più i piatti nostrani.


28.10.18

cari bloggers , giornalisti , ed utenti social . BASTA con il caso desirèe . non avete altro di cui parlare ?


Giuseppe Scano ha condiviso un post.
11 h
Finalmente una ( Marianna Bulciolu ) che la pensa come me https://www.facebook.com/100001696535485/posts/2001963413203524/ non se ne può davvero più ci manca solo che ci dicano cosa faceva in bagno
Marianna Bulciolu
Continuano a fare i raggi X a questa ragazzina che è stata stuprata ed ammazzata.
Non è morta perché i genitori non la seguivano
non è morta perché era disinibita
non è morta perché era troppo libera
È MORTA PERCHÉ L’HANNO STUPRATA ED UCCISA!!!
  Infatti   Marianna    ha  ragione   e   E che .... nn si può aprire un social , un aggregatore di news , un tg o un giornale , una bacheca social che si continua a parlare della povera Desirèe Mariottini . Ma BASTA( scusate se urlo ) non se ne può più . 
L'immagine può contenere: 1 persona, in piedi e spazio all'aperto
Ma la gente , i bloggers ed i giornalisti non hanno altro di cui parlare anzi stra parlare , visto che ormai non c'è altro d'aggiungere e rimestare . Basta strumentalizzazioni politike \ ideologiche di Destra e di Sinistra , scaricabirile , razistiche ed exenofobe , buoniste , ecc . Ne  trovate sotto un esempio   Lo sappiamo già che ,datemi pure del razzista , che coloro che le hanno usato violenza approfittando della di lei e lasciandola poi morire sono delle bestie anche se è un offesa per le bestie . E chi ha taciuto non opponendosi e peggio di loro . Lo sappiamo già come è morta e lo sfregio che hanno fatto sul suo corpo . Così come sappiamo pure la situazione che l'ha portata alla droga ed fuggire dalla famiglia Basta giustificare e lanciare la caccia al nero e all'immigrato regolare o irregolare che sia .Non ho nient'ìaltro d'aggiungere a qunto già detto sia nel mio precedente post ( che trovate sopra  l'irl  o qui https://bit.ly/2PiPF45 ) e quest'articolo condiviso sulla  mia  bacheca  di facebook  ( e che ritrovate  l'url sempre  sopra  o  qui https://bit.ly/2yCDHIG ) 

. L’avviso choc è comparso questo pomeriggio sulla pagina Facebook del "Salottino del Ponte" di Susa, un circolo privato aperto da alcune settimane:

Meno male che --- sempre secondo repubblica da cui ho preso lo screenshot --- qualcuno gli ha subissati di critiche e anche qualche insulto, tanto che dopo poche ore hanno deciso di cancellare il post con tante scuse: “Non volevamo essere razzisti”. dicono.
Ma nemmeno il post riparatore frena l’ondata di sdegno verso un cartello che ricorda tanto le campagne antisemite della Germania nazista e dell’Italia fascista: "Facile cercare di mettere le pezze dopo solo a causa della pessima pubblicità che vi siete fatti. Il vostro pensiero rimane ben chiaro a tutti" scrive una utente. E un altro aggiunge: "Non volevate essere razzisti, ma lo siete stati. Non volevate urtare la sensibilità, ma avete offeso il concetto di civiltà, le persone ed anche la vostra intelligenza. Non mi sento arrabbiato o indignato, mi sento deluso. Solo deluso". 
I gestori del locale spiegano su Facebook come il gesto volesse essere piuttosto "un attestato di solidarietà" nei confronti della ragazza massacrata a Roma: “È stata una provocazione un po’ troppo forte dettata da una rabbia immensa per un omicidio disumano di una bambina .L’onestà e la correttezza non c'entrano col colore della pelle. La nostra voleva essere solo una denuncia ma non a sfondo razzista”, ribadiscono i gestori.
Il post però non è sfuggito all’attenzione dei carabinieri che ora stanno svolgendo verifiche su quello che è comparso sul web nel pomeriggio. Nonostante la ritrattazione la procura potrebbe ipotizzare il reato di istigazione all’odio razziale.


con questo è tutto passo e chiudo








Massimo Dessena da Libraio ad editore




da http://www.lanuovasardegna.it/tempo-libero/2018/10/27/


Max, quando il libraio diventa editore

Un salto dall’altra parte della barricata, per vedere che effetto fa progettare, produrre e stampare libri dopo essere stato per una vita il terminale del percorso. Massimo Dessena raddoppia un...

non credevo chi cercasse di stabilire la legalità sia razzista

Nicolai Lilin
Nicolai Lilin ha raccontato in un post sulla sua pagina Facebook una disavventura in cui si è trovato nella metropolitana di Milano:
“Stamattina ho preso la metro, cosa che faccio spesso perché a Milano è un mezzo utile ed efficace.Alla Stazione Centrale sono saliti un uomo e una donna che seguivano una giovane ragazza straniera che trascinava tre valigie e aveva una borsa a tracolla.Quando il treno è partito l’uomo ha spinto la ragazza, fingendo di non averlo fatto apposta, mentre la donna ha sfruttato il momento e abilmente ha tirato fuori dalla borsa della ragazza il portafoglio.Tutto è accaduto di fronte a tanta gente che non ha capito cosa era successo, oppure non ha voluto capire.Ho bloccato la donna, chiedendo di restituire il portafoglio rubato, in tutta risposta ho ricevuto una valanga di insulti in pessimo italiano inaspriti con una serie di frasi estirpate da una lingua a me ignota.Ho strappato il portafoglio della ragazza dalla mano della donna (che cercava di nasconderlo in una tasca interna della sua lunga gonna). In quel momento è intervenuto l’uomo, bloccandomi il braccio con il portafoglio.Ho allontanato l’elemento con tre sonori e generosi schiaffi dritti in faccia, così che dopo il terzo ha perso l’equilibrio e ha sbattuto contro la porta.Alla fermata Gioia ho buttato fuori a calci quei due dal treno, accompagnando la cosa con qualche parolaccia in russo, per non offendere la sensibilità di altri passeggeri.Nessuno dei presenti è intervenuto per difendere la ragazza e affrontare quegli schifosi ladri. Eppure penso che a nessuno piace essere derubato.Solo una signora ucraina seduta poco lontano mi ha detto con certo sollievo e approvazione: “Finalmente le hanno prese!”. Probabilmente viaggiando spesso su quella linea di metro conosceva bene quei due.

“Fascista!”

Mentre la ragazza straniera mi ringraziava in un inglese appesantito dalle rigide cadenze nordiche, con mani tremanti sistemando la borsa e controllando le valigie, ancora scioccata dal “benvenuto” che ha ricevuto dalla nostra splendida Milano, dietro alla schiena ho sentito il commento della giornata: “Fascista!”.Non ero sicuro che fosse diretto a me. Mi sono girato e ho notato un uomo sulla quarantina che si atteggiava da ragazzo giovane, con gli occhi annebbiati probabilmente per via di qualche vizio, vestito come alcune star musicali moderne, quelli che spendono un mare di soldi per apparire disagiati. “Mi scusi?” – ho chiesto io incredulo. “Potevi anche fare a meno di picchiare quel poveraccio, fascio!” – mi ha risposto lui convinto, con un tono irritato.“Se tu sai come si affrontano i ladri nei mezzi pubblici in maniera corretta, perché allora non sei intervenuto tu?”“Sono anarchico, per me ognuno sopravvive come vuole.” Ho sorriso, perché per la prima volta in tanto tempo mi è venuta una sana voglia di spaccare la faccia a qualcuno.Quel sentimento stupido, animalesco, rozzo che spesso accompagna i figli delle periferie che per la mancanza di occupazione si dedicano alle lotte per il territorio che hanno qualcosa di ancestrale, tribale, primitivo.Ho sentito sprigionare nel sangue cosi tanta adrenalina da poter saltare con il sorriso beato addosso all’uomo più grosso, più cattivo e anche bene armato.Credevo che quel sentimento fosse rimasto sepolto nel mio passato per sempre, che diventando uomo, marito, padre i miei sensi del dovere lo avessero cancellato per sempre.Invece niente da fare, eccolo qui, serpeggia nelle vene, vuole liberarsi. Si sente come i pugni si stringono tanto da far male alla pelle tirata sulle ossa.

Nicolai Lilin zittisce l’anarchico

Ho fatto un profondo respiro. Ho guardato il mio interlocutore con compassione, come mi insegnava a fare mio nonno quando dovevo affrontare persone che mi giudicano.“Se ti definisci “anarchico”, allora dovresti conoscere un tale Nestor Mahno, quello che aveva fondato la prima repubblica anarchica in una regione dell’Ucraina, quello che ha dato la terra ai contadini prima di quando i bolscevichi crearono il loro famoso motto “terra ai contadini”, quello che ha costretto i grandi imprenditori ad abbassare l’orario di lavoro ai lavoratori, contemporaneamente alzando di cinque volte il loro stipendio da poveracci, quello che ha fondato gli asili e le scuole gratuite con le mense gratuite per i bambini dei contadini e dei lavoratori. Quello che ha cercato di cambiare in meglio la società nella quale era nato e cresciuto. Hai mai sentito parlare di lui?”Un segno negativo, la testa leggermente scossa e l’espressione che urlava “non mi importa di quello che dici, tanto la ragione ce l’ho io, la tengo qui, in tasca, incastrata tra tutta questa erba.”“Quando qualcuno dei suoi soldati rubava qualcosa ad una singola persona, lo fucilavano immediatamente. Lo facevano perché il senso dell’anarchia è costruire un sistema sociale privo di governo centrale, ma non privo di regole.”Il mio interlocutore non ha fornito alcuna risposta, perché alla fine del mio discorso siamo arrivati alla Stazione Garibaldi e lui è saltato fuori dal treno, svanendo nel fiume di persone.Io ho accompagnato con lo sguardo la sua testa ricca di capelli disordinati e sporchi, pensando che noi viviamo in un tempo di enormi, giganteschi distrazioni che, probabilmente, generano la superficialità mai vista prima.

Nicolai Lilin ‘fascista’ e l’anarchico

Così uno che si espone per difendere una fanciulla dai ladri diventa un fascista, mentre colui che lo giudica è uno anarchico.Probabilmente quando Alice tornava dal Paese di meraviglie ha scordato di chiudere la porta.”Nicolai Lilin è un famoso scrittore russo, autore del romanzo Educazione siberiana, trasportato anche sui grandi schermi con la regia di Gabriele Salvadores.

L'incontro. Agnese e Adriana, la forza di uscire dalla prigione del rancore


Risultati immagini per a volte il passato viene a cercarti per  chiederti  di  fare  pace
L'articolo    che  segue    mi ha  riportato  alla  mente  ,  non so  se  comprarlo  o  meno ho  la stanza  troppo piena  di  libri e di  cd   devo decidermi a  fare  un ripulisti  e  regalare  a mercatini di riciclo   o  lotterie   delle feste   qualcosa  ,   questo   fumetto  ( foto  a  destra  )    sfogliato da poco in libreria e la  sua  frase   sula  quarta  di copertina  : <<   A  volte  il passato   viene  a  cercarti  per  chiederti di  fare  pace  . E se  l  ignori  t'intrappolerà  per sempre  >> . La  " storia    che  vi apperestate   a  leggere  presa dal sito https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/  trovata     tramite l'interessnte   sito in particolare     la sezione https://www.alganews.it/category/storie/   trovato   sulla bacheca  (  non riesco  a   smetterla  di   condividere   e  di leggerla nonostante  abbiamo litigato   tanto  da   farmi dire  : << [...]  Inutile richiedere l'amicizia. Ormai per me non esisti più >> ma  vent'anni di  frequentazioni    \  scambi ,  divergenze, ecc  cos e che    mica    si rimuovono  o scompaiono  dall'oggi a  domani  )  facebook   di una  delle prime  se  non addirrittura   la prima compagna di strada  Antonella  Serafini  di  www.censurati.it 






Maurizio Patriciellosabato 20 ottobre 2018


La storia fa da sfondo. Anche il nome di Aldo Moro non viene quasi mai pronunciato. Adriana lo chiama il «papà di Agnese». A sua volta Agnese ricorda solo i nomi degli uomini della scorta trucidati in via Fani il 16 marzo del 1978. Hanno accettato di venire, queste due signore, a Sant'Agata dei Goti, nel Beneventano, per renderci partecipi del travaglio dei loro animi. Siedono come due vecchie amiche, una accanto all'altra, sull'altare della cattedrale gremita e silenziosa. Gli occhi di tutti sono fissi su di loro. Agnese Moro, la figlia dello statista ucciso dalle Br, e Adriana Faranda, una dei brigatisti responsabili della sua morte, hanno trovato il coraggio di scavare dentro se stesse per estirpare l'antico rancore che le accomunava e le divideva. Hanno spalancato le porte della prigione del passato; hanno saputo trasformare il dolore che rischiava di agghiacciarle in un trampolino di lancio verso il futuro.
«Sento la necessità di portarvi nel mio mondo interiore» esordisce Agnese. È questa la chiave di lettura dell'incontro, di questo vuol parlarci, questo siamo venuti a sentire. Non è stato un convegno sul "caso Moro" quello che si è tenuto nei giorni scorsi a Sant'Agata, ma un momento delicatissimo in cui sua figlia racconta come sia stato possibile incontrare, dialogare, sforzarsi di capire gli assassini di suo padre. All'inizio c'è stato il rischio che «l'odio, la rabbia, la delusione, i sensi di colpa» prendessero il sopravvento. Un «incoercibile desiderio di giustizia» le ribolliva dentro, ma sapeva che il dolore dell'altro non avrebbe mai potuto lenire il suo. La «dittatura del passato» doveva cessare. A tutti i costi.
Intuisce che c'è da fare un percorso interiore per ritrovare la pace, la serenità, la libertà. Per ritornare a vivere. Per farlo, però, deve saper dire "basta". Con fermezza, convinzione. Il Signore mette sul suo cammino padre Guido, gesuita, e un gruppo di sorelle e fratelli che l'aiutano a elaborare il lutto e a fare piccoli passi per una possibile riconciliazione con chi le ha fatto male. Lentamente, si concretizza la possibilità di incontrare alcuni responsabili della morte di Moro. Non è facile. Non tutti capirebbero. Agnese accetta. E si accorge che quelle persone da sempre ritenute "mostruose" hanno conservato la loro umanità. Una scoperta che vale quanto una rivelazione. Durante un ritiro, in Piemonte, dalla loro bocca sente che hanno sofferto e soffrono per averle ucciso il padre. Rimane sbigottita. Com'è possibile?, si chiede. Quel dolore è suo, appartiene a lei, alla sua famiglia. Che c'entrano loro? Vittime e carnefici accomunati nella stessa sofferenza? Non stiamo esagerando?
Questo fatto "disarmante" la sconvolge. E capisce, Agnese, che per andare incontro all'altro deve spogliarsi di ogni pregiudizio. Senza opporre resistenza. Deve smettere di vedere in lui il nemico, l'assassino, e riprendere a considerarlo un uomo. Un uomo che ha sbagliato, ha ucciso, ha fatto soffrire, ha sofferto, ma che non ha mai smesso di avere un nome, un volto, una storia. Un uomo che puoi finalmente guardare negli occhi, chiedendogli: "Come hai potuto?" Allora i ghiacciai si sciolgono, i cuori intrappolati nel dolore si allargano. Si riprende a respirare aria di montagna. E tu capisci che il male non ha avuto l'ultima parola. Non ha vinto. Finalmente giustizia è fatta.
In cattedrale non vola una mosca. Gli sguardi sono bassi. Questo parlare è vangelo "sine glossa". Agnese è pacata, serena, non alza mai la voce, ma le sue parole, come lame affilate, penetrano negli animi commossi.
È la volta di Adriana. Esile, il volto lungo, solcato dalle rughe, anche lei, senza saperlo, andava sperimentando un travaglio interiore simile a quello di Agnese. È vero, si era dissociata dalle Br, aveva pagato il suo debito con la giustizia, aveva sofferto, ma sentiva che non poteva bastare. Per fare pace con se stessa, col mondo, con gli uomini, con il futuro, occorreva ricostruire le «relazioni spezzate». Anche lei sente forte il bisogno di uscire dalla corazza del passato che rischia di soffocarla. Per farlo, sente forte il bisogno di poter incontrare le persone offese. «Io oggi mi sento responsabile di Agnese», dice, sfiorandole delicatamente la mano. Un gesto che non passa inosservato. Una carezza che vale più di mille discorsi.
Il suo intento non è quello di chiedere perdono, atteggiarsi a vittima, o pretendere di essere compresa. È molto di più. È il desiderio di caricarsi sulle spalle il fratello incappato nei briganti, portarlo in salvo, rimanergli accanto, soffrire insieme, e insieme tentare di guarire. Riconoscendo che quel brigante sei stato tu. «Certo, ci sono cose che non possono essere riparate», ammette. Indietro non si torna, è vero, ma davanti si deve guardare. Il male fatto come un macigno rimane, ma possiamo disinnescarne la carica esplosiva perché smetta di generare divisione, sofferenza, morte. «La violenza, sia quando la si riceve sia quando la si esercita, provoca traumi profondi. L'uccisione del papà di Agnese per me è stata atroce», sussurra, socchiudendo gli occhi. Dal quel giorno sono passati quarant'anni...
Adriana Faranda chiude il suo intervento con parole che tutti vorremmo sentirci dire dal Giudice supremo nel giorno del giudizio: «Ho sempre visto le mani di Agnese tese, dopo che mi avevano spaccato in due col suo dolore». Confessione. Redenzione. Risurrezione. «A volte – aggiunge Agnese – il male è tremendo per la sua stupidità, per la sua piccolezza. Io sono sicura che Gesù quello che mi dice me lo dice per rendermi felice. E se mi dice: "ama il tuo nemico"... Ci ho pensato trent'anni». E tace.
Le parole possono prendere congedo. Silenzio. Riconoscenza. Preghiera. Lo Spirito aleggia. Abbiamo capito. Abbiamo imparato la lezione. Un applauso liberante, lunghissimo, esplode in chiesa. Agnese Moro e Adriana Faranda, due donne che hanno saputo mettere a tacere l'odio e imboccare la strada faticosa e bella della riconciliazione. La sola ricca di senso e di futuro.




infatti  riaffermando   quello  che  dice   quel  fumetto citato all'indio del post  e  quest'articolo   concludo  con questa  slide   che trovate   sotto  
Risultati immagini per a volte il passato viene a cercarti 
allla  prossima  

27.10.18

Auguri a uno dei parrucchieri più antichi d'Italia: non usa il rasoio ed è specializzato nel taglio "alla Umberta"

Dopo notizie   e riflessioni   su brutture   ritorniamo alle classiche storie  .Ecco  a voi  una   storia   d'amicizia e di solidarietà fra   colleghi   . 
dall'unione  sarda    di qualche giorno fa  

Antonio Cardia, 91 anni, barbiere da una vita: "Da me niente tagli per 'burumballa'"

Ha scelto un modo un po' singolare per festeggiare il suo compleanno. Antonio Cardia si è fatto tagliere i capelli. In realtà, la scelta non è poi così strana: a 91 anni, Cardia continua a lavorare nel suo salone di via Cimarosa, all'angolo con via Pergolesi
antonio cardia nel suo salone di via cimarosa (foto marcello cocco)Antonio Cardia nel suo salone di via Cimarosa (Foto Marcello Cocco)
E lunedì ha chiamato nella sua bottega una persona ancora più anziana di lui, Cireneo.Ufficialmente, l'uomo è pensionato dopo aver fatto per tanti l'infermiere. Il suo primo lavoro, però, è stato quello del barbiere."Ma, nonostante questo - racconta Cardia - non ha certo perso la mano. Anche perché, quando avevo molto lavoro, veniva a darmi una mano nel mio salone".Adesso, invece, i clienti sono diminuiti.Anche perché Cardia non ha certo intenzione di rinunciare al suo stile. Anche perché è diventato un maestro specializzato in un taglio che, sino a qualche anno fa, andava per la maggiore: quello "all'Umberta". E lui non si vuole adeguare."No, i tagli attuali non mi piacciono e non li faccio. E qui non si passa il rasoio sulla testa. Il mio è un salone di classe: non voglio 'burumballa', gentaglia, qua dentro".Una vita trascorsa in quel salone. Che non vuole lasciare."Certo, vorrei andare in pensione. Ma, prima, voglio lasciare la bottega a chi vuole fare questo lavoro seguendo la mia filosofia. Ci sono tanti clienti storici, non posso deluderli".Che sia solo questo il motivo? Qualche tempo fa, una trasmissione televisiva nazionale si è occupata dei barbieri più vecchi d'Italia. Cardia ha scoperto di essere al secondo posto. "Più anziano di me c'è un altro sardo, un barbiere di Porto Torres che lavora ancora a 93 anni".[ ne  ho parlato qui  sul blog  da qualche  porte  ]Che voglia aspettare la pensione del collega per diventare il barbiere più anziano d'Italia?
Marcello Cocco

26.10.18

Il mio primo e ultimo giorno di lavoro al macello: lettera di una donna sconvolta



Non ricordo     se  hi ricevuto    via  wtzap o  su  un social  d'amici vegani    questi due  documenti  che  riporto   sotto  .



Attenzione, le immagini e le foto che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilità

  



Il Primo 




intitolato  Dominion  film che denuncia la violenza sugli animali di ogni specie, scritto, diretto e realizzato da Chris Delforce, dell'associazione australiana Aussie Farms. Racconta in modo estremamente toccante gli orrori dello sfruttamento animale in ogni settore, ma soprattutto in quello degli allevamenti per l'alimentazione umana.Attraverso le immagini catturate dalle telecamere nascoste all'interno di allevamenti e macelli, e le riprese effettuate dai droni telecomandati, il regista riesce a farci davvero percepire dentro di noi con grande forza, l’estrema sofferenza degli animali, la loro disperazione, il loro grido di aiuto.Il film è stato doppiato in italiano da AgireOra Network e messo a disposizione di tutti gratuitamente, per la visione on-line o per scaricarlo.
  il  secondo  





 Ha mangiato carne per tutta la vita, poi un giorno Faith ha trascorso una giornata di lavoro in un macello. Quella notte ha cambiato la sua vita ed è diventata vegana. Lei è una voce testimone per tutti gli animali. Ecco la sua lettera.
IL Giorno in cui ho accettato il lavoro: “Oh mio Dio! Se ci penso…Ho sempre mangiato carne e latticini e non ci ho mai pensato su due volte. Sono stata senza lavoro per più di due anni ma finalmente ho trovato lavoro al macello. Non ho mai pensato a quello che potrebbe accadere, sono solo contenta di avere un posto di lavoro.”








Giorno in cui ho accettato il lavoro: “Oh mio Dio! Se ci penso…Ho sempre mangiato carne e latticini e non ci ho mai pensato su due volte. Sono stata senza lavoro per più di due anni ma finalmente ho trovato lavoro al macello. Non ho mai pensato a quello che potrebbe accadere, sono solo contenta di avere un posto di lavoro.”
“E’ durato un giorno. Non sono riuscita a rimanere. E’ stata la cosa più orribile che abbia mai visto in vita mia! Non c’era nulla di umano là dentro.
Sono tornata a casa il Venerdì in lacrime. E l’odore! L’odore della morte, posso ancora sentirlo sotto le narici! Da allora non riesco a dormire una notte intera, quelle immagini sono dentro alla mia testa e non posso più dimenticarle.
Non ho mai più sentito il desiderio di toccare di nuovo la carne. Non pensavo che sarebbe stato così. Non ho mai provato nuove diete o cambiamenti di stile di vita, perché i miei nonni ci hanno allevati in una fattoria”.
“Quello che ho visto però era atroce e quello che ho vissuto la notte scorsa, mi ha fatta stare male fisicamente e moralmente. Ho fatto sei docce, continuavo a sentire l’odore del sangue e della morte. Non so come avverrà il mio cambiamento ma ho intenzione di farlo. Ho due bambini, ma non compreremo mai e poi mai più carne. Voglio provare un’alimentazione vegan. Solo il pensiero di acquistare carne e doverla cucinare, ora mi fa sentire male. E durato un giorno il mio lavoro e non sarebbe mai potuto durare di più. La prima settimana dovevo solo guardare per imparare ma non avevo idea di ciò che avrei visto nel macello!”
“Mi sento così stupida perché alcuni dei miei amici da tempo sono vegan e ho pensato che fosse semplicemente una scelta folle, che seguivano una nuova tendenza hippy. Ora mi sento male per aver giudicato le loro decisioni. Mi è stato detto di guardare documentari e non l’ho mai fatto.
Ho sempre pensato che gli animali non soffrissero nei mattatoi ma che venissero prima storditi e poi uccisi all’istante. Non è così! Sono vivi e urlano. E anche se fossero morti, il sangue solo quello… OH MIO DIO!

1 ° giorno: “Sono seduta qui stasera e tutto è ancora nella mia mente come se fosse ieri. Sono stata senza lavoro per così tanto tempo, ed ero così contenta di avere un lavoro. Ho creduto che era tutto ciò che volevo che era umano! Gli animali non sentono!
C’era un grande paddock accanto al macello, pieno di mucche, stavano mangiando l’erba e tutto sembrava normale. Ho sentito una fitta di tristezza nel sapere che la loro tranquillità sarebbe durata poco ma il peggio l’ho visto dentro alla struttura. Mi hanno mostrato la stanza macelleria, sembrava il negozio di un macellaio. Tutto normale e non mi ha impressionato più di tanto.
Poi nel proseguire mi sono avvicinata e ho accarezzato una delle mucche. Da tempo non mi ero avvicinata ad una mucca, da quando i miei nonni avevano la loro fattoria. Mi è stato mostrato la camera di imballaggio e ho incontrato gli altri dipendenti e poi uno di loro mi ha detto “metti su questi, devi andare e devi vedere come si svolge il lavoro”.
“Mi ha dato degli stivali di gomma e un grembiule di plastica e poi siamo passati attraverso delle enormi porte dove le mucche erano allineate vive una dietro l’altra e si lamentavano, non era il solito “muu” , quello che fanno di solito, era chiaro che avevano paura. Alcune delle mucche urinavano spesso e lo facevano per la paura. Così, dopo aver attraversato più porte, mi è stato detto che non mi sarebbe piaciuto quello che avrei visto da lì a poco, ma così è la vita. “Parte del settore agricolo vive con le mucche che sono state allevate per questo scopo” ha detto l’uomo che mi accompagnava, secondo lui non avevano altro scopo per cui vivere”.
“Un uomo ha aperto un cancelletto dove era tenuta una mucca e le ha bloccato la testa. Ha cominciato a lottare e mi sentivo male, ma mi sono convinta che faceva parte del suo destino, della vita. Questo era il suo scopo.
Qualcun altro in quel momento si è avvicinato con un attrezzo che sembrava una piccola asta ma che serviva per lo stordimento. L’animale colpito è caduto immediatamente a terra e mi aspettavo che fosse morta. Proprio così. Ma non lo era. Tremava e mi hanno detto che erano solo i nervi, la mucca era morta e il suo cervello non avrebbe sentito nulla. Ma dopo circa un minuto mentre hanno legato le sue gambe, ha cercato di alzarsi in piedi.
E Questi non sono i nervi cazzo! E’ inciampata e ha cercato di nuovo di rialzarsi ma è stata issata per le zampe posteriori. Ho chiesto se era morta e mi è stato detto che lo era. Ma i suoi occhi erano aperti e per un momento i miei occhi hanno incontrato i suoi.
Poi è rimasta appesa per le zampe ad una zona di piastrelle tutte bianche, simile ad un enorme box doccia con uno scarico nel pavimento. Un uomo mi disse: “Lei non potrà mai avere a che fare con questo lavoro se per aver visto questo è già turbata.”
L’operaio si è avvicinato e mentre la mucca stava ancora lottando gli ha tagliato il collo, mentre lei lottava disperatamente per liberarsi! E ha gridato. Ha sbattuto la testa di scatto prima in avanti e poi indietro. Il sangue è schizzato, ha spruzzato tutto il muro mentre altro sangue scendeva dal suo collo. Il suo “muu” è diventato meno forte e sempre meno forte fino a quando non aveva più forza per lottare e il dolore e la morte ha finalmente messo a tacere il suo dolore.Ho guardato verso il basso. Ero in piedi quattro piedi dall’animale e gli stivali erano di colore rosso vivo, appena coperto di sangue.
“Non ho mai visto così tanto sangue e non conoscevo l’odore del sangue. Che odore! E’ un odore metallico, di morte, come quello della mucca che è stata appena uccisa in questa stanza ancora sanguinante, mentre stava per arrivare il turno della successiva che ha subito esattamente lo stesso trattamento.
Di nuovo i medesimi step: lotta, occhi aperti e muggito feroce e anche qui hanno detto che erano solo i suoi nervi. La mucca è morta di morte cerebrale a causa dello stordimento! Ma io non credo.
Rimasi lì a guardare sette vacche uccise e non ho fatto nulla, ero come impietrita. Dopo la quarta ho dovuto andare fuori e vomitare. Mi è stato detto di mettere un panno con del Vicks sotto il naso per eliminare l’odore.
Ho pensato ai miei figli e che avevo bisogno di un lavoro e così sono tornata dentro e ho visto l’uccisione di altre tre mucche.
Poi sono tornata fuori nel punto in cui le mucche erano vive. Mi sono tolta stivali e grembiule e sono tornaita nella stanza prima del macello, dove gli altri dipendenti hanno cercato di consolarmi suggerendomi che era troppo presto per me per assistere alla macellazione. Così ho atteso la fine del turno di lavoro nella stanza antecedente al macello, quella che non mi aveva dato fastidio prima.
Quando ho finito il mio orario ho detto a loro che non sarei tornata su quel luogo e hanno capito. Mi hanno dato 75 dollari anche se ho solo guardato e poi ci siamo salutati.
Il mio ragazzo mi ha detto stasera che il sangue non ha odore, quello che ho sentito è immaginato. E gli ho detto- ‘hai mai visto un vero e proprio diluvio di sangue? Litri e litri di sangue che scorrono sopra i tuoi piedi?’
Non ho mai sentito tanto dolore per un altro essere vivente come quello che ho provato per quelle mucche. Ha avuto un effetto drammatico su di me, un’esperienza che non dimenticherò mai più. Sto ancora piangendo stasera mentre sto scrivendo questa lettera e per un certo verso forse è un bene che io abbia visto.
Dopo quel giorno ho parlato con i miei tre amici vegani. Ho chiesto scusa per aver criticato loro e la loro decisione quando hanno fatto una scelta vegan. Me, ero una mangiatrice di carne convinta di essere nel giusto.
Mi dispiace tanto per averli derisi. Loro hanno accettato le mie scuse e ora sono disposti ad aiutarmi nel percorso di transizione di me stessa. Una cosa so per certa ed è che mai e poi mai mangerò di nuovo carne.
Non potrò mai più dimenticare quel venerdì. Ogni dettaglio, ogni suono, ogni odore, rimarrà impresso nella mia mente come il momento che mi ha cambiato la vita. Sono disgustata da quanto mi è stato detto e dal fatto che mi hanno mentito, che lo stordimento li uccide. Da allora ho scoperto che in realtà non è così.
Mi sento ancora male e ci vorrà del tempo perché io possa riprendermi ma sono determinata a fare anche il più piccolo cambiamento. Gli animali non meritano questo. Vorrei solo aver visto tutto prima.
Ora che ho visto quello che ho visto, sostengo pienamente la scelta di un’alimentazione etica e vorrei che ognuno si renda consapevole della crudeltà dei nostri macelli definiti da molti “umani”.

So  solo  che  sto pensando   , devo solo   trovare   il coraggio  di  bandirla  del tutto  ,  di  non mangiare  carne  o  altri animali   .  Per  il momento   la  scelta   di non comprare    carne  ( o pesce   d'allevamento  , ma  direttamente  dai pescatori )    ed uova   d'allevamenti intensivi  .  Infatti   come    ho  replicato  e  qui  riprendo    ( qui l'intera  discussione  e   la replica  integrale   ) su fb  ad un commento  a  questo  precednte  post   :  Vigne del futuro e antica balentia

essendo cresciuto   ( anche  culturalmente   ) sul finire della cultura ormai scomparsa o standardizzata \ folkorizzata degli stazzi (  I  II  )  dove  sia  l'allevamento , l'uccisione   degli animali   e  l'usoi  dei  è quello del'uso dei buoi per  arare     erano  " naturali  "   in  un economia  autarchica  e  di sussistenza  è il più rispettoso del'ambiente . E' vero c'è uno sfruttamento degli animali ma è compatibile con l'ambiente e crea meno sofferenza rispetto a quelli intensivi \ industriali . [....]  


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