30.11.21

FAR LA FESTA AL NATALE di © Daniela Tuscano

 ...e nemmeno sa, la Commissione europoide, che Giovanni, Maria, Giuseppe e persino Gesù non sono nomi soltanto "cristiani". Appartengono a profeti e sante veneratissimi dai musulmani, i quali, di conseguenza, li usano per i loro figli, nei corrispettivi arabi Yahya, Myriam o Mariam, Youssef, Isa. Si potrebbe eccepire che vi ricorrono pure gli arabi cristiani, ma quelli per la Commissione non esistono, come non esistono le donne, anzi, le bambine che soprattutto in Pakistan e Nigeria vengono rapite, stuprate, convertite a forza e vendute a maschi sessantenni per cui nessuna femminista liberal ha


voluto mobilitarsi; mai una genuflessione per il calvario decennale di Asia Bibi ieri, né per Maira Shahbaz, Huma Younus e Leah Sharibu oggi. Maira a 14 anni ha subito un sequestro, una violenza sessuale ed è stata obbligata ad abiurare prima di sfuggire agli aguzzini con le sue sole, piccole-grandi forze. Anche Maira e Leah erano quattordicenni quando i jihadisti le hanno prelevate da scuola per ridurle in schiavitù, e in tale condizione versano dopo un lustro.Di quante Asia, Maira, Huma e Leah non conosciamo neppure il nome? Moltissime, certo. Ma anche questi nomi restano sconosciuti, malgrado l’esoticità tanto cara ai fautori dell’inclusione. Il perbenismo dirittista - borghese, bianco, occidentale - si compiace d'aborrire tutto quanto appaia borghese, bianco e occidentale, cioè sé stesso e la sua storia, per esaltare un "diverso" mitico e pittoresco, metà demonio e metà bambino, proiezione di fantasie (o perversioni). Un neo-orientalismo digitale, privo delle basi culturali di cui l'antico pur disponeva, ma egualmente altezzoso e profondamente razzista, a dispetto della militanza "sinistra" dei suoi esponenti.Sono proprio i cristiani asiatici e africani a contraddire questa narrazione. La loro esistenza, così travagliata e, in certe zone, ridotta al lumicino, testimonia che il cristianesimo oltrepassa l’Europa e affonda le radici dove la gauche-caviar non vorrebbe trovarlo, non per iniziativa di qualche missionario al soldo dell'imperialismo ottocentesco ma per antica evangelizzazione: in Etiopia dal I secolo, in India dal quinto. L'Egitto, la Turchia e la penisola araba furono cristiani prima dell'Islam. Ma i progressisti attuali lo ignorano, volutamente o no; i cristiani extraoccidentali, ai loro occhi, sono alloctoni della concorrenza, quasi dei rinnegati etnici; perdono d’interesse, risultano poco mainstream, tanto vale abbandonarli al loro destino.Il tentativo di cancellare il Natale - e qualsiasi riferimento al cristianesimo, dai crocifissi nei locali pubblici ai monumenti cittadini ecc. - va avanti da alcuni anni. Ha sostituito la preesistente festività del Sol Invictus, ripetono a ogni scadenza gli storiografi da web, non per riflettere sull'inculturazione ma col preciso scopo di sminuirne l'importanza e perfino l'originalità, come se altre ricorrenze fossero prodotti vergini di tradizioni millenarie. Si è poi continuato con le stucchevoli polemiche sui presepi a scuola fino alla demenziale censura delle croci dalle etichette degli yogurt greci, sempre col pretesto dell'"inclusione" e del "rispetto" per i "diversamente credenti". I quali, detto per inciso, normalmente se ne sbattono, in trent'anni d'insegnamento le uniche proteste per le feste troppo "cristiane" le ho udite da colleghi infarciti di retorica terzomondista. Gli studenti, sia nativi sia foresti sia ibridi, continuano a fare gli studenti e prendono la vita com’è. Finché possono e grazie a Dio.Le linee-guida della Commissione europea sembrerebbero un po' più ragionevoli riguardo alla "parità di genere". Sconsigliato l'uso del termine "uomo" per indicare l'intera umanità. Verrebbe da concordare, benché in origine designasse appunto l'essere umano (da humus=terra) e non il maschio. La scrivente ha sempre sostenuto la necessità di declinare al femminile professioni e ruoli per lungo tempo considerati "virili". Il guaio è che poi, sempre in nome dell'inclusione, è proprio il femminile a dover cedere il passo ad asterischi, chiocciole o schwa il cui utilizzo è caldamente raccomandato dalle direttive UE. E, si badi bene, gli uomini (maschi) non vengono mai messi in discussione: nessuno li chiama individui con la prostata o penemuniti, mentre il vocabolo "donna" è stato rimosso da autorevoli pubblicazioni specialmente anglosassoni ("The Lancet" su tutte) in favore di mestruatori, possessori di vagina, persone gestanti, e tutto al fine di coinvolgere non-binary, genderfluid e chi si percepisce al femminile pur mantenendo corpo, ormoni e cromosomi XY. Proprio così: la parola "donna" sta diventando oltraggiosa, se è vero che nel convegno per un PNNR equo, coorganizzato da Regione Emilia-Romagna e Period think tank, non viene menzionata nemmeno una volta. Curiosa, vero?, questa neolingua che si fa analitica perché incapace di sintesi e, al tempo stesso, annulla le differenze in nome della diversità. E non-cristiani, variamente colorati, neopagani, omobitransetero aspettino a rallegrarsi: questa non è la loro vittoria, ma solo un primo passo che porterà all’omologazione totale, al neutro cosmico che assorbirà ogni precipuo, e autentico, afflato dello spirito, qualsivoglia originalità di culture, qualunque irripetibile impronta digitale. E il naufragio in questo mare non sarà affatto dolce.


© Daniela Tuscano



e proprio mentre facevo copia e incolla del post di Daniela leggo su https://www.open.online/   che


L’Ue non vieta di dire «Natale» e di chiamarsi «Maria». Ecco il documento integrale delle raccomandazioni ritirato dalla Ue
30 NOVEMBRE 2021 - 12:59
di David Puente





Viene contestato il contenuto di un documento sulla comunicazione inclusiva, individuando presunte discriminazioni contro il Natale e i cristiani che non risultano
In Europa vietato dire “Natale” e perfino chiamarsi Maria titola Il Giornale, che sostiene di essere entrato in possesso e in esclusiva di un documento intitolato #UnionOfEquality dove vengono indicati «i criteri da adottare per i dipendenti della Commissione nella comunicazione esterna ed interna». Il documento non è nuovo, la relatrice e Commissario per l’uguaglianza Helena Dalli ne parla sui social da ottobre 2021. No! Il documento non vieta di dire “Natale” (e non solo), ma per spiegarlo non ci accontentiamo della smentita della Commissione che, nonostante tutto, ha ritirato il documento a seguito delle polemiche.    ..  segue   su  https://www.open.online/2021/11/30/natale-documento-integrale-ue-ritirato/

50enne difende un’amica dalle molestie. Picchiato con una mazza, muore dopo 14 giorni di agonia



una piaga quella delle #molestie e del #femminicidio sta diventando sempre una piaga che ci riguarda tutti ed non riguarda più solo le donne . Infatti ho appreso poco fa su https://www.thesocialpost.it/



50enne difende un’amica dalle molestie. Picchiato con una mazza, muore dopo 14 giorni di agonia
                                ELISABETTA BOSSO //CRONACA ITALIA 30 NOVEMBRE 2021, 16:57

Cosimo Damiano Bologna aveva 50 anni e circa due settimane fa era finito in ospedale dopo essere stato pestato da un uomo che aveva molestato l'amica che si trovava con lui

Cosimo Damiano Bologna, 50 anni, è morto dopo due settimane in ospedale, era finito ricoverato nel reparto di rianimazione dopo essere stato brutalmente picchiato per proteggere un’amica da molestie. Il sindaco di Canosa, Roberto Morra, ha proclamato il lutto cittadino. L’autore dell’episodio di violenza era stato arrestato e ora dovrà rispondere, oltre che di stalking e pestaggio, di omicidio preterintenzionale.
Pestato per aver difeso un’amica da molestie: muore in ospedale
I fatti risalgono a due settimane fa presso Canosa di Puglia, provincia di Barletta Andria Trani, Cosimo Damiano Bologna si trovava nel centro città e davanti ad un bar insieme ad un’amica quando un 58enne avrebbe iniziato a molestare la donna, infastidendola e insultandola.
Cosimo sarebbe intervenuto in sua difesa e a quel punto il 58enne avrebbe reagito iniziando a pestarlo utilizzando, pare, una mazza per poi lasciare la vittima a terra, sanguinante e privo di sensi.
Cosimo Damiano Bologna è stato poi trasportato d’urgenza ed rimasto ricoverato in gravi condizioni disperate presso l’ospedale Bonomo di Andria.

Il sindaco di Canosa proclama lutto cittadino

A dare l’annuncio della morte di Cosimo Damiano Bologna è stato il sindaco di Canosa Roberto Morra, che su Facebook ha scritto: “

E' deceduto questa notte il nostro concittadino intervenuto in difesa di una donna oggetto di molestie. L'esempio di coraggio di chi è intervenuto in difesa di una donna si è trasformato in tragedia e purtroppo Canosa piange una giovane vita spezzata da un gesto di brutale violenza che si fa fatica a comprendere ma che dobbiamo unanimemente condannare. E' necessario che la Città si fermi a riflettere sull'accaduto, un atto lontano dalla cultura e dal vivere civile della nostra comunità. In questo giorno così triste esprimo il mio cordoglio e la mia vicinanza alla famiglia di Cosimo Damiano Bologna e, per il giorno delle esequie, ho disposto la proclamazione del lutto cittadino affinché tutta la Città si unisca idealmente al dolore dei suoi familiari.
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un ottimo sindaco

Un irriducibile di Cosa nostra recluso al 41 bis ha chiesto al presidente del tribunale per i minorenni Di Bella di allontanare il primogenito

è un gesto talmente potente e bello che la domanda elucubratoria : << lo fa per opportunismo cioè paura che gli lo uccidano le cosche rivali oppure perchè vuole evitare che il figlio segua le sue orme >> passa in secondo piano

da repubblica online

 
la  periferia  di catania 
CATANIA - Quando si è ritrovato davanti al giudice, collegato in videoconferenza, il capomafia al 41 bis ha sussurrato: «Dottore, la prego, tenga lontano mio figlio da quel maledetto quartiere». Il figlio quattordicenne, il primogenito, che si era già candidato a prendere il posto del padre nell’organizzazione. Adesso, è lontano da Catania, con il progetto “Liberi di scegliere”. E il padre gli ha mandato una lettera qualche giorno fa: «Ha scritto: “Rispetta tutte le indicazioni che ti danno in comunità — racconta
Roberto Di Bella, il presidente del tribunale per i minorenni di Catania — E, soprattutto, non mi considerare un mito, ma un fallimento».
Non era mai accaduto dentro Cosa nostra. Un padrino irriducibile, che si è sempre rifiutato di collaborare, chiede aiuto alla giustizia per provare a riscrivere il destino già segnato del figlio.nte il colloquio, mi ha parlato della sua sofferenza — dice il presidente Di Bella, che in Calabria ha sottratto ottanta figli di ‘ndrangheta al contesto di appartenenza — mi ha raccontato del dolore che prova nel non potere abbracciare i suoi figli, può incontrarli esclusivamente dietro al vetro blindato del 41 bis». Il giudice ha rilanciato: «Gli ho proposto un patto educativo. Nel corso del corso del colloquio ho detto:
“Mi aiuti ad evitare a suo figlio la sofferenza che sta provando lei”».
Dal settembre 2020, da quando è tornato nella sua città, Roberto Di Bella ha già adottato un ventina di provvedimenti che prevedono la decadenza della responsabilità genitoriale per mafiosi e trafficanti di droga. Ora, i ragazzi sono in strutture di accoglienza. A Palermo, la procura per i minorenni vuole intraprendere lo stesso percorso per i figli degli spacciatori del quartiere Sperone.
«A Catania, si sono fatte avanti anche due madri — spiega il giudice — erano rimaste coinvolte in inchieste giudiziarie e per questo erano destinatarie di misure cautelari. Hanno chiesto di essere aiutate a lasciare con i figli i contesti di origine. E così è scattato il protocollo “Liberi di scegliere”, che prevede un percorso di accompagnamento e sostegno da parte dell’associazione Libera, per un nuovo inserimento, anche lavorativo». C’è un gran fermento attorno alle famiglie criminali catanesi. Un tam tam si sta diffondendo anche nelle carceri, la prospettiva di salvare i figli con un percorso concreto sta aprendo crepe importanti nel mondo criminale. «Ci ha scritto un detenuto per traffico di droga — racconta ancora il giudice Di Bella — ha detto che appena finirà di scontare la condanna vuole andare via da Catania, con la moglie e i figli».
Si aprono spiragli importanti nelle zone franche in mano ai clan. «Per questo è importante fare un lavoro costante sul territorio — dice il presidente del tribunale per i minorenni — un lavoro che deve vedere presenti insieme istituzioni e società civile». Roberto Di Bella auspica il tempo prolungato nelle scuole: «Aperto alle associazioni, per animare il quartiere». E anche un impegno maggiore dei oratori: «La Conferenza episcopale italiana è peraltro partner del progetto “Liberi di scegliere”». Primo obiettivo: «Abbattere la dispersione scolastica, che a Catania ha livelli preoccupanti — spiega il magistrato — in alcuni quartieri raggiunge il 22 per cento dei minori fra i 6 e i 16 anni. Per questa ragione è stato istituito un osservatorio metropolitano sulla questione minorile, che ha sede in prefettura, ha fatto già diversi incontri nei quartieri».
La parola chiave resta una sola: «Rete». Per coordinare tutti i soggetti che operano in campo. Da Catania sta partendo anche un’iniziativa: chi non manda i figli a scuola perderà il reddito di cittadinanza. Il tribunale ha già fatto le prime segnalazioni all’Inps.

29.11.21

fregatevene se strappare lungo i bordi è in romanesco o romanesco italianizzato e vedetelo è un ottima serie ve lo dice unsardo che non capisce il dialetti il romano

  Incuriosito , dopo  il mezzo flop      del film la  profezia dell'armadillo   ,   ho  voluto  dare    una seconda   possibilità  a  una  trasposizione         cinematografica    delle  opere  di Zero calcare  .
 La serie   di Netflix   strappare  lungo i bordi   a  differenza  del film prima  citato   mi è  piaciuto   tantissimo  . Essa è  una      serie   molto poetica ,   auto  critica  e auto ironica ,  toccante  e  delicato  nell'affrontare    un tema caldo    come il suicidio   . Una bella l’educazione sentimentale  quella  espressa  in  questa  serie  di di Zerocalcare. Commuove e diverte, educa nel senso migliore: senza eroismi e moralismi pedanti. Leggo che ha grande successo e ne sono contento, perché Strappare lungo i bordi è insieme a Peanuts e aThe Catcher in the Rye (Il giovane Holden di J.D. Salinger, ndr) un racconto terapeutico che fa bene a tutti. Nel suo viaggio individuativo (non c’è bisogno del drago junghiano, basta un treno per Biella), Zero dialoga di continuo con la sua coscienza-armadillo che lo asseconda e lo sfotte, infierisce ma non lo abbandona. È un oggetto interno.

Una scena della serie tv Strappare lungo i bordi
di Zerocalcare (su Netflix): Zero è in auto con l’amica d’infanzia Sarah, che compare anche  nei suoi fumetti 

«Cintura nera de come se schiva la vita», Zero è terrorizzato dai sentimenti, più li prova più li nega. Tutto lo fa sentire in colpa, il peso è enorme, ma si vede che dentro c’è un fuoco, è che lui non sa come accenderlo, sospeso sempre tra l’amore e l’accollo. Abitato da grandiosità segrete come ogni fragile narcisista adolescente, Zero (omen nomen) teme il confronto perché teme il giudizio, perché teme il rifiuto. È infatti sentendoci nani che ci pensiamo giganti, convinti che tutto ruoti intorno alle nostre incertezze. Allora grazie Sarah per la tua storia zen dei fili d’erba.  Ora mi chiedo ma davvero    come ho già detto precedentemente  ,  qualcuno ha sbroccato per il romanesco di Zero? Li mortacci, non si strappa la lingua all’artista. A proposito, Strappare lungo i bordi parla dell’illusione dei percorsi obbligati, quelli che crediamo ci esonerino dall’ascolto, dall’invenzione di altre tracce, dalla possibilità di cambiare il disegno previsto. Il foglio ha due rischi: si ingiallisce o si lacera. Le linee di confine, border-lines, sono territori psichici sempre interessanti: nel vocabolario clinico segnano il passaggio della personalità verso territori di sofferenza, in quello di Zero e dei suoi amici adorabili separano il terreno della paura da quello della vita. Prevedono cicatrici (mica trasferelli) e si tracciano strada facendo. Il disegno arriva sempre dopo.E' incredibile come si passi dall' ammazzarsi dalle risate alla commozione vera, genuina, in pochi minuti. Uno spaccato generazionale irreverente, esilerante, emozionante ma anche tanto, terribilmente onesto, privo fi inutili paraculate e finti moralismi. Strappare lungo I bordi e' destinato a diventare un cult ... se non lo e' già. , un racconto emozionante e divertente, a tratti crudo, un pugno nello stomaco. Per me comunque un inno alla vita.I diversi strati, dell’interiore e dell’esteriore, del dentro e del fuori, del ricordo e del presente, del dolore e della catarsi, vengono finalmente visti dall’alto e accolti nella loro imperfezione e parzialità . Infatti .... cazz ..... stavo per spoilerare il finale.
 La  consiglio  1)  è una serie che rimane in equilibrio tra il comico e il drammatico. Durante l'intera narrazione si ride in modo intelligente: i personaggi regalano al pubblico delle divertentissime battute che fanno riflettere. Durante gli ultimi (amari) episodi, il sorriso lascia posto alle lacrime


 Una coinvolgente altalena di emozioni. 2) Strappare lungo i bordi è una serie che rimane in equilibrio tra il comico e il drammatico. Durante l'intera narrazione si ride in modo intelligente: i personaggi regalano al pubblico lascia posto alle lacrime delle divertentissime battute che fanno riflettere. Durante gli ultimi (amari) episodi, il sorriso
Una coinvolgente altalena di emozioni. 3) Gli spettatori, infatti, si confrontano (  almeno che   non  la  si  guardi   solo per  moda   e acriticamente  )  costantemente con personaggi totalmente differenti, che rappresentano alcuni degli innumerevoli atteggiamenti e stili di vita dei giovani di oggi:

  • Zerocalcare: il protagonista della storia è un personaggio fortemente autocritico costretto a confrontarsi con dubbi esistenziali.
  • Sarah: una ragazza in grado di mantenere sempre la calma. Non intende rinunciare ai propri sogni, nonostante le difficoltà. Affronta anche le situazioni più impegnative in modo razionale.
  • Secco: è il menefreghista per eccellenza. Non ha obiettivi o sogni nel cassetto. Prende tutto con estrema leggerezza. La sua risposta è sempre e solo una: "S'annamo a pija er gelato?".

Mi trova  d'accordo    il voler    precisare da parte  di Zero  Calcare    che le polemiche attorno al “romanesco”, su cui sono intrise ascissa e ordinata di senso linguistico culturale di Strappare lungo i bordi, non meritano nemmeno di essere ascoltate: “La serie la si può criticare per mille motivi: può essere brutta, può essere che la mia recitazione sia inadeguata. Ma la questione del romanesco è ridicola, non vale nemmeno la pena discuterla. Chiunque sia capace di andare a fare la spesa da solo è in grado di capire Strappare lungo i bordi. Infatti se questa storia non fosse stata in dialetto romanesco avreste perso l'essenza, la quotidianità e il modo di fare di un romano di borgata. Insomma sarebbe stata mediocre e impersonale. E poi Dicevano così anche di Brancaleone, nessuno lo voleva produrre ... Poi hanno girato anche un secondo film.Lo capivano tutti
Quindi le persone  che lo criticano solo per  questo  : 1) possono essere o hanno bisogno di un pretesto per andare sui giornali.,  2) poca  voglia  di sforzarsi a capire  una  variante dell'italiano   ovvero un dialetto .
Ora  

Strappare lungo i bordi  (QUI la nostra recensione) è un avvincente viaggio alla ricerca di sé, di quella consapevolezza necessaria per affrontare una vita priva di libretto di istruzioni, un percorso che ci si illude di poter controllare, magari seguendo una linea pre-tagliata ma che è inevitabilmente soggetto a deragliamenti e lacerazioni.
Nel corso dei suoi sei episodi, micro-film in cui il protagonista Zero sviscera ogni aspetto della sua insofferenza, lo spettatore ha l’occasione di ripercorrere le tappe della propria giovinezza, rielaborando le stesse domande esistenziali del protagonista, un ragazzo introverso e sensibile, poco avvezzo ad entrare in profonda empatia con gli altri per la sola paura di accettare quel lato imprevedibile che – nel bene o nel male – rende la vita un’esperienza degna di essere vissuta, nonostante le inevitabili cicatrici che comporta. ...... 
potrei  continuare  a  citare  l'articolo  ma  rischierei  di spoilerare  ( come stavo per  fare  prima all'inizio del post  con il finale )     troppo  è rovinarvi l'eventuale  visione   .,  comunque  se  siete sadici   lo  oltre   gli  url  citati nelle   sue  righe    trovi  qui https://www.cinematographe.it/focus-serie/strappare-lungo-i-bordi-storia-vera/  il resto  dell'articolo .Le   mie  impressioni  collimano  con  il   commento lasciato  sul  promo    dellla  serie   




Serie meravigliosa! Tempi comici perfetti, proprio quando può risultare il tutto troppo serioso c’è una battuta che smorza l’atmosfera e cattura l’attenzione dello spettatore facendolo riflettere sul fatto che anche temi tristi, orribili, possono essere affrontati con un pizzico di leggerezza, e che in fondo tutti siamo fili d’erba in un campo!

 per  chi  come  me  avesse  difficoltata ( alcune le   ho capite  al  volo ,  dopo 4 serie  ed i libri    di rocco  schiavone  )  qui trova  un  glossario   con l'espressioni usate nella serie  

  Peccato che   le  polemiche  stupide  (   di cui  ho accennato nel post   i soliti idioti che attaccano o criticano “Strappare lungo i bordi” di Zero calcare solo perchè parla romano e non sulla sostanza   abbiano creato una  crisi  nell'autore     come riporta      quest'articolo  de il messaggero 


Zerocalcare su Strappare lungo i bordi: «Dopo la serie la mia vita è diventata invivibile. La polemica sul romanesco è ridicola»
«La seconda stagione? La mia vita è diventata invivibile, ma se trovo un modo di sopravvivere, la faccio»

                         Ilaria Ravarino 28 Novembre 2021, 09:20 



Zerocalcare su Strappare lungo i bordi: «La polemica sul romanesco della serie è ridicola»
Arriva in ritardo, con il fiatone, l'aria sconvolta: «Ho fatto il chioppo», dice, mimando l'impatto della sua macchina contro qualcos'altro. Ma appena prova a spiegare la dinamica dell'incidente, le persone che l'aspettano per il firmacopie, in libreria, scoppiano in un caloroso applauso. La vita di Michele Rech, 37 anni, fumettista, in arte Zerocalcare, è cambiata nel giro di una settimana. La sua serie tv, Strappare lungo i bordi, è la più vista su Netflix. Il suo ultimo libro a fumetti, Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia (raccolta di storie uscite sui giornali e un inedito sul dietro le quinte della serie), provoca file bibliche in libreria. E le etichette si sprecano: simbolo di una generazione, bandiera degli oppressi, alfiere della romanità, ultimo intellettuale d'Italia. «È andata oggettivamente super bene dice lui - ma non me la sto vivendo benissimo. Conto che sbollisca. Lo spero». Si stupisce di avere successo in tutta Italia?«No, ho sempre avuto pubblico anche fuori dalla mia città. Non così ampio, ovviamente».
Zerocalcare, la forza di un dialetto che smonta le nevrosi
È stato criticato per la scelta del romanesco. Pentito?
«La serie la si può criticare per mille motivi: può essere brutta, può essere che la mia recitazione sia inadeguata. Ma la questione del romanesco è ridicola, non vale nemmeno la pena discuterla. Chiunque sia capace di andare a fare la spesa da solo è in grado di capire Strappare lungo i bordi. Le altre persone o sono in malafede, o hanno bisogno di un pretesto per andare sui giornali».
La cultura italiana è romanocentrica?
«Mi pare evidente che in giro ci siano mille cose diverse in mille dialetti. Qualcuno è meno rappresentato degli altri? Mi dispiace. Ma veramente quello del romanocentrismo è un dibattito che sta fuori dal mondo. Alla gente normale non frega nulla».
Si sente, come è stato definito, l'ultimo intellettuale d'Italia?
«Non è un titolo di cui mi vanto e non mi ci riconosco assolutamente. Appena l'ho saputo ho pensato: mo' mi rovinano. E infatti sono arrivati gli haters».
Dicono che guadagna come Chiara Ferragni: è vero?
«Spero per lei di no. Ho un tenore di vita che mi va bene. Se anche guadagnassi cento volte di più, quei soldi non saprei come spenderli».
Dai centri sociali a Netflix: il capitalismo ha vinto?
«In una società capitalista il capitalismo vince sempre. Io cerco di rimanere onesto con le persone, di essere coerente. Non rinuncio, pur di ottenere un pubblico più ampio, alla radicalità dei contenuti o al supporto delle cause che sostengo. Ma insomma: questo è il mio lavoro, non è la mia missione. Né ho mai pensato che il mio lavoro fosse trovare la soluzione al capitalismo».
«"Strappare lungo i bordi" troppo romanesco», Zerocalcare risponde alle polemiche sulla serie cult. «Come ve va de ingarellavve...»
C'è chi ha notato che vive in periferia, ma ha frequentato una costosa scuola francese. Le dà fastidio?
«Da quando ho due mesi abito a Rebibbia. Sono francese e quindi ho fatto la scuola francese. Rebibbia poi non è il ghetto. E io non mi sono mai dipinto come uno del ghetto. Non vedo perché mi debba giustificare».
Mattia Torre (uno degli autori di Boris, ndr) ha raccontato prima di lei la stessa generazione. È un modello?
«Sì, ma inarrivabile. Mattia Torre per me ha fatto le cose più belle prodotte in Italia negli ultimi trent'anni. Non oso accostarmici, le sue cose per me sono un modello assoluto. Quanto a me, credo che le persone che si riconoscono nei miei fumetti siano quelle più impicciate. I miei personaggi parlano poco alle persone risolte. Evidentemente la nostra è una generazione impicciata».
Ora la leggono anche i bambini: che ne pensa?
«Che è buffo. Mi chiedo cosa gli arrivi. Alcuni temi sono molto adulti. Però è vero che quel senso di ansia rispetto al deludere la maestra di cui parlo nella serie io stesso l'ho provato da bambino. E avrei voluto che qualcuno mi dicesse di non preoccuparmi, che se si va male a scuola non si spezza il cuore dell'insegnante».
Il prossimo fumetto?
«Esce tra maggio e giugno, e racconterò del mio viaggio in Iraq. Sicuramente un tema che mi interessa di più della polemica sul romanesco».
La seconda stagione della serie si fa?
«Da quando è uscita la serie la mia vita è diventata cosi invivibile che o trovo una centratura, oppure non mi va di stare ingolfato in mezzo alle polemiche. Non c'è niente al mondo che mi costringa a farlo. Sta a me. Ma se trovo un modo di sopravvivere, la faccio».

Lo capisco  ma  sarebbe  un peccato  , non solo  per  chi non lo  conosce  ancora  bene  ,   che   zero  calcare   lasci  una  cosa  incompleta  ,  infatti  mancano ancora le  vicende    di " cinghiale  "  uno dei protagonisti   delle sue  storie  .  
il romanesco è sulla bocca di tutti. Dagli stornelli al teatro di strada sino alla commedia all'italiana, nelle  serie  tv sempre sul crinale fra serio e faceto, il dialetto romano è capace di stupire e stordire il pubblico, altissimo o greve, partendo dal popolo ma capace di pungere tutti. Ma  allo  stesso  tempo  d'infastidire   ,  forse per la  pronuncia  . Caratteristiche che lo rendono anche inviso  ai  puristi, come dimostra la polemica nata sull'onda del grande successo riscosso da Strappare lungo i bordi, la prima serie tv creata dal disegnatore Zerocalcare, in streaming su Netflix. C'è davvero chi avrebbe voluto che Michele Rech - in arte Zerocalcare (Arezzo, 1983) usasse l'italiano corrente per raccontare il mondo attorno a Rebibbia, cogliendo la società dei 30-40 enni e le sue disillusioni. Invece, Strappare lungo i bordi, composta di sei puntate da venti minuti, è un omaggio all'essenza capitolina e mentre la polemica sull'eccessivo uso del dialetto montava sui social, il disegnatore entrava a gamba tesa, twittando,

 gettando altra benzina sul fuoco.






See non l' avesse fatta con l' accento romano non sarebbe stata la stessa cosa, e  come   se la serie  Gomorra  fosse  solo in Italiano «A ben vedere racconta il linguista Luca Serianni la forza di questa parlata è proprio la sua potenza dirompente, il gusto della battuta, la capacità di non prendersi e non prendere mai nulla troppo sul serio, scrollandosi dalle spalle il mondo intero con una smorfia». E mentre il web si schiera ma l'appoggio per Zerocalcare è pressoché univoco in città si terrà Roma, un nome, più lingue, il terzo incontro della rassegna Conversazioni romane (  svoltatosi  veneri scorso   a Palazzo Firenze, in collaborazione con la Società Dante Alighieri e la Fondazione Marco Besso) in cui proprio Serianni, autore del saggio Le mille lingue di Roma (Castelvecchi), ripercorrerà le fasi più salienti del plurilinguismo romano, dall'antichità ai giorni nostri.

Ecco  che  quindi    Netflix incassa un altro grande successo dopo Squid Game (in questo stranamente  caso nessuno si era lamentato che fosse in coreano, senza doppiaggio ), il nuovo albo di Zerocalcare - Niente di nuovo sul fronte di Rebibbia, edito da Bao Publishing - è già in classifica, sempre con largo uso di romanesco, sfoderando un'ironia abrasiva, una certa vena di cattiveria che corre accanto al riso - ora omaggiando ora smontando il sacro - come Sordi ne Il Marchese del Grillo. Un'universalità che ritroviamo solo nel napoletano di Troisi e nel siciliano di Camilleri. «Il romano è mattatore precisa Serianni quella lingua cade sulle sue fattezze, talvolta rozza e volgare ma sempre capace di indurre al gioco, allo scherzo, lasciando affiorare con forza un elemento dissacrante che infine si rivela liberatorio». Piaccia
o meno, il romanesco ha una sua carica esplosiva ma proprio la sua forza può risultare un limite? Edoardo Albinati, scrittore romano e vincitore del Premio Strega con La scuola cattolica (trasposto al cinema, diretto da Stefano Mordini e vietato ai minori di 18 anni) non ha dubbi: «Per Zerocalcare era inevitabile l'uso del romanesco. E non mi riferisco al racconto di Rebibbia, piuttosto alla sua capacità di cogliere quella nevrosi umoristica, arrabbiata e urticante».



  mi fermo qui  altrimenti rischio  d'essere troppo prolisso e  di alimentare    ulteriormente  polemiche    già  di per  sè sterili  e   di   fare  spoiler  .  buona  visione  


«Io, maestra nera nella scuola italiana. Oggi c'è chi non si vergogna più di essere razzista» la storia di Rahma Nur

  corriere  della sera   tramite  msn.it  \  bing    Rahma Nur insegna italiano, storia e inglese alla scuola elementare Fabrizio De André d...