Le orecchie d’asino sono roba ottocentesca, certo. E la punizione scelta dalla professoressa Giuseppa Valido le richiama abbastanza. Fare scrivere a un alunno “sono un deficiente” è un errore, anzi un reato. Oggi i metodi educativi sono un’altra cosa rispetto all’Ottocento. Ma davanti a un atto di bullismo, davanti a tre ragazzini che impediscono a un compagno di andare in bagno “accusandolo” di essere una femminuccia, un gay, qual è il provvedimento più efficace da prendere? C’era un preside al liceo Garibaldi di Palermo che non censurava l’indisciplina degli alunni più violenti. Preferiva enfatizzare la stupidità delle loro azioni. Buon per lui che nessuno gli ha fatto causa.
Fece scrivere a un alunno: "Sono deficiente"
Insegnante condannata a un mese
Alla base della punizione, un atto di bullismo. Il ragazzino aveva impedito a un compagno di andare nel bagno dei maschi dicendogli: "Sei una femminuccia, un gay". Per i giudici è "abuso di mezzi di correzione", per la prof era "una lezione di vita"
Per cento volte fece scrivere a un alunno sul quaderno: "Sono un deficiente". A causa di questa punizione Giuseppa Valido, 59 anni, insegnante ormai in pensione di Palermo, è stata condannata a un mese di carcere per "abuso di mezzi di correzione". L'imputata però non andrà in cella per via della sospensione della pena e per il condono. Con il rito abbreviato il 27 giugno 2007 il gup aveva assolto l'imputata. Ma il pm insieme alla parte civile aveva presentato ricorso. Nel giudizio di secondo grado il pg aveva chiesto una condanna a 14 giorni di reclusione. Ma la terza sezione della Corte di appello, presieduta da Gaetano La Barbera, è andata oltre le richieste dell'accusa, condannando l'insegnante a un mese.
Per il legale della docente, Sergio Visconti "non è stata fatta giustizia. La mia cliente - dice - è profondamente offesa ed amareggiata. Si sente tradita dalle istituzioni. Mi ha detto che le viene da piangere e non potrebbe affrontare in pubblico una discussione sulla vicenda che la vede protagonista".
La donna, che ora ha 59 anni ed è in pensione, costrinse un alunno che aveva insultato e preso in giro un compagno dandogli del gay e impedendogli di entrare nel bagno dei maschi, a scrivere "sono un deficiente". "La mia cliente - ha aggiunto il legale - non si dà pace. Si sente tradita dalle istituzioni che ha cercato di garantire anche insegnando ai ragazzi che non si devono discriminare gli altri". "Mi ha detto - ha concluso - che forse alla luce della sentenza sarebbe stato meglio non intervenire".
Di parere contrario il padre dell'alunno: "Ha avuto quello che si meritava. Doveva pagare il conto. Dopo quella punizione sono stato costretto a portare mio figlio dalla psicologo".
L'insegnante aveva inflitto la punizione al ragazzino perché, assieme a due coetanei, aveva impedito a un compagno di classe di entrare nel bagno dei maschi dicendogli "non ti facciamo passare perché tu sei una femminuccia, un gay". Il piccolo era scoppiato in lacrime e la professoressa aveva deciso di punire il responsabile. Uno degli autori della bravata aveva chiesto scusa, ma non il presunto bullo. Era così scattata la punizione e l'insegnante aveva imposto all'alunno di darsi del deficiente. "Una lezione di vita" per la professoressa. Un "abuso dei mezzi di correzione" per i giudici.
"Mia moglie è amareggiata, ha lasciato la città dopo la sentenza. Per un po' rimarrà fuori Palermo". A parlare è Salvatore Ienna, il marito di Giuseppa Valido. L'insegnante, ha riferito il marito, "non vuole commentare in alcun modo la sentenza".
…assurdo, quando ero ragazzino io altro che frasi su un quaderno, VOLAVANO MAZZATE a tutto spiano!!!! E nessuno tra noi mi risulta sia mai ricorso allo psicologo per questo….
I deficenti sono tre in ordine crescente : il piccolo bullo, il padre del piccolo bullo ( almeno e’ sicuro di essere tanto legittimo quanto naturale, l’idiozia e’ ereditaria), il magistrato che ha condannato la professoressa (indagherei se non ha legami di parentela con gli idioti precedentemente ascritti o solo affinita elettive)
Ai genitori del bullo andrebbe tolta la potestà genitoriale. Avrebbero dovuto reagire quanto meno con un sonoro ceffone che, quando non è gratuito e immotivato, è sempre pedagogico.L’educazione non data prima o poi si ritorcerà contro gli stessi genitori,che raccoglieranno senz’altro i frutti del loro permissivismo. Fra poco se lo ritroveranno in carcere o morto ammazzato.
il deficiente è deficiente e non si discute, il padre del deficiente sarà deficiente anche lui (tale padre…tale figlio), ma dal giudice ci si sarebbe aspettato un pò più di buon senso…
Solidarietà e stima alla Prof.
Salve,
ho l’enorme paicere di essere un grande amico del figlio della professoressa in questione, che vive all’estero come me….
Ma come è possibile? Sono sdegnato, il presidente del consiglio fa orgie con minorenni e non lo si condanna, un professoressa tenta con i mezzi che ha di trasmettere valori “sani” e la si condanna !!!!!
Ancora una volta mi vergongo di essere italiano e sono ben felice di viviere all’estero da svariati anni.
Forse dallo psicologo dovrebbe andare il padre in questione per imparare che il compito dei genitori è educare i figli e non giustificarli sempre e comunque.
Bene! Incitiamo tutti i beceri DELINQUENTI (bulli é un eufemismo!)!!!
Bella sentenza davvero! E chi deve andare dallo psicologo perché vittima dei delinquenti da chi si deve far difendere??? Non riesco proprio a credere che sia stata emessa una tale sentenza!!!! Favorevole a due delinquenti: padre e figlio! Quel padre avrebbe dovuto gonfiare di botte il figlio delinquente: ci avrebbe pensato bene prima di insultare qualcuno!E poi basta col politicamente corretto: tanto c’é pieno di ragazzi delinquenti, drogati ed etilisti comunque, nonostante non si possa mai muovere loro il minimo rimprovero!!! Se uno é un delinquente lo si chiami come tale! Altro che deficiente!Nelle scuole succede di tutto, grazie a questa sentenza, che cosa potrà accadere ancora??!!!
Sostengo la professoressa Valido. Avrebbe potuto prendere altri provvedimenti, certo, ma credo che una nota negativa o la sospensione non sarebbero state soluzioni tanto incisive quanto quella piccola umiliazione. Coraggio alla professoressa, dunque, nella speranza che ancora sia possibile educare i nostri ragazzi senza paura di ripercussioni da parte dei parenti.
Per il signor Fabrizio
Le assicuro che sentenze come queste ci inducono sempre più a non prendere provvedimenti ovvero a far finta di prenderli. Sono un docente.
Se il padre dell’alunno avesse preteso che il figlio chiedesse scusa al ragazzo offesso ed alla professoressa forse oggi avrebbe un figlio migliore che probabilmente da grande non avrebbe, come certamente avrà, un atteggiamento arrogante verso presunte minoranze o persone indifese. Il male dei giovani come questo ragazzo è rappresentato dai genitori che assecondano i figli senza rendersi conto dei problemi che tale atteggiamento produce.
Certo che fare l’insegnante oggi dà davvero grandi soddisfazioni! E’ vero, l’espressione usata dalla professoressa (una collega a cui va tutta la mia solidarietà) non è delle più felici, ma ancora una volta mi pare di grande attualità Collodi che nel suo Pinocchio ci racconta del Giudice (uno scimmione) che prima si commuove per le disavventure di Pinocchio derubato, poi lo mette in galera. Si vede che già allora la giustizia si amministrava cosi…
la pedagogia anglosassone ha massacrato la scuola e di converso la societa`
italiana.Il famoso metodo Shangai che tutti in questo momento lodano tradotto in
parole povere e’ :calci nel sedere e studiare!
Provate a chiedere a qualche cinese o indiano se a casa loro durante le lezioni gli
alunni si alzano dai banchi oppure i genitori interferiscono sui programmi oppure ancora, ricorrono ad un qualunque TAR.
Di tutto questo dobbiamo ringraziare una classe politica di cialtroni,perche’ Loro
fanno le leggi e una giustizia formalista e ottusa le applica.
cara professoressa lei ha sbagliato una sola cosa: invece di fare scrivere al ragazzo la frase di deficiente, avrebbe dovuto dargli una bella pedata nel culo possibilmente con delle scarpe a punta. Qualora l’idiota padre le avesse chiesto ragioni del gesto gli avrebbe dovuto mollare un’altra bella pedata però questa volta sui denti. Almeno una eventuale successiva condanna avrebbe avuto un minimo senso logico. Sono certi magistrati che rovinano la giustizia. Sono convinto che quelli che hanno voluto la sua condanna sono iscritti a forza italia o frequentono il bunga bunga in qualche circolo di Palermo. Se le può essere consolatorio si riceva la mia più alta stima. Francesco
Ho già scritto qui sopra che alla Prof darei una medaglia…Ma mi chiedo il papà del presunto “bullo” che ne pensa del comportamento del suo figliolo? Essere presi in giro davanti ai compagni e mettersi a piangere perchè si è stati insultati (credo che gay e femminuccia volessero essere degli insulti) non è una davvero una bella esperienza…Anche a me capitò quando ero una ragazzina…Mi viene una rabbia quando ci penso… e penso che nessuno fece nulla per difendermi. Va bè mi auguro che adesso i ragazzi siano cresciuti e migliorati.
Il pericolo è quello sollevato dal signor Armando, che i docenti poi abbiano paura a prendere anche i provvedimenti necessari. Fatto salvo il giudizio sullo specifico caso – del resto qui è un plebiscito – e volendo tener buono il principio che dell’autorità non si può neppure abusare, potrebbe essere magari valutata l’idea di stipulare tra gli insegnanti e lo Stato e i Comuni una sorta di riassicurazione per cui, entro certi limiti ben stabiliti, lo Stato o il Comune si faccia garante e rimborsi per così dire il docente che non pagherebbe quindi a livello personale se non quando abbia commesso abuso per motivi o problemi suoi o in mala fede o contravvenendo in modo pretestuoso alle norme. Avvocati in giro?
La faccenda del ricorso allo psicologo poi solleva un’altra questione, quella dell’abuso dei certificati degli psicologi di parte
la punizione inflitta al ragazzino è sbagliata: ci volevano due sonori ceffoni, sonori perché non solo devono fare “il botto” , ma soprattutto perché dovevano fischiare le orecchie del bullo per almeno dieci minuti. I deficienti devono sentirsi offesi da un
simile personaggio.
E principalmente bisogna sentirsi offesi dalla sentenza e dal comportamento dei genitori che hanno portato il bulletto dallo psicologo non per capi
Vorrei ancora aggiungere il mio plauso alla professoressa ed un fraterno: coraggio! re e risolvere i problemi che ha in testa, ma il malessere derivante dall’avere compilato una pagina con “sono un deficiente”. Vent’anni fa i genitori avrebbero detto: se l’insegnate ha fatto così aveva ragione; ora arriva il resto da me. Oggi no: si denuncia chi cerca di fare quanto i genitori, spesso, NON fanno. Incredibile.
Commentare la notizia è addirittura imbarazzante, ma siccome io faccio parte di questa società civile, voglio esprimere il mio supporto alla Prof.ssa Valido, e vorrei che le arrivasse. Ho visto che qualcuno di voi ha dei contatti….facciamole arrivare la nostra stima…e facciamo più notizia della scandalosa sentenza.
AL PADRE DEL DEFICIENTE:
Suo figlio ha il “diritto” di umiliare gli altri (in tre contro uno: che gran paio di testicoli! Da chi li ha ereditati?), ma non può essere umiliato?
Forse il giudice ha ragione: suo figlio potrebbe effettivamente non essere un deficiente, quanto piuttosto il solito caso di chi aggredisce gli altri perché ha qualcosa da nascondere.
Forse lei questa cosa l’ha capita da tempo e cerca “rivalsa” in tribunale.
Forse suo figlio è solo più gay che deficiente.
Tanti auguri: la sua “intelligenza” mi suggerisce che ne avrà presto bisogno.
ALL’INSEGNANTE:
Coraggio: lei sa di aver fatto la cosa giusta; chi ha buon senso sta dalla sua parte.
I fatti si commentano da soli.
Solidale con la prof ma entro certi limiti.
La professoressa Valido, ha impartito come pena al ragazzo il compito di scrivere cento volte “sono deficiente”.
E qua casca l’asino. Capisco che spesso ci fanno perdere tutte le pazienze possibili, ma non dobbiamo mai dimenticare il rispetto delle procedure e delle regole.
La legge di tutela dei minori (che è legge sempre, non ad intermittenza) condanna qualunque insulto o ingiuria a un minore chiunque la pratichi, compresa un genitore, se il minore la ritiene tale e ne viene turbato.
E dunque questo taglia la testa al toro.
Essere obbligati a scrivere “sono deficiente” è un insulto. E non ci piove. E la legge tutela sempre e tutti, fino a prova contraria, per garantirci.
Secondo: esiste in ogni scuola un documento ufficiale che si chiama patto formativo. Lo firmano genitori e singolo alunno: in esso sono elencati i diritti e i doveri dei ragazzi, dei docenti e dei genitori, e relative sanzioni nel caso di comportamenti non corretti. Ogni scuola è tenuta a farlo firmare per cui , se le punizioni sono ben esplcitate , per gravità di comportamento, il genitore è già avvisato: sa cosa accade al ragazzo se non rispetta le regole. Sono tutelate entrambe le parti: nel solo interesse del ragazzo. Dunque si va a vedere che pena corrisponde alla violazione e la si da, con permesso del dirigente e avvisando il ragazzo. E comunque non sarà mai un ingiuria.
Il ragazzo è un ostinato e non capirà? Verrà allontanato dalla scuola per motivi educativi. E persino bocciato. Amen, però, se la decisione è chiara, scritta e preannunciata il docente è tutelato. E comunque , sembra che non capisca, in realtà capisce. Più dei genitori.
Inoltre: la legge recita che, a fronte di gravi comportamenti, il docente è “obbligato” a segnalare al consiglio di classe e al preside l’avvenuto; si convoca l’organo collegiale e, insieme, si adotta il provvedimento. Questo a doppia tutela: del docente e del ragazzo. In quel caso la responsabilità ricade sul dirigente che diventa tutore del minore.
Inoltre: un insulto è un insulto. Non ci piove. Se io devo educare e prendere un provvedimento contro un ragazzo che ha insultato un coetaneo che faccio? Lo insulto a mia volta? E allora che facciamo? Che insegnamento è?
Lo so che a volte la rabbia ci farebbe fare chissà cosa, ma calma e sangue freddo e rispetto delle procedure.
Se proprio voleva farlo scrivere sarebbe stato più comprensibile per il ragazzo che gli facesse scrivere 10 volte per intero la dichiarazione dei diritti umani per poi andarla a illustrare al preside, se proprio non voleva ricorrere all’organo collegiale.
Oppre fargli scrivere “devo portare rispetto sempre a chiunque, senza rispondere alle provocazioni e senza provocare io per primo, se voglio avere rispetto dagli altri e se voglio stare nel mondo in modo adeguato”.
Cosa che andrebbe fatta scrivere anche a tanti adulti direi..
Ma per atti gravi (e l’atto di bullismo è un atto grave) la procedura prevede che si ricorra a quello: al consiglio di classe allargato al dirigente. Ripeto: a tutela del docente e del ragazzo. Specie se il ragazzo è difficile. (E ne ho io di ragazzi difficili, alcuni difficilissimi)
Ma se io a un ragazzo difficile gli butto benzina, addirittura gli faccio trascrivere per cento volte un insulto, alimento il peggio. Secondo voi quante volte ripeterà a sua volta quell’insulto ad altri? Moltiplicato per mille in una settimana.
E in genere dietro a un ragazzo difficile ci sono genitori difficilissimi.
Devo tentare di ripartire comportamenti corretti a entrambi.
Ma soprattutto a lui, al mio allievo.
Se poi vogliamo coltivare e innaffiare campi di “bulli” allora andiamo avanti così…a insulto insulto e a ceffone ceffone e mai all’interno di procedure riconosciute.
Ma non stupiamoci se la legge fa semplicemente quello che deve fare. Cioè applicarsi. Perchè è la tutela di tutti: il rispetto delle norme.
Forse se si conoscessero le procedure e le leggi (e l’insulto a un minore è cosa gravissima, a prescindere dalla colpa del minore) e si seguissero con maggiore frequenza e se tutti usassero lo stesso metro di comportamento le cose sarebbero diverse.Detto ciò: ci troviamo di fronte a un emergenza educativa per la quale la scuola non è adeguatamente attrezzata per mancanza di risorse, di professionalità specifiche e di tempo trascorso coi ragazzi.Ulteriormente tagliate in questi ultimi anni.Abbiao bisogno di risorse e di tempo, tanto tempo, da passare con i nostri ragazzi. Specie gli ultimi. Perchè sono quelli maggiormente bisognosi di attenzioni ed educazione. Severa, determinata e costante ma mai irrispettosa.Un bullo è l’insieme di ignoranza,maleducazione, trascuratezza e disagio. Lo raddrizzi dandogli un poco di quelle cose.Giusto per tentare di costruire un mondo comune migliore.A fronte dei tagli terribili che hanno investito la scuola quanti di quelli che adesso dicono “sono amareggiato” hanno levato con gli insegnanti un grido di allarme?
Ricordo che, quando la professoressa fu assolta in primo grado, il PM scrisse un appello di decine di pagine…
Tutta la mia solidarietà alla profesoressa!
Confido nella saggezza della Corte di Cassazione e spero che i commenti qui pubblicati possano confortare un po’ la professoressa.
La cosa che mi fa piu’ incazzare è il commento del padre. Afferma di aver portato il ragazzino dallo psicologo. Psicologo di che?
Sei tu che hai educato tuo figlio, forse il Giudice avrebbe dovuto commutare la sentenza. Far tornare il padre del bullo in aula a scrivere di essere lui il vero ‘deficiente’…ma forse suona meglio “IMBECILLE”!
Che brutta figura, per gli italiani, vedere tanti “forcaioli” che commentano un fatto del genere.
É ovvio -non c’è bisogno di inneggiare ai ceffoni per poterlo affermare- che il gesto del “bullo” sia indifendibile, così come lo sono i suoi genitori che tanto si sono scandalizzati.
Ma non è nemmeno possibile pensare a metodi educativi che si fondano sull’umiliazione del “colpevole”, soprattutto se si considera che , con tutta probabilità, una punizione di questo genere ottiene il solo effetto di esasperare la rabbia del “bullo” e spingerlo poi a rifare le stesse, medesime, identiche cose; solo, più grosse. Quindi, se tra qualche mese il ragazzo, invece di dileggiare un compagno, manda all’ospedale un ragazzo, la responsabilità è anche di questa insegnante.
Ceffoni, insulti, umiliazioni non hanno mai portato da nessuna parte. Il fatto che ci sia una generazione che, a ceffoni, ci è cresciuta non significa niente e, di certo, non significa che siano un sistema funzionale o accettabile: siamo vissuti nelle caverne per secoli, sarebbe stata questa una buona ragione per continuare a viverci?
Ma ai danni della vittima non pensa nessuno??? E il bullo deve capire su di sé ciò che provoca sulla pelle degli altri!!! Ma quale umiliazione! Quello che provochi agli altri lo provi anche su di te! E vediamo se ti piace!!!
Non voglio pensare che la Sua Signora sia una delle tante insegnanti conniventi con i delinquenti, che mettono così in croce quei ragazzi che si comportano bene, che sanno convivere con il prossimo! I delinquenti che ci troviamo sulle strade sono stati a scuola, non sono spuntati come i funghi e non hanno trovato qualcuno che li fermasse prima.Quando occorrono le maniere forti, queste vanno usate!Per tutelare il resto della società!Gli insegnanti non devono proteggere i delinquenti(rischiando di diventarne complici!), ma devono proteggere DAI delinquenti!
Il buonismo non risolve nulla! Una bella punizione immediata A CALDO! Devi provare subito la stessa sofferenza che hai inflitto agli altri! Basta burocrazia buonista!
Gli immigrati del Terzo Mondo sono schifati dalla nostra scuola!!! Non credono ai loro occhi!!! I genitori albanesi dicono che con un quarto di quello che commettono i nostri “bravi ragazzi” (che magari prendono 8 in condotta e sai che paura! o pure 9 e sai che schifo!) sono buttati fuori da tutte le scuole!!! E abbiamo pure la spocchia verso l’Albania!!!!
“Nel linguaggio psicologico, invece, viene definito deficiente un individuo che, per via di una menomenazione o di una carenza a livello intellettivo, risulta inferiore alla media comune, soprattutto nei processi logico-connettivi.”
ora ditemi se un bullo non è un deficiente? A mio parere si.
I ragazzi così andrebbero puniti in maniera esemplare dai genitori che (ovviamente) se ne fregano altamente il 99% delle volte.
L’insegnante ha fatto BENISSIMO a fare quello che ha fatto. Fossero tutti come lei i ragazzini crescerebbero un po’ più furbi.
Essere chiamato gay è un insulto.
Ma io non difendo il diritto del ragazzino offeso , duplicando un insulto a un coetaneo, perchè metto in moto una catena altamente pericolosa.
io difendo il ragazzo offeso col rispetto delle procedure e delle regole.
e ne rimando la responsabilità alle stesse.
Non alla docente in se, o al ragazzo in se, ma a tutta la comunità di cui docenti e allunni fanno parte: cioè la scuola.
perchè sono le procedure, le regole e le evenutali pene stabilite insieme a quelle regole che garantiscono il consesso comune e civile della comunità, non l’insulto duplicato a un insulto.
Specie se poi è scritto è ancora più grave.
Se nel patto formativo (che è firmato da docenti, genitori, alunni) c’era scritto: per grave ingiuria o atto di bullismo a compagno due giorni di sospensione.
Si riuniva il consiglio alla presenza del ragazzo e del genitore e si spegava cosa era successo e l’eventuale decisione del provvedimento (magari prendeva la lezione anche senza il provvedimento) la collega non sarebbe in questa situazione.
E comunque: la legge sui minori dice che io docente non posso ingiuriare un minore.
Può non piacermi la legge e se siamo la maggioranza indire un referendum o una raccolta di firme per un eventuale cambiamento.
Ma finchè c’è la legge io la devo rispettare.
Si chiama legalità e per me è oro colato. Non siamo nel far west e un ingiuria è un ingiuria. E un minore è materiale delicatissimo, persino e di più quando è un “vastasunazzu”.
Può anche non piacermi quella sentenza, ma è fatta a norma di legge e dunque va accettata.
Perchè ogni genitore deve avere la certezza che quando lascia il figlio a scuola, dall’angioletto al vastasunazzu, quello verrà garantito da una norma.
E basta.
La norma dice quello: un ingiuria a un minore è punibile.
E credetemi se vi dico che è il “vastasunazzu” che ha spesso bisogno di essere garantito, visti i contesti da cui vien fuori.
Detto ciò: immagino che la collega abbia agito con ottime intenzioni, ma forse in modo un pò avventato.
Ripeto: la stessa identica punizione poteva prevedere il copiare 15, 30, 50 volte la dichiarazione dei diritti dell’uomo e poi andarla a ripetere classe per classe della scuola.
Ma un insulto , scritto, poi, con tanto di prova provata di infrazione delle regole, come si fa a ignorarlo?
E io insegno la regola e ne infrango subito una basilare?
E se capitasse a me, magari non per un insulto, ma per altro, perchè non siamo Dio, perchè magari due si pigliano a sediate prima che io dall’altro lato della classe riesca a dividerli, mi piglierò la sentenza, se si fanno male. In silenzio. E pure con le lacrime agli occhi, se proprio devo dirla tutta.
Perchè il mio dovere è essere garante sempre dei miei alunni. Sempre. Non difenderli, ma garantirli.
perchè sul fatto che in certe classi di periferia possiamo avere 30 ragazzi difficili ammassati in un sol posto nessuno di voi ha parlato? Quali disagi possono esplodere in quelle situazioni? O facciamo ancora tutti finta di non sapere?
E anche lì c’è una norma violata: quella antincendio che prevede non più di 24 alunni in un aula.
chiamatemi pure conservatore , ma stavolta sono Mila Spicola . Non si può punire con l'umiliazione chi ha commesso un umiliazione esistono pene alternative ed altrettanto formative come fargli studiare la storia del movimento omosessuale , fargli vedere e commentare un film come philadelfia o fragola e cioccolato
Quirra, Villaputzu e San Vito. Sono state queste le tre tappe della domenica organizzata dal Comitato Sinonucle per chiedere la chiusura del Poligono di Capo San Lorenzo e per dare ancora una volta una risposta alla domanda “Chi uccide a Quirra?”.
La giornata, cominciata con la collocazione di un bronzetto nuragico “A Vardania de Quirra e de sa Sardigna totu”, è proseguita con una breve tappa a Villaputzu e il pranzo all’aperto a San Vito. All’iniziativa erano presenti con le loro bandiere Sardigna Natzione, Irs, Federazione della Sinistra e Sinistra Critica, il Comitato Gettiamo le basi e il Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo, ma anche il sindaco di Laconi, Paolo Pisu, la consigliera regionale Claudia Zuncheddu, ed esponenti di altre forze politiche. Il momento più significativo della giornata è stato l’incontro del pomeriggio. Circa 200 persone hanno infatti riempito l’aula del Municipio di San Vito, per discutere per ore della “Sindrome di Quirra” e delle sue cause con militanti ed esperti. “Nei nostri territori – ha detto Matteo Floris, rappresentante del Comitato che nel Sarrabus si batte contro la presenza del Poligono – la guerra si combatte tutti i giorni da 50 anni. Non abbiamo bisogno di indagini approfondite. L’unica fonte di inquinamento in zona è dovuta alla base di Quirra”. “Mi fa piacere vedere la sala piena – ha proseguito – ma provo il solito rammarico nel vedere poche persone del Sarrabus”.
La questione divide le forze politiche: il sindaco di Perdasdefogu Walter Mura (Partito Democratico) difende da sempre la base. Il segretario regionale del Nuovo Psi, Gianfranco Lecca, ha persino proposto di costituire un “Comitato permanente per la difesa del Poligono”.
Infatti Il Poligono di Quirra ha fatto ammalare il 70% delle persone e delle bestie che transitano da quelle parti.
Le esercitazioni militari hanno inquinato in maniera permanente la terra e il mare.
Ma - per lo Stato italiano e la NATO - la vita umana e l'ambiente sono nulla di fronte al danaro. Infatti, il poligono viene affittato a un milione e 200mila euro al giorno ed è garantito il segreto militare.
L'Italia - infrangendo la Costituzione - è scesa in guerra contro il Medioriente perchè si sospettava che alcuni Stati avessero armi di distruzione di massa. Ha bombardato intere città, al fianco della NATO, e torturato i prigionieri di guerra per estorcergli delle confessioni per scoprire dove fossero nascoste le armi.
A Quirra si testano armi di distruzione di massa e armi proibite (uranio impoverito e fosforo bianco ad esempio). A Quirra fanno ammalare i sardi: la Sindrome di Quirra non prende il nome dal Poligono a caso.
I politici - anche quelli sardi come il figlio del famigerato KoSSiga - assicurano che va tutto bene.
La CISL chiede a gran voce che non sia chiuso perchè da lavoro (!!).
Io credo che dobbiamo essere coerenti: se abbiamo mosso guerra a dei Paesi, sospettando che avessero armi di distruzione di massa, dobbiamo annientare chi le ha di sicuro e le sperimenta su di noi.
Se lo Stato non fa giustizia, ai sardi rimane solo la Vendetta: ogni sardo onesto e valente/balente è chiamato, dal nostro codice arcaico, a compierla contro chi ci ha offeso per assicurare giustizia e pace per la nostra Società.
E la Vendetta legata all'"offesa del sangue", secondo il codice barbaricino, non cade mai in prescrizione!
IO NON SONO PACIFISTA! E non capiscono quei politici sardi che ogni due frasi dicono: "noi siamo pacifisti!".
Io sono pacifico, ma non pacifista. Il pacifismo è la peggiore della armi che lo Stato e il Capitale possano usare contro il Popolo asservito.
Il pacifismo sino ad oggi a cosa ci è servito? Il poligono di Quirra e lì e i responsabili sono impuniti.
Io vorrei vivere in pace, ma come si può farlo se in casa nostra c'è chi gioca alla guerra per poi esportarla in tutto il Mondo contro i nostri fratelli per fini coloniali?
Io sogno un Popolo capace di indignarsi e reagire alla violenza e alle umiliazioni.
Io sogno alte fiamme che s'innalzino dai mezzi militari di Quirra e dalle sue caserme per illuminare la notte.
Io sogno che i responsabili la paghino cara e così i loro mandanti.
Prendo da http://destramente.myblog.it l'argomento dei post d'oggi . << Voglio raccontare una brutta vecchia storia di oramai quasi cent’anni orsono, voglio farlo non per spirito revanscista o polemico, o per razzismo, ma perche è un fatto che deve essere ricordato affinché sia di insegnamento e monito a tutti, che buoni e cattivi, giusti e sbagliati non sono fattori geografici, e neppure antropologici e non sempre politici, ma sono tante cose, tutte sepolte in ognuno di noi, e il confine tra ciò che è giusto o sbagliato, tra il buono e il cattivo attraversa tutte le categorie dell’umano. >> Ma soprattutto perchè l'unità d'italia è stato anche questo e nele celebrazioni del 150 anni siano celbrati in modo obbiettivo raccontando anche questi fatto , e non nascondendoli sotto il tappetto , parlando ed esaltando soolo quelli eroici e positivi .
Siamo ad Itri, in provincia di latina ma allora provincia di Caserta, è il 1911, anno di grandi progressi e di sviluppo tecnologico, simboleggiato forse dalla strada ferrata, la ferrovia, ed è in costruzione proprio la tratta Roma - Napoli, nei suoi cantieri lavorano centinaia si emigrati sardi, chiamati sia perche per sfuggire alla miseria si accontentavano di un salario inferiore, sia perche la scarsa dolcezza di clima e suolo li avevano forgiati al lavoro e alla fatica.
Ad Itri sono acquartierati circa 400 di essi, il rapporto con la popolazione locale é inizialmente buono, ma sono gli anni in cui la stampa nazionale, anche per giustificare il banditismo tratta molto poco gentilmente i sardi, cercando conferme nell’antropologia e nella genetica, distanti ancora i tempi in cui i sardi saranno definiti dai bollettini della prima guerra mondiale come la “razza bellicosa e guerriera” che ha salvato l’Italia, dopo aver innaffiato di sangue il carso e il grappa.
Razza, che brutta parola,
Torniamo ad Itri, si comincia a speculare, sugli alloggi, su ogni genere alimentare, in quanto necessario, e poi arriva la camorra, pretende che ogni operaio paghi il pizzo.. Ma ad essa si contrapponeva il netto rifiuto, per l’innata fierezza della cultura «De s’omine», dell’uomo, sia per la matura coscienza dei diritti loro spettanti, conquistata nelle prime lotte operaie nelle miniere del Sulcis, con ancora vivo il ricordo delle repressioni e della strage di Buggerru, nessuno paga, i camorristi reagiscono con le minacce ma davanti a loro hanno persone altrettanto pericolose, e cosi si fomenta abilmente la popolazione, adducendo il furto del lavoro, il carattere dei sardi, le retoriche dei giornali, e si prepara la trappola.
Il 12 luglio un carretto urta per strada un sardo, alle proteste di esso comincia la caccia, urla, insulti e spintoni e poi le armi, stranamente già pronte, ed in quantità, comincia una caccia all’uomo, all’animale sardo, con una ferocia ed una brutalità che si vedranno solo trenta anni dopo nei nazisti, lo stesso sindaco, e alcuni carabinieri furono visti sparare, molti caddero, morti o feriti, e i supersiti scapparono nelle campagne, tornarono l’indomani, per reclamare i caduti, e la caccia ricomincia, da ogni parte, urla lame spari, non arrivò nessun soccorso, il telegrafo fu chiuso…
Libera caccia.
Il terzo giorno furono recuperati otto morti ed una sessantina di feriti, e di essi molti moriranno dopo, molti invece non furono più ritrovati, fatti sparire, morti o moribondi per eliminare le prove.
Militi ignoti in patria, prototipi di lupara bianca.
Tacquero alcuni giornali, altri minimizzarono ed altri parlarono di aggressione sarda agli itriani, ad essere arrestati furono solo alcuni sardi, nessun itriano scontò nessuna pena, i sardi supersiti andarono via.
Ma la camorra non vide un centesimo
Perche lo racconto? Ripeto, perche deve essere ricordato, ma soprattutto perche penso che davanti alla storia in Italia siamo tutti colpevoli, ognuno porta i suoi scheletri, le sue menzogne e le sue vergogne, ciò che può essere riparato lo deve essere, ma dopo un secolo non ci sono più colpevoli, neanche ad itri, o nelle fabbriche del nord o nelle foibe, ma non si deve dimenticare, la memoria e storia, e la storia è il passato, ma soprattutto il futuro, essa insegna, fa da esempio, da stimolo, la storia è tante cose…
Ma soprattutto la storia non è un alibi .
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infatti esso è un episodio che appartiene alla "storia dimenticata" e che dimostra quanto siano antichi i mali che affliggono il nostro paese. Ed è anche se a distanza di un secolo sconcertante e incredibilmente attuale, (anche se adesso le vittime di turno non sono più i sardi ma quelli che noi chiamiamo clandestini ).
La canzone "Sas tres mamas" è la versione in lingua sarda di " Tre madri " di Fabrizio De Andrè ed è cantata da Elena Ledda
Ho trovato solo tre foto d'epoca; per raccontare la storia ho scelto i dipinti di Pavel Filonov.
Le foto della Grande Guerra sono del film "Uomini contro" di Francesco Rosi, soggetto tratto da "Un anno sull'altopiano" di Emilio Lussu, un grande scrittore sardo.
Concludo con questo commento lasciato al post sul blog dell'autore dell'articoo citato prima
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Globalizzazione e lavoro
Si è parlato molto, spesso a sproposito, negli ultimi anni di globalizzazione; e parecchi anche tra quanti praticano la politica, fuori o dentro dai quadri istituzionali, sono stati spesso mediocri, superciali e deleterei, questo per non dire falsi. Da destra, pur vedendo la globalizzazione quale invasione culturale, ci si è accodati in nome di un invisibile vantaggio economico; la sinistra in nome di quel garantismo che probabilmente non sa neppure cosa è, ha accettato la libera circolazione di merci e persone, senza limiti, senza porsi il problema della mutazione genetica del rapporto tra il lavoro ed i lavoratori, tra i datori di lavoro ed il costo stesso del lavoro, situazione che di fatto ha delegittimato i risultati delle lotte sociali conquistati negli anni vicini al 2000, distruggendo di fatto ogni conquista, pagata anche col sangue, ottenuta a partire dall'inizio del novecento. Nessuno dei nostrani politici si è reso conto ( uso questi termini per semplice fiducia concessa, ma non lo credo ) che da noi sosteniamo il welfare soprattutto grazie alle tasse sul lavoro; che in altri paesi del welfare non esiste neppure l' ombra. Nessuno dei nostrani politici si è reso conto che se permettiamo alle nostre industrie di fingere la chiusura, per poi riaprire le stesse attività in paesi del terzo mondo, producendo quindi ( sfruttando il più basso costo della manodopera ) a costi inferiori, permettendogli poi di reimportare quegli stessi prodotti sul nostro mercato privi di dazio d'entrata, pianifichiamo la perdita del lavoro futuro dei nostri operai e, l'annientamento di tutti quei diritti sociali tanto duramente conquistati dalla fine del '800 fino ai giorni nostri. Un serio aiuto al terzo mondo non ha come significato l'impiantare quintali di fabbriche sul loro territorio, atte poi in verità solo a sfruttarli, ma tramite uno studio logico, una seria programmazione, finanziare attività produttive atte a migliorare il loro tenore di vita e il loro PIL. Se quanto viene prodotto in un territorio non circola nel mercato interno ma viene dirottato sul mercato occidentale vi si legge un solo risultato: sfruttamento del popolo locale e regressione nostra nel campo dei diritti di Stato Sociale acquisiti. Vedo come deterrente l'applicazione di dazi di entrata a tutti quei prodotti che senza difficoltà potrebbero essere prodotti qui in occidente, questo a salvaguardia dei nostri lavoratori. Non dobbiamo permettere ai nostri industriali di trasferire la parte manuale per sfruttare la manodopera di quei paesi eludendo così ,di fatto, tutte le conquiste sindacali; una globalizzazione giusta e severa non può che prescindere da una regola certa e sicura: se in un mercato vuoi vendere in quel mercato devi produrre.Si potrebbe anche affermare:”se preferisci produrre fuori (per aggirare i costi dello "stato sociale" che le nostre leggi ti impongono) dovrai pagare delle tasse di entrata pari a quegli oneri sociali che hai tentato di eludere, ma ciò non tutelerebbe ne moralmente ne, tuttosommato, economicamente i nostri lavoratori dipendenti. La globalizzazione non può e non deve essere uno scambio di merci e persone senza un serio condizionamento, uno squallido sfruttamento di popoli e mercati così come chi, economicamente parlando, domina ha voluto, ma un incrocio economico-culturale che si richiama ai diritti umani.Con la globalizzazione attuale si vedono solo grossi guadagni per i soliti noti e discriminazione per le popolazioni. Da tempo ormai lì Europa ha “chiamato all' invasione” extra-comunitari provenienti dai paesi del terzo mondo in cerca di lavoro e di una vita migliore. Senza ombra di dubbio questa migrazione è comprensibile ed accettabile da parte di chi vede il mondo utilizzando il lato umano, ma sostanzialmente, però, bisogna impegnarsi affinchè i soliti ( e anche qualche cittadino, diciamo distratto ) non credano di poter vedere in loro dei moderni schiavi fatti giungere qui nell' intesa di poter abbassare il costo del lavoro, cosa che oggi alcune nuove leggi sul lavoro permettono di fatto, una meschinità studiata dai poteri forti ed avvallata, ignobilmente, da molti cittadini convinti che i diritti civili siano qualcosa di esclusivo. Questo genere di globalizzazione avvallata da contratti differenti tra loro ( in cui incappano anche i cittadini italiani e comunitari, non dimentichiamolo ) sfrutta le nuove leggi sul lavoro, perchè così si potrà dare loro una paga inferiore e si potranno versare meno contributi per lo "Stato Sociale". I nostri politicanti che negli anni hanno creato questo stato di cose hanno ignorato lo "Statuto dei Lavoratori" stipulato nel 1970 che parla di lavoratori e non fà distinzioni tra lavoratori nazionali ( tra loro ) e lavoratori extracomunitari. Continuando con distinzioni di questo tenore noi continueremo perpetuamente ad essere la causa e l'origine dell'embrione del razzismo, è ovvio ed inopinabile che ogni datore di lavoro, a condizioni tali, preferirà quel lavoratore che gli garantisce il più basso costo, con questo creando di fatto delle iniquità sociali. Oggi qualcuno distribuisce gratis frasi del tipo: " sono lavori che gli italiani non vogliono più fare".. , certi lavori, grazie a leggi ad hoc, gli italiani non possono più reggerli, sottopagati con un costo della vita ormai alle stelle, certi lavori retribuiti con paghe allo sfruttamento, non consentono di tirare avanti una famiglia ! Succede questo perchè ( e sono gentile a dirla così, in realtà penso di peggio ) delle classi politiche inette non hanno visto bene la situazione prestandosi così, di fatto, ad un gioco speculativo che ha donato all' Italia ed a parte dell' occidente un solo risultato: una guerra tra poveri, il nuovo razzismo da sopravvivenza, non da mentalità! Forse noi in qualche modo, con un pò di buona sorte riusciremo a districarci in questa situazione, ma il futuro dei nostri figli ormai è drammaticamente segnato!
Dopo quattro anni ( le foto comprese quelle sui battelli sono andate perse in una riformattazione del pc ) ritorno nel comasco . Visto che il 14 dovevamo andare da Luppi ad Arona per caricare piante ( camelie ed altre ) ne abbiamo approfittato per trovare mio cugino che abita li per lavoro da 5 anni ( fa il radiologo a Sant'anna ) con sua moglie e la sua famiglia . Per non fare tutto in fretta , visto che non c'è ( se non in estate ) la nave per Genova , ma solo per Livorno , abbiamo deciso di partire venerdì notte in modo da stare un po' di più e con calma con loro .ecco il mio reportage fotografico del viaggio ( causa distrazione dal gioco del cellulare ) e paura , fissato come sono delle foto all'improvviso ,e poi spesso mi non mi riesco subito o venga mosse o sopra e sotto esposte , ma soprattutto che mi finisse la batteria e non avendo i caricatore dietro , non ho fatto foto in autostrada . Infatti mi si è scaricata la batteria e da Lupi , non ho potuto fare foto .
Per motivi di privacy non riporto foto di persone , ma solo di panorami e piante .
12 sera
Dopo un intera mattinata in viaggio , e dopo aver fatto la Livorno -Genova e poi a Genova -Allessandria per evitare di passare da Milano e poi di li a Como , navigatore impazzito dentro como , siamo arrivati , grazie a mio cugino che è venuto a prenderci a casa sua . Dopo pranzo siamo usciti . E fra un negozio e l'altro ( gastronomici e roba di donne ) abbiamo visito un po' la città
poi dopo che siamo rientrati a casa loro , siamo andati alla trattoria Pessenti frazione Molina nel comune di Faggeto Lario, a mangiare piatti tipici . Un buon ristorante e a buon prezzo per vista l'abbondanza di cibo che ci hanno portato .
Ottima cucina complimenti cari amici\che comaschi . Poi in albergo poi l'Ibis l'albergo in abbiamo alloggiato è fuori Como più precisamente a Grandate qui ulteriori news )
13
Visto che la notte precedente eravamo tornati tardi stanchi dal viaggio alle 10.20 siamo usciti . Ci ha fatto vedere il nuovo ospedale funzionale certo , ma sconveniente per medici e pazienti perché non si trova a Como , ma in un altro comune, più precisamente nel Comune di San Fermo della Battaglia. L'area è posta tra i comuni di Como, Montano Lucino e San Fermo della Battaglia. che è e se il vecchio aveva un parcheggio ed era in pieno centro città , li si paga ( sia che sia medico che degente ) 20\30 € al mese .Aveva ragione il fatto quotidiano della maxi operazione mafiosa speculativa . Infatti il nuovo stava per essere costruito sui rifiuti tossici e nel vecchio sono già in appalto nuove speculazioni edilizie .Poi visto che poi pioveva , ed avendo mio cugino una bambina piccola ( 3 anni ) abbiamo , cosi ne abbiamo approfittato , visto che dobbiamo fare il negozio nuovo , di vedere un po' materiale( piante , decorazioni , prezzi , e altro materiale per il negozio ) cose varie al garden http://www.cipgarden.it/ se non ricordo male il nome
poiabbiamo mangiato al http://www.ilbirrificio.it/. Avendo poca batteria ho preferito conservarmela per la serata
Dopo pranzo a Cernobbio fra le vile più interessanti c'era
ecco un ingrandimento dal cancello in quanto per pseudo motivi di sicurezza e privacy ( in quanto è un albergo frequentato politicanti , da vip e gente dello spettacolo , infatti mio cugino mi ha detto che Bruce Springfield che ogni vota che viene a suonare a Milano , viene qui a dormire ) non ci hanno fatto entrare e quindi mi sono dovuto accontentare di vederlo e fotografare da fuori .
mentre mia nipotina era alle giostre ho visto le anatre e i cigni , ed altri animali acquatici e li ho immortalati insieme al panorama
Poi Emma mia cuginetta o cugina in 2 aveva voglia di gelato , siamo rientrati a Como e in una gelateria con vista sul lago abbiamo preso un gelato
Poi di nuovo in giro per como
poi di nuovo a cena da loro e saluti , e arrivederci in Sardegna .
E la mattina alle 7 in partenza , per Arona dove abbiamo caricato . Io ho aiutato un po' , poi mi madre apprensiva com'era , mi che ti sporchi , ecc . mi sono rifugiato in furgone a continuare a leggere la solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano i , ne ho già letto fra i viaggi in nave e pausa ad Arona più della metà . Poi ripreso l'autostrada panino veloce all'autogrill e via fino a Livorno , ci si imbarca e la mattina dopo s'arriva in Sardegna
"Rachele piangei suoi figli e non vuol essere consolata, perché non sono più" (Ger 31,15). La madre di Raul, Fernando, Sebastian e Patrizia, i quattro bimbi rom arsi vivi nel rogo del 6 febbraio scorso a Roma, ricorda la biblica Rachele in modo impressionante. Il sindaco Alemanno ha proclamato il lutto cittadino. Eppure, adesso, sia la donna sia la famiglia rischiano di essere imputati di “abbandono di minore”, reato previsto e punito dall’art. 591 del Codice Penale.
L'abbraccio del presidente Napolitano alla madre rom.
L’organizzazione umanitaria Gruppo EveryOne si appella al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, affinché, dopo la strazio dei bambini, le istituzioni non colpiscano ancora i genitori.
Sono periti quattro bambini. Questo dovrebbe bastare. Altro non dovremmo aggiungere. Prima delle azioni, contano i segni. I silenzi. Ma non tutti i silenzi sono uguali. Esistono silenzi che impetrano, e silenzi che racchiudono scaturigini di dolore. Silenzi muti e silenzi murati. Silenzi densi e silenzi indifferenti.
Immaginiamo abbia taciuto anche lui. Del resto, stava leggendo, come egli stesso ha dichiarato: ed era talmente immerso nella lettura, da non essersi accorto della richiesta di osservare il minuto di silenzio. Ha taciuto. In quel modo distratto e scialbo che trasmette l'assenza. Bossetti non c'era. Al suo posto, l'involucro senz'anima del passante anonimo. Del vicino di casa perbene. Che odora di chiuso e di muffa. E che, magari, si proclama cristiano.
Bossetti cercava il momento di celebrità e l'ha ottenuto, sappiamo che gli rendiamo un servizio mostrando il suo volto impenetrabile, appena sfiorato da un segmento ghignante. Non ha neppure dovuto sforzarsi di trovare scuse credibili. Non gliene importa nulla. Oggi, manifestare il proprio razzismo, nemmeno ideologico, ma di quella sordidezza vaga, gretta, allineata e conformista come un appunto di computisteria, non scandalizza più nessuno. Anzi, riscuote approvazione. E' la riscossa del vicino perbene. Il rancore del frustrato. Silenzio. Come ombra nel buio.
La vincitrice della nona edizione di Amici, Emma Marrone, intervistata oggi dal quotidiano “L’Unità” chiama a raccolta lo stuolo delle sue tante fans esortandole a partecipare numerose alla manifestazione a favore della dignità della donna che si terrà domani in Piazza del Popolo a Roma. Tre dischi di platino, in procinto di iniziare l’avventura al Festival di Sanremo martedì prossimo in coppia con i Modà con il brano “Arriverà“, Emma ha deciso di abbandonare le prove della kermesse canora per essere presente alla manifestazione che considera importante per il futuro di tutti.
La cantante salentina respinge al mittente le accuse di essere un prodotto di Amici:
“Non ne posso più. Io non sono il prodotto di nessuno, sono solo una ragazza che ha avuto la possibilità di cambiare ma mi sono fatta un mazzo così per riuscirci e continuo ad essere quello che sono sempre stata: una persona pensante”.
Talmente pensante che quello che taluni considerano ‘un prodotto di Amici’ si promuove nel ruolo di pasionaria a favore delle donne giovani, delle sue fans che chiama alla manifestazione di domani:
“Penso che le donne debbano riprendersi i diritti, quelli che hanno perso e quelli non hanno mai avuto. E su questo voglio metterci la faccia. Perciò, invece di starmene sul lungomare di Sanremo, domenica vado a Roma a manifestare insieme alle altre”.
Emma non ha partecipato ad Amici “perchè c’era Berlusconi ma grazie a Maria De Filippi” e rivela che anche la conduttrice condivide la sua partecipazione all’evento perchè la ritiene cosa giusta. Non accetta di essere accomunata alle ragazze passate da Mediaset ad Arcore (”Non ho nulla in comune con loro, non faccio la starlette ma la cantante“) e su Ruby e le altre afferma senza problemi:
“Non le giudico. […] Magari Ruby è una ragazzina che si è ritrovata nella merda. Essere femministe significa secondo me sentirsi sempre unite alle altre donne…”
Non giudica Berlusconi e non accetta che la si definisca una della ‘fabbrica Mediaset’:
“Sono della Fabbrica Marrone, quella dei miei genitori, due persone che lavorano, pagano le tasse, hanno fatto sacrifici per non far mancare nulla ai loro figli. Prima di arrivare ad Amici, io ho lavorato come commessa a nero: poi ho avuto la botta di culo…senza ritrovarmi in situazioni sgradevoli”.
Tra i modelli maschili rifiuta da pugliese sia Vendola che Berlusconi e sulla polemica del corpo delle donne in tv afferma:
“La mercificazione del corpo non nasce mica in tv. E poi la televisione se voglio posso anche spegnerla. Non tutti i programmi sono uguali”.
Infine, alla domanda se teme che questa sua decisione di manifestare domani possa nuocere alla propria carriera, Emma non ha problemi: Andare in piazza domenica mi fa sentire fiera di me stessa. Mi fa pensare: prima viene Emma”.
Nota. Per un improvviso problema alla pagina web, il testo, i link e quasi tutti i video di questo post sono andati perduti. Mi limito, pertanto, a riportare l'appello dei collettivi femminili del Nord Milano per l'importante manifestazione di oggi, a favore della dignità delle donne, che si svolgerà in tutte le piazze italiane e anche straniere. La delegazione umanista non mancherà all'appuntamento.
In Italia la maggioranza delle donne lavora fuori o dentro casa, crea ricchezza, cerca un lavoro (e una su due non ci riesce), studia, si sacrifica per affermarsi nella professione che si è scelta, si prende cura delle relazioni affettive e familiari, pccupandosi di figli, mariti, genitori anziani. Tante sono impegnate nella vita pubblica, in tutti i partiti, nei sindacati, nelle imprese, nelle associazioni e nel volontariato allo scopo di rendere più civile, più ricca e accogliente la società in cui vivono. Hanno considerazione e rispetto di sé, della libertà e della dignità femminile ottenute con il contributo di tante generazioni di donne che - va ricordato nel 150° dell'Unità d'Italia - hanno costruito la nazione democratica.
Questa ricca e varia esperienza di vita è cancellata dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicità. E ciò non è più tollerabile.
Una cultura diffusa propone alle giovani generazioni di raggiungere mète scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici. Questa mentalità e i comportamenti che ne derivno stanno inquinando la convivenza sociale e l'immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione. Così, senza quasi rendercene conto, abbiamo superato la soglia della decenza.
Il modello di relazione tra donne e uomini, ostentato da una delle massime cariche dello Stato, incide profondamente negli stili di vita e nella cultura nazionale, legittimando comportamenti lesivi della dignità delle donne e delle istituzioni.
Chi vuole continuare a tacere, sostenere, giustificare, ridurre a vicende private il presente stato di cose, lo faccia assumendosene la pesante responsabilità, anche di fronte alla comunità internazionale.
Noi chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore della loro, della nostra dignità e diciamo agli uomini: se non ora, quando? E' il tempo per dimostrare amicizia verso le donne. Lo chiedono anche, fra le tantissime aderenti famose, suor Rita Giarretta e Ouejdane Mejri, ricercatrice tunisina da anni in Italia, che assicura: "Anche le donne immigrate manifesteranno con le italiane" .
In verità, una risposta degli uomini, tardiva, insufficiente, è comunque arrivata, come dimostra l'appello "al maschile" di "Repubblica" : ma la loro voce è ancora flebile, e, prossimamente, ne analizzeremo le cause.
appuntamento per le/i milanesi è in piazza Castello alle ore 14.30. Sappiamo fin d'ora che saremo numerosissime/i.
In una Milano quasi primaverile gli umanisti si sono uniti agli amici egiziani in festa per le dimissioni di Mubarak. "Rispetteremo i trattati", è l'assicurazione rivolta a Israele dal governo provvisorio. Eppure, mai come in questi momenti, euforici certo, ma non meno reali, si avverte un'inebriante sensazione di spossata felicità; quella felicità che proviamo dopo una lunga, dolorosa, spesso frustrante fatica; una felicità fisica e contagiosa, che ripaga delle sofferenze. Una felicità che segue una vittoria conquistata a caro prezzo, e da soli; "dal basso", come usa dire. "La caduta di Mubarak segna una straordinatia vittoria di popolo - commenta Emanuela Fumagalli di Mondo Senza Guerre(a sinistra nella foto, col cartello giallo). - In diciotto giorni di mobilitazione nonviolenta, resistendo ad aggressioni di ogni tipo, gli egiziani sono riusciti a liberarsi di un dittatore che li opprimeva da trent'anni. Il coraggio e la perseveranza dimostrati dai manifestanti sono un esempio che ci auguriamo altri popoli seguano. E non solo nel mondo arabo. Certo - ammette - la transizione verso una vera democrazia e un cambiamento profondo non sarà facile, e il popolo egiziano dovrà restare vigile e pronto a nuove mobilitazioni, ma da oggi nessuno potrà più affermare che una rivoluzione nonviolenta è impossibile".
"Rivoluzione" è una parola risuonata spesso durante la manifestazione; ma accompagnata da un aggettivo; un colore: bianca. "La nostra rivoluzione bianca", ha scandito più volte un giovane, a sottolineare il carattere assolutamente pacifico d'una protesta che è costata trecento vittime ma ha raggiunto il suo primo, importante obiettivo. E tuttavia, ciò che si è maggiormente invocato, ciò di cui anche dalla piazza italiana viene ripetuto come esigenza non più rinviabile, è un altro vocabolo: democrazia. Forse perché di rivoluzioni abortite questo popolo ne ha subìte troppe, e ora si anela a una normalità compiuta, matura, da paese "adulto". "Quelle dell'Iraq, dell'Afghanistan e dell'Iran sono finte democrazie - si è sgolato un altro ragazzo dai microfoni di un improvvisato furgone pavesato a festa - sono regimi che hanno ingannato e terrorizzato il popolo. Noi non siamo come loro, non vogliamo essere come loro", e ha puntato il dito contro la timidezza delle diplomazie occidentali, incapaci di cogliere la differenza. D'altro canto, gli slogan si sono distinti per una grande positività e propositività: in un'atmosfera di giubilo cordiale e accogliente, siamo stati invitati a unirci ai balli e ai canti della comunità egiziana. Forte e convinta la partecipazione femminile, come attestato da queste immagini. Anche se quella che considero maggiormente significativa è un dipinto, l'enorme pannello a olio che ha accompagnato il corteo fino alla conclusione, in Stazione Centrale. Un dipinto espressionista e naif, che ricorda certe tele sudamericane; un'opera laica e sacra (più che religiosa) al tempo stesso, come ci ha spiegato un amico: "La donna è l'Egitto["Misr" in arabo, n.d.A.] , ed è nuda perché spogliata di tutti i suoi beni. Ma poi siamo arrivati noi, col nostro sangue, di musulmani e di cristiani, e l'abbiamo coperta con la nostra bandiera. Pian piano, la rivestiremo tutta". Questa donna nuda e casta, povera e solenne, scarmigliata ed elegante, nel portamento e nei misurati gesti, ci pare oggi la perfetta metafora dell'Egitto in marcia, di tutte le sue anime, una spiritualità della nazione originale e inedita, un corpo femminile e simbolico, strappato al Sultano, che chiede solo d'incarnarsi veramente.
Poco più lontano, al teatro Dal Verme (...), l'ultrà cattolico, vergine e devoto Roberto Formigoni, in prima fila al Family Day e strenuo crociato delle "radici cristiane d'Europa", nonché baluardo impenetrabile contro le depravate coppie di fatto, applaudiva i Ferrara, gli Ostellino, i Sallusti; i quali, in una manifestazione parallela denominata in modo immaginifico In mutande ma vivi, hanno difeso con inesausta veemenza il diritto delle donne a prostituirsi per il Sultano. L'altro. Il nostro. Che però, essendo liberale, marca la differenza. Chissà, forse l'espressione tirata di Formigoni denota un soffuso disagio, ben rintuzzato, del resto, dal piatto di lenticchie puttaneggiato col potere. Non abbiamo molto da commentare: ognuno ha le piazze che si merita.
Solidarietà e stima alla Prof.
ho l’enorme paicere di essere un grande amico del figlio della professoressa in questione, che vive all’estero come me….
Ma come è possibile? Sono sdegnato, il presidente del consiglio fa orgie con minorenni e non lo si condanna, un professoressa tenta con i mezzi che ha di trasmettere valori “sani” e la si condanna !!!!!
Ancora una volta mi vergongo di essere italiano e sono ben felice di viviere all’estero da svariati anni.
Bella sentenza davvero! E chi deve andare dallo psicologo perché vittima dei delinquenti da chi si deve far difendere??? Non riesco proprio a credere che sia stata emessa una tale sentenza!!!! Favorevole a due delinquenti: padre e figlio! Quel padre avrebbe dovuto gonfiare di botte il figlio delinquente: ci avrebbe pensato bene prima di insultare qualcuno!E poi basta col politicamente corretto: tanto c’é pieno di ragazzi delinquenti, drogati ed etilisti comunque, nonostante non si possa mai muovere loro il minimo rimprovero!!! Se uno é un delinquente lo si chiami come tale! Altro che deficiente!Nelle scuole succede di tutto, grazie a questa sentenza, che cosa potrà accadere ancora??!!!
Le assicuro che sentenze come queste ci inducono sempre più a non prendere provvedimenti ovvero a far finta di prenderli. Sono un docente.
italiana.Il famoso metodo Shangai che tutti in questo momento lodano tradotto in
parole povere e’ :calci nel sedere e studiare!
Provate a chiedere a qualche cinese o indiano se a casa loro durante le lezioni gli
alunni si alzano dai banchi oppure i genitori interferiscono sui programmi oppure ancora, ricorrono ad un qualunque TAR.
Di tutto questo dobbiamo ringraziare una classe politica di cialtroni,perche’ Loro
fanno le leggi e una giustizia formalista e ottusa le applica.
La faccenda del ricorso allo psicologo poi solleva un’altra questione, quella dell’abuso dei certificati degli psicologi di parte
simile personaggio.
E principalmente bisogna sentirsi offesi dalla sentenza e dal comportamento dei genitori che hanno portato il bulletto dallo psicologo non per capi
Incredibile.
Solidarietà all’insegnante
Suo figlio ha il “diritto” di umiliare gli altri (in tre contro uno: che gran paio di testicoli! Da chi li ha ereditati?), ma non può essere umiliato?
Forse il giudice ha ragione: suo figlio potrebbe effettivamente non essere un deficiente, quanto piuttosto il solito caso di chi aggredisce gli altri perché ha qualcosa da nascondere.
Forse lei questa cosa l’ha capita da tempo e cerca “rivalsa” in tribunale.
Forse suo figlio è solo più gay che deficiente.
Coraggio: lei sa di aver fatto la cosa giusta; chi ha buon senso sta dalla sua parte.
I fatti si commentano da soli.
si potrebbe vedere anche lo spirito di corpo
La professoressa Valido, ha impartito come pena al ragazzo il compito di scrivere cento volte “sono deficiente”.
E qua casca l’asino. Capisco che spesso ci fanno perdere tutte le pazienze possibili, ma non dobbiamo mai dimenticare il rispetto delle procedure e delle regole.
La legge di tutela dei minori (che è legge sempre, non ad intermittenza) condanna qualunque insulto o ingiuria a un minore chiunque la pratichi, compresa un genitore, se il minore la ritiene tale e ne viene turbato.
E dunque questo taglia la testa al toro.
Essere obbligati a scrivere “sono deficiente” è un insulto. E non ci piove. E la legge tutela sempre e tutti, fino a prova contraria, per garantirci.
Il ragazzo è un ostinato e non capirà? Verrà allontanato dalla scuola per motivi educativi. E persino bocciato. Amen, però, se la decisione è chiara, scritta e preannunciata il docente è tutelato. E comunque , sembra che non capisca, in realtà capisce. Più dei genitori.
Inoltre: la legge recita che, a fronte di gravi comportamenti, il docente è “obbligato” a segnalare al consiglio di classe e al preside l’avvenuto; si convoca l’organo collegiale e, insieme, si adotta il provvedimento. Questo a doppia tutela: del docente e del ragazzo. In quel caso la responsabilità ricade sul dirigente che diventa tutore del minore.
Inoltre: un insulto è un insulto. Non ci piove. Se io devo educare e prendere un provvedimento contro un ragazzo che ha insultato un coetaneo che faccio? Lo insulto a mia volta? E allora che facciamo? Che insegnamento è?
Lo so che a volte la rabbia ci farebbe fare chissà cosa, ma calma e sangue freddo e rispetto delle procedure.
Se proprio voleva farlo scrivere sarebbe stato più comprensibile per il ragazzo che gli facesse scrivere 10 volte per intero la dichiarazione dei diritti umani per poi andarla a illustrare al preside, se proprio non voleva ricorrere all’organo collegiale.
Oppre fargli scrivere “devo portare rispetto sempre a chiunque, senza rispondere alle provocazioni e senza provocare io per primo, se voglio avere rispetto dagli altri e se voglio stare nel mondo in modo adeguato”.
Cosa che andrebbe fatta scrivere anche a tanti adulti direi..
Ma per atti gravi (e l’atto di bullismo è un atto grave) la procedura prevede che si ricorra a quello: al consiglio di classe allargato al dirigente. Ripeto: a tutela del docente e del ragazzo. Specie se il ragazzo è difficile. (E ne ho io di ragazzi difficili, alcuni difficilissimi)
Ma se io a un ragazzo difficile gli butto benzina, addirittura gli faccio trascrivere per cento volte un insulto, alimento il peggio. Secondo voi quante volte ripeterà a sua volta quell’insulto ad altri? Moltiplicato per mille in una settimana.
E in genere dietro a un ragazzo difficile ci sono genitori difficilissimi.
Devo tentare di ripartire comportamenti corretti a entrambi.
Ma soprattutto a lui, al mio allievo.
Se poi vogliamo coltivare e innaffiare campi di “bulli” allora andiamo avanti così…a insulto insulto e a ceffone ceffone e mai all’interno di procedure riconosciute.
Ma non stupiamoci se la legge fa semplicemente quello che deve fare. Cioè applicarsi. Perchè è la tutela di tutti: il rispetto delle norme.
Forse se si conoscessero le procedure e le leggi (e l’insulto a un minore è cosa gravissima, a prescindere dalla colpa del minore) e si seguissero con maggiore frequenza e se tutti usassero lo stesso metro di comportamento le cose sarebbero diverse.Detto ciò: ci troviamo di fronte a un emergenza educativa per la quale la scuola non è adeguatamente attrezzata per mancanza di risorse, di professionalità specifiche e di tempo trascorso coi ragazzi.Ulteriormente tagliate in questi ultimi anni.Abbiao bisogno di risorse e di tempo, tanto tempo, da passare con i nostri ragazzi. Specie gli ultimi. Perchè sono quelli maggiormente bisognosi di attenzioni ed educazione. Severa, determinata e costante ma mai irrispettosa.Un bullo è l’insieme di ignoranza,maleducazione, trascuratezza e disagio. Lo raddrizzi dandogli un poco di quelle cose.Giusto per tentare di costruire un mondo comune migliore.A fronte dei tagli terribili che hanno investito la scuola quanti di quelli che adesso dicono “sono amareggiato” hanno levato con gli insegnanti un grido di allarme?
Rodolfo scrive:
Tutta la mia solidarietà alla profesoressa!
Confido nella saggezza della Corte di Cassazione e spero che i commenti qui pubblicati possano confortare un po’ la professoressa.
Sei tu che hai educato tuo figlio, forse il Giudice avrebbe dovuto commutare la sentenza. Far tornare il padre del bullo in aula a scrivere di essere lui il vero ‘deficiente’…ma forse suona meglio “IMBECILLE”!
Essere obbligati a scrivere “sono deficiente” è un insulto?
ed essere chiamato gay da un branco di deficienti no?
É ovvio -non c’è bisogno di inneggiare ai ceffoni per poterlo affermare- che il gesto del “bullo” sia indifendibile, così come lo sono i suoi genitori che tanto si sono scandalizzati.
Ma non è nemmeno possibile pensare a metodi educativi che si fondano sull’umiliazione del “colpevole”, soprattutto se si considera che , con tutta probabilità, una punizione di questo genere ottiene il solo effetto di esasperare la rabbia del “bullo” e spingerlo poi a rifare le stesse, medesime, identiche cose; solo, più grosse. Quindi, se tra qualche mese il ragazzo, invece di dileggiare un compagno, manda all’ospedale un ragazzo, la responsabilità è anche di questa insegnante.
Ceffoni, insulti, umiliazioni non hanno mai portato da nessuna parte. Il fatto che ci sia una generazione che, a ceffoni, ci è cresciuta non significa niente e, di certo, non significa che siano un sistema funzionale o accettabile: siamo vissuti nelle caverne per secoli, sarebbe stata questa una buona ragione per continuare a viverci?
Non voglio pensare che la Sua Signora sia una delle tante insegnanti conniventi con i delinquenti, che mettono così in croce quei ragazzi che si comportano bene, che sanno convivere con il prossimo! I delinquenti che ci troviamo sulle strade sono stati a scuola, non sono spuntati come i funghi e non hanno trovato qualcuno che li fermasse prima.Quando occorrono le maniere forti, queste vanno usate!Per tutelare il resto della società!Gli insegnanti non devono proteggere i delinquenti(rischiando di diventarne complici!), ma devono proteggere DAI delinquenti!
Gli immigrati del Terzo Mondo sono schifati dalla nostra scuola!!! Non credono ai loro occhi!!! I genitori albanesi dicono che con un quarto di quello che commettono i nostri “bravi ragazzi” (che magari prendono 8 in condotta e sai che paura! o pure 9 e sai che schifo!) sono buttati fuori da tutte le scuole!!! E abbiamo pure la spocchia verso l’Albania!!!!
Ma io non difendo il diritto del ragazzino offeso , duplicando un insulto a un coetaneo, perchè metto in moto una catena altamente pericolosa.
io difendo il ragazzo offeso col rispetto delle procedure e delle regole.
e ne rimando la responsabilità alle stesse.
Non alla docente in se, o al ragazzo in se, ma a tutta la comunità di cui docenti e allunni fanno parte: cioè la scuola.
perchè sono le procedure, le regole e le evenutali pene stabilite insieme a quelle regole che garantiscono il consesso comune e civile della comunità, non l’insulto duplicato a un insulto.
Specie se poi è scritto è ancora più grave.
Si riuniva il consiglio alla presenza del ragazzo e del genitore e si spegava cosa era successo e l’eventuale decisione del provvedimento (magari prendeva la lezione anche senza il provvedimento) la collega non sarebbe in questa situazione.
Può non piacermi la legge e se siamo la maggioranza indire un referendum o una raccolta di firme per un eventuale cambiamento.
Ma finchè c’è la legge io la devo rispettare.
Si chiama legalità e per me è oro colato. Non siamo nel far west e un ingiuria è un ingiuria. E un minore è materiale delicatissimo, persino e di più quando è un “vastasunazzu”.
Può anche non piacermi quella sentenza, ma è fatta a norma di legge e dunque va accettata.
Perchè ogni genitore deve avere la certezza che quando lascia il figlio a scuola, dall’angioletto al vastasunazzu, quello verrà garantito da una norma.
E basta.
La norma dice quello: un ingiuria a un minore è punibile.
E credetemi se vi dico che è il “vastasunazzu” che ha spesso bisogno di essere garantito, visti i contesti da cui vien fuori.
Ripeto: la stessa identica punizione poteva prevedere il copiare 15, 30, 50 volte la dichiarazione dei diritti dell’uomo e poi andarla a ripetere classe per classe della scuola.
Ma un insulto , scritto, poi, con tanto di prova provata di infrazione delle regole, come si fa a ignorarlo?
E io insegno la regola e ne infrango subito una basilare?
E se capitasse a me, magari non per un insulto, ma per altro, perchè non siamo Dio, perchè magari due si pigliano a sediate prima che io dall’altro lato della classe riesca a dividerli, mi piglierò la sentenza, se si fanno male. In silenzio. E pure con le lacrime agli occhi, se proprio devo dirla tutta.
Perchè il mio dovere è essere garante sempre dei miei alunni. Sempre. Non difenderli, ma garantirli.
E anche lì c’è una norma violata: quella antincendio che prevede non più di 24 alunni in un aula.