1.11.12

4 novembre celebrare o ricordare ? no ala retorica delle armi si a ricordo degli italiani mandati a macello


che palle  'sto spot per il  4  novembre  festa delle forze  armate  almeno fosse originale  invece  è    è una esatta  copia   di quello del 2008 (  che trovate sotto   visto che non sono riuscito a trovare  quello di quest'anno  )


Lo so che  con questo  post   m'attirerò l'odio  d'alcuni di voi   e   forse  perderò compagni  di strada  , ma   solo  purtroppo consapevole   che  la  solitudine   


  è il  rezzo da  pagare per chi va  in direzione  ostinata  e contraria ed  ha il coraggio di dire    sempre  quello che  si  pensa e  se si vuole  essere  liberi completamente  come    Ma liberté  sempre  di Georges Moustaki   (   versione  originale  dello  stesso autore ,   la versione italiana curata da Bruno Lauzi, grande cantautore genovese  ) 
Ora  , come credo  penseranno alcuni\e  di voi   leggendo o solo il titolo o  le prime righe   del post , Io non odio  , chi  ha  fatto la  scelta d'appartenere alle forze armate e di partire  come volontario  in guerra  nelle  (  pseudo ) missioni di pace   , ma  odio  l'istituzione e l'ideologia
  da   Francesco Guccini Dio è Morto
[....]  Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede in ciò che spesso han mascherato con la fede, nei miti eterni della patria o dell' eroe perchè è venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura, una politica che è solo far carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l' ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto e un dio che è morto, nei campi di sterminio dio è morto, coi miti della razza dio è morto con gli odi di partito dio è morto...   [.... ]                          


che  trasmette  e i suoi rituali   celebratevi   e il ricordo  passivo \ fallace   e  momentaneo .
da  google alla  voce plutocratica  sicumera
Infatti  : <<  “ricordare non basta. Memoria è un ricordo "attivo" che vuole comprendere i meccanismi, le cause e dunque le ragioni che  determinarono una storia, e sa rileggerle nel presente per capirne le "mutazioni" e le mimetizzazioni nelle forme nuove in cui quella stessa violenza torna e tornerà ad esercitarsi. Forme diverse sempre più evolute e sofisticate. E' dunque solo la Memoria a dare senso al proprio impegno per costruire un futuro in cui si possa sperare che quella violenza non torni a mostrarsi, con volti diversi ma la con medesime atrocità, per il nostro passivo ed ignaro consenso.
Perdere "la Memoria storica" ci rende estranei a noi stessi, incapaci di riconoscere le nostre radici, di capire il nostro presente, di costruire un qualsiasi futuro.” (  da  www.ritatria.it ) >> . Solo  cosi il ricordo  non   diventa    ,  lo so che  dico  sempre  la stessa  cosa  (  vedere  foto    a sinistra  ) . Ecco quindi   odio (  anche  se  , chi  è senza peccato scagli al prima pietra   , non ne  sono immune  )   i ricordi  forzati  cioè le  celebrazioni  che  durano  solo  una  giornata o al massimo   2\3  giorni è  via  o si ricorda  solo a metà -- vedere   il mio post   dell' anno scorso  sul  10 febbraio ---    per poi ritornare in soffitta ed  essere rispolverato per  l'anno prossimo  ) .
da
http://www.primaguerramondiale.it/grande-guerra/battaglia-di-caporetto.htm
Ora    sono sicuro  che  :    chi di voi mi conosce  da quando  sono online   sia  molti miei concittadini  silenziosi  nei commenti sul blog  , ma  molti attivi  nel commentare i post  d'essi  che  metto  su  facebook    o  a voce  quando  m'incontrano   .m i diranno :  << ma  come  cosi offendi la memoria della  nostra  patria e di chi  è morto  per  essa o  va   a morire  per  essa   .
Ma   soprattutto  dei  tuoi  parenti   >>  Mio nonno   e  suo  fratello che  andarono  in in Etiopia    1 2  come  amministratore ilo  primo   e  come militare il secondo  ) o    il  fratello  di  tua nonna  in quella di   Grecia come medico militare .,  o   come  uno zio di   tua madre morto a  17 anni   saltando su una mina  in quella   di  caporetto (  foto  sopra  a destra ) e  sepolto  se  non ricordo male ---  da  quanto  mi raccontava  mia nonna  materna   morta 2  anni  fa  al  96  anni --- nel sacrario (  foto  sotto   al  centro )  Redipuglia  

da  http://www.cimeetrincee.it/sacrari.htm


Io essendo  una  generazione di mezzo  (  cioè del  1976  )  ho  : 1  ) solo sentito parlare  di tale  vicende  da  nonni   e prozii\e  e  loro amici ., 2)  andavo a  tali manifestazioni   retoriche   sia per  far felice mio nonno  paterno  ., sia perchè , anche  se  : <<  Un declino dell'interesse nei confronti della ricorrenza si è avuto, come si accennava prima, con la derubricazione del 4 novembre a "festa mobile" a partire dal 1977 >> (  dalla  voce wikipediana giornata dell'unità nazionale  e delle forze  armate  )  ci  obbligava  la  scuola    , ero fra il 1982\3-1986\7 alle  elementari . Poi   direttamente  attraverso letture  personali     o si suggerimenti (  di cui trovate  traccia   nell'archivio  2004-2010    cioè  gli i post   dell'ex  splinder  chi non avesse  voglia  o tempo di cercare  , mi scriva  all'email del blog    e risponderò fornendo tutte le  informazioni   )  sia  da mio padre  ,   sia   di amici pacifisti  e non violenti  , insomma anarchici  e del  cattolicesimo  radicale  o  catto comunisti  , sono passato alla  contestazione  (  da non confondere  con l'odio  per chi  celebra  o ricorda  )   di tale  festa   come  espresso in  queste  righe  .
 Quindi si al ricordo perchè si attivi  sempre  bistrasciato   maltrattato da  sinistra  a destra  e viceversa  l'articolo 11  della nostra costituzione

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.
   no  alle celebrazioni pompose  come   quelle  del  primo video  . Con tali soldi  che si risparmiano  con spot  simili   e le manifestazioni  militari come quelle del 2  giugno  e  del  4  novembre  (  che  si differenziano da una semplice   corona   ai vari sacrari e monumenti ai caduti  nei cimiteri  ) potrebbe risanare  l'ambiente  insalubre  ricco d'amianto e  d'uranio delle  ex basi militari   ereditate  dalla guerra  fredda  .
Con questo è tutto  buon ricordo a tutti\e

31.10.12

L’esorcista contro Halloween: “Proteggete i vostri bimbi e vestiteli da santi” , beppe inglaro , fiorello e crozza come satana ?



credevo che questi discorsi fossero tipici solo dell'epoca dei miei bis nonni e dei miei nonni invece continuano ancora ad essere in voga 
la  prima  è questa  suggeritami dall'amica UAAR (  Unione Atei Agnostici Razionalisti ) Rosalba Sgroia 


L’esorcista contro Halloween: “Proteggete i vostri bimbi e vestiteli da santi”

A mettere in guardia è Don Ermes Macchioni, della parrocchia di Sassuolo, che per stanotte ha organizzato una contro festa per fronteggiare la celebrazione del male: "Portate i vostri figli all'oratorio vestiti di bianco e custoditeli da queste frottole spirituali mai innocue"


Halloween è la festa del demonio. Si nasconde dietro vestiti neri, cappelli a punta, zucche intagliate e riti dal dubbio significato che cominciano tutti con “dolcetto o scherzetto”. A mettere in guardia èDon Ermes Macchioni, prete ed esorcista  ( FOTO SOPRA  AL CENTRO  )  della parrocchia di Sassuolo e che per il 31 ottobre prossimo ha organizzato una contro festa per fronteggiare la celebrazione del male: “Venite all’oratorio e portate i vostri bambini vestiti di bianco – ha detto il sacerdote ai suoi parrocchiani, – o meglio ancora travestiti da santi. Proteggete i vostri figli quella notte, perché, anche senza volerlo e a loro insaputa, gioirebbero e danzerebbero per quello che viene chiamato “il Grande Cornuto” e che non può salvarli. Portateli in Chiesa l’indomani, giorno dei Santi e custoditeli da queste frottole spirituali e di moda che purtroppo non sono mai innocue”.Sembrano annunci di crociate del male contro il bene, dove eserciti di spiriti devono essere fronteggiati con candide vesti e testimonianze cristiane, e invece arrivano dalla provincia di Modena. “Alla fine dell’800, – continua Don Ermes, – gli spiriti hanno confessato. Anche se i riti vengono fatti con superficialità, ogni volta che li evochiamo, loro si sentono chiamati in causa e legittimati a tornare. Per questo, io dico, ognuno può fare quello che vuole, però la sera del 31 dicembre se ibattezzati non vogliono essere ipocriti vengano a festeggiare la festa della luce vestiti di bianco. Anche lì si balla e si danza, solo rievochiamo la luce e non le tenebre”. Una contro festa dedicata ai Santi e giunta ormai alla 5° edizione, è l’iniziativa della parrocchia di S. Michele e Pigneto a Sassuolo, per cercare di frenare la diffusione di una festa che, ricordano gli organizzatori, non appartiene alla nostra tradizione cristiana.Il 31 dicembre, vigilia di Ognissanti, è una ricorrenza di origini anglosassoni e celtiche, ed è considerata il capodanno dell’esoterismo. Divenuta in breve tempo un’occasione commerciale di festa e sdrammatizzazione del mondo occulto di streghe, maghi e spiriti maligni, resta associata ad una dimensione diabolica che difficilmente è accettata dal Vaticano. E la condanna della festa di streghe e folletti, non viene solo dalla provincia modenese ma è un coro unanime che unisce la chiesa cattolica da secoli. L’ultima dichiarazione è quella di Monsignor Gualtiero Bassetti che la definisce la festa delle zucche vuote, le quali dimenticano come la morte sia un atto di fede e non un fenomeno da esorcizzare.“Halloween, – ha ricordato Don Ermes, – non è solo un fatto sociologico ma un evento spirituale partecipando al quale, anche solo passivamente, cioè per moda, si commetterebbe un peccato d’idolatria. Aderendo alla festa magica di quella notte, si rende comunque un’adorazione implicita a Satana”. Il prete va ancora più avanti analizzando tutto il rituale della notte di Halloween, quella che lui definisce una “catechesi al contrario”, dove si prevede di “drappeggiare e decorare un altare con un elmo cornuto che rievochi il demonio” e intonare “canti, musiche, recitativi che si ispirino tutti alla morte, agli spiriti, ai fantasmi e alla magia”. A mettere in allarme Don Ermes e i suoi fedeli sono le parole della preghiera che, dicono, dovrebbe essere pronunciata a quel punto: “Con questo, nella santa vigilia di Samhain, ti concedo il dominio e il potere, o Grande Cornuto, Dio deiregni tenebrosi”. “Non dimentichiamo, – conclude Don Ermes, – che i nostri defunti non ritornano; essi sono viventi in Cristo, (speriamo tutti) e non possono tornare da noi. E per raggiungere il loro mondo non serve la magia, ma seguire Cristo, imparare a vivere come lui e a morire come lui”.La festa dedicata alla luce per sconfiggere i seguaci del buio, è l’ultima crociata di Don Ermes Macchioni, conosciuto nella zona per la sua attività di esorcista da oltre vent’anni. Il sacerdote 63enne è stato nominato dal Vescovo Adriano esorcista della Diocesi di Reggio Emilia e Guastalla insieme a Don Stanislao Fontana di Calerno e Don Edoardo Cabassi, rettore del Santuario della Madonna di Bismantova. Allievo del famoso padre Amorth, Don Ermes racconta di come la sua attività sia molto richiesta nella zona: “Il Vescovo Adriano fu molto lungimirante nel chiamarmi a esercitare come esorcista, perché ce n’è davvero bisogno. Sono problematiche molto diffuse, le persone sentono di essere possedute e chiedono il mio aiuto”. È una lotta contro il demonio quella di Don Ermes, che va dall’esorcismo alla Festa di Halloween cercando di non sottovalutare nessun contatto con le forze oscure degli spiriti. 
  la  seconda  
Padre Amorth:   ( FOTO   AL CENTRO   ) “Monti, Crozza e Vendola servi di Satana”. Poi il prete smentisce
Anche Beppino Englaro e Beppe Fiorello appartengono alla lunga lista dei "messaggeri del demonio" raccolta nei giorni scorsi dal settimanale Espresso. Ma sull'attuale premier posseduto dal maligno e perfino "massone" scatta l'incidente diplomatico e l'esorcista modenese ritira tutto






se mai servisse una guida per districarsi tra il bene e il male, per chi ci crede, a cicli costanti viene in aiutopadre Gabriele Amorth, l’esorcista di origine modenese assurto da tempo alle cronache per le sue invettive. O almeno, in aiuto, arrivano alcune interviste che gli attribuiscono nuovi avvistamenti di Satana nel mondo. Un articolo recente articolo dell’Espresso fa il punto delle “condanne” più recenti e tra i “messaggeri” del demonio ci mette molti personaggi noti, a iniziare da Beppino Englaro, il padre di Eluana che poco tempo fa ha raccontato a proposito della figlia “la vita senza limiti” – dal titolo del suo libro – durata 6233 giorni.
E padre Amorth inserisce nella schiera dei “maligni” anche il comico Maurizio Crozza, lo showmanBeppe Fiorello e Nichi Vendola, che appoggia “leggi favorevoli all’aborto o ammiccanti ai gay” e dunque “è sotto la nefasta influenza del demonio”. E poi c’è lui, il presidente del consiglio MarioMonti, che oltre alle incognite del voto di fiducia e alle contestazioni di piazza, si sarebbe visto etichettare come un “capo massone che vuole distruggere la Chiesa o affamarla. Piaccia o meno, è uno strumento nella mani di Satana”. Sarà che a poche ore da Halloween – definita in passato “una trappola del demonio, una roba pagana, anticristiana e anticattolica” – la voce del più famoso degli esorcisti non poteva mancare. Ma le parole attribuite ad Amorth su Monti non sono nuove.
Il primo a lanciarle era stato a inizio 2012 Bruno Volpe, direttore di Pontifex Roma, ma in breve era giunta la smentita ripresa da diverse testate, tra cui l’agenzia TmNews, Virgilio e Il Foglio. Pur ben lungi dall’aver provocato a sua insaputa un incidente diplomato tra Stato del Vaticano e Italia, padre Amorth aveva dichiarato: “Non ho mai affermato che Mario Monti è ‘capo massone e strumento di Satana in un’Europa’. Non ho mai rilasciato un’intervista in questo senso e comunque non ho assolutamente dato questo giudizio in merito al presidente del consiglio Mario Monti. Chi ha scritto queste cose le ha inventate e la cosa mi spiace molto”.
Comunque sia, se l’anziano esorcista – è nato il 1 maggio 1925, ha un passato da partigiano bianco e una militanza nella Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) – non ha attribuito al premier intercessioni diaboliche nella vita degli esseri umani, in passato se l’era presa con pratiche come loyoga. Voce guida ogni secondo mercoledì del mese dalle frequenze di Radio Maria, dove dà consigli ai fedeli alle prese con presenze minacciose, l’esorcista aveva “condannato” anche con icone della cultura pop come Harry Potter, che “porta alla magia e, quindi, porta al male. Agisce in maniera nascosta e furba, sotto forma di poteri straordinari, magie, maledizioni”.
Quelle parole avevano suscitato la reazione di un suo collega sacerdote, don Andrea Gallo, il sacerdote di strada della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, che aveva ribattuto che uomini e donne, se fossero stati posseduto da qualcosa, lo sarebbero stati “dalla crisi e dalla paura”: “Io andrei a gridare come un pazzo alla chiesa e ai palazzi della politica perché vedo in Italia servizi sociali spaventosi. Cosa dovrebbero farmi? Mandarmi al manicomio? Dall’esorcista? E questi signori pieni di convinzioni non parlano mai di gente che non arriva nemmeno alla prima settimane del mese. A Genova abbiamo il 5% di senza dimora. Chi li rende così? Il demonio?”



  FONTE  http://www.ilfattoquotidiano.it/


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HALLOWEEN VS FESTA DEI MORTI Una ricorrenza intima Tra tradizione e globalizzazione




 A  chi mi dice  che  è  << beati  voi sardi che mantenete le usanze     e resiste te alla  globalizzazione contro  le americanate  di halloween >>  ebbene  cari signori\e  vi  sbagliate  perchè tali tradizioni e resistenze  si trovano in tutto  il sud  d'italia  , ecco un articolo  , con foto   al centro annessa  ,   tratto da  http://livesicilia.it/2012/10/30

Bancarella di dolci Festa dei morti 


Da qualche anno, da quando ha preso piede l’abitudine di festeggiare Halloween a pochi giorni dalla festa dei morti, c’è chi lamenta la “colonizzazione” delle nostre usanze, in favore del consumismo e della spettacolarizzazione che viene d’oltreoceano. Ma le celebrazioni del culto dei morti, presenti in culture diversissime, hanno subito influenze reciproche già in epoche antiche. (Guarda la fotogallery della tradizione dei morti QUI)
Mancano due giorni alla All Hallow's Eve,la vigilia di Ognissanti, la festa pagana trasformata in cristiana e poi ancora in consumista: il 31 ottobre si avvicina e con esso il giorno dei Morti. E in Sicilia tira a tratti un vento che porta storie ancestrali, che sussurra nelle orecchie le parole dei nostri defunti.
Spesso la festa di Halloween è stata paragonata alla Festa dei Morti, radicata in terra sicula da secoli. La All Hallow's Eve è retaggio di una cultura antica appartenente ad altre isole: l'arcipelago britannico per anni è stato focolare di una magia celtica, contaminata però dall'influenza di Roma. Con sorprendente sincretismo, la festa celtica dei morti coincideva con le celebrazioni romane per l’inizio del nuovo anno, il 1 novembre. Il lavoro nei campi era concluso, il raccolto al sicuro e i contadini celebravano la fine della stagione della semina. Era dunque il momento di ringraziare tutte le divinità pagane ed era allora che le porte di passaggio ultraterrene si aprivano, solo per una notte, e gli spiriti dei morti erano liberi di camminare tra i viventi.
Ed ecco che le storie siciliane si riallacciano a storie altrettanto magiche: appena 24 ore dopo Halloween, nell'Isola si celebrano i morti. Goliarda Sapienza, ne “L’arte della gioia”, scrisse, a proposito del tentativo del regime fascista di sradicare nei siciliani l’attaccamento alla Festa dei Morti: “La gente [...] continua a ricordare, ed ad aprire, la notte del primo novembre, la porta ai nostri morti, che in punta di piedi entrano nelle case a portare doni e messaggi ai nostri carusi. Dolci e giocattoli perché non dimentichino che c'è la morte, e che loro anche nella morte sono vivi”. Queste righe riassumono in effetti la tradizione siciliana.
Sia l'Halloween anglosassone che la Festa dei Morti sono stati senz'altro influenzati, nel corso della storia, dalla tradizione d'oltreoceano: l'America ha fatto della spettacolarizzazione della leggenda uno dei suoi punti forti e la globalizzazione spesso ha influenzato più le culture del passato che quelle moderne. Ma il culto dei morti da Trapani a Catania, passando per Palermo ed Enna, richiama i siciliani alle tradizioni della terra: l'usanza di camminare per i paesini indossando lenzuola funebri o di portare regali ai più piccoli - quasi fosse un “trick or treat” senza troppi fronzoli - e ancora la speranza di vedere i propri cari riemergere dalla terra per una notte all'anno.
E prepotentemente, come in qualsiasi ricorrenza sicula, la cucina diventa parte fondamentale della leggenda. Alcune famiglie continuano ad andare a pranzare nei cimiteri per stare in compagnia dei propri cari scomparsi, portando con sé i dolci della tradizione: a Palermo c'è “u cannistru”, il tipico cesto di frutta di martorana che viene portato in dono nel giorno dei morti; nei paesi delle Madonie si mangiano biscotti prodotti con i frutti della terra: taralli glassati, pupatelli ripieni di mandorle, tetù bianchi e marroni. E ancora, i pupi ri zuccaru e la muffoletta, una pagnotta “cunzata” che si mangia la mattina del 2 novembre in commemorazione dei nostri defunti.
È vero che, da qualche anno, la credenza isolana si è vestita delle maschere macabre o sexy che fanno parte dell’iconografia dei film e telefilm americani, di scheletri di plastica appesi ai balconi e di zucche intagliate in facce crudeli. È vero che i nostri pupi ri zuccaro hanno dovuto cedere alle esigenze di business, e così i classici cavalieri e damine sono quasi scomparsi dagli scaffali delle pasticcerie, per fare posto ai personaggi dei cartoni animati come Dragon Ball o le Winx. Ma è pur vero che, ogni anno, nonni, genitori, figli adolescenti reduci da party sfrenati (magari con ancora segni, sul viso, del trucco da zombie) e bambini che fiutano l’occasione per soddisfare un nuovo capriccio, riescono a trovare il tempo per una visita al cimitero o per mangiare insieme quei dolci di una volta. A conferma della vera natura di questa festa per i siciliani: un’occasione, intima e familiare, per ricordare chi non c’è più.

30.10.12

80 anni di topolino

http://www.gazzettadiparma.it/
I  mio fumetto preferito  insieme a  Dylkan Dog , Martin Mystere , compie  80 anni  . Come passa  il  tempo

Con le sue immancabili scarpe gialle, i guanti bianchi a quattro dita e le caratteristiche grandi orecchie a sventola, Topolino si appresta a festeggiare gli 80 anni. Una straordinaria storia editoriale iniziata nel dicembre del 1932 – appena quattro anni dopo la nascita di Mickey Mouse dalla penna di Walt Disney – quando l’editore fiorentino Giuseppe Nerbini dà alle stampe il primo numero del giornale (appena 8 pagine) e l’italianizzato 'Topo Linò arriva nelle edicole italiane. Un successo che continua ancora oggi, 80 anni e 2.973 copertine dopo. Otto decenni di fumetti, in cui il topo più amato delle strisce ha saputo raccontato storie sempre nuove, impersonando anche personaggi storici o divi del cinema.
da http://www.huffingtonpost.it/2012/10/30/

«Il segreto del successo di Topolino, che si rivolge ormai a tre generazioni, nonni, genitori, figli, è essere in grado di riuscire a interessare tutti con un linguaggio universale - spiega Valentina De Poli, direttrice del settimanale ora pubblicato da Walt Disney Company Italia (e prima da Mondadori) (RPT ora pubblicato da Walt Disney Company Italia e prima da Mondadori). I fumetti raccontano storie vere e in questo modo parlano di noi. Attraverso i personaggi, riusciamo a raccontare quello che succede nella società. In Paperon dè Paperoni che vessa Paperino, tutti possiamo riconoscere un professore o un superiore. Siamo tutti un pò Paperino».Il via ai festeggiamenti per la ricorrenza sarà dato dalla Walt Disney Company Italia a Lucca Comics and Games, in programma dal 1 al 4 novembre. Uno speciale compleanno festeggiato con tante sorprese, prima fra tutte il libro '80 anni insiemè: un volume celebrativo che, di decennio in decennio, ripercorre avvenimenti, episodi e curiosità che hanno fatto la storia
di Topolino e lo hanno reso un mito senza tempo.Per ogni decennio, poi, è stata selezionata la storia a fumetti più rappresentativa: si parte da Topolino giornalista, del 1935, fino a Paperino e il risveglio del silente, del 2000. Le dodici copertine più significative, quelle che hanno segnato i cambiamenti e l’evoluzione del giornale, saranno invece raccolte nel calendario Disney 2013 'Topolino anniversary'.


Il 26 dicembre, con il numero 2.979, uscirà in edicola il numero celebrativo, con Mickey Mouse protagonista di una storia dedicata alle storie dei fumetti.
ansa
Dopo la tappa a Lucca Comics and Games, i festeggiamenti per gli 80 anni di Topolino proseguiranno con la mostra 'Storie di una storià, in programma dal 15 novembre al 20 gennaio 2013 a WOW Spazio Fumetto – Museo del Fumetto, dell’Illustrazione e dell’Immagine animata di Milano. L’esposizione si propone di illustrare come la creazione del genio di Walt Disney si sia evoluta insieme ai suoi lettori. «E' incredibile passare di stanza in stanza e vedere cosa è cambiato in questi anni: tecnica, storie, tecnologia. L’ultima sala è riservata al passaggio di Topolino sull'iPad. Conoscere il passato è importante, ma dobbiamo avere anche un occhio al domani. E in questo modo potremmo festeggiare altri 80 anni. Di storie da raccontare ce ne sono sempre», auspica Valentina De Poli. 

29.10.12

storie diverse per gente normale , storie comuni per gente speciale

questa  canzone  m'aiuta   a  raccontare queste  storie



 infatti  è la  parafrasi   del ritornello  : <<  Storia diversa per gente normale /storia comune per gente speciale /cos'altro vi serve da queste vite /ora che il cielo al centro le ha colpite /ora che il cielo ai bordi le ha scolpite. >>  che  ho  scritto il titolo del post


La storia di Valentina: «Io, l'araba fenice»

a cura di: Alessandra Ghiani

Valentina Pitzalis (  foto a  sinistra   ) ventottenne di Carbonia, il 17 aprile del 2011 a Baccu Abis è miracolosamente sopravvissuta alla follia del suo ex marito, Manuel Piredda che, dopo averla attirata a casa sua con un pretesto, l'ha cosparsa di kerosene e le ha dato fuoco. Lui poco dopo si è suicidato con lo stesso metodo lasciandola con un viso e con un corpo martoriati, con dei ricordi che pesano come piombo, con una vita che deve riprendere da capo.
C'è una madre con i controattributi, un padre di una dolcezza non comune, una sorella ferma e attenta, una nonna sempre presente. Tutti ospitali e affabili, di quelle persone che ti sembra di conoscere da sempre pur non avendole mai viste prima. E poi c'è lei, Valentina, sopravvissuta all'inferno e sopravvivente alla devastazione della sua vita, che a un anno esatto dalla tragedia sorride celando tutta la disperazione di quella ricorrenza. 
Lei inizia a parlare, a raccontare, a descrivere nei particolari il momento che ha sconvolto la sua vita. E restare là ad ascoltare con la sola sensazione di essere davanti a una forza che non sembra nemmeno umana, è tutto quello che si può fare. Vedere un corpo tanto fragile, devastato da un gesto basso e diabolico ma mosso da un coraggio così grande, è destabilizzante.Mentre lei racconta con precisione il dolore e la sofferenza dell'incontro della sua pelle con il fuoco, le difficoltà per riprendere a vedere, a respirare, parlare e il primo impatto con la sua nuova immagine, le sue parole si scontrano con il pensiero dei problemi insignificanti di un'esistenza regolare.
Valentina non si riconosce allo specchio ma gioisce quando scopre di riuscire a muovere le dita della sua mano, l'unica rimasta. Valentina a volte cade in quella che lei chiama la suavalle di lacrimema nei suoi occhi c'è tutto un mondo che vale la pena scoprire. 
Ha la finezza d'animo, nonostante la rabbia enorme, di non oltraggiare la memoria di chi l'ha ridotta così. E se le chiedi cosa vorrebbe dire a tutte le persone che seguono la sua storia lei risponde: "Soltanto grazie, grazie a tutto questo affetto, grazie alla sensibilità delle persone che mi danno forza senza nemmeno conoscermi, grazie alla mia famiglia, ai medici e agli infermieri, ai miei amici che non mi hanno mai lasciato sola. Solo grazie, a tutti loro, ai miei angeli". 
Valentina vuole recuperare l'indipendenza che le è stata tolta, ha bisogno di tantissime cure e interventi oltre che di una protesi alla mano molto costosa. Chiunque volesse contribuire può farlo utilizzando il seguente IBAN: IT70B0101543850000070291480 intestato a Valentina Pitzalis e Matilde Basciu (sua madre). Info su Facebook a "Un sorriso per Vale"




Il pugile bambino verso Londra 2012

a cura di: Laura Puddu
Manuel Cappai (  foto a  destra  ) ha solo diciannove anni ma nel suo immediato futuro ci sono le prossime Olimpiadi, che disputerà con un primato già in tasca: è il pugile italiano più giovane in assoluto a partecipare alla competizione. Cagliaritano, figlio d'arte (il padre Fabrizio era un boxeur ed è stato campione d'Italia), andrà a Londra a luglio e combatterà per la medaglia d'oro nella sezione minimosca (categoria 49 chilogrammi). Con grande soddisfazione della Sardegna sportiva e della boxe sarda che, grazie a questo giovanissimo, sarà di nuovo rappresentata nei giochi sportivi più importanti al mondo, dopo ventiquattro anni. 
Sono bastati a Manuel poco più di tre anni per bruciare le tappe: la sua favola è cominciata nel gennaio del 2009, quando ha disputato il primo incontro. Sono seguiti dodici mesi di vittorie e di titoli conquistati. La prima convocazione in nazionale arriva nel 2010, ma solo come premio per aver vinto il campionato italiano a soli diciassette anni, perché non riponevano molte speranze in lui. Si sono dovuti ricredere, a suon di pugni. Quelli che Manuel ha dato agli avversari, sempre nel rispetto delle regole del gioco e col massimo della sportività. Poi il grande giorno: il diciotto aprile scorso ha ottenuto in Turchia la qualificazione alle Olimpiadi londinesi. E pensare che fino a quattro anni fa neanche gli interessava il pugilato, c'era solo il calcio che ha praticato per un decennio. Poi ha assistito a un incontro di Luciano Abis e qualcosa in lui è cambiato. Ha appeso le scarpette al chiodo e ha infilato i guantoni.. 
Furbo, freddo sul ring e sicuro di sé, Manuel pian piano ha convinto tutti, dimostrando di poter battere anche l'avversario più temibile. E' felicissimo perché sa che disputare un'olimpiade alla sua età è per pochi eletti e perché, con il suo traguardo, ha coronato anche il sogno del padre Fabrizio. Manuel quest'anno è diventato poliziotto e abita a Roma. In caserma si allena circa tre ore al giorno. Cinque quando è in ritiro con la nazionale. Le sue giornate scorrono poi accompagnate dagli hobbies, la musica, la fotografia e tanto sport, non solo boxe. Segue sempre il calcio, gli è rimasto nel cuore. E' tifosissimo del Cagliari e dell'Inter. In Inghilterra andrà concentrato, motivato e, come sempre, sereno. Darà il massimo e non avrà paura di nessun avversario. Noi speriamo che a Londra si comporti da (mini) mosca fastidiosa e ci dia delle grandi soddisfazioni.

L'ex pugile è diventato cuoco e combatte per la cittadinanza

a cura di: Laura Puddu

Bakkari nasce in Marocco nel 1972 ma dalla fine del 1993 vive in Italia. Arriva a Cagliari come atleta sportivo, perché è un pugile. Dopo una trentina di incontri, si rende conto che lo sport non basta per sopravvivere e si diploma alla scuola alberghiera di Alghero nel 1997. E' da allora che fa il cuoco nella nostra isola e, pian piano, si innamora sempre più di questa terra che considera la sua seconda casa. D'altronde, è arrivato che era un ventenne ed è cresciuto nel nostro Paese. Nel 2007 chiede la cittadinanza italiana. Per ottenerla, non basta avere posseduto sempre un regolare permesso di soggiorno, ma occorre che un extracomunitario risieda legalmente sul territorio da almeno dieci anni, insieme a un reddito sufficiente, all'assenza di precedenti penali e alla rinuncia alla cittadinanza d'origine (se è previsto). Bakkari ha risieduto in Italia durante il suo soggiorno (quasi sempre a Cagliari, esclusi cinque anni a Vicenza, ma poi è ritornato in Sardegna perché sentiva la sua mancanza). 
Non ha mai avuto nessun procedimento penale a suo carico, guadagna abbastanza bene e per quanto riguarda la cittadinanza d'origine, il Marocco consente ai suoi cittadini di acquistarne un'altra anche senza rinunciare alla loro. La risposta alla sua richiesta arriva a Novembre del 2011 e per Bakkari è una doccia fredda: niente cittadinanza. La motivazione? Sua moglie e sua figlia si trovano in Marocco, quindi per lo Stato italiano lui non è stabile al cento per cento. E, legato a questo, il reddito non sarebbe sufficiente. Perché  la sua famiglia non viene in Italia? La moglie purtroppo non può raggiungerlo, la mamma è paralizzata a una gamba e lei deve assisterla. E' molto dispiaciuto Bakkari perché, da quando è nel nostro Paese, lavora sodo, è sempre stato regolare e ha versato i contributi. E non può nemmeno pensare di tornare in Marocco. Innanzitutto, l'Italia gli piace e in particolar modo la Sardegna, cui è anche riconoscente. E poi sa che, se tornasse nel suo paese, non gli verrebbero restituiti i contributi versati all'Inps durante questi anni. Lui non si scoraggia e guarda avanti: ha intenzione di chiedere un finanziamento per aprire una sua attività. 
Spera un giorno che sua moglie e sua figlia possano raggiungerlo e si augura, nell'eventualità gli concedano il prestito, di dare un lavoro a chi in questi anni gli è stato amico e lo ha aiutato. Intanto, la speranza è l'ultima a morire: Bakkari si auspica che la cittadinanza gli venga presto riconosciuta per potersi sentire ancora più vicino al popolo italiano.


l racconto di Adil Fathi "Qui mi sento a casa"


a cura di: Claudia Sarritzu


Quando abbiamo chiesto ad Adil Fathi di raccontarci la sua storia la prima cosa che ha risposto è stata: «Devo essere onesto, sono molto imbarazzato, mi tormento alla ricerca di un senso alla vostra richiesta di parlare di me, perché non la trovo. Per due ragioni: la prima è che la mia storia non ha niente di straordinario, è uguale a tante altre storie di chi vive all' ombra della società italiana. La seconda ragione è più tosta e sta tutta in una domanda: da quando interessano i casi felici di immigrazione? Non fanno notizia, niente audience». 
Ciò che ha incoraggiato Adil a superare questo imbarazzo è il desiderio attraverso il suo racconto di far capire che il fenomeno dell'immigrazione in Sardegna è speciale e diverso da quello italiano. La sua storia si intreccia con quella del padre, piccolo artigiano che decide per avventura di immigrare nel1984 in Libia, lasciando dietro di sè quattro bambini e una consorte che non condivideva la scelta ma la rispettava per amore del marito. Un avventura che si rivelò fallimentare per diversi aspetti, specialmente dopo i bombardamenti degli Usa a Tripoli e l'impossibilità di inviare il denaro guadagnato onestamente. Ecco perché dopo tre anni circa decise di rientrare a Casablanca.
La madre dopo mesi di disoccupazione e incertezze, decide questa volta lei, di partire con i figli e il marito, lasciare il Marocco per sbarcare dall'altra parte del mediterraneo alla ricerca di una nuova prospettiva, l'Italia, "la nuova America" che però era percepita come inaffidabile «Per noi gli italiani non erano un porto sicuro nel senso che potevano cacciarci da un momento all'altro, almeno così si diceva in giro». Non costò solo il viaggio, dovettero pagare anche 50mila lire e una stecca di sigarette a persona al doganiere che altrimenti ti negava l'ingresso nel bel Paese. La prima avventura è stata sopravvivere lavorando nel commercio di biancheria con i fornitori che applicavano alla merce prezzi maggiorati e irragionevoli. 
Adil arriva in Sardegna nel 1989 all'età di 10 anni e per due anni frequenta la scuola senza avere il permesso dallo Stato che ci mette ben due anni a fornirgli la documentazione, questo grazie a un'insegnante che si era presa a cuore la situazione della famiglia. Oggi Adil Fathi ha 34 anni una laurea in Economia del Turismo conseguita a Bologna, una moglie due figli e l'identica situazione di precariato lavorativo che colpisce tanti giovani italiani e sardi. 
Dopo aver vissuto quattro anni a Londra ha deciso di stabilirsi definitivamente in Sardegna a Sassari ( piazza d'italia a sinistra ) con la sua famiglia perché l'integrazione che ha vissuto Adil è un'integrazione felice che ha reso sia lui che i suoi fratelli e sorelle non solo cittadini italiani ma sardi a tutti gli effetti. Dice Adil: «La Sardegna accoglie noi immigrati senza voler cancellare la nostra identità, ecco perché ci sono tantissime storie come la nostra di interazione e confronto positivo, dovete andare orgogliosi della vostra capacità di parlare e confrontarvi con gli immigrati instaurando rapporti di convivenza felici».



Si chiama Salvatore Parolisi, insultato su Facebook Vittima degli insulti un commesso olbiese che ha la sola colpa di chiamarsi come l’uomo condannato all’ergastolo per avere ucciso la moglie

 dalla nuova  sardegna  online del 29\10\2012

Su Facebook una pioggia di insulti, ma anche di richieste di amicizia, oltre 500. Ma il povero Salvatore Parolisi, cliccatissimo sul social network, non è l’uomo condannato un paio di giorni fa all'ergastolo per avere ucciso la moglie Melania Rea, ma è solo un povero commesso di 37 anni che lavora a Olbia. Un banale caso di omonimia che ha fatto finire sul patibolo virtuale il commesso, la cui unica colpa è di avere lo stesso nome e lo stesso cognome dell’uomo condannato un paio di giorni fa all'ergastolo  Tra loro nessun legame di parentela. «A me non interessano le vicende giudiziarie di quell'uomo – spiega Parolisi, l’olbiese –, ma vorrei essere lasciato in pace. Non è piacevole essere sommersi di insulti per colpe non proprie, per un puro caso di omonimia. Da alcuni giorni il mio profilo su facebook è stato preso di mira da migliaia di persone. Qualcuno si è convinto che sia io quel Parolisi e ha deciso di sfogarsi sul mio profilo. Chiedo a tutti maggiore rispetto». Per il povero Parolisi di Olbia un’odissea che per ora non sembra avere una facile soluzione. Complicato difendere il proprio onore virtuale nel mondo senza filtro della rete.

28.10.12

Diarrea china en la UE ( diarrea per prodotti alimentari che vengono dalla cina ) . a quando in italia ?


siamo  talmente  abituati a mangiare  cacca  






 che  non distinguiamo più il  cibo buono   dal cibo pessimo   e che  spesso  qualità-prezzo   non sempre  è  bene   come   dimostra  l'articolo  sotto riportato  , per la  nostra  salute  



Diarrea china en la UE
La invasión de alimentos baratos asiáticos dispara las alertas sanitarias en Bruselas
Una partida de fresas contaminadas acabó en comedores escolares alemanes




         Trabajadores de una fábrica de noodles (pasta) en Nanjie. / J. LEE (REUTERS)

Una nube negra pende sobre las ciudades del corazón de China; los camiones circulan a toda mecha por carreteras recién asfaltadas cargados de carbón de las minas y de vigas de hierro procedentes de las fundiciones de la zona. Mientras, en los campos acaba de terminar la recolección de la guindilla y el algodón; dentro de dos semanas le toca el turno al arroz. Y en abril al ajo. Miles de campesinas se afanan ahora poniendo la semilla que impulsará un crecimiento, extraordinariamente lucrativo, de las exportaciones de productos alimenticios. China ha inundado Europa de mercancía hasta el punto de acaparar mercados como los del ajo o la miel. Pero las primeras voces de alarma han surgido ya por el nivel de contaminación de algunos de esos alimentos y la falta de controles adecuados. Hace unas semanas, escolares alemanes sufrieron diarreas y vómitos tras devorar unas fresas de Qufu, la patria de Confucio.
El país donde ya se cose nuestra ropa, se ensamblan nuestros teléfonos inteligentes y se fabrican los juguetes de nuestros niños se lanza ahora a convertirse en un importante proveedor de comida. El valor de sus exportaciones de productos alimenticios casi se ha duplicado entre 2005 y 2010, llegando a alcanzar los 41.000 millones de dólares. Como comentaba un experto del ramo, “China ha entrado en este mercado de forma asombrosamente rápida e impetuosa”.
Pero como la imagen de esta nación de sueldos bajos no goza de mucho predicamento entre los consumidores, generalmente el ramo de los productos alimenticios calla acerca del origen de sus mercancías. Mucha gente empezó a tener claro qué porcentaje de la comida que tiene en el plato ha sido cosechada y producida en China cuando hace tres semanas miles de escolares del este de Alemania fueron víctimas de las fresas chinas contaminadas con norovirus.
Fabricantes chinos han vendido guisantes teñidos de verde, orejas de cerdo falsas o aceite de mesa usado Como siempre, China se ha adaptado rápidamente a las necesidades del mercado. Si antes llegaban a Alemania fundamentalmente especialidades, hoy en día existe un mercado en expansión de productos básicos baratos e ingredientes preelaborados, como, por ejemplo, las fresas cortadas en cubos de 10 kilos que fueron a parar a los comedores escolares alemanes.
Hay dos cosas que hacen de China un país muy interesante para los grandes consorcios como Nestlé, Unilever o Metro: el precio y las cantidades. “Naturalmente, también podríamos comparar nuestras cebollas y setas a 10 proveedores diferentes, pero eso supone un despliegue inmenso”, explica el director de un consorcio. Las empresas tienen que instruir, atender y controlar a cada uno de sus proveedores.
Las tierras de labranza chinas son inmensas, como lo es también la cantidad de mano de obra barata. “Cosechar fresas, lavarlas y cortarlas supone mucho trabajo porque apenas se puede utilizar ninguna máquina”, explica Félix Ahlers, director de la empresa de productos congelados Frosta. Por eso surtirse de fruta en Europa, como hace su consorcio, resulta caro. Pero hay fabricantes que solo tienen en cuenta el precio.
La variedad de la mercancía que ofrece China parece prácticamente ilimitada. Por ejemplo, el país se ha convertido en el mayor exportador de miel del mundo. Además, ha intensificado la fabricación de productos elaborados: los márgenes de beneficio en el mercado son aún mayores que los de las materias primas. Una parte considerable de las capturas mundiales de salmón se procesan en China para obtener, por ejemplo, salmón ahumado.
“El ajo se come en todas partes”, explica Wu Wiuqin, de 30 años, jefa de ventas de una empresa agrícola cuyo nombre, Success [éxito], es toda una declaración de principios. “Nosotros vendemos ajo en los cinco continentes”. Más del 80% del ajo comercializado en todo el mundoprocede de China. Wu dice que en las ferias de alimentación comprueba que ningún país del planeta puede medirse con ellos.

Pegatinas para el transporte de animales en China.
K. PFAFFENBANCH (REUTERS)
Con el tiempo, la patria del pato a la pekinesa ha llegado a producir también pizzas congeladas para el mercado mundial (por la quinta parte de su precio en Alemania). Este servicio de reparto de pizzas a escala mundial no resulta demasiado preocupante medioambientalmente. Según los cálculos del Instituto Ecológico de Friburgo, el transporte de productos congelados empeora poco el equilibrio ecológico. Por supuesto, “lo mejor es comer siempre productos locales y de temporada”, puntualiza Moritz Mottschall, miembro del Instituto Ecológico. Pero si uno tiene ganas de comer fresas en otoño, el suministro de 10 toneladas de mercancía por barco desde China produce unas emisiones de 1,3 toneladas de CO2. Ahora bien, si se acarrea en camiones esa misma cantidad de Alicante a Hamburgo se emiten 1,56 toneladas.
El mayor problema que entrañan los productos alimenticios chinos son las prácticas cotidianas de producción sobre el terreno: la carga de productos tóxicos debida al empleo de pesticidas o las dosis excesivas de antibióticos en la cría de animales, unido a veces a una total falta de escrúpulos. En 2008, un producto químico, la melamina, dañó la salud de 300.000 bebés. Los comerciantes chinos habían conseguido que la leche en polvo les cundiera más añadiendo este producto que, entre otras cosas, es perjudicial para los riñones.
Fabricantes chinos han vendido también guisantes teñidos de verde que pierden el color cuando se cocinan, orejas de cerdo falsas, col con una sustancia cancerígena como es el formaldehído y aceite de mesa usado, procedente de restaurantes, recogido en los desagües, reprocesado y vuelto a embotellar. El periódico estatal China Daily ha informado incluso de la existencia de huevos de gallina falsificados, cosa que solo resulta chistosa si uno está seguro de que jamás va a tener que comerse alguno.
En China, donde la gente no tiene esa seguridad, el activista Wu Hengse ha convertido en toda una estrella. La pasada primavera Wu leyó algo sobre un extraño polvo que los comerciantes añadían a la carne de cerdo para venderla como cara carne de vacuno. Decidió crear una página web con un mapa en el que se localizaban los escándalos de la industria alimentaria china a partir de la información facilitada por los medios de comunicación.
La supervisión de los productos vegetales es muy laxa. La mayoría llega a la UE sin pasar ningún control Zhou Li, docente de la Universidad Renmin de Pekín que investiga la seguridad de los productos alimenticios, ha observado que, antes, los propios campesinos también comían lo que vendían. Pero ahora, una vez que han tomado conciencia de las consecuencias perjudiciales de los pesticidas, abonos, hormonas y antibióticos, producen una parte de los productos agrícolas para el mercado y el resto lo cultivan a la manera tradicional para abastecer a su familia. Hay informes que hablan de terrenos de labranza acotados donde se cultivan los vegetales que adquieren los funcionarios de alto rango.
Es cierto que en 2009 el Gobierno chino introdujo una nueva ley de seguridad alimentaria y en 2010 creó una comisión de seguridad alimentaria. Además, en el futuro, los consumidores que denuncien prácticas ilegales recibirán una recompensa.
Ahora bien, con solo volver la vista hacia Bruselas queda claro que todavía hay muchas cosas que están manga por hombro. Allí, un sistema de alarma rápida para productos alimenticios y forrajes avisa a todos los países de la UE cuando aparece un producto contaminado. Pues bien, China tiene un protagonismo desproporcionado: este año, hasta el mes pasado, se contabilizaban en Bruselas 262 avisos referentes a productos chinos. Entre ellos había pasta infestada de gusanos, gambas contaminadas con antibióticos, cacahuetes malolientes o frutas escarchadas con un contenido excesivo de azufre.
Una explotación de fresas en Matou. /FANG DEHUA (AP)
Ulrich Nöhle conoce a fondo la producción de alimentos en China. Este profesor de química alimentaria trabaja desde hace muchos años como auditor por cuenta propia en China verificando la calidad de los productos para comerciantes alemanes. Dice que lo que se recibe de China es “lo que uno ha pedido previamente”. Se debe “especificar a los socios comerciales cómo deben criar o cultivar el producto o, por ejemplo, qué requisitos implica el sello bio”. Si uno se limita a encargar en China mercancías lo más baratas posibles, sin sujeción a controles de ningún tipo, es responsable de no recibir los productos esperados.
Una vez que los productos están en camino, apenas se efectúan más controles. En el puerto de Hamburgo, donde se desembarcan la mayoría de los productos alimenticios procedentes de ultramar con destino al mercado europeo, más del 15% de los envíos con productos animales y del 20% de las mercancías vegetales proceden ya de China.
Cuando se trata de pescado, carne, miel o productos lácteos, antes de la llegada de la mercancía el importador debe registrarla en la Oficina de Control Veterinario e Importación del puerto de Hamburgo y presentar la documentación de importación. A continuación, dicha oficina decide si la mercancía se puede introducir en el país sin examinar. Los contenedores precintados solo se abren en caso de duda. Entonces los veterinarios analizan si funciona la refrigeración y si la mercancía ha sido transportada a la temperatura adecuada. A partir de ese momento, las ulteriores inspecciones son competencia de las instancias locales encargadas del control de productos alimenticios que están más familiarizadas con los chiringuitos de comida rápida y las granjas que con los flujos globales de mercancías.



Una explotación de fresas en Matou. /FANG DEHUA (AP)

La supervisión de los productos alimenticios vegetales es aún más laxa. La mayoría de las veces llegan a la UE sin pasar ningún tipo de control, a excepción de un pequeño número de productos especiales que ya han resultado problemáticos en el pasado o están bajo sospecha actualmente, como cacahuetes, soja, arroz, pasta, pomelos y té.

Este control insuficiente dificulta también la investigación de las causas cuando surgen problemas. En casi la mitad de los 3.697 casos en los que la UE lanzó advertencias durante el año pasado, los defensores de los derechos del consumidor “no pudieron rastrear la mercancía hasta llegar a sus productores originarios”, explica Nöhle, el experto en China. Por lo menos sí se ha llegado a saber quién es el proveedor de las fresas contaminadas. Estas frutas fueron cultivadas, cosechadas y congeladas en la provincia de Shandong y embarcadas rumbo a Hamburgo por la empresa Foodstuff.
Una vez en Europa, la empresa de alimentos congelados Elbfrost, un intermediario, se hizo cargo de las 44 toneladas de fruta y pagó las tasas aduaneras. Un día después, la empresa transportó las fresas en camiones hasta Mehltheuer en Sajonia. El principal cliente de Elbfrost era Sodexo, una empresa internacional de catering con sede en Francia que gestiona 65 cocinas regionales en Alemania. Funcionarios del Instituto Federal de Valoración de Riesgos y fiscales de Darmstadt investigan ahora laboriosamente en qué lugar se contaminaron las fresas.
La gerencia de Elbfrost declara que no volverá a importar mercancías de China en el futuro. La empresa dice que no puede garantizar que los proveedores chinos envíen “mercancía de calidad impecable”. Pero si la calidad es dudosa hasta ese punto, ¿por qué Elbfrost hacía pedidos a China? Hasta ahora la empresa sajona no solo ha adquirido allí fresas, sino también setas y espárragos. Elbfrost afirma que se ve abocado a importar por el “precio económico” de las mercancías chinas. El año pasado Alemania importó más de 31.000 toneladas de fresas procesadas procedentes de China a un precio medio de 1,10 euros el kilo.
Las cadenas comerciales más grandes del mundo, Walmart, Carrefour, Tesco y Metro, pero también fabricantes como Coca-Cola, Unilever, Barilla, Campbell’s o Nestlé, han reconocido que no pueden fiarse ni de los proveedores ni de los controles estatales. Pero tampoco se pueden permitir poner en circulación productos alimenticios contaminados; eso supondría un perjuicio inmenso para su imagen. Por eso los grandes del sector se han unido en la Global Food Safety Initiative [Iniciativa Mundial para la Seguridad de los Alimentos] para desarrollar controles de calidad propios.
En general, China está plenamente capacitada para fabricar productos de alta calidad, explica un controlador de productos alimenticios de Hamburgo, “pero uno recibe lo que paga”.
Artículo firmado por Susanne Amann, Charlotte Haunhorst, Udo Ludwig,Maximilian Popp, Sandra Schulz, Andreas Ulrich y Bernhard Zand.

© 2012 Der Spiegel. Distribuido por The New York Times Syndicate. Traducción: Newsclip.
  

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El insípido ajo morado

VIDAL MATÉ
El sector agrario, la industria alimentaria y, a la postre, los consumidores españoles, tampoco han sido ajenos a los efectos de la avalancha de las exportaciones chinas de productos alimentarios. El hecho de ser España el principal productor de frutas y hortalizas de la UE, con unas exportaciones de unos 10 millones de toneladas y con unas producciones competitivas, debería haber supuesto una barrera para la invasión china. Pero no ha sido así.Uno de los productos más afectados ha sido el ajo. España es el principal productor comunitario, con unas 170.000 toneladas, de las que se exportan, aproximadamente, 65.000 toneladas. La invasión de ajos chinos en todo el mundo ha supuesto un freno a las exportaciones españolas. Tal ha sido su impacto, que en zonas donde tradicionalmente se cultivó el ajo morado autóctono de Las Pedroñeras, hoy se ha impuesto el llamado ajo chino, con un toque morado, de mayor tamaño, pero con un sabor muy inferior.En miel, la UE es netamente deficitaria, con unas necesidades de importación de unas 150.000 toneladas. En el pasado, ese hueco se cubría especialmente con miel argentina. Hoy, de ese volumen, más de 60.000 toneladas proceden de China. En España, la producción de unas 30.000 toneladas, este año mucho menos por la sequía, sería suficiente para las necesidades de la demanda. Hace varios años, Bruselas prohibió temporalmente la entrada de miel china tras encontrar restos de productos fitosanitarios prohibidos. Hoy se importa a unos precios de entre 1 y 1,20 euros el kilo, casi la mitad de lo que vale un kilo de miel nacional.
















indossare il riciclo il negozio d'artigianato di Cinzia Marroccu

"Dalle piccole cose nascono grandi cose". Così Cinzia Marrocu sul suo negozio-museo Domus de Janas. Dove lana, vecchie bottiglie e ombrelli rotti tornano a vivere in borse, lampadari e collane.



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LE ANIME BELLE ESISTONO E RESISTONO ... Lei si chiama Chiara Trevisan, ha 46 anni e di mestiere legge libri agli sconosciuti.

  da   Mauro Domenico Bufi    21 dicembre alle ore 11:05   il suo carretto carico di libri, frasi, parole, storie. In testa un buffo cappell...