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16.4.17

fanno più pena gli agnellini dei bambini che muoiono di fame \ dalla Da Berlusconi a Boldrini, la politica degli agnelli

leggi anche http://www.giampaolocassitta.it/meglio-un-giorno-da-pecora/




Premetto che   :  amo gli animali e  soffro nel vedere le sofferenze   degli allevamenti  sia intensivi   e non , ma essendo   cresciuto  (  soprattutto  da  padre  )   con avi  allevatori  e contadini   e  soprattutto    con la  cultura degli stazzi( I  II  )
quindi  ho  conosciuto    anche se  ormai  quasi  in decadenza   glki allevamenti naturali  di  maiali e galline  mi  è impossibile non mangiuare  la  carne  . Ma  in realtà   di  carne  ne mangio pochissima , ovvero quanto ne prescrive quella che  ormai  è quasi   scomparsa   la dieta meditteranea
,sopratutto (quando è possibile  ) d'allevatori\ locali a km zero e d'allevamenti   non intensivi.
 E  che   spesso  nel sonno  si  sente   : come Merry, il personaggio della Pastorale Americana di Philip Roth, perché cammina a zig zag per timore di schiacciare perfino le formiche.
Sto   con Francesco  Sanna  , vedere  in fondo  post  ,   che  ha  scritto  una lettera  alla  Boldrini 


Però poi arriva Pasqua e vedi tutti preoccupati per gli agnellini, mentre nessuno si fila la notizia pubblicata dai giornali di mezzo mondo dei venti milioni di africani che rischiano di morire di fame. Oggi. Subito.Viene da metterla insieme con i dati diffusi anche da Internazionale qualche giorno fa: ogni anno nel mondo si spendono 1.660 miliardi di euro per gli armamenti (gli Stati Uniti sono al primo posto con oltre il 30 per cento). Basterebbe un decimo di questa cifra colossale per rivolvere il problema della fame del mondo. E ancora meno per fornire un’istruzione adeguata a tutti i bambini del pianeta. Ormai non ne parliamo più. L’abbiamo accettato.Se vai a vedere su siti e social trovi molta più preoccupazione per la sorte dei cuccioli di pecora che per quella dei cuccioli di uomo. Bè, sì, allora preoccupiamoci degli agnellini. Ma prima magari dei bambini.
NON è la prima volta che gli ovili aprono le loro porte alla politica italiana, e segnatamente a quella legata a Silvio Berlusconi. Gli archivi fotografici conservano uno scatto realizzato più di vent'anni fa, che mostrava Veronica Lario nel parco di Macherio mentre giocava con i suoi tre figli, allora bambini, e due candide caprette. Ma certamente il video di un minuto e mezzo girato a favore della lega animalista dell'onorevole Michela Brambilla costituisce un salto di qualità. Innanzitutto non si tratta più di Macherio ma di Arcore e il padrone di casa vi compare personalmente, impegnato prima nell'allattamento di un agnellino (di cui poi si è conosciuto il nome: Fiocco di Neve) e poi in affettuosità varie verso lui e altri suoi consimili, affettuosità condivise con Francesca Pascale e con la stessa Brambilla. Il messaggio si lega alla Pasqua e intende scongiurare il sacrificio tradizionale dei piccoli ovini, votati non a qualche dio pagano ma ai nostri terreni appetiti. Alla politica non una parola o un'immagine allude lontanamente; eppure ogni dettaglio è perfettamente e compiutamente politico.








Berlusconi scende in campo per difendere gli agnelli dal pranzo di Pasqua


Ieri è stata poi l'onorevole Laura Boldrini a compiere un gesto analogo, facendosi raggiungere addirittura nel suo studio di presidente della Camera dei Deputati da due pecorelle da lei adottate (sia pure a distanza). Le ha battezzate Gaia e Gioia per interpretarne la soddisfazione di essere scampate al macello pasquale, grazie all'alto patrocinio parlamentare.





Boldrini adotta due agnelline: "Le chiamerò Gaia e Gioia perché sono state fortunate"

Tocca così affrettarsi ad aggiungere un paio di specie alla già popolosa Arca di Noè della politica italiana, coi suoi tacchini, le mucche, gli storici cavalli di razza, i gufi. "He's an animal", ha detto sempre ieri Donald Trump riferendosi al tiranno siriano Bashar al Assad: in Italia sarebbe potuto suonare a complimento. Sinora l'Animal House nazionale ammetteva specie ovine e caprine solo in accezioni ingiuriose: pecore, per mancanza di coraggio; pecoroni, per vocazione gregaria; capra, per la stolida ignoranza che Vittorio Sgarbi è solito attribuire, a ripetizione, a chi gli pare meritarselo. Dagli agnelli ci si è sempre tenuti abbastanza lontani, certo anche a causa di quella stessa omonimia che già fece ritenere opportuno tradurre come Il silenzio degli innocenti il best-seller che in originale si intitolava The Silence of the Lambs. Il doppio coming out pasquale di Berlusconi e Boldrini non chiama però in causa omonimie o usi traslati di nomi di specie animali. No, qui si tratta proprio di esemplari in carne e ossa ed è esattamente questione di salvarne quella carne e quelle ossa.
Si potrebbe anche dire che questa è la politica che bruca lo schermo. Innanzitutto ci si adegua alla voga animalista e si getta un ponte verso le tendenze vegetariane, quando non vegane, che non sono maggioritarie ma si manifestano con grande attivismo. In secondo luogo ci si rappresenta come persone di cuore, capaci di accantonare i pensieri più gravi per coltivare un'armonia non facile né comune, almeno per i politici, con la Natura. In terzo luogo, nel mondo caleidoscopico di Facebook, Twitter, Instagram la photo opportunity fornita dalle ammirevoli bestiole non va certo sprecata: sono immagini che vengono molto bene.
Giungendo qualche giorno dopo il video di Arcore, l'iniziativa di Laura Boldrini risulta un poco svantaggiata. Il colpo vero lo ha messo a segno Berlusconi, ponendo sé stesso in una cornice più adeguata ai tempi attuali. Come già nella precedente foto al McDonald's, non appare più circondato dallo sfarzo. È certo nella sua villa, che modesta non è; ma qui non è più faccenda di elicotteri, pregiate opere d'arte, mobili d'epoca. Nel video, il lusso consiste nel possedere un prato, un parco in cui i suoi nuovi agnelli potranno pascolare. In modo pressoché subliminale, inoltre, Berlusconi si trova anche in un contesto di femminilità famigliare, fra l'amica di anni e la giovane compagna (la cui immagine era peraltro da molto tempo assente dalla scena pubblica): rapporti consolidati, affettuosi, normali, tali da far sbiadire, se non cancellare, le immagini del passato, tanto scabrose quanto le presenti sono morbide, avvolgenti.
Pasqua è infine tempo di sorprese e dai commenti che il video ha suscitato si è visto come ci sia ancora gente che si sorprende di quanto Berlusconi sia capace di sorprenderci (specie quando all'orizzonte si prospettano elezioni). I social network si sono riempiti, per ridere, di vecchie fotografie che ritraevano Berlusconi assieme all'avvocato Agnelli, in un vortice di ripetizioni tale non solo da stordire ma addirittura da portare ad ammirare nel video originale qualità che vi erano, invero, del tutto assenti: genuinità e schiettezza. A paragone con la meccanicità della battuta coatta, che ottiene l'effetto paradossale dell'"originalità di massa", sembrano "naturali" persino la dolce musica minimale, l'erba di Arcore, gli indumenti informali e però eleganti dell'anziano ex premier e della sua giovane compagna, la voce sorridente dell'onorevole Brambilla. E non è senza un certo sgomento che si soppesa un pensiero: quello per cui tutto ciò che Berlusconi ha costruito nella vita, dal quartiere di Milano Due a quest'ultimo video (passando per il Milan, i suoi partiti, le canzoni con Apicella, le linee di difesa ai processi, gli interventi televisivi), è sempre stato progettato con accuratezza in modo che apparisse, anziché "costruito ", "naturale", e al massimo grado. Con un pensiero complementare: che ogni contromossa dei suoi avversari è sempre apparsa invece goffa, meccanica, seriale e "costruita" anche quando era una reazione spontanea e istintiva. Prima che i successi, i soldi, il potere, l'energia combattiva, a Berlusconi i suoi avversari dovrebbero invidiare la principale qualità: la naturalezza dei suoi studiatissimi artifici.


Redazione ANSACAGLIARI 13 aprile 2017 19:27 NEWS

Pastore a Boldrini, agnelli? Pago studi
Lettera-appello su Fb dopo adozione due pecorelle alla Camera


 © Copyright ANSA
E se la presidente della Camera, Laura Boldrini, dopo gli agnelli ricevesse nel suo ufficio di Montecitorio anche il loro allevatore? La proposta è del deputato del Pd e candidato alla segreteria del partito in Sardegna, Francesco Sanna, che attraverso il suo profilo Facebook veicola la lettera di un pastore, Fortunato Ladu, rivolta alla terza carica dello Stato.
"Mai avrei pensato che proprio in un periodo nero per la pastorizia sarda, lei, dall'alto del suo ruolo istituzionale, potesse danneggiare la mia attività di pastore sardo con affermazioni e azioni tendenti a salvare due agnelli dalle grinfie del terrore", scrive Ladu. Ieri Boldrini, felice "per averle salvate dalla macellazione", ha "ricevuto" alla Camera la visita di Gaia e Gioia, le due pecorelle che ha deciso di adottate a distanza. "Adottare un agnellino significa salvargli la vita", ha sottolineato la presidente. Specialmente alla vigilia di Pasqua.  Ma c'è chi, grazie agli agnellini, è riuscito a far studiare i figli.



Per  concludere    condivido  , vedi url   sopra  ,  quanto  scrive lo scrittore Giovanni Cassitta
in meglio-un-giorno-da-pecora




















15.4.17

DAL NOSTRO LIVELLO © Daniela Tuscano

L'immagine può contenere: spazio al chiuso
La notte oscura? Per me, dura da sempre. Non ho luce e mi ostino a cercarla. No, non credo. Non credo davvero che, oltre quella soglia, risorgeremo. E mi chiedo il motivo di questa incredulità. Perché sono nata nel Novecento, perché sono occidentale, perché ho l'abitudine a razionalizzare, perché vivo senza grossi problemi, perché sto ancora bene...
 Ma in realtà, in ogni latitudine, in qualsiasi situazione, gli umani tremano di fronte al sepolcro.
È così. E non solo così. E non mi basta così. La presenza la sento. Ma, in quel momento, proverò dolore ,nostalgia. O forse la vita mi sarà diventata insopportabile,prospettiva ancor peggiore, tanto è innaturale e sciagurata. Come è successo a Davide Trentini, il malato di Sla che ha scelto la Svizzera per praticare l'eutanasia (il materialismo neo laico non si stanca d'incoraggiare queste decisioni...). Come le donne straziate dai loro compagni, mariti, fidanzati, amici, eterne crocifisse senza riscatto. O come i bambini d'Aleppo, i quali, però, al cielo credono e, quando invocano la morte, vogliono solo vivere. Nel cielo cercano una terra vera, piena, un gioco, una materiale ed eterea gioia. I fanciulli sono il riassunto di tutto, carne e nuvole. 

Non ho luce, ma dei testimoni sì: questi bambini, chi resiste, chi non ce la fa ma lascia un sorriso di speranza. 

Oggi è il giorno dell'assenza. Il giorno della discesa negli inferi, nel silenzio delle viscere. Però c'è questo tabernacolo aperto, che è anche abbraccio. E queste parole del Papa: "Non dimenticate la carne di Cristo che è la carne dei rifugiati, la loro carne è la carne di Cristo", chiasmo accludente, roccioso e perenne, grazie a cui vengo sospinta oltre me, oltre il mio livello, la mia miscredenza, malgrado tutto e irripetibilmente. Fin quando ci sarà sete di giustizia, saremo obbligati a risorgere.

                                              © Daniela Tuscano

"Boicotta i negozi stranieri". Il marchio dei razzisti sulle saracinesche di Roma"Boicotta i negozi stranieri". Il marchio dei razzisti sulle saracinesche di Roma I cartelli affissi a Tor Bella Monaca contro i negozi gestiti da stranieri Blitz in periferia di Azione frontale, sigla di ultradestra nata da Forza Nuova. I commercianti: "Inutile fare denuncia, tanto qui non viene nessuno"



le nuove leggi razziali .  In questi  giorni si  è ritornati    indietro  di quasi  80 anni  , cioè  al tempo delle leggi razziali     volute  dal fascismo

Risultati immagini per leggi razziali italiana


In fatti  leggo   da repubblica    del 15 aprile 2017



"Boicotta i negozi stranieri". Il marchio dei razzisti sulle saracinesche di Roma affissi a Tor Bella Monaca contro i negozi gestiti da stranieri
Blitz in periferia di Azione frontale, sigla di ultradestra nata da Forza Nuova. I commercianti: "Inutile fare denuncia, tanto qui non viene nessuno"

di MAURO FAVALE


ROMA. Hajia viene dalla Nigeria, è in Italia dal '96, sposata con un romano. Insieme hanno quattro figli e vivono tra Torre Angela e Tor Bella Monaca, periferia est della capitale. Il suo salone, specializzato in acconciature afro-cubane, lo hanno "marchiato" di notte con un cartoncino attaccato sulla saracinesca. Un foglio spesso con una scritta a caratteri neri su sfondo bianco: "Boicotta i negozi stranieri, sostieni le attività commerciali italiane del tuo quartiere".
Sopra, lo slogan "Aiuta il tuo popolo". Sotto, la firma "Azione frontale", sigla dell'estrema destra attiva a Roma, nata da una costola di Forza Nuova. La stessa sorte capitata ad Hajia è toccata, due notti fa, anche a un ristorante cinese, a una macelleria romena, a un centro estetico orientale: esercizi commerciali attivi in quest'angolo di periferia che dal centro dista una ventina di chilometri, famosa per il pessimo stato delle sue strade (voragini e rattoppi sono il biglietto da visita del quartiere) e nota alle cronache per essere una delle principali piazze di spaccio della capitale, teatro a giorni alterni di blitz antidroga.
I manifesti sono comparsi su alcune saracinesche nel quartiere della periferia romana. Il foglio spesso con una scritta a caratteri neri su sfondo bianco: "Boicotta i negozi stranieri, sostieni le attività commerciali italiane del tuo quartiere". Nel mirino di "Azione frontale", sigla dell'estrema destra, nata da Forza Nuova, alcuni negozi gestiti da immigrati: dal centro estetico orientale al ristorante cinese, passando per la macelleria romena.


Qui, in questo Municipio, si registra il reddito pro-capite più basso della città e la dispersione scolastica più alta. È in questo contesto che i fascisti di Azione frontale ("Per noi è solo un vanto se ci definiscono così", assicura Ernesto Moroni, poco più di 30 anni, il loro leader) hanno deciso di farsi pubblicità come già avevano fatto due mesi fa, sempre con striscioni e cartelli minacciosi che avevano portato all'annullamento della tappa romana del tour di Bello Figo, il rapper di origini ghanesi che prende in giro gli stereotipi sugli immigrati. Nel 2014 avevano spedito teste di maiale alle comunità ebraica.
Stavolta nel mirino finiscono gli esercizi commerciali gestiti da stranieri perché, affermano, "in un periodo di crisi senza fine sostenere le attività italiane è di fondamentale importanza non solo economica ma anche per riscoprire il valore dell'unità di popolo ". "L'essere razzisti, però - racconta Moroni al telefono - non ci appartiene, la nostra è stata un'azione prettamente commerciale ". "Ammazza che deficienti", è la reazione di Marzia, 21 anni, la figlia di Hajia. Seduta tra gli specchi del salone di sua madre racconta con una perfetta calata romana che uno dei giovani di Azione frontale lo conosce pure: "Abbiamo fatto le materne insieme. Sua madre ha incrociato mia mamma e si è scusata per il comportamento del figlio". Marzia studia giurisprudenza a Tor Vergata, alle comunali non ha votato Virginia Raggi (una delle poche in un municipio in cui la sindaca M5S ha sfiorato l'80%) e la prende a ridere: "Vuoi boicottarmi? Apriti il tuo negozio e fammi concorrenza", dice.
Sua madre, al contrario, ha poca voglia scherzare. Ma a denunciare non ci pensa proprio: "Per queste cavolate? E poi, pure se lo faccio, qui prima che arrivi qualcuno passa una vita". Rassegnati e con poca speranza: "Mi difendo da sola, preferisco. Se pure ti dico che qui ho qualche problema, poi che fai, mi aiuti te?".
Duecento metri più avanti, c'è la macelleria Carni Transilvania. Sul muro tra le due vetrine è stata disegnata una svastica. "Ma sta qui da anni, non è nuova", spiega Almamun Mdabdul, 37 anni, del Bangladesh, il titolare. Qui di romeno c'è solo il riferimento alla Transilvania e i due macellai che ci lavorano. Almamun è il titolare, dal 2011 in Italia. Per il locale, marchiato l'altra notte da Azione frontale, paga l'affitto a un italiano. "Apro alle 8 del mattino e vado a casa alle 8 di sera", racconta. A denunciare non ci andrà nemmeno lui. La sua clientela, spiega, è soprattutto straniera: "Romeni e indiani". Italiani? "Una signora di sessant'anni che viene a comprare il pollo. Gli altri la carne la prendono al supermercato".
Intorno, tra palestre, pizzerie al taglio, negozi di telefonini e bar, il quartiere si prepara alla Pasqua senza curarsi
troppo del "marchio" di Azione frontale. Su Facebook la pagina del gruppo è stata oscurata ieri dopo le segnalazioni: "È una cosa assurda - racconta il leader Moroni - ma noi abbiamo le spalle larghe. Quello dell'altra notte è stato un piccolo atto d'amore per il popolo italiano". Ed è con questi slogan che ormai da mesi le sigle dell'estrema destra romana hanno ripreso la loro propaganda: nel mirino, come sempre, gli stranieri.


Tal  comunicato preda   dalla dalla  fogna  (   con rispetto parlando delle  fogne 😁😀 perchè spesso  posso essere  anche  simbolo di libertà vedi  il romanzo  li miserabili  di V. Hugo )   di   http://www.azionefrontale.it 



SOSTIENI LE ATTIVITA' ITALIANE, BOICOTTA I NEGOZI STRANIERI!
SOSTIENI LE ATTIVITA' ITALIANE, BOICOTTA I NEGOZI ...
Nella notte abbiamo affisso delle locandine sui negozi stranieri del nostro municipio (VI- Roma "Le Torri") in un periodo di crisi senza fine sostenere le attività italiane del tuo quartiere è di fondamentale importanza non solo economica ma anche per riscoprire il vero valore dell'unità di popolo, per dimostrare che gli italiani non sono schiavi asserviti al potere o un popolo che rimane indifferente difronte all'invasione che stiamo subendo in questo momento storico, ma cittadini legati al proprio territorio che faranno di tutto per difenderlo.
Questo è solo un piccolo gesto per l'economia e la rinascita dei nostri quartieri, ma è un piccolo atto d'amore per tutto il popolo italiano.#AzioneFrontale





oltre ad essere,  ma fin  qui  niente d'eccezionale  trattandosi  di movimenti  o gruppi di  estrema  destra ma  anche  no  , intriso di :  Xenofobia , razzismo , odio  e becero nazionalismo   esso  è contraddittorio  ed  a senso  unico  perchè  se proprio    si  vogliono  sostenere   le. attività   italian  " nostrane  " dovrebbe  invitare    a  boicottare  le  grandi catene   di vendita    non solo alimentari ormai in mano alle multinazionali europee  e  non solo





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La storia di Uber Pulga, un 'Partigiano in camicia nera'



Leggi anche  
http://www.ultimavoce.it/partigiano-camicia-nera-uber-pulga/



Risultati immaginichi sa  come avrebbe reagito Davide  Lajolo  autore   de  il  voltagabbana  (  foto al lato  )     sua esperienza  autobiografica   che ha  passato una  cosa simile  a  questa  storia   intensa e drammatica di un travaglio che non è solo umano e personale, è quello di un intero paese. Di una generazione  di giovani   che  conobbe  solo il fascismo   e che   si trovò  in crisi  , quando esso si rivelò traditore  ,  e  soprattutto   quando   la storia  ( il 25 luglio e  l'8 settembre  del  1943  ) lo condanno  e  ne svelo'  gli inganni  . 



Uber, la spia fascista che divenne partigiano eroe della Resistenza
L’esordio letterario di Alessandro Carlini debutta domani «Cambiò idea dopo una stretta di mano con Mussolini»



Negli anni ’50 forse sarebbe finito in prigione, mentre negli anni ’70 sarebbe stato gambizzato Alessandro Carlini se avesse pubblicato un libro del genere: “Partigiano in camicia nera. La storia vera di Uber Pulga” (ed. Chiarelettere, 2017), da domani in libreria. Oggi è stato scritto ed è una conquista del pensiero democratico. Nella ricostruzione dei fatti l’autore non perde l’equilibrio. D’altronde, l’opinione sul protagonista cambia nel giro di pochi chilometri, coinvolgendo tre province vicine. A Mantova compare tra i Caduti della Liberazione. A Felonica, sopra l’ingresso del Comune, svetta una lapide in cui il primo inciso è lui. A Reggio Emilia, invece, è rimasto la spia che per anni i partigiani cercarono con la bava alla bocca. L’uomo che fece uccidere due di loro. Infine, a Ferrara, ci sono i suoi discendenti.

(....  continua  qui 
<<  Partigiano e fascista: oggi Uber Pulga è ricordato così. Com’è possibile? La storia di quest’uomo straordinario, raccontata da Alessandro Carlini con grande trasporto e la forza di un coinvolgimento personale e familiare, rappresenta un’occasione unica per tuffarsi e rivivere i conflitti e le contraddizioni di anni funesti come quelli della Seconda guerra mondiale. Nato nel 1919 a Felonica, in provincia di Mantova, Pulga sceglie il fascismo, si arruola, è addestrato al controspionaggio in Germania e inviato a Reggio Emilia come infiltrato in un gruppo di partigiani. Sarà promosso sul campo dallo stesso Mussolini che vorrà incontrarlo di persona. Spia e disertore, pluridecorato di Salò ed eroe della Resistenza, Uber Pulga è un uomo senza bandiere se non quella della propria coscienza. 
coscienza tormentata, mai pacificata, che lo porterà a vivere la delusione e il distacco dal fascismo ma non, come molti, cambiando casacca a guerra ormai persa
Libro Partigiano in camicia nera. La storia vera di Uber Pulga Alessandro Carlini
 I documenti che l’autore di questo libro ha raccolto in anni di ricerche sul campo restituiscono l’immagine di un fuggiasco che aiuterà la causa partigiana senza smettere la camicia nera. Un partigiano in camicia nera, giustiziato per tradimento dai suoi stessi camerati repubblichini all’alba del 24 febbraio 1945. >> ( da  https://www.ibs.it/
) . La sua è la storia intensa e drammatica di un travaglio umano narrata con impeto e l’ardore di un coinvolgimento personale da Alessandro Carlini, giornalista dell’Ansa e scrittore, il cui nonno, Franco Pulga, era cugino di Uber.
 << (.... ) E proprio dal nonno  >>  come afferma TITTI FERRANTE in   questa recensione   di  http://www.glistatigenerali.com <<Carlini trae la volontà di fare memoria della complessa vicenda di Uber, raccogliendo documenti, testimonianze, atti e tutto ciò che poteva servire per ricostruire il profilo di un fuggiasco che aiuterà la causa partigiana senza togliersi la camicia nera. >>
Partigiano e fascista. Oggi Uber Pulga è ricordato così. Com’è possibile? La storia di quest’uomo straordinario, raccontata da Alessandro Carlini con grande trasporto e la forza di un coinvolgimento personale e familiare, rappresenta un’occasione unica per tuffarsi e rivivere i conflitti e le contraddizioni di anni funesti come quelli della Seconda guerra mondiale

concludo  riportando quest'ultimo articolo  della  http://gazzettadimantova.gelocal.it/


(.....) «Questo testo racconta la storia di un uomo che non c’è più e che ha pagato le sue scelte con la vita - ha detto Carlini -: il libro è nato per dare voce a questa persona». La storia racconta la vicenda umana di Uber Pulga, originario di Felonica, fascista convinto, arruolato prima nel regio esercito e poi in quello della Repubblica sociale; infiltrato tra i partigiani negli ultimi mesi di guerra, decide di aiutare la Resistenza.Carlini ha ripercorso la trama del suo libro soffermandosi su alcuni punti, in particolare ha posto l’accento sul travaglio interiore di Uber e sul percorso che lo ha portato a fare una scelta di campo che gli costò la vita. Uber, infatti, fu addestrato dal reparto dei servizi segreti delle Ss in Germania e poi usato come infiltrato tra i partigiani in provincia di Reggio Emilia. «Uber passa tre mesi con i partigiani - spiega Carlini - loro sono diffidenti e parlano in dialetto, ma essendo lui di Felonica, lo capisce perfettamente. Li spia, ma nel frattempo ascolta i loro discorsi: li assorbe. Qualcosa cambia in lui, comincia a porsi domande e sorgono in lui dubbi sulla Germania e sulla Repubblica sociale, fino al punto di passare dall’altra parte».Durante la presentazione, Carlini ha parlato anche delle ricerche e dei documenti che ha recuperato per scrivere il suo libro. Poi ha lasciato spazio al pubblico che si è dimostrato molto curioso e interessato al tema, con diverse domande. La presentazione è stata ospitata nel Museo della seconda guerra mondiale e assieme a Carlini c’erano il direttore Simone Guidorzi e il sindaco di Felonica Annalisa Bazzi.Il libro è nato dai racconti di Franco Pulga, abitante di Felonica, nonno dell’autore e cugino di Uber. Carlini, sulla base delle memorie del nonno ha fatto un’attenta ricerca documentale, recuperato atti inediti e testimonianze e ha ricostruito l’avventura di quest’uomo che si è trovato, come tanti altri in quel periodo a dover fare una scelta di campo.(..... continua qui )




























14.4.17

mafia a volte lo stato si ricorda e s'impegna d'aiutare chi denuncia il caso delle tasse di Mauro Esposito l'imprenditore che denunciò la 'ndrangheta nel nord ovest e d altre storie

 da  repubblica  del 13\4\2017
Torino, il fisco "congela" nove anni di tasse all'imprenditore che denunciò la 'ndrangheta


Mauro Esposito

Mauro Esposito, testimone chiave del processo "San Michele" alle cosche del Nord Ovest, aveva accumulato un milione di debiti. Ora commenta: "Boccata d'ossigeno per me e i miei dipendenti"

di CARLOTTA ROCCI

Mauro Esposito non dovrà più pagare pagare le tasse arretrate all’agenzia delle entrate. L’imprenditore di Caselle che aveva avuto il coraggio di denunciare le minacce subite dalla ‘ndrangheta e si era costituito anche parte civile nel processo San Michele, ha vinto la sua battaglia contro il fisco in una vicenda che in tanti avevano definito assurda. Il debito con l’erario e con Inarcassa ammontava a circa un milione di euro, soldi che Esposito non aveva potuto pagare proprio perché stritolato dalle cosche. Eppure l’Agenzia delle Entrate aveva sostenuto che le minacce della ‘ndrangheta non costituivano una “causa di forza maggiore” tale da giustificare il mancato pagamento. Una situazione che aveva spinto Esposito a fare appello anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Nel frattempo sono arrivate 17 condanne nel processo San Michele. Ora, in accordo con la Procura che già in ottobre aveva deciso una "tregua fiscale" di tre anni,, l’Agenzia delle Entrate ha sospeso il debito di Esposito a partire dal 2011 fino al dicembre 2019. Tutte le sanzioni e le more sugli importi già rateizzate sono state annullate. Per l’imprenditore e architetto, che era arrivato a un passo dal fallimento, è una "boccata d’ossigeno per me, la mia azienda e i miei dipendenti" che gli permetterà di riprendere in mano le redini della sua "Me Studio". L’udienza per il pignoramento della ditta era già stata fissata per il 15 maggio.
La vicenda di Esposito inizia quando l’architetto viene nominato direttore dei lavori di un maxicantiere a Rivoli. Il lavoro viene acquisito dalla società Rea di Nicola Mirante, uno degli imputati poi condannati nel processo San Michele. Era stato lui a fare pressioni su Esposito fino a minacciarlo per fargli approvare delle varianti nel progetto che avrebbero fatto
lievitare i costi. Esposito rifiuta e la sua presa di posizione gli costa il posto, poi denuncia tutto e parte il procedimento penale, ma accanto a quel filone si apre un procedimento civile che vede lo stesso Esposito colpevole di aver violato le normative di una vecchia legge secondo cui le società di ingegneria non potrebbero lavorare per i privati. Esposito perde la causa e accumula un debito di circa un milione di euro. Un debito che avrebbe potuto schiacciarlo definitivamente.





sempre dalla stessa fonte



I veleni di una finta Antimafia
di Stefano Esposito


Stefano Esposito - Senatore del Partito Democratico

Immaginate l’Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti di Italo Calvino. Aprite gli occhi e sentirete come anche il ruggito del mare, imprigionato in un muro di cemento, gridi e parole che nessuno ascolta. Mafia. Ostia è un mondo capovolto.
In quel pezzo di Roma dimenticato da tutti, nulla è come appare. L’emblema di quanto succede a 22 chilometri dal centro di Roma si riassume nell’ultima, scandalosa, manifestazione: una fiaccolata contro la proroga del commissariamento per mafia. Solo il X°Municipio riesce a negare confini storico-culturali: Sinistra italiana che sfila insieme a Casapound che sfila assieme al clan Spada, ai quali poi si uniscono squallide categorie di finti paladini dell’onestà.
Il paradosso di Ostia sono proprio loro, le false associazioni antimafia, ovvero personaggi dai legami inquietanti (che ho denunciato in una lunga e dettagliata relazione consegnata nelle mani del presidente della Commissione parlamentare Antimafia) che in quel territorio tengono in piedi sei diverse associazioni diverse. Si occupano di tutto, loro: urbanistica, antimafia, comitati sulla salute pubblica. Strizzano l’occhio ai clan, dileggiano chi combatte davvero su quel territorio per il ripristino della legalità, puntano al potere politico che - per ben due volte - le urne hanno loro negato. Un centinaio di voti alle ultime amministrative e un veleno diffamatorio quotidiano contro chiunque lotti contro le famiglie malavitose. E contro le categorie che hanno imprigionato il mare di Roma. Anatemi, ricatti, dossieraggi e uno stillicidio quotidiano di bugie contro il loro nemico: la legalità.
Eppure si professano paladini dell’antimafia e qualcuno (come i clan) si appoggia alle loro menzogne per isolare e denigrare chi mette loro i bastoni tra le ruote.
Impossibile capire Ostia per chi lì non ne ha respirato l’aria. O toccato con mano cosa è capace di fare la stampa locale per favorire la criminalità, in combutta con quelle finte associazioni e qualche piccolo personaggio politico locale che, pur di avere un giorno da leone, prende per buone verità capovolte. Capovolte sì, come è capovolta una realtà. Dove i cattivi si nascondono sotto l’abito dei buoni e tutti vivono felici e contenti. Con la loro sporca coscienza.


UN COMMENTO

Maria Calabrese 13 aprile 2017 alle 13:07


Finta Antimafia? Cioè mafia! Se faccio il palo durante una rapina, sono criminale tanto quanto chi ruba, perché permetto, lavoro, collaboro, rendo fatto, azione, il crimine. E spesso leggiamo, sentiamo tutto e il contrario di tutto. A chi credere, se, chi in cui tu credi, dice il falso, permette l'omertà, lascia fare il peggio e l'impossibile? Ci sarà un perché. Si chiama convenienza. E ho deciso da un po' di disotterrare la penna, ora consapevole del dono che ho ricevuto, perché ho avuto la gioia di incontrare, conoscere chi "sa trasformare i deserti in foreste", come ha detto loro il magnifico Papa Francesco, il 4 febbraio in Udienza, in Vaticano. Se amiamo ciò che facciamo, saremo, siamo contagiosi. Incontrare su Avvenire le parole di Luigino Bruni, è stato straordinario. Non avevo minimamente idea di chi fosse, a dicembre. Ma quando ti sai spiegare così bene, con sapienza infinita del cuore, e parlando di soldi, come continuo a leggere, impari, leggendo, che non puoi stare zitta, non puoi lasciare perdere, non puoi stare a guardare. Il bene non fa rumore. Il male sí, e parecchio. Per questo sto scrivendo, per condividere il desiderio infinito di bene, solo di bene. Se avessimo autentica attenzione all'altro,tutti, tutt'insieme... pensate che "effetto domino" immediato! Non possiamo "asciugare il mare, con un bicchiere, da soli". Gli "Uomini Soli", Giovanni Falcone e Paolo Borsellino ce lo hanno già insegnato.

chi disegna sui muri è solo un vandalo ma abbellisce la città e gli spazi grigi . la storia di " Solo " lo street artist del Trullo che conquista il mondo con i supereroi

Non si fa vedere in volto e il suo marchio distintivo sono i supereroi, dipinti sui muri delle città. Solo ha 35 anni, ed è cresciuto nel quartiere Trullo di Roma. Dai primi disegni di quando era bambino ora è uno degli street artist italiani più conosciuti al mondo



In .....  a  che  dice   che    chi   fa  "  graffiti   " sia  un vandalo o  uno  che  deturpa  e  basta  .

“Ero un uomo violento e pensavo: non è colpa mia”

lo  so che  andrò contro le  femministe     con  il post  d'oggi  , ma   fra  gli stalker  ed  i violenti     c'è  anche  se    una piccola percentuale   casi come   quello   che riporto    qui  sotto  . Prima  d'iniziare il post     faccio delle  precisazioni  :
1)  non sto  giustificando  , ma cercando di capire  cosa  spinge  noi uomini a comportaci cosi
2)   condanno sempre  la  violenza     contro le  donne  e non solo
3 ) il dialogo fra  generi  e  l'educazione all  diversità fin dall'asilo  \  scuola materna   supera  ogni confine  ed  aiuta  tantissimo

  da   http://www.associazionelui.it/ del 14 aprile 2017



“Ero un uomo violento e pensavo: non è colpa mia”
associazione-lui
Giovedì 13 aprile 2017 su Il Tirreno Toscana è uscito un articolo che “ci riguarda”, di Ilaria Bonuccelli che ringraziamo di cuore.
“Sono stato un uomo violento” L’ammissione secca. Uno sciocco. Il cazzotto che rompe la radio. La pedata secca alla moglie. Il piatto fracassato contro il muro. “Ma stiamo attenti: la violenza che fa male non è solo quella fisica”. Ugo – il nome che si è scelto l’uomo – soppesa. le parole. Due anni di percorso all’Associazione LUI di Livorno per capire decenni di soprusi. Per venirne fuori. Colloqui personali, di gruppo. Una terapia per “uomini maltrattanti”. “E non si è mai al sicuro. Al massimo, oggi sono più sicuro di non avere tentazioni di questo tipo”. Un modo complicato per dire: ho imparato a gestire i momenti di crisi. A capire che la causa della mia violenza sono io e non gli altri. Non mia moglie.
Provare a parlare è una prova. Non è facile. Accetta l’incontro con Il Tirreno perché da oltre un mese conduce una campagna contro la violenza sulle donne. In particolare per rafforzare le misure di prevenzione della violenza, a cominciare dall’attivazione dei braccialetti elettronici salva-vita per evitare il cosiddetto “ultimo appuntamento”, spesso letale per la vittima.
Lei riconosce di essere stato un uomo violento?
“Certo che riconosco di essere stato un uomo violento, in tanti aspetti. Soprattutto lo sono stato perché ho pensato che la violenza fosse una risposta logica a quello che succedeva. La mia giustificazione era: “Sono violento perché l’altro o l’altra  hi ha detto o fatto questo”. Intraprendendo il percorso nell’associazione, invece, mi sono reso conto che era un modo sbagliato di ragionare”.
Ma che cosa intende per violenza? E con quali tipi di violenza sente di aver “agito”?
“La violenza, anche la mia violenza, non è stata solo fisica. La violenza è anche imporsi dal punto di vista economico, culturale. Certo, c’è il cazzotto, lo schiaffo. Ma c’è soprattutto l’atteggiamento di chi si sente superiore all’altro, tende a sopraffare l’altro: io sono il maschio, tu sei la femmina; i soldi in casa li porto io, quindi si fa quello che dico io. Oppure: bada a quello che hai speso; quello non si fa perché l’ho detto io”.
Lei aveva atteggiamenti violenti o prepotenti già da bambino? Si dice che spesso gli adulti violenti siano stati bambini vittime di violenza almeno assistita.
“No, non sono stato un bambino violento. Ma mi sono ritrovato addosso certi comportamenti che da bambino consideravo “normali” e che pensavo succedessero in tutte le famiglie, come la litigata feroce fra babbo e mamma. E’ chiaro che ciascuno di noi si porta dentro, a livello inconscio, questi esempi e che poi li replica da adulto, considerandole situazioni “normali”, anche se poi non lo sono”.
A lei è accaduto questo?
“Si. Diciamo che nella mia famiglia di origine ci sono state tensioni piuttosto forti fra i miei genitori, anche se poi ciascuno ha la propria storia e trova le proprie giustificazioni alla violenza nei confronti di chi gli sta intorno”.
Lei quando ha iniziato ad avere comportamenti violenti? Non solo fisicamente.
“Con il matrimonio. QUnado si è fidanzati e si hanno divergenze ciascuno va a casa propria e hai tempo per rivedere la tua posizione. Quando sei sposato, invece, non c’è lo stacco temporale che ti permette di rivedere la posizione e stemperare il clima. Così non ti rendi conto che il tuo atteggiamento non è corretto, che in una discussione non è sempre colpa dell’altro, anche se tu tendi sempre a incolpare l’altro. Allora si creano situazioni che possono sfociare nella violenza o nella separazione che non esclude, la prosecuzione della violenza”.
Quali erano, scusi, le sue reazioni in “mancanza di tempo di ragionare”?
“Quando non hai tempo di ragionare tiri fuori quelle reazioni che, secondo te, sono le normali conseguenze di una litigata: sferri un pugno e rompi un tavolo o una sedia. Poi tutto si placa. Li per lì non ti rendi conto della gravità del gesto e pensi di aggiustare tutto con un “scusa qui, scusa là”.
Quindi lei non era consapevole della sua violenza?
“Ti ripeti:”Non sono violento perché non faccio altro che rispondere a una violenza”. Anche la lite fra genitori la leggi in questo modo: la mamma che tira il piatto al babbo o il babbo che tira lo schiaffo alla mamma sono la conseguenza ordinaria di un’azione: “perché l’altro ha fatto qualche cosa di violenza” e non ci si sofferma a capire perché.
Non si rendeva conto neppure della rabbia che la muoveva?
“Rispondere sì o no sarebbe sbagliato, in entrambi i casi. Da una parte ero consapevole della rabbia che non dovevo avere: dall’altra mi giustificavo: “Non ce l’ho fatta più a sopportare”. In quegli atti tendi sempre a darti una giustificazione. E la più frequente è che l’altro ti ha portato a essere così. Non esci da questo meccanismo fino a quando non riesci a capire che l’atteggiamento della violenza è solo responsabilità tua”.
Lei quanto ha impiegato a capire di essere un uomo violento”
“Diversi anni. Il concetto è sempre lo stesso: ti dici che sei violento perché è colpa dell’altro oppure perché l’altro se lo merita: “Non ha fatto quello che si era deciso”.
Quale è stato il fatto e che le ha fatto intuire che stava sbagliando?
“Quando ho visto il comportamento dei miei figli. Ciascuno a modo proprio stava metabolizzando il mio comportamento violento. Stavano replicando lo stesso ruolo. Quando vedi che un figlio diventa violento, capisci che devi fare qualche cosa. Per te e per lui. Mettendo in gioco te stesso e tutta la famiglia”.
Ora è sempre un uomo violento?
“Spero di no. Dopo due anni di percorso, ho imparato a capire quando la situazione per me diventa critica e devo staccare. Non ho smesso di discutere con mia moglie, ma so quando fermarmi”.
Si sente al riparo dalla violenza?
“Non ci siamo mai. Ma sono più al sicuro dalle tentazioni della violenza”.
E che cosa direbbe a uomini che, invece, continuano a essere violenti?
“Che la violenza è un atto anche contro se stessi. E per quante giustificazioni uno possa darsi, non sono mai la realtà”.

w le donne con le loro imperfezioni Charli Howard, la modella inglese che sfoggia la sua cellulite su Instagram

queste  sono le donne  che preferisco  non quelle di plastica  e perfette  a tutti i  costi     .  ha  aveva ragione vecchioni   in 





La modella inglese Charli Howard ha scelto di non seguire gli standard di bellezza dettati dalle case di moda, ma di accettare il suo corpo con tutte le imperfezioni. 



Così ha pubblicato sul suo profilo Instagram le foto del suo "lato B" senza ritocchi, commentando:"Questo è un corpo naturale, e non c'è niente di cui vergognarsi". Nel 2015 Charlie scrisse una dura lettera alla sua agenzia che pretendeva che calasse di peso: "Non posso tagliarmi le ossa per essere magra", scrisse la modella su Facebook

Quelli della prima Repubblica, De Mita e la Dc: ''Le canzoni con Gorbaciov e le zie suore di Berlusconi''

la prima repubblica checco zalone


 se  come me   all'epoca eri adolescente  o  se  hai dimenticato    potrebbe   interessarti   le puntaste precedenti  dei politici  che hanno traghettato l'italia dagli anni  '70\92



premetto che   :  sono cresciuto   con genitori anti Dc e nonni  Dc ,  mi sono avvicinato alla politica  e  poi alla politika  (  ho  già  espresso nelle faq   e  i vari post  la loro differenza  ) . Diventando  poi anti sistema    e  che  questi vecchi tromboni   non mi sono   mai piaciuti   prima  ne  ora  ,  ma    rispetto  a questi  cialtroni  (  lo so sto generalizzando  , ma  io  non  ne  vedo  neppure    uno\a  e  quando  speravo di trovarne  zac   fregato  )   d'adesso  avevano una solida base  culturale  pur   fossero ed  il caso ( almeno da  qui ricordi  indiretti    che  ho   di tale epoca    della mia adolescenza  avvenuta  fra il 1989\1994 era il simbolo della DC corrotta e degli inciuci assieme ad Andreotti che se l'e' sempre cavata ma le sue colpe le aveva anche lui solo che e' stato un gran Furbacchine  era il simbolo della DC corrotta e degli inciuci assieme ad Andreotti che se l'e' sempre cavata ma le sue colpe le aveva anche lui solo che e' stato un gran Furbacchineera il simbolo della DC corrotta e degli inciuci assieme ad Andreotti che se l'e' sempre cavata ma le sue colpe le aveva anche lui solo che e' stato un gran Furbacchine)



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Venerdì Santo. La Via Crucis al Colosseo con le «donne del Vangelo»

  condiviso sula nostra pagina  facebook    compagnidistrada   dall'amica  daniela  tuscano 

Venerdì Santo. La Via Crucis al Colosseo con le «donne del Vangelo»
Lungo il cammino che porta il Signore al Golgota e poi al sepolcro ci sono «gli uomini, le donne, persino i bambini violentati, umiliati, torturati, assassinati, sotto tutti i cieli»; c’è «ogni povero che è nudo, prigioniero, assetato»; c’è il «pianto delle donne» che «non manca mai in questo mondo» insieme con quello «dei bambini terrorizzati, dei feriti nei campi di battaglia che invocano una madre», il pianto «solitario dei malati e dei morenti sulla soglia dell’ignoto», quello «di smarrimento, che scorre sulla faccia di questo mondo che è stato creato, nel primo giorno, per lacrime di gioia, nella comune esultanza dell’uomo e della donna». E ci sono ancora «le menzogne che ambiscono a regnare sui nostri cuori» oppure «la follia dei torturatori e di chi li comanda». Ma ai piedi della Croce c’è anche – e soprattutto – «la dolcezza di Dio» che visita «il nostro inferno», «unico modo per liberarci dal male»; c’è «l’infinita tenerezza» del Padre «nel cuore del peccato del mondo»; ci sono i grandi «sentieri dell’umiltà» e «i gesti delle donne che onorano la fragilità dei corpi che esse circondano di dolcezza e di onore». 
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È una Via Crucis non tradizionale quella che emerge dalle meditazioni per il rito che papa Francesco presiederà la sera del Venerdì Santo al Colosseo. Testi composti dalla biblista francese Anne-Marie Pelletier, laica, madre e nonna, docente di Sacra Scrittura allo Studio della facoltà “Notre Dame” del Seminario parigino e impegnata nella diffusione dell’esortazione apostolica Amoris laetitia.Le sue riflessioni – che in alcune delle quattordici Stazioni si soffermano in particolare sulle «donne del Vangelo» – portano sotto Cristo crocifisso il «nostro mondo» con «tutte le sue cadute e i suoi dolori, i suoi appelli e le sue rivolte, tutto ciò che grida verso Dio, oggi, dalle terre di miseria o di guerra, nelle famiglie lacerate, nelle prigioni, sulle imbarcazioni sovraccariche di migranti», scrive nell’introduzione. «Tante lacrime, tanta miseria» che, aggiunge, «non vanno perdute nell’oceano del tempo, ma sono raccolte da Lui, per essere trasfigurate nel mistero di un amore in cui il male è inghiottito». Lo scherma proposto prevede la lettura di un brano biblico, la meditazione e a seguire la preghiera. Nei testi – che L’Osservatore Romano ha anticipato e che, come di consueto, saranno pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana – torna più volte il vocabolo “misericordia” che è «il nome» del Signore, un nome «che è follia», nota la studiosa. E fa sapere nella quinta Stazione (“Gesù porta la croce”): «Non c’è caduta che possa sottrarci alla tua misericordia; non c’è perdita, non c’è abisso tanto profondo che tu non possa ritrovare chi si è smarrito».L’attenzione al “femminile” emerge con forza in due Stazioni d’impronta mariana. Nell’undicesima (“Gesù e sua madre”) si sottolinea la grandezza della Madonna: «In piedi, lei non diserta. Stabat Mater. Nel buio, ma con certezza, sa che Dio mantiene le promesse. Nel buio, ma con certezza, sa che Gesù è la promessa e il suo compimento». Poi la docente d’Oltralpe osserva: «La lama che trafigge il fianco del Figlio trafigge anche il cuore di lei. Anche Maria s’immerge nella fiducia senza appoggio, in cui Gesù vive fino in fondo l’obbedienza al Padre». E la tredicesima Stazione (“Gesù è deposto dalla croce”) si chiude con un Canto a Maria: «O Maria, non piangere più: il tuo figlio, nostro Signore, si è addormentato nella pace. E il Padre suo, nella gloria, apre le porte della vita! O Maria, rallegrati: Gesù risorto ha vinto la morte!». Ha un marcato tratto “femminile” anche la settima Stazione (“Gesù e le figlie di Gerusalemme”) in cui Anne-Marie Pelletier descrive il «pianto che Gesù affida alle figlie di Gerusalemme come un’opera di compassione». Quindi il richiamo alle «lacrime di sangue di cui parla Caterina da Siena».Accanto al Signore, nelle sue ultime ore, la studiosa colloca anche una donna ebrea, un teologo ortodosso e un pastore protestante, offrendo alla Via Crucis uno sguardo ecumenico e interreligioso. Nella settima Stazione compare Etty Hillesum «rimasta in piedi nella tempesta della persecuzione nazista, che difese fino all’ultimo la bontà della vita», si racconta. E lei «ci suggerisce all’orecchio questo segreto che intuisce alla fine della sua strada: ci sono lacrime da consolare sul volto di Dio, quando piange sulla miseria dei suoi figli. Nell’inferno che sommerge il mondo, lei osa pregare Dio: “Cercherò di aiutarti”, gli dice. Audacia così femminile e così divina». Nell’ottava Stazione (“Gesù è spogliato delle vesti”) il riferimento al filosofo greco contemporaneo Christos Yannaras è lo spunto per spiegare che lo Spirito Santo ci insegna la «lingua di Dio». «Gesù bambino nudo nella mangiatoia – è la citazione di Yannaras –; spogliato nel fiume mentre riceve il Battesimo come un servo; sospeso all’albero della croce, nudo, come un malfattore. Attraverso tutto questo egli ha manifestato il suo amore per noi». E nella decima Stazione (“Gesù sulla croce è deriso”) si evidenzia «che “soltanto un Dio debole può salvarci”, come scriveva il pastore Dietrich Bonhoeffer pochi mesi prima di morire assassinato, quando, sperimentando sino in fondo il potere del male, poteva riassumere, in questa verità semplice e vertiginosa, la professione della fede cristiana». Altro rimando è all’assassinio dei sette trappisti sequestrati nel loro monastero in Algeria e massacrati da frange fondamentaliste islamiche nel 1996. La biblista avverte che «i monaci uccisi a Tibhirine alla preghiera “Disarmali!” aggiungevano la supplica “Disarmaci!”».Al Colosseo riecheggeranno nodi da sciogliere e vicende l’attualità. La prima Stazione è l’occasione per lanciare un monito: «Siamo peccatori e complici di morte». Nella quarta Stazione (“Gesù re della gloria”) si esorta a non cedere agli «idoli» del mondo e alle «figure menzognere del successo e della gloria». Nell’ottava Stazione si parla della «folla immensa degli uomini che subiscono la tortura, la spaventosa schiera dei corpi maltrattati, tremanti d’angoscia all’avvicinarsi dei colpi, agonizzanti in sordidi bassifondi». Certo, tiene a ribadire l’autrice, «Gesù non ha portato la croce come un trofeo» e «non somiglia in nulla agli eroi della nostra fantasia che abbattono trionfanti i loro malvagi nemici». E conclude nell’ultima riflessione: sappiamo che ogni «preghiera» e ogni «attesa» saranno «esaudite dalla Risurrezione di Cristo».
Avvenire Giacomo Gambassi lunedì 10 aprile 2017

13.4.17

Yuja Wang, la pianista che suona con stile: ''La musica è sensuale, io mi adeguo''

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E' stata una bambina prodigio. Oggi, concertista di fama internazionale, è diventata il simbolo di una ricerca che va oltre la musica e guarda alla femminilità.  Prima che inizi a eseguire le partiture dei suoi compositori preferiti al pianoforte, Yuja Wang conquista il pubblico con un look anticonformista. ''

Se un pianista uomo indossa dei pantaloni stretti non mi faccio tante domande - ha spiegato la musicista in un'intervista al Guardian - quando suono devo sentirmi me stessa, mi piace mettermi a nudo. Se la musica è sensuale, perché non possiamo provare semplicemente ad adeguarci?''. Classe 87, nata a Pechino, Yuja Wang ha studiato al Curtis Institute of Music di Filadelfia dove si è formata con Gary Graffman, maestro, tra gli altri, di Lang Lang. Ha un contratto discografico con la Deutsche Grammophon e da aprile 2017 sarà in tour in Europa

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

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