5.6.19

La bufala sull’eutanasia concessa dall’Olanda alla 17enne Noa Pothoven

colonna  sonora

Di  cosa  stiamo parlando  

NOA POTHOVEN EUTANASIA BUFALA – No, Noa Pothoven (ne ho parlato precedente ), la diciassettenne olandese ammalatasi di anoressia e depressione in seguito a uno stupro subito all’età di dodici anni, non ha ottenuto alcuna eutanasia. Quindi la storia dell’eutanasia ottenuta da Noa Pothoven è una bufala.


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prima di far  scannare  la  gente    dobbiamo verificare  la  news    onde  evitare  errori . 

Immagine di copertina
Il caso di Noa è deflagrato in Italia nella giornata di ieri, martedì 4 giugno, e ha tenuto banco per quasi 24 ore, scatenando un accesissimo dibattito pubblico. Fiumi di parole sono però stati spesi per commentare una notizia che, allo stato attuale, altro non è che una vera e propria fake news.Come rivelato a TPI da Marco Cappato, leader dell’associazione Luca Coscioni, la diciassettenne olandese non ha affatto ottenuto l’eutanasia ma al contrario si è lasciata morire di fame e di sete proprio perché l’Olanda le ha negato la possibilità di accedere al trattamento di fine vita.“L”Olanda ha autorizzato l’eutanasia su una 17enne? Falso!!! I media italiani non hanno verificato. L’Olanda aveva rifiutato l’eutanasia a Noa. Lei ha smesso di bere e mangiare e si è lasciata morire a casa, coi familiari consenzienti. Si attendono smentita e scuse”, si legge nel tweet pubblicato da Cappato.noa pothoven storia

“Ho chiesto informazioni a una mia amica, per sapere che cosa stessero scrivendo i giornali olandesi sul caso e lei mi ha risposto che non ne stavano parlando perché in realtà la ragazza aveva semplicemente smesso di magiare e di bere. Inoltre è venuto fuori anche che lei aveva fatto richiesta per ottenere l’eutanasia, ma la domanda le era stata rifiutata.A leggere la stampa italiana sembrava invece che l’Olanda avesse eutanasizzato una ragazza depressa di 17 anni. Il fatto che un caso del genere fosse esploso in Italia, in prima pagina ovunque, senza che in Olanda se ne parlasse minimamente mi ha fatto capire che c’era qualcosa che non tornava”, spiega Marco Cappato.“In Italia, peraltro, in una situazione del genere, il caso avrebbe potuto essere trattato allo stesso modo perché nessuno può essere costretto a nutrirsi e idratarsi se non si dimostra che è una persona incapace di intendere e di volere e allora si procede con un Tso. Ma se non fai un Tso, la persona si lascia morire. A creare confusione è stata l’espressione “legal euthanasia” utilizzata in un articolo inglese. La ragazza non ha agito contro la legge, se si usa “legal” in quel senso può anche andare bene, ma Noa non ha avuto accesso a quella che noi chiamiamo “eutanasia legale” e dunque una pratica che avviene sotto controllo medico e con autorizzazione legale da parte delle istituzioni”, conclude Cappato.Ad annunciare il rifiuto dell’eutanasia da parte dell’Olanda era stata proprio la stessa Noa: “La domanda è stata rifiutata perché sono troppo giovane e avrei dovuto prima affrontare un percorso di recupero dal trauma psichico fino ad almeno 21 anni. Pensano che sia molto giovane, pensano che debba finire il trattamento psicologico e che il mio cervello sia completamente sviluppato. Non succederà fino all’età di 21 anni. Sono devastata perché non posso aspettare così a lungo”, si legge nel libro autobiografico della diciassettenne pubblicato lo scorso anno.Nel suo ultimo post Instagram, pubblicato pochi giorni prima della morte, la diciassettenne aveva inoltre annunciato di aver deciso di smettere di mangiare e bere per lasciarsi morire: “Voglio arrivare dritta al punto: entro un massimo di 10 giorni morirò. Dopo anni di continue lotte, sono svuotata. Ho smesso di mangiare e bere da un po’ di tempo, e dopo molte discussioni e valutazioni, ho deciso di lasciarmi andare perché la mia sofferenza è insopportabile. Respiro, ma non vivo più”.Nessuna eutanasia legale è stata quindi concessa dal sistema sanitario olandese, i medici dissero a Noa, anche nel tentativo di trovare un rimedio alla patologia depressiva che da troppi anni la affliggeva, che qualora non avesse cambiato idea avrebbe dovuto attendere il compimento del 21esimo anno di età. Nonostante queste informazioni sul caso di Noa fossero di dominio pubblico, in Inghilterra – complice un articolo pubblicato dal Daily Mail – e in Italia a traino, la notizia della morte per eutanasia si è diffusa a macchia d’olio.


4.6.19

Lei era Marta e ha scelto di morire impiccandosi

Di cosa  si  Parla 





di suicidi sia che avvenga per eutanasia come il caso precedentemente trattato che non come la storia che riprendo sotto su tali storie c'è ancora moilto pudore e tabù a parlarne .di suicidi ed ed si sottovaluta il problema ed a considerare malato \pazzo chi per farsi aiutare ricorrere a o psichiatri e psicologici
Infatti concordo, avendolo vissuto personalmente ed avendo due conoscenti e concittadini giovanissimi suicidatisi 

da   https://fattodavoi.ilfattoquotidiano.it





Lei era Marta, mia figlia. Il 15 aprile 2019 all’ età di 40 anni ha scelto di morire impiccandosi.
Non la troverete in nessuna statistica di morti per suicidio perché non abbiamo informato nessun organo di stampa; l’ha fatto in casa sua a Roma, ci ha lasciato uno scritto sul tavolo della cucina, due mozziconi di sigaretta nel posacenere, il telefono in modalità aerea, una bottiglia di vodka e troppo dolore.
Marta era una persona fragile, molto profonda, spirituale e colta. Marta era bella, aveva la capacità di entrare nei cuori, di trovare parole adatte per comunicare, questo mondo è certamente più povero senza di lei. Marta non riusciva più ad affrontare la vita, troppo difficile per me, come ha
testualmente lasciato scritto.
Aveva una famiglia che la amava, un lavoro, un ragazzo, tantissimi libri, tanti pensieri profondi e nascosti.
Da quel momento io non sono più quella che ero, un tornado mi ha scaraventato in un’altra dimensione sconosciuta e crudele. Ma l’intento di questa mia lettera non sono io né la mia famiglia, i survivor come veniamo definiti dalla poca letteratura in merito al suicidio.
Vi scrivo per denunciare il silenzio degli organi di stampa riguardo alle morti per suicidio che rappresenta la seconda causa di morte tra gli adolescenti; spesso per notizie così si spendono quattro parole in un trafiletto che si conclude quasi sempre con – soffriva di depressione-
In Italia esiste un solo centro di prevenzione al suicidio e supporto ai survivor del Sant’ Andrea di Roma diretto dal professor Pompili, unico suicidiologo in questo nostro strano paese.
Pompili fa molto con poco, è una goccia lucente nella disperazione.
Ogni anno è come se scomparisse un paese intero. Molto spesso chi sceglie il suicidio è tra le persone più colte, profonde e possiede un’ anima raffinata. Come Marta che incantava tutti coloro che la conoscevano.Io non ho la risposta alla grande domanda- perché l’ha fatto ? Gli anni che mi resteranno da vivere non saranno sufficienti per trovare la risposta.
                            Vi ringrazio della vostra attenzione
                                        Cristiana









noi e loro quello che noi siamo loro erano e quello che noi saremo loro sono . passaggio di generazione

 di cosa  stiamo parlando
Anche  i vecchi meritano  rispetto ed  hanno molto  da insegnarci    come la  storia   di cui   di "Zio " 97 anni e non sentirli: immerso in un mare di colori, continua   a lavorare  nel suo negozio di stoffe, a Tempio Pausania  di cui  ho parlato in un post precedente

Infatti   è  grazie  a  loro che  si  hanno iniziative  come  queste  



E  poi non  dimentichiamo che   quello che   noi siamo  loro  erano  e  quello   che   noi  saremo   loro  sono

Stuprata da piccola, a 17 anni ottiene l’eutanasia in Olanda La giovane è morta domenica in casa con l’assistenza medica fornita da una clinica specializzata

Non giudico la scelta dell'eutanasia, possibile in quel paese. Ma dopo 6 anni di sofferenza credo che sia comprensibile. Ripeto, questa ragazza è stata uccisa 6 anni fa, nella sua anima. E se poi , per parafrasare una vecchia canzone popolare del 1939-45 , una persona  muore  non piangetela dentro al cuore, perchè se ha scelto di morire liberamente di morire che cosa importa di morir
.  Lo so che sembrerà cinico    ma    a   volte    ciò è l'unica  via  

 

da  https://www.lastampa.it/
Pubblicato il 04/06/2019 Ultima modifica il 04/06/2019 alle ore 18:53


Una ragazza olandese di 17 anni, Noa Pothoven, ha chiesto e ottenuto, dopo una lunga battaglia, l’eutanasia, legale nei Paesi Bassi, dopo anni di sofferenze psichiche seguite ad una violenza subita da bambina, quando aveva 11 anni. La giovane è morta domenica in casa con l’assistenza medica fornita da una clinica specializzata. La ragazza aveva dichiarato di non sopportare più di vivere a causa della sua depressione. A seguito della violenza subita, soffriva anche di stress post traumatico e di anoressia. Lo riferiscono i media olandesi. Secondo la legge olandese, l’eutanasia è legale fin quando è eseguita secondo rigidi standard. La legge è entrata in vigore nel 2002. Ai bambini dai 12 anni in su può essere concessa l’eutanasia, ma solo dopo che un medico abbia stabilito senza ombra di dubbio che la sofferenza del paziente è insopportabile e senza alcuna prospettiva di miglioramento. Con un ultimo messaggio su Instagram, ha chiesto ai suoi follower di non cercare di farle cambiare idea. «In questo caso, amare è lasciare andare», ha scritto. «Forse sarà una sorpresa per alcuni, visti i miei post sul ricovero, ma il piano è nella mia testa da tanto tempo e non è una scelta impulsiva. Vado dritta al punto: entro dieci giorni al massimo, morirò. Dopo anni di battaglie, sono prosciugata. Ho smesso di mangiare e bere da un po’ ormai, e dopo molte discussioni e valutazioni, è stato deciso di lasciarmi andare perché le mie sofferenze sono insopportabili». Dopo la sua esperienza drammatica, Noa aveva scritto un libro “Winning or Learning” sulla sua lotta contro i disturbi che la distruggevano dopo lo stupro subito da piccola. L’aveva scritto per aiutare altri giovani in condizioni di vulnerabilità, lamentando che in Olanda non ci siano strutture specializzate dove gli adolescenti possano ottenere supporto fisico o psicologico in casi simili.



Il cammino di Barbara per Mediterranea: da Bologna a Lampedusa facendo l'autostop e Cagliari a sorpresa, i mercati diventano biblioteche

Risultati immagini per barbara CASSIOLIC'è chi macina chilometri in pellegrinaggio verso Santiago de Compostela, confine Ovest d'Europa e chi, invece, s'inventa un cammino tutto suo, puntando all'altro confine, quello più a Sud, Lampedusa, per ricordare i migranti morti nel mar Mediterraneo. Barbara Cassioli, 32 anni, assistente sociale bolognese, è partita il 21 marzo, "giorno simbolo della Primavera" come sottolinea lei stessa, da Livergnano (Bo) e ha raggiunto l'isola il 2 giugno. 
Un viaggio rigorosamente in autostop e senza soldi perché lo scopo è ben preciso: tutto ciò che non spende e quello che le offrono durante il tragitto lo destina mensilmente alla ong Mediterranea, tramite bonifici sulla piattaforma di crowdfunding 
Produzioni dal Basso e raccontando il viaggio sul suo blog. "Grazie a tutte le persone che mi hanno ospitato, pagato cene, autobus o traghetti - racconta - finora ho donato circa 850 euro e conto di arrivare intorno a 1200 euro entro la fine di questa bellissima avventura". L'abbiamo incontrata in Calabria dove abbiamo viaggiato con lei da Gioiosa Jonica a Rosarno.
                  Video di Gianluca Palma



Il blog e   la  pagina facebook  di Barbara Cassioli
https://viaggiareapiediscalzi.com/
https://www.facebook.com/viaggiareapiediscalzi/


  e sempre  dal suo blog  uno dei testi più belli 


                            La cosa più difficile di questo viaggio.
FB_IMG_1558548470335.jpg“-Ne*ri di me*da, per me possono affondare tutti” (Grosseto, circolo arci)


-“Sono dei traditori della loro patria se se ne vanno” (Grosseto, circolo arci)
-“Gli stranieri sono avvantaggiati rispetto agli italiani perché un giorno a settimana hanno diritto a non lavorare” (Porrettana)
-“Beh, ma anche agli irregolari Conviene vivere in Italia perché lo Stato gli dà qualcosina ogni giorno” (Pistoia)
-“Chissà poi perché non prendono l’aereo!?” (Piombino)
-“Con tutti questi ne*ri, la città è pericolosa” (Grosseto)

La cosa più difficile di questo viaggio non è fare l’autostop e non sapere chi mi carica.Non è non sapere dove dormirò tra 3 giorni.Non è nemmeno salire a piedi al Vomero, sotto al sole, con questo zaino e neanche chiedere una pizzetta senza poterla pagare quando ho una gran fame La cosa più difficile di questo viaggio é il toccare con mano l’ignoranza nel suo significato etimologico, creata ad arte da una classe dirigente, per essere pilotata e lanciata, come una bomba, nella rabbia.Nella guerra innaturale contro l’essere umano più fragile.Sentire queste frasi con le mie orecchie é atroce, sconfortante, mi fa paura perché sono menti sdradicate dai corpi, dalla realtà e dunque facilmente pilotabili in qualsiasi direzione.Perché sono menti che non pensavo ma bevono come lavandini.Occhi che non vanno oltre. Corpi che non vivono, orecchie sorde che hanno paura. Vivono nella paura e nella convinzione di essere vittime di ingiustizia.É la cosa più faticosa di tutto il viaggio,Ma è lì che devo stare.Sono loro le persone che io cercavo.Per respirare un attimo e poi domandare, raccontare. Aprire la porta e così uno spiraglio. A volte sono riuscita.“Non lo sapevo che i marocchini avessero bisogno del visto per venire in vacanza qui”. “Non lo sapevo che gli eritrei non hanno il passaporto”A volte, invece, non c’è nemmeno stato modo di arrivare alla maniglia, solo urla, solo violenza. Nessuna intenzione di ascoltare chi ha più conoscenze e competenze in materia. È troppo bello avere un nemico chiaro da combattere che viene da fuori. Dà troppo gusto per stare a sentire cosa c’entra Dublino con l’obbligo di consegnare le impronte in frontiera.Sono loro le persone con cui io devo stare. É lì che c’è bisogno di ascoltare le paure, di accogliere e di mettere un po’ di luce.Cosa ti spaventa? Perché sei così arrabbiato? Cosa ti manca?É che lì che posso raccontare di me, di quanto è cresciuto Mustapha in questi anni e di quanto è bello vederlo sereno, dei deliri e delle contraddizioni del sistema d’accoglienza e della complessità mondiale che non si può ridurre ad un dibattito politico. É lì che voglio portare domande, più che risposte.È lì che tutta la bellezza che io osservo in questo Paese va travasata. É lì che la finestra va aperta per far entrare la luce. É la cosa più difficile di questo viaggio, ma é la sola che è urgente fare.





Cagliari a sorpresa, i mercati diventano biblioteche

Per lo scrittore David Herbert Lawrence era una città "sorprendente". Pochi sanno della sua vivace attività culturale. A Cagliari i mercati vengono riconvertiti in spazi per la condivisione e la contaminazione artistica e intellettuale. Come l'ex mercato civico oggi pieno di teatri, sale per dibattiti e biblioteche o l'ex mattatoio, oggi centro culturale per mostre


2.6.19

l'amicizia fra l'uomo e il gabbiano nel nome del pecorino sardo




  da    www.olbia.it 
Golfo Aranci, 2 giugno 2019



Con quella dei delfini di  Cala Moresca, l’amicizia tra Paolo Porcelli e Jonathan, gabbiano buongustaio, è diventata un’attrazione che incuriosisce i turistiala Moresca, l’amicizia tra Paolo Porcelli e Jonathan, gabbiano buongustaio, è diventata un’attrazione che incuriosisce i turisti

Sono occhi placidi, in cui sembra riprodursi il tersissimo fondale tra Cala Moresca e Figarolo. Più che un dono genetico avuto dal padre immigrato dalla Campania e dintorni – come accade per buona parte dei nonni dei golfarancini attuali – da ieri sono più propenso a credere che quel rasserenante riflesso azzurro-mare sia sopraggiunto in un secondo momento, in età adulta, per un rarissimo miracolo di Poseidone – pagana divinità del mare – che solo in Sardegna, e per alcuni, anzi pochissimi fra i sardi, si degna eccezionalmente di manifestarsi in tal modo. Poseidon lo protegge e lo tutela in tutto ciò che tocca e fa, sul mare e sotto il mare.  E dal mare l’uomo dagli occhi cerulei trae le sue benedizioni, i suoi prodigi, per poi offrirli all'altrui stupore.



Mi capita ancora – e ho dovuto chiedergli scusa più di una volta – di chiamarlo per errore  Marco. Lui è sembrato rimanerci un po’ male. Ma il fatto è che qui, se qualcuno domanda dov'è ormeggiato il suo grosso cabinato vintage varato quarantadue anni fa, quello che accoglie dieci curiosi per volta, di ogni dove del mondo, per ammirare i delfini in libertà di Cala Moresca che si avvitano su se stessi, sinuosi, intorno e sotto la chiglia meglio che in un acquario californiano, tutti  questi curiosi chiedono di “Marco del Mare”. Finendo così per scambiare nome di natante con nome di nocchiero.  E Paolo, Paolo Porcelli, se dobbiamo proprio dire anche il suo cognome, si dovrà rassegnare, prima o poi, a sentirsi appellare con questo nuovo gentilizio, conquistato in anni ed anni di lavoro di sommozzatore e di guida delle meraviglie del feudo golfarancino di Poseidon.


Un fotogramma tratto dal cortometraggio “Marco del mare” girato da Piero Livi nel 1957.

“Marco del mare” (forse non tutti lo sanno) , non è un nome di barca inventato lì per lì. Fu una delle prime realizzazioni cinematografiche a regia del compianto Piero Livi. Un corto in bianco e nero pluripremiato (anche a Cannes) e girato nel 1957 con lo sfondo perenne  di Figarolo e Capo Figari.  Oggi “Marco del mare” naviga lento al suono delle canzoni di Adriano Celentano e dei Boney M, e ripercorre le stesse rotte litoranee della barchetta del giovane pescatore di Golfo Aranci protagonista del film, interpretato dal bellissimo Matteo Maciocco. Il Marco di Piero Livi si aggirava penoso dopo la tragica e prematura morte in mare, senza poter più comunicare con la giovanissima vedova ed il piccolissimo figlio che portava il suo stesso nome. Forse il suo spirito si aggirava ancora e ci spiava, ieri, celato tra gli scogli dei “Baracconi”, mentre mamma delfina Dafne, che ogni tanto allatta Gioia, delfino giocherellone di un paio d’anni, si faceva depositare in bocca un’orata freschissima da trecento grammi, e con la delicatezza di una farfalla la estraeva dalla mano di Paolo e se la portava giù verso il fondale cristallino.


Paolo Porcelli offre dalla sua barca una gustosa orata alla delfina Dafne (foto dello scrivente)

“ Quando allattano mangiano esclusivamente pescato di giornata – mi spiega Paolo –  mentre normalmente accettano il pesce anche di due tre giorni”. Attenzioni estreme di una madre per il suo cucciolo già adolescente, ma che ancora poppa il latte davanti a noi.  “Ci ho messo due anni almeno per conquistare la loro fiducia. All’inizio il maschio dominante, che abbiamo battezzato Saddam, mi strappava il pesce dalla mano con brutale violenza, provocandomi anche ferite alla mano. Forse non accettava l’intruso, o forse tale mi considerava”.  Paolo è però tutt'altro che intruso in questa nicchia di paradiso tra Cala Moresca e l’isolotto di Figarolo, dove ogni giorno si compie il miracolo del suo incontro con i regni della natura.


Figarolo. Muflone femmina che allatta il suo piccolo a pochi metri dalla riva (avvistamento del 1 giugno 2019, fatto dalla barca “Marco del Mare” di Paolo Porcelli (foto dello scrivente)

“Eccoli, li vedete, laggiù, in basso? È una madre che sta allattando il suo piccolo!”. Stavolta la scena si è spostata sui calcari impervi di Figarolo, nel versante di libeccio. Un muflone femmina ci vede, siamo lì a pochi metri, tutti scattiamo foto e filmiamo, ma lei non scappa. “Come, non scappa? – mi chiedo fra me e me -. Un muflone selvatico scappa sempre a gambe levate quando vede l’uomo a pochi metri. È una legge di natura. Questa invece continua beata a brucare beata gli ultimi ciuffetti verdi di erba, regalo tardivo del maggio più piovoso e freddo del secolo, e ad allattare il piccolino che ci guarda pure e sembra addirittura salutarci”. Resto sorpreso, perplesso.Finito il periplo di Figarolo ci riappare Cala Moresca nello splendore fatato del primo giugno. “Io lo vedo già, l’ho riconosciuto, è l’unico che volteggia planando sulle nostre teste”, avverte Paolo. Guardo in alto e vedo un piccolo stormo di gabbiani che sembra disturbato dal nostro arrivo. Uno di questi in effetti non batte le ali bianche e grigie, come se si preparasse all'atterraggio.  Mai avrei immaginato che lo facesse inaspettatamente fra le mie gambe, mentre distrattamente mi godevo la vista dell’insenatura. Una giovane coppia inglese, discreta e garbatamente riservata come solo quel popolo sa essere, ha un sobbalzo. La loro meravigliosa bimba, che pare comprata in un negozio di bambole degli anni Sessanta, batte le mani squittendo. È il rumore più percepibile che la piccola famiglia riesce a esprimere per l’intera durata dell’escursione.


Primo piano del gabbiano Jonathan (foto dello scrivente)

Jonathan.  Quale altro nome poteva essere dato a un gabbiano? Nella fiaba di Richard Bach, libro cult degli anni Settanta, il gabbiano Jonathan Livingston si allontana dal suo stormo, i cui membri pensavano solo a procacciarsi il cibo e alle cose materiali, e preferisce volare, volare alto, sempre più in alto, dove gli altri non arrivano, non sanno arrivare e nemmeno ci provano. Invece il nostro Jonathan, il Jonathan di Golfo Aranci, fa esattamente il contrario.  Lui lascia gli altri a volteggiare sopra di noi, in alto, e piomba a capofitto sulla barca di Paolo perché, da buon gabbiano sardo, ama il pecorino, e sa che lui gliene ha messo da parte una bella porzione. Jonathan oltre che intenditore di formaggi nostrani (guai però a rifilargli la buccia)  è scaltro e, come ogni gabbiano che si rispetti, intraprendente. Anche troppo. Nel video che pubblichiamo è lì che in pieno inverno bussa alla finestra di Paolo per chiedere cibo. Lo fa la mattina prima dell’alba, lui non ha bisogno di regolarsi la sveglia. “In questo periodo non viene, perché è il periodo della cova, ma lui sa bene dove e quando cercarmi, e sa anche aspettarmi quando faccio le escursioni. Ha scoperto da solo la mia casa davanti al porto, dopo avere studiato i miei movimenti. Una volta che tardavo a rispondere e ad aprire la finestra ha preso con il becco un piattino dove avevo messo il rosmarino a seccare, e lo ha buttato per terra con violenza.” Dispettoso e permaloso come una scimmia, anzi, come un gabbiano sardo.



Dopo essersi rimpinzato di formaggio dalle mani di noi tutti Jonathan si alza improvvisamente in volo se ne vola verso sud, piantando in asso tutti senza nemmeno salutare. I delfini sono più educati: danzano ammiccanti nel loro lento congedo, e danno l’arrivederci al giorno dopo con un sbuffo delicato, piuttosto un soffio vitale che rilascia mille bolle d’aria a salire in superficie. Jonathan tuttavia è l’altro prodigio che Poseidon esiliato in questi luoghi ha concesso al suo prediletto Paolo, alias “Marco del Mare”.


Paolo Porcelli e la sua assistente ed interprete Irene Varchetta

Il sole affonda inesorabile dietro il colle di Saccuri. Ormeggiamo e salutiamo gli educatissimi  turisti stranieri, i primi della stagione iniziata così tardi. “La prossima volta non venire solo, porta anche Patrizia”, mi raccomanda mentre sbarco. Sta seduto a poppa a godersi l’ultimo raggio di sole insieme ad Irene,  sua giovanissima assistente ed interprete. “Sarà fatto, garantito” rispondo con un sorriso di conferma. E per un attimo, lì a prua, quasi come in un riflesso soprannaturale, mi sembra di intravedere Poseidon che solenne mi saluta, circondato da cortei festosi di Tritoni e Nereidi, e dagli immancabili delfini.


Ideologia oggi parte II




Di  cosa stiamo parlando  

   Riprendiamo l'argomento    trattato nel precedente post : <<   cosa  è  oggi l'ideologia   e  se  essa  sia  o meno una  sovrastruttura mentale >>


Chiacchierando  , sulla domanda    che mi  sono  fatto   nel  post  precedente  ,  con amici   filosofi  non accademici   e  filosofi  ufficiali (  insegnanti  di filosofia )  è nata    questa  interessante  discussione  Essa  vede   protagonista  Alessandro Fontana (studente del liceo G. M .Dettori di tempio pausania ) uno dei relatori alla manifestazione GIORNATA DELLA FILOSOFIA 2019 - “COME FILOSOFARE CON IL MARTELLO, PREMIO ANDREA BIANCO II edizione
una manifestazione culturale che vuole valorizzare l’approccio dei giovani alla filosofia, organizzata dagli studenti del Liceo stesso, dedicata ad un ex studente di Luras prematuramente scomparso, Andrea Bianco [ foto a sinistra ] scomparso prematuramente negli anni dell’Università. Studente estremamente serio e scrupoloso, Andrea Bianco è stato una delle migliori eccellenze del Liceo Dettori. Infatti amava la filosofia e, in generale, lo studio e la cultura. È stato il primo studente del liceo  cittadino  a vincere la selezione d’Istituto per l’ammissione alla finale regionale delle Olimpiadi di filosofia. Anche per questa ragione la scuola che ha frequentato per cinque anni ha deciso di intitolare alla sua memoria un concorso che si può considerare unico per le sue modalità organizzative.

IO
che ne pensi  del quesito   posto nel mio  precedente  post  ?
LUI
Io penso che al giorno d'oggi per ideologia si debbano intendere tutte quelle pseudo idee non supportate da un pensiero critico o analitico, ma solo da stralci di questo, per cui si prende un ideale a metà, lo si universalizza e lo si rende un dogma innegabile sulla base di strumenti e concetti banalizzati come "libertà" e "democrazia". Parliamone, io sono in disaccordo con quella canzone 
N.a



           perché è fondata su un qualcosa di assolutamente astruso, prima di parlare di ideologia è bene              conoscere cosa veramente sia la libertà.

Poi  è  incominciata la lezione   in palestra  e  ci siamo promessi che avremo  il  discorso   . Ma non riuscendo  a  far  collimare   i nostri  impegni  :  maturità lui ,  lavoro  io   per il momento la   discussione    rimane in sospeso. 
Dico  solo   che   siamo arrivati alla   stessa conclusione    ma da strade diverse  . infatti   se  si ascolta  in ritornello della  canzone citata     oltre  a non  sapere   cosa  sia oggi l'ideologia ( intendendo per   essa      un  qualcosa  di critico   o  analitico  )   essa  finisce   , anzi  è  diventata  al  90  %   una  sovrastruttura  mentale    \   qualcosa  di banalizzante  




chi lo dice che i vecchi siano solo rottami ? la storia di " zio " Cusseddu 97 anni ancora in attività nel suo negozio di stoffe e tessuti

 Tziu * Cusseddu 97 anni e non sentirli: immerso in un mare di colori, continua   a lavorare  nel suo negozio di stoffe, a Tempio Pausania.
Secondo  alcuni   non li  dimostra  . infatti  

Valeria Clouds Che emozione per noi nipoti leggere questi commenti stupendi e pieni di affetto. Glieli leggeremo presto uno per uno. GRAZIE ❤️
La modalità selezionata è Più pertinenti, pertanto alcune risposte potrebbero essere state filtrate.

L'immagine può contenere: una o più persone
foto do  Mario Saragatto 

A tempio è una istituzione Lavora da quando aveva 16 anni. Ha versato 81 anni di contributi. Se non lo merita lui di diventare cavaliere del lavoro, chi lo dovrebbe meritare ? Infatti è talmente esperto che tu le dici cosa devi confezionare e lui automaticamente ti dice la stoffa giusta e anche quanta ne devi acquistare. Non hai bisogno di nessuna misura ci pensa lui😊. Ed ha ancora una mano ferma nel tagliarla e si ricorda di ogni stoffa e dove si trova. Un  uomo  di un garbo e  di una gentilezza    in un mondo ormai sempre  più  incattivito  e  selvaggio.   concordo  con  Mariuccia Confalonieri <<  Basta ciò che si vede per capire che bella persona è questo signore, tantissimi complimenti. >>.  

*  da   noi  in Sardegna   e credo  anche al sud      si definiscono zii\zie  o  se  si  è molto intimi  anche  nonni\e    persone   anziane con cui  non  sia   un parentela  









1.6.19

presentazione del nuovo cd di roberto Diana . La chitarra di Roberto Diana e il violino di Giulia Cartasegna , ispirati dalla voce di Marco Muntoni coro Gabriel tempio pausania

Oggi   dal vivo, all'interno della  sala  della  stazione    di tempio  pausania    cosiddetta  sala Biasi,in quando  contiene  delle  opere  di  giuseppe  Biasi  uno dei pittori  più  importanti  del  1900  sardo 
(  sotto  un dipinto  gli altroi  li  trovate  o visitando  la stazione    o  all'urlò della didascalia  )


dipinto grande
da  http://www.unsardoingiro.it/2019/01/alla-stazione-di-tempio-pausania-non-perdere-i-dipinti-di-giuseppe-biasi/

si è svolta la presentazione del cd, frutto della collaborazione di tre grandi artisti dell'arte musicale. La chitarra di Roberto Diana e il violino di Giulia Cartasegna , ispirati dalla voce di Marco Muntoni coro Gabriel di tempio Pausania . Essi si sono fatti interpreti delle sonorità della nostra tradizione, adattandone modernamente ( insomma mantenendola viva e ripetendola passivamente in modo folkloristico ) la loro essenza. Un percorso segnato dal repertorio portato avanti e continuamente tenuto attivo dal Coro Gabriel, che di sicuro ha contribuito , in questa forma a far germogliare questa produzione. Infatti << Spieriedi significa osservare con attenzione , guardare lontano ed esplorare con lo sguardo . Ispirendi come vagabondaggio ed esplorazione profonda , come percorrere le strade più antiche della Sardegna con un tappeto volante cogliendo tutte le sfumature del percorso . Dall'allegria dei balli al dolore dei drammi alla dolcezza dell'amore >> ( dall'introduzione del cd ). Infatti come ha detto bene Galluraoggi  : << “Ispiriendi” è il nome dell’album – scelto da una chiacchierata con il poeta tempiese Gianfranco Garrucciu – che ci invita a seguire l’attitudine del viaggio sonoro. “Quest’avventura nasce dalla voglia di cercare, di guardare oltre, rinnovando le nostre radici: ecco il senso di Ispiriendi”, racconta Roberto
Il percorso si snoda attraverso una selezione di brani della musica tradizionale sarda e gallurese, con testi sacri come il Miserere, i classici No potho reposare e Nanna Corsa, mescolata tra le atmosfere evocative di Roberto e Giulia.
“Noi raccontiamo la vita nei suoi vari momenti e da lì ripartiamo, il viaggio è solo un pretesto per ripartire ancora”, spiega Marco. Nel disco trova spazio la Gallura antica dei banditi con Balistreri,quella dei canti d’amore e della vita grazie a poeti come Petru Alluttu, Don Baignu Pes, Gianfranco Garrucciu. Dalla chitarra acustica al violino passando per la weissenborn e la voce di Marco, l’itinerario ha il pregio di procedere con una struttura sonora sempre ben equilibrata. [.. continua  qui   https://www.galluraoggi.it/tempio-pausania/ispiriendi-disco-marco-muntoni-roberto-diana-31-maggio-2019/ >>

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  e  della  vitas  Come sta facendo Sebastiano Dessanay, compositore, contrabbassista e professore di musica nato in sardegna ma residente a Birmingham (Regno Unito) con il suo http://377project.com/il-progetto/ ne ho parlato  in alcuni post  .  O come  fanno Mario Bianchi fotografo    e   sua  moglie  pittrice  Cristina Maddalena



Un ottimo concerto  .  ecco alcune  delle mie  foto .







le  altre  le  trovate  qui  fra  le mie foto  di  facebook


  concludo  sempre  con l'introduzione  al cd
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