Ancora non c'è stato nessun processo, e gli indagati hanno il sacrosanto diritto di difendersi.
Ma qui ci sono chilometri di intercettazioni che tutti hanno sentito. E c'è una storia professionale di alcuni indagati che diverse inchieste giornalistiche stanno riportando a galla
infatti come ho già detto retweetando rilanciando tale intervento sul mio twitter : « Mi sembra ad una prima lettura dal web »
La piazza della Repubblica a Bibbiano, davanti al municipio, si raggiunge percorrendo in sequenza due strade alberate con case a tre piani, che si chiamano rispettivamente via Lenin e via Gramsci. La toponomastica è il sigillo sul passato rosso di questa terra. È in questa piazza anonima che Matteo Salvini ha chiuso la sua campagna elettorale per le regionali, nel pomeriggio glaciale del 23 gennaio: Bibbiano usato come una clava per distruggere le ambizioni del Pd, che qui e in tutta l’Emilia ha ereditato il potere dal Pci. Il paese medaglia d’oro per i 22 mesi di Resistenza, terra di asili e scuole celebrate come modello, diventato l’orrore fatto sistema. La patria dei demoni. Dominata dal “partito di Bibbiano” che qui comanda dall’alba della Repubblica.L’Espresso è tornato a Bibbiano. Dopo la tempesta. Tornata la quiete, passate le elezioni, i comizi e le contromanifestazioni, restano loro: i bambini. Perché di certo in questa storia c’è solo la loro sofferenza. Sono loro le vittime, comunque vada a finire l’indagine. Vite già fragili, contese, abusate. E poi infrante dall’onda mediatica e dallo sciacallaggio politico. La propaganda che ha usato ogni mezzo, esibendo sui palchi dei comizi i loro drammi e le loro ferite. Ma Bibbiano è davvero un girone dell’inferno? È soltanto l’incarnazione di un sistema che per fame di profitto strappa i figli ai genitori biologici? O è anche un luogo in cui molti minori sono stati effettivamente abusati? Storie, per esempio, non conteggiate nell’inchiesta della procura di Reggio Emilia, che mira, invece, solo a dimostrare l’esistenza di un business sugli affidi. [ ... continua qui su sul sito dell'espresso ]
« una difesa a priori, il che mi fa pensare che sotto ci sia molto ma molto di più e la paura che venga tutto a galla e davvero tanta. Ma allo stesso tempo un invito a non generalizzare ( vedere twitter sotto di un assistente sociale onesta ) . leggerò l'articolo cartaceo poi darò un giudizio globale » Per il momento m'attengo a quello che dice Pablo Trinca la cui obbiettività su tali vicende sembra essere confermata dall'inchiesta " veleno " ( l'antefatto visto che alcuni protagonisti sono gli stessi dei fatti di Bibbiano ) prima in podcast sul sito di repubblica e poi in libro dallo stesso titolo foto a sinistra ) . Inchieste di ottimo livello, forse il libro risulta un po' meno appassionante della versione audio (disponibile sul sito di repubblica), dove di possono sentire le registrazioni originali che risultano sicuramente più coinvolgenti, ma certamente Trincia riesce a trattare un caso di cronaca nera estremamente controverso in un modo tutto sommato molto delicato ed umano.
Concludo con questo twitter tratto dai suoi commenti
Non posso leggere l'articolo,ma sono un'assistente sociale e immagino la difesa autoreferenziale della categoria, la stessa che fa l'ordine professionale.Invece io la ringrazio per "Veleno",e insisto col dire che la miglior difesa del nostro lavoro è denunciare,non nascondere.
dall'unione sarda CRONACA SARDEGNA - SULCIS IGLESIENTE Ieri alle 21:10, aggiornato ieri alle 22:00
testimonianza-choc
Iglesias, il calvario di Chiara: "Violentata dal mio padre adottivo fin da bambina"
La battaglia di una donna di 34 anni per riavere il cognome del padre naturale, dopo la condanna dell'uomo che le ha rubato la giovinezza
Chiara di Iglesias (il nome è di fantasia) ha subìto per anni le
violenze da parte del padre adottivo: quell'uomo, che aveva sposato la
madre con l'intento (fasullo) di proteggere la famiglia, le ha rubato
l'infanzia e l'adolescenza.
Ora che ha 34 anni - dopo aver faticato a lungo per far credere che i suoi racconti erano veri e arrivare al processo che si è concluso con la condanna dell'uomo a 8 anni di reclusione, poi confermata in Appello - ha deciso di iniziare una nuova battaglia: liberarsi di quel cognome che non ha mai sentito suo e riprendersi quello del padre naturale.
Per raccontare la sua storia, Chiara ha scelto un luogo a lei molto caro: il colle del Buon Cammino, dove si trovano l'omonima chiesetta e il monastero delle Clarisse.
dal corriere della sera 7 febbraio 2020 (modifica il 7 febbraio 2020 | 10:31)
Ferrara, il sindaco si fa fare la piega dalla parrucchiera discriminata Messaggio anti-razzista di Fabbri. La donna era stata offesa da una cliente
di Mauro Giordano
«Ho pensato che venire a trovare Sandra sia molto più efficace di qualunque comunicato. No al razzismo». Il sindaco leghista di Ferrara, Alan Fabbri, porta la sua solidarietà alla parrucchiera del salone Jean Louis David dell’IperCoop il Castello, dove nei giorni scorsi era avvenuto un episodio di razzismo: una cliente si era rifiutata di farsi lavare e tagliare i capelli dalla dipendente del negozio a causa del colore della sua pelle. Sandra è infatti una ragazza di colore.
Impegno e ironia
Una vicenda finita anche sulle pagine di siti e quotidiani nazionale, che ha accesso anche le polemiche politiche su Ferrara e la sua guida amministrativa leghista. Ma Fabbri ha subito voluto gettare acqua sul fuoco presentandosi nel locale e facendosi fare uno shampoo: il primo cittadino è famoso anche per la sua capigliatura e il suo codino. «Care amiche ed amici, vi ricordate la notizia apparsa sulla stampa nazionale e locale della signora che non voleva farsi lavare i capelli da una parrucchiera di colore qui a Ferrara? - ha scritto il sindaco sulle sue pagine social condividendo anche una foto -. Ho scelto volontariamente di esprimere a Sandra tutta la mia solidarietà a nome della città in questo modo. Penso che abbia più efficacia di qualsiasi altro comunicato. Grazie Sandra, grazie allo staff di Jean Louis David dell’Ipercoop il Castello. No all’ignoranza, no al razzismo». Infine anche ironia nel suo rapporto con i capelli: «Non sperate di vedermi altre volte con i capelli sciolti...»
Leggendo la sua storia sul suo account facebook sembra coerente . Infatti a conferma che tale gesto non sia solo un semplice atto propagandistico e riduzionista cioè tendente a gettare fumo negli occhi all'opinione pubblica è questa lettera aperta di flavio romani un suo avversario politico a https://www.estense.com/ del 13\1\2020
“Alan Fabbri, allontanati da questa gentaglia”
Flavio Romani sul silenzio del sindaco di Ferrara sulle manifestazioni di odio di matrice Lega
“Caro Alan Fabbri, non ci credo”. È una lettera aperta, ma anche un appello, indirizzata al sindaco di Ferrara da Flavio Romani.Il candidato al consiglio regionale nelle fila di Emilia-Romagna coraggiosa, non crede che l’ultimo post apparso sulla bacheca del leader leghista – “in cui ti lamenti del fumetto satirico di Mario Zamorani, perché istigherebbe violenza e odio” – sia opera sua.Non lo crede “perché immagino tu conosca bene la differenza fra satira e linguaggio d’odio, e la satira in rima baciata con corredo di fumetti – spiega Romani -, in stile un po‘ vintage di Mario Zamorani non ha niente a che fare con l’odio”.Hanno invece a che fare con “la violenza peggiore e con l’odio più feroce”, “i commenti pubblicati sulla pagina del Pinguini Estensi, centinaia di commenti su Ilaria Cucchi, Carola Rakete, il presidente Mattarella, Aldo Modonesi, e naturalmente Estense.com (che per il suo atteggiamento critico diventa subito “un giornale di m***a in cui ci lavorano giornalisti del c***o”), ovviamente i Rom, con i campi da disinfettare con il lanciafiamme, come sostiene la tua fan sfegatata Raffaella Breveglieri, che ha come immagine profilo una foto con te”.Romani passa in rassegna alcuni dei commenti più atroci resi noti da Estense.com e che corredano la pagina dei Pinguini estensi, ora rimossa, gestita da persone orbitanti nella galassia della Lega di Ferrara e denunciate da Ilaria Cucchi per associazione a delinquere, diffamazione, istigazione e apologia di reato.“Eppure non hai detto una parola su questo scandalo – riprende Romani -, forse perché la maggior parte di loro sono tuoi sostenitori? forse perché molte di queste persone hanno fatto la stessa operazione di spargimento di odio a piene mani soprattutto contro i migranti, raccontando balle su balle per preparare la campagna elettorale con cui hai vinto le elezioni?”.Tornando all’esempio del pamphlet di Zamorani, Romani chiede al sindaco se “davvero pensi che un diavoletto rosso disegnato e frasi come «Vanne via da qui dabbasso, te lo dice Satanasso, pussa via da questa fogna, tu sei peggio della rogna, non ti voglio al mio reame, brutto ceffo, brutto infame» siano di una gravità maggiore che augurare la peggiore delle morti, usare insulti sessisti contro due donne, gioire quando una barca di migranti affonda?”.E ancora, “perché ti indigni per un fumetto che è satira all’acqua fresca e non dici niente ai tuoi sostenitori incarogniti nello spargere violenza a piene mani contro chiunque non sia allineato con le posizioni leghiste?”.Una lunga premessa per ribadire che “non ci credo che sei stato tua scrivere il post contro Zamorani, dicci che è stata un’esagerazione di qualche collaboratore che segue i tuoi social, dicci che è stato il tuo vicesindaco pro tempore, il pregiudicato in casa Acer con lo stipendio da 5000 euro al mese (4800 lordi, 3400 netti, ndr)”.“Alan – conclude Romani con un appello finale riferendosi ai sostenitori haters -, per quel poco che ti conosco io tu non sei così. Allontanati da questa gentaglia, per il tuo bene”.
Come già dicevo nel titolo da tali discussioni . Dalla prima sul gruppo Facebook Naufraghi Splinder da me frequentato per recuperare ritrovare i i quasi due mila circa fra utenti e commentatori fissi del vecchio blog splinder persi con la chiusura della piattaforma )
Francesca FerraroDai dell’oca giuliva a una persona (e già per questo dovresti scusarti) e ti batti il petto perché le femministe (che tra l’altro si sono incazzate parecchio, ma non serve essere femministe per farlo) non hanno urlato allo scandalo? Ma per favore.
Giuseppe ScanoFrancesca Ferraro vero non c'è bisogno d'essere femministe per dire che tale discorso è un abominio. Perché non le ho sentito o letto , ma evidentemente c'è stato. Non capisco dove sia l'offesa oca Giuliva. Un termine che ho sentito anche da mia madre . Cmq mi scuso
Non sapevo che il termine oca giuliva
loc.s.f. persona, spec. donna, che dimostra stupidità, superficialità e scarsa cultura
fosse sessista , strano perchè lo usa anche mia madre ( eppure mi ha insegnato anche se in maniera al limite del bigottismo a : << non insegnare a tua figlia ad essere preda \ insegna a tuo figlio a non essere cacciatore >>.
Purtroppo non ho colpa se ( lo stesso discorso vale per gli uomini ) la Leotta è stata
poteva almeno ribellarsi ai cretidioti ( almeno che non lo abbia improvvisato lei ) che gli hanno scritto il testo .
Eleonora MarsellaSiamo in un paese libero: c’è chi va dal chirurgo e chi no.Perché così tanta cattiveria?
ne approfitto per ampliare la discussione intrapresa sul gruppo affermando che non è questione di cattiveria perchè ciascuno è libero di fare quello che gli va . Ma non c'è bisogna di pontificarlo Urbi et Orbi
Spacciando ciò per vera bellezza quando è una bellezza artefatta e costruita in laboratorio ne non necessaria dettata dal sistema dello Show business (spesso abbreviato in showbiz o show biz) e dall'opinione pubblica Ed soprattutto di predicare bene ma razzolare male
Non biasimo questo articolo preso da http://www.eastjournal.net dell'anno scorso in quanto il 10 febbraio per l'uso che ne si fa potrebbe portare a gravi conseguenze non dimentichiamo che il 1 conflitto mondiale sorse in un clima simile a questo ed in queste zone
Il 10 febbraio si celebra il “Giorno del ricordo” istituito nel 2004 per conservare e rinnovare “la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la Seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra, e della più complessa vicenda del confine orientale”.Purtroppo ogni anno il 10 febbraio viene preso in ostaggio da forze politiche a cui non interessa rinnovare la memoria della complessa vicenda del confine orientale ma solo usare in maniera strumentale la tragedia delle foibe e il dramma dell’esodo. Del resto una sorta di “peccato originale” è insito nella stessa legge che ha istituito questa solennità dove si parla “dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre”. Quelle terre, tuttavia, non erano soltanto loro.Ricordare la tragedia delle foibe e il dramma dell’esodo senza ricordare ciò che è accaduto nel ventennio della dittatura fascista e negli anni della guerra e dell’occupazione nazista significa non riconoscere che su quello che per noi è il confine orientale ci sono anche altre memorie e narrazioni diverse dalle nostre. Significa perpetuare quelle divisioni e quelle contrapposizioni che portarono al conflitto e che vediamo oggi pericolosamente riaffiorare nelle pretese “sovraniste” di talune forze politiche che altro non sono se non la declinazione odierna di quel nazionalismo e di quel protezionismo che in Europa, nella prima metà del ‘900, nel giro di venticinque anni hanno provocato due guerre mondiali.Per commemorare questo 10 febbraio 2019 preferiamo allora fare riferimento ad un altro episodio tragico della storia del XX secolo, più vicino a noi nel tempo.Sarajevo, 5 febbraio 1994: venticinque anni fa, nella capitale bosniaca sotto assedio da quasi due anni, muoiono 68 persone e 142 rimangono ferite nella prima strage di Markale, il mercato coperto al centro della città. Ma cosa c’entra la commemorazione della strage di Markale con il ricordo delle vittime delle foibe e dell’esodo degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia ?Per spiegarlo citiamo quanto scrive il giornalista, scrittore e storico Alessandro Marzo Magnonella post-fazione al libro “Anime baltiche” dello scrittore olandese Jan Brokken: “I territori di frontiera, le località miste, le città multietniche hanno purtroppo un tratto comune, qui sull’Adriatico, come sul Baltico o sul Mediterraneo orientale […]: chi vince prende il piatto. A prescindere da chi sia il vincitore. Anche nel lessico la vicenda è simile”.Alessandro Marzo Magno parla delle città “che hanno più nomi, nelle diverse lingue che vi sono – o vi sono state – parlate”. E cita tra le altre Trieste “italianissima per i nazionalisti nostrani” ma che si chiama anche Trst in sloveno e Triest in tedesco o Gorizia/Gorica/Gőrz. E quanti italiani sanno che Caporetto, luogo così importante per la nostra storia, si trova in Slovenia e si chiama Kobarid (e anche Karfeit in tedesco)?“Il punto è che ognuno di questi nomi ha la sia dignità e la sua storia, mentre i vari nazionalisti vogliono dimenticare il nome degli ‘altri’ ricorrendo soltanto al proprio”, commenta Alessandro Marzo Magno. Accade qualcosa di simile da noi ad ogni “Giorno del ricordo”: c’è chi vuole dimenticare gli altri che hanno vissuto e vivono sul confine orientale: dimenticare i loro nomi, le loro storie, le loro memorie. E’ un gioco pericoloso che in questo periodo in Italia piace a molti, ma è come giocare con il fuoco: prima o poi ci si scotta e magari si finisce per bruciare la casa intera.
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Roberto Spagnoli, giornalista di Radio Radicale, conduce il programma “Passaggio a Sud Est” da cui è stato tratto il testo di questo editoriale. Il titolo è nostro.
I media si sono concentrati :,sulle pseudo polemiche su Junior cally con una censura retroattiva per cercare ( e ci sono riusciti benissimo lo spiego benissimo in questo mio precedente post ) di far passare n secondo piano il testo del suo no grazie anti populista . Sul discorso da Oca Giuliva di Diletta Leotta ( vedere post precedente ) e l'ottimo discorso contro il femminicidio di Rula jebreal ne ho parlato sul mio account di Facebook . Ma hanno prestato poca attenzione o gli hanno dedicato articoli al margine
la forza ed il coraggio di Palo Palumbo
Christian Pintus e scritto da Paolo Palumbo, affetto da SLA
ed l'intelligente intelligente provocazione di Achille Lauro . Infatti come fa notare il bravissimo Lorenzo Tosa
“Cinquantenni disgustosi, maschi omofobi. Ho avuto a che fare per anni con ‘sta gente volgare per via dei miei giri. Sono cresciuto con ‘sto schifo. Anche gli ambienti trap mi suscitano un certo disagio: l’aria densa di finto testosterone, il linguaggio tribale costruito, anaffettivo nei confronti del femminile e in generale l’immagine di donna oggetto con cui sono cresciuto.
Sono allergico ai modi maschili, ignoranti con cui sono cresciuto. Allora indossare capi di abbigliamento femminili, oltre che il trucco, la confusione di generi è il mio modo di dissentire e ribadire il mio anarchismo, di rifiutare le convenzioni da cui poi si genera discriminazione e violenza.
Sono fatto così mi metto quel che voglio e mi piace: la pelliccia, la pochette, gli occhiali glitterati sono da femmina? Allora sono una femmina. Tutto qui? Io voglio essere mortalmente contagiato dalla femminilità, che per me significa delicatezza, eleganza, candore. Ogni tanto qualcuno mi dice: ma che ti è successo? Io rispondo che sono diventato una signorina.” (Achille Lauro)
Quello che in pochissimi hanno capito è che la “tutina” di Achille Lauro e il monologo da brividi di Rula Jebreal sono due facce della stessa medaglia. Una raffinata e intelligente, dall’impatto emotivo devastante. L’altro sporco, provocatorio, urticante, mai volgare. Due atti di coraggio straordinari. Due modi e due stili diversissimi per combattere un unico, enorme cancro del nostro tempo: il maschilismo e il sessismo tossico. Il patriarcato soffocante. La monocultura sessuale dominante. La violenza estrema di chi ti dice chi devi essere e come ti devi vestire.
Non puoi capire uno senza ascoltare l’altra. E viceversa.Un uomo e una donna. Una donna e una signorina”. Fatevene una ragione.
Diletta Leotta, bufera sul monologo a Sanremo. Il chirurgo dei vip: «Ridicolo che dia lezioni di bellezza naturale»
Il monologo sulla bellezza e sul tempo che passa che Diletta Leotta ha portato sul palco di Sanremo ha creato non poche polemiche. «La bellezza capita, non è un merito - ha esordito la conduttrice sportiva. - Certo è un vantaggio, altrimenti col cavolo che sarei qui». Una riflessione, a tratti autoironica, che però non è stata apprezzata da tutti. La Leotta non è nuova a finire nel mirino della critica per i presunti ritocchini estetici.
Giulio Basoccu, chirurgo plastico romano di molti personaggi famosi, la bellezza naturale, le rughe vengono spesso declamate anche se poi il modello che ci impone la società è spesso l'opposto: corpi perfetti, visi scolpiti con lo scalpello.
«Con una quinta di seno evidentemente rifatto parlare di bellezza naturale a meno di 30 anni è inopportuno. Diletta Leotta ha tutto il diritto di vivere la sua fisicità nella maniera che crede. Ma che, dall'alto della sua quinta, ci voglia dare lezioni di accettazione è ridicolo. Certe lezioni lasciamocele dare da una donna che non ostenta la sua fisicità o da una 50enne che vive con tranquillità le sue rughe».
La bellezza è un merito si o no?
«Chi ha un dono nella vita, e la bellezza è un dono, impara a trattarlo come un vantaggio. E' evidente che con il crescere molte donne sono terrorizzate a perdere questo vantaggio e cominciano a rincorrere la bellezza con la chirurgia estetica, a volte anche in maniera eccessiva. Donne o uomini alti 1 metro e 50 fanno presto a fare i conti con il proprio fisico e cominciano a pensare ad altro. A puntare su altre qualità».
social e tv rincorrono sempre di più un modello di perfezione, voi chirurghi quanta responsabilità avete?«Oggi Instagram è lo strumento che i giovani hanno in mano, e si basa su un algoritmo per cui ci si confronta attaverso le foto. E credo anche sia normale scegliere quelle dove si è venuti meglio o modificarle. Il punto è che sarebbe bello puntare di più su altre cose: cultura, doti sportive, intelligenza».
La chirurgia estetica non va vista solo in maniera negativa. Sul palco di Sanremo è comparsa Jessica Notaro, sfregiata dal suo ex, che non ha avuto paura di mostrare il suo volto.
«La chirurgia può fare tanto di buono. Dona qualità della vita a soggetti che hanno avuto o hanno disagi e che vivono piccole o grandi sofferenze. Da medico la soddisfazione più grande è quando ricevo sul telefono i messaggi delle mie pazienti: "Grazie dottore sono felice, ora sono di nuovo serena».
E' rimbalzato sulle cronache il caso del Ken umano, Rodrigo Alves, che dopo essersi sottoposto a 50 interventi ora è diventato donna. Ma qual è il limite della chirurgia?
«Deve esserci sempre un livello medio di buon senso, equilibrio, senso comune. Un intervento estetico è ben riuscito se dopo si ha un aspetto naturale. Il primo elemento è la naturalezza, per ottenere un risultato che sia il più vicino possibile alla natura, che non stravolga la fisicità. Un altro limite è quello della salute: tutto ciò che viene estremizzato, protesi enormi, ritocchi esgerati, superano il problema della gradevolezza ed entrano nell'ambito della salute. E poi c'è il modo in cui quel paziente vive il suo cambiamento. Quando un intervento è opportuno non deve essere alimentato da elementi esterni, il pazinete deve vivere il cambiamento non in maniera patologica.Nel caso del Ken umano questi limiti sono stati tutti superati. il chirurgo deve rispettare questi parametri, non è l'arbitro della moralità ma deve sicuramente consigliare, fare un'esame tecnmico e un'indagine psicologica».
Inizialmente volevo rispondere con questa poesia di Peppino impastato
Pensate che bello, se ieri, Diletta, con spudoratezza avesse detto “Sì, sono bella e rifatta, che ve frega? Sarò libera di fare del mio corpo quello che voglio, fosse pure chiedere al chirurgo di somigliare al procione Remigio?”. L’avremmo amata.
Dopo aver smontato l'anno scorso ( qui il post ) nonostante le accuse ( che mi scivolano via ) di negazionismo \ revisionismo su tale evento \i ovvero il mito \ leggenda urbana del silenzio sulle foibe e sull'esodo delle popolazioni italiane de confine orientale , quest'anno proverò a smontare altri due molto diffusi : 1) quello della pulizia etnica 2) quella della nostra shoah .
Quale prende in esame per primo ? Iniziamo dall'ultimo che poi è anche il più grave . Esso è come gettare benzina sul fuoco ed una delle cause ( vedere i miei precedenti post I II ) del perchè ancora oggi a distanza di quasi 80 anni da tali eventi essi siano ancora una ferita aperta ed non si può parlare di memoria condivisa \ pacificazione ed di come ogni volta che se ne parla e si celebra il giorno \ settimana del ricordo , come giustamente dovrebbe far notare segnala https://capodistria.rtvslo.si/ nei suoi vari servizi sulle foibe s'alimenta di più la ferita . Ecco quindi che l'istituzione della giornata del 10 febbraio dedicata alle foibe e il dramma dell'esodo ci fa ( giustamente se fosse fatto bene ) ricordare che le celòebrazioni di tali avvenimenti sono è un occasione mancata per fare conti con la propria storia ed il proprio passato ed andare avanti senza dimenticare ciò che essi sono stati .
L'anno scorso una due \ settimane dopo il giorno del ricordo si è tenuto un convegno che avrebbe potuto dovuto essere un’occasione di riflessione sul modo in cui il dramma dell’esodo e la tragedia delle Foibe sono stati affrontati dalla maggior parte della stampa e dei media .
Ma l’incontro organizzato dall’Unione degli istriani nella sala principale del palazzo della Regione a Trieste sembra destinato , dopo il solito scontro diplomatico fra l’Italia e i governi di Slovenia e Croazia, ad alimentare nuove polemiche.
L'incontro in questione aperto dal presidente della Regione del Friuli venezia giulia , Massimiliano Fedriga, vedeva fra i relatori il presidente dell’Unione degli istriani, Massimiliano Lacota, l’ex parlamentare, Roberto Menia, e i giornalisti Elisabetta de Dominis, Fausto Biloslavo e Marcello Veneziani. In collegamento video è intervenuto anche il direttore editoriale di Libero, Vittorio Feltri.
In apertura Fedriga ha parlato di un “rigurgito negazionista” sulle Foibe e la Regione, ha aggiunto, “sarà al fianco di coloro che sosterranno la battaglia contro chi vuole negare queste sofferenze".Fin qui scelta condivisibile visto che c'è ancora chi le nega o le esalta , ma allo stesso tempo dubbiosa visto che nel calderone dei negazionisti vengono messi anche storici che cercano di smontare tali leggende con l'uso di documenti e di riportare lo studio della storia el confine orientale e quindi del periodo delle foibe e dell'esodo inquadrandolo nel contesto precedente al 8 settembre 1943 ed eliminando la confusione e uso strumentale quando si parla di tale periodo .
interventi hanno proposto oltre le rispettive esperienze sulla narrazione dell’esodo, in particolare a Vittorio Feltri l’autore delle dichiarazioni più forti: in una dura requisitoria contro il comunismo, ha accusato giornalisti ed editori di aver taciuto sulle Foibe, ha chiesto ai comunisti di pentirsi, (“i partigiani non possono perché per fortuna sono morti tutti”, ha aggiunto) e ha affermato che quella delle Foibe è stata una tragedia “addirittura peggiore rispetto a quanto avvenuto nei campi di concentramento in Germania”.
La comparazione fra la Shoah e le Foibe è stata ripresa anche da Marcello Veneziani, sia pur in maniera più sfumata: “Io non amo questi paragoni - ha detto - perché in effetti ogni tragedia è una storia a sé e quindi la comparazione non è mai giusta, ma quello che però si può notare è il diverso trattamento mediatico: da un punto di vista strettamente di storia nazionale, la tragedia delle Foibe con il relativo esodo ha una dimensione anche numericamente più grande rispetto agli Ebrei italiani che sono morti nei campi di sterminio”.>>
Meno male che a replicare ci ha pensato Alessandro Salonichio, presidente della Comunità Ebraica di Trieste, << “Mettere assieme tragedie terribili, ma con connotazioni profondamente diverse, come la Shoah e le Foibe, non aiuta alla comprensione e non fa onore a chi cerca questi paragoni”, ha detto. “La Shoah è stata caratterizzata da un metodo scientifico, mentre la tragedia delle Foibe, altrettanto tragica, ha avuto connotazioni diverse. Mettere tutto sullo stesso piano è pericoloso e fuorviante e spiace trovarsi di nuovo a commentare fatti di questo tipo.”>>
E' vero ed innegabile che nelle foibe e anche dopo a guerra finita come dice il testo ( mai accettato ufficialmente dai nostri politici ) della «Relazione italo-slovene 1880-1956», "ignorato e passato sotto silenzio da coloro hanno istituito la giornata \ settimana del 10 febbraio , e di cui la relazione approvata all’unanimità il 27 giugno 2000 dalla Commissione storico-culturale italo-slovena, costituitasi nel 1993 sotto l’egida dei ministeri degli esteri dei due paesi e formata da storici italiani e sloveni (consultabile qui). Essa afferma che dopo aver liberato il Litorale adriatico dai nazifascisti, l’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo mise in atto (sottolineatura mia e di https://www.wumingfoundation.com/giap/ più recisamente qui da cui l'ho tratta )
«un’ondata di violenza che trovò espressione nell’arresto di molte migliaia di persone – in larga maggioranza italiane, ma anche slovene contrarie al progetto politico comunista jugoslavo – , parte delle quali vennero a più riprese rilasciate; in centinaia di esecuzioni sommarie immediate – le cui vittime vennero in genere gettate nelle “foibe” –; nella deportazione di un gran numero di militari e civili, parte dei quali perì di stenti o venne liquidata nel corso dei trasferimenti, nelle carceri e nei campi di prigionia (fra i quali va ricordato quello di Borovnica), creati in diverse zone della Jugoslavia.
Tali avvenimenti si verificarono in un clima di resa dei conti per la violenza fascista e di guerra ed appaiono in larga misura il frutto di un progetto politico preordinato, in cui confluivano diverse spinte: l’impegno ad eliminare soggetti e strutture ricollegabili (anche al di là delle responsabilità personali) al fascismo, alla dominazione nazista, al collaborazionismo ed allo stato italiano, assieme ad un disegno di epurazione preventiva di oppositori reali, potenziali o presunti tali, in funzione dell’avvento del regime comunista, e dell’annessione della Venezia Giulia al nuovo Stato jugoslavo.»
ma Il ritornello «tutti i morti sono uguali» si trasforma, quando si tralasciano le dimensioni e il contesto dei fenomeni, in « alcuni morti sono più uguali degli altri ».
L’equivalenza tra foibe e Shoah tanto cara ai neofascisti e ai loro complici «democratici» nasce dall'affermazione che le truppe jugoslave avrebbero ucciso delle persone «in quanto italiane», esattamente come i nazisti avevano ucciso delle persone «in quanto ebree ». Ma si tratta di un ritornello propagandistico, senza alcuna valenza storiografica, ma come capita la menzogna diventa verità e la verità menzogna . Vero L’Esercito Popolare di Liberazione Jugoslavo – compresi i non pochi partigiani italiani in esso inquadrati – arrestò e in diversi casi uccise persone «contrarie al progetto politico comunista jugoslavo», qualunque fosse la loro appartenenza nazionale.Naturalmente nessuno intende giustificare queste uccisioni, in molti casi assolutamente sommarie, ma è doveroso ricordare che i bambini infoibati esistono , almeno che non vi si trovino documentati che lo affermino, solo nell'immaginazione malsana dei propagandisti di destra e che la larghissima maggioranza dei casi interessò appartenenti agli eserciti nazifascisti o loro collaboratori. Recentemente anche il Corriere della Sera si è accorto che ben 300 «martiri delle foibe» decorati dalla Repubblica Italiana dopo l’istituzione del «Giorno del Ricordo» nel 2004 erano in realtà combattenti nelle formazioni repubblichine e collaborazioniste, alcuni dei quali si erano anche macchiati di efferati crimini di guerra.Mettere le due cose sullo stesso livello non è la peggiore offesa, la peggiore banalizzazione che si possa fare della tragedia della Shoah ? A questo punto infatti qualunque atto di violenza diventa «come la Shoah!».
Adesso veniamo alle foibe come pulizia etnica degli slavi verso gli italiani . Altro mito e leggenda , ormai diventata quasi verità e guai a metterla in discussione altrimenti ti tacciono di negazionismo e ti dicono che insulti la memoria del ricordo , sulle foibe e sulla storia del confine orientale , diffusa dalla destra ( una delle oche cose in comune tra la destra parlamentare e quella extraparlamentare ) ed [ sic ] anche dalla sinistra parlamentare .
Inizialmente forse influenzato dai libri di storia di mio nonno paterno fascista e dalle prime letture sue foibe consideravo le foibe come pulizia etnica fatta dagli Slavi verso gli italiani . Poi con diverse letture ( in particolare il libro citato sopra e questi due siti I e II ) che la vulgata ufficiale del 10 febbraio considera a torto negazionista , mi sono fatto l'opinione che tale fatti storici cosi complessi e dolorosi vanno studiati e ricordati a 360° opinione che è quella che conoscete e che ho sempre espresso nel nostro blog dal 209 in poi . Confermata anche da uno storico non sospetto d'essere comunista talmente è critico verso Tito e verso i comunisti Raul pupo nel video che trovate sotto .
Recentemente pero , questa mia concezione è sembrata vacillare chiacchierando con amico sulle foibe . Lui sostiene che le foibe furono oltre ad un genocidio , la nostra shoah, furono pulizia etnica degli slavi contro gli italiani ed io no. Quando ad un certo punto mi ha chiesto il perchè di tale mia convenzione , ma non ho replicato forse perchè ero di fretta ( dovevo andare a fare una commissione ed ero in ritardo ) o paura di non riuscire a padroneggiare in sintesi una serie d'eventi cosi complessi come quelli del confine orientale senza cadere in interpretazioni ideologiche non ho saputo cosa rispondergli con esattezza e gli ho promesso che ci daremo rivisti . Ed ecco che lui , essendo vicini all'edicola mi ha regalato il libro di Dino messina italiani due volte dalle foibe all'esodo una ferita aperta della storia italiana. Esso è un libro si abbastanza onesto in quanto analizza la situazione storica comprendendo anche il ricordo degli esuli ed sostiene una buona ricostruzione storica vicina a quella ( ne trovaste un video sotto e qui ) di Raul Pupo . Un buon libro pur non condividendone l'impianto troppo nazionalistico . Ma interessante conoscere ed approfondire la storia del confine orientale e dell'esodo leggendo testimonianze dirette e indirette di profughi
Ora per poter contraccambiare appena lo rivedo vorrei regalargli o fargli leggere qualche libro che lo smentisca tale sua interpretazione o meglio gli spieghi meglio la mia .
Ed ho rivolto la stessa domanda nel gruppo facebook chiuso moderatoStoria moderna e contemporanea, spunti e riflessioniOra da tale proficua discussione mi ha convito ad non abbandonare la strada intrapresa , che un alto scambio di opinioni ed un semplice libro stava a rischiando di farmi abbandonare , sul 10 febbraio e sugli avvenimenti del confine orientale . Infatti da ciò' ho capito il mo modo di ricordare e lottare contro le celebrazioni farlocche e strumentali del 10 febbraio dove << con la sua impostazione chiusa e nazionalistica”, tutta una certa retorica (poi confluita nel Giorno del Ricordo) “corre seriamente ( anzi lo sta facendo sempre più corsivo mio ) il rischio di legalizzare il ricordo di crimini altrui sull'oblio di altri crimini”— cioè dei nostri. >> da eccetto le frasi tra parentesi lo storico Carlo Spartaco Capogreco.
Insomma, sarebbe anche ora che per vicende complesse e dolorose dove in sintesi : << oggi raccontiamo di aver attraversato i tre incubi del novecento : il fascismo , il nazismo , il comunismo >> ( Antonio Toffetti figlio di un infoibato ) con i rispettivi crimini , non ci si fermasse a semplificazioni superficiali. Non basta citare qualche storico qua e là per non inciampare in assunti erronei o quantomeno discutibili. E l'argomento è troppo importante e complesso per facili ricette ed uso strumentale . Inoltre sul discorso "etnico" chiamerei in causa il video citato prima Raoul Pupo, storico di sicuro non tenero nei confronti di Tito.Lui lo esclude, e ne fa una descrizione prevalentemente politica. Ecco quindi Dire che fu pulizia etnica è storicamente scorretto, sia per la natura degli eccidi, sia per il concetto di "italiano"in una zona crocevia di diverse popolazioni ed etnie come quella dei Balcani che è meno definito di quel che si pensa. Quindi concordo con questo commento della discussione avvenuta sul gruppo prima citata
L'evento delle Foibe non è mica una specie di fulmine, un temporale, un qualcosa che "accadde fuori del controllo umano" e che non ebbe motivi scatenanti. Nell'esaminare un singolo - ben delineato - evento storico, rifiutare il rapporto causa-effetto che lo lega ad altri eventi è sciocco. Oppure è strumentalizzazione deliberata.Asserire che le foibe (e i vari altri eccidi di matrice slava avvenuti nei balcani a danno di altri slavi E ANCHE a danno di italiani E italòfoni - che erano slavi che parlavano italiano) furono un crimine, una cosa orrenda, è esatto ma non esime, dalla analisi, il concetto "furono una reazione a qualcosa avvenuto in precedenza". E citare le cause delle foibe non significa "giustificarle", significa solo spiegarle e capirle.In sostanza, la risultante storiograficamente emergente è che l'attributo "pulizia etnica" sia utilizzato solo da chi vuole a tutti i costi imprimere una matrice ideologica e politica alla analisi storica dei fatti.
Nelle foibe ci finirono persone di QUALSIASI etnia, e gli italiani (insieme agli italòfoni) non furono la maggioranza. Questo fatto da solo dovrebbe esser sufficiente quantomeno a far sorgere qualche dubbio.
...Furono utilizzate per sopprimere gli oppositori politici al regime titino emergente A PRESCINDERE dalla etnia di cui facessero parte. Furono infoibati anticomunisti E persone solo sospettate di esserlo. Furono infoibate persone che effettivamente parteciparono agli eccidi fascisti e degli Ustascia, o SOLO sospettate di avervi preso parte. Furono infoibati collaboratori e spie e anche persone indicate come tali per odio e vendetta dei singoli.
La discriminante non fu MAI la lingua parlata, o l'etnia di appartenenza. [--- ]>>
Ma il termine << [...] "pulizia etnica" è --- come afferma il commento alla discussone di cui parlavo prima Fabiano Fava ---- ovviamente molto urticante, come espressione, e chi la usa ha tutto l'interesse di usarla come è stato detto sul gruppo di storia : << "trigger" per "indiNNiare" chi delle foibe ne sa pochissimo se non addirittura nulla e si lascia intontire. >> Quindi non si può parlare come dice sempre Pupo ( vedere l'articolo del ilpiccolo da me riportato qui in questo post ) : « Il termine “etnico” – spiega lo storico – non può venire applicato a comunità nazionali che si definiscono su basi non etniche, come gli italiani di Venezia Giulia e Dalmazia. In tali casi è preferibile fare riferimento ai processi di “semplificazione nazionale” che hanno interessato tutta l’Europa centro-orientale nel Novecento ».