25.2.17

i primi omaggi artistici ( ed il mio ricordo ) per i 50 anni de la ballata del mare salato - corto maltese di Hugo Pratt


“Quando ho voglia di rilassarmi leggo un saggio di Engels
se invece desidero impegnarmi leggo Corto Maltese”

Umberto Eco


in sottofondo \  colonna sonora l'album l'album "viva mama nera" dei mau mau in particolare la  canzone    Corto Maltese 

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"Lascio a te questo finale, che non era il mio. Ti metto nei miei nuovi ricordi, tra le cose che sono state davvero e quelle solo immaginate." (  da  @soldatodistagno )

Topolino incontra Corto Maltese
Non potendo ,  andare  a vedere la  mostra  ( qui   sul sito ufficiale  della mostra  maggiori dettagli  ) che è  in corso   da novembre  2016   e   che  si  tiene  a  Bologna  fino al  19 marzo 2017 a Bologna, per ricordare , a  50 dalla pubblicazione    de  Una ballata del mare salato     ma  anche   la figura e l’opera del grande maestro del fumetto  Hugo Pratt , causa alti costi    dei trasporti   e  difficoltà ( non siamo in estate )  nei  trasporti  aerei  tra  l'isola e alla penisola  , posso scegliere  solo  un evento  all'anno  e quest'anno  ho scelto     radiohead  a  giugno , commento  qui   il primo  dei grandi eventi    omaggio  , che  è  appunto  la storia in due  puntante  “Topo Maltese – Una ballata del topo salato” ispirata al capolavoro di  Pratt  ( copertina a destra  )
Ed  proprio come  l'editoriale    del  n   3196   del  settimanale  topolino  (   che  trovate  qui   sul  sito ufficiale  di  topolino    oppure  in caso  di cancellazione    qui   sotto la  slide   con l'editoriale   presa   da  http:/ccortomaltese.com/topolino-incontra-corto-maltese/ ) 

 a  cui mi sono deliberamente  ispirato  per  raccontare l'importanza  avuta   di tale  opera   nella  mia  formazione antropologica  \  culturale )


tanti anni (  avevo  24  anni    come passa il tempo 😇😏😔)   fa è andata così: mi trovavo in ospedale  per  la  mia  prima operazione   d'ernia  inquinale  ,  carico come  sempre   di ansia allo stato puro.Non esisteva l’alta velocità e nemmeno i cellulari  come li conosciamo  oggi  o il tablet ed  in pc   portatili    stavano  appena  iniziando   .
.
.Una ballata del mare salato: la letteratura d'avventura dell'800 a fumettiCosì, per ingannare il tempo, e nel mio caso la tensione e  non  stressare    continuamente   gli altri degenti   con le mie  chiacchierare leggevo oltre   qualche  libro  e   i  quotidiani  (  uno locale  ed  uno nazionale  ) oltre  libri e  fumetti  che   mi comprava mia  madre  e 'o regalavano  .  Fra questi mi capito  il  primo  volume   della  collana  i  grandi classici del fumetto    del  quotidiano  la repubblica  , dedicato a Pratt più precisamente  a   La Ballata del Mare Salato, la prima avventura di Corto Maltese. Appena  ho aperto  ho aperto il libro ,  sono  e sono entrata in un’altra dimensione .
 IL  Viaggio iniziato in maniera  inconsapevole (  ero ancora anagraficamente   più piccolo  )  con il  ciclo  disney  i racconti intorno al fuoco  di Nonna papera in particolare  la  storia   : "  Martin  il marinaio   e le perle   nere del pacifico   "(Topolino n°1829 del 1990, testi di Cimino, disegni di Cavazzano  . Tra  le pagine del  fumetto in questione   mi sentivo perfettamente a mio agio e sperimentando un senso di libertà e poesia che non avevo mai provato   cosi attivamente  . Da quel momento non sono stata più la stesso . Pagina dopo pagina ho capito che attraverso il fumetto si può fare letteratura,  ed emozionarsi fino alle lacrime ed  assaporare lo spirito di  ribellione
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Con Corto ho cominciato il mio viaggio verso ciò che mi ha portato qui. Ma anche in giro per il mondo, davvero o solo con la fantasia e  con la mente .  Non ho mai smesso di viaggiare. E quando sono  a rischio “inerzia” o  voglio evadere dalle brutture  della  vita    chiedo aiuto a chi ha il potere di farmi sognare, come vedrete sul prossimi numeri  del Topo. Ma intanto,   chi   ha  la possibilità di andare  a vederla   può scoprire  o riscoprire   chi è veramente Corto Maltese, ne vale la pena  e  credo  che   vi piaceranno sia  la mostra sia  il rifacimento  disneyano ( sopra    la copertina e     sotto    alcune tavole  del  n  3197  compresa la variant per il Comicon di quest'anno )   e  sarà  per  quelli  delle vecchia  e della  mia generazione ( l'età  di mezzo  tra  la ribellione  \  contestazione   degli anni  60\70 e  il  riflusso e  pessimismo   degli anni  80\90    ) un tuffo  \  riscoperta  del passato .

da  https://www.facebook.com/TopolinoMagazine/  più precisamente qui 

da http://www.lastampa.it/2017/02/22/cultura/



Infatti  non vorrei fare il guastafeste  " spoillerando  " e  giudicando aprioristicamernte 😋😀😇 ma Bruno Enna ai testi e Giorgio Cavazzano ai disegni sarà un capolavoro in quanto sono un'accoppiata vincente, se poi diamo loro in mano Corto Maltese non può che venir fuori un capolavoro! L'unico dilemma adesso è scegliere la cover, sperando che si possano trovare entrambe in edicola/fumetteria. Non vedo l'ora arrivi mercoledì !! in attesa  di  leggere  le  due puntate di  topo  maltese  vi  saluto   e  vi auguro


  alla  prossima 

24.2.17

In tivù senza biancheria intima? Il dolore e la rabbia di Melissa Satta o polemica creata ad arte per far parlare di se


il  suo matrimonio con Kevin Price 

Se  anche  una  come Melissa  Satta  che fa come professione la velina ( quella che una volta chiamava donna oggetto ) prende posizione contro tale fenomeno a meno , cosa  che non mi sembra   visto il suo post  su istagram ( vedere sotto ) , che non sia una polemica creata ad arte ( come succede nel mondo dei vip ) per far parlare di se creare un diversivo quando un tuo programma sta andando male
Infatti  --   secondo la  nuova sardegna   del 23 febbraio  2017   --  La showgirl sarda affida ai social network il suo sconcerto per il dibattito che si è scatenato su internet per il suo abbigliamento durante una trasmissione televisiva: "Forse per la prima volte ho capito tante donne e ragazze che vengono colpite da bullismo mediatico e violate nella privacy"


SASSARI.
"Purtroppo in questi giorni è successa una cosa che mi ha colpito molto. Forse per la prima volte ho capito tante donne e ragazze che vengono colpite da bullismo mediatico e violate nella privacy".
Comincia così il lungo messaggio che Melissa Satta ha affidato ai suoi profili pubblici su Instagram, Facebook e Twitter.    

Melissa Satta a Tiki Taka

 La showgirl e modella sarda è finita nei giorni scorsi al centro di un dibattito sul suo abbigliamento  (  di cui trovate  un  fermo immagine sopra  )  durante l'ultima  trasmissione   Tiki Taka sui canali Mediaset  : qualcuno ha sostenuto che non indossasse biancheria intima.
"Prima di essere un personaggio pubblico sono una donna, moglie e mamma - scrive Melissa Satta -. Faccio un lavoro certamente non comune e magari non compreso da tutti ma comunque rispettabile e serio. Da 4 anni partecipo ad una trasmissione di calcio che fa parte di una testata giornalistica ma con taglio da talk show per famiglie e per ragazzi di qualsiasi età... e solo perché ho indossato una gonna alcune menti evidentemente non 
sane hanno insinuato che fossi priva di biancheria intima e così la notizia su internet è diventata sempre più virale con tutta la sua gravità.
 L'immagine può contenere: 1 personahanno Cosa ancor più grave è che è stata ripresa da alcune sedicenti testate giornalistiche come se fosse vera". "Ora - prosegue il lungo messaggio della showgirl - capisco come si arriva a tragedie come la violenza sulle donne perché ormai tutto è permesso, tutto va bene... ma non dovrebbe essere così. Le donne, le ragazze, le bambine vanno protette da questo modo di pensare e soprattutto di esternare siffatti pensieri distorti perché sta prendendo una piega pericolosa e sicuramente sbagliata".
Melissa Satta pubblica anche la lettera dello studio legale al quale ha affidato la tutelare giudizialmente le sue ragioni.



il fatto di indossare o no la biancheria intima fa parte delle scelte personali,e quindi consiglio alla signora Satta di non curarsi delle critiche ricevute (fatte da menti contorte).Complimenti comunque per l'eleganza , la bellezza ,   la  discrezione che ha a differenza  di  molti suoi colleghi\he   nel  suo ruolo  di vip  
 

23.2.17

dopo le palme adesso arivano i banani in piazza duomo a Milano

in sottofondo azzurro - Adriano  Celentano 


Continua a cambiare il volto di piazza Duomo a Milano. 
Dopo le palme, che hanno suscitato polemiche e atti vandalici, ad arricchire la nuova area verde ci pensano i banani. 
Le piante tropicali sono state piantate nella notte tra mercoledì e oggi. 
Ora mancano le scimmie, temperature più alte e i leghisti potranno finalmente sentirsi a casa... tanto, di africani in giro per le strade di Milano, se ne vedono a non finire. :-)

milano dopo le palme in piazza duomo arrivano i banani

                (Foto Luigi Barnaba Frigoli per L'Unione Sarda)



speriamo che non siamo  bruciate  o distrutte  , o facciano  campagne  ( vedere post precedente  ) idiote  .Ma 



22.2.17

Sesso fin dai 14 anni ma nessuno conosce rischi e malattie e poi ci si lamenta se ....

un prof   fa  leggere  ai ragazzi  "Facciamolo a skuola" e "Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa" di Marida Lombardo Pijola, giornalista, già inviata del quotidiano "Il Messaggero".



argomento censurato perchè considerato un semplice fatto di cronaca locale dai media ufficiali nazionali . meno male che c'è internet e qualche media non allineato e  nazionale se  occupa 


da http://www.leggo.it/news/italia  Mercoledì 15 Febbraio 2017, 18:01

GENITORI IN RIVOLTA CONTRO IL PROF DI RELIGIONE: "LIBRI TROPPO SPINTI AI RAGAZZI"









Scoppia la bufera in due scuole medie della Sardegna. Le famiglie si sono rivolte ai rispettivi presidi perché un docente ha suggerito agli alunni la lettura di due libri giudicati "spinti". Si tratta di "Facciamolo a skuola" e "Ho 12 anni faccio la cubista mi chiamano principessa" di Marida Lombardo Pijola, giornalista, già inviata del quotidiano "Il Messaggero". La vicenda, riporta da "L'Unione Sarda" è arrivata fino alla Curia e il vescovo di Nuoro, Mosè Marcia è stato durissimo: "Il docente se ne deve andare a casa, siamo in attesa di capire meglio dal preside delle due scuole". Lo segnala Skuola.net. Il fatto. Il professore aveva suggerito ai suoi alunni di due scuole di Nuoro e Ottana durante una lezione sul cyber-bullismo questi due libri. Però i genitori non ci stanno e giudicano quelle pagine scabrose, tra l'altro in un testo assente nei programmi didattici. Se a Nuoro non arrivano a comprare il libro, a Ottana, invece, molti genitori acquistano i volumi. E anche qui scoppia il finimondo. Non tutti però la pensano come queste famiglie. Il titolare della libreria Mielamaro di Nuoro su Facebook è critico: "Questi genitori, al di là dell'essere puritani o ben pensanti, stanno cercando di impedire ai propri figli di comprendere il mondo reale che li circonda attraverso la mediazione di uno strumento culturale, ma quando sul mondo reale ci sbatteranno la faccia, quali armi di conoscenza avranno questi ragazzi?". L'autrice si difende. La reazione di una delle due scuole coinvolte non si è fatta attendere: "L'autorità scolastica si sta occupando della questione. Seguiamo tutto con molto attenzione come sempre in casi del genere". Anche il sindaco di Ottana interviene: "Abbiamo raccolto le preoccupazioni delle mamme, ma sappiamo che le autorità scolastiche hanno in pugno la situazione". Cosa ne pensa invece l'autrice del libro? "Mi dispiace di essere al centro di un caso, ma penso siano polemiche abbastanza sterili. La lettura dei libri non è consigliati ai soli ragazzini, ma devono essere accompagnati da un adulto. Sono convinta - aggiunge - che possa essere una lettura molto utile per loro. L'intento del libro è cercare di colpire al cuore e al cervello, per far sentire loro la miseria dei comportamenti di cui scrivo e le loro conseguenze". A suo figlio lo farebbe leggere? "A mio figlio così piccolo da solo non lo avrei fatto leggere, ma in questi casi è stato proposto da un docente, quindi intenso come strumento di riflessione, in linea con il messaggio educativo che io stessa ho voluto dare al mio scritto".


poi  non lamentiamoci   se  commettono atti di bullismo  ,  o  atti di pedo pornografia  , ecc   o  se  secondo  





I risultati di una ricerca eseguita fra gli studenti delle superiori. C'è chi crede che il diabete sia sessualmente trasmissibile  di Alessandra Ceschia



Fanno sesso in modo disinibito sin dai 14 anni, ma dei rischi di salute che corrono non sanno niente, o quasi. A parte l’Aids, che conoscono in maniera piuttosto approssimativa, i ragazzi conoscono poco o nulla delle altre malattie sessualmente trasmissibili, tanto che alcuni di loro pensano che il contagio avvenga attraverso la saliva e il sudore.Non solo, fra le malattie che si trasmettono facendo sesso collocano anche il diabete, il vaiolo, la scabbia, la cistite e perfino la zika.Nonostante i “millennials”, ovvero i ragazzi nati a ridosso del nuovo millennio, rappresentino la più grande generazione interconnessa che il mondo abbia visto, e nonostante abbiano tutte le informazioni a portata di mouse, sembrano essere meno informati di quanto lo erano i loro genitori, più di una ventina di anni fa, almeno sul fronte della prevenzione.

A mettere tutto nero su bianco è stato un progetto avviato in collaborazione fra Dipartimento di prevenzione, Scuole, Comune di Udine attraverso Città sane e Clinica Malattie infettive dell’ospedale di Udine, diretta dal dottor Matteo Bassetti, su oltre un migliaio di studenti di Sello, Copernico, Percoto e Malignani.Oltre un migliaio di studenti sono stati sottoposti a un test per valutare le loro competenze sulle malattie sessualmente trasmissibili e sul rischio di contrarle.«Abbiamo proposto il questionario ai ragazzi di 16 e 17 anni prima di tenere un corso di informazione in classe – è la premessa del dottor Bassetti – quindi abbiano valutato a posteriori le conoscenze acquisite. Ciò che è emerso è sorprendente: non solo conoscono pochissimo le malattie sessualmente trasmissibili e le confondono con patologie di tutt’altra origine, ma sono piuttosto confusi sulle modalità di trasmissione».Complessivamente sono stati distribuiti oltre duemila questionari Una delle domande cui lgi studenti erano chiamati a rispondere era: «Quanti tipi di malattie sessualmente trasmissibili conosci?». La stragrande maggioranza degli intervistati ha elencato l’Aids, una malattia di cui il 78,8% dei ragazzi ha sentito parlare. Eppure, non altrettanti sanno che cosa sia il virus da immunodeficienza umana, noto come Hiv, vale a dire la vera causa dell’Aids, che solo il 70,8% dei ragazzi ha dichiarato di conoscere. Tutto ciò che riguarda la altre malattie, poi, è immerso in una fitta nebbia.Solo il 15,7% degli studenti ha ammesso di conoscere la sifilide (percentuale che dopo il corso è salita al 31,4%); va ancora peggio per l’herpes, noto al 13,4% dei ragazzi (sono diventati 30,3% dopo il corso). E scendono vertiginosamente le competenze riferite a malattie come la candida (9,7% prima del corso e 29,5 dopo), l’epatite (8,8% prima degli incontri di formazione, 20,2% dopo), quindi la gonorrea, meglio nota come “scolo” (dal 7,2 al 18,1%).Va ancora peggio per la clamidia, l’infezione a trasmissione sessuale batterica più diffusa al mondo che conta 50 milioni di casi all’anno e può causare l’infertilità (conosciuta solo il 5,5% dei ragazzi), così come il papilloma (5,6%) e la mononucleosi, nota al 3,7% dei ragazzi. Sorprende che nella categoria delle malattie trasmissibili attraverso il sesso alcuni abbiano collocato il diabete, il vaiolo, la cistite, la tubercolosi e perfino il virus zika, veicolato da zanzare infette.Nè i ragazzi sembrano interessati ai progressi della medicina e alla ricaduta sulla cura delle malattie sessualmente trasmissibili, visto che solo l’87,1% degli intervistati ha ritenuto falsa l’affermazione “Tutte le malattie sessualmente trasmissibili sono incurabili” dimostrando un pericoloso fatalismo.I test somministrati dopo il corso hanno dimostrato come la prevenzione si può e si deve fare attraverso l’informazione. Indispensabile, specialmente perché vi sono ragazzi che ritengono possibile la trasmissione di malattie veneree o del virus dell’Hiv attraverso la saliva.Ne era convinto il 24% degli intervistati (scesi appena al 16% dopo il corso). Senza contare che il 3,9% pensava – e pensa tuttora nonostante le informazioni ricevute – che il vettore delle malattie sia il sudore. Il 78% ha indicato come vettore il sangue (percentuale che nel questionario finale è salita a 90,5%), il 55% ha indicato i fluidi vaginali (il 72% alla fine), e il 72% lo sperma, percentuale che dopo gli incontri di informazione è salita di una decina di punti. In definitiva, per essere la generazione senza tabù, più esposta al contagio, i teen agers hanno dimostrato di avere molto da imparare

ed io che credevo che tali storie fossero solo opere letterarie ed artistiche

http://gazzettadimodena.gelocal.it/modena/cronaca/ del 22 febbraio 2017

Il vero padre era l'amico di famiglia: modenesi chiedono maxi risarcimento

Un medico facoltoso rivela al figlio di un amico poco prima di morire di essere il vero padre. Dopo il test del dna anche un fratello scopre la nuova paternità. I due avviano una causa civile per disconoscere il vecchio cognome e intanto fanno una seconda causa per ottenere il nuovo cognome e chiedono un risarcimento da 2 milioni di euro ciascuno alla erede. Ma i giudici li fermano: prima va riconosciuta e cambiata la vecchia paternità


                        di Carlo Gregori








MODENA. Un modenese ha scoperto di essere figlio di un facoltoso medico quando questi glielo ha confessato a pochi giorni dalla morte. La perizia del Dna ha accertato che lui e un fratello erano davvero suoi figli biologici, ma i due non hanno però potuto accedere alla cospicua eredità, anche se il padre naturale aveva confidato al primo di volerlo riconoscere. Per chiedere quanto spetterebbe loro - compreso un risarcimento di 2 milioni di euro a testa che chiedono all'erede - hanno intentato una causa civile per disconoscere il loro cognome ufficiale, quello che per decenni ha fissato la loro identità. La causa non è ancora terminata. Nel frattempo hanno già avviato una seconda causa per ottenere il riconoscimento della nuova paternità. Ma il Tribunale civile di Modena l'ha chiusa condannandoli a risarcire le spese. Li ha fermati ricordando che era prematura: prima devono cancellare il vecchio cognome.
Gli sposi e lo studente. Dietro questo importante caso in corso c'è una storia uscita da un romanzo d'altri tempi. Nel 2015 Roberto (i nomi sono di fantasia) avvia un'azione legale al Tribunale civile contro Paola, erede di un facoltoso medico da poco deceduto. Roberto chiede al giudice che venga riconosciuto che il suo vero padre è il defunto, e non più il marito di sua madre come si era sempre creduto e come risulta all'anagrafe.
Fin dall'infanzia Roberto aveva vissuto coi genitori e quattro fratelli senza che mai un sospetto lo turbasse. Poi nel febbraio 2015 incontra il medico, amico di famiglia, e questi, ormai vecchio e prossimo a spegnersi, gli confida una rivelazione sconvolgente: non è figlio di suo padre ma suo. Era un giovane studente universitario arrivato dal Sud Italia a Modena per studiare medicina, quando è stato accolto a casa dei suoi genitori. Ma tra lui e la donna che lo ospitava è nata una relazione passionale. La madre è rimasta incinta di Roberto. Per non destare scandali, la relazione è rimasta nascosta e la gestazione è proseguita come se il bimbo fosse stato del marito. Ma il marito sapeva del tradimento in corso e ha deciso di riconoscere ugualmente il neonato come suo figlio e lo ha iscritto col suo cognome allo Stato Civile. In quella famiglia nulla poteva fare insorgere sospetti. Infatti il rapporto clandestino è andato avanti mentre lo studente di medicina ha fatto da padrino al bimbo sapendo che era suo figlio. E ha continuato a frequentare la famiglia anche quando è diventato un importante e facoltoso medico.
La sconcertante verità. La confessione ha sconvolto Roberto. Ancora più impressionante è stato però il motivo della confessione fatta dopo tanti anni a un figlio segreto adulto: il medico gli aveva rivelato la verità per riconoscerlo come figlio a tutti gli effetti. Un atto riparatore che però non ha potuto portare a termine: è morto pochi giorni dopo. Roberto racconta, nel suo atto presentato ai giudici della Seconda Sezione Civile, di aver parlato di questa rivelazione sconcertante anche con Paola, la figlia del medico, mentre andavano nel Sud per trasportare le ceneri e dare l'addio a quell'uomo che li univa in modo così inatteso.
La svolta arriva però dalla decisione di Roberto di sottoporsi a una perizia genetica. Nel settembre 2015 lo farà con i quattro fratelli utilizzando campioni prelevati dalla salma del medico. La conferma arriva: è figlio naturale del medico. Subito dopo il colpo di scena: anche uno dei fratelli risulta figlio del medico. Con Paola però non arrivano a un accordo e parte la causa civile intentata da Roberto. Chiede ai giudici di cancellare il cognome dell'uomo che ha creduto suo padre per tanti anni: allo Stato Civile deve risultare il suo “nuovo” vero padre, il medico. A lui si unisce il fratello di sangue: anche lui fa causa.
La causa prematura. I fascicoli sono unificati e la causa risulta ancora in corso. Nel frattempo, però, i due fratelli avviano una seconda causa sempre contro Paola per far sì che il Tribunale riconosca con una dichiarazione giudiziale che sono figli effettivi del medico. Il Secondo Collegio del Tribunale Civile ha però giudicato inammissibile questa richiesta condannando i due fratelli a pagare 2.500 di euro per le spese. Il motivo è che, scrivono i giudici, un individuo non può essere figlio di due padri. In altre parole non può risultare contemporaneamente figlio di una coppia e anche figlio biologico di un terzo. Prima i due fratelli devono eliminare l'ostacolo giuridico, il fatto di risultare nati nel matrimonio, e quindi la prima causa deve concludersi a loro favore. Se ci sarà una dichiarazione giudiziale che è venuto meno il loro stato di figli nati dal matrimonio, potranno
essere riconosciuti figli naturali del medico, si farà l'importante variazione allo Stato Civile del Comune di Modena e alla fine godranno dei benefici. Compresa l'eredità. E potranno anche chiedere ed eventualmente ottenere il risarcimento dei danni quantificati in 2 milioni a testa.


intervista alle vincitrici italiane di ReAct 2016 [Informarsi, dentro e fuori la Rete E parlarne. Che si debba partire da qui per risolvere il problema ? parte II ]


Ho ottenuto  l'intervista    con  (  anche  se   come    riportato nel precedente post   il lavoro alla realizzazione hanno contribuito anche Claudio Pitzalis, Pier Andrea Cao, Alessio Zuddas, Lucia Corrias e Jacopo Lussu ) le  5 ragazze di  Cagliari che combattono l’odio online (e   sono  state   premiate negli Stati Uniti) Alessia Dessalvi, Giulia Tumatis, Giulia Marogna, Luciana Ganga, Ema Kulova .  Le  quali  si  sono  classificate terze  a livello mondiale  in una competizione di Facebook ed EdVenture Partners .
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l'immagine ed  i video  sopra   riportatate  sono  tratte  da https://react2016.org/


N.b
L'intervista  è  stata  fatto per  motivi  d'organizzazione   e  tempo   collettivamente  e  non  singolarmente 






1) vi conoscevate prima di questo progetto ?

Essendo, il progetto, promosso dal dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Cagliari, siamo partiti come gruppo di 29 studenti provenienti da corsi di laurea differenti: Amministrazione e Organizzazione; Scienze Politiche; Relazioni Internazionali e Politiche Società e Territorio. Molti di noi si conoscevano perché ovviamente erano colleghi, ma grazie a questo progetto abbiamo avuto la possibilità di conoscere persone nuove, lavorare insieme e creare dei legami anche di amicizia che non avremmo avuto mai la possibilità di poter fare. React ci ha dato la possibilità di arricchirci dal punto di vista anche di rapporti umani. 



2) poichè sui media riassumono troppo potete spiegarci meglio di cosa tratta il vostro progetto ? 

React è nato grazie ad un concorso, denominato P2P, promosso da Facebook e dal Dipartimento di Stato Americano al quale abbiamo partecipato. Dovevamo sviluppare una campagna per combattere l’estremismo violento ed il linguaggio violento, in particolar modo sui social media. La prima cosa che abbiamo fatto è stata guardarci intorno. Il nostro paese è afflitto da numerosi problemi tra i quali l’immigrazione, argomento molto difficile da trattare di questi tempi. Concentrandoci su di esso, abbiamo somministrato dei questionari ai nostri stessi colleghi dell’Università per capire quale era la percezione del fenomeno ed abbiamo riscontrato che un altro grande problema della nostra società sono le cosiddette fake news. Le false notizie che circolano sul web e sui social network, spesso correlate al fenomeno dell’ immigrazione, non fanno altro che alimentare lo scontento e la paura, che, purtroppo, sempre più frequentemente sfociano in comportamenti xenofobi e razzisti. Siamo giunti alla conclusione che per combattere l’estremismo dovessimo partire promuovendo una corretta informazione, da questo è nato anche il nostro nome. React è l’ acronimo di: Reject Extremism through Awareness, Courage, Tolerance. Poiché il rifiuto dell’estremismo passa dalla consapevolezza, il coraggio e la tolleranza. Abbiamo sviluppato un sito web dove pubblichiamo i nostri contenuti originali: articoli di controinformazione con dati e fonti certe; materiale informativo; i nostri spot per promuovere la campagna e videointerviste. Il sito è direttamente collegato alle nostre pagine social: Facebook, instagram, youtube e twitter. Abbiamo fatto di Facebook il nostro trampolino di lancio per raggiungere più facilmente i più giovani ma anche le diverse fasce di età degli utenti del social. Proprio con l’ intento di voler diffondere più rapidamente la campagna e di coinvolgere in prima persona i nostri followers, abbiamo pensato ad un gesto universalmente conosciuto che ci rappresentasse al meglio; siamo giunti così al Time Out. Il nostro vuole essere un invito a fermarsi per qualche istante a leggere una notizia, andando oltre al titolo,ed informarsi attraverso fonti attendibili e dati certi per sviluppare una propria opinione cosciente e consapevole sull’ argomento. Oltre alla campagna online abbiamo condotto parallelamente anche una campagna offline, consapevoli dell’ importanza dei rapporti umani. Abbiamo organizzato eventi e principalmente incontri nelle scuole, nei quali non presentavamo solo il progetto ma facevamo capire agli studenti l’importanza dell’informazione corretta sviluppando una discussione da pari a pari. Siamo fermamente convinti che focalizzandoci sugli studenti, quindi sulla società del domani, possiamo raggiungere non solo loro ma le loro famiglie e il loro amici tramite un effetto domino. Questo è anche la spiegazione del perché il nostro logo siano le tessere di un domino. In conclusione la nostra campagna è una campagna sicuramente sociale che tocca molteplici temi ma che si focalizza sull’importanza del creare una propria opinione cosciente in maniera tale che la società non possa essere manipolata e in cui si possano affrontare i problemi altrettanto coscienziosamente, abbattendo i muri del pregiudizio e sconfiggendo la paura del diverso e di una cultura che non conosciamo. 

3) vi aspettavate un simile risultato ? 

L'immagine può contenere: 11 persone, persone che sorridono, persone in piedi e scarpe
dall'account  fb di Alessia  Dessalvi ( https://www.facebook.com/alessia.dessalvi )
Assolutamente no, abbiamo gareggiato con circa 150 Università straniere e mai avremo pensato che potessimo arrivare tra i tre finalisti della Facebook Global Digital Challenge. Ci abbiamo messo il cuore e ci abbiamo creduto fin dall’inizio e a quanto pare è vero che l’impegno ripaga sempre.

4) che idea ti vi siete fatte in merito alla questione sollevata dall'appello lanciato dalla Boldrini su www.bastabufale.it e  di questa  sua lettera  a Zuckerberg  è solo un qualcosa fatto per far vedere che si sta facendo qualcosa cioè " populista " \ demagocico ? oppure sincero , ma solo il primo passo ? 

Dal nostro punto di vista, un punto di vista da studentesse che lavorano ad una campagna che promuove la corretta informazione e non un punto di vista politicamente schierato, ci sentiamo di affermare che è vero che in Italia, così come in altri paesi, la questione delle false notizie è davvero un problema e solo ora si sta incominciando a sentirlo e a farne i conti. I social Network sono davvero un mezzo molto potente di comunicazione che mette in contatto milioni di persone ogni giorno. Proprio per questo motivo, per Facebook è difficile creare subito degli standard che rispettino le libertà di parola e di pensiero di un utente ma che allo stesso tempo non scalfiscano la libertà di un altro. E’ un lavoro che richiede e richiederà molto tempo ed è un lavoro che sarà sempre in divenire ma che dovrà e sarà sicuramente sviluppato, soprattutto anche grazie a questo appello. Al di là delle politiche di Facebook ci dovrebbe anche essere un lavoro parallelo che istruisca la popolazione e i giovani in particolare su come difendersi da tutte le notizie che ricevono ogni giorno, affinché sappiano scindere tra quelle attendibili e non. Pensiamo fermamente che la diffusione del vero e un’opinione cosciente non siano temi di destra o di sinistra ma siano temi che dovrebbe stare a cuore a tutti indifferentemente, poiché una società deve avere solide fondamenta per poter durare a lungo. 



5) Credete che le varie piattaforme debbano necessariamente adottare restrizioni più marcate contro l'odio e le bufale ? Se sì, quali idee proporresti?



I social media sono piattaforme sconfinate, aperte a tutti, che offrono un infinità di opportunità diverse ma, proprio a causa di questo, è facile farne un uso sbagliato o condividere dei contenuti inappropriati senza preoccuparsi delle conseguenze. Perciò riteniamo assolutamente necessaria l’ adozione di politiche restrittive verso coloro che divulgano false notizie e fomentano l’ odio online. Come già detto, a causa della loro natura, è più difficile esercitare un controllo sui contenuti e sugli utenti dei social. Per arginare l’ affetto delle bufale un’ idea potrebbe essere la creazione di una sorta di “biblioteca” online, in cui vengono raccolti dati certi e fonti attendibili consultabili in qualsiasi momento per chiarire eventuali dubbi e per poter distinguete più facilmente le false notizie dalle altre. Ad oggi nel 2017 c’ è ancora molto lavoro da fare sotto questo punto di vista.



5.1)  IL  sistema che intende usare twitter è utile oppure sa di censura ed è solo repressivo? 

L’ idea iniziale così come presentata potrebbe essere utile a monitorare i cosiddetti profili fake ed evitare che contenuti aggressivi vengano pubblicati e ottengano visibilità. Vero è però che il rischio di limitare la libertà personale degli utenti nell’ esprimere la propria opinione è dietro l’ angolo. 

6) la nuova proposta , il disegno di legge  Adele  Gambaro   un  "pugno duro" ,   ( link   con  il pdf  del progetto )  contro i bufalari, un'azione inevitabile se si vuole contrastare efficacemente la diffusione sistematica di bufale oppure   si tratta di un nuovo decreto ammazza internet e censura \ repressione del dissenso e della critica con la scusa delle bufale come penso oppure secondo voi è qualcosa di diverso di positivo ?

La diffusione delle fake news è diventato un problema di ingente portata nella nostra società, carburante di odio ed ignoranza. Con questo strumento, secondo noi, non si vuole reprimere il dissenso o a critica ma è mirato all’ eliminazione di notizie infondate e inverificabili.
È anche vero dall'altra parte che un DDL qualora venga approvato sarà sicuramente un atto molto forte e uno strumento che dovrà essere usato in maniera cauta. La nostra opinione è che chiunque impugnerà la legge e chi sarà chiamato a giudicare dovrà seguire delle regole. Nella nostra storia abbiamo lottato per conquistare diritti come quello di opinione che, finché non violano la libertà dell’altro e non sono pericolosi per la società in generale, non devono essere intaccati. Per questi motivi è una legge che deve e dovrà essere regolata. Fornire i propri dati alla Sezione per la stampa del tribunale sarebbe un inizio, per esempio anche i giornalisti e pubblicisti devono essere registrati in un albo o comunque devono avere delle credenziali riconosciute. In Italia esistono comunque già delle sanzioni per chi mette in rete notizie false e incita all’odio sul web. Si tratta di sanzioni attuate dalla polizia postale per reati come istigazione alla discriminazione razziale, non è il reato che il nuovo DDL prevede ma sicuramente sono provvedimenti che ci fanno ben sperare. Infine come già detto le cosiddette Fake news non sono un problema solo di portata nazionale, ma un problema anche internazionale, per questo motivo anche l’Unione Europea sta lavorando e cercando metodi validi per contrastare la loro diffusione.
 
Alessia Dessalvi, Luciana Ganga, Giulia Tumatis, Giulia Marogna, Ema Kulova



21.2.17

Qualcuno ci renda l’anima. I limiti della sottocultura omosessuale Dialogo di Daniela Tuscano con Mattia Morretta autore di “Che colpa abbiamo noi” (2013)

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“Che colpa abbiamo noi – Limiti della sottocultura omosessuale” (Gruppo Editoriale Viator, Milano, 2013, pp.345) è il saggio con cui Mattia Morretta, psichiatra-psicoterapeuta e sessuologo, ha voluto stimolare il dibattito all’interno della comunità omosessuale, e non solo, perché oggi «la libertà concessa ai gay è fatta di un miscuglio di banalizzazione e riduzionismo: li si lascia essere quel che si è sempre pensato che fossero, a patto di farne una specie di video-gioco per il tempo libero, senza rilevanza per l’interesse generale». 
Daniela Tuscano, insegnante e scrittrice, ha voluto approfondire con l’autore alcuni dei temi, estremamente attuali, che attraversano le pagine del suo saggio. Ma lasciamo a loro la parola.
- Sin dalle prime pagine si capisce di avere a che fare con un testo di portata generale, che si rivolge in maniera più diretta agli omosessuali ma parla a tutti indistintamente, con l’ambizione di esporre un vero e proprio sistema di pensiero.
Ricordo di esser stato impressionato a vent’anni dalla lettura de Il pozzo della solitudine, un romanzo epocale del 1928 (pubblicato in Italia nel 1946) nel quale Marguerite Radclyffe Hall non si limitava a porre apertamente la società di fronte alla situazione dolorosa degli omosessuali, filtrata attraverso la vicenda della protagonista aristocratica e saffica, ma arrivava a indicare una strada di progresso tracciata da figure guida di omosessuali mentalmente e moralmente “sani”. 
Per l’autrice infatti gli studiosi non possono sapere tutta la verità, dato che conoscono soltanto i nevrastenici o i più provati dalla vita e non gli “invertiti normali”: “I dottori non possono sperare di rendere chiare agli altri le sofferenze di milioni di noi, solamente uno di noi lo potrebbe fare. 
Ci vorrà molto coraggio, ma si farà, poiché tutte le cose debbono tendere all’estremo bene, e nulla si perde e nulla si distrugge”. Orbene, omosessuali normali, tra i quali mi annovero, sono una costante nei secoli, prove viventi della naturalezza della propensione e del peso determinante della personalità in ogni condizione di svantaggio. Per inciso, in quanto psichiatra sono propenso a tutelare la salute, soprattutto mentale, perché “genio e sregolatezza” valgono in positivo solo per gli artisti.
- Denunci con forza, nel tuo testo, la mancanza di “voci autorevoli” al riguardo…
Nella mia tesi di laurea in medicina nei primi anni Ottanta parlavo già con chiarezza della necessità di approntare una operazione di rilevanza intellettuale e umana, l’ascesa ad un linguaggio capace di fondare soggetti omosessuali parlanti-da-sé in maniera qualificata, per scardinare l’assunto della incompatibilità tra ruolo di Autorità (con i suoi rapporti col Padre Simbolico) e l’omosessualità mancante per definizione dello statuto di Soggettività. Un prender la parola con autorevolezza e cognizione di causa puntando a farsi ascoltare, dimostrando competenza anche scientifica, tutt’altra cosa dalla testimonianza individuale o dei periti di parte con bandierina arcobaleno.
Ciò implica andare oltre la posizione di una minoranza che punta a raggiungere obiettivi categoriali per mirare a rivolgersi alla maggioranza coinvolgendola culturalmente, poiché è interesse di tutti saperne di più, comprendere meglio le problematiche rubricate alla voce “omosessualità” (comportamenti, orientamenti, identificazioni, identità).
- Eppure attualmente non mancano luoghi aggregativi e spazi di dibattito, dove sembra possa sorgere un fattivo confronto tra voci diverse. O dovremmo dire dissonanti?
Nell’Italia dei circoli socio-commerciali e dei partiti a favore manca una strategia politica nel senso migliore del termine, che agisca su più fronti e a vari livelli sul lungo periodo, mettendo in rete le risorse per produrre elaborazioni concettuali all’altezza della complessità attuale.
Il mio libro tenta di produrre e promuovere un sapere che interessi anche gli altri mostrando i punti di intersezione perché la sessualità è un continuum antropologico. In effetti, descrivendo in modo puntuale una condizione particolare si finisce per illuminare la fenomenologia umana, quindi aspetti generali ed universali nei quali tutti possono riconoscersi.
- Ti scagli anche contro l’enfasi data dalla società odierna sui “gusti” sessuali, a scapito della totalità della persona. In effetti scrivi che preferiresti il termine persona gay che non gay tout-court.
Se, come ha scritto John Boswell, gay indica un riconoscimento e omosessuale un destino, ho scelto sin da ragazzo e scelgo tuttora il secondo vocabolo, perché la libertà si coniuga solo col destino. La definizione che prediligo è “persona omosessuale”, laddove omosessuale è aggettivo qualificativo, qualifica e non specializzazione.
Se insisto sull’identità è per arrivare infine a prescinderne a ragion veduta, come cercare il senso della vita serve a poterne fare a meno.
Oggi trionfa l’incomunicabilità e la separazione per “gusti” è imposta agli uni e agli altri, ciascuno è confinato nel proprio mondo o ambiente, il che rende impossibile scambiare conoscenze e fare esperienza di normalità.
Per questo ho posto l’accento su una reciproca educazione civica, che va costruita nel corso di molteplici generazioni dedicando un pensiero al futuro. Per altro, la formula “simili con simili” vale prescindendo dall’inclinazione sessuale perché le principali affinità e attrazioni concernono le tipologie caratteriali e di personalità.
I gusti e le pratiche sessuali dividono, mentre le vicissitudini esistenziali ed affettive uniscono creando convergenze (per esempio, immedesimandosi nelle storie amorose e nel dolore esistenziale).
Ho voluto così fornire un’occasione di approfondimento per colleghi medici e psicologi (eterosessuali), i quali sono a digiuno da decenni riguardo alle difficoltà reali degli omosessuali e non hanno più incentivi ad occuparsi della specificità per apparente scomparsa del “problema”. L’omosessualità di fatto è conosciuta per sentito dire, persino dagli specialisti della psiche.
I riscontri più positivi li ho avuti a dire il vero dagli “altri”, da coloro che interagiscono o sono accanto a omobisessuali e vorrebbero capire di più. Fin dal secolo scorso auspico la costituzione di organismi formali di esperti omosessuali che possano fungere da interlocutori per Istituzioni ed Enti professionali.
Di recente si sono aperti spazi per contributi di terapeuti e intellettuali omosessuali, posti liberi che non si sa da chi far occupare perché sono in pochissimi a possedere un effettivo patrimonio conoscitivo sull’omosessualità.
- Nel libro non vengono risparmiate contestazioni a nessuno, etero e omosessuali, progressisti e conservatori, laici e cattolici, le posizioni fortemente critiche nei confronti dei “gay” non rischiano di prestarsi a manipolazioni o avvalorare pregiudizi negativi?
Nel preparare la presentazione del libro l’anno scorso avevo immaginato un cartello con la dicitura “Avvertenze per il lettore: Materiale per adulti, vietato ai minori”, aggiungendo una frase pronunciata da Oscar Wilde durante il primo processo: “Non mi interessa il parere delle persone comuni e non mi sento responsabile della loro ignoranza”. Sarcasmo a parte, quando si scrive per comunicare il proprio pensiero, non volendo compiacere nessuno, si finisce per dispiacere un po’ a tutti ed essere facilmente fraintesi.
Il mio è un saggio paradossale (contro l’opinione corrente), scritto da un uomo che ha inventato la sua strada e non ha per scopo la divulgazione o la comprensione a buon mercato, concepito lontano dall’attualità e dalla cronaca, se mai proiettato nel passato e nell’avvenire. Un voce levata nel deserto che chiama alla consapevolezza e, lungi dal dare la linea, invita a formare un pensiero autonomo sulla sessualità, decostruendo per poter (ri)costruire con cura.
Curioso che la moralizzazione sia invocata per tutto tranne che per il retro-mondo gay, quasi fosse il migliore possibile. I protagonisti del movimento gay operano un plateale boicottaggio di altre posizioni o visioni, infatti sul mio libro ha aleggiato un silenzio aggressivo, ben peggiore della critica, di solito assente a favore della polemica. C’è chi non intende, chi rifiuta per partito preso, chi si annoia per lo sforzo richiesto di seguire il ragionamento.
Leggendo con attenzione si capisce che non ho alcun pregiudizio, se mai miro a formulare un giudizio obiettivo sugli atti (non ciò che si è, bensì ciò che si fa). Il contenuto è indubbiamente uno schiaffo morale assestato con una lingua a tratti infuocata per attivare difese profonde, poiché per i diretti interessati si tratta di dare il meglio per proteggere l’identità e soprattutto la qualità della vita in quanto esseri umani e persone. Per un male secolare occorre una terapia radicale e non una blanda pozione ideologica con diritti civili inclusi.
Da qui il ricorso alla censura di certe condotte e al sentimento di colpa come mezzi per promuovere assunzione di responsabilità, perché criticare con passione è una forma di generosità.- Probabilmente sentir ancora parlare di colpa infastidisce, forse occorrerebbe ricorrere all’espressione “mancanza” o “peccato”, da molti però ormai confinate in ambiti strettamente religiosi. Credo però che, alla base di queste preventive auto-assoluzioni, che non risparmiano nessuno (né gay, né etero, né bisex ecc.), vi sia un totale cambiamento – o stravolgimento – antropologico, proprio delle società liquide di baumanniana memoria: in realtà, ciò che non si vuol fare è crescere e, quindi, assumersi precise responsabilità. In ogni scelta di vita.
Scegliendo il titolo "Che colpa abbiamo noi" avevo in mente una vignetta di Mafalda, il noto personaggio di Quino: “Che strano quando uno vede la gente al mare, sembra che nessuno abbia colpa di niente”. Tutti si auto-assolvono fingendo di non dover rispondere di nulla contando sulla connivenza o complicità altrui. Certo, non ignoro che la stragrande maggioranza di omosessuali agisce come i bambini che non hanno conosciuto l’affetto nell’ambito parentale e sociale, infatti chi è stato perennemente rimproverato e sotto giudizio resta insicuro e incapace di agire in maniera volontaria per il bene, facendo quello che è sbagliato pur desiderando comportarsi con correttezza.
La mia è un provocazione etica, un faticoso e fastidioso esame di coscienza nel quale si pongono domande stringenti e inevitabili (gli interrogativi giusti sono più importanti delle risposte). Del resto, fare la morale è far intendere significati e messaggi, la morale della favola è il succo del racconto, ciò che conta capire. Dice Milan Kundera in Amori ridicoli: “Se l’uomo fosse responsabile solo di ciò di cui è cosciente… L’uomo risponde della propria ignoranza”. Nel nostro caso, poi, le colpe dei padri ricadono sui figli: i nodi che non hanno affrontato gli antenati diventano eredità conflittuale e gravosa sui discendenti, in termini individuali e collettivi (come il debito pubblico). Offrendomi quale “padre” che giudica ho tentato di dare un’opportunità di maturazione ai più ricettivi, perché oggi più che mai è necessario diventare pienamente adulti e non contare su tutori esterni, genitori compresi.
- Nel tuo saggio colpisce che l’approccio serio e scientifico si accompagni a sorprendenti concessioni alla cultura popolare, tra le citazioni colte fanno capolino quelle tratte dalla musica leggera quasi senza discontinuità.
Per me il Privato è sempre stato Politico, posso affermare di aver praticato soprattutto la politica esistenziale, nelle e delle relazioni interpersonali, il civismo psicosessuale e amoroso.
Fin dai gruppi di autocoscienza degli anni Settanta, caratterizzati da una forte politicizzazione, ho avuto interesse per la quotidianità dei sentimenti e la dimensione ordinaria del vivere, nella quale la musica popolare svolge un ruolo importante, anzi è una sorta di cartina di tornasole dello spirito dei tempi.
Pur identificandomi come “intellettuale” percepivo le contraddizioni tra principi teorici o visione dall’alto e comportamenti concreti, in qualche modo tra il dover essere e l’essere. Infatti, avevo scelto la denominazione dissacratoria di “Collettivo Patty Pravo” per ciò che restava nel 1980 del serioso “Collettivo di liberazione sessuale”, dopo aver letto una frase di Nicoletta Strambelli che avevo fatta mia: organizzare una spedizione per esplorare il banale.
Del resto, la canzonetta è una forma di poesia in versione minore, alla portata di tutti, con corredo di autori, strofe, rime, parole accompagnate da melodie, un canone fin dall’antichità, e in italiano a differenza dell’inglese il testo conta molto.
- Un artista pop ha dichiarato: “Sono consapevole che la canzone è considerata la periferia dell’arte, eppure le canzoni hanno fatto l’amore, la rivoluzione…”. Più semplicemente, hanno svelato il sentire comune (e segreto) più di tante dotte trattazioni.
Al di là dello studio e della lettura, sovente ho trovato riscontro più immediato e veritiero nelle emozioni trasmesse da motivi “cantabili”, i cui testi sembravano poter corrispondere a mie personali esperienze e vissuti. Per questo Renato Zero, icona omosessuale che ha attraversato decenni determinanti per la trasformazione della provinciale società italiana, è stato un riferimento anche per me, a dispetto dei militanti che frequentavo e lo snobbavano o sprezzavano.
Più in generale potevo specchiarmi nel linguaggio e nelle maschere di alcuni personaggi, i quali fungevano da compagni di viaggio e talora indicavano una strada comune (voglio ricordare Giuni Russo e Ivan Cattaneo).
Esiste sempre una colonna sonora mentre viviamo e i giovani anelano a sogni, miti, eroi sul grande schermo del mondo. Nel capitolo dedicato alla gioventù omosessuale, in origine le frasi tratte da Figli della guerra erano seguite dalla seguente didascalia sul cantautore romano: “angelo custode per migliaia di giovani omosessuali nell’ultimo quarto del secolo scorso, una figura di artista popolare che non è stata sostituita e non ha avuto epigoni”.
- Gli attivisti gay saranno sicuramente balzati sulla sedia nel leggere il nome di Zero, e non di altri, in un saggio rigoroso e “militante” (nel senso migliore del termine) come il tuo.
Qui non è in gioco l’essere fan di un cantante, che può piacere, dispiacere, non piacere più, e meno ancora la valorizzazione dell’individuo in sé, le cui pecche e mancanze sono sotto gli occhi di tutti, bensì il significato di una ritualizzazione pubblica e l’incidenza sull’immaginario.
In questo senso negli anni scorsi Zero e Busi, in ambiti diversi, sono state le uniche figure dotate di spessore sociale che abbiano imposto a livello di massa un riconoscimento del valore intrinseco alla connotazione omosessuale, implicita o esplicita. I contenuti inconsci possiedono difatti una autonomia che consente la loro personificazione e incarnazione, in positivo e in negativo (dèi e demoni).
Quindi ho apprezzato la tua ultima pubblicazione dedicata a Zero ["Chiedi di lui" di Daniela Tuscano e Cristian Porcino, ed. Lulu, n.d.A.], nella quale viene delineata la parabola di una carriera artistica sullo sfondo del momento storico e le quinte dei fenomeni di psicologia collettiva, perché sul palco va in scena la drammatizzazione delle emozioni esistenziali. Non per nulla André Gide ne I sotterranei del Vaticano afferma che “l’arte del romanziere merita fede, mentre talvolta gli avvenimenti reali comportano diffidenza”.
- Le parole più dure le usi a proposito dell’Ambiente Gay, soprattutto i locali commerciali. Eppure secondo gli esponenti del Movimento sono gli unici contesti aggregativi connotati con chiarezza e quindi in grado di favorire identificazione, tanto da vedervi un mezzo di penetrazione sociale nel territorio, di cui si avverte la mancanza, per esempio, nel Sud, c’è chi si spinge a considerarli addirittura utili per la diffusione di informazioni sull’Hiv.
Ogni volta che sento parlare di comunità, stile di vita o scena gay in Italia, con tanto di colori, effetti speciali, sorrisi per i fotografi, penso ad una poesia di Umberto Saba: Quante rose a nascondere un abisso. Chi ha frequentato o frequenta gli esercizi commerciali per la categoria, concentrati in alcune grandi città e di due o tre tipologie al massimo (tutte variazioni sul tema dell’incontro sessuale), sa per esperienza diretta quanta solitudine, freddezza, simulazione, maleducazione vi alberghino, vere forche caudine del collettivismo impersonale che impongono il giogo della mortificazione alla naturale tensione a conoscersi e socializzare l’identità.
Dopo un breve periodo iniziale in cui hanno costituito una novità per il nostro Paese, che prevedeva solo boschetti, fiumi, vespasiani, hanno preso una direzione del tutto anomala che non giustifica l’appartenenza e l’approvazione sociopolitica considerata oramai “normale”; basterebbe valutare l’assenza di sviluppi positivi in termini di dinamica comunitaria per gli omosessuali e di riconoscimento da parte del resto della società (non fosse che per le quote pubblicitarie). L’auto-segregazione e l’isolamento sono addirittura peggiorati.
Solo la mancanza di alternative e la rassegnazione spingono a servirsene, possibilmente in dosi ridotte o per brevi periodi. Gulag e per giunta a pagamento da cui un numero crescente di persone ha cercato scampo con il fai da te della Rete Internet, finendo per lo più dalla padella nella brace. Amici, parenti, compagni di partito non possono neppure immaginare quale atmosfera si respiri in certi “postacci”, peggiori bar di Caracas senza alcun brivido fashion.
- Scrivi pure: “…tutto il gran darsi da fare dell’Arcigay non ha formato neanche nuove figure politicamente rilevanti e significative”. Un’accusa grave…
Nel sito web Omonomia avevo chiamato la sezione dedicata agli ambienti gay “Camere ardenti”, giocando sull’equivoco tra dark room e camera mortuaria, prime vittime il corpo e la sessualità.
La citazione di apertura, estrapolata ancora una volta da un brano di Zero ("Cercami"), calzava a pennello: “Così poco abili anche noi / a non dubitare mai / di una libertà indecente”. I gestori di club gay, sorta di protettorato politico tutto italiano, potranno avere un po’ più di credibilità quando dimostreranno di favorire occasioni di svago, convivialità e cultura, specie durante il giorno, e non solo notti brave, serate danzanti e mosca cieca. L’estone Emil Tode vent’anni fa in Terra di confine a proposito di quei posti commentava: “di tanto in tanto mi diverte osservare quella carne infelice che attende nei bar la sua redenzione” e concludeva con amarezza: “Tutt’intorno la carne è pronta… ma lo spirito non c’è da nessuna parte”.
Allontanarsi periodicamente da luoghi frequentati a lungo è un fattore di igiene fisica e mentale, visto che la consuetudine annulla l’obiettività. Inoltre, vi si apprende un modo innaturale e manipolatorio di vivere l’omosessualità che si imprime nelle emozioni e determina dipendenza. In particolare sono gli adolescenti e i giovani a subire il peggior trattamento, a vedersi trascurati e imboniti da chi si fa vanto di soddisfare le loro esigenze con appositi “servizi”. Sicché, legioni di ragazzi si ritrovano abbandonati a se stessi nella giungla delle Chatline, laureati honoris causa servi del Server, secondo la definizione di Busi.
- Ma le campagne di sensibilizzazione riguardo all’Aids che si attuerebbero nei locali?…
È una materia di cui mi occupo in concreto da trent’anni e preferisco soprassedere, perché certe affermazioni circa il ruolo dei locali nell’informazione sanitaria non meritano neppure di essere commentate. Basti dire che nella scorsa primavera ONG di settore e circuiti commerciali gay hanno pubblicizzato come grande novità un’iniziativa che proponeva una specie di fioretto per bambini: un mese intero di sesso sicuro, per poi andare a fare il test di controllo!! Sì, silenzio è sempre uguale a malattia e morte, ma non è più ammesso disturbare il clima apparente di festa e i manovratori della barchetta gay. Nonostante i dati epidemiologici parlino chiaro e un giro negli Ambulatori di venerologia e infettivologia raccontino una realtà di feriti e militi ignoti nella guerra continua del sesso a rischio. Pertanto, sugli impostori di turno non esito a puntare l’indice con i versi di Isaia: “Maledetto chi Bene il Male / e Male il Bene chiama / Chi la Tenebra sulla Luce / E sulla Luce la Tenebra” (5, 20).
- Il tuo atteggiamento politicamente scorretto appare più evidente sul tema delle unioni o matrimoni gay, benché la schiera dei favorevoli sembri compattarsi e apparirebbe logico far fronte comune.
Per gli omosessuali italiani sesso e coppia sono gli unici piatti nel menù privato e politico, vaghi accenni retorici alla solidarietà si odono talora nei gruppi d’ispirazione religiosa. Non si riesce a entrare nel merito dei bisogni affettivi e relazionali delle persone omosessuali, perché da anni è diventato obbligatorio condensare nell’unione a due il massimo delle aspirazioni individuali e della realizzazione di fronte alla collettività, un clamoroso malinteso concettuale e un premio di consolazione in termini sociologici.
Mi colpisce che pure i credenti riducano gli affetti fondamentali al matrimonio e al nucleo famigliare, identificando quali “strade dell’amore” solo quelle che vedono legati due individui, mentre sarebbe logico valorizzare senza riserve anzitutto l’amicizia e i legami interpersonale scevri di interessi di comodo o di potere.
Per mia fortuna appartengo ad una generazione che ha potuto contare sulla visione aerea di Michel Foucault: “L’omosessualità è un’occasione storica per riaprire virtualità relazionali e affettive, non tanto per le qualità intrinseche dell’omosessuale, ma perché la sua posizione, le linee diagonali che egli può tracciare nel tessuto sociale consentono a queste virtualità di venire alla luce”.
- Ma una proposta del genere oggi rischierebbe di venir equivocata, parrebbe ai più confermare la tanto vituperata “promiscuità” omosessuale. Tutto perché non si compie mai il passo successivo, non si volta mai pagina per leggere come si conclude il pensiero. D’altro lato, il matrimonio ti appare come una conquista ideologica più che come effettiva esigenza, o sbaglio?
I rapporti di coppia, monogamica, fissa, chiusa o aperta, e via dicendo ovvietà, non sono mai stati e non saranno mai esaustivi della potenzialità affettiva, non hanno alcuna esclusiva sui sentimenti e sovente hanno poco a che fare con l’amore, anche quello con la a minuscola. Un tempo era chiaro che il matrimonio fosse per interesse e convenienza, mentre per amare e desiderare il piacere si apriva il vasto campo delle interazioni non istituzionali.
Purtroppo, la democrazia sembra ridursi a scegliere tra opzioni preconfezionate, esprimendo pareri sui temi del giorno. Il politicamente corretto proclama dogmi che soffocano dubbi e interrogativi, rumori e chiasso prendono il posto dell’approfondimento, senza accorgersi che i concetti mistificati confondono e generano ulteriore pregiudizio, nonché reazioni opposte a quelle attese.
Soltanto i superficiali possono sostenere che la “famiglia” abbia o addirittura debba avere una natura puramente sentimentale, deducendone la validità universale a prescindere dal genere sessuale e da qualsivoglia finalità superiore. Al di là della seriosità ufficiale, si nota che il motivo “oggi si avvera il sogno e siamo sposi” è quasi argomento da cronaca rosa, con una evidente strizzatina d’occhi al femminile materno. Rammento una canzoncina popolare di tanti anni fa che rovesciava la medaglia: “La mia mamma vuol che sposi / ma sposarmi non mi va”.
In tale logica la coppia, il compagno e il matrimonio sono espressione non tanto di esigenze primarie, quanto del bisogno disperato di ottenere almeno la parvenza di rispettabilità tra gente per bene, in altri termini una forma di conformismo. Infatti la stessa pubblicità di parte chiede il diritto di sposarsi tra gay “per stare meglio”, il che sottintende a paragone del peggio in cui di norma si vive e ci si accoppia, perciò per migliorare lo status passando da poveri sessuali a quasi benestanti, in analogia con coloro che partono dal basso nella scala sociale e tentano di salire di qualche gradino.
Pasolini, descrivendo in Petrolio il modello di famiglia laica emancipata dalla Chiesa Cattolica degli anni Settanta, rilevava che l’unirsi in matrimonio aveva cambiato motivazione e scopo, poiché serviva “per raggiungere, ed esprimere socialmente, il benessere. Le sue osservazioni circa i giovani eterosessuali potrebbero essere applicate ai gay contemporanei: “L’ostentazione di tutti questi amori che legano le coppie – amori fatali e manifestamente carnali, come la permissività consente, anzi impone – rivela chiaramente che si tratta di rapporti profondamente insinceri” (Appunto 71 v).
C’è da chiedersi allora chi nel contesto omosessuale abbia a cuore il cuore dell’Uomo, la sua tensione ad affezionarsi al prossimo, alla fratellanza e all’immedesimazione volontaria, all’Amore che ha in se stesso il fine, non mira al possesso e va oltre la stessa corporeità, il voler bene in cui si effonde l’Anima?! Amare è un dono straordinario, tuttavia nessun essere andrebbe assolutizzato a scapito degli altri.
Scrive Wilde nella novella "L’Amico devoto": “L’amore sarà anche una cosa bellissima, ma l’amicizia è molto più preziosa”. Aggiungo io che l’amore può forse farci sentire più vivi, ma è l’amicizia a farci sentire umani.




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L'elzeviro del filosofo impertinente /4

Lo ammetto, detesto il periodo di carnevale e non ne capisco il senso. Non mi riferisco certamente ai motivi storici, bensì alla ragione di fondo che spinge i contemporanei a festeggiarlo. I bambini e le bambine hanno tutte le ragioni di questo mondo per giocare ad indossare i panni dei propri eroi ed eroine, ma qual è invece la causa nascosta che muove gli adulti a camuffarsi?
Forse un'infantilità latente o un profondo senso di inadeguatezza? L'etimologia della parola persona deriva dal latino, e significa proprio maschera. La stessa maschera indossata dall'attore per impersonare un ruolo. Nella vita di tutti giorni ci mettiamo addosso i panni di personaggi che non ci rassomigliano. Utilizziamo i social network per rappresentarci nel modo in cui vorremmo essere. Costruiamo, quindi, la nostra immagine sull'opinione degli altri, e non su quello che sentiamo o avvertiamo di essere veramente. Seguiamo la massa amorfa senza porci alcuna domanda. Vedere tutti questi adulti mascherati girare per le vie della città mi inquieta e non poco. Non sono minimamente sfiorati dal senso del ridicolo. Ovviamente si rasenta il grottesco quando vogliamo sollazzarci a tutti i costi come giovani adolescenti, e non accettare mai di responsabilizzarci; per quello, forse, c'è tempo. Ad esempio come razionalizzare ed assimilare la fastidiosa presenza di quei martelletti di gomma dati in testa, o quei coriandoli che ti entrano in bocca, oppure quelle insulse trombette suonate a più non posso? Di questa carnevalata salvo solo i carri allegorici con la loro proverbiale satira sui potenti che si rifà proprio alla ragione storica di questa ricorrenza. Ironia della sorte il mercoledì successivo al martedì grasso la Chiesa ci ricorda che siamo polvere, e polvere ritorneremo. In altre parole: 'Cari mortali, divertitevi pure tanto vi attende la tomba"! 
Ma perché pensiamo all'allegria e al divertimento come a un sinonimo di cialtroneria e di ritorno all'infanzia? Occorre, in tal senso, operare un ripensamento sul significato del riso. Io propongo un'alternativa: carnevale per noi umani dura tutto l'anno, dunque perché non provare, per un solo periodo, a buttare giù la maschera, e mostrare le nostre vere (varie) meschinità al mondo? Ci pavoneggiamo tanto su Facebook o Twitter del nostro grande altruismo (finto), ma in verità siamo meschini, misogini, razzisti, maschilisti, ignoranti, omofobi, pettegoli, saccenti, cattivi, egoisti ed opportunisti, sempre pronti a sparare a zero sulla vita dei nostri simili. Abili a lisciare il pelo a chi può assicurarci qualcosa, e altrettanto veloci nell'infangare chi, secondo il nostro metro di giudizio, ci ha usati per i suoi turpi scopi. Embè, non abbiamo fatto forse lo stesso anche noi? Impegniamoci, dunque, per essere più che apparire, e sono sicuro che un solo singolo momento di verità sarà molto più entusiasmante di un'intera vita costellata d'inganni. A voi la scelta.

Criap

                                                    ® Riproduzione riservata



20.2.17

Palme in piazza Duomo date alle fiamme: frutto della pseudo identitaria leghista ed affine

   colonna sonora  il canto delle palme


Premetto  che non sono  favorevole alle palme  ed  altre piante tropicali in piazza Duomo   sia per  la possizione   che è  un impugno in faccia  alla visualizzazione del monumento sia  perchè ci posso essere altre  soluzioni  per  il decoro urbano  piante    basse  , fioriere , ecc .Insomma mi lasciano perplesso come   la foto  ( poi modificata   ) di un famoso film L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi, meme e sMS Ma soprattutto  non sono  d'accordo ,mi ricorda  quando l'inquisizione  nel caso di Savonarola   e poi i regime nazista  e fascista  bruciavano i libri in piazza  .  Ringrazio come sempre  l'amica   e utente   Daniela  Tuscano  che mi suggerisce la  risposta


ANSA.it Lombardia
Palma sacra custodisce "punto zero" Milano

Palma sacra custodisce "punto zero" Milano
E' nella chiesa del S. Sepolcro, la volle Carlo Borromeo

                                                             © ANSA
(ANSA) - MILANO, 19 FEB - Nella polemica delle palme si inserisce a Milano questa curiosità storico-religiosa: è una palma in bronzo, realizzata per volontà del cardinal Carlo Borromeo nel 1600, che custodisce simbolicamente il "punto zero" della città, il punto che secondo Leonardo da Vinci è da considerarsi il vero centro di Milano. Quel punto è nella cripta della chiesa del S. Sepolcro, accanto alla Biblioteca Ambrosiana, in piazza Pio XI, a pochi metri da Piazza Duomo. In una mappa del Codice Atlantico Leonardo lo indica come "il vero mezzo" di Milano. E lì, per volontà di san Carlo Borromeo, è collocata dal 1600 un palma in rame e bronzo fatta realizzare dal cardinale come simbolo di "sapienza e rigenerazione" e non a caso collocata lì: per Carlo Borromeo quel punto è l'ombelico della antica Milano e della civitas romana sia in termini geografici quanto etico-morali. Perché si trova accanto alla copia esatta del sepolcro di Cristo realizzata nel 1100 dentro cui è custodita terra prelevata dai Crociati a Gerusalemme.
  agli idioti  che   davanti a notiizie  come  questa  scrivono tali commenti 
Allarme in Sud Sudan, metà della popolazione rischia di morire per fame #NelMondo - VIDEO


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Giampaolo Melis Per farli sentire a casa loro verranno piantate le palme in tutta Italia
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o peggio  elogiano il fatto  ,   sarò contradditorio   , dirà qualcuno\a   , visto che faccio delle campagne contro l'odio e gli insulti  , ma purtroppo   non so come  chiamare  persone del genere  che su Facebook gira il post scritto giovedì scorso da un gruppo di estrema destra, Azione identitaria, che annunciava: 

I quali Attaccando anche Starbucks - la multinazionale che sponsorizza la nuova aiuola di piazza Duomo -, il post parla della volontà di distruggere la cultura occidentale, tesi che altri - a destra - hanno usato in questi giorni. Adesso, dopo che le palme sono bruciate, il gruppo di estrema destra aggiunge: "Non rivendichiamo ma non condanniamo il gesto".

Gente   ignorante   che  si  spaccia  per  identitaria ,  non  conoscendo  neppure   quelle    che  dicono essere le  loro stese  radici