30.7.13

la sardegna solo vecchi ? Giovane demografa legge il futuro dell’isola dei vecchi Luisa Salaris, di Terralba: «Meno abitanti, età media più alta Ma la politica non se ne occupa». Sassari supererà Cagliari

Sempre musando per i clienti giornali vecchi ho trovato quest'altro articolo interessante 



Giovane demografa legge il futuro dell’isola dei vecchi
Luisa Salaris, di Terralba: «Meno abitanti, età media più alta Ma la politica non se ne occupa». Sassari supererà Cagliari Dopo il «master» nei Paesi Bassi il «back» a Cagliari con Pippo Puggioni Il mio primo impegno: lo studio delle traiettorie di mortalità a Villagrande




CAGLIARI Ci sono due scenari. Il più ottimista ipotizza una Sardegna che nel 2030 perderà 50mila abitanti e che saliranno a 114mila nel 2040. C'è anche un'altra proiezione, “catastrofica” ma non del tutto avventata, firmata dai demografi delle università di Cagliari e Sassari e dagli studiosi dell'Istat: nell'isola sono previsti 131mila abitanti in meno nel 2030 e 252mila nel 2040. Nell'interno molti i paesi che avranno sempre meno abitanti (il Comune più piccolo - nell'Oristanese - è Baradili con 92 residenti). Ma la tendenza coinvolge anche i capoluoghi, a partire da Cagliari: nel 2035 la capitale sarda – oggi con 156.951 all'anagrafe – si ritroverà con 31mila abitanti in meno di oggi, Nuoro sarà
con una quota negativa di 2.594 e Oristano si attesterà a meno 1.600. Eccezione. Unica eccezione Sassari che, fra quasi vent'anni, dovrebbe ritrovarsi con 2.200 cittadini in più di quelli censiti al 31 dicembre scorso (128.096) e diventerebbe così il centro più popolato della Sardegna. Sassari batte Cagliari, chi vivrà vedrà. E chissà quale florilegio di battute in vernacolo campidanese e turritano. Dinamiche. Lo spopolamento dell'Isola, ma soprattutto l'invecchiamento della popolazione, sono uno dei temi di studio di Luisa Salaris  ( foto a destra  )  , assegnista di ricerca a Scienze politiche di Cagliari e autrice di un saggio (editrice Forum) a più mani proprio sulle “dinamiche demografiche in Sardegna”. Oltre ai tassi di incremento migratorio dei vari centri dell'isola, ai tassi standardizzati di fecondità e mortalità (a Cagliari la fecondità era 94,4 tra il 1962 e il 1971 ed oggi è calata 82,6 mentre a Sassari era di 98,5 trent'anni fa per salire al 103,4 tra il 2002 e il 2006), la studiosa analizza in particolare le politiche sociali che sono del tutto assenti nel campo della demografia. «In altri Paesi – penso alla Svezia o alla Francia – lo spopolamento dei piccoli centri è un fatto reale ma si attuano politiche a sostegno della famiglia che hanno determinato un incremento del livello di fecondità. Ci sono disposizioni per i congedi, per gli assegni familiari, per i nidi. In Italia no. L'unico nido sicuro è la casa dei nonni che suppliscono quasi in toto alle deficienze delle strutture statali. Per non parlare dell'invecchiamento della popolazione: oggi è affidato quasi esclusivamente alle famiglie, alle sempre più numerose badanti straniere che si occupano degli anziani e che ovviamente pesano sui bilanci di una casa. Perché? Perché manca l'intervento, direi l'attenzione pubblica a questo nuovo fenomeno che non può non essere preso in considerazione». Ancora la Salaris: «Nell'agenda sociale della Sardegna, nei progetti di programmazione, non si fa alcun accenno a questi due fenomeni. È evidente che con un numero sempre maggiore di anziani, talora non autosufficienti, i problemi dell'assistenza alla persona vanno rimodulati del tutto. Invece ci si accontenta di regalare una medaglia o una targa ai centenari e poi su di loro scende la notte. Idem per lo spopolamento: è da accettare una Sardegna del tutto deserta nel suo interno? Non hanno valore sociale, antropologico, storico i piccoli centri, la rete dei paesi? I due temi di cui stiamo parlando oggi costituiscono autentiche priorità. Che vanno analizzate in modo organico per proporre nuovi modelli di vita e di assistenza sociale che non pesino solo sull'impegno delle famiglie. Il Nord Europa ci può dare lezioni ma possono essere messe in campo anche strategie nuove, vicine alle esigenze dei più fragili anagraficamente». Cicerone. La demografia è una passione che giunge da lontano e che in questi giorni vede Luisa Salaris fare da Cicerone a ricercatori che giungono da tutto il mondo (Indiana University, Corea, Olanda, California, Giappone) e che puntano soprattutto verso la regione in assoluto dei centenari, l'Ogliastra, con i casi esemplari di Villagrande (i maschi vivono più a lungo delle donne), Talana Baunei, Perdasdefogu (qui abita la famiglia più longeva del mondo secondo il Guinness World Records), Arzana. Nata a Terralba, diploma di perito aziendale e corrispondente di Lingue estere al Mossa di Oristano, seconda di quattro figlie (Silvia agronoma a Bologna si occupa di certificazione di prodotti alimentari, Simona commercialista, Sara frequenta il primo anno di ingegneria biomedica), Luisa frequenta con Intercultura il quarto anno delle superiori in Russia, a Klimovsk (48 chilometri da Mosca), fa la ragazza alla pari a Leeds nel Regno Unito, si laurea in Scienze politiche a Cagliari con una tesi sul turismo con Maria Luisa Gentileschi (109 il voto) e poi vola in Olanda, a Groningen per un master di studi sulla popolazione. «È stato un anno e mezzo ricco di stimoli e di conoscenze, con l'analisi demografica estesa a tutto il mondo. Il direttore, Frank Willekens, è uno dei più autorevoli nel suo settore, i docenti erano estremamente qualificati e motivati. Sapevano dei centenari sardi e mi sommergevano di domande. A molti colleghi e professori interessavano soprattutto le geografie, i luoghi, gli ambienti fisici, li aveva colpiti il fatto che i centenari risiedessero quasi tutti in paesi di montagna quasi mai molto popolati, quasi mai un centenario in centri sul mare. E mi rendo conto che su questi temi l'interesse era maggiore fuori dalla Sardegna che da noi. E quasi tutti i ricercatori di Groningen hanno voluto fare esperienze sul campo trascorrendo diversi periodi, non brevi, in Sardegna. Anche nel massimo anonimato, per registrare comportamenti sociali, stili di vita, rapporti interpersonali, abitudini comunitarie civili e religiose». Dottorato. Dopo il master nei Paesi Bassi arriva un dottorato di ricerca proposto da un demografo belga (Michel Poulain) e lo conclude nel febbraio 2009. E poi il back come assegnista di ricerca a Scienze politiche di Cagliari sotto la guida di Pippo Puggioni. «In Sardegna il primo impegno organico è stato lo studio delle traiettorie di mortalità infantile, adulta e in età avanzata a Villagrande Strisaili. È una comunità coesa, dove i vincoli familiari sono forti, dove la sacralità della casa è vissuta quasi in forma religiosa, dove ci si rende conto che c'è qualcosa di più importante dei fattori genetici veri e propri. Colpisce molto l'affiatamento familiare, la dimensione della solidarietà, il sostegno comunitario. Più che altrove, un uomo o una donna anziana non sono mai soli, sembra che ogni cittadino sia figlio di tutte le case del paese. E ciò, naturalmente, non può non avere ripercussioni positive sulla qualità della vita e sull'allungamento della vita stessa». Desertificazione. E lo spopolamento? Il fatto che più deve preoccupare la classe dirigente è questo: dai piccoli centri vanno via i giovani, le loro braccia ma soprattutto le loro menti. E in assenza di forze positive e propositive è evidente che un villaggio tende alla desertificazione umana. L'assenza di giovani colpisce a Tadasuni, Bidonì, Modolo, Soddì, Setzu, Semestene, Cossoine, Pozzomaggiore. Nel testo curato da Marco Breschi si legge: «Le province più vecchie sono quelle di Oristano, Carbonia-Iglesias e Medio Campidano dove il peso della componente anziana supera quello dei minori di 14 anni per valori compresi fra il 75 e il 91 per cento, raddoppiandone quasi la consistenza. A distinguersi invece per una struttura più giovane rispetto alla media sarda è la provincia di Olbia-Tempio che appare tra le province demograficamente più in salute e in crescita e che beneficia degli effetti positivi di un maggior dinamismo economico. Secondo i dati più recenti delle tavole di mortalità l'aspettativa di vita alla nascita della popolazione italiana è di 78,8 per gli uomini e di 84,1 per le donne mentre quello della popolazione sarda è, rispettivamente, di 78,5 e di 84,2. Nell'isola si registra un guadagno medio di 6-7 anni per entrambi i sessi rispetto al 1980 quando l'aspettativa di vita alla nascita era di 71,9 per gli uomini e di 78 per le donne». Età media. Negli ultimi trent'anni l'età media del maschio sardo è salita di quasi sette anni e per le donne di 6,2. Le cose potrebbero cambiare? Sì, se aumenterà l'afflusso di immigrati, il più delle volte giovani. E per concludere? «Il tema deve essere al centro dell'analisi politica e delle decisioni conseguenti, tutto è da collegare alla sostenibilità economica di una popolazione sempre più anziana. E pone domande sulla qualità della vita e sull'assistenza. Temi esclusi dall'interesse della politica».



«Io, comico irriverente cancellato dal potere» L’artista di S. Giusta racconta lo scontro col Quirinale e la cacciata da Mediaset «Poi rifiutai di partecipare al progetto di Forza Italia e da allora sono fuori» IL PERSONAGGIO»Lucio salis

usando dei giornali vecchi per evitare di sporcare con le piante la macchina di una cliente ho ritrovato questo articolo della nuova sardegna di qualche tempo fa . si parla del caro amico lucio salis qui la sua pagina facebook

«I miei versamenti all’Enpals sono svaniti: per me neppure una pensione»  la denuncia



«Non mi è rimasto niente. Neppure la pensione. I miei versamenti di quasi 50 anni di lavoro sembrano infatti essere svaniti». Lucio Salis, classe 1947, racconta un capitolo incredibile della sua vita complicata e ricca di esperienze. «Alcuni anni fa - dice - andai dal direttore generale dell’Enpals per verificare la mia situazione previdenziale. Con me c’era il povero Franco Bracardi, sceneggiatore, attore e musicista che diventò famoso come pianista del Maurizio Costanzo show. Ebbene, il direttore dell’ente mi disse che sarei potuto andare in pensione alla fine degli anni Novanta con un assegno di 12 milioni di lire, circa seimila euro, al mese». Continua Salis: «L’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo incamerava circa il 30% dei cachet. Due anni fa l’ente confluì nell’Inps e in quel passaggio accadde qualcosa che sto cercando ancora di capire: tutti i miei contributi sono infatti spariti. All’Inps non risulta alcunché. E oggi che non mi permettono di fare il mio mestiere, sono condannato a non poter andare in pensione. È mio diritto sapere cosa è accaduto, dove sono andati a finire i miei soldi».


«L’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza per i Lavoratori dello Spettacolo incamerava circa il 30% dei cachet. Due anni fa l’ente confluì nell’Inps e in quel passaggio accadde qualcosa che sto cercando ancora di capire: tutti i miei contributi sono infatti spariti. All’Inps non risulta alcunché. E oggi che non mi permettono di fare il mio mestiere, sono condannato a non poter andare in pensione. È mio diritto sapere cosa è accaduto, dove sono andati a finire i miei soldi».


Un comico  cyhe da  fastdio infatti  

Francesco Cossiga Il presidente non sopportava le gag di Tzia Peppa. Mi chiamò Sergio Berlinguer
silvio berlusconi Mi offrì contratti miliardari ma alla fine fui liquidato con 24 milioni di lire
antonio ricci Faceva da tramite con il Cavaliere e sospese la mia partecipazione a Striscia




di Piero Mannironi  INVIATO A OLBIA 
I potenti hanno paura della satira perché niente è più irriverente ed eversivo del sorriso. Che può frantumare i bastioni della paura, rendendo ridicolo, e quindi umano, il potente. Il sorriso è infatti capace di scomporre gerarchie sociali e indebolire il “sistema”, che viene sezionato e raccontato con le parole acuminate dell'ironia. Ecco perché il potere non tollera la satira e, quando può, cerca di cancellarla. Il sistema è semplice e violento: si impedisce l'accesso al palcoscenico e così si “ruba” la platea. E allora per chi fa satira diventa inutile parlare, perché tanto nessuno ti può più sentire. Poi, ci

penserà il tempo a cancellare tutto. Così è accaduto molte, troppe volte. Così è accaduto a Lucio Salis, oggi 66 anni, sardo di Santa Giusta, artista ingiustamente dimenticato. Lui, autore e attore, eclettico e vulcanico organizzatore di eventi e inventore di personaggi, è scomparso da anni nel nulla. Dimenticato, rimosso. «Preferisco dire epurato e condannato al silenzio» dice lui con un sorriso triste nel suo piccolo appartamento di Golfo Aranci. Lucio Salis non è stato una meteora, una fortunata invenzione della tv berlusconiana degli anni Ottanta. È infatti un uomo che è arrivato al successo dopo un lungo e complicato percorso artistico. Raggiunge la grande notorietà però solo negli anni Ottanta, quando entra nel tempio del cabaret televisivo di Antonio Ricci: Drive in. La trasmissione diventa presto un fenomeno di costume e lui, Lucio Salis, è una delle stelle del programma. Inventa un personaggio che “buca” il video: il sardo che commenta il costume e la politica del Belpaese con battute al fulmicotone, irriverenti e graffianti. Una sorta di Bertoldo moderno, arguto e candido, che fustiga i potenti con una satira corrosiva e che, con lo sberleffo, cattura la risata. Salis condisce le sue scorribande verbali con una battuta ricorrente con la quale, ammiccante, lancia un messaggio di complicità al pubblico: “Cappitto mi hai?”. Un refrain che diventa presto un tormentone. Quando c’è lui gli ascolti si impennano e la concorrenza della Rai viene stracciata. La consacrazione arriva con il telegatto d'oro. Quella di Lucio Salis è una rivoluzione nell'universo della comicità italiana. Perché con lui la satira irrompe nella politica, fino ad allora uno spazio considerato tabù. Almeno nel piccolo schermo. Sono gli anni del craxismo rampante, del consolidamento del potere di Cossiga e nei quali Berlusconi si afferma come imprenditore di successo. E l'inizio della fine è proprio in quegli anni di successo folgorante. Lucio Salis ha purtroppo due soli padroni: il pubblico e la sua autonomia intellettuale. Il compromesso è un metodo che non gli appartiene. Tra le sue “invenzioni” nasce la caricatura della zia di Cossiga, Tzia Peppa. L'obiettivo è ovviamente l'inquilino del Quirinale che però si irrita per le battute e le gag di quel sardo che, nella trasmissione Striscia la notizia, lo punzecchia e lo irride. «Mi ricordo che un giorno mi telefonò Sergio Berlinguer – dice Salis –, segretario generale del Quirinale. Con molta cortesia, ma anche decisione mi disse: “Al presidente non piace quello che stai facendo. E poi, tra sardi... sai non è bello”. Io ovviamente continuai e le pressioni si spostarono su Berlusconi. Lui si fece due conti: gli costavo due milioni lordi la settimana e gli portavo contratti pubblicitari per miliardi. Poi seppi che si era messo di mezzo anche Craxi che malsopportava le mie battute sul Psi. Allora Berlusconi mi fece chiamare da Ricci e mi propose di sospendere la mia partecipazione a Striscia la notizia. In cambio, mi offrì contratti per 28 miliardi di lire in tre anni. Come attore, autore e regista di miei format televisivi. Come se non bastasse, avrei avuto un supporto nella realizzazione di due miei film». «Ma c'era un ma – continua Salis –, una condizione: sarei dovuto diventare uomo-immagine e promotore della nascente Forza Italia. Sì, perché cosa che pochi sanno, il progetto di creare un soggetto politico risaliva a quegli anni, molto prima, dunque, del 1993. Io dissi no. Era come un mettermi le catene, omologarmi a un mondo che io attaccavo tutti i giorni con la mia satira. Era come chiedermi di tradire me stesso... E rifiutai. Fui così cancellato, “epurato”. Di più: non mi pagarono neppure un centesimo. La cosa che più mi ferì fu il metodo che utilizzarono per azzerarmi. Ai giornalisti che mi cercavano a Mediaset facevano rispondere: il signor Salis non lavora più con noi perché è scappato senza pagare l’albergo. Alcune grandi firme come Beniamino Placido e Leandro Palestini chiesero stupiti: “E da quando in qua una vostra grande star si deve pagare l’albergo qui a Milano?” “Non lo so – rispondevano le segretarie – mi hanno detto di rispondere così”». Lucio Salis continua: «Dopo sei mesi feci causa, ma accaddero cose molto strane in quel periodo. Alla fine mi fecero firmare due chili di carte e mi diede un assegno da 24 milioni. Tutto finito, tutto qui. A oggi, Silvio Berlusconi mi deve qualche milione di euro, 22 anni di vita, una famiglia e la mia dignità». Da allora comincia la caduta. Anche il sogno di creare un grosso centro di produzione cinematografica in Sardegna si arena. «Era il 1988-1989 – dice Salis –. Era un'avventura affascinante che avrebbe meritato successo. Il progetto era quello di creare una cittadella del cinema e della musica in uno dei posti più belli della Sardegna. Io sono stato sempre convinto che se i Beatles avessero inciso i loro dischi non ad Abbey Road, ma altrove, il loro successo sarebbe stato identico. Perché non è importante dove tu fai una cosa, ma come la fai. Ci misi tutto quello che avevo, circa due miliardi di lire, nella “Cooperativa cinemazione”. Poi la Regione, che mi aveva garantito l'appoggio, fece un passo indietro. Mi dissero: si prenda questo miliardo e 300 milioni e se ne torni in Continente. Era la fine. Da allora non mi sono più ripreso». Comincia così la parabola discendente, anche se Lucio Salis cerca di trovare spazi nel mondo del cinema. Un mondo che conosce molto bene, visto che negli anni precedenti aveva avuto contatti e frequentazioni con mostri sacri come Federico Fellini, Sergio Leone e Ugo Pirro. Ad aprirgli le porte del cinema era stato Nanni Loy che lo aveva introdotto in “Cinema democratico”. Con Renato Pozzetto gira “Porca Vacca” per la regia di Pasquale Festa Campanile e “Baciami Strega” di Duccio Tessari. Partecipa poi al remake di “Cittadino al di sopra di ogni sospetto” di Giuliano Montaldo, andato in onda su Rai3, interpreta alcune puntate di “Classe di ferro” di Bruno Corbucci ed è protagonista di “Sos laribiancos”, i dimenticati, di Piero Livi. Ma si fa notare soprattutto in Magnificat di Pupi Avati, che si merita una nomination al festival del cinema di Cannes. Nel mentre si esaurisce la sua collaborazione con la Rai, dove era entrato grazie a Nanni Loy che lo aveva “scoperto” durante la preparazione di una puntata di “Radio anch’io” e lo aveva subito voluto con se. Così Salis, con "Via AsiagoTenda", "Permette, cavallo?", "Ribalta aperta", "Sapore di Salis" e "Il Guastafeste" era diventato una delle voci più ascoltate della radio pubblica. «Nella radio – ricorda – c’era più libertà, meno censure rispetto alla tv». Torna così in Sardegna e sopravvive grazie a un talk-show su Tele Nova di Oristano e qualche comparsata sporadica. Una sua rentrée a Zelig si arena subito. Il comico “epurato” torna dove aveva cominciato la sua carriera come produttore musicale alla fine degli anni Sessanta, diventando la mente del complesso Salis'n Salis, del quale facevano parte due suoi cugini (Francesco e Antonio) di sicuro talento. Per loro scriveva canzoni, organizzava concerti e tournée e produceva dischi. «Oggi – conclude Lucio Salis – cerco di sopravvivere. Con fatica. L’effetto dell’epurazione della quale sono stato vittima è stato devastante nella mia vita professionale e privata. Oggi cerco ancora di lavorare, di proporre le mie idee e i miei progetti che potrebbero fare economia e aiutare il turismo. Ma nel mondo della politica non trovo sponde. Forse mancano coraggio e fantasia». 

l'Alghero - Bosa tra patrimonio dell'Unesco e rischio speculazioni

Rillegendo questo articolo sulla nuova sardegna  del 29\7\2013 m  sono ritornati alla mente   tutti i ricordi  di quelle  volte  che  ho fatto quella strada    sia  quando erano ancora vive le mie prozie ( da parte  di mamma  ) di Cuglieri   sia  quando  c'invitano degli amici   di famiglia che hanno la casa  al mare a tres nuraghes  . Una  strada  bellissima   per il panorama ( vedere  foto  )  ed  un po' scomoda per  chi soffre la macchina , ma ne vale la pena  per  i paesaggi suggestivi che rischiano   di scomparire  , inghiottiti dalla cementificazione selvaggia   . Ma  ora  basta   cosi altrimenti vi anoio  con le mie  nostalgie     


La città del Temo ha candidato la litoranea a “patrimonio dell’umanità”
Ma la risposta potrà essere positiva solo se l’ambiente verrà tutelato 
Cinquanta chilometri
all’esame dell’Unesco
di Nadia Cossu INVIATA A BOSA
 Quei cinquanta chilometri di costa puoi percorrerli con la consapevolezza dello spettacolo cui assisterai oppure senza sapere – e forse neanche immaginare – a cosa i tuoi occhi e il tuo naso andranno incontro. Il risultato non cambierà. La litoranea Alghero-Bosa regala le stesse emozioni 



per  le altre  foto    http://snipurl.com/27jd4px  nell'album della nuova  

al turista che per la prima volta vede le mille sfumature di azzurro del mare e sente il profumo intenso del cisto e a chi invece è avvezzo a quei colori e a quei profumi. Per queste e tante altre ragioni la proposta che la strada provinciale (se la contendono Sassari e Oristano) diventi Patrimonio mondiale dell’Unesco è stata accolta alcuni giorni fa all’unanimità dal consiglio comunale di Bosa. Durante la seduta del 16 luglio è stato adottato un ordine del giorno per avviare il percorso che dovrebbe portare i 50 chilometri di costa nell’elenco dei beni appartenenti al patrimonio dell’umanità. Ora saranno chiamati a pronunciarsi in merito anche i consigli comunali di Villanova Monteleone e Alghero. Per apprezzare al meglio il sapore selvaggio della litoranea – preservata negli anni dalla cementificazione – sarebbe ideale salire in sella a una moto e guidare lungo i tornanti sinuosi con un occhio sempre rivolto verso l’orizzonte. È così che si possono intravedere le pareti vulcaniche di trachite rosa, i rigogliosi cespugli di macchia mediterranea, le innumerevoli cale sabbiose e rocciose che si raggiungono attraverso sentieri faticosi ma suggestivi. La bellezza e il valore di questa strada – che partendo da Alghero si chiama SP105 e che al confine con la provincia di Oristano diventa SP49 – stanno nell’immenso patrimonio naturalistico che la contraddistingue. Basti pensare che in cima alle pareti a strapiombo sul mare nidificano le ultime colonie di grifoni. Inoltre si possono ancora vedere in volo aquile reali e falchi pellegrini. La Alghero-Bosa è una sequenza di paesaggi mozzafiato e di storia: vicino a Capo Marrargiu, di preciso a Torre Poglina, sorgeva la base segreta paramilitare di Gladio. Ma sulla strada si incontra anche l'indicazione per il parco archeologico di Nuraghe Appiu (Villanova Monteleone). E poi c’è la montagna di Badde Orca, 700 metri di altezza che si fermano nella caletta di Managu. Una delle tante che si trovano nella provinciale. Poco prima di arrivare a Bosa ci sono le aree di Torre Argentina, Tentizzos e S’Abba Druche, spiagge e distese di roccia bianca: proprio in questa zona ha messo gli occhi la speculazione edilizia. I requisiti per farne un bene dell’umanità sembrerebbero esserci tutti. Nel sito del ministero per i Beni e le Attività culturali si legge che «tutti i beni iscritti nella lista devono essere protetti, nel lungo termine, da adeguate norme, regolamenti, misure istituzionali e/o tradizionali per la conservazione e la gestione, in modo da garantirne la salvaguardia». E ancora che «le norme e i regolamenti a livello nazionale e locale devono essere tali da garantire la sopravvivenza del bene e tutelarlo nei confronti dello sviluppo e dei cambiamenti che potrebbero diminuire l'eccezionale valore universale, l'integrità o l'autenticità del bene». Questo potrebbe significare un brusco stop al famoso progetto ipotizzato da Condotte Immobiliare Spa. La proposta prevedrebbe una struttura ricettiva, residenze stagionali, servizi (75mila metri cubi di volumetrie) e un campo da golf (18 buche) proprio a Tentizzos e Sa Miniera. In linea d’aria a poche centinaia di metri dai nidi dei grifoni. 


Infatti  

Gli esperti Alfonso Campus e Cristina Perino: l’alterazione dell’habitat è una delle principali minacce «Con il cemento diremo addio ai grifoni»
BOSA Lassù, appena sotto gli spuntoni di roccia dove i grifoni*sostano e sembrano godersi lo spettacolo, puoi arrivarci solo a bordo di un fuoristrada. Bisogna attraversare una stradina parecchio malandata, ma
ne vale la pena. A un certo punto li vedi volteggiare e l’emozione è inevitabile: sono maestosi, hanno un’ampia apertura alare, soprattutto sono nel loro habitat. Alfonso Campus  (  foto a destra  )  e Cristina Perino lo dicono senza pudore: «Stiamo perdendo il sonno». La sola idea che Condotte Immobiliare possa portare il cemento lì dove la natura regna sovrana, li terrorizza, è un pensiero che distrugge la loro serenità. Ma anche quella dei tanti bosani che, soprattutto nell’ultimo periodo, hanno manifestato con più convinzione (affollando i consigli comunali e facendo nascere comitati) il proprio no a “Bosa Colores”, l’iniziativa immobiliare che

29.7.13

ECCO COSA SI NASCONDE DIETRO LA CONGOLESE [ AL MINISTRO KIENGE ]

nessun commento nè  ai link sotto riportati

http://groups.yahoo.com/group/nesaraitalia nè  all'articolo  riportato 






per  farvi una idea dell'imbecillità del sito un gruppo ela destra più becera  






Ecco cosa si nasconde dietro al Ministro Kienge'... Il piano strategico e' di creare un Partito Islamico in Italia. L'entrata in politica della Kienge' e' stata voluta dal P.D. che in modo ingenuo puntava sull'accaparrarsi il voto degli stranieri presenti in Italia che sono gia' piu' di 5.000.000 ...e la maggioranza e' islamica. Kienge' nel 2002 fonda l'associazione interculturale DAWA (in lingua swahili: magia) con l'aiuto dell' on. Khalid Chaouchi (deputato del P.D.) di origine marocchina, islamico, che fa parte della Consulta per l'Islam italiano prendono e stringono contatti con la Lega musulmana mondiale. Iniziano a collaborare entrambi con l'U.C.O.I.I. (Unione delle comunità e delle organizzazioni islamiche in Italia). 
La presente Associazione è il prodotto della fusione di varie organizzazioni precedentemente esistenti, come i siriani e palestinesi, dell' Unione degli Studenti Musulmani in Italia (USMI) organizzazione, alcune organizzazioni islamiche femminili come l'Islam Donne e il contributo di alcuni individui, come Hamza Roberto Piccardo , ex militante di Autonomia Operaia convertito all'Islam e di fatto direttore della casa editrice Libreriaislamica.it (precedentemente conosciuto come "Al Hikma"). Kiange' ha contatti forti anche con la Consulta per l'Islam italiano che è un organismo di carattere consultivo del Ministero dell'Interno formato da alcuni personaggi ritenuti autorevoli rappresentanti dell’Islam in Italia. 
Istituita con decreto nel 2005 dall'allora Ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu, è stata confermata nel 2006 dal nuovo ministro degli interni Amato. Inizialmente la presidenza era stata assunta da Nour Dachan , leader della componente siriana della Fratellanza Musulmana , e la Segreteria di Ali Abu Shwaima , leader della componente palestinese della stessa organizzazione; successivamente tale carica è andata a Roberto Piccardo convertitosi anche lui all'islam.- Collaborano attivamente anche con il Co.Re.Is. (Comunità Religiosa Islamica), Sezione italiana della Lega musulmana mondiale, U.I.O. (Unione Islamica in Occidente, di cui Mario Scialoja, italiano, ambasciatore a riposo e' direttore della Sezione italiana della Lega musulmana mondiale). Kienge' crea anche l' ANOLF L'Associazione è presente in tunisia,( 98% musulmani) in marocco,( 97% musulmani) senegal (92% musulmani) ed e' distribuita e organizzata capillarmente su tutto il territorio nazionale con uffici Regionali (20),le Sezioni Provinciali (101) e Territoriali (10) Tra pochi anni il ministro Kienge' si stacchera' dal P.D. e con il potere che avra' politicamente acquisito formera' un partito Musulmano che nel frattempo potra' contare su un bacino di circa 7.500.000 di voti, con i finanziamenti che gli verranno concessi facilmente dal Mondo Arabo potra'.......lascio a Voi la previsione.... Alex Ferrari
tropo comodo e falsamente  libertario il loro Disclaimer
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28.7.13

la crisi cambia anche la criminalità Bosa, disabile trova carrozzina smontata Vandali gli rubano perfino le ruote


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Un sessantenne disabile ha trovato la sua carrozzina smontata e senza ruote. Un gesto vandalico che lascia basiti.

Antioco Ibba quasi ogni mattina andava al mare. Parcheggiava la sua auto accanto alla carrozzina
immagine simbolo
(che lasciava lì per evitare di dipendere da qualcuno), a S'Abba Drucche, saliva sulla sedia a rotelle e si dirigeva verso il mare. L'altra mattina, però, ha trovato la sedia smontata. Rubati il mozzo e le ruote.
Un gesto vandalico che lascia sgomenti perché privo di senso."Sono rimasto sopreso - dice Antioco Ibba - e anche piuttosto perplesso. Chi mai avrebbe pensato che quella carrozzina potesse essere oggetto di un furto? La tenevo lì, mi ci calavo dalla macchina. Serviva solo per quello scopo". Infatti , sempre  secondo l'unione  del  27\7\2013,
 
BOSA. Il raid nel parcheggio di S'Abba Druche. Sessantenne trova la carrozzina smontata e senza ruote Antioco Ibba: non so cosa pensare Hanno avuto il coraggio di rubare le ruote della carrozzella di un disabile. Antioco Ibba quasi ogni mattina andava al mare; parcheggiava la sua auto accanto alla carrozzina, si calava su quel mezzo e si spingeva fino al mare. Questo almeno sino all'altra mattina.IL PROTAGONISTA Antioco Ibba, 60 anni, è un uomo di fibra forte altrimenti non ce l'avrebbe fatta a sopravvivere per ore, nella notte, immobile dentro un ruscello con la schiena spezzata dopo essere caduto da un asino. Un brutto infortunio sul lavoro che da allora lo costringe alla sedia a rotelle. Ma è uno che non s'è mai arreso e cerca di continuare a fare quel che faceva prima. Va perfino a caccia, sparando da dentro il fuoristrada. E va al mare, con la sua sedia a rotelle che lascia vicino al parcheggio, a S'Abba Drucche, per evitare di caricarla e scaricarla dall'auto, per non dipendere da qualcuno che lo faccia per lui.LA SORPRESA L'altra mattina, quand'è arrivato, la sedia era lì, smontata. S'erano rubati il mozzo, le ruote, altre cose che a chissà cosa serviranno a questi ladruncoli senza rispetto. «Sono rimasto sopreso - dice Antioco Ibba - e anche piuttosto perplesso. Chi mai avrebbe pensato che quella carrozzina potesse essere oggetto di un furto? La tenevo lì, mi ci calavo dalla macchina. Serviva solo per quello scopo». Ibba non ha sporto neppure denuncia. Ne ha parlato con i suoi amici, che sono rimasti ancora più sgomenti di lui.L'AMAREZZA «Antioco è un amico carissimo - dice Mimmi Deriu, ex amministratore comunale, fra i primi a raccogliere lo sfogo di Ibba - Mi chiedo come sia possibile compiere un simile gesto». Era una sedia a rotelle, serviva ad un disabile, non c'era alcuna possibilità di interpretare la cosa in modo diverso. Non disturbava nessuno, visto che occupava un piccolo spazio e le sue finalità erano evidenti. Un gesto che lascia realmente sgomenti. E lascia l'amaro in bocca ad Antioco Ibba: «Forse sarà roba di ragazzini, ma certo non è una cosa che fa onore a chi l'ha fatta».
Antonio Naìtana

LA LETTERA La mia vita prigioniera in fuga dall'amore violento

da  repubblica  online 

Sono chiusa qua dentro senza la possibilità di uscire né di ricevere visite, tutto questo per la mia sicurezza. Questa è la mia storia. Tutto ha avuto inizio circa un anno fa, quando, nel bel mezzo della mia ex spericolata vita è apparso lui: Mario. Come tanti ragazzi della nostra età ci siamo innamorati e abbiamo dato inizio alla nostra storia d'amore. Almeno così la vedevo io, noi ci amavamo anche se lui era molto geloso. Sotto la sua crescente pressione ho cancellato tutte le mie foto perché se no lui si incazzava, così pure i numeri di telefono degli amici maschi. E ancora non bastava per lui. Ho dovuto cambiare numero di cellulare per evitare che i miei amici mi chiamassero, non parlare più di uomini nemmeno con le mie amiche. Tutto mi sembrava sopportabile pur di essere felici insieme e far andare bene la nostra relazione.

Poi sono iniziate le botte. Potevano scattare per gelosia così come per paranoie che lui si ficcava in testa (come che lo tradissi, che parlassi male alle sue spalle, che gli nascondessi qualcosa) o perché ero egoista e tirchia, come diceva lui, perché non gli sistemavo i vestiti o non usavo la mia paga per soddisfare i suoi desideri.
Anche un'uscita se non avveniva sotto sua autorizzazione comportava pugni, tirate di capelli, sputi e una miriade di insulti e minacce (anche di morte). Tutto è accaduto molto gradualmente e Mario è stato un maestro nel dosare con me dolcezza e attenzioni a momenti di prevaricazione e violenza.

Così a ogni nuova umiliazione io mi ritrovavo sempre più legata a lui, inizialmente per amore e perché, scioccamente, ero convinta di poterlo cambiare e poi, con il tempo, per la paura che le sue continue minacce e le botte avevano incastonato in me. Per sapere tutto ciò che ho vissuto e sopportato ogni giorno della mia vita da un anno a questa parte (sto parlando di violenza fisica, psichica, economica e sessuale) basterebbe leggere il verbale della mia denuncia, che contiene gran parte degli episodi di violenza da me subiti.

Sì, perché io ho denunciato il mio ragazzo, la persona che credevo a me più vicina, e l'ho fatto per salvarmi la vita, per non essere una di quelle tante ragazze uccise dai propri compagni le cui storie occupano due minuti nei notiziari o vengono raccontate ad "Amore criminale" mentre le loro famiglie, impotenti, sono straziate di dolore.

Ma non sto scrivendo per commuovere o perché cerchi commiserazione. Sto scrivendo perché sono incazzata e indignata. 

Pensate di farvi una gita allo zoo. Pagate il biglietto, entrate e vi mettono in una gabbia come si deve, dotata di sbarre, serratura e lucchetto e vi sbattono in mezzo a un luogo popolato di leoni che vi gironzolano attorno affamati.

Assurdo, si dirà. È il predatore che deve stare in gabbia per non nuocere alla gente e non le persone che si devono segregare mentre il leone se ne gira beato per la città mietendo vittime. Beh, è quello che è stato fatto a me. Io ho chiesto aiuto alle persone a me più vicine (essendo limitata in tutto), e per fortuna loro hanno parlato con la polizia e i servizi sociali. Risultato? Un giorno sono uscita dalla casa in cui vivevo con Mario per far visitare il mio cane dal veterinario e, una volta scappata, ho finto la mia scomparsa. Lo stesso giorno due educatrici mi hanno presa, con solo quello che portavo addosso, e portata qui in gran segreto. Oggi non sto scrivendo perché un'altra storia possa essere raccontata per intrattenere la gente. Sto scrivendo perché questo è l'unico modo per far sentire la mia forza, la mia voglia di ribellarmi contro questa situazione che mi è capitata ma che capita ogni istante a migliaia di donne come me.

Sto alzando la mia voce perché anche altre persone abbiano il coraggio di scappare e denunciare i loro aguzzini ma ancora di più perché spero che le forze dell'ordine accolgano queste richieste di aiuto e non rimandino le vittime nelle mani dei loro torturatori. 

Ma questo non è possibile se lo Stato non si mette dalla nostra parte e non fa finalmente una legge (già presente negli altri paesi dell'Ue) che punisca i veri colpevoli e non noi vittime. E se non saranno i ministri a farlo dobbiamo essere noi a farci sentire per avere diritto ad una vita da esseri umani e non da prigionieri.
La mia vita è cambiata per sempre. Spero che, grazie a questa mia testimonianza, possa cambiare in meglio la vita di tante donne come me.

Per motivi di sicurezza abbiamo concordato con l'autrice di omettere il suo vero nome

27.7.13

Barrico ha ragione bisogna rincominciare dall'educazione culturale cosi evitiamo figuracce di ..... il caso di Allevi su Beethoven


Ora secondo Baricco  sarà  come lo descrive  Wikipedia
[.... ]
Autore controverso

 La critica accademica è stata spesso severa sulla produzione letteraria di Baricco: Giulio Ferroni lo ha duramente stroncato in un pamphlet collettivo dal titolo: Sul banco dei cattivi. A proposito di Baricco e di altri scrittori alla moda (Donzelli, 2006). Entusiastico invece il parere espresso da Fernanda Pivano nella sua prefazione a Castelli di rabbiaUn'altra critica, molto personale, è venuta dal comico Daniele Luttazzi che, intervistato nel 2004 sulla rivista letteraria Orizzonti da Gianluca Mercadante, ha dichiarato: «Gli autori italiani che preferisco oltre a Gadda sono Manganelli, Buzzi, Arbasino e Flaiano. Non sopporto invece quelli che usano la pagina per mettere il proprio IO in mostra. Un IO in posa.» Scommetto che leggi tutti i romanzi di Baricco, allora! (gli chiede Mercadante). «Ecco bravo, Baricco non lo sopporto proprio! "Castelli di rabbia"! Già solo il titolo mi faceva accapponare la pelle. Apro il libro, leggo la prima frase e mi sono trattenuto dal lanciarlo solo perché ero in una libreria! Troppo lezioso. Troppo. Non a caso, la sua vera attività è fare corsi di scrittura creativa» .>> O copione  <<  Altro dibattito che ha visto coinvolta la sua produzione saggistica è quello che riguarda l'accusa di appropriazione da parte di Baricco di alcune teorizzazioni filosofiche provenienti soprattutto da Walter Benjamin senza che lo scrittore ne mettesse in luce la provenienza, utilizzandole quindi come proprie elaborazioni.

Ma   nel suo  intervento tenuto a  firenze il  6  giugno 2013  al festival la repubblica delle idee  ( trovate il testo integrale   con volume  edito da repubblica  da oggi in edicola  )    in questi due  video  un sunto del discorso  . Il primo  in particolare  il primo   che può essere  anticipatore 

"Non si cambia il paese se non si cambia il modo di usare le parole. Scuola, televisione e cultura sono i tre sistemi con cui ci giochiamo il gesto dell'educazione, ma non sono connessi tra loro". Così Alessandro Baricco in apertura dell'incontro "Le parole esatte da cui ricominciare: educazione, cittadinanaza, cattiveria, speranza" a La Repubblica delle Idee 2013



Nel passaggio dedicato alla parola "cattiveria" nel corso dell'intervento dello scrittore a Repubblica delle Idee 2013, il sindaco di Firenze appare particolarmente interessato e impegnato a prendere appunti
 di Marco Billeci 



 delle boiate  dette  d'Allevi  in particolare  quella  del paragone alla  ....  Beethoven -Jovanotti  perchè   non si possono paragonare  di  musicisti  di  epoche  e  generi  diversi  



Ai ragazzi del Giffoni ha raccontato: “Un giorno ho capito che dovevo uscire dal polverone e cambiare Approccio con la musica, anche se si trattava di quella classica. Stavo ascoltando a Milano la Nona Sinfonia
di Beethoven. Accanto a me un bimbo annoiato che chiedeva insistentemente al padre quando finisse. Credo che in Beethoven manchi il ritmo. Con Jovanotti, con il quale ho lavorato, ho imparato il ritmo. Con lui ho capito cos’è il ritmo, elemento che manca nella tradizione classica”.Il pianista ha poi esternato la sua amarezza nel sapere che “persone autorevoli” lo considerano un“impostore”“Non posso entrare in molti Conservatori italiani, mi dispiace ricevere a volte le contestazioni degli studenti che li frequentano, mi dispiace sapere che non potrò varcare le loro porte, ma so che la cosa importante è raggiungere il cuore della gente. La mia musica può entrare”.

 e  delle risposte  in particolare   quella  Giuseppe Maiorca

 da  http://noigiovani.it/ (  per    leggere  l'articolo completo  qui )  

  L’indignazione, dicevamo, è generale, ma l’ira dei musicisti classici che non hanno digerito una tale eresia è grande. Talmente, da risvegliare il lato “punk” di alcuni compositori che, nonostante i modi pacati ed eleganti che li caratterizzano, decidono di rispondere nell’immediato alla dichiarazione di Allevi, preferendo alle parole il “non ritmo” di Beethoven. È il caso del maestro Giuseppe Maiorca, compositore e musicista nato in Sicilia e vissuto in Calabria, che attraverso un ironico video 







risponde al giovane pianista proponendo, dal luogo di villeggiatura in cui si trova, il quarto movimento della Sonata op. 31 n.3 di Beethoven con tanto di scuse per “la tenuta non proprio da cerimonia, e per qualche stecca…è il mio omaggio sentito al M°Giovanni Allevi”.

Allevi  sarà  anche  bravo  , infatti alcuni pezzi sono magistrali ,  ma  parla  sono al  cuore  . Ecco perché  è  effimero  ed molto noioso  dopo  che lo hai ascoltato  paio di volte  . E poi le provocazioni e l'auto promozioni  bisogna  saperle  fare   <<  ci vuole  un minimo  di vocazione  >> (  per  parafrasare  una  famosa canzone di de  Andrè )  . Infatti ha  ragione  il  mio  contatto    di  Facebook Daniele  Tarlazzi 

Secondo Giovanni Allevi, Beethoven non aveva senso del ritmo. Ora: capisco che in mezzo a quei capelli i pensieri siano pochi e confusi, ma questa cosa mi pare sia (scusate il francesismo fantozziano) una cagata pazzesca. Quasi come dire che Giotto non sapeva tenere un pennello in mano. Ma ammettiamo per un attimo che Beethoven possa (rabbrividisco al solo pensiero di dover scrivere una cosa del genere) non aver avuto il senso del ritmo, sono certo però che anche al maestro Allevi manchi qualcosa: l'orecchio. Ma poi: mi paragoni Beethoven a Jovanotti? Per carità il buon Lorenzo Cherubini mi è simpatico ed è una persona che stimo e apprezzo, ma non è senza dubbio paragonabile (non vogliatemene) al buon "Ludovico".Se oggi il termine di paragone è Jovanotti / Beethoven, la prossima sparata quale sarà? Che Mozart non aveva il senso della melodia mentre Fabri Fibra si?


ma ,poi sempre secondo Daniele Tarlazzi , non sempre provocare può essere produttivo... Anzi. Ma a dire quella frase, in realtà, cosa ci ha guadagnato? Io temo solo derisione.Mi fa meraviglia di come la casta culturale lo abbia promosso a Gotha dandogli la direzione del'orchestra sinfonica nazionale della Rai o facendolo suonare Nel 2008 al concerto di . Natale al Senato

26.7.13

UN TIMIDO ELOGIO DELLA PAROLACCIA, CON RISPETTO PARLANDO

finalmente  qualcuno , vedere articolo sotto  , che mi capisce ed  è d'accordo con me   .

 da http://anthonymuroni.blog.unionesarda.it/2013/07/25/
In queste ore ho appena finito di leggere un interessante pamphlet sui nuovi codici della comunicazione, che riserva un intero capitolo all’elogio della parolaccia. Confesso un approccio preconcetto (), entrato in una crisi non ancora risolta dopo la lettura. L’approccio dell’autore è completamente ribaltato: “La potenza comunicativa della parolaccia e la sua diffusione in ogni ambito sociale, culturale e professionale – pur condannabile dal punto di vista delle buone maniere – meritano un qualche impegno di analisi”.  E’ qui che si avvia un percorso così tortuosamente logico da essere capace di far saltare in aria ogni granitica certezza. Proviamo (è la prima provocazione) a “desemantizzare” la parolaccia? Se la spogliamo del ruolo di significato riferito a un vero e proprio significante (si fa l’esempio dell’intercalare, molto sassarese, “azz”) perde ogni carattere di volgarità per assumere un valore di puro divertimento, di formula persino simpatica e incisiva.  Se poi si entra nella semantica vera e propria questo diavolo di un autore (invero fino a oggi a me sconosciuto) spazia da Lucio Dalla, a Masini, da De André a Ligabue, per risalire a Bukowsky, Dante e altri capisaldi della letteratura moderna e classica, per arrivare a un’altra conclusione: “Viva la parolaccia, quando aiuta a esprimere meglio un concetto, senza abuso, senza volgarità, senza falsi pudori”. E ancora ci interroga sul nostro essere quotidianità inserita nella quotidianità altrui: la usiamo per impartire un ordine, per rafforzare un augurio, per scongiurare un pericolo, per commentare la pigrizia di un collega, per raccontare della rampogna del nostro capo (). Quando la generazione dei quarantenni sarà quella dei nonni (non tanto presto, visto che abbiamo mediamente figli compresi tra i tre e i dieci anni) probabilmente le parolacce avranno acquistato dignità pubblica e raggiungeranno ogni nobile forma di espressione. Non so se vi interessi sapere come la penso io al riguardo, ma visto che siete arrivati fino a qua ve lo dico lo stesso:  mi interrogo (perché è giusto interrogarsi), resto un medio distributore di parolacce, ma rimango convinto del fatto che finché non recuperiamo il rispetto per le persone porsi il problema del linguaggio elegante sia addirittura secondario. Al mio paese, quando si voleva uscire dalla formalità del Lei un po’ ipocrita, gli anziani dicevano:  ”Narami de tue, ma trattami ‘ene”.


Infatti   io vengo spesso criticato dagli amici\che  , in particolare  quelli che hanno figli o nipoti piccoli ( fino ai 14\5  anni )  perchè  affermo che proibirli di di dire le parolacce   non serve  a niente  ma  che  bisogna  lasciarle  dire  , spiegandogli  solo  : dove,quando, come  , in che  contesto \  situazione   dirle  e non dirle , quando  sono mancanza di rispetto    .

LA SCORTA A PRIEBKE? 1 MILIONE ALL’ANNO. RISPEDIAMOLO ALLA MERKEL




È un’immagine apparentemente qualsiasi e che invece ci racconta tutto il grottesco e l’insensatezza della vita, ma anche della giustizia umana quando cerca di quantificare delle pene per crimini che sono oltre ogni possibile conteggio. È la foto di un uomo segnato dagli anni e tuttavia dal portamento eretto che passeggia per una via di Roma appoggiato al braccio di una badante. Abbigliato sportivamente di una polo blu e di un berretto da baseball, quell’uomo sta per compiere cento anni e ha l’aria di portarli bene. Il suo nome è Erich Priebke. Il pomeriggio del 24 marzo 1944 da capitano delle SS di stanza a Roma fece parte del plotone tedesco che alle Fosse Ardeatine maciullò 335 italiani colpevoli di nulla e che i nazi avevano raccattato in tutta furia nelle varie carceri romane, fra i quali oltre 70 ebrei. Li uccisero cinque alle volta, sparando loro un colpo alla nuca. Cominciarono attorno alle 16 e finirono alle prime luci del crepuscolo. Infine i nazi misero la dinamite in quelle che erano originariamente delle cave, nella speranza di occultare un massacro di cui forse si vergognavano. 
La cattura
Catturato in Argentina nel 1994, Priebke venne estradato in Italia nel 1995. Dopo un tortuosissimo iter giudiziario (cominciato con un’assoluzione perché il reato era andato prescritto), un tribunale italiano lo ha condannato all’ergastolo, pena poi commutata in arresti domiciliari in ragione della sua età. Nei vari processi lui s’era difeso dicendo che alle Ardeatine non era altro se non un ufficiale che eseguiva ordini, e l’ordine della «rappresaglia» romana era venuto direttamente da Hitler. La passeggiata di cui alla foto fa parte dei suoi diritti, uscire per andare in farmacia, per fare la spesa, per una passeggiata quotidiana, per andare a messa. Per un tempo Priebke aveva avuto il permesso di andare a sbrigare delle faccende in casa di un avvocato romano suo amico, ma le proteste della Comunità ebraica romana fecero revocare quel permesso. E siccome la sorte del vivere (quella sorte maledetta che ha ucciso di un tumore, pochi giorni fa, una bella e giovane violinista italiana di 24 anni) gli fa compiere 100 anni in discreta salute il prossimo lunedì 29 luglio, l’ex capitano delle SS accoglierà in casa alcuni amici per un brindisi.
Protezione costosa
Sia detto tra parentesi, la protezione di cui abbisogna Priebke sia quando sta in casa sia quando esce costa ai contribuenti italiani qualcosa come un milione di euro l’anno. Ne vale la pena pur di tenere ai domiciliari un colpevole-simbolo, uno che s’è reso corresponsabile di una delle centinaia e centinaia di «rappresaglie» attuate durante la Seconda guerra mondiale, talune e spaventose fatte dai soldati italiani che scorrazzavano in terra slava? Siamo o no nel regno del grottesco e dell’insensatezza, quando restano fra le sbarre non ricordo più se quattro o cinque dei milioni di uomini che hanno sparato a donne e bambini, ucciso prigionieri che si erano arresi, torturato durante quella Seconda guerra mondiale costata 50 milioni di morti? Ciascuno di voi scelga la sua risposta. La mia è semplice. Restituire Priebke alla sua terra natale, porre un termine al grottesco della sua detenzione né carne né pesce. Perché non può non essere né carne né pesce il tenere in detenzione un uomo di cento anni. A quanti mi stanno già guardando in cagnesco, e temono che io stia bestemmiando i morti delle Ardeatine (non c’è targa romana di quei morti innanzi alle quale io ogni volta non mi fermo e leggo), voglio ricordare che il partigiano comunista italiano detto «Giacca» che guidò il massacro di partigiani liberali fra cui il fratello di Pier Paolo Pasolini e lo zio di Francesco De Gregori, a un certo punto ebbe la grazia e si godé gli ultimi anni della sua vita in Jugoslavia.
L’accanimentoCredo di conoscere come pochi i fatti e i dettagli della razzìa degli ebrei romani il 16 ottobre 1943, una razzìa che si concluse con la deportazione ad Auschwitz di 1020 di loro e ne tornarono vivi 17. E con tutto questo non capisco l’accanimento della Comunità ebraica romana contro un uomo di cento anni, e come se il nazismo lo avesse inventato lui.
Coprotagonista
Alla «Judenaktion» del 16 ottobre 1943 parteciparono oltre 300 SS, alcuni militi fascisti li coadiuvarono, non un uomo politico della Repubblica di Salò alzò la voce contro quel crimine, in molti aiutarono gli ebrei a fuggire ma qualcuno li denunciò. Vi ricordate di qualcuno di loro che abbia pagato quel crimine? Stenterete a trovare un paio di nomi. È la tragedia della guerra, sono gli orrori specifici alla Seconda guerra mondiale. Priebke è un coprotagonista troppo piccolo e troppo vecchio per portare sulle spalle il peso simbolico di un tempo tra i più orridi del Novecento. Davvero troppo piccolo e troppo vecchio. A insistere così tanto nel fargli scontare la pena per fatti di 70 e passa anni fa, siamo nel regno del grottesco e non in quello della giustizia umana.
di Giampiero Mughini

24.7.13

da settembre Dylan Dog inizierà a cambiare Come ? intervista a Paola Barbato .

Inizialmente  volevo   fare  una intervista  doppia  Roberto   Recchioni - Paola Barbato . Ma   poi , forse  a causa  del mio scrivere in fretta dovuto anche  e soprattutto  ai miei problemi decennali di Barbato   e  Lui  sono  alla Bonelli da  diverso tempo   e  non fare le cose  in fretta  e superficialmente   specie per  la parte iniziale della 1  domanda  .Mentre per la 2 parte  si lo sapevo   che i loro ruoli ( lui  dal 20 maggio 2013, il direttore editoriale della Sergio Bonelli EditoreMauro Marcheselli, ha annunciato che Recchioni sarà il nuovo curatore di Dylan Dog. Lei la sua attività nella Serie Regolare avviene nel 1999 dall'albo numero 157, "Il sonno della ragione")    sono diversi. Ma   vista   la democraticità e  il progressismo  della  casa  editrice bonelli   credevo  che   i ruoli non pesassero  più  di tanto  specialmente  in situazioni come  quella   che devono affrontare  il duo recchioni-barbato   ) scazzato \  nervoso ,  , forse per l'arduo compito che deve affrontare.Infatti : << <<  Scusa, Giuseppe. Ti sembrerò stronzo, ma stiamo parlando di scrivere e proprio non ce la faccio. Ma ti pare possibile scrivere delle domande in questa maniera? A parte che è pieno di inesattezze (lavoriamo da poco per la Bonelli) e non si capisce a chi ti rivolgi (a me? A me e a Paola? E, se ti rivolgi a entrambi, ti è chiaro che i nostri ruoli sono diversi?) Ma, sopratutto, questo non è nemmeno, vagamente, italiano.Aggiungo, a metà delle domande ho già risposto varie volte e basta usare Google.Lasciamo perdere.>>
vista  e  d'udito    ( chi mi segue e mi fin dall'esordio  del  blog  , nel lontano 2004,   o sui  newsgroups  \ mail list    dal 1996\7    li conosce benissimo )   ma poi   quando le metto  sul web  le  correggo , come mi  è successo quando  ho intervistato  altre persone   , in particolare  francesco Artibani ) o. Ma   forse   la causa principale della mancata  intervista con   Recchioni  , è dovuta  almeno questa è l'opinione che mi sono fatto ( forse conoscendolo direttamente e non solo attraverso una tastiera di un pc mi farò un altra opinione ) è un po' ,   ma  almeno è stato sincero e diretto  e  non i pocrita  come altri\e ,  ( come non biasimarlo  perché in parte  ha  ragione avrei dovuto  documentarmi meglio  in quanto  la Barbato   e  Lui  sono  alla Bonelli da  diverso tempo   e  non fare le cose  in fretta  e superficialmente   specie per  la parte iniziale della 1  domanda  .Mentre per la 2 parte  si lo sapevo   che i loro ruoli ( lui  dal 20 maggio 2013, il direttore editoriale della Sergio Bonelli EditoreMauro Marcheselli, ha annunciato che Recchioni sarà il nuovo curatore di Dylan Dog. Lei la sua attività nella Serie Regolare avviene nel 1999 dall'albo numero 157, "Il sonno della ragione")    sono diversi. Ma   vista   la democraticità e  il progressismo  della  casa  editrice bonelli   credevo  che   i ruoli non pesassero  più  di tanto  specialmente  in situazioni come  quella   che devono affrontare  il duo recchioni-barbato   ) scazzato \  nervoso ,  , forse per l'arduo compito che deve affrontare.Infatti : << <<  Scusa, Giuseppe. Ti sembrerò stronzo, ma stiamo parlando di scrivere e proprio non ce la faccio. Ma ti pare possibile scrivere delle domande in questa maniera? A parte che è pieno di inesattezze (lavoriamo da poco per la Bonelli) e non si capisce a chi ti rivolgi (a me? A me e a Paola? E, se ti rivolgi a entrambi, ti è chiaro che i nostri ruoli sono diversi?) Ma, sopratutto, questo non è nemmeno, vagamente, italiano.Aggiungo, a metà delle domande ho già risposto varie volte e basta usare Google.Lasciamo perdere.>>

dall'album   fotografico di facebook di  Gigi Simeoni    ( https://www.facebook.com/gigi.simeoni.5  ) 

domande per l'intervista a rte [ a te  ] e alla barbato
1) Iniziamo per sciogliere il ghiaccio .con una domanda di rito che sicuramente vi avranno fatto e vi faranno quando inizierà a prendere piede il rinnovamento di dylan dog . Come ci si sente ad lavorare da poco per la Bonelli ed avere un enorme incarico di responsabilità da cui dipenderanno le sorti , da quel che si legge e si sente d'amici edicolanti ed appassionati fin dalle origini , del'agonizzante [ dylan  dog ] salvo qualche risveglio come le bellissime Memorie dal sottosuolo e  mater morbi .
 2 )Come mai avete , cosa rara nell'arte di solito si preferisce rincominciare \ ripartire da zero . deciso di appplicare il rinnovamento in intinere , riscrevendo anche certe storie già pronte . E' davvero cosi grave la crisi di DD da dover iniziare subito e non aspettare a" smaltire " le storie già scritte ?
3) sara' un rinnovamento a totale a " tabula rasa elettrificata "   (  http://it.wikipedia.org/wiki/Tabula_Rasa_Elettrificata    ) per parafrasare un famoso disco del rock italiano degli anni '90 o alla rincomicio da trisi come il famoso film di troisi ?
3 ) ci saranno ritorni e addi ?
da http://sergiobonellieditore.it/gallery/10152/Una-nuova-identita.html
4 )Se dovesse risultare  wurllo [   vero  ] da che quello che  ho letto su vari siti internet un rinnovamento del 2 secondo tipo cosa salverete e cosa buttareste ? eliminerete o lascerete quel tabù ( il politicamente corretto e il buonismo d'accatto quasi stucchevole in certe storie ) che avevano caratterizzato accentuandone il lento e graduale declino di dylan dog a partire dal n 69 la caccia alle streghe ?
5) confermate o smentite alcune indiscrezioni circolatre in rete in particolare : la morte di Lord H.G. Wells e di madame trelkovski ( non citata forse dimenticanza o inutilità dal sito www.sergiobonellieditore.it nei personaggi di dylan dog ) , il pensionamento dell'ispettore Bloch , e l'uscita di scena di Groucho ?
6) ci potete anticipare qualcosa su cosa ?
7) sarà un dylan dog aperto nella scenggiatura anche ad utori letterari del noir come Lucarelli e Mattteo Struckul ?


1) Non ho risposte (compete all'editor).
2 ) Anche qui non sta a me ma non sei correttamente informato, non si riparte da zero, l'adattamento delle storie già scritte sta per esempio nel passaggio dal "voi" al "lei".
veramente lo so . ma volevo , farlo capire meglio a i lettori \ lettrici del mio blog , facendomelo spiegare da voi .
3) Il rinnovamento sarà molto graduale. 3 ) Nessun addio certamente e il ritorno dipenderà dal singolo sceneggiatore, non ci sono indicazioni vincolanti.
4 ) La domanda è posta in maniera troppo polemica presupponendo cose che sono solo opinioni, non fatti.
Allora  le  ho chiesto senza  ricevere risposta   forse  perchè  o non l'ha letta  o non l'ha considerata degna  di  risposta  : <<   se non sono fatti spiegami come mai ad iniziare da quel numero sono diminuite ( e si è rotto un equilibrio ) aumentando le storie melense e sdolcinate \ politicamente corrette e buoniste , mentre sono diminuite quelle bastard inside o quanto meno con equilibrio fra le due caratteristiche che costituivano i primi 100 numeri ?  >>
5) Non posso anticipare niente, non è il mio ruolo, ma nessun personaggio verrà forzatamente eliminato, questo è certo.
6) No, dobbiamo mantenere il riserbo. 7) Questo compete a Roberto, io non ne so nulla.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa Agitu Ideo Gudeta, la regina delle capre felici.

Il 29 dicembre 2020 veniva uccisa la regina delle capre felici.È stata ferocemente uccisa Agitu, la regina delle capre felici, con un colpo...