Enrico Deaglio
C'era una volta in Italia. Gli anni sessanta
lettura scorrevole . un po' nostalgico e anedottico . Ottimo dosaggio tra memooria personale e documentazione Con un ritmo serratissimo, Deaglio racconta gli intrecci, le trame sotterranee e le svolte inaspettate del nostro racconto collettivo, mentre in sottofondo ci sono le canzoni, la moda, i film che hanno cambiato il volto del Paese.Tutti sono concordi: non c’era mai stato niente come quel decennio, e quelli successivi non avrebbero potuto essere senza di loro. Gli anni sessanta, primo volume
di una storia italiana che arriverà fino ai giorni nostri, vivono ancora adesso nella nostalgia e nel mito: nelle canzoni trasmesse alla radio, negli armadi o nelle cantine dove non ci si riesce a liberare di un eskimo o di una vecchia minigonna di pelle scamosciata, o nei cassetti dove ricompaiono gettoni del telefono, monete da dieci lire, biglietti di concerti, il congedo illimitato provvisorio, copertine di 45 e di 78 giri… La stragrande maggioranza degli italiani di oggi è nata dopo la guerra, tutti dunque, direttamente o dai racconti di chi c’era di chi come i mie genitori ( 1941 mio padre 1943 mia madre ) ci sono cresciuti , sappiamo qualcosa di quel lo che ii nostalgici chiamano “decennio favoloso” che ci ha visto camminare insieme a Fellini, Visconti, Togliatti e Moro, Mina, Monica Vitti, Claudia Cardinale, Rita Pavone, Catherine Spaak; correre insieme ad Abebe Bikila e Gigi Riva, leggere insieme a Italo Calvino, Leonardo Sciascia, Natalia Ginzburg e Gabriel García Márquez. Mentre crescevamo, sono morti il campionissimo Fausto Coppi, il papa buono Roncalli, il presidente americano John Kennedy e suo fratello Bob; persone che avrebbero cambiato l’Italia come l’utopista Adriano Olivetti e l’industriale visionario Enrico Mattei. Sono morti anche il comandante Guevara, monaci buddhisti in Vietnam, il pastore Martin Luther King e Jan Palach, il prete con gli scarponi don Milani; altri crescevano senza essere visti, i Buscetta, i Sindona, “la linea della palma”. Ci facevano paura con la bomba e le guerre, ma ragazzi e ragazze incominciarono a dire “basta”, il cinema e la musica erano avanti (e di molto) sul mondo antico che ci governava, fatto di vecchi generali, vecchi politici, vecchi magistrati, vecchi professori, vecchi fascisti che trovarono, alla fine di quella favola, il modo di vendicarsi. E fecero scoppiare la bomba di Milano, con cui gli anni sessanta finirono. E non ci fu più l’innocenza. E dire che, prima, almeno per un attimo, tutto il futuro era sembrato possibile. Credo che mi comprerò appassionato di storie e di storie mi comprero gli altri volumi ad iniziare da C'era una volta in Italia. Gli anni settanta, Milano, Feltrinelli, 2024, ISBN 978-88-07-17464-3 per capire e far capire ad eventuali figlie e nipoti come si è passati dalla ribellione al riflusso ed all'edonismo Berlusconiano .
Per chi ha vissuto in prima persona quel decennio, la narrazione che Deaglio fa degli anni sessanta costituisce un tuffo nella memoria individuale e collettiva di un Paese che – diversamente da un’Italia odierna più agiata e socialmente più povera – costituiva una comunità che in gran parte aveva cura reciproca e senso di solidarietà. L’Autore non manca di sottolineare le ombre e le nefandezze del neofascismo e dei servizi segreti, dati oggettivi che quindi è difficile contestare. Chi già c’era avrà l'occasione di fare un ripasso degli avvenimenti più significativi, oltre a ritrovare la propria gioventù. Chi invece ancora non c’era scoprirà un formidabile libro di storia e sicuramente si porrà più d’una domanda.
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Gianrico Carofiglio Elogio dell’ignoranza e dell’errore
Fin da bambini generalmente ci raccontano che se sbagli prendi un brutto voto; se sbagli non vieni promosso e non fai carriera, in certi casi addirittura perdi il lavoro; se sbagli perdi la stima degli altri e anche la tua. Sbagliare è violare le regole, sbagliare è fallire. Per l’ignoranza, se possibile, i contorni sono ancora piú netti: l’ignoranza relega alla marginalità. E quando si passa dalla definizione della condizione (ignoranza) all’espressione che indica il soggetto in quella condizione (ignorante), il lessico acquista il connotato dell’offesa. In realtà, l’errore è
una parte inevitabile dei processi di apprendimento e di crescita, e ammetterlo è un passaggio fondamentale per lo sviluppo di menti aperte e personalità equilibrate. Cosí come osservare con simpatia la nostra sconfinata, enciclopedica ignoranza è spesso la premessa per non smettere di stupirsi e di gioire per le meraviglie della scienza, dell’arte, della natura. Infatti
Biasimare gli errori e stigmatizzare l'ignoranza sono considerate pratiche virtuose. Necessarie. G.Carofiglio prendendo spunto da aneddoti, dalla scienza, dallo sport, da pensatori come Machiavelli, Montaigne e Sandel, ma anche da Mike Tyson, Bruce Lee e Roger Federer, Gianrico Carofiglio ci racconta la gioia dell'ignoranza consapevole e le fenomenali opportunità che nascono dal riconoscere i nostri errori. Imparando, quando è possibile, a trarne profitto.
Una riflessione inattesa su due parole che non godono di buona fama. Un'allegra celebrazione della nostra umanità.
Infatti non sempre l'errore e l'ignoranza sono negativi ma costruttivi di un opera d'arte
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sto sentendo e sto leggendo ottime recensioni sia del film , che del libro d'esso tratto ,
La vita da grandi film italiano del 2025 diretto da
Greta Scarano al suo debutto alla regia, ispirato al libro autobiografico
Mia sorella mi rompe le balle. Una storia di autismo normale dei fratelli Damiano e Margherita Tercon.
Credo andrò a vederlo se lo portano al cinema cittadino o lo vedrò o piratamente in streaming o sulle web tv netflix o prime