Steso sul mio letto
Semi nudo
Il dito freddo dell’aria passa fra le lame della veneziana
Per accarezzare la mia pelle
Accompagnato da un leggero rumore metallico.
Una ninna nanna per me.
Imito l’aria e con un dito comincio a sfiorarmi
L’ombelico
Risalgo fino allo sterno
Fino al collo
Gioco con il pomo d’adamo
Con il mento
Il mio dito arriva in bocca, lo succhio
lo lecco con la lingua umida
Poi il dito fa un volo
Fino al capezzolo destro
E comincia a giocare
con la piccola collina ormai eretta e sensibile
Sensibile e dolorosa
Giro attorno al capezzolo
E decido di voler provare qualcosa di più del solletico
Decido di provare il dolore
Perché nel sesso
carezza e dolore
Portano entrambi al piacere
Pizzico forte il capezzolo e
La bocca si apre
Ma non voglio che un lamento sfugga
L’altra mano vuole partecipare
E vola a pizzicare l’altro capezzolo
Di più sempre di più
Una mano continua a giocare con il capezzolo
L’altra vola lì dove stanno avvenendo mutazioni incredibili
Dove i volumi variano e le solidità cambiano
Ormai i boxer non sono che una prigione
Una prigione dolorosa e piacevole
Perché piacere e dolore a volte vanno a braccetto
Ma la mano giunge a dare sollievo
E abbassa l’elastico dei boxer
Imprigionando non più l’uccello ma le gambe
Legandole in una sorta di prigionia
Ma l’uccello è libero e si erge
In tutto il suo splendore e la sua lunghezza
Svetta maestoso con la testa rubizza
E desidera di essere accarezzato
La mano circonda l’asta e tira verso il basso
Ma il piacere è una cosa che va data a stille
Piano piano
E dunque con il dito giro sui bordi della testa
E insisto sul retro dove il glande ha quella rientranza a punta
Dove il bordo non è tondo ma si interrompe
E il dito continua a girare vorticosamente
Fino a scendere poi lungo il canale rigonfio
Giù giù fino alle palle
La mano le soppesa
Ci gioca, le schiaccia
E poi ritorna sull’asta
Prende l’asta e la spinge fra le gambe
Chiudo le gambe imprigionando cazzo e gambe
Si vede solo il pelo
Un triangolo di pelo
Non sono più Adamo ma Eva
E mi fermo a giocare con i riccioli del pube
Incurante del doloro che viene dall’asta rigida
E costretta in posizione innaturale
Apro le gambe e come una molla ritorna nella sua posizione
Sbattendomi sull’addome come una frusta
Lo vedo… implora… piange… vuole venire
Ma io, cattivo, decido di no!
E rimango così, steso, con il cazzo che punta in su
Le braccia lungo i fianchi
Nelle orecchie la musica del vento
E mi addormento