7.3.12

8 marzo

    musica  in sotto fondo figlio del re  di  Piero Marras   ( qui un bellissimo video  con il  testo  )  


dedicato a voi tutte che amate ghettizarvi e per un giorno odiate gli uomini ( ovviamente senza generalizzare ma questa è la esperienza personale fin qui avuta in tale data ed appena trovo  un po'  di coraggio  non perchè  abbia niente  da  nascondere  --- anzi  il contrario ----   , ma  perchè devo solo fare  ordine  negli eventi  l'hanno determinata       ) per l'8 marzo
  


  e per   " pare  condicio  "   dedico  questa   foto  dell'amico Giuseppe  Gatto


a  tutti gli uomini


 buon 8 marzo    a  tutti \e

Concept-Faber


Sally, con la sua portantina

di Matteo Tassinari
Rimini è uno dei brani più enigmatici di Fabrizio De Andrè (1978). Il nono album registrato in studio dopo la collaborazione con Francesco De Gregori, con questo album De André comincia a lavorare con Massimo Bubola, co-autore di tutti i brani
(Faber sotto la pioggia all'Agnata dove aveva la sua tenuta in Sardegna mentre canta "Rimini")
L'album, che presenta musicalità più lontane dalla chanson francese e più vicine al folk europeo e americano e al pop, nasce dopo la delusione politica di De André per le vicende degli ultimi anni settanta, in particolare per la rottura con le idee della politica (a cui si fa riferimento in Coda di Lupo). I testi sono più oscuri e lirici che nei precedenti album. In Sally e Volta la carta tornano i personaggi cari da sempre a De André: prostitute, tossicodipendenti, emarginati.

La Rimini dell'ignoto

Racconta la storia di una ragazza riminese figlia di un droghiere, Teresa, che spazia nel tempo con la fantasia. La canzone affronta, in maniera poetica, non solo il tema dell'aborto, ma anche il tema di quella gioventù di provincia romagnola che viveva di turismo e di amori che durano un'estate, già descritta con eloquenza da Federico Fellini ne I vitelloni. È una canzone in cui realtà e sogno si intrecciano: Teresa evade con la mente dalla Rimini estiva e spazia nel mare, nel tempo e nello spazio fino ad incontrare Colombo. I due sono accomunati da uno spirito d'avventura che li fa sentire stretti nella cartina geografica tracciata loro intorno e l'uno naviga verso l'ignoto, l'altra guarda oltre l'orizzonte e sogna. Nell'album ci sono molte alcune canzoni che hanno un valore politico, su tutte Coda di Lupo e Parlando del naufragio della London Valour.
("Parlando del naufragio della London Valour", brano dove Faber ironizza su Guccini dandogli del "poeta metodista" in risposta ad un intervento in via "Paolo Fabbri 43" dove Faber era in qualche modo coinvolto)

"Parlando del naufragio della London Valour"
Quest'ultima soprattutto è un chiaro riferimento alla rivoluzione, che come la London Valour era naufragata prima di partire per il mare. Il brano è piuttosto ermetico e molto metaforico e vengono citati numerosi personaggi reali e tra questi De Andrè non risparmia nemmeno i suoi colleghi (Il poeta metodista potrebbe essere Guccini che qualche anno prima lo aveva criticato nel brano Via Paolo Fabbri 43). Assieme a queste canzoni politiche vi sono anche dei brani che hanno la funzione di raccontare i personaggi che componevano quella società ormai marcita: Angiolina di Volta la Carta, rappresentante della casta borghese, presa dai suoi pensieri e per niente attenta a ciò che accade attorno ad essa, Andrea, l'omosessuale che si perde ai bordi del pozzo. Di Rimini penso che sia la canzone più amara dell'album, è la canzone della rinuncia, la canzone dell'aborto ed il riferimento ai moti del '68 è palese.

("Andrea" s'è perso e non sa tornare... un preavviso di Princesa, se vogliamo)
Colombo ha scoperto l'america ma l'ha affidata alle mani delle persone sbagliate che l'hanno macellata su una croce di legno. L'allusione, per niente forzata a quello che era successo agli studenti è immediata. Anche loro avevano ottenuto qualcosa ma l'avevano gettata al vento perché si erano fidati delle persone sbagliate così come Teresa, fidandosi ciecamente dell'amore aveva abortito un figlio per poi rimpiangere il gesto.



6.3.12

pazienza questa mia sconosciuta \ figure di .. con i clienti


 nei  giorni scorsi  in azienda   mi stava per  capitare   qualcosa  di  simile  con dei clienti ,




fortunamente   senza  neanche il bisogno  di contar.te  fino a  10   è venuto  mio  padre  ch'era  nei pressi .
 Ciò mi ha ricordato  una vicenda  successa due  anni fà in negozio  con una cliente .... ma  andiamo con ordine  .  Prima d'iniziare  il post  , per  chi   mi segue da poco  o per la prima volta .




Noi  abbiamo due  vivai  il primo  (  vedere  cartina  a sinistra  e  foto     sotto   al centro  mi  scuso  se   è  foto di una foto ma  non sono riuscito  a trovare  nè i negativi    nè l'originale  , ma  solo un  ingrandimento  ,  messo in cornice  appeso   nel negozio  )  che  si trova  sulla   SS127, Km. 48,600  07029 Tempio Pausania Olbia-Tempio   ( per  maggiori dettagli   cartina  )  . Dove   si vende  a  fioristi della  zona   e ai privati  ( gente  che vuole piante da  frutto o da  giardino  o  piante  in grosse quantità ) 






IL  secondo  a Santa Teresa di Gallura in cui vengono allevate piante indicate per il clima litoraneo  e che  lavora  fisso  in primavera - estate (  marzo\aprile - settembre\ottobre  )  e si occupa dei giardini   nei   villaggi turistici  della  zona  e  delle ville  di  portorafael  e portobello  di Gallura
E  il negozio   giardino   in paese (  via  G.marconi n7   foto  sotto  le altre  le  trovate  :  qui se  siete fra i miei  contatti di  facebook  oppure    qui  sul mio album  di flickr  )





Dopo  questa  premessa  ritorniamo  al post   .


Avevo appena finito   di scaricare  il carico pomeridiano   e di salutare  il collega  che  riportava ilmezzo in azienda  per  poi  ritornarsene a casa   , quando  la commessa mi chiama , per  chiedere  in modo da  rispondere  ad una richiesta  di una cliente  fattagli la mattinma   se  giù in vivaio   ci sono  delle piante  di  susine  e di  ciliegio . 
Io , avendo voglia  di rientrare  a casa e  farmi  una doccia   rilassante  , ch'è  a pochi passi , sbuffando accettai . 
Ma mentre  cerca l'appunto venero dei clienti  . Un po'  titubante  ed  indeciso  sul tipo  di fiori da mettere  nel boquet  \  mazzo  , ma   con le idee  chiare   alla  domanda  della collega  : <<  quanto  vuole  spendere  approssiomamente  ? >> .  E  fin qui niente  di  male  , sfido chiunque    che deve prendere un regalo   che  sia  subito deciso  . La  seconda  più indecisa del precedente  (  e  va beh si sopporta perchè  i clienti ci  danno dfa mangiare  ) , chiede  di mostrarle  una pianta bella grande  da regalare  , gliela  mostriamo . Lei  appena sente  il prezzo  si mette quasi a sbraitare  :<< è  una esagerazione non ne  ha  di più piccole >>  ?  l'accontentiamo  ,   ma  non le  va bene  :  << ma è piccola e spoglia .... >>, e altro che nonricordo . La commessa ne  mostra  un altra  stressa  storia  ,  che continua  per  altre  2\3  volte  e  clienti  che  entravano    se  andavano spazientiti  e  dalle  loro espressioni  si capiva    <<  torneròà  più  tardi  , ma   come  fate a spopportare una    maleducata  >> . Infatti la commessa  da  dientro mi  faceva tipo ezio greggio di striscia nla notizia  cioè  si metteva  la  mano  sotto il mento  e  poi  l'allungava  verso  il  basso , come  a  dire     che  .... . Poi  ad un certo punto  stava  continuando , infatti  ha  detto molto acidatamente  : << prendo questa  , però voglio  lo  sconto  >>  e continuava  ad  insistere nonostante  la  commessa  gli dicesse  di  no  . 
Ed io  come  fantozzi  ( mitica  scena della partita  a biliardo     specialmente   dal  3.21  in poi   ) o  mi sono imballato  stancato     )   e  gli ho detto  :<<  se  non loe  va bene  se  ne  vada    se  mai  trova  in zona   quqalcun'altro  che  autoproduc e il  70  %    delel painte    che ci  sono qui  in negozio  >>   .  E  se  n'è andata   con espressione sul viso  che  sembrava quella  dei balloons \ nuvole  dei  fumetti  pieni di segni ( vedere  foto  a destra  )    grafici  per  coprire   le parolacce    proprio  coemm  nel caso di paperino   quando  a causata    del sua  cosmica  sfortuna la  giornata  è un disastro  o zio paperone  o paperina  lo sfruttano . 

Vi lascio immaginare  il predicozzo    sia  della  collega   (  e poi delle altre  quando gli lo  abbiamo raccontato  )   sia  dei miei vecchi  . Hanno si ragione , come  non biasimarli  , perché un  cliente  una  volta perso  è  perso .
Lo  so che  dovrei  smetterla    di fare  il tafazzi  ( personaggio della  trasmissione   mai dire  goal  ) 




 ed   avere pazienza     ma  certi clienti sono come quelli descritti   dal film Clerks - Commessi   ( 1994 )  ne  trovate  sotto  un estratto   video  sono  difficili  e  ci  vuole  (  non so come  facciano  le   colleghe    che  si occupano del negozio  ) determinazione  e pazienza  

e poi  sfatiamo il mito   del cliente  ha  sempre ragione perchè possono esserci anche dei casi  in cui  il cliente  ha  torto  .Trovate   sotto  a destra  quando  ha  ragione  . E poi nella vita  ogni tanto



 Infatti  un sito di marketing  << << (....) "I reclami dei vostri dipendenti sui clienti sono una fonte di innovazione e ispirazione? O segnalano qualcosa di disturbante e malsano sulla vostra cultura organizzativa?"Insomma, ascoltiamo i reclami dei clienti, ma anche i reclami dei "nostri ragazzi" A PROPOSITO dei clienti. E prendiamo in mano i conti: il cliente ci fa guadagnare o ci fa perdere? Alla fine, i profitti sono la cosa più importante, non il fatturato o il numero di clienti.E di quel cliente così "strategico" forse, a conti fatti, potremmo benissimo farne a meno. >> qui  l'articolo  completo  ) . 
Mi farebbe  piacere  sentire oltre  le  vostre opinioni  anche le vostre esperienze  in merito    con questo  è  tutto a presto gente 

Rossella Urru: Lettera aperta al Presidente dell'Europarlamento Martin Schulz sulle dichiarazioni di Borghezio

lo  so  che     dovrei  ignorare questo   putribondo figuro     coem suggerisce  il commento   da  dove  ho preso la lettera  : << 

Chiedo scusa a tutti vo ma perchè ci lasciamo prendere dall'ira facendo cosi' il gioco di questo figuro? Non aspettava altro che finire, ancora una volta, al centro dell'attenzione, per di più questa volta, non più in ambito nazionale ma nel panorama Europeo il massimo per lui. Ci sono che se non dicono e/o fanno azioni eclattanti conterebbero meno di zero nella vita, dirò di più, sentirebbero una fortissima necessità d'andare a nascondersi nei luoghi più bui ed introvabili della terra. Lui è sicuramente una di queste Ma ve lo siete dimenticati (come è fatto ,come si muove , come parla,e le cazzatte che ha sempre detto)? Un cesso, naturalmente detto, con tutto il rispetto per non rischiare di recare offesa ai cessi. Ecco perchè, preso da un irresistibile bisogno, spalanca sempre più spesso la sua fogna per vomitare tutta la merda di cui purtroppo è fatto. Oramai per lui è peggio che essere in astinenza non può assolutamente farne a meno di essere al centro dell'attenzione. Poi, dopo avere vomitato le cazzatte, sta meglio sicuramente molto meglio.Se noi invece lo andiamo a cercare si farà sempre trovare non aspetta altro. Come si può per cui chiedere a Schulz di rimproverarlo? Si può rimproverare un bambino,si può redarguire un essere umano in generale, ma sperare che rimproverare un cesso maleodorante come lui possa servire a qualcosa, consentitemelo, mi sembra proprio una inutile perdita di tempo. Ignoriamolo tanto, meglio prima che poi, schiatterà. Speriamo solo, quel giorno,di essere molto lontani da quel cesso.

ma non ci riesco  .






Rossella Urru: Lettera aperta al Presidente dell'Europarlamento Martin Schulz sulle dichiarazioni di Borghezio
pubblicata da Emiliano Deiana il giorno lunedì 5 marzo 2012 alle ore 19.15 ·



Gent.mo Martin Schulz Presidente dell’Europarlamento,
le scriviamo per sottoporre alla sua attenzione un fatto increscioso che vede protagonista l'Europarlamentare Mario Borghezio della Lega Nord.
L'Eurodeputato - abbiamo delle difficoltà a chiamarlo Onorevole, ma con l'andare avanti nella lettura capirà meglio il motivo - non è nuovo a prese di posizione pubbliche di stampo razzista e fascista. Ricordiamo con vergogna la sua condanna per un episodio risalente al 2000 quando con alcuni attivisti della Lega, a seguito di una manifestazione antidroga, concorse ad appiccare un incendio nel pagliericcio dove dormivano alcuni migranti sotto il ponte della Principessa Clotilde a Torino. La Cassazione, nel 2005, ha condannato Borghezio in via definitiva a due mesi e venti giorni di galera.
Questo le serva, Presidente, per inquadrare il personaggio che, purtroppo, frequenta l'Assemblea che Lei presiede con imparzialità e senso di giustizia.
Qualche giorno fa Borghezio, durante un'intervista radiofonica al giornalista Klaus David, si è reso protagonista di affermazioni gravissime su una nostra conterranea, Rossella Urru, che si trova nelle mani di rapitori appartenenti al terrorismo islamico.
Rossella Urru è una giovane donna sarda di Samugheo, rappresentante del Comitato Italiano dei Popoli (CISP) che nella notte fra il 22 e il 23 ottobre del 2011 è stata rapita in Algeria insieme a due colleghi spagnoli Ainhoa Fernandez de Rincon ed Enric Gonyalons.
Al momento del rapimento Rossella si trovava nel campo profughi Saharawi per svolgere la sua missione umanitaria a servizio delle popolazioni.
Nei giorni scorsi si sono rincorse voci, non confermate dal Governo italiano, di una sua possibile liberazione nel Mali. La famiglia, la comunità di Samugheo, il popolo sardo e quello italiano vivono ore d’angoscia per la mancanza di certezze sulla sorte di Rossella. In questo contesto si inseriscono le offensive dichiarazioni di Borghezio, allegate alla presente, che accusa il mondo del volontariato di spassarsela in giro per il mondo – quindi anche Rossella - invece di aiutare le vecchiette che vivono da sole nelle valli del Nord che Borghezio, evidentemente, ama più della Sardegna.
L’Europarlamentare parla di "moda Radical Chic" inventata da un certo "catto-comunismo" italiano e da un certo cattolicesimo "che ama autoflaggellarsi sulle colpe dell’Occidente" nei confronti dei Paesi del Terzo Mondo.
Colpisce, ma se ha avuto modo di ascoltare all’Europarlamento il delirio dei suoi interventi sa cosa intendiamo, oltre a un’ignoranza crassa sulle ragioni del colonialismo e sugli strascichi lasciati l’assoluta insensibilità umana verso una giovane donna in mano, ancora oggi e speriamo per poco, a dei rapitori che conducono, loro per davvero, una lotta contro l’Occidente.
Dichiarazioni che noi riteniamo non solo offensive, ma anche pericolose in un momento di trattativa coi rapitori che possono condurre alla liberazione di Rossella.
In concorso col giornalista Borghezio afferma che Rossella "quel che faceva lì poteva farlo in Italia" senza peraltro mettere a repentaglio la propria incolumità. Ancora una volta Borghezio dimostra tutta la sua ignoranza sul mondo della Cooperazione internazionale che si avvale del lavoro delle tante, tantissime Rossella sparse per il mondo.
In un momento di profonda angoscia, per i familiari innanzitutto, ma per l’intera Sardegna, noi le chiediamo con assoluta deferenza, di utilizzare il suo alto incarico per censurare le parole dell’Eurodeputato Mario Borghezio e per esaltare il ruolo della Cooperazione Internazionale a favore delle popolazioni del Terzo Mondo e in particolare il ruolo di Rossella Urru.
Per noi è un vanto che Rossella, che viene da una terra povera e con tanti problemi, sia andata in Algeria ad aiutare un’intera popolazione a migliorare la propria condizione di vita. Noi pensiamo che solo con l’umanità dimostrata da Rossella i popoli possano cooperare al fine di abbattere le disuguaglianze presenti nel mondo.
Quel che solleva muri e steccati sono le dichiarazioni di Borghezio e la sua ideologia razzista e fascista, steccati che noi vorremmo abbattere col dialogo, la fratellanza e la cooperazione.
Rossella, per la Sardegna, per l’Italia e per l’Europa, è un esempio di umanità ed è per questo che, insieme all’insostituibile lavoro delle autorità italiane e dell’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, vorremmo Rossella a casa, sana e salva, libera per continuare ad aiutare i poveri di questo Pianeta.
Certo che Lei saprà trovare i giusti modi per censurare le parole dell’Europarlamentare Mario Borghezio e per esaltare il ruolo della cooperazione internazionale e di Rossella Urru le porgiamo i più Distinti Saluti.


seguono 300  firme

pensieri di Eros Menchetti da il gruppo "noi che abbiamo ancora queste emozioni nel cuore "




pensieri

pensieri che si dissolvono nell'acqua
svaniscono le preoccupazioni
le frustrazioni
i tormenti.
ci sono giorni che starei le ore sotto la doccia
non mi fa pensare a niente
mi estrania dal mondo
e' stupendo.
senti tutto il tuo corpo che freme
al caldo tepore dell'acqua
scivola dalla mia pelle
come i mie pensieri
svaniti 
dalla mia pelle!

ecco perchè no alla tav


L'INCHIESTA
Tav, da Napoli alla Val di Susa
le mani della mafia sui cantieri
I clan si presentano con imprese che vincono perché fanno i prezzi più vantaggiosi e sbaragliano il mercato. Il tracciato della Torino-Lione si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento




 ROBERTO SAVIANO


TUTTI parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent'anni l'Alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business perfezionatosi dai tempi dalla costruzione dell'Autostrada del Sole e della ricostruzione post-terremoto in Irpinia. Questa è una certezza giudiziaria e storica più solida delle valutazioni ambientali e politiche (a favore o contro), più solida di ogni altra analisi sulla necessità o sull'inutilità di quest'opera. In questo momento ci si divide tra chi considera la Tav in Val di Susa come un balzo in avanti per l'economia, come un ponte per l'Europa, e chi invece un'aberrazione dello spreco e una violenza sulla natura. Su un punto però ci si deve trovare uniti: bisogna avere il coraggio di comprendere che l'Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie. Il governo Monti deve comprendere che nascondere il problema è pericoloso. Prima dei veleni, delle polveri, della fine del turismo, della spesa esorbitante, prima di tutte le analisi che in questi giorni vengono discusse bisognerebbe porsi un problema di sicurezza del sistema economico. Che è un problema di democrazia.

Ci si può difendere dall'infiltrazione mafiosa solo fiaccando le imprese prima che entrino nel mercato, quando cioè è ancora possibile l'economia mafiosa è assai aggressiva e l'Italia, invece, è disarmata. Il Paese non può permettersi di tenere in vita con i fiumi di danaro della Tav le imprese illegali. Se non vuole arrendersi alle cosche, e bloccare ogni grande opera, deve dotarsi di armi nuove, efficaci e appropriate. La priorità non può che essere la "messa in sicurezza dell'economia", per sottrarla all'infiltrazione e al dominio mafioso, dotandola di anticorpi che individuino e premino la liceità degli attori coinvolti e creino le condizioni per una concorrenzialità, vera, non inquinata dai fondi neri. Oggi questa messa in sicurezza non è ancora stata fatta e il Paese, per ora, non ha gli strumenti preventivi per sorvegliare l'enorme giro degli appalti e subappalti, i cantieri, la manodopera, le materie prime, i trasporti, e lo smaltimento dei rifiuti, settori tradizionali in cui le mafie lavorano (inutile negarlo o usare toni prudenti) in regime di quasi monopolio. Quando i cantieri sono giganti con fabbriche di movimenti umani e di pale non ci sono controlli che tengano. 

IL BUSINESS CRIMINALE
Le mafie si presentano con imprese che vincono perché fanno prezzi vantaggiosi che sbaragliano il mercato, hanno sedi al nord e curricula puliti, e il flusso di denaro destinato alla Tav rischia di diventare linfa per il loro potenziamento, aumentandone la capacità di investimento, di controllo del territorio, accrescendone il potere economico e, di conseguenza, politico. Non vincono puntando il fucile. Vincono perché grazie ai soldi illeciti il loro agire lecito è più economico, migliore e veloce. Lo schema finanziario utilizzato sino ad ora negli appalti Tav è il meccanismo noto per la ricostruzione post-terremoto del 1980: il meccanismo della concessione, che sostituisce la normale gara d'appalto in virtù della presunta urgenza dell'opera, e fa sì che la spesa finale sia determinata sulla base della fatturazione complessiva prodotta in corso d'opera, permettendo di fatto di gonfiare i costi e creare fondi neri per migliaia di miliardi. La storia dell'alta velocità in Italia è storia di accumulazione di capitali da parte dei cartelli mafiosi dell'edilizia e del cemento. Il tracciato della Lione-Torino si può sovrapporre alla mappa delle famiglie mafiose e dei loro affari nel ciclo del cemento. Sono tutte pronte e già si sono organizzate in questi anni. 

Esagerazioni? La Direzione nazionale Antimafia nella sua relazione annuale (2011) ha dato al Piemonte il terzo posto sul podio della penetrazione della criminalità organizzata calabrese: "In Piemonte la 'ndrangheta ha una sua consolidata roccaforte, che è seconda, dopo la Calabria, solo alla Lombardia". Così come dimostra la sentenza n. 362 del 2009 della Corte di Cassazione che ha riconosciuto definitivamente "un'emanazione della 'ndrangheta nel territorio della Val di Susa e del Comune di Bardonecchia". L'infiltrazione a Bardonecchia (che arrivò a portare lo scioglimento del comune per infiltrazione mafiosa nel 1995 primo caso nel Nord-Italia) è avvenuta nel periodo in cui si stava costruendo una nuova autostrada e il traforo del Frejus verso la Francia. Gli appalti del traforo portarono le imprese mafiose a vincere per la prima volta in Piemonte.

I LEGAMI CON IL NORD
Credere che basti mettere sotto osservazione le imprese edili del sud per evitare l'infiltrazione è una ingenuità colpevole. Le aziende criminali non vengono dalle terre di mafie. Nascono, crescono e vivono al Nord, si presentano in regola e tutte con perfetto certificato antimafia (di cui è imperativa una modifica dei parametri). È sempre dopo anni dall'appalto che le indagini si accorgono che il loro Dna era mafioso. Qualche esempio. La Guardia di Finanza individuò sui cantieri della Torino-Milano la Edilcostruzioni di Milano che era legata a Santo Maviglia narcotrafficante di Africo. La sua ditta lavorava in subappalto alla Tav. La Ls Strade, azienda milanese leader assoluta nel movimento terre era di Maurizio Luraghi imprenditore lombardo. Secondo le indagini della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Luraghi era il prestanome dei Barbaro e dei Papalia, famiglie 'ndranghetiste. Nel marzo 2009 l'indagine, denominata "Isola", dimostrò la presenza a Cologno Monzese delle famiglie Nicoscia e Arena della 'ndrangheta calabrese che riciclavano capitali e aggiravano la normativa antimafia usando il sistema della chiamata diretta per entrare nei cantieri Tav di Cassano d'Adda. Partivano dagli appalti poi arrivavano ai subappalti e successivamente - e in netta violazione delle leggi - ad ulteriori subappalti gestendo tutto in nero. 

Dagli appalti si approdava prima ai subappalti e successivamente - e in contrasto con le norme antimafia - ad ulteriori subappalti con affidamento dei lavori del tutto in nero. Nell'ottobre 2009 l'Operazione Pioneer arrestò 14 affiliati del clan di Antonio Spagnolo di Ciminà (Reggio Calabria), proprietario della Ediltava sas di Rivoli, con la quale si aggiudicò subappalti sulla linea Tav. Dalla Lombardia al Piemonte il meccanismo è sempre lo stesso: "Le proiezioni della criminalità calabrese, attraverso prestanome, - scrive l'Antimafia - hanno orientato i propri interessi nel settore edile e del movimento terra, finanziando, con i proventi del traffico di droga e dell'usura, iniziative anche di rilevante entità. In tale settore le imprese mafiose sono clamorosamente favorite dal non dover rispettare alcuna regola, ed anzi dal poter fare dell'assenza delle regole il punto di forza per accaparrarsi commesse". 

A Reggio Emilia l'alta velocità è stata il volano per far arrivare una sessantina di cosche che hanno iniziato a egemonizzare i subappalti nell'edilizia in Emilia Romagna. Sulla Tav Torino-Milano si creò un business mafioso inusuale che generò molti profitti e che fu scoperto nel 2008. Fu scoperta una montagna di rifiuti sotterrati illegalmente nei cantieri dell'Alta Velocità: centinaia di tonnellate di materiale non bonificato, cemento armato, plastica, mattoni, asfalto, gomme, ferro, intombato nel cuore del Parco lombardo del Ticino. La Tav diventa ricchezza non solo per gli appalti ma anche perché puoi nascondere sottoterra quel che vuoi. Una buca di trenta metri di larghezza e dieci di profondità è in grado accogliere 20mila metri cubi dì materiale. Ci si arricchisce scavando e si arricchisce riempiendo: il business è doppio.

IL SISTEMA DEI SUBAPPALTI
I cantieri Tav sulla Napoli-Roma, raccontano bene quello che potrebbe essere il futuro della Tav in Val di Susa. Il clan dei Casalesi partecipa ai lavori con ditte proprie in subappalto e soltanto fino al 1995 la camorra intasca secondo la Criminalpol 10mila miliardi di lire. Fin dall'inizio gli esponenti del clan dei Casalesi esercitarono una costante pressione per conseguire e conservare il controllo camorristico sulla Tav in due modi: o infiltrando le proprie imprese o imponendo tangenti alle ditte che concorrevano nella realizzazione della linea ferroviaria. I cantieri aperti dal 1994 per oltre dieci anni, avevano un costo iniziale previsto di 26.000 miliardi, arrivato nel 2011 a 150.000 miliardi di lire per 204 chilometri di tratta; il costo per chilometro è stato di circa 44 milioni di euro, con punte che superano i 60 milioni. Le indagini della Dda spiegarono alcuni di questi meccanismi scoprendo che molte delle società appaltatrici erano legate a boss-imprenditori come Pasquale Zagaria, coinvolto nel processo Spartacus a carico del clan dei Casalesi (e fratello del boss Michele, il quale, ancora latitante, riceveva nella sua villa imprenditori edili dell'alta velocità). Il clan dei Casalesi partecipò ai lavori con ditte proprie, accaparrandosi inizialmente il monopolio del movimento terra attraverso la Edil Moter. Nel novembre del 2008 le indagini della procura di Caltanissetta ruotarono intorno alla Calcestruzzi spa, società bergamasca del Gruppo Italcementi (quinto produttore a livello mondiale), che forniva il cemento per realizzare importanti opere pubbliche tra cui alcune linee della Tav Milano-Bologna e Roma-Napoli (terzo e quarto lotto), metrobus di Brescia, metropolitana di Genova e A4-Passante autostradale di Mestre. Le indagini (che aveva iniziato Paolo Borsellino) mostrarono: "Significativi scostamenti tra i dosaggi contrattuali di cemento con quelli effettivamente impiegati nella produzione dei conglomerati forniti all'impresa appaltante". L'indagine voleva accertare se la Calcestruzzi avesse proceduto "a una illecita creazione di fondi neri da destinare in parte ai clan mafiosi dell'isola, nonché l'eventuale esistenza di una strategia aziendale volta a tali fini". 

Ecco: questa è l'Italia che si appresta ad aprire i cantieri in Val di Susa. Che la mafia non riguardi solo il sud ormai è accertato. Di più: le organizzazioni criminali non solo in Italia, ma anche in Usa e in tutto il mondo, stanno approfittando enormemente della crisi, che è diventata per loro un'enorme occasione da sfruttare. Bisogna mettere in sicurezza l'economia del paese e siamo, su questo terreno, in grande ritardo. La giurisprudenza antimafia è declinata sulla caccia ai boss mafiosi. Giusto, ma non basta: serve un balzo in avanti, serve una giurisprudenza che dia la caccia agli enormi capitali, alle casseforti criminali che agiscono indisturbate nel mondo della finanza internazionale. O ci si muove in questa direzione o l'alternativa è che ogni forma di ripresa economica sarà a capitale di maggioranza mafioso.

(06 marzo 2012)

5.3.12

Mylène Farmer - Je T'aime Mélancolie





J'ai comme une envie
De voir ma vie au lit
Comme une idée fixe
Chaque fois que l'on me dit
La plaie c'est ça:
C'est qu'elle pousse trop vite
La mauvaise herbe nuit
C'est là qu'il me vient une idée:
Pouvoir m'apitoyer
C'est bien ma veine
Je souffre en douce
J'attends ma peine
Sa bouche est si douce
J'ai comme une envie
De voir ma vie au lit
Comme une idée triste
Qui me poursuit la nuit-la nuit-la nuit
Je savoure la nuit
L'idée d'éternité
La mauvaise herbe nuit
Car elle ne meurt jamais
Quand tout est gris
La peine est mon amie
Un long suicide acide
Je t'aime mélancolie
Sentiment qui
Me mène à l'infini
Mélange du pire, de mon désiré
Je t'aime mélancolie
Quand tout est gris
La peine est mon amie
J 'ai l'âme humide aussi
Tout mon être chavire
Oh viens je t'en prie
C'est ton amie aussi
C'est l'élexiré de mes délires
Je t'aime mélancolie
J'ai comme une envie
De voir ma vie en l'air
Chaque fois que l'on me dit
C'est de la mauvaise herbe
Et moi je dis:
Qu'une sauvage née
Vaut bien d'être estimée
Après tout elle fait souvent la nique
Aux (trop bien) cultivées, et toc!
C'est bien ma veine
Je souffre en douce
J'attends ma peine
Sa bouche est si douce
J'ai comme une idée
De la moralité
Comme une idée triste
Mais qui ne meurt jamais
En somme c'est ça:
Pour plaire aux jaloux
Il faut être ignorée
Mais là, mais là, mais là, pour le coup
C'est Dieu qui m'a planté, alors?... 
Quand tout est gris
La peine est mon amie
Un long suicide acide
Je t'aime mélancolie
Sentiment qui
Me mène à l'infini
Mélange du pire, de mon désiré
Je t'aime mélancolie
Quand tout est gris
La peine est mon amie
J 'ai l'âme humide aussi
Tout mon être chavire
Oh viens je t'en prie
C'est ton amie aussi
C'est l'élexiré de mes délires
Je t'aime mélancolie

 traduzione

Ho nostalgia di vedermi a letto.
Come un'idea fissa,
ogni volta che mi hanno detto:
“lo scotto è questo”.
Ma l'erba cattiva
cresce troppo in fretta,
ed è là che ho un'idea,
una scusa per impietosirmi. 

E' la mia fortuna,
soffro dolcemente;
aspetto la mia sentenza,
dalla bocca così dolce.




Ho nostalgia
di vedermi a letto:
pensiero cattivo
che - di notte - mi strazia.
E' che io assaporo la notte,
pensiero d'eternità.
La notte è come l'erba cattiva,
essa non muore mai.


Quando tutto è smorto,
il tormento è amico mio,
suicido lungo, acido,
Malinconia ti amo.
Sentimento che
mi porta nell'infinito,
mescolando il peggio dei miei desideri,
Malinconia, ti amo.


Quanto tutto è grigio,
il dispiacere è mio amico,
la mia anima è bagnata,
tutto il mio essere è in rotazione.
Vieni, ti prego,
è anche amica tua,
è l'elisir delle mie paranoie,
Ti amo malinconia.


Ho nostalgia
di vedermi allo sbando,
ogni volta che mi hanno detto
"sono solo cattiverie",
e io rispondo:
che un incompreso
va comunque rispettato.
La malinconia, dopotutto, prende in giro i "perfettini". 


E' la mia fortuna,
dolcemente, soffro,
aspettando la mia sentenza,
dalla bocca così dolce.


Ho un'idea
della moralità,
come un pensiero cattivo,
che non muore mai.
Insomma, è questo:
per compiacere gli invidiosi,
devi restare nell'ombra.
Ma poi, come risultato,
sono tutta sbagliata.
E allora?



(Myléne Farmer)

4.3.12

riflessioni sul 8 marzo

 affronto  questo argomento  con questa  canzone presa  dall'efficcentissimo ildeposito.org  e  un commento  che  condivido e di cui  , ma  questa  è un altra storia  che prima o poi racconterò ho vissuto personalmente  ,   in pieno di una mia  amica




Ricordatevi di noi
siamo morte in una fabbrica
sfruttate sul lavoro
sfruttate a casa e fuori

Ricordatevi di noi
siamo morte ma non per sempre
noi vivremo eternamente
sinchè durerà la lotta

Siamo state assassinate
per avere scioperato
voi dovete vendicarci
vendicarci col lottare
vendicarci col creare

Creare un mondo nuovo
un mondo di giustizia
un mondo di uguaglianza
un mondo di libertà

Ricordatevi di Adele
l'hanno presto incarcerata
per avere contestato
per avere militato

L'hanno messa in una cella
una cella isolata
per paura che parlasse
con chi vuol sapere le cose

Saper di un mondo nuovo
un mondo di giustizia
un mondo di uguaglianza
un mondo di libertà

Fonte:
Maraini Y. (a cura di), Siamo in tante...(la condizione della donnanelle canzoni popolari e femministe: libro + disco.Movimento Femminista Romano, Canti delle donne in lotta 2,Vedette Albatros, 1976)




Informazioni storiche :

Questa canzone fu scritta nel 1974 per un intervento di teatro di strada in occasione della Giornata Internazionale della Donna.
8 marzo non è "la festa delle donne", è "la giornata di lotta" delle donne. Nel 1910 le compagne del Congresso internazionale delle donne socialiste hanno indetto l'8 marzo "giornata internazionale di lotta della donna". (maria rollero)



ecco  il commento   di ******

E invece è stata decisamente snaturata. E non solo; è stata trasformata in una giornata in cui le donne possono "trasgredire", possono andare a cena, a ballare, assistere a spogliarelli maschili nei locali. Con la "concessione" dei mariti, o fidanzati, o compagni ipocriti. Ma temo che il male peggiore non sia l'ipocrisia maschilista, ma il fatto che tante, troppe donne hanno vanificato le lotte per la conquista di diritti, dignità e parità. Lotte che sono costate tanto, anche la vita. E quanto mi dispiace vedere tante donne (e attraverso il mio lavoro ne vedo davvero tante) che non difendono il loro orgoglio e la loro dignità dell'essere donne; e spesso non per mancanza di intelligenza o a causa di condizioni sociali degradate, ma perchè la cultura femminile di questo momento storico è dettata dalla supericialità. E così si lasciano usare dagli uomini/maschi e si sentono importanti, sino a quando gli stessi uomini/maschi non le sputtanano malamente definendole stupide, oche, "facili"; se poi sono donne separate e con figli vengono definite delle pessime madri, delle "troie". Che rabbia.....ma così è....

Fotografia

Testimone, dov'è il testimone?
Nel passato remoto della gioventù,
in quei tratti nervosi, nelle schegge degli occhi,
o nella sapienza dolente dei passi stanchi?
E' ritratta, in voi, la musica.
La fine dei padri. Le generazioni complicate.
Il sussulto dell'incerto domani.
L'ansia d'un Dio rinnegato e sfuggito.
L'età della perdita. Un diamante folle.
Troppo prezioso e fulgido per noi,
poveri carboni spenti.




Sopra: Renato Zero e Lucio Dalla davanti alle immagini di Tenco ed Endrigo. Sotto: Montreux, 29 febbraio 2012, l'ultimo concerto di Dalla, a poche ore dalla morte.




2.3.12

quando un post di un amico e una canzone ( sulla cattiva strada di de de anmdrè ) confermano il mio viaggio

la prima   è  un omaggio  fattomi sulla mia bacheca  fb   da un amica del gruppo  di  utenti di facebook   radio faber



e il post  del compagno di  strada  http://mattax-mattax.blogspot.com  essi confermano questa canzone  dei Modena City Rambles






Ma  ora  bando  alle  ciance  ed  eccovi  il post   in  questione  



                               La Solitudine con la "C" maiuscola

Maggioranze
smisuratamente organizzate,
talvolta armate

(Fabrizio De André mentre canta "Smisurata Preghiera", rielaborata da un poema colombuiano di Alvàro Mutis)

Quando si può rimanere soli con se stessi, credo che si riesca ad aver più contatto con il circostante che non è fatto soltanto di nostri simili, ma direi che è composto soprattutto di tutto il nostro universo, dalla possibilità di bere acqua a quella di drogarci con ansiolitici o Viagra (non parlo di me in senso stretto in questo ultimo esempio). Il nostro circostante che forse sarebbe meglio scriverlo con la “C” maiuscola, è composto dalla foglia che spunta di notte in un campo fino alle stelle luminose che ogni notte si danno appuntamento allo stesso posto in cielo, dalle montagne ruvide come il masso alle acque spumeggianti che ci rendono tante piccole o immense isole, teatro di sconci mai narrati da uomo o donna. La realtà arriva sempre prima della fantasia, da anarchico spiritualista quale sono, rimango persuaso di questa rozza e materiale certezza, che la realtà abbia più fantasia della fantasia stessa. Bisogna arrendersi a tale obbrobrio, perché è nelle cose primordiali, noi non possiamo farci nulla se non ricordarcelo. Fra pochi simili a volte si è riuscito anche ad accordarci meglio col tutto il nostro circostante, persone, cose, libri, Mannerini, cieli, croci, mari, Calvino ne "Gli amori difficili", tutti i day hospital, i dilemmi di folle impazzite di nuovi "poeti", amica di Riccione per cui cancellerei ogni mio umile saper cianciare nelle ore sbagliate, per una tua giornata di pace fisica e d'anima.

                                                   Il diritto all'imprevisto

Abbiamo delle franchigie, noi, che non usiamo però, le lasciamo lì per chissà chì. Talvolta, siamo un pò fessi anche noi, suvvia, l'ignoranza mista alla pigrizia a codice a barre, come posso non capirvi?! Franchigie che ci permetterebbero di vivere meglio.Come l'esercizio del Dubbio in ogni istante della nostra vita, proprio per non cadere in ciò che Cristo stigmatizza, la vanità anche quando la navi da Crociere si spaccano su un Giglio. Segno che i tempi non sono stati rispettati, ne

la storia riciclata . Il reparto scorte di Palermo stava per riciclare un documento storico: l'ordine di servizio del giorno della strage di Capaci.





LA STORIA RICICLATA
Pubblicato: 07/12/2009

Fotocopiatrice senza carta. Il reparto scorte di Palermo stava per riciclare un documento storico: l'ordine di servizio del giorno della strage di Capaci. Servizio di Rita Mattei

Lucio Dalla, un ricordo di Daniela Tuscano




Come mi son sentita povera, non appena mi è giunta la notizia della morte di Lucio Dalla. Quasi vicina a quel fatidico 4 marzo. È solo il primo.
Morte? Impossibile. Uno scherzo del web, abbiamo subito ipotizzato, ormai assuefatti alla banalizzazione d’un evento divenuto anch’esso liquido, evanescente, irreale. “È la vita che finisce, ma lui non ci pensò poi tanto”, cantava Lucio in quello che è considerato il suo capolavoro assoluto, Caruso. La tragedia contemporanea consiste appunto in questo: nel non pensarci poi tanto. Ma la morte giunge, radicalmente grave, incredibilmente volatile: prende e rapisce, lasciandoci dentro un pesante vuoto. Il vuoto del rammarico, del rimpianto. Dell’inafferrabile.
Ma Lucio era così cattolico. E da cattolico, per lui, non era la morte a giungere, ma la vita a finire; e, come il suo Caruso, non ci pensava poi tanto perché aveva molto amato. Perché la vita naturalmente e ovviamente finiva, e finisce così, per tutti noi, per ognuno di noi.
Abbiamo eluso una verità così semplice? Colpa nostra.
Era immenso, questo piccolo-grande uomo. E lo dico senza retorica alcuna. Da quanti secoli mi manca? Gli chiedo scusa, scusa per non aver assimilato del tutto quel suo messaggio di vita che finisce, ciclica, spontanea, profumata d’erba, di mare.
Lucio Dalla era un meticcio marino. Non si capiva bene da quale parte iniziasse, o finisse, il suo corpo basso e stortignaccolo. Un mozzo irsuto? Un Querelle italiano? Un avventore di bar di provincia? Tutto questo, e molto di più. Un periferico che come nessuno aveva saputo scrutare la mia Milano. Quella degli anni ’70, truce e concitata, di Corso Buenos Ayres. Odiava quella frenesia da calibro 9, il bolognese Lucio, e lo urlava, lo digrignava anzi, sempre con un lampo di ferrigna ironia, ma sapeva anche accarezzare così bene, e delicatamente, la città nuda e tentacolare: “Milano lontana dal cielo, tra la vita e la morte continua il tuo mistero”.
Ancora mare, profondo, ovviamente. Quella sì, era la sua traversata biblica. Con qualche accento disperato, degno d’un moderno Giobbe: “Frattanto un mistico, forse un aviatore, inventò la commozione, che li mise d’accordo tutti, i belli con i brutti, con qualche danno per i brutti che si videro consegnare un pezzo di specchio così da potersi guardare”. Insomma: la religione ci ha lasciati più inguaiati di prima, quando si è istituzionalizzata. E chi ne ha fatto le spese è sempre stato il povero diavolo. Lo stesso concetto nell’altro suo eroe marino, Ulisse: “Mi sono immaginato la protesta d’un marinaio: senta signor Ulisse, lei parte, va, conquista mondi, seduce le donne più belle, e quando si trova nei guai, tracchete! Ecco un dio che la salva. I suoi sbagli, però, siamo noi a pagarli, noi non protetti da nessuna divinità, noi che abbiamo solo una casa e una moglie e un misero stipendio”. Con queste parole, una volta, Dalla spiegò la genesi di Itaca, con quel magnifico coro “fuori sincrono” maschile e pure femminile; coro di mondine e di operaie, perché Itaca era la metafora, anche, della violenza del potere sulla classe oppressa; forse, persino del capitalista illuminato. Come nell’”orazion picciola” dell’Ulisse dantesco, infatti, alla fine anche il marinaio di Lucio resta sedotto dal fascino ambiguo dell’eloquio itacense: “Anche la paura in fondo, mi dà sempre un gusto strano: se ci fosse ancora mondo sono pronto, dove andiamo”.
Mi è impossibile elencare tutte le canzoni di Lucio che hanno segnato il mio cuore. Sono davvero tante. Troppe. Oggi, un Dalla sarebbe improponibile, ed è un pessimo segnale. Ha amato, dicevamo all’inizio: proprio per tutte le perle disseminate in questo lungo e fulmineo cammino. Non riesco ad ascoltarlo, adesso. Le lacrime mi chiudono la gola. Un brano però, quello sì, è pianto per eccellenza, è puro vento. Lo vedo nelle varie tonalità del blu, dal celeste all’oltremare. Mare, ancora una volta. O meglio, La casa in riva al mare. Una sola, bianca, sotto un sole greco, e quel prigioniero che sogna la donna, lo vedo relegato in uno stambugio levantino, anch’esso chiaro, ma d’un silenzio di calce, spoglio, vano. Che aspetta, aspetta, inutilmente e disperatamente, con un certo sorriso sciocco, baluginato, sotto palpebre vetrose. E poi lo sai, che… fu solo in mezzo al blu. Morto il prigioniero con un’allegria (Quale allegria?) azzurra d’illusione, ma forse ambiguamente rappacificato, accarezzato da un’ala di misericordia. La voce di Lucio è anch’essa leggera mentre lo racconta, quasi buttata lì, fischiettata in semitono. Era una vita che finiva, nel peggiore dei modi, perché non c’eravamo accorti che era quella d’un uomo. Voglia di ribellione. Di dignità. Ci ha insegnato questo e molto altro, Lucio Dalla. Malasorte, il perderti così.

1.3.12

Lucio Dalla, la vita che finisce

Come mi son sentita povera, non appena mi è giunta la notizia della morte di Lucio Dalla. Quasi vicina a quel fatidico 4 marzo. È solo il primo.

Morte? Impossibile. Uno scherzo del web, abbiamo subito ipotizzato, ormai assuefatti alla banalizzazione d’un evento divenuto anch’esso liquido, evanescente, irreale. “È la vita che finisce, ma lui non ci pensò poi tanto”, cantava Lucio in quello che è considerato il suo capolavoro assoluto, Caruso. La tragedia contemporanea consiste appunto in questo: nel non pensarci poi tanto. Ma la morte giunge, radicalmente grave, incredibilmente volatile: prende e rapisce, lasciandoci dentro un pesante vuoto. Il vuoto del rammarico, del rimpianto. Dell’inafferrabile.

Ma Lucio era così cattolico. E da cattolico, per lui, non era la morte a giungere, ma la vita a finire; e, come il suo Caruso, non ci pensava poi tanto perché aveva molto amato. Perché la vita naturalmente e ovviamente finiva, e finisce così, per tutti noi, per ognuno di noi.

Abbiamo eluso una verità così semplice? Colpa nostra.

Era immenso, questo piccolo-grande uomo. E lo dico senza retorica alcuna. Da quanti secoli mi manca? Gli chiedo scusa, scusa per non aver assimilato del tutto quel suo messaggio di vita che finisce, ciclica, spontanea, profumata d’erba, di mare.

Lucio Dalla era un meticcio marino. Non si capiva bene da quale parte iniziasse, o finisse, il suo corpo basso e stortignaccolo. Un mozzo irsuto? Un Querelle italiano? Un avventore di bar di provincia? Tutto questo, e molto di più. Un periferico che come nessuno aveva saputo scrutare la mia Milano. Quella degli anni ’70, truce e concitata, di Corso Buenos Ayres. Odiava quella frenesia da calibro 9, il bolognese Lucio, e lo urlava, lo digrignava anzi, sempre con un lampo di ferrigna ironia, ma sapeva anche accarezzare così bene, e delicatamente, la città nuda e tentacolare: “Milano lontana dal cielo, tra la vita e la morte continua il tuo mistero”.

Ancora mare, profondo, ovviamente. Quella sì, era la sua traversata biblica. Con qualche accento disperato, degno d’un moderno Giobbe: “Frattanto un mistico, forse un aviatore, inventò la commozione, che li mise d’accordo tutti, i belli con i brutti, con qualche danno per i brutti che si videro consegnare un pezzo di specchio così da potersi guardare”. Insomma: la religione ci ha lasciati più inguaiati di prima, quando si è istituzionalizzata. E chi ne ha fatto le spese è sempre stato il povero diavolo. Lo stesso concetto nell’altro suo eroe marino, Ulisse: “Mi sono immaginato la protesta d’un marinaio: senta signor Ulisse, lei parte, va, conquista mondi, seduce le donne più belle, e quando si trova nei guai, tracchete! Ecco un dio che la salva. I suoi sbagli, però, siamo noi a pagarli, noi non protetti da nessuna divinità, noi che abbiamo solo una casa e una moglie e un misero stipendio”. Con queste parole, una volta, Dalla spiegò la genesi di Itaca, con quel magnifico coro “fuori sincrono” maschile e pure femminile; coro di mondine e di operaie, perché Itaca era la metafora, anche, della violenza del potere sulla classe oppressa; forse, persino del capitalista illuminato. Come nell’”orazion picciola” dell’Ulisse dantesco, infatti, alla fine anche il marinaio di Lucio resta sedotto dal fascino ambiguo dell’eloquio itacense: “Anche la paura in fondo, mi dà sempre un gusto strano: se ci fosse ancora mondo sono pronto, dove andiamo”.

Mi è impossibile elencare tutte le canzoni di Lucio che hanno segnato il mio cuore. Sono davvero tante. Troppe. Oggi, un Dalla sarebbe improponibile, ed è un pessimo segnale. Ha amato, dicevamo all’inizio: proprio per tutte le perle disseminate in questo lungo e fulmineo cammino. Non riesco ad ascoltarlo, adesso. Le lacrime mi chiudono la gola. Un brano però, quello sì, è pianto per eccellenza, è puro vento. Lo vedo nelle varie tonalità del blu, dal celeste all’oltremare. Mare, ancora una volta. O meglio, La casa in riva al mare. Una sola, bianca, sotto un sole greco, e quel prigioniero che sogna la donna, lo vedo relegato in uno stambugio levantino, anch’esso chiaro, ma d’un silenzio di calce, spoglio, vano. Che aspetta, aspetta, inutilmente e disperatamente, con un certo sorriso sciocco, baluginato, sotto palpebre vetrose. E poi lo sai, che… fu solo in mezzo al blu. Morto il prigioniero con un’allegria (Quale allegria?) azzurra d’illusione, ma forse ambiguamente rappacificato, accarezzato da un’ala di misericordia. La voce di Lucio è anch’essa leggera mentre lo racconta, quasi buttata lì, fischiettata in semitono. Era una vita che finiva, nel peggiore dei modi, perché non c’eravamo accorti che era quella d’un uomo. Voglia di ribellione. Di dignità. Ci ha insegnato questo e molto altro, Lucio Dalla. Malasorte, il perderti così.


addio dalla voglio ricordarti cosi