la VII edizione della manifestazione nazionale Trekking urbano . A tempio è stata organizzata dal'associazione con Cammina Limbara . L'tinerario ha avuto come traccia "la ricerca del profondo legame che esiste tra l'acqua e la nostra cittadina". Il percorso è partito dalle rinomate fonti ( ora purtroppo in gran parte in abbandono ed oggetto di causa fra il comune e i privati a cui era stata data la concessione ) oligominerali di Rinaggiu ed attraversando al pineta di San Lorenzo si raggiunto la Fonte Nuova, che con il suo viale alberato è ancora oggi il salotto estivo della città. Dal belvedere della Fonte Nuova abbiamo indicato e descritto l'antica fonte della Costovargia ( era non più esistente visto che negli anni 60\70 vi si è distruggendo un intero quartiere del 700 e modificando e snaturando una bellissima piazza con fontana ) , la fonte adiacente alla chiesa di Nostra Signora. Abbiamo attraversato il centro storico dove abbiamo visitato gli splendidi pozzi presenti all'interno dei vecchi palazzi del Settecento ed Ottocento: Casa Mundula, palazzo del Conte Sanfelice, Puzzu di Siazzu, Fonte dei Frati Francescani, Fonte e Viale di San Sebastiano ed infine la fonte di Pastini, nonostante la pioggia.........! qui sotto le foto dell'album di facebook ( le mie sono pessime e poche avevo scarsa batteria ) di Adriana alias
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
22.4.12
Sabato 21 Aprile 2012 "Acqua Matrice di Vita" Edizione primaverile della Giornata Nazionale del Trekking Urbano
Sabato 21 aprile si è svolto a tempio pausania ( Olbia -Tempio )
Dentro Faber - L'anarchia
«Io scrivo di persone che hanno tentato, anche in maniera abbastanza balorda, al di fuori delle leggi scritte, di riuscire a trovare la loro libertà, che certe volte può contrastare, certe volte addirittura contrasta necessariamente con quelle che sono le leggi scritte, per questo ho scritto Il pescatore, per questo ho scritto tante altre canzoni come Bocca di rosa. Cioè per me l'importante è fare capire alla gente che le leggi scritte possono essere scritte in ogni caso, in ogni modo e in ogni tempo, ma sempre da un gruppo che è al potere ».
dedicato ai nostalgici di Quelsi ( http://www.qelsi.it/ ) vedere oltre il loro sito qui il mio post precedente
Gallurese rischia la vita nel Bahrain Pasquale Lattuneddu, braccio destro del capo della Formula 1, coinvolto negli scontri: ferito da una bottiglia incendiaria
fonte la nuova sardegna
di Guido Piga
OLBIA. «Mi sono bruciato le sopracciglia...». Non è una battuta: Pasquale Lattuneddu, numero 2 della Formula 1, la fiammata se l’è vista davanti agli occhi. Stava andando dal circuito di Sakhir al centro della capitale del Bahrain, quando la sua auto blindata è finita al centro della rivolta degli sciiti contro la famiglia regnante degli Al Khalifa, di confessione sunnita. E’ uno scontro religioso e politico che va avanti da un paio di anni, nel solco della primavera araba, e che si è riacceso platealmente proprio in occasione del gran premio.
«Non sono stati momenti facili, per fortuna non mi sono fatto niente di serio. Non ero nel mirino, non sono tanto importante»: così Lattuneddu, tempiese, da 24 anni a Londra, ha rassicurato (con l’abituale ironia) familiari e amici. Insieme al gran capo della F1 Bernie Ecclestone, sapeva di essere (potenzialmente) uno degli obbiettivi delle proteste degli sciiti, che sono maggioranza in Bahrain ma non hanno alcun potere, e ha voluto tranquillizzare tutti. La polizia, dopo aver bloccato alcuni manifestanti, ha trovato un giornale, in lingua araba, in cui c’era un articolo con le foto di Ecclestone e del suo collaboratore principale. Ma sarebbe solo una coincidenza, secondo le fonti investigative. Anche perché il personale della F1, super protetto, in questi giorni sta seguendo numerosi accorgimenti.
I fatti. Alle 20 dell’altra sera Lattuneddu, accompagnato da un uomo della scorta, aveva appena lasciato il circuito. Era arrivato in Bahrain per primo, come al solito, subito dopo la fine del gran premio di Cina. E’ infatti lui che controlla tutto nel paddock: dai contratti alla sicurezza. Quella sera, con il sole già tramontato, aveva finito il suo lavoro e si stava dirigendo verso il centro di Manama, la capitale del Bahrain, dove alloggia nell’hotel Ritz, con vista sul Golfo Persico e sul vicino Qatar. Lungo l’autostrada, a un certo punto, la sua auto è finita in mezzo alla guerriglia. La strada è stata bloccata da un gruppo di manifestanti (molti dei quali ragazzini), che hanno cominciato a bruciare copertoni di auto, creando quindi una barriera insormontabile. Il traffico si è paralizzato, in pieno deserto. La polizia è arrivata in forze e ha cominciato a ingaggiare un duello con i manifestanti. I quali hanno lanciato sassi e bottiglie molotov contro tutti.
Lattuneddu ha abbassato il finestrino dell’auto per capire che cosa stesse succedendo e in quel momento una bottiglia incendiaria gli è esplosa a pochi centimetri. «Mi sono visto una fiammata davanti agli occhi: una luce pazzesca e un odore fortissimo di benzina - ha detto agli amici che l’hanno chiamato -. Non ho fatto neppure in tempo a realizzare che cosa realmente fosse successo. Poi ho capito di essermela vista brutta, perché sentivo odore di pelle bruciata». Quell’odore arrivava dalla sue sopracciglia.
Lattuneddu è sceso dall’auto e, assicuratosi che la sua guardia del corpo non si fosse fatta nulla, ha cercato di individuare da dove fosse arrivata la molotov. Tutto inutile: infuriava la battaglia. Un giornale tedesco, la Bild, ha scritto ieri sera che il braccio destro di Ecclestone ha cercato di mettere pace tra i ragazzini e la polizia, per evitare che la situazione degenerasse.
Sentito, Lattuneddu non ha voluto commentare la circostanza. E’ risalito in auto ed è ripartito, passando in mezzo alle gomme che bruciavano, ultimi bagliori della battaglia.
Maratona di Londra, 23enne correrà con defibrillatore impiantato sul cuore
Sfogliando le news online sono capitato in questo articolo de ilfattoquotidiano e mi sono commosso ( scambiatemi , tanto non me ne può fregare de meno ) dedicato a chi dice che i malati sono un peso o fanno ( poi scusandosi quando non sono in confidenza ) battute del tipo sei da rottamare ( esperienza personale )
Chris Taylor, affetto da una rarissima cardiopatia di origine genetica, sarà il primo atleta a completare gli oltre 42 km del circuito con un dispositivo medico di questo tipo. Per l’impresa del giovane è stata avviata anche una campagna di raccolta fondi che in pochi giorni ha messo insieme duemila sterline destinate alla British heart foundation
«Non potrò correre molto velocemente. Ma correrò comunque». Un defibrillatore sottocutaneo impiantato all’altezza del cuore gli consentirà di competere per la maratona di Londra. Domani, 22 aprile, Chris Taylor ( video sotto )
sarà il primo atleta a completare, se tutto andrà bene, gli oltre 42 chilometri del circuito londinese con un dispositivo medico di questo tipo. Il giovane 23enne, di Lytham St Annes, nel Lancashire, soffre di una rarissima cardiopatia di origine genetica: il tessuto del suo cuore è spugnoso, invece che essere “compatto”, e questa malattia, di cui è portatrice anche la sorella, gli ha già causato numerosi infarti. Ma ora, appunto, vuole affrontare la sfida della sua vita. Sulle orme del nonno maratoneta, questo ragazzo, che di professione fa l’insegnante di geografia, è seriamente intenzionato a portare a termine la corsa. In caso di successo, Chris impiegherà sei ore.Il tutto grazie a un apparecchio uguale a quello che è stato impiantato al calciatore del Bolton Wanderers, il mediano Fabrice Muamba, colpito da un infarto in campo qualche settimana fa, tecnicamente morto per 78 minuti ma salvato grazie alle attrezzature mediche presenti allo stadio.Così, mentre in Italia non si sono ancora spente le polemiche per la morte – forse evitabile e sulla quale si sta indagando – in campo a Pescara del 25enne calciatore del Livorno Piermario Morosini, nel Regno Unito il giovane Taylor decide di sfidare la sorte e spera di raccogliere migliaia di sterline per la British heart foundation, la fondazione britannica per la cura delle malattie del cuore.La salute degli atleti agonisti torna così alla ribalta nel Regno Unito. Per l’impresa del giovane è stata avviata anche una campagna di raccolta fondi. Il primo obiettivo era raccogliere almenoduemila sterline ed è stato raggiunto in pochi giorni. Ma ora si spera di riuscire almeno a quadruplicare la cifra. «Sono così tanto determinato a correre questa maratona proprio perché voglio alzare il livello di coscienza sulle difficoltà che incontrano le persone che hanno malattie come la mia o simili alla mia», ha detto Chris. Sul sito della raccolta fondi anche un suo messaggio. E decine e decine di persone hanno già commentato nel sito dell’appello.Il dispositivo medico impiantato nel corpo del 23enne ha due compiti: monitorare continuamente le condizioni di salute del cuore e intervenire, con il defibrillatore, nel caso di arresto cardiaco. La cardiomiopatia del ventricolo sinistro non compatto colpisce poche decine di persone in tutto il Regno Unito e ha, appunto, origini genetiche. Portatore sano del gene è il padre di Chris, Tommy Taylor, un pilota dell’aeronautica. A curare il giovane è stato, un anno fa, il centro per la salute del cuore dell’ospedale della Staffordshire University. Poi, da allora, la passione per la maratona, l’idea di correre a Londra e il lancio della campagna di solidarietà.
«Ho visto quello che il personale medico ha fatto a Muamba per salvarlo. E sono rimasto veramente colpito e turbato», ha detto Chris. Nel Regno Unito è comune la presenza di defibrillatori in impianti sportivi e in luoghi a grande frequentazione, come centri commerciali, aeroporti, stazioni e persino musei. Ma, spesso, la loro esistenza è legata alla beneficenza delle associazioni di volontariato. Dal 1996 a oggi, la British heart foundation ha donato in tutto il Regno Unito ben seimila defibrillatori. E si calcola che circa 230 vite, finora, siano state salvate grazie all’attività dell’associazione. Sul sito della Bhf è riportato uno studio: il defibrillatore, se usato nei minuti successivi all’infarto, aumenta del 60 per cento la possibilità di sopravvivenza.
21.4.12
La guerra fredda è finità 20 anni fà , ma culturalmente rimane Cultura di sinistra: scuola di Bologna cambia nome da “Dante Alighieri” a “Fabrizio De Andrè”
La guerra fredda ( definita guerra fredda la contrapposizione che venne a crearsi alla fine della seconda guerra mondiale tra due blocchi internazionali, generalmente categorizzati come Occidente gli Stati Uniti d'America, gli alleati della NATO e i Paesi amici ed Oriente, o più spesso blocco comunista l'Unione Sovietica, gli alleati del Patto di Varsavia e i Paesi amici ) è finita da 20 anni . Ma l'articolista o lo ingnora oppure è legato a quel passato dove a destra c'era
: << (....)L'organica allergia che c'hanno per il rossoNon gli riesce di vedere senza scatti di furoreFazzoletti o bandiere che sian di questo colore
(.... ) >>
una canzone del periodo fra gli anni 60\70
perchè vede i comunisti .Questi signori prendono , come ha fatto e fa il musicista Fabrizio Marzi ( foto a destra ) cantautore della destra extraparlamentare degli anni 70 che le canta e le reinterpreta perchè ha capito che De Andrè è di tutti\e e non ha colore ideologico come testimonia il gruppo radio faber ( in cui ci sono molte persone di destra ) . Questo è il mio parere da quelle pochissime volte che direttamente o indirettamente sono riuscito a parlarci visto che veniva ( l'Agnata è a 40 minuti da Tempio ) in vivaio da noi o telefonava a casa .
ecco l'articolo di http://www.qelsi.it/
a voi ogni altro commento
20 APR. 2012
Cultura di sinistra: scuola di Bologna cambia nome da “Dante Alighieri” a “Fabrizio De Andrè”
Mai una notizia di cronaca apparentemente insignificante potrà rappresentare un paradigma migliore della cultura di sinistra. Quella, si sa, con la C (spesso, in realtà, K) maiuscola, che si è impadronita di ogni settore riconducibile al mondo intellettuale e scolastico del Paese.
E’ una notizia che arriva dalla rossa Bologna, amministrata da sempre (tranne la piccola parentesi targata sindaco Guazzaloca) da una Giunta di centro-sinistra: un plesso scolastico di scuole situato in via Asiago cambierà nome: dal poeta “Dante Alighieri” al cantautore “Fabrizio De Andrè”.
Ossia, da un poeta rinomato e tra i principali rappresentanti della cultura della Penisola nonché padre della lingua volgare da cui deriva l’italiano stesso, ad un cantautore senz’altro di grande valore ma che dal punto di vista culturale non può certo essere paragonato all’autore della Divina Commedia.
Eppure, si sa, la cultura di sinistra ha regole precise: imporsi, diffondersi, e soprattutto valorizzare i propri esponenti. Come De Andrè, ottimo cantautore ma anche politicamente schierato. Dalla parte “giusta”, ossia la medesima della Giunta comunale di Bologna, anche se l’autore di “Bocca di rosa” era maggiormente spostato verso posizioni anarchiche.
Non è una novità che “l’educazione di sinistra” cominci sin dai banchi di scuola, e l’intitolazione di un istituto scolastico a Fabrizio De Andrè non è nemmeno l’esempio più eclatante in Italia (a Milano esiste ad esempio un Istituto Tecnico intitolato a Claudio Varalli, militante di sinistra ucciso negli anni ’70 da un colpo di pistola sparato da un giovane missino, il quale a sua volta si era rifugiato all’interno della sua auto per evitare il linciaggio da parte del branco di cui lo stesso Varalli faceva parte). Stupisce, però, la decisione di cambiare nome da “Dante Alighieri” a “Fabrizio De Andrè”, giustificata con queste parole dall’ufficio stampa del Comune di Bologna:
E’ una notizia che arriva dalla rossa Bologna, amministrata da sempre (tranne la piccola parentesi targata sindaco Guazzaloca) da una Giunta di centro-sinistra: un plesso scolastico di scuole situato in via Asiago cambierà nome: dal poeta “Dante Alighieri” al cantautore “Fabrizio De Andrè”.
Ossia, da un poeta rinomato e tra i principali rappresentanti della cultura della Penisola nonché padre della lingua volgare da cui deriva l’italiano stesso, ad un cantautore senz’altro di grande valore ma che dal punto di vista culturale non può certo essere paragonato all’autore della Divina Commedia.
Eppure, si sa, la cultura di sinistra ha regole precise: imporsi, diffondersi, e soprattutto valorizzare i propri esponenti. Come De Andrè, ottimo cantautore ma anche politicamente schierato. Dalla parte “giusta”, ossia la medesima della Giunta comunale di Bologna, anche se l’autore di “Bocca di rosa” era maggiormente spostato verso posizioni anarchiche.
Non è una novità che “l’educazione di sinistra” cominci sin dai banchi di scuola, e l’intitolazione di un istituto scolastico a Fabrizio De Andrè non è nemmeno l’esempio più eclatante in Italia (a Milano esiste ad esempio un Istituto Tecnico intitolato a Claudio Varalli, militante di sinistra ucciso negli anni ’70 da un colpo di pistola sparato da un giovane missino, il quale a sua volta si era rifugiato all’interno della sua auto per evitare il linciaggio da parte del branco di cui lo stesso Varalli faceva parte). Stupisce, però, la decisione di cambiare nome da “Dante Alighieri” a “Fabrizio De Andrè”, giustificata con queste parole dall’ufficio stampa del Comune di Bologna:
La produzione artistica di Fabrizio De Andrè, ponendo l’attenzione verso gli esclusi e verso il senso profondo della libertà interiore, ha saputo dimostrare che anche la canzone, quando è opera di elevato livello, si configura come nuova letteratura e nuova poesia popolare e che, proposta ai ragazzi con l’immediatezza del linguaggio musicale, può avviarli ed accompagnarli in un percorso di appropriazione della cultura in tutte le sue forme espressive sino alle più complesse
Certo, va bene tutto, anche “l’attenzione verso gli esclusi” , anche “l’immediatezza da proporre ai ragazzi”, ma considerando che il plesso della “ex Alighieri” ospita ragazzini delle scuole Medie, non si potrebbe offrire a undicenni, dodicenni e tredicenni un Dante Alighieri come esempio culturale? Non crescerebbero male.
Il medesimo cambio di denominazione è stato tentato anche in passato, quando alla guida del Comune di Bologna c’era Anna Maria Cancellieri in veste di Commissario. La quale si è opposta, fermamente, con queste parole:
Il medesimo cambio di denominazione è stato tentato anche in passato, quando alla guida del Comune di Bologna c’era Anna Maria Cancellieri in veste di Commissario. La quale si è opposta, fermamente, con queste parole:
Dante Alighieri è Dante Alighieri. Io adoro De Andrè ma come modello culturale forse Dante è un pò di più
Parole che facciamo nostre, rammaricandoci che oggi, da ministro dell’Interno, la stessa Anna Maria Cancellieri non abbia più potuto fare nulla.
20.4.12
quando lo sport è indifferente se non complice di violazioni di diritti umani BAHRAIN E IL GRAN PREMIO DI FORMULA 1:
fonte Doriana Goracci dal gruppo di facebok Information Guerrilla, ZabrinskyPoint .....
Proteste e torture non fermano il Circo di Ecclestone Il Gran Premio di Formula Uno del Bahrain si farà. Lo dice Bernie Ecclestone, lo dice la FIA. E se anche qualche team tentenna per paura delle proteste antigovernative o di possibili attentati, Ecclestone non molla: il GP s'ha da fare. Intanto la rivoluzione bahrenina continua, nonostante le torture, gli arresti, gli assassinii, la repressione, la censura. Nonostante la F1.
Era stata preannunciata dagli attivisti che in Bahrein chiedono alla monarchia il rispetto degli ideali di libertà: la protesta è iniziata contro il gran premio di Formula 1 che si correrà domenica prossima.
La famiglia reale del Bahrain è azionista, attraverso un fondo d’investimento, della McLaren, team che in precedenza aveva manifestato interesse a non disputare la gara. In molti si chiedono se l’evento motoristico rappresenti una effettiva risorsa per il paese oppure sia solo un’occasione voluta dal potere per sviare l’attenzione sul crescente dissenso che agita il paese con proteste invocanti maggiore libertà. Formula 1 alleata del potere ? Nelle ultime ore viene registrato un aumento della tensione, con interventi della polizia che ha fatto uso di gas lacrimogeni contro i dimostranti dopo una forte esplosione avvenuta in una zona elegante della città. Si teme che da domani, venerdì, la protesta si sposti verso Sakhir, dove ha sede il circuito che ospita la Formula 1.
VIDEO F1: proteste in Bahrein contro la gara
p.s. quasi un anno fa ho scritto sul Bahrein...Donne rivolta poesia stupri e morte ammazzate Ayat al-Ghermezi
Gran parte del mondo conosce lo stato del Bahrain esclusivamente per la tappa del Gran Premio di Formula 1 che – fin dal 2004 – si disputa all'interno del Bahrain International Circuit. I più attenti, forse, ricorderanno che tale tappa fu già soppressa lo scorso anno a causa delle accese proteste che i bahreini avevano avviato contro la dinastia Al Khalifa (minoranza sunnita che, tra alti e bassi, è al potere da quasi due secoli e gode dell'appoggio politico dell'Arabia Saudita). Il colpevole silenzio mediatico che ha circondato e circonda gli accadimenti che da oltre un anno vanno in scena nel piccolo paradiso fiscale del Bahrain – nazione che conta poco più di un milione e duecentomila abitanti, ma che è ricca di giacimenti petroliferi e pietre preziose – non aiuta la comprensione riguardo il perché, anche quest'anno, siano in molti a chiedere che il Gran Premio di Formula 1 non sia disputato. Lo chiede Amnesty International, lo chiedono molti osservatori e artisti internazionali, lo chiede la popolazione. La ragione del boicottaggio è molto semplice: in questo momento in Bahrain i diritti civili vengono quotidianamente calpestati, la violazione dei diritti umani è frequente e diffusa e, per molti, non è possibile fingere per un paio di giorni che tutto ciò non esista, consentendo alla Formula 1 di mettere in scena il suo gran circo mediatico.
Stando a quanto affermato da Bernie Ecclestone, incontrastato padrone del semisconosciuto impero economico-finanziario soggiacente la Formula Uno, e dal presidente della FIA (Fédération Internationale de l'Automobile) Jean Todt, non c'è ragione di sospendere la tappa mediorientale perché non sussistono comprovate ragioni di rischio per la sicurezza dello show. Le automobili, il pubblico, i campioni, i team, i giornalisti, gli sponsor e tutti le fantasmagoriche comparse del mirabolante circo della F1 sono completamente al sicuro e libere dal rischio di attentati terroristici o invasioni del circuito. Tutto regolare. Tutto nella norma. Perciò, il prossimo 22 aprile, nessuno potrà impedire agli appassionati di Formula 1 di pasteggiare, ridere, emozionarsi, stappare champagne e brindare alla vita. E a chi importa se, a pochi metri di distanza e con il beneplacito del re seduto in prima fila accanto ad Ecclestone, uomini innocenti muoiono per la fame o per le botte? Evidentemente, il fatto di danzare sulla miseria di un popolo in lotta come se i problemi di cui chiede la risoluzione non esistessero, come se il tiranno di cui invocano la caduta fosse il legittimo governante, per Ecclestone & Co non è eticamente riprovevole. In fondo: the show must go on.
La tappa in Bahrainm, quindi, si disputerà. Questo Ecclestone ripete da giorni e ora anche la FIA gli fa eco. Solo i team non sono granché convinti della decisione, ma il buon Bernie ha già fatto loro sapere che “se alcuni team non vogliono correre sono liberi di farlo, non posso obbligarli, però devono accettare anche le conseguenze economiche di questa decisione”. Il punto, ovviamente, è di natura squisitamente economica. La tappa in Bahrain è una delle più redditizie per Ecclestone – il piccolo stato sborsa ben 45 milioni di dollari per ospitare il Gran Premio – e se lo scorso anno la monarchia versò il gettone nonostante il sopraggiunto annullamento della gara, quest'anno non lo farà. Ecco perché Bernie non tentenna nemmeno un istante nell'affermare di essere “sicuro al 200 percento” che la gara verrà disputata. E del resto non c'è di che stupirsi se si considera che, in una celebre intervista rilasciata al Times, Ecclestone dichiarò candidamente (salvo poi pentirsi di aver espresso le proprie idee in modo “così maldestro”) che nutriva grande ammirazione per Hitler e che, in generale, preferiva i regimi totalitari a quelli democratici. Nessuno stupore, quindi, davanti al fermo rifiuto di Bernie di annullare la tappa in Bahrain, ma la verità è che – considerata la situazione – una tale, cinica noncuranza potrebbe risultare generatrice di rabbia violenta, scatenando proteste dall'esito incerto e potenzialmente tragico. Per capire quanto il rischio sia concreto, però, occorre realizzare un breve excursus storico.La primavera araba in Bahrain
Per il popolo bahrenino, la rivoluzione del 14 febbraio 2011 è molto più di un istantaneo focolaio di protesta. Al centro della rivendicazione non c'è solo una reazione alla prepotenza che la minoranza sunnita al potere usa per imporsi sulla maggioranza sciita; quello che i bahrenini chiedono ha a che fare con la medesima spinta democratica che ha animato e anima l'intera regione. Il cuore della protesta – infatti – ruota intorno alle richieste di libertà politica, di eguaglianza sociale e religiosa, di riforme costituzionali e di rispetto dei diritti civili. Il 14 febbraio 2011, il popolo del Bahrain è sceso in piazza per ottenere tutto questo ma, ben presto, di fronte alla reazione violentemente repressiva del potere, i bahrenini hanno cominciato a chiedere soprattutto la fine della monarchia di re Hamad. Infatti, a solo quattro giorni dall'inizio della protesta, il 17 febbraio 2011, re Hamad autorizza un inqualificabile, barbaro massacro che viene ricordato dagli attivisti con l'espressione: Bloody Thursday, il Giovedì di Sangue.
19.4.12
Un dribbling da marciapiede
presente nei bar o negli oratori , oltre che nelle case private ( mi ricordo che ne avevo uno anch'io ) e di cui conservo fra i miei tanti gingli della mia libreria una pallina
fonte blog della nuova sardegna
Un dribbling da marciapiede
Su richiesta di un amico lettore del blog, ripubblico un pezzo che scrissi sulle pagine della Nuova Sardegna un paio d’anni fa.
La carambola sul muro? Consentita, previo accordo tra le parti. Il pallone? Il proprietario ha il privilegio della prima scelta quando si fanno le squadre e può decretare la fine della contesa quando la mamma lo reclama a casa per cena. La traversa? In caso di assenza dei pali, vale l’altezza raggiunta dal portiere a braccia alzate, misurata a occhio volta per volta, dopo lunghe e accese discussioni.
Non è un nuovo sport: sono alcune delle regole dimenticate, appartenenti al codice non scritto di un calcio che non c’è più. Rudimentali “gentlemen’s agreement” tra giovincelli pronti a darsi battaglia per l’onore del quartiere, del rione, del palazzo.
Negli anni Duemila gli adolescenti giocano poco a pallone; se lo fanno vengono inquadrati presto nelle scuole calcio. Nessuno spazio per la fantasia, nessuno spiraglio per un tentativo di dribbling: un solerte allenatore esperto di tattica fermerebbe il gioco per sgridarti e spiegarti che in quella zona di campo si può solo verticalizzare e che questa cosa inutile di provare a saltare l’uomo è anacronistica e proprio non va bene. Lasciala fare a Messi, “lui sì che c’è buono”.
E così i piccoli Messi allevati in provetta crescono a pane e “due tocchi”, a crostatine e diagonali. Ma quando arriveranno a 15 anni si renderanno conto di due cose: la prima, già difficile da accettare, è che di Messi ce n’è uno solo. L’altra, ancora più traumatica, è che nessuno di loro avrà mai avuto la possibilità di provare a imitarlo davvero, quel tale Messi.Perché non avranno mai provato in
18.4.12
prima del pc c'era ....
effetti della crisi : 1) diminuzione e abolizione delle condanne a morte in Usa . 2) ingegno di un licenziato in italia che ricompra la ditta e riassume i colleghi licenziati
fonte http://www.rainews24.it/
Crisi. Una storia controcorrente Licenziato vende casa, apre azienda e riassume colleghi Non si è fatto piegare dalla crisi e dopo essere stato licenziato ha scommesso sul suo lavoro, creando una nuova azienda con i soldi della casa messa in vendita. E si è preso pure il lusso di riassumere alcuni degli ex colleghi.
Non si è fatto piegare dalla crisi e dopo essere stato licenziato ha scommesso sul suo lavoro, creando una nuova azienda con i soldi della casa messa in vendita. E si è preso pure il lusso di riassumere alcuni degli ex colleghi. E' una storia controcorrente di rivincita sulla malasorte quella raccontata al Mattino di Padova da Cristian Stangalini, ex direttore dello stabilimento della Metal Welding Wire di Corezzola (Padova), azienda specializzata nella lavorazione del ferro. Due anni fa insieme a 42 fra operai e impiegati e' stato lasciato a casa. Stangalini non si e' dato per vinto: ha messo in vendita la casa e con il ricavato ha affittato un capannone ad Arzegrande e i macchinari per avviare una nuova attivita', la Omp Fili. Con le commesse sono arrivate anche le assunzioni per alcuni ex dipendenti. "Lavoriamo sette giorni su sette, a ciclo continuo - racconta - . A gennaio abbiamo fatturato 190 mila euro, a marzo siamo arrivati a oltre 400 mila". Unico neo di questa favola a lieto fine il rapporto con il sistema del credito. "Pensavo che di fronte al mio progetto, che prevedeva di tornare a dare lavoro - accusa - ci fosse il favore delle banche del territorio. Invece appena sentivano parlare di azienda 'start up' saltava tutto".
adesso dal'America
da http://www.liberoquotidiano.it/news
Negli Stati Uniti tempo di tagli Anche il boia va in pensione
La pena capitale costa 300 milioni a caso. Molti Stati, a partire dalla California, sono pronti ad indire un referendum abrogativo
Dove non arriva l’imperativo etico del “non uccidere”, può farcela il ragioniere che tiene i conti delle spese di una condanna a morte portata a termine. In California è
ALIMENTAZIONE Dimagrire, più sport e meno grassi battono qualsiasi dieta di moda
Dal regime della rucola al ripudio del lattosio, in molti sono già alle prese con la rincorsa della linea perduta. L'avvertimento dei ricercatori di Boston: "Non seguite le tendenze. I risultati si ottengono solo con i sistemi della vecchia scuola"
di GIULIA BELARDELLISi può barare nel gioco, in amore, persino sul lavoro. Ma quando si è soli davanti alla bilancia non c'è trucco che tenga. L'improvvisazione non vale, nessun last minutearriverà in nostro soccorso. Questa volta a bocciare le diete in stile "ultima spiaggia" è uno studio condotto a Boston dal Beth Israel Deaconess Medical Center e dalla Harvard Medical School. Secondo i ricercatori, a fronte di un'offerta sempre più varia di diete particolari e prodotti dimagranti, il modo migliore per perdere peso resta quello più antico: combinare l'esercizio fisico alla riduzione dell'apporto calorico. Le scorciatoie, in questo campo, non servono a nulla. Anzi, rischiano di produrre più danni che altro.
Il consiglio, dunque, è di lasciar perdere sia la dieta alla rucola (il regime a cui si è auto-condannata Victoria Beckham) sia quelle senza glutine e lattosio (l'ultima moda tra le star di Hollywood, che vi ricorrono anche in assenza di particolari esigenze mediche). E di guardare sempre con occhio critico i tanti prodotti dimagranti (bibitoni o pasticche che siano) che affollano gli scaffali di supermercati e farmacie, promettendo risultati miracolosi in poche settimane. I veri "loosers", come emerge dallo studio pubblicato sulla rivista American Journal of Preventive Medicine, sono proprio loro, con l'aggravante di farci perdere tempo e denaro.
Banco di prova dei ricercatori di Boston è stata la comunità degli obesi, le persone più esposte al richiamo di queste "sirene". Jacinda M. Nicklas e colleghi hanno analizzato i dati di 4.021 persone obese che avevano partecipato, tra il 2001 e il 2006, a un programma governativo chiamato "National Health and Nutrition Examination Survey". L'indagine, condotta dal Centers for Disease Control and Prevention, si era svolta su persone dai vent'anni in su con un indice di massa corporea pari o superiore a trenta (dunque già nella prima fascia dell'obesità). Di queste persone, il 63% stava cercando da almeno un anno di far pace con la bilancia in qualche modo. Chi con diete iperproteiche, chi con bevande dimagranti, chi con un sano mix di dieta e movimento.
Il primo dato messo in luce dai ricercatori di Boston riguarda la "fattibilità del dimagrimento", troppo spesso erroneamente considerato un miraggio da chi convive con l'obesità. Degli oltre 4.000 intervistati, infatti, 2.523 avevano dichiarato di essere dimagriti nel corso dell'ultimo anno. Il 40% aveva perso almeno il 5% del proprio peso corporeo; il 20% era calato del 10% o più.
"Con il nostro studio abbiamo voluto valutare il grado di produttività delle diverse strategie di dimagrimento, nell'obiettivo di identificare quelle più efficaci", ha spiegato Nicklas, coordinatrice dello studio. I numeri hanno dato ragione ai metodi classici, quelli della cosiddetta Old School: fare più esercizio fisico e limitare l'assunzione di grassi. "La maggior parte dei 'dimagritI' - ha precisato la ricercatrice - aveva conseguito il risultato mangiando meno grassi e facendo più sport, piuttosto che ricorrendo a diete particolari o al consumo di prodotti dietetici e pillole senza prescrizione medica".
"Nessuna scorciatoia potrà mai superare l'efficacia dei metodi tradizionali, che poi sono anche i più economici e accessibili a tutti", ha proseguito Christina Wee, co-direttrice del Dipartimento di Medicina Generale e Assistenza Primaria del Beth Israel Deaconess Medical Center. "In giro ci sono tantissime diete alla moda e costosi medicinali da banco il cui funzionamento è ancora tutto da provare. È fondamentale che chi ha intenzione di intraprendere un percorso di dimagrimento ne parli prima con il suo medico, così da evitare inutili perdite di tempo, salute e denaro".
Promossi, invece, l'uso di medicinali su prescrizione medica e il ricorso a programmi di dimagrimento guidato. La maggior parte di quel 20% diventato più leggero, infatti, ci era riuscito rivolgendosi a un nutrizionista o a un dietologo, e quindi avendo dalla propria parte anche il quid derivante da un investimento personale. "Ciò che conta più di ogni cosa è però la motivazione", ha commentato Keith Ayoob, professore di Pediatria all'Albert Einstein College of Medicine di New York. "La dieta e l'esercizio impongono il rispetto di un impegno. È importante far capire alla gente che i problemi non si risolvono con stratagemmi veloci e improvvisati, ma solo tenendo fede a un impegno e valorizzando anche i piccoli cambiamenti quotidiani".
Negli Stati Uniti il problema ha assunto dimensioni enormi: un terzo della popolazione adulta è considerato obeso e anche tra i bambini e gli adolescenti la ciccia è più che abbondante (si parla del 17% della popolazione under18). Secondo le linee guida nazionali, per ottenere un miglioramento complessivo delle condizioni di salute gli obesi dovrebbero perdere almeno il 10% del loro peso corporeo. Gli esperti però sostengono che una diminuzione del 5% basti a riscontrare miglioramenti per quanto riguarda diabete, ipertensione e malattie alle coronarie.
In Italia non siamo ancora a questi livelli e verosimilmente non ci arriveremo mai: secondo l'Istituto italiano di statistica, nel nostro Paese l'obesità riguarda "solo" il 10% della popolazione. La vanità, però, gioca brutti scherzi e soprattutto con l'avvicinarsi dell'estate fa registrare un puntuale aumento delle diete fai-da-te. Questo e altri temi saranno al centro del Congresso Nazionale dell'Associazione dei Dietisti 1, dal 19 al 21 aprile a Verona. A lanciare l'allarme è la presidente dell'Andid, Giovanna Cecchetto: "Quasi ogni italiano vede quotidianamente sui giornali e in televisione migliaia di diete, accompagnate da consigli e ricette colorate, spesso assolutamente inutili, quando non pericolose. Tutto ciò nasce da una condizione di 'giungla informativa' in cui versa l'area della nutrizione italiana, caratterizzata dalla mancanza di chiarezza sulle competenze possedute dai vari professionisti in relazione ai diversi percorsi formativi di base spesso non pertinenti all'area medico-sanitaria".
Come insegna la storia del neurologo Pierre Dukan, il guru del bestseller "Je ne sais pas maigrir" ("Non riesco a dimagrire"), la ricerca del peso forma è uno di quei settori in cui si possono fare tantissimi soldi. Il suo metodo in quattro fasi - utilizzato, tra gli altri, dalla Duchessa di Cambridge per entrare nel vestito nuziale - è alla base di un'industria di prodotti, gadget e programmi di dimagrimento che si declina in almeno 14 lingue diverse. Recentemente l'Ordine nazionale dei medici francesi ha depositato due denunce ufficiali a suo carico. Le accuse sono di aver "infranto le regole deontologiche della professione trattando la medicina come un business".
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17.4.12
morti di serie a ( Morosini ) e di serie b ( Petrini )
I media sono tutti concentrati solo sulla morte di Morosini
( me ne sono già occupato precedentemente qui e qui )
( me ne sono già occupato precedentemente qui e qui )
mentre si parla poco o quasi niente della morte di un altro grand e del calcio morto per gli effetti collaterali delle porcherie che gli davano medici e allenatori ( salvo i giornali sportivi ovviamen te ) in breve e relegato nelle pagine più interne senza neppure un breve stralcio in prima forse perchè troppo scomodo e riapre vecchie ferite archiviate oltre a far perdere ulteriormente alla santa maria del pallone " ( parafrasi della canzone dei Modena city ramblres vedere url per video e testo ) dando cosi ulteriore ragione e conferma a quelli che i media definivano cassandre e utopisti per poi come le pecore ( salvo eccezioni come report di rai3 che ne parlarono in tempi non sospetti ) dire si sapeva , come Petrini e Zeman
fonte leggo.it di lunedi 16\4\2012O
LUCCA
Lutto nel mondo del calcio. È morto questa mattina nell'ospedale di Lucca Carlo Petrini, ex attaccante della Roma. Aveva 64 anni. Cresciuto nelle giovanili del Genoa, vestì anche la maglia del Milan nel 1968-1969, del Torino ('69 a '71), con cui vinse la Coppa Italia 1970-1971. Petrini arrivò nella Roma di Nils Liedholm nella stagione 1975-1976.
Petrini, affetto da un grave glaucoma che lo aveva reso quasi cieco, nel 2000 pubblicò la sua autobiografia, intitolata Nel fango del dio pallone, in cui denunciava la pratica del doping che negli anni '60 e '70 era dilagante. Lui stesso confessò di esservi ricorso più volte, con la complicità dei medici delle squadre in cui aveva giocato.
Gli stessi medici che lo hanno curato negli ultimi anni pensano che la sua malattia fosse stata causata proprio dai farmaci dopanti assunti. L'ex calciatore, oltre al doping, denunciò anche gli altri 'vizi' del calcio italiano, denuncia quanto mai attuale oggi, perché riguardava le partite decise in anticipo dalle società, i pagamenti in nero e altre 'bassezze'.
SCRISSE ANCHE UN LIBRO SU BERGAMINI Petrini, che nella sua carriera ha giocato anche nel Catanzaro dal 1972 al 1974, dopo avere smesso col calcio ha scritto anche «Il calciatore suicidato». Per scrivere il volume, Pertrini indagò in prima persona sulla morte del calciatore del Cosenza Donato Denis Bergamini, travolto da un camion il 18 novembre 1989 sulla statale 106 a Roseto Capo Spulico (Cosenza).
Petrini sostenne che la morte del calciatore era avvenuta per mano della criminalità locale, nonostante la magistratura avesse chiuso la pratica attribuendo la morte di Bergamini ad un suicidio. Una tesi quest'ultima, messa in dubbio dalla Procura di Castrovillari che su richiesta dei familiari di Bergamini ha riaperto l'inchiesta ipotizzando che il calciatore sia stato ucciso
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