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11.12.13

ecco come può andare avanti la pastorizia in sardegna . un antidoto alla disoccupazione e allo svendersi per un tozzo di pane



dall'unione sarda Edizione di mercoledì 11 dicembre 2013 - Prima Pagina


La piccola filiera di TedderiedduSotto i tassi di Tedderieddu, alle pendici di Punta La Marmora, Gigi Loi conduce al pascolo trecento capre, così come faceva suo padre, intorno al nuraghe di “Predu pisu”, nei territori montani di Arzana. E così come faceva suo padre produce, d'estate e nel periodo i
nvernale, un ottimo casu axedu, il formaggio fresco acidulo dei pastori, che profuma dei sapori dei monti del Gennargentu. Il procedimento è lo stesso, ma Gigi Loi, insieme con i familiari, ha pensato bene di andare oltre la tradizione: dopo aver raccolto il latte anche da altri allevatori che pascolano le greggi non lontano dal suo ovile, impacchetta il casu axedu e lo vende nei negozi dell'Ogliastra. Non serve granché: soltanto le vaschette e una macchina per confezionarle con il cellophan, oltre a un locale adeguato per la produzione dal punto di vista sanitario.Cosa c'è di diverso rispetto a quello che faceva suo padre? Poco, anzi nulla per quanto riguarda la produzione: stessi sapori, stessa materia prima. La differenza sta nel guardarsi intorno e capire che il mercato non è più quello del porta a porta. E soprattutto capire che fare rete, costituire una filiera, anche se nata quasi inconsapevolmente con il coinvolgimento di amici e familiari, è una scelta vincente. È così che le eccellenze finiscono sulle tavole dei consumatori. Ed è così che la pastorizia può andare avanti.

10.12.13

Natale, dimmi che regalo fai (sotto l’albero) e ti dirò chi sei [ come risparmiare e non sprecare in tempo di crisi durante le festività natalizie - seconda puntata i regali reprise ]


musica  consigliata   Paolo Fresu Quintet - Night Talk

riprendiamo il  post   : come risparmiare e non sprecare in tempo di crisi durante le festività natalizie - seconda puntata i regali  , spero esaustivo (  ne lo dovesse essere  o avete  altri suggerimenti  fatemelo sapere )   il tema  dei regali con un articolo( secondo me  valido  anche al di fuori del natale ) interessante   che mette  in evidenza  come Dietro a un dono c'è la nostra personalità
Dimmi che regalo fai e ti dirò come sei
                                           Scena di satira nei confronti del giornalismo italiano.
                                                            Tratto da "Aprile" (1998) di Nanni Moretti.

 dell'unione  sarda  del  9\12\2013  che  è  l'esatta fotocopia  o quasi  di quello  del http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2013/12/08/AQICIvCB-natale_dimmi_regali.shtml


             

Ma  basta sparare sulla croce rossa  siamo a natale  e  veniamo all'articolo  

ROMA A Natale c'è il ripetitivo, che tende a fare lo stesso regalo ogni anno, il frettoloso, che vede i doni natalizi come una pratica da sbrigare il prima possibile, l'originale, che cerca sempre il modo di stupire. E poi quello che fa i famosi «pensierini» un po' a tutti e, al contrario, il selettivo che si dedica solo ai regali da fare ai familiari più stretti. Ogni modo di fare un dono a Natale nasconde però una diversa personalità, come spiega la dottoressa Paola Vinciguerra, psicologa e psicoterapeuta,
presidente di Eurodap (Associazione europea per il disturbo da attacchi di panico). «Dietro il gesto di uomo che fa lo stesso regalo alla moglie ogni anno - spiega Vinciguerra - c'è insicurezza, paura di sbagliare, o anche mancanza di fantasia. Probabilmente si tratta di una persona che non ascolta e sceglie il dono in relazione a ciò che a lui piace di più, oppure disinteressata, che fa un regalo giusto per farlo».Anche il frettoloso, che sceglie rapidamente i regali cercando di «archiviare» il prima possibile la «pratica» secondo la psicologa «fa il regalo perché deve farlo, non si lascia trasportare dall'atmosfera natalizia. È una persona a cui pesa andare in giro alla ricerca del dono giusto, ma se tiene questo atteggiamento anche nella ricerca del regalo per i propri cari ciò può essere la spia di una comunicazione non molto sviluppata in famiglia, della mancanza di scambio».Poi c'è l'originale, che tenta di stupire a tutti i costi.«Un conto è essere originale nella scelta del dono con un amico, una
persona con cui mi sento particolarmente in sintonia - evidenzia Vinciguerra - un altro è per esempio cercare di esserlo con un parente anziano, in un contesto che non è quello adatto. Se poi l'originalità è portata all'estremo denota un certo egocentrismo: voglio mostrare che sono unico, diverso, speciale». Infine, c'è chi fa tanti «pensierini» a tutti, ma che non è detto che sia una persona così aperta come questo suo atteggiamento vuole mostrare. «È inutile farsi mettere in crisi da questo tipo di persona se non abbiamo pensato di farle un regalo - sottolinea la presidente di Eurodap - tuttavia, se il gesto ci ha fatto particolarmente piacere, possiamo ricordarcene per le feste successive». Il contrario è il selettivo, che invece sceglie i regali esclusivamente per i familiari stretti. 





Nella scelta del regalo - conclude la psicologa sul http://www.ilsecoloxix.it/ ( vedere sopra l'url dell'articolo completo ) - i tre ingredienti che non devono mai mancare sono scambio, ascolto e generosità. Ma soprattutto è fondamentale focalizzarsi più che sui propri gusti su quelli della persona alla quale il dono è destinato».

Giuseppe Vinci l'ex ostaggio libero fra 10 anni più precisamente nel 2013



unione sarda del 9\12\2013


Davanti a quel furgone fermo al centro della carreggiata, l'automobilista pensa a un incidente stradale. Schiaccia disperatamente il pedale dei freni, ma l'Audi 80 rossa finisce contro l'ostacolo improvviso. Una Golf bianca arriva alle spalle a chiudere ogni via di fuga. Dal camioncino tamponato sbucano due figuri in tuta mimetica, mascherati e armati. Altri tre complici si materializzano nel buio: la reazione si riduce a un pugno che però riceve come risposta un colpo in piena faccia sfrerrato con il calcio di un fucile. Inizia così, la sera di un venerdì maledetto, alle 20 del 9 dicembre 1994, il rapimento più lungo nella storia sarda. Giuseppe Vinci, 31 anni, è uno dei 14 nipoti di Daniele Vinci, maestro casaro che, trasferitosi a Macomer intorno al 1930, è partito da un negozietto di frutta e verdura per diventare nel giro di qualche decennio titolare di un gruppo leader nella distribuzione alimentare. Giuseppe (figlio di Lucio Vinci che con Venerando e gli eredi di altri due fratelli morti porta avanti la società), si occupa del supermarket di Santa Giusta, in provincia di Oristano, da dove sta rientrando il giorno del rapimento. Diplomato al Conservatorio e appassionato di musica classica, ricomparirà il 16 ottobre 1995



gruppo leader nella distribuzione alimentare. Giuseppe (figlio di Lucio Vinci che con Venerando e gli eredi di altri due fratelli morti porta avanti la società), si occupa del supermarket di Santa Giusta, in provincia di Oristano, da dove sta rientrando il giorno del rapimento. Diplomato al Conservatorio e appassionato di musica classica, ricomparirà il 16 ottobre 1995, dopo dieci mesi trascorsi con le cuffie alle orecchie e la musica di un mangianastri trasformata in rumore ad alto volume per impedire di captare gli altri suoni. Quasi 450 mila minuti da contare e ricordare uno per uno. Vissuti al buio, con quel cappuccio calato in testa, sorretto solo dalla speranza di riabbracciare il figlioletto di pochi mesi e la moglie Sharon Poletti, coraggiosissima, che tra l'altro fa commuovere tutta la Sardegna quando da Radio Barbagia apre la non stop di 24 ore contro i sequestri dedicando al marito la loro canzone, Margherita , di Riccardo Cocciante. Ricompare a Tortolì. Lo lasciano andare nei monti di Talana e lui sale su un pullman di linea: rilasciato ma non libero. Perché Giuseppe, come ha detto tante volte, oggi è ancora prigioniero: sarà libero e liberato solo nel 2023, quando i Vinci pagheranno le ultime rate dei due mutui concessi dalle banche per limitare gli effetti del tracollo commerciale conseguente all'esborso, in un unica soluzione di quattro miliardi e 250 milioni di lire, oltre due milioni e 200 mila euro di oggi. Una montagna di banconote, contenute in due sacchi di juta e un borsone, lasciati cadere da Lucio Vinci, il 9 ottobre del 1995 da un terrapieno al centro di Nuoro. Operazione-thrilling perché il padre dell'ostaggio teme soprattutto polizia e carabinieri: lo stesso Stato che tratta (e paga) per liberare i rapiti nelle zone di guerra, dal 1991 impone per legge il blocco dei beni dei sequestrati e dei loro familiari. I Vinci riescono a aggirare il divieto con gli incassi dei supermercati (un miliardo di lire), tremila milioni arrivano dal Consorzio di acquisto che anticipa i premi di produzione, il rimanente viene anticipato da amici. Ma i banditi, per evitare fatica e spese per il riciclaggio, ottengono l'impegno (che se non onorato sarebbe stato pagato con la vita da alcuni garanti), a non comunicare agli inquirenti i numeri di serie delle banconote: per essere sicuri di sfuggire ai controlli, oltre dodici milioni e mezzo di bigliettoni da centomila lire sarebbero stati cambiati almeno tre volte. «Il dopo del dopo è peggio del dopo», si legge nel libro Il prezzo de riscatto: storia di una famiglia, dal purgatorio all'inferno , scritto da Lucio Vinci per ricostruire la drammatica vicenda. E denunciare altri pessimi dopo: lo Stato pretende il pagamento di 718.549,07 euro perché i riscatti non si possono detrarre dagli utili, mentre oltre un milione e mezzo di euro vanno in interessi passivi alle banche. Alla fine il sequestro, sommando proprio dopo a dopo , è venuto a costare ai Vinci almeno quattro milioni e mezzo di euro. Nel 2004, a dimostrare che non è la povertà a provocare i rapimenti ma i rapimenti a generare povertà, il salvataggio a caro prezzo si conclude con la cessione a una catena nazionale di un Gruppo (11 supermarket e il grandecentro di distribuzione di Macomer) che dal 1991 nella grande distribuzione - conteggi di Lucio Vinci - aveva liquidato oltre 100 miliardi di lire in stipendi, contributi previdenziali, tasse e interessi bancari. Oggi Giuseppe Vinci gestisce un ristorante di successo, Sa Piola , nel quartiere di Stampace a Cagliari. Vorrebbe essere dimenticato, ma è prigioniero dei suoi ricordi. Almeno fino al 2023.




Michele Tatti.




Il sequestro di persona già angosciante di per se , ha delle conseguenze anche dopo , soprattutto a causa della legge del 1991 un intermediario diventa fiancheggiatore . Infatti
(...)
Giuseppe Vinci, ex sequestrato, non uno tra tanti, ma l’ex sequestrato, racconta : «È stato troppo, un massacro per il mio cervello, ne sono uscito a pezzi. Ero infuriato con i miei per averlo permesso. Sono stato in analisi, ma non mi è servito: due volte la settimana mi sdraiavo su un lettino e non riuscivo a dire a niente. Qualche volta ho avuto a che fare con gli psichiatri. Per due anni non ho dormito. Purtroppo sono un ex sequestrato e lo rimarrò per sempre». Vinci è il sequestro più lungo della storia dell’anonima e di certo uno dei più sofferti.
Non parla spesso Giuseppe, ma nella sua ultima intervista racconta un particolare scioccante: a Macomer, il liceo dove studia il figlio ha invitato ad un’assemblea un bandito, uno dei principi dell’Anomima Sequestri: Graziano Mesina. E’ stato troppo per il figlio di Giuseppe che se ne è andato dall’aula magna. (,,,)
da http://mediterranews.org/2012/01/lanonima-sequestri-ha-distrutto-i-vinci-che-ancora-estinguono-i-debiti-del-sequestro/

addio malinconia



voglio imparare a distinguere la  varie   situazioni per comportarmi di volta in volta   nel modo migliore

9.12.13

Alla fine la vita è : ....

 gente che va, gente che viene, gente che resta e gente che non sa che fare ! 





Buona serata! 

perchè i genitori delle altre scuole d'italia non prendono esempio da quelli di Cagliari, gli studenti ridipingono la scuola Riverniciate le pareti insieme ai genitori

.. sarebbe  educativo  e formativo  oltre  che  una bella lezione , sempre  più carente  d'educazione civica  ed educazione  alla legalità  . 
 unione  sarda  cronaca  di cagliari del 9\12\2013  

Cagliari
Gli studenti ridipingono la scuola Riverniciate le pareti insieme ai genitori lavori nella  scuola A Mulinu Becciu gli alunni della scuola media Alziator hanno dato vita a una brillante iniziativa.
Alunni, genitori e professori assieme. Pennello in mano per riverniciare i muri della scuola media Alziator. Un sabato diverso per gli studenti che già in passato avevano colorato vivacemente alcune aule dell'istituto. Quaranta persone hanno deciso di migliorare le condizioni del proprio istituto, 18 studenti, 15 genitori e alcuni professori si sono dati appuntamento sabato scorso per dipingere pulire
I lavori nella scuola
ed eseguire piccole manutenzioni. Un esempio chiaro del "fai da te".Il gruppo di lavoro, formato da 18 studenti, una quindicina di genitori e alcuni professori, si è dato appuntamento alle 13,30. Hanno pranzato a scuola, poi si sono messi al lavoro.Alunni, genitori e professori insieme per ridipingere l'istituto. Non è stato un sabato qualunque per la scuola media Alziator di via Asquer, a Mulinu Becciu. In quaranta si sono rimboccati le maniche e si sono “travestiti” da imbianchini per migliorare le condizioni del loro istituto. Un'iniziativa degna di nota, e non è stata la prima volta: i ragazzi già in passato avevano dipinto due aule con colori vivaci, ripulendo banchi e sedie per cambiare il look alla struttura.Il gruppo di lavoro, formato da 18 studenti, una quindicina di genitori e alcuni professori, si è dato appuntamento alle 13,30. Hanno pranzato a scuola, poi si sono messi all'opera dipingendo le pareti del lungo andito, pulendo e facendo piccole manutenzioni. Un'iniziativa che ha come obiettivo quello di far capire che la scuola è importante e tutti devono prendersene cura. «È stata una splendida giornata - spiega Massimo Delrio, genitore, membro del Consiglio d'istituto e promotore dell'iniziativa - Abbiamo ridipinto le aule della scuola di giallo e bianco, poi ci sarà una seconda fase dove verranno messi anche stencil e cartelloni per abbellire il muro». Un modo per responsabilizzare prima di tutto i giovani: «In questo modo terranno più ai loro spazi, li tratteranno meglio, ma soprattutto, in questo periodo in cui sembra che tutto vada male, abbiamo voluto mandare un messaggio di speranza».Nel corso del pomeriggio anche l'assessore alla Cultura del Comune, Enrica Puggioni, è andata in visita alla scuola media per vedere come stavano procedendo i lavori. (p.c.c.)

Elmas Randagismo, le adozioni per bloccare il fenomeno

unionesarda 8\12\2013


 L'amministrazione comunale, per 60 cani ospitati in una struttura privata, spende ogni anno oltre 60 mila euro. La considerano una cifra troppo alta e "viste le linee guida relative alla concessione di incentivi a favore di privati cittadini che intendono adottare un cane randagio - si legge nella delibera
Lo sguardo tenero di un cane (immagine tratta dalla Rete)
della Giunta - il Comune provvederà a una campagna di sensibilizzazione per l'adozione dei cani"Per combattere il randagismo si vuole puntare sull'adozione. Sono troppi i costi sostenuti dall'amministrazione comunale che per 60 cani ospitati in una struttura privata spende ogni anno oltre 60 mila euro. «Viste le linee guida relative alla concessione di incentivi a favore di privati cittadini che intendono adottare un cane randagio», si legge nella delibera della Giunta guidata dal sindaco Valter Piscedda, «il Comune provvederà ora ad una campagna di sensibilizzazione per l'adozione dei cani da attuare attraverso la pubblicazione dell'iniziativa sul proprio sito web così come altre forme divulgative». Favorendo così l'adozione da parte di privati cittadini dei quadrupedi ospiti nel canile privato convenzionato. (g.l.p.)

generalmente si parla male di facebook e dei social ma ciò che è successo in Via Fondazza, la prima ‘social street’ italiana è nel centro di Bologna


Via Fondazza, la prima ‘social street’ italiana è nel centro di Bologna



da ilfattoquotidiano


A due mesi dalla creazione del gruppo Facebook, sono oltre 500 gli iscritti alla prima social street d’Italia, quella di via Fondazza, nel centro di Bologna. Il progetto ha preso piede velocemente e ora molte idee sono già realtà. Dalle lezioni di pianoforteofferte da una ragazza residente al numero 79, all’aiuto tra vicini nei piccoli impegni quotidiane, come la spesa o il bucato. “L’importante è ricreare quel senso di comunità che nelle città si è perduto” spiega Federico Bastiani, giornalista, residente e ideatore del progetto. Sala piena domenica 17 novembre per la presentazione ufficiale, a cui ha partecipato anche l’economista Loretta Napoleoni: “Il modello può avere molto futuro, anche in altre città d’Italia. A patto che ci sia l’iniziativa”

 di Giulia Zaccariello
 
 sempre  dalla stessa  fonte  

Social street Bologna, in via Fondazza l’economia solidale tra vicini di casa

L'esperienza unisce i residenti del centro storico e nasce da un'idea di Federico Bastiani, giornalista e papà. Nata da un gruppo Facebook, ora è una realtà concreta dove cittadini offrono servizi in cambio di aiuto e condivisione

Social street Bologna





di Alex Corlazzoli | Bologna | 11 novembre 2013

Fino a qualche settimana fa era una delle tante affascinanti strade di Bologna con i portici, qualche osteria e le vecchie botteghe, ora è la strada più famosa d’Italia. Altro che via Gluck: via Fondazzaè diventata la prima social street d’Italia. L’idea è nata a un residente, Federico Bastiani, giornalista, esperto di comunicazione e papà: “Mi sono accorto che non conoscevo nessuno dei miei vicini nonostante da qualche anno abitassi in questa strada. Ho deciso di aprire un gruppo su Facebook e di stampare una cinquantina di volantini per coinvolgere anche chi non fa uso della tecnologia”.
Tempo qualche giorno e i residenti hanno reso realtà l’economia condivisa mettendosi a disposizione l’uno con l’altro: ad oggi sono più di 350 gli iscritti al gruppo “Residenti in via Fondazza”. Sabato 10 novembre è andata in scena la prima social dinner: chi abita al civico nove ha ospitato quelli dell’87. C’è chi come Federica sulla pagina Facebook si è messa a disposizione dei vicini più anziani: “Un piccolo ma importante aiuto potrebbe essere portargli la spesa a casa”. Nicola domanda ai vicini dove trovare un buon gommista per cambiare le ruote della macchina e Antonio si offre per fare ripetizioni per i ragazzini della scuola primaria e secondaria di primo grado.
Da un giorno con l’altro si è scoperta la solidarietà grazie alla rete. Gilberto ha postato la foto del campanello di casa con il post-it “Auguri vicino” e commenta: “Queste sono davvero bellissime emozioni”. C’è anche chi ha messo a disposizione la lavatrice per gli studenti che cercavano una lavasecco a gettoni e chi è pronto ad organizzare laboratori musicali per i bambini. “Siamo diventati un vero e proprio caso di studio. Non si è tirato indietro nemmeno il cinema che per i residenti stacca biglietti con lo sconto insieme al bistrot che ha pensato ad una promozione per i “fondazziani”. Al gruppo Facebook si sono iscritti antropologi e sociologi che stanno esaminando quanto sta accadendo in via Fondazza. Da altre città – ci spiega Bastiani entusiasta dell’iniziativa – ci hanno chiamato perché vogliono far nascere altre social street. Abbiamo già un sito,www.socialstreet.it per mettere in rete tutte le esperienze”.
A Ferrara si sono già messi in moto in via Pitteri, a Milano ci sono i residenti di Parco Solari che sono pronti a portare avanti l’iniziativa nata a Bologna e a Roma l’idea sembra aver preso piede in via Tripoli. Sul sito si trova anche un bigino per fondare la social street in quattro mosse: creare un gruppo Facebook, pubblicizzarlo, alimentare la pagina con album fotografici, creare hashtag della propria strada e passare dal virtuale al reale. In via Fondazza ci sono riusciti e sono pronti a mettere in scena una serie d’iniziative che permetteranno d’incontrarsi, di guardarsi in faccia: il 17 novembre sarà tra loro Loretta Napoleoni definita l’economista del “mutuo soccorso” e a dicembre è già in cantiere un flash mob che coinvolgerà tutti i fondazziani.
Un’esperienza, quella lanciata da Bastiani, contagiosa. A Bologna l’idea di tornare alle buone maniere con il vicinato ha iniziato a mettere radice anche in altre strade: nel quartiere Santo Stefano, storica zona borghese della città, nei giorni scorsi hanno cominciato ad incontrarsi per organizzare il primo pranzo social. “Siamo andati dagli anziani del circolo del Baraccano – spiegano gli organizzatori – a chiedere lo spazio e ci hanno accolto a braccia aperte. A gennaio coinvolgeremo tutto il quartiere: ognuno porterà due piatti. Uno da condividere e uno, la specialità di famiglia, da donare agli altri. Sarà la prima di una serie di iniziative che stiamo pensando di promuovere per uscire dall’individualismo, per conoscerci anche in una città dove ormai non si sa più nemmeno chi abita nel proprio palazzo

8.12.13

L'ALTRA FACCIA DELLA MAGISTRATURA Sessantenne a letto con una 11enne: per la Cassazione è amore Fa discutere il caso di un dipendente del Comune di Catanzaro, colto in flagrante sotto le lenzuola con una bambina.

Sono talmente schifato da non riuscire   ad esprimere   nessuno sentimento di sdegno soprattutto quando ho letto  , non ricordo chi  , nei   commenti al  post  su facebook  di  Antonella  che  : <<  Quanti di voi sono convinti che una bambina di appena 11 anni (!!!!!) sia in grado di capire cos'è un sentimento!!! Tra l'altro, la cosa che fa rabbrividire, è che l'uomo è un dipendente dei servizi sociali al quale la famiglia aveva affidato la bimba. (.... )   >>come  dice  anche  http://www.tgcom24.mediaset.it/



L'unico  sdegno  che riesco  a trovare sono le tesse parole  dell'amica  ed  compagna  di viaggio \  di  strada pre  blog  Antonella Serafini di www.censurati.it   espresse  sul  suo facebook  : <<  11 anni e consenziente. Ditemi se sto giudice è a posto con la testa. A 11 anni si fanno le gare di sputi, non si va a letto coi sessantenni >> .
 E  qui mi fermo  onde   evitare   a scendere  al livello di certa  destra becera   che  userà tale fatto   per stravolgerla   del tutto ,anche  che rispettarla  e far  rispettare   realmente  le  leggi   che puniscono  tali abusi  . 
Ma  ora basta parlare   lasciamo  che  a parlare  sia la news  ed eventuali  vostri commenti  

da http://www.today.it/citta/


Sessantenne a letto con una 11enne: per la Cassazione è amoreFa discutere il caso di un dipendente del Comune di Catanzaro, colto in flagrante sotto le lenzuola con una bambina. Ma per i giudici deve essere riconosciuta l'attenuante della relazione sentimentale  Sessantenne a letto con una 11enne a Catanzaro: per la Cassazione è amore


CATANZARO - La Suprema Corte ha deciso di rivedere la condanna in processo a cinque anni per violenza sessuale su minore nei confronti di un dipendente di 60 anni del comune di Catanzaro, riconoscendo l'attenuante di una vera e propria relazione sentimentale.
Lui è un impiegato presso i servizi sociali, lei è una bambina di 11 anni proveniente da una famiglia disagiata che l'aveva affidata alle cure dell'uomo. La storia, destinata a far discutere, viene raccontata dal "Quotidiano della Calabria". L'uomo aveva portato la minorenne nella sua villetta in riva al mare quando, un giorno, i poliziotti che avevano fatto irruzione in casa li avevano trovati abbracciati sotto le lenzuola. Entrambi nudi. 
immagine simbolo
I giudici della Corte di Cassazione, però, aggiungono una parola chiave: "innamorati".                                      
E individuano un'attenuante nell'accondiscendenza della vittima a consumare rapporti sessuali con l'imputato. Cinque anni di reclusione annullati, e quindi anche gli atti sono stati rispediti alla Corte di appello di Catanzaro alla quale è stato ordinato un nuovo processo.
Come racconta "Il quotidiano della Calabria", la minorenne chiedeva ripetute conferme sui sentimenti dell'uomo nei suoi confronti. Lui, che all'inizio pare abbia tentato di dissuaderla, si è lasciato andare. Centinaia di intercettazioni raccolte dai poliziotti descrivono passo per passo questa relazione. Lei lo avvisava quando era sola e lui la richiamava. 
Tutto fino a quella mattina di tre anni fa, quando nel momento di indossare la gonna per poterlo “incontrare” in macchina, il 60enne le avrebbe fatto notare che da qualche tempo si sentiva addosso gli occhi della madre della undicenne, tanto da raccomandare continuamente a quest'ultima di non aprire bocca con nessuno, "perché questo è un segreto che ci dobbiamo portare fino alla tomba". Il segreto, tuttavia, è durato ben poco.



Maledetto per sempre: la vita non è che una lunga morte di Carmelo Musumeci



Musica  consigliata  Nella mia ora  di liberta  - Fabrizio  De  Andrè 



 mi trovo nella mia email  principale  non quella  del blog    , non ricordo come  (  se  mi hanno iscritto   visto le tematiche  che tratto  in  quasi  10 anni di blog  e  che trattavo prima  in  giro nella rete  collaborando  con l'amica Antonella Serafini di censurati.it o se  m'ero iscritto io )  ricevo la newsletters  di  Carmelo Musumeci  ( qui una sua biografia  )  una  email  di  ergastolani@gmail.com.
questa   email  che riporto sotto 




Oggetto: La vita non è che una lunga morte
Data: Sun, 8 Dec 2013 12:37:01 +0100
Mittente: ergastolani@gmail.com>e
A    :          ******
Cc :          Undisclosed-Recipient 




Dall'enciclopedia di Wikipedia : << La parola avvento deriva dal latino adventus e significa "venuta" anche se, nell'accezione più diffusa, viene indicato come "attesa".>>
Può esserci un tempo di "venuta" anche per un uomo condannato a vivere per sempre in galera ? Si può parlare di "attesa" per chi è un uomo ombra? Quale luce e quale Natale possono aspettarsi questi uomini ? 

Pubblichiamo qui di seguito una lettera di Carmelo Musumeci ( www.carmelomusumeci.com   zannablumusumeci@libero.it 
Maledetto per sempre:
la vita non è che una lunga morte


Gli uomini ombra che si aggrappano alla speranza smettono di vivere prima del tempo. (“ L’urlo di un uomo ombra” di Carmelo Musumeci -Edizioni Smasher).

In nome del popolo italiano sono stato condannato a una condanna perpetua.
Questa pena fino alla fine della vita è un castigo inumano e poco degno di una nazione civile perché trasforma un uomo in un morto che vive.
I primi anni di galera cercavo di vivere perché avevo fiducia in me stesso, ora non né ho più.
E cerco solo di sopravvivere, perché da pochi giorni sono entrato nel ventitreesimo anno di carcere.
Devo ammettere che per me è sempre più difficile vivere per nulla e di nulla.
Ci sono delle notti che mi sembra che vivo solo per fare dispetto a me stesso perché sento che questo corpo che porto addosso non mi apparterrà più fino alla fine della mia vita,  e rimarrà, fino all’ultimo dei miei giorni, di proprietà dell’Assassino dei Sogni (il carcere nel gergo carceraio).
Anche oggi pensavo che ho più nessun motivo per vivere. E forse continuo a respirare solo perché non ho abbastanza coraggio per morire.
La pena dell’ergastolo ostativo a qualsiasi beneficio ti condanna a essere sepolto vivo e a  essere perduto per sempre, senza speranza.
Tutto quello che esiste nel mondo e nell’universo può essere misurato, pesato e contato, ma nessuno, a parte Dio, può farlo con una condanna perpetua,  perché questa è una pena del diavolo e non ha nulla di umano.
Da ventitré anni lotto contro di tutto e contro ogni speranza, ma non riesco a migliorare la mia posizione di un millimetro.
Non riesco neppure a ottenere una semplice declassificazione per un regime carcerario meno duro.
Fuori non hai tempo per guardare la vita negli occhi,  invece dentro ne hai troppo.
E penso che forse molti uomini ombra vivono solo per vendicarsi con loro stessi, perché non ha nessun senso continuare a scontare una pena che non finirà mai e che forse sopravvivrà alla nostra morte.
 Normalmente non mi piace scrivere frasi, come fanno tanti prigionieri, nelle pareti delle celle, questa notte, però, nel muro accanto alla mia branda ho scritto:
 “La vita, per un uomo ombra, non è che una lunga morte”
per ricordarmi ogni sera quando vado a letto che sto morendo senza vivere, ogni giorno un po’ di più.

Carmelo Musumeci
Carcere di Padova,  dicembre 2013

le assurdità dei glutin free dire addio a pane, pasta, pizza e biscotti nella loro versione 'tradizionale', a favore di prodotti gluten-free, non aiuta a dimagrire. Anzi, secondo una ricerca inglese avviene il contrario.

 dalla rete   


Gwyneth Paltrow, Miley Cyrus o il campione di tennis Novak Djokovic sono pronti a giurare il contrario. Ma dire addio a pane, pasta, pizza e biscotti nella loro versione 'tradizionale', a favore di prodotti gluten-free, non aiuta a dimagrire. Anzi, secondo una ricerca inglese avviene il contrario. I prodotti pensati per i celiaci, infatti, contengono molti più grassi e zuccheri rispetto ai prodotti tradizionali.
Un pezzo di pane privo di glutine ad esempio ha il 3% di lipidi in più rispetto al normale e con le frittelle si arriva ad un surplus del 14 per cento. Questi cibi, avvertono i medici, sono fondamentali per chi soffre di allergia al glutine poiché riportano l'organismo al giusto equilibrio; inutile, anzi dannosa, è invece la loro assunzione da parte chi non soffre di questa patologia.
Il mercato dei prodotti gluten-free ha subito un'impennata negli ultimi anni: un giro d'affari da 180 milioni di euro nel 2013 rispetto ai 120 milioni del 2010. Ma i nutrizionisti spiegano che questo trend si basa su idee sbagliate e pericolose le quali hanno portato a credere che eliminare il glutine aiuti a perdere peso. "Informazioni fuorvianti" che inducono le persone ad auto-diagnosi e a diete fai da te molto dannose. E il fatto che un certo regime alimentare sia seguito da tante celebrity, probabilmente fa pensare a molti amanti delle diete fai da te che i risultati siano assicurati, ma di certo questo tipo di suggestione non aiuta a scegliere l'alimentazione più adatta al proprio fisico e al proprio stile di vita. 

panettone classico o moderno ? Natale Facciamolo strano: come ti cambio il panettone Il dolce milanese diventa trendy tra fantasiose ricette e versioni personalizzati. Ma c'è chi resta attaccato alla tradizione senza rinunciare al glamour

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DA http://www.rainews.it/ 07 dicembre 2013
di Paola Cutini



Roma

Ce ne sono per tutti i gusti: da quello con i fichi secchi marinati nello zibibbo a quello all'aroma di arancia e rosmarino. Il dolce tipico milanese non perde mai il suo fascino e molti pasticceri cercano di rifargli il look ogni anno. Questo Natale, per esempio, anche le decorazioni in pasta di zucchero - usate per il tanto di moda cake design - hanno conquistato le vette del panettone. Tra storia e leggenda
Vista l'abbondanza sul mercato di panettoni trasformati, truccati, rivisti e corretti, sono in pochi a ricordare e riconoscere l'autentico sapore del dolce milanese. Eppure, sono ben due le leggende che raccontano l'antica origine e la ricetta tradizionale del panettone. Una delle storie ha come protagonista messer Ughetto degli Atellani, falconiere di Milano, che a fine Quattrocento si fece assumere come garzone da Toni, panettiere e padre della giovane Adalgisa, della quale si era innamorato. E fu forse l'ispirazione amorosa o semplicemente la fortuna, a guidare il giovane nella creazione del dolce che da allora fu chiamato "Pan del Toni". La seconda versione racconta, invece, la storia di un altro Toni, sguattero della corte di Ludovico il Moro. Il duca aveva organizzato un pranzo natalizio con i nobili del circondario, ma il cuoco dimenticò il dolce nel forno, bruciandolo. A questo punto entra in scena il nostro eroe: il giovane Toni. Il ragazzo rimediò al pasticcio dello chef preparando una nuova ricetta con gli ingredienti rimasti in dispensa: farina, burro, uova, scorza di cedro e uvetta. Il risultato fu chiamato "Pan del Toni", in omaggio alla creatività del giovane sguattero. 
Le dolci tendenze Queste dunque le origini del dolce più consumato a Natale. Ma se i vostri palati proprio non riescono a rinunciare alla scoperta di sapori nuovi, non potete perdervi l'ultimo nato in casa panettone. Il nome glamour è tutto un programma: il 'Vip" (Very Irresistible Panettone). Ripieno di amarena e crema ganache al cioccolato fondente al 70%, è una delle novità di questo Natale. Per chi, invece, resta affezionato alla tradizione, ma ci tiene ad essere trendy, c'è il panettone personalizzato: il dolce dotato di "carta d'identità", con tanto di numero di serie, nome dell'acquirente e destinatario del regalo.

ecco  se  siete tradizionalisti   come farlo in casa

PREPARAZIONE

Per preparare il panettone occorrono 3 fasi di lavorazioni, di seguito riporteremo per ogni fase gli ingredienti necessari, in modo da rendere più chiaro lo svolgimento della ricetta.
PRIMA FASE: Farina 100 gr lievito 10 gr malto 1 cucchiaino (oppure zucchero) latte 60 ml .
Panettone
Per prima cosa mettete in ammollo l'uvetta per farla rinvenire (1). Sciogliete 10 gr di lievito di birra e il malto (o lo zucchero) in 60 ml di latte tiepido (2), quindi incorporate la farina (3) e impastate fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo che metterete in una ciotola coperta con pellicola trasparente a lievitare a 30° fino al raddoppiamento del volume (circa 1 ora). 

SECONDA FASE: Al primo impasto dovrete aggiungere: Farina 180 gr; lievito 2 gr; uova 2 intere; burro morbido 60 gr; zucchero 60 gr

Panettone
Unite al primo impasto lievitato (4) le uova, il lievito di birra sbriciolato e la farina (5), impastate con le mani (6)

Panettone
 poi aggiungete lo zucchero (5) e in ultimo il burro ben morbido (a temperatura ambiente) (8); impastate fino ad ottenere un composto liscio e non appiccicoso che adagerete in una ciotola (9) coprite la ciotola con pellicola trasparente e lascerete lievitare a 30° per circa due ore, o fino al raddoppiamento del volume.

TERZA FASE: al secondo impasto lievitato aggiungete: farina 220 gr; zucchero 100 gr; uova 2 intere e 3 tuorli ; sale 5 gr; burro morbido 100 gr; limone biologico; la scorza grattugiata di 1 arancia candita a cubetti; 40 gr cedro candito a cubetti 40 gr; uvetta 120 gr; vaniglia 1 bacca 

Panettone
Unite il secondo impasto lievitato a 2 uova intere e 3 tuorli (10-11) e a 220 gr di farina (12). 

Panettone
Impastate per almeno 10 minuti (13) in modo che l’impasto prenda una bella consistenza elastica (14) e poi aggiungete lo zucchero e il sale (15). 

Panettone
Quando tutti gli ingredienti saranno assorbiti, aggiungete in due volte il burro ammorbidito (16) e, a seguire, la frutta candita (arancia e cedro) (17) la scorza del limone grattugiata, l’uvetta precedentemente ammollata (se volete potete ammollarla nel rum o in un altro liquore di vostro gradimento) e strizzata (18); volendo potete aggiungere degli altri aromi a vostro piacimento per rafforzare il profumo dell’impasto (arancia, limone, vaniglia, rum, ecc…).

Panettone
Lasciate lievitare l’impasto a 30° mettendolo in una ciotola coperta da pellicola trasparente (19) fino al raddoppiamento del suo volume (almeno 2 ore). Nel frattempo, imburrate e rivestite uno stampo da panettone (il diametro dovrà essere di 18 cm e alto 10 cm, se non lo avete potete usare due pirottini di carta da 750 gr l'uno) con della carta forno (oppure utilizzate uno stampo di carta per panettone) (20)  e quando il volume dell’impasto sarà raddoppiato, estraetelo dalla ciotola, impastatelo di nuovo su di un piano poco infarinato e dategli forma sferica (21): 

Panettone
posizionatelo dentro allo stampo da panettone con la parte più liscia verso l’alto (22). Lasciatelo lievitare coperto fino a che l’impasto non arrivi a filo dello stampo (almeno altre due ore) (23). Quando l’impasto sarà a filo dello stampo, mettetelo in un luogo areato per 10-15 minuti in modo che sulla superficie si formi una specie di pellicola più asciutta, dopodiché incidete a croce la sommità (24) 

Panettone
e mettete al centro della croce un cubetto di burro (grande quanto una noce) (25). Mettete su di una teglia da forno posta sulla parte inferiore di quest’ultimo, una ciotolina d’acqua e infornate in forno statico a 200° per circa 10-15 minuti, quindi abbassate a 190 e lasciate cuocere per altri 10-15 minuti. Se la superficie risultasse troppo scura o tendesse a colorirsi troppo infretta, abbassate ancora a 180 e proseguite la cottura. In totale il panettone dovrà cuocere per 1 ora. Una volta cotto, estraete il panettone dal forno e lasciate raffreddare (26-27). Il vostro panettone è ora pronto per essere servito!!! Buone feste!!!

vera integrazione. Olbia alluvionata Anche i senegalesi tendono una mano: «È la nostra città»

la nuova sardegna  cronaca Olbia-tempio  del 8\12\2013  
di Dario Budroni 

OLBIA Con la schiena curva e le mani immerse nel fango, a trascinare mobili sventrati, senza dimenticare di dare un conforto a chi, in quel momento, ha davvero perso ogni cosa. L’integrazione è anche questo, un’azione volontaria e sincera nei confronti di una città che considerano la loro. Così la comunità senegalese, una delle più numerose a Olbia, ha voluto indossare guanti e stivali per aiutare chiunque ne avesse bisogno. Nelle abitazioni e nelle strade. «Olbia è casa nostra. È una città che abbiamo sposato per migliorare le nostre condizioni di vita. Insomma, è la nostra seconda patria e come tale va difesa, sempre» spiega Omar Sarr, dal 2001 a Olbia, presidente dell’associazione Sunugal. «Per noi è come un matrimonio, si accetta tutto nel bene e nel male. Così subito dopo l’alluvione

abbiamo fatto qualche telefonata e pubblicato un appello su Facebook, per metterci d’accordo – racconta con un italiano perfetto -. Abbiamo formato delle piccole squadre e ci siamo messi ad aiutare a liberare le case dai detriti. È stata un’opera di carità che abbiamo fatto con il cuore, come tutti del resto». Ma i senegalesi di Olbia non erano soltanto in mezzo al fango. Alcuni sono andati a portare il loro contributo nei centri di raccolta. Certo, ovviamente i più fortunati. Perché anche molti di loro hanno perso tutto, casa, auto e merce. In quei giorni, comunque, in via Caboto, a Isticcadeddu, un altro senegalese molto conosciuto in città, Khouma Modou, ha passato ore in mezzo al fango, mentre
sua moglie e sua figlia hanno cucinato per alluvionati e volontari un gustoso cuscus. «Piango se penso a quei giorni. La mia famiglia ha perso soltanto una macchina, ma ho visto case in cui l’acqua è arrivata ai 2 metri di altezza – racconta Khouma Modou, presidente della Comunità senegalese per integrazione e cooperazione, a Olbia dal 1988 -. Ci sono persone che hanno perso qualunque cosa dopo decenni di sacrifici, assurdo. Quindi non ho pensato alla macchina e subito mi sono messo ad aiutare. Olbia è casa mia, i miei figli sono nati qui e adesso hanno la cittadinanza italiana. Non potevamo tirarci indietro, anche se mi sarebbe piaciuto poter fare molto di più». Ma c’è il Senegal anche dietro un’altra operazione di solidarietà. Il consolato della repubblica senegalese in Sardegna, presieduto da Gabriella Marogna, ha infatti organizzato una raccolta di beni da donare agli alluvionati. Materassi, letti, culle e sedie per disabili sono stati donati al centro di raccolta della chiesa di Sant’Antonio, mentre l’abbigliamento in quello delle suore vincenziane. 





insieme a



Valentino Caputo
L'amore è dare qualcosa di noi stessi, a chi ci è vicino ed è in difficoltà, e questo va al di là dei Confini,Religioni o Colore della Pelle, lo si dà perché nasce dal cuore…ed è una maniera per dare coraggio e speranza a chi in un attimo ha perso tutto. Grazie Fratelli!!!!



Peter Pina ·
Un esempio di CIVILTA ci arriva dall' "Africa" in casa nostra. Fose serve una tragedia per renderci conto che sotto la pelle siamo uguali

VI RINGRAZIO





Una biografia in dieci pezzi Mandela in musica

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MONDO

Una biografia in dieci pezzi

Mandela in musica

La storia di Mandela dai canti contro l'apartheid alla colonna sonora del suo ultimo film biografico


Sono tantissimi gli artisti che hanno sostenuto la battaglia contro l'apartheid e per la liberazione di Nelson Mandela, alcuni sono diventati colossi della storia della musica.
Primo tra tutti Peter Gabriel, a Londra, allo stadio Wembley, ha cantato Biko, scritta nel 1980 per commemorare l'attivista sudafricano fondatore del Black Consciousness Movement, il movimento che puntava a sfidare l’apartheid. Il pezzo di Peter Gabriel, da quel momento il simbolo di un popolo che chiede la libertà, apre le porte ai tributi musicali a Madiba.
L'ultimo pezzo, in ordine cronologico, è degli U2 e accompagna Mandela nel film-biografia Long Way to Freedom. A scriverlo Bono Vox che oggi lo ricorda con queste parole: "E' stata sempre una presenza fortissima nella mia vita: penso al 1979 quando noi, gli U2, facemmo il primo concerto contro il Sud Africa razzista. Nel corso degli anni diventammo amici".
Nkosi Sikelel’ iAfrika. E’ stato uno dei canti popolari contro l’apartheid e inno dell’Anc. Mandela lo ha voluto come secondo inno nazionale nel 1994. Tra le versioni più famose quella del 1987 di Miriam Makeba.



The Special Aka, Free Nelson Mandela. Composta nel 1984, Free Nelson Mandela porta sul palco di Top of the Pops la lotta contro l’apartheid. Nonostante i cori e il sound gioiosi, il testo dei The Specials è chiaro nel condannare la sua prigionia: “21 anni in carcere, scarpe troppo strette per i suoi piedi, il suo corpo è stato torturato ma la sua mente è ancora libera e voi siete così ciechi che non potete vederlo”.



Youssou N’Dour, Nelson Mandela. Due anni dopo il musicista senegalese Yossou N’Dour per il suo secondo album sceglie il titolo di Nelson Mandela. Canterà il pezzo che dà il nome al disco in ogni singola data dell’Amnesty International Human Rights Tour del 1988 che vedrà come protagonisti anche Peter Gabriel, Bruce Springsteen, Sting e Tracy Chapman.



Johnny Clegg, Asimbonanga. Sempre nell’86 John Clegg e Savuka suonano Asimbonanga, espressione zulu che significa “non lo abbiamo visto”. Scritta in ingles e zulu, mette al centro della canzone il fatto che nessuno abbia visto Mandela dopo quasi due decenni di carcere.  Il pezzo costò a Clegg un arresto e una serie di concerti cancellati. Nel 1999 però riuscì a riproporre Asimbonanga con Mandela sul palco.



Vusi Mahlasela, When You Come Back. La stessa sorte di Clegg toccherà anche Vusi Mahlasela, autore di When You Come Back, che però ebbe la soddisfazione di suonare per il concerto dei 90 anni di Mandela.



Hugh Masekela, Bring Him Back Home. Nel 1987 esce la hit che diventerà l’inno dei movimenti per la liberazione di Mandela. Bring Him Back Home del trobettista jazz sudafricano Hugh Masekela. Il messaggio è evidente già dalle prime parole: “Portate indietro Nelson Mandela, portatelo a Soweto, vogliamo vederlo camminare per le strade del Sudafrica”.



Santana, Mandela. Un pezzo strumentale del 1988, eseguito anche durante le celebrazioni dei 70 anni di Mandela.



Brenda Fassie, Black President. Nel 1989 Brenda Fassie esce con Black President, dedicata a Mandela, ancora in carcere. La canzone venne bandita da tutte le radio durante l’apartheid ma nel 1994 la cantante -  che il Time Magazine definisce “la Madonna delle Township” – la porta sul palco il giorno del suo insediamento.



Public Enemy, Prophets of Rage. Con Prophets of Rage dei Public Enemy, Mandela fa il suo ingresso anche nel mondo hip hop, nel 1989, con una canzone contro il razzismo.



U2, Ordinary Love. Meno di un mese fa esce Ordinary Love degli U2, per il film Mandela: Long Way to Freedom le cui parole vogliono ripercorrere gli insegnamenti di Mandela: “Non possiamo andare più avanti se non sentiamo l’amore quotidiano”.





il vero spirito di natale è saper rinunciare alle decorazioni cittadine e usare i soldi per le povertà estreme esempio del sindaco di viddalba

come  già  dicevo  nel post ( in particolare il primo )


  • http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2013/11/natale-capodanno-savvicinano-ii-ma-come.html
  • http://ulisse-compagnidistrada.blogspot.it/2013/12/come-risparmiare-e-non-sprecare-in_6.html



Oggi    racconto  di  chi dicendo NO   al natale consumistico  ma  ritorna  a quello di   una volta ha seguito l'esempio  di Emiliano Deiana sindaco  di Borigiadas ( bidda* della Gallura  ) che le  ha  abolite  dal  2010 . Esso  è il sindaco Viddalba  oppure vidda eccia ( città vecchia  visto l'origine  romanico \ medioevale   ) di una piccola  bidda ( inverno )  grande centro  ( essendo  vicino al mare  )  d'estate    ai confini fra la  Gallura  ed il sassarese. E' bello  e  fa piacere che si capisca a livello politico  \ amministrativo  quale differenza ci sia fra utile e superfluo.

* piccolo paese  di poche anime  . per approfondire tra il serio ed  l'ironico  ecco  maggiori   news http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Biddaio  

ed  ecco la news
dalla nuova sardegna   edizione Gallura del 8\12\2013

Pietro Sedda il designer, artista e tatuatore di fama mondiale racconta i suoi nuovi progetti

   Dopo  la  morte  nei  giorno scorsi  all'età  di  80 anni   di  Maurizio Fercioni ( foto sotto  a  sinistra )  considerato il primo t...