18.10.21

la shoah e l'antisemitismo cattolico fanno ancora paura ? Trento: la mostra sull’antisemitismo non deve esistere Domenica Primerano lascia il Museo Diocesano Tridentino: l’allestimento (già premiato) svela la menzogna ecclesiastica e antisemita su Simonino da Trento

  Al museo   diocesano Tridentino    di Trento si voleva rendere  permanente    la  bellissima  mostra  (  trovate    qui  , almeno  finche  non  lo  rimuoveranno  alcuni  contenuti :    L'invenzione del colpevole. Il 'caso' di Simonino da Trento, dalla propaganda alla storia  organizzata  da Domenica Primerano ma  la  curia   ha  detto No  .  Purtroppo IL GOVERNO del patrimonio culturale è in mano a figure grigie e ossequiose al potere Nessuno spazio per eretici talentuosi e sperimentatori: come Domenica Primerano La mostra da lei curata, (   una  delle  foto della  mostra   a destra  ) ,  ha ricevuto il Grand Prix per l’educazione dell’european heritage award, il più prestigioso premio europeo per il patrimonio culturale. Di qui l’idea di musealizzarne permanentemente una parte: l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi ha archiviato il progetto  .  Ecco quindi   che sei ha  talento  o rimani ai margini  oppure  vieni spostato  \ promosso    perchè crei fastidio ed  gelosie    degli incompetenti  ed  incapaci  . 

 

Ecco  cosa  succede     a  

Trento: la mostra sull’antisemitismo non deve esistere
Domenica Primerano lascia il Museo Diocesano Tridentino: l’allestimento (già premiato) svela la menzogna ecclesiastica e antisemita su Simonino da Trento

Il Fatto Quotidiano18 Oct 2021▶ MONTANARI



Fateci caso, i posti di responsabilità nel governo del patrimonio culturale sono tutti assegnati a figure allineatissime al potere costituito. Ortodosse, poco o per nulla innovative: meglio se grigie e ossequiose. Nessuno spazio per eretici talentuosi, creativi, visionari, sperimentatori: alla faccia della funzione rigenerativa della cultura. Se poi si tratta di donne, ciò che ci si aspetta è una totale sottomissione

all’ordine stabilito dal dominio maschile. Figuriamoci se poteva reggere la brillante, intellettualmente insubordinata, responsabile di un museo ecclesiastico: e infatti Domenica Primerano,(  foto  a   sinistra )  direttrice del Museo Diocesano Tridentino, si è da poco clamorosamente dimessa. La sua colpa? Aver pensato e realizzato la mostra italiana più importante degli ultimi anni, almeno sul piano intellettuale e politico. E poi aver proposto di renderla in qualche modo stabile e permanente.LA MOSTRA è quella, del 2019, su L’invenzione del colpevole. Il ‘caso’ di Simonino da Trento dalla propaganda alla storia. Vi si ricostruiva la storia terribile di Simonino: un martire inventato nel 1475 da un principe vescovo corrotto e in cerca di soldi e successo. La morte accidentale di un bambino divenne allora l’occasione per montare un processo atroce contro la comunità ebraica. Il capo di accusa era quello classico della persecuzione degli ebrei: Simonino sarebbe stato dissanguato nell’impasto del pane da consumare per la Pasqua, in una parodia cannibalesca dell’eucarestia cristiana. Tutto falso, ma la tortura strappò confessioni a spiriti prostrati e corpi massacrati, e, nonostante l’opposizione di illuminati prelati della curia romana, gli ebrei innocenti furono uccisi, e il bambino innalzato sugli altari. Era la fine della presenza ebraica a Trento, una ferita che iniziò a rimarginarsi solo quando le ricerche di un prete e storico trentino (era il 1965) convinsero la Chiesa ad abolire il culto del bambino e a riabilitare gli ebrei innocenti. Ma ancora oggi nel discorso pubblico, e sulla rete, Simonino è un santo vero, gli ebrei assassini di bambini.La mostra smontava questa storia attraverso la potenza delle opere d’arte, dei libri, dei riti pubblici dedicati a un santo inventato e a un massacro perpetrato in nome della fede cattolica. E lo faceva in un momento in cui l’invenzione del colpevole (nero, immigrato, rom, omosessuale, povero: comunque diverso, come gli ebrei) è ancora il pane quotidiano delle più votate forze politiche italiane. Non sembri un collegamento forzato: più di una volta la Difesa della razza (la rivista fascista, pubblicata tra 1938 e 1943, di cui era efferato caporedattore Giorgio Almirante: tuttora riconosciuto come padre politico dal partito di Giorgia Meloni) mise in copertina le immagini e la storia di Simonino, vittima dei perfidi giudei che allora fascisti e nazisti avviavano ai forni crematori.La mostra di Domenica Primerano ha avuto uno straordinario successo (comprese le scritte antisemite che ne hanno imbrattato i manifesti: segni sicuri di efficacia), vincendo tra l’altro il Grand Prix per l’educazione dell’eu ro pe an heritage award, il più prestigioso premio europeo per il patrimonio culturale. Di qui l’idea – necessaria – di musealizzarne permanentemente una parte nella cappella che, nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo, aveva ospitato per secoli le reliquie e i riti di questo culto “sacrilego” – sacrilego perché falso. Un’idea fortissima anche sul piano strettamente religioso: perché “i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità” (Giovanni 4, 23).Ma un’incredibile alleanza di fatto tra destra catto-fascista, alcune personalità della comunità ebraica trentina (smentite però dalla presidente delle Comunità ebraiche italiane, Noemi Di Segni, che si è rifiutata di firmare le lettere contro il progetto) preoccupate di una riaccensione del culto, e storici convinti che la storia non si possa spiegare al popolo ha indotto l’arcivescovo di Trento Lauro Tisi (che pure aveva coraggiosamente sostenuto la mostra) ad archiviare il progetto, togliendo di fatto la sua fiducia alla direttrice Primerano. E così questa studiosa, questa intellettuale indomita e tutta intera alla quale dobbiamo così tanto, ha preso la bicicletta ed è partita per un viaggio lungo la Loira. CHI L’HA COSTRETTA ad andarsene si è assunto una grave responsabilità morale. Perché raccontare proprio in quel luogo il tradimento abominevole che lì fu compiuto sarebbe stato importantissimo: così come lo è stato musealizzare Auschwitz. E perché si sarebbe trattato di uno dei rarissimi tentativi di far parlare a tutti il patrimonio culturale: con rigore storico, ma anche con tensione morale e con spirito costituzionale. Abbiamo tremendamente bisogno di direttrici e direttori come Mimma Primerano: perché è solo con persone così che davvero “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura” (art. 9 Cost.)


e  crea  anticorpi  contro fascismi  e  nazismi   ed  i  loro rigurgiti   chge ancora      oggi    sono resenti anche  se   mescolati  a l  sovranismo ed   al populismo  .

17.10.21

« Ho perso una gamba, ho trovato una vita piena» «PENSAVO CHE PER ME FOSSE FINITA», RACCONTA GIULIA MUSCARIELLO , «MA HO SCOPERTO DI ESSERE FORTISSIMA»

Dopo questo   bruttissimo  incidente   

  da  https://www.inprimanews.it/fatti/

L’incidente, positivo all’alcol test il giovane che ha investito la 18enne

1 Agosto 2020
Incidente Nocera Superiore con logo

Sono entrambi di Cava dè Tirreni, alla ragazza amputata una gamba, l’incidente fuori dal Mc Donald’s di Nocera Superiore: con un’amica era seduta su un muro

Incidente Nocera Superiore gamba amputata con logo

E’ risultato positivo all’alcol test e cannabis il giovane di 24 anni che giovedì sera ha causato un incidente investendo con la sua Mini una ragazza di 18 anni. Entrambi sono di Cava dè Tirreni. Il giovane alla guida dell’automobile è un istruttore di nuoto. Giovedì era il suo compleanno. Con alcuni suoi amici aveva deciso di passare al Mac Donald’s di Nocera Superiore per un panino. Con la sua automobile, nell’imboccare l’ingresso del parcheggio del ristorante in via Nazionale, ha travolto la ragazza ed una sua amica che erano sedute sul muretto laterale.
carabinieri della stazione di Nocera Superiore sono al lavoro per determinare l’esatta dinamica dell’incidente stradale e capire se l’impatto sia stato provocato dalla velocità. L’unica cosa certa è che alla ragazza i medici hanno dovuto amputare la gamba sinistra dal ginocchio in giù. “Non è stato facile decidere – ha detto il dottore Michele Cioffi, dirigente del reparto di ortopedia dell’ospedale Umberto I di Nocera Inferiore – ma alla fine era l’unica cosa da fare. L’arto era troppo compromesso. La ragazza, dal punto di vista clinico, sta bene. Diversamente da quello psicologico, un trauma troppo forte per una giovane”. L’intervento chirurgico, iniziato verso le 3 del mattino di venerdì, si è concluso dopo diverse ore.


Giulia Muscariello si è ripresa psicologicamente benissimo infatti :
Alla vita voglio dire che ce la farò, che voglio continuare a essere la persona che sono e che in futuro vorrei aiutare chi si ritrova nelle mie condizioni e si sente smarrito, magari con un’associazione, vedremo. E invece a Chiara vorrei chiedere di non sentirsi mai più in colpa per me, ho fatto quel gesto per istinto, la considero una sorella, la nostra amicizia mi ripaga di tutto ogni giorno – Giulia Muscariello a aleteia.org
Inoltre  leggo sul settimanale Oggi del  14 Oct 2021 quest articolo di Stefania Fiorucci foto Salvatore Esposito/Contrasto ed  ha   fatto  suo  il    film   Barbacue  di diretto da Éric Lavaine. in cui   Il malore diviene un'opportunità. Un momento della propria esistenza per riflettere su di essa e sui rapporti umani con chi lo circonda. Lavoro, amori, rapporti sociali, paura d'invecchiare appaiono allora nella loro dimensione reale e più veritiera. La vita appare ora, non come la gara per essere i primi, amati, simpatici. Antoine, comprende come sia più importante scoprire i valori reali dell'esistere al di là delle ipocrisie e finte relazioni sociali.
SONO RIMASTE INSEPARABILI Giulia (a destra, indicata dalla freccia), con la sua amica del cuore, Chiara Memoli, 19, alla quale ha salvato la vita. «Lei era disperata, ma le ho fatto capire che non deve sentirsi in colpa per me», spiega.

Signora Muscariello? Il Presidente Sergio Mattarella le ha conferito l’onorificenza di Alfiere della Repubblica Italiana». Ecco, quella telefonata del sindaco di Nocera Superiore Giovanni Maria Cuofano ha segnato l’inizio della mia nuova vita». Giulia Muscariello, 19 anni, è la ragazza che senza pensarci due volte aveva salvato la sua migliore amica dall’impatto con una macchina lanciata a tutta velocità, rimettendoci una gamba. È stata scelta, insieme ad altri 27 giovani, per rappresentare il coraggio e il valore dei ragazzi ed è in attesa di essere ricevuta al Quirinale. «Che colpo ricevere quella chiamata, mi ha aiutata a vedere il futuro come il classico bicchiere mezzo pieno. Subito dopo l’incidente il domani mi appariva buio, ero demoralizzata, stavo troppo male per capire che avrei avuto lo stesso una vita piena». Come si sentiva ? «Pensavo che la mia vita fosse finita, che non avrei potuto fare più niente. Invece, da sola, mi sono accorta giorno dopo giorno che se c’è la volontà tutto torna e anche più di prima. Dall’avere poca autostima sono passata a sentirmi  più completa, più consapevole di quella che sono. Ho perso un pezzo di me ma ho scoperto una Giulia fortissima». Questo tornare a sorridere avrà fatto bene anche ai suoi genitori. «Certo. La cosa più difficile è stata far capire a loro, troppo premurosi e apprensivi, che potevo farcela da sola, riprendere a uscire, a studiare, a passeggiare con gli amici. Tutti e due avevano grandi sensi di colpa e stavano molto male. Papà quella sera non voleva mandarmi a dormire dalla mia amica Chiara e non faceva che ripetermi: se fossi stato risoluto, oggi avresti ancora la gamba. Mamma cercava di farmi fare la vita di prima anche se dentro si logorava. Invece io sono fatalista e penso che se le cose devono succedere, succedono».
Anche Chiara Memoli, la tua amica, si sarà sentita in colpa. «Si disperava, diceva che mi doveva la vita e per questo ero rimasta senza gamba. Ha avviato anche una raccolta fondi per me. Col tempo le ho
fatto capire che tutto quello che volevo era averla vicino. E che se fossi tornata indietro avrei fatto esattamente la stessa cosa. È stato un gesto istintivo, l’istinto rivela chi sei e cosa provi. Oggi stiamo sempre insieme». 
Quest’anno si è diplomata con ottimi voti. Come è andato il ritorno in classe dopo l’ospedale?
«Bene. Sia gli insegnanti sia i compagni mi hanno trattato esattamente come prima. Inizialmente andavo a scuola con la sedia a rotelle perché non avevo la protesi. Quando stavo male mi rifugiavo nei libri per non pensare a niente. Poi ho ripreso a camminare, a passeggiare davanti al mare, a fare tutto. Mi sono impegnata per questo perché non mi andava di vedere gli sguardi di compassione. Ho anche un ragazzo. La storia era nata pochi giorni prima dell’incidente, quindi ero quasi certa che decidesse di lasciare perdere. Cercavo di non dargli importanza per non rimanerci male. Invece mi è stato vicino tutti i giorni in ospedale con videochiamate a ogni ora, giorno e sera. Sono felicissima di aver trovato una persona come lui, che non mi ha fatto mai sentire diversa, ma speciale».

Progetti a breve scadenza?

«La patente. Sono bravina, lo capisco dalla faccia del maestro che non è terrorizzata quando guido. Poi, con il cambio automatico, è tutto più semplice. Quella sarà sicuramente una grande libertà. E poi mi piacerebbe fondare un’associazione che si occupi di chi ha perso un arto: quando sono stata al centro protesi per la prima volta ho incontrato tante persone, alcune disperate, non riuscivano ad affrontare la disgrazia. A me ha aiutato molto avere esempi come la deputata Giusy Versace, l’influencer Nina Rima, Paola Antonini, una supermodella brasiliana che ha perso la gamba da ragazza. E poi l’olimpionica paralimpica Monica Contrafatto, una vera eroina».

Nelle nostre foto, però, a differenza di loro, nasconde la protesi. «Sì. Visto che ho ancora una protesi non proprio bellissima da vedere, compro pantaloni su pantaloni così la nascondo. Ma appena arriverà quella che sembra una gamba vera, tornerò al “corto”, pantaloncini, gonne...».

Non vorrà andare al cospetto di Mattarella in jeans?

«No!!! Sarò molto bon ton. La cosa più bella sarà rubare al Presidente Mattarella quei cinque secondi per dirgli un grazie di cuore perché gli devo tanto, perché con questo gesto ha riacceso la luce sul mio futuro».

Le elezioni finiscono 22 a 22, ora è caccia al “traditore” il caso di Rondanina ( GE ) uno dei paesi più piccoli d'italia

 

Le elezioni finiscono 22 a 22, ora ècaccia al “traditore” 

I DUECANDIDATI SINDACO HANNO LO STESSO NUMERO DI VOTI: ORA DEVONO SCOVARE E CONVINCERE L’UNICA SCHEDA BIANCA Un pugno di case e il mini municipio

Quarantaquattro voti divisi per due col resto di una scheda bianca. A Rondanina, il più piccolo Comune della Liguria, a mille metri di altezza e a mille curve da Genova, gli elettori si sono divisi tra i due candidati: 22 voti li ha presi l’ingegnere Gaetanino Tufaro, altrettanti l’ex vigile del fuoco Claudio Casazza. A fare da ago della bilancia l’unica scheda bianca, il 45 esimo voto rimasto in sospeso, a cui tutti in paese cercano di dare un volto: la posta in gioco è alta, domenica 16 i rondanelli (così si chiamano gli abitanti) dovranno andare a votare di nuovo e in caso di parità anche al ballottaggio la legge prevede che conquisti la carica di sindaco il più anziano tra i contendenti, in questo caso Tufaro. «Sono ottimista perché, come certi turni di Champions, posso contare su due risultati utili su tre. A dire il vero pensavo di vincere subito: ho già fatto il sindaco del paese, essendo stato il direttore tecnico dell’ospedale Gaslini di Genova ho capacità amministrative e avevo un vero programma. Poi a ribaltare i pronostici sono state le parentele, e le divisioni». Le parentele? «Ma certo: in paese gli elettori reali sono una cinquantina, molti però vivono lontano e hanno solo la residenza. I 22 voti del mio avversario vengono da tre famiglie del paese, di cui una esprime ben nove voti: praticamente da soli hanno il 20 per cento. I miei consensi invece credo di averli raccolti tra chi vive e lavora fuori. Gente più aperta, che qui definiscono con diffidenza “i villeggianti”». L’altro candidato, ClaudioCasazza, era anche lui convinto di vincere: «Avevo contato e ricontato i voti chemi avevano promesso, avrebbero dovuto essere 26 o 27, e mi avrebbero assicurato una vittoria piena, e invece alla fine qualcuno non ha mantenuto la parola». Chi? «Qualcuno dei “villeggianti” deve aver cambiato idea». Intanto tra il municipio presidiato da Francesca, l’unica impiegata, e il bar, trattoria e posto telefonico pubblico Cresci, l’unico esercizio commerciale del paese, cresce l’attesa. La figlia della titolare, mentre serve ai tavoli piatti di cinghiale in umido racconta: «La cosa positiva è che domenica sapremo subito chi ha vinto, a fare lo spoglio ci mettiamo un quarto d’ora», ma la sintesi politica più lucida la dà una signora di passaggio: «Il ballottaggio? È una fortuna, almeno domenica abbiamo qualcosa da fare...».

16.10.21

un eroe per caso a tempio pausania ed eroi dello sport italiano che hanno conti o residenze fittizie o vere all'estero per non pagare tasse in italia

 Il primo caso  è presa  d'account  facebook  di  

tSnrdmh 
Quest'Uomo, che è per fortuna anche un Vigile del Fuoco, è un Eroe. Ne sono io testimone. Tore, così tutti lo chiamiamo, ma Salvatore il suo nome proprio (e mai come in questo caso "nomen-omen"), era con me
che parlava e scherzava riempiendo le bottiglie alla storica fontana di Pastini intorno alle 20:00, quando ad un certo punto sono giunte trafelate persone di cui una che urlava nel buio volgendo lo sguardo all'insù sul muraglione. E lassù nel buio si è intravista prima una sagoma, poi è apparso un uomo sedersi spalle alla strada, poi ancora, mentre da sotto le urla seguitavano, voltarsi e sedersi con entrambe le gambe che penzolavano giù.
A quel punto Salva-Tore ha mollato tutto e come mosso da un istinto felino si è arrampicato su dei muri che fanno da spalla al muraglione vicino alla fontana. E lo ha fatto - mi si creda - come appunto un felino o l'uomo ragno-Spiderman (guarda caso uno degli eroi preferiti da bambini e adulti in tutto il mondo: l'angelo custode che tutti vorremmo accanto nei momenti di pericolo). Poi l'ho intravisto
Bisognava ora solo aspettare e pregare e sperare. Attimi di suspence durata pochissimo perché, di nuovo come un felino che ghermisce una preda con un balzo, da sotto si sono viste le braccia di Salva-Tore avvinghiare fulmineamente da dietro il pover'uomo e rovesciarlo a terra ai suoi piedi. correre sotto il muraglione per un breve pezzo e risalire sulla ferrovia dal tratto meno illuminato.
Bisognava ora solo aspettare e pregare e sperare. Attimi di suspence durata pochissimo perché, di nuovo come un felino che ghermisce una preda con un balzo, da sotto si sono viste le braccia di Salva-Tore avvinghiare fulmineamente da dietro il pover'uomo e rovesciarlo a terra ai suoi piedi.


Bisognava ora solo aspettare e pregare e sperare. Attimi di suspence durata pochissimo perché, di nuovo come un felino che ghermisce una preda con un balzo, da sotto si sono viste le braccia di Salva-Tore avvinghiare fulmineamente da dietro il pover'uomo e rovesciarlo a terra ai suoi piedi.
Insomma, Salvatore/Tore, che non era in divisa - allenato però al dovere civico e alle imprese anche dall'essere sempre un Vigile del Fuoco - ha davvero compiuto un'azione Eroica, con straordinarie doti di capacità fisica e lucidità mentale in un momento davvero critico.
(foto del muraglione da Gallura news)

Il secondo caso è questo


ì Cerro al Lambro, tristemente nota per la fabbrica delle armi chimiche del fascismo, ora è diventato «il paese delle cicogne».

"Le cicogne, grazie al loro istinto sottile, sanno sempre se qualcosa regge o sta per crollare".

Theodor Fontane

La nuova vita di una comunità a lungo colpita dagli effetti dell’inquinamento chimico è iniziata con l’arrivo di una coppia di cicogne che hanno nidificato sul campanile della chiesa. Dieci anni, e 28 pulli dopo, i due uccelli sono ancora lì e si trovano così bene che non migrano nemmeno più. Così Cerro al Lambro, tristemente nota per la fabbrica delle armi chimiche del fascismo, ora è diventato «il paese delle cicogne».
Ecco la storia riportata da  Mario Calabresi  per   la sua  rubrica  altrestorie    che trovate  qui   https://www.mariocalabresi.com/  





Sono passati esattamente dieci anni da quando apparvero per la prima volta: una coppia di cicogne bianche si posò sul campanile della chiesa. In pochi giorni costruirono il loro nido, trasportando rami sempre più grossi. Le cicogne furono più veloci degli uomini che avevano programmato di montare un’impalcatura per restaurare il campanile pericolante. Era la primavera del 2011; a maggio di quell’anno nacquero tre piccole cicogne e nessuno osò disturbare la nuova famiglia. Quando in autunno migrarono, il nido fu rimosso e cominciarono i lavori, ma quando stavano per concludersi, nella primavera successiva, la coppia tornò e lo ricostruì da capo e gli uomini si fermarono di nuovo. Prima dell’estate vennero alla luce altre due piccole cicogne. In autunno si ripeté la stessa storia dell’anno precedente: il nido fu rimosso per concludere i lavori di restauro della cupola. Le cicogne testarde e, probabilmente convinte di aver trovato un rifugio ideale, finito l’inverno ricostruirono da capo e per la terza volta il loro gigantesco nido.


Una veduta di Cerro al Lambro con in primo piano le cicogne sul campanile (© Stefano Luciano)


Da allora la coppia di cicogne non se n’è più andata, tanto che quando i piccoli partono per la migrazione non li seguono, ma restano a Cerro al Lambro, nella loro casa in cima al campanile. Ogni mattina volano nei campi e sul fiume per tornare al nido al tramonto. In questi dieci anni hanno messo al mondo ben 28 cicogne, durante il lockdown del 2020, che in questa parte della Lombardia fu durissimo, ne sono nate addirittura quattro, un vero record. Tanto che il comune, insieme alla Lipu, ha messo all’ingresso del paese un cartello che recita “Cerro al Lambro – Paese delle Cicogne”.

La cicogna dà da mangiare al suo piccolo pullo. Su Facebook trovate una pagina dedicata alle cicogne di Cerro al Lambro (© Stefano Luciano)


Ero venuto a Cerro, invitato dall’amministrazione comunale, per l’ultima presentazione del mio libro “Quello che non ti dicono”, perché in questo territorio si svolge una parte della storia che ho raccontato: la parabola dell’industria chimica Saronio, fondata nel 1926 e rimasta in attività fino alla fine degli anni Sessanta. Ma soprattutto del centro chimico militare costruito proprio qui per produrre le armi chimiche del fascismo.
Settantacinque anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale questo immenso spazio di 45mila metri quadrati contaminati, che contiene la fabbrica dei gas letali, si presenta abbandonato e mai bonificato. Mentre i fabbricati dove si mettevano a punto i gas cadono a pezzi, è ancora perfettamente in piedi un arco con l’aquila fascista, gemello di quello dei Fileni che Italo Balbo costruì in Libia nel 1937, per celebrare la conquista italiana, e che Gheddafi ha poi fatto distruggere.

L’arco con l’aquila fascista ancora perfettamente intatto nella fabbrica abbandonata (© Alessandro Brasile)


La vera eredità dei due stabilimenti, quello chimico e quello militare, è stata però chiarissima grazie alle analisi fatte sulla popolazione tra il 2000 e il 2006 dalla Asl Milano 2: si è scoperto che nei comuni di Melegnano e Cerro al Lambro i carcinomi alla vescica e leucemie erano due volte superiori alla media regionale e questo appare legato alle amine aromatiche e al benzene, materiale utilizzato dall’industria chimica Saronio per produrre i coloranti e che qui era presente nella falda acquifera ancora nei primi anni Duemila. Già un’analisi del 1977, fatta tra i lavoratori della Saronio a dieci anni dalla chiusura dello stabilimento, aveva scoperto che erano colpiti dal tumore alla vescica con un’incidenza tripla rispetto alla media nazionale.
Per questo ero venuto, per parlare di veleni, per raccontare una delle pagine più buie della storia italiana, per testimoniare una devastazione ambientale. E invece sono ripartito con una storia di rinascita negli occhi.
Infatti, pare che stia finalmente per partire la fase di analisi sullo stato di inquinamento del terreno e della falda che serve per poter procedere con la bonifica. A quel punto nel futuro dei bambini di Cerro e della sua frazione Riozzo, al posto della fabbrica dei veleni di Mussolini potrà, come sogna il nuovo sindaco Gianluca Di Cesare, nascere un grande bosco. E quella coppia di cicogne mi sembrano il segnale migliore, il simbolo perfetto di una nuova pagina di storia. Per questo ho voluto capire come fossero arrivate.

La cicogna appollaiata su un’antenna TV (© Rossana Beghi)


«Era un sabato pomeriggio, il 2 aprile del 2011, e all’oratorio era in corso il torneo di calcio dei bambini. Ad un certo punto ho alzato gli occhi e con grande sorpresa ho visto quattro grandi uccelli. Ho detto a mio marito: “Guarda che strani aironi si sono posati sul campanile”. Dopo pochi minuti, tutti avevano gli occhi puntati verso l’alto e tutti pensavano fossero aironi strani e difettosi. Poi qualcuno ha detto che potevano essere cicogne, visto che avevano il becco arancione. A decretare che era così ci ha pensato Google. Per tutto il fine settimana le abbiamo viste volare con dei grandi rami nel becco. Io ho cominciato a fotografarle e da allora non ho mai smesso». Rossana Beghi, architetto, assessore all’ambiente ed ecologia di Cerro al Lambro, conserva intatto lo stupore di quel giorno, che in dieci anni si è trasformato in amore per quella coppia che da allora è diventata stanziale. «Fanno parte della famiglia, siamo abituati a vederle volare con rane, pesci o bisce nel becco e il loro grande nido è talmente solido e ben costruito che anche di fronte ad eventi atmosferici estremi, in cui sono volate tegole, vasi e cornicioni, non si è minimamente mosso». Intanto nell’ansa del Lambro sono tornati i cigni, gli aironi bianchi e gli aironi cenerini.

La coppia di cicogne nel nido durante una nevicata (© Rossana Beghi)


Questa storia che la coppia di cicogne di Cerro abbia smesso di migrare e abbia scelto di abitare tutto l’anno sul vecchio campanile mi incuriosisce parecchio, la persona a cui chiedere una spiegazione si chiama Francesco Coruzzi, è il responsabile della Lipu per il progetto di monitoraggio delle cicogne in Lombardia. «Le cicogne italiane sono diventate sedentarie perché il terreno delle campagne non ghiaccia più per mesi, le marcite e le rogge nemmeno, sono le conseguenze del cambiamento climatico. Così trovano cibo tutto l’anno, anche in pieno inverno».
Non mi spiego però perché le cicogne appena nate e quelle giovani continuino a fare la grande migrazione che le spinge a percorrere tutta l’Italia lungo la costa adriatica, per poi attraversare la Calabria, la Sicilia e percorrere il passaggio più breve verso l’africa passando dalla Tunisia. Il loro punto d’arrivo è l’Africa sub sahariana, per alcune addirittura il Sudafrica. «I giovani migrano perché seguono l’istinto, negli adulti invece subentra il fattore apprendimento che poi, nel tempo, prevale sull’istinto di migrare».
Coruzzi mi racconta che nelle migrazioni la cicogna vola solo di giorno, che può percorrere sessanta chilometri in un’ora, che parte ogni anno intorno a Ferragosto e torna l’anno successivo nel mese di aprile e che lo fa per 20-25 anni che è la vita media di una cicogna.

La cicogna fa ritorno al nido dai suoi pulli (© Rossana Beghi)


«La tradizione della cicogna che porta i bambini – mi spiega – ha un valore mitologico nel mondo nordico, in quello mediterraneo invece, a partire dall’antica Grecia, è simbolo di accudimento perché la cicogna migratrice tornava ogni anno nello stesso nido, tornava a casa. È quello che accade anche qui, ma non solo a Cerro, ma nella provincia di Milano a Rozzano, a Lacchiarella, Liscate e Zibido San Giacomo, tutti paesi a sud della linea dei fontanili, quella che segue il Naviglio grande e poi il Canale della Martesana, perché grazie alle vie d’acqua il terreno è diverso e le temperature più miti».
A Cerro e Riozzo però questa storia ha un significato più profondo, coincide con la speranza e la costruzione della rinascita, per questo ogni sera al tramonto tutti alzano gli occhi verso il campanile.

DA QUANDO UNA BANALE MANIFESTAZIONE DI DISSENSO È DIVENTATA UN DELITTO DI LESA MAESTÀ? MA NON ESISTE Più IL DIRITTO DI FISCHIARE ?

          c'è  fischio e  fischio

DA QUANDO UNA BANALE MANIFESTAZIONE DI DISSENSO È DIVENTATA UN DELITTO DI LESA MAESTÀ?

Oggi 14 Oct 2021


Non ho mai imparato a fischiare  decentemente  . Cioè, a fischiettare sì, perché in effetti non ci vuole molto: basta mettere le labbra, a culo di gallina, o alla Donald Trump se volete, e soffiare. Ed  è quello che  faccio  per  chiamare  il  mio  cane ( foto a destra  ) o  allontanarlo da qualcosa  che  on deve  fare  .  Esistono anche i virtuosi del fischio modulato, che in alcune famose canzoni diventa come uno strumento musicale  ed esempio un classico del cinema   il bello  , il  brutto ,  il  cattivo .  No, io mi riferisco al fischio “vero”, quello potente, che si sente a centinaia di metri di distanza. 
Va fatto con l’ausilio delle dita infilate in bocca: indice e medio uniti, o indice e pollice che si toccano, oppure ancora i mignoli delle due mani. Ci ho provato, oh se ci ho provato  ma    non  ci  sono mai  riuscito  . Infatti  bisogna piegare la lingua all’indietro, mi spiegavano. Ma niente. Per quanto mi spolmonassi, usciva solo un prolungato “fffff”, come di una camera d’aria che si sgonfia.Questa lunga premessa per dire che non sono uno che fischia allo stadio  ance  se   in realtà   sono anni che  non vado   , ma qusta  è in altra  storia  : magari lo farei se ne fossi capace, ma ne sono, come ho detto, totalmente impedito. Quindi posso affermare, in qualità di non-fischiatore, che risulto al di sopra di ogni sospetto se dico che non mi hanno affatto scandalizzato i fischi a Gianluigi Donnarumma in occasione della partita che la Nazionale ha giocato contro la Spagna a San Siro, mercoledì della scorsa settimana. Per  chi  non segue  il calcio  la  vicenda   è semplice.
Donnarumma, giovane portiere considerato tra i
migliori del mondo, è nato e cresciuto calcisticamente nel Milan. Una volta affermatosi come campione planetario dopola  prodezza   agli europei  , la società milanese gli ha offerto la bellezza di 8 milioni netti per restare in rossonero. Ma lui ha traccheggiato, ha detto e non detto (nel frattempo baciava la maglia), si è affidato alle cure del re dei procuratori, Mino Raiola, e alla fine ha salutato tutti andando a guadagnare di più al Paris Saint-Germain, in Francia. I tifosi milanisti l’hanno presa male, e non appena Donnarumma (nel frattempo ribattezzato “Dollarumma”) è tornato a giocare .  Ora Gianluigi Donnarumma, detto Gigio, 22 anni,  considerato uno dei migliori portieri di calcio del mondo. Ex giocatore del Milan, ora è a Parigi, al Psg, molto ben pagato. nello stadio Meazza come portiere della Nazionale, l’hanno sommerso di fischi per tutta la partita.Uno scandalo  i per  Telecronisti e commentatori, manager sportivi e addetti ai lavori non hanno fatto che indignarsi, invocando maggiore “civiltà” da parte degli spettatori, chiedendo provvedimenti ed empatizzando con il “povero” Gigio. Perfino il truce Raiola, che ne ha viste tante, è che   lo ha  consigliato  per  Il Paris  Saint  Germain  , si è detto «disgustato». Ora, permettetemi un’obiezione. Mettetevi nei panni di uno che va allo stadio. Non è un ultrà ma una persona normalissima, che guadagna una frazione infinitesimale di quanto prende quel ragazzone. Magari non è neanche tifoso del Milan. E vuole esprimere il suo dissenso per come si è comportato il medesimo ragazzone... Forse è invidioso, forse si sente tradito, che ne so. Si trova in mezzo a decine di migliaia di altri spettatori. Ebbene, che cosa deve fare  per  esprimere  la  sua  delusione  :  Sussurrare «birichino»? Fare un aeroplanino di carta e cercare di farlo volare fino a lui? Annotarsi di mandargli una cartolina? oppure  tenersi   tutto dentro ?Attenzione: mica lo   insultare. Gli insulti sì che vanno deplorati, censurati, vietati. Il razzismo, gli «Uh uh uh» seguiti poi da  gesto della  scimmia   ai giocatori di colore vanno perseguiti e puniti, così come le offese personali e, soprattutto, le violenze vere e proprie come quelle a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi da parte dell'area  più intransigente     dei   no  green pas  e dei  no vax. Questa è inciviltà. Ma qui siamo su un altro piano. Il nostro tifoso vuole solo fargli sapere che, secondo lui, Gigio ha sbagliato. E allora che fa? Fischia! Si mette le dita in bocca e fischia con quanto fiato ha in corpo. Come fanno i loggionisti alle prime teatrali, come fa chi disapprova un comiziante, o un cantante stonato. Perché indignarsi? Qualche fischio varrà ben 10 o 12 milioni di euro, no? Dico la verità:  ero  (  adesso   dopo calciopoli    non  lo  so più )  juventno      non sono interista, ma se fossi stato a San Siro avrei fischiato anch’io. Mannaggia, se solo avessi imparato...

14.10.21

son le piccole cose che ridanno speranza.il caso del bar di pistoia

 Buongiorno, mi scusi, l'altra mattina avevo fame e non avevo soldi. Grazie". Il titolare di un bar di Pistoia ha trovato fuori dalla porta questo messaggio che racconta una storia fuori dal comune: qualcuno ha rubato delle brioche dal bar perché aveva fame, ma non appena ha avuto dei soldi ha lasciato un biglietto anonimo con 10 euro dentro, per chiedere scusa e, allo stesso tempo, dire grazie.

Il foglietto e la banconota sono arrivati il giorno dopo il furto di paste e cornetti e, adesso, il titolare vorrebbe assumere il misterioso mittente. "È una cosa che ci ha colpito molto", ha raccontato. E anche un pasticcere della città, che ha scoperto la storia tramite i social, vorrebbe offrire lavoro a questa persona sconosciuta: "Noi faremo un cartello che appenderemo fuori e speriamo di riuscire a offrire a questa persona un lavoro - ha dichiarato il proprietario del bar derubato - A una persona con tanta dignità è anche giusto dare un'altra possibilità".

13.10.21

L'educazione nella relazione di cura di Donatella Anndreini

  da   Storie degli Altri - Carmelo Abbate 

Lei è Donatella. Nasce a Prato, in Toscana nel 1970. È una bambina timida, ama gli animali più di ogni cosa, i numeri invece sono il suo incubo. Donatella cresce, vuole fare la biologa per stare tutto il giorno con gli amati pelosi, ma quei maledetti numeri non vogliono lasciarla in pace. Il primo esame di Matematica è un disastro, al punto che alza le braccia e lascia l’università. Donatella cambia strada, prova con la scuola per Infermieri. Studia tre anni, poi inizia il tirocinio in ospedale. Si occupa dei pazienti con amore e dedizione, si emoziona, gioisce con loro quando guariscono. Sì, è nel posto giusto. Passa il tempo, Donatella ha 25 anni, è cresciuta, maturata, si sente forte e sicura. È pronta per il secondo round. Torna in università, questa volta sceglie Pedagogia.

Mentre si dibatte tra studio e lavoro, la sua mamma muore di cancro. È una batosta, ma Donatella non si ferma, e dopo qualche anno prende la laurea. Sulla scia dell’entusiasmo, senza troppe aspettative, presenta domanda per insegnare alla scuola Infermieri. Quando arriva la risposta rimane spiazzata. Come sarebbe a dire che mi hanno presa? Donatella sente le gambe tremare, cosa le è saltato in mente? Lei ha il terrore di parlare in pubblico! E se mi fanno domande a cui non so rispondere? Piange, si dispera, vuole dare forfait, intanto passa le notti sui libri, ripete, fa le prove ad alta voce, si sente una matta. Il primo giorno entra in aula, guarda negli occhi i suoi studenti, rivede se stessa. Di colpo, come per magia, l’ansia svanisce. Una lezione dopo l’altra, Donatella acquista sicurezza. Il nuovo lavoro le piace un sacco. Si accorge che i libri di testo sono tanti e i ragazzi faticano a comprarli. Ha un’idea. Mette insieme le sue lezioni e realizza un manuale di Pedagogia che regala alla classe. Beh, ormai ha fatto trenta. Detto fatto, Donatella trasforma il manuale in un vero e proprio libro. L’educazione nella relazione di cura. E già che c’è, chiude il cerchio. Dona il ricavato a canili e gattili. Oggi Donatella ha 51 anni, e adesso va bene, può dirlo, grazie alla Matematica ha realizzato i suoi sogni.

Incuriosito sono andato a vedere il link presente nell'articolo ed o trovato questo libro .



Questo testo è nato come guida per lo studente della Facoltà di Infermieristica che deve affrontare l’esame di Pedagogia generale. Lo scopo principale è quello di sviluppare nello studente il pensiero riflessivo e di dargli gli spunti necessari a costruire una sensibilità osservativa su di sé e sulle proprie conoscenze per divenire consapevole delle posizioni dei protagonisti all’interno di una relazione di aiuto, oltre che capace di contestua-lizzare l’agire di cura. La prima parte del testo tratta la dimensione teorica dell’educazione, con elementi di sto-ria della pedagogia, fino a prendere in esame le radici legislative della professione infermieristica in campo formativo. La seconda parte, invece, esamina le principali metodologie comunicative, di ascolto, di riflessione e di comportamento che favoriscono una buona relazione educativa e di aiuto col paziente.

credo che lo regalo per natale alla figlia di una mia amica che vuole iscriversi a tale scuola



Da Nuoro a Milano a piedi per richiamare l'attenzione sui migranti sanitari

nel clima di violenza che c'è ( e sta ritornando dopo 60 anni ) in italia i gesti di pace fossero estinti o di nicchia ( come la marcia Perugia -Assisi ) invece mi sbagliavo . Infatti è notizia l'iniziaticva di Renato Pischedda da https://www.cronachenuoresi.it/2021/10/11/da-nuoro-a-milano-700mila-passi-a-piedi-per-ricordare-quanti-ogni-giorno-devono-partire-per-curarsi-video/



Cercando sul   web  ho  trovato non ricordo la fonte  purtroppo e non riesco   , avendo  usato un browser  anti tracciamento      quest'altra news  

Da Nuoro a Milano a piedi per richiamare l'attenzione sui migranti sanitari

Da Nuoro a Milano a piedi per richiamare l'attenzione sui migranti sanitari








Danyart New Quartet fiori e tempeste

Ieri è stato presentato il nuovo lavoro discografico dei Danyart New Quartet, formazione jazz capitana da Daniele Ricciu, in arte Dany...