C'è qualcosa di magico nel trovare un messaggio in bottiglia. Quella lettera o quel biglietto possono essere rimasti in giro per anni finché qualcuno, da qualche parte, finalmente li ha trovati. Nel corso degli anni sono state fatte scoperte affascinanti e molte storie incredibili sono cominciate proprio con una semplice bottiglia finita sulla spiaggia. Cosa c'era scritto in quei messaggi? Scopritelo nella galleria di immagini in cui vi presentiamo anche un messaggio lanciato dal Titanic
Ora poichè , anche https://www.msn.com/it-it/intrattenimento/fotogallery ( da cui ho preso foto e testi comresa l'inroduziuone ) usa come stratagenmma acchiappalike di mettere la storia del titolo fra le ultime , mi sono letto tra un messaggio pubblicitario e l'altro le bellissime e curiose storie dei messaggi in bottiglia , alcune a lieto fine altre meno , ma semre affascinanti per le loro motivazioni ( politiche , scientifichew , sociologiche , di Sos , ecc ) ed il loro contenuto che non sempre il messaggio in bottiglia avviene cone sempe si può credere da una bottiglia gettata alle onde del mare , che sotto riporto
sotto Incominciando appunto da quello del Titanic
Buona lettura
Un irlandese di nome Jeremiah Burke scrisse un biglietto toccante mentre il Titanic stava affondando. Lo mise all'interno della bottiglia di acqua santa che sua madre gli aveva dato prima di partire per iniziare una nuova vita negli Stati Uniti. La bottiglia fu portata a riva un anno dopo e fu ritrovata a Dunkettle, a pochi chilometri dalla sua casa di famiglia. Il messaggio recitava: "Dal Titanic, addio a tutti, Burke di Glanmire, Cork".
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Una mamma francese in lutto per la morte del figlio ha gettato nel Canale della Manica una bottiglia contenente alcuni vestiti del bambino, un messaggio e dei gigli.Alcune settimane
dopo, due donne trovarono la bottiglia su una spiaggia del Kent, in Inghilterra. Una di loro, Karen Liebreich, scrisse un libro intitolato "La lettera nella bottiglia". La mamma e le donne si sono poi incontrate qualche anno dopo.
Nel 2009, una coppia ha trovato una bottiglia su una spiaggia del Texas, negli Stati Uniti. La bottiglia conteneva un messaggio che diceva "rompi la bottiglia" . All'interno della bottiglia c'era una cartolina con le istruzioni da rispedire al Laboratorio di Galveston dell'Ufficio della Pesca Commerciale degli Stati Uniti. Tra il 1962 e il 1963, il laboratorio rilasciò 7.863 bottiglie nel Golfo del Messico per studiare le correnti e il loro effetto sui gamberi.
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Un pescatore canadese, Harold Hackett, noto anche come "The Bottler", è appassionato di messaggi in bottiglia.Ha gettato più di 4.800 bottiglie nell'oceano e ha ricevuto più di 3.000risposte
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Il filosofo greco Teofrasto è noto per aver inviato il primo messaggio in bottiglia nel 310 a.C.L'obiettivo dell'esperimento era dimostrare la teoria secondo cui le acque dell'Oceano Atlantico avrebbero creato il Mar Mediterraneo.
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La regina Elisabetta I d'Inghilterra riteneva che i messaggi sulle bottiglie fossero così importanti che creò addirittura un ufficio reale speciale per loro, l'"Ocean Bottle Opener".
Infatti Secondo il governo della Regina, solo la persona con questo titolo poteva aprire una bottiglia contenente un messaggio. La violazione di questa legge era considerata un reato capitale.
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Il giorno di Natale del 1945, un soldato americano di ritorno dalla Seconda Guerra Mondiale gettò una bottiglia in mare
Otto mesi dopo, una lattaia irlandese rispose al messaggio del giovane soldato. I due si scambiarono lettere per sette anni, finché lui riuscì a recarsi in Irlanda per incontrarla. Purtroppo La storia d'amore finì dopo il loro incontro.
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Nel 1914, la Scuola di Navigazione di Glasgow, in Scozia, gettò in mare più di 1.800 bottiglie. Lo scopo era quello di studiare le correnti e le maree. Le bottiglie contenevano delle schede che le persone dovevano compilare e restituire alla scuola.Nel 2011, un pescatore scozzese ha trovato una delle bottiglie. La scoperta è entrata nel libro dei Guinness World Record come il più antico messaggio trovato in una bottiglia nell'era moderna (all'epoca).
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Nel 1956, un uomo svedese in cerca di amore gettò una bottiglia nell'oceano. Il messaggio
recitava "A una persona bella e lontana" e includeva i suoi dati di contatto.Due anni dopo, ricevette una risposta da una donna italiana. Alla fine si sono incontrati, lui si è trasferito in Sicilia e si sono sposati.
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Nel 1914, il soldato britannico Thomas Hughes gettò nel Canale della Manica una bottiglia contenente un messaggio per la moglie. Morì due giorni dopo in Francia.Il messaggio recitava: "Cara moglie, scrivo questo biglietto su questa barca e lo getto in mare solo per vedere se ti arriva. Se così fosse, firma questa busta nell'angolo in basso a destra, dove c'è scritto ricevuta. Metti la data, l'ora e il tuo nome dove c'è scritto firma e abbine cura. Dolce Ta ta, per il regalo. Tuo marito".La bottiglia è stata trovata da un pescatore nel 1999. La moglie di Thomas Hughes era già morta, ma alla fine il messaggio è arrivato alla figlia 86enne del soldato.
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Nel 1979, una coppia ha gettato alcune bottiglie di champagne nell'Oceano Pacifico durante una vacanza alle Hawaii. All'interno di ogni bottiglia c'era il loro indirizzo e una banconota da
un dollaro per pagare le spese postali di ritorno, promettendo una ricompensa a chiunque avesse ritrovato le bottiglie.Quattro anni dopo, hanno ricevuto una risposta da un ex soldato vietnamita che cercava di fuggire dal Paese. Alla fine la coppia ha sponsorizzato il trasferimento del rifugiato e della sua famiglia negli Stati Uniti.
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ecco un messaggio in bottiglia non via mare . Nel 2009, all'interno di un muro del campo di concentramento di Auschwitz è stato trovato un messaggio in bottiglia. Il messaggio era datato 9 settembre 1944 .
Il messaggio conteneva i nomi, i numeri di accampamento e le città di provenienza di sette prigionieri di Auschwitz
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La nave Lusitania fu colpita da un siluro tedesco nel 1915 e si presume che affondò in circa otto minuti. Questo, ovviamente, fu il tempo sufficiente affinché un passeggero scrivesse un biglietto veloce e lo mettesse in una bottiglia. Il messaggio recitava: "Ancora sul ponte con alcune persone.
Le ultime barche sono partite. Stiamo affondando velocemente. Alcuni uomini vicino a me stanno pregando insieme a un prete. La fine è vicina. Forse questo biglietto..." e il messaggio finiva lì.
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Il 6 marzo 2018, una signora ha trovato su una spiaggia australiana un messaggio vecchio di quasi 132 anni. Si tratta del messaggio più antico mai trovato all'interno di una bottiglia. Il messaggio era scritto in tedesco e conteneva informazioni sulla posizione e sulla rotta di una nave chiamata Paula.
Ieri sfogliando https://www.msn.com/it-it/ ho trovato questa news di cui non sono poi vista la raidità con cui vengono tenute le news a rintracciarne esatta la fonte .
La "strana coppia" Vladimir Luxuria-Francesco Staorace debutta oggi su Radio1 alla conduzione della trasmissione "Il Rosso e il Nero": un confronto sui temi di stretta attualità politica (e non solo) dove l'inedito duo esprimerà differenti punti di vista su vari argomenti, come hanno fatto già in Parlamento quando militavano rispettivamente in Rifondazione Comunista e Alleanza Nazionale. Tuttavia questo accostamento (sicuramente molto particolare) ha scatenato la rabbia del popolo di sinistra: due posizioni così agli antipodi non vanno bene. E così ecco che si fanno sentire i cultori del pensiero unico: quelli che ritengono che la Rai sia il salotto della propria casa, non accessibile a chi la pensa diversamente. I social vanno duramente all'attacco della Luxuria: "Sei una lacchè della Meloni", insultano su X (ex Twitter). "Quando capirà che sta facendo l'utile idiota della programmazione fascista della Rai, sarà sempre troppo tardi", sostiene il profilo "Mind the Gap". I commenti di qualche utente che trova interessante l'unione di unire due visioni opposto, vengono silenziati dai censori del pluralismo del servizio pubblico se ne fregano totalmente. "No, Vladimir, con questi non c'è confronto che tenga", afferma un altro profilo: "Non si deve dar loro (ulteriore) spazio". E poi ancora: "Luxury è andata fuori di melone", sostiene "Marghe". Senza dimenticare il tweet più vendicativo: "Spero che nessuno ti inviti più a iniziative LGBTQ", mentre i più "democratici" invitano a boicottare "Il Rosso e il Nero".
Non mancano, ovviamente, le disgustose offese a Storace: da una parte risuona la tradizionale immancabile accusa di fascismo per un esponente del campo avverso, dall'altra emerge lo "schizofrenico" concetto di democrazia e di liberà di pensarla diversamente da parte di certo mondo progressista. "Confronto con lui? Un ignorante fascista, lacchè del governo Meloni". "Che brutta cosa, perché dobbiamo sdoganare l'idiozia pura?". Un altro utente, "Ligera", la butta direttamente sul catastrofismo storico: "Un piccolo passo per Storace, un grande passo verso il fascismo". "Cara Luxuria, coi fascisti non si parla, perché il risultato è che poi parleranno solo loro". Insomma: la carrellata da X è un vero e proprio museo degli orrori.
Premetto che non nutro simpatia per nessuno dei due in particolare per il secondo vista la sua biografia . Ma gli insulti proprio no o i giudizi a priori no . Infatti , semore secondo l'articolo i n questione la stessa Vladimir Luxuria aveva recentemente rilasciato un'interessante intervista alla Corriere della Sera, plaudendo al doppio punto di vista sulle cose del mondo, senza alcun imbarazzo: "Mio papà è un uomo di destra, grande ammiratore di Almirante", dichiara l'ex parlamentare di Rifondazione comunista. Aggiungendo: "Perché mai dovrei sentirmi minata da chi la pensa diversamente?". Con Storace, ammette, "ce ne siamo dette di ogni, ma ora ci confronteremo".
Chissà se anche i sinceri liberali follower delle due parti impareranno questa sua lezione.Quindi benvenga il dialogo ed il confronto se non si nega o sminuisce la storia e si negano i valori fondanti della costituzione
ma non si rendono conto che cosi alimentano di più le mafie che li fanno venire in europa . infatti esse aggiungeranno a pizzo che già chiedono quei 5 mila .
io non avrei saputo dirlo meglio
L’orrore. Letteralmente, l’orrore. Mai sentita più a disagio nell’ascoltare parole così violente, rozze, ignoranti, crasse, meschine, belluine. Quest’uomo mi fa orrore. https://t.co/wTGsKqUHOC
ecco quindi che a forza di ripetere che hanno telefonini e lo smalto sulle unghie, al governo devono essersi convinti che molti migranti non se la passino affatto male. Dev'essere nata da qui l'idea di chiedere una cauzione ai richiedenti asilo che non avessero piacere a trascorrere qualche settimana di soggiorno in uno dei nostri confortevoli Cpr: un decreto attuativo del dl Cutro prevede che alla modica cifra di 4.938 euro sia possibile evitare di essere trattenuti in un centro di detenzione forzata e si possa attendere in libertà una risposta alla domanda d'asilo. Lo scopo della ‘garanzia finanziaria' è quello di “di garantire allo straniero la disponibilità: a) di un alloggio adeguato, sul territorio nazionale; b) della somma occorrente al rimpatrio; c) di mezzi di sussistenza minimi necessari, a persona”. Che con i prezzi di voli e alberghi di questi tempi tutto sommato non è nemmeno così caro, no? D'altronde quando si viaggia che un po' di soldi escano bisogna metterlo in conto? Quando si dice che la libertà ha un prezzo.😥
Meno male che a destra c'è qualcuno che prova dire la sua e dire che tale scelta è errata e controproducente . E' il caso di Luca Zaia Nei suoi anni alla guida del Veneto, Luca Zaia si è fatto conoscere per la concretezza con cui è solito accostarsi alle questioni da affrontare, senza porsi eccessive remore: cosa sia più o meno ‘ideologicamente' accettabile dire per non scontentare la propria parte politica è una questione che il presidente della Regione non si è mai posto più di tanto. Non può che far riflettere dunque la considerazione avanzata dall'esponente leghista sul tema dei Centri per la permanenza e il rimpatrio, su cui il governo sta puntando molto per affrontare la questione migratoria: “Il Cpr non risolve il problema degli arrivi, questo lo dobbiamo dire per essere corretti nei confronti dei cittadini, visto e considerato che quest'anno avremo più o meno 140-150mila persone che dovranno essere rimpatriate, e si consideri che mediamente ogni anno l'italia riesce a far rimpatriare dalle 3.500 alle 4.000 persone, quando va bene”. La considerazione di Zaia arricchisce il fronte delle criticità avanzate riguardo ai Cpr: non solo il mancato rispetto dei diritti umani e il rischio d'incostituzionalità, ma anche una sostanziale inutilità pratica. Se non si volessero prendere in considerazione i primi due aspetti, sarebbe utile concentrarsi almeno su quest'ultimo. Infatti
Il Fatto Quotidiano
» Giacomo Salvini
Migranti, rissa Meloni-scholz L’UE boccia i 5 mila€ per i Cpr
La premier al cancelliere: “Stupiti dai fondi alle ong”
Il tentativo di Giorgia Meloni è quello di cercare sponde europee sull’immigrazione: dopo giorni di tensione, la premier sta provando a costruire un asse con la Francia che ha mostrato la volontà di unirsi alla battaglia per fermare le partenze verso l’europa. Nel frattempo, però, Meloni pressa la Germania che nei giorni scorsi aveva annunciato di aver finanziato alcune organizzazioni non governative per accogliere i migranti. Ieri – come ha anticipato il Corriere – Meloni ha scritto una lettera al cancelliere tedesco Olaf Scholz per denunciare lo “stupore” del governo italiano rispetto al finanziamento delle ong e chiedendo uno sforzo comune per “soluzioni strutturali”. Il governo tedesco ha fatto sapere, tramite un portavoce, che la lettera è stata ricevuta e che risponderà, ma sostiene che Roma sapesse tutto dal novembre scorso. Oggi intanto, Meloni vedrà il presidente francese Emmanuel Macron per un bilaterale: quest’ultimo sarà a Roma per il funerale di Giorgio Napolitano. La premier vorrebbe inoltre portare un nuovo decreto Sicurezza con una stretta sui migranti minori (come accertare l’età sospetta) e per velocizzare l’espulsione di migranti pericolosi.
LA LETTERA
di Meloni risale al 23 settembre, ma è stata resa pubblica solo ieri: “Ho appreso con stupore che il Tuo Governo – in modo non coordinato con il Governo italiano – avrebbe deciso di sostenere con fondi rilevanti organizzazioni non governative impegnate nell’accoglienza ai migranti irregolari sul territorio italiano e in salvataggi nel Mare Mediterraneo”. Poi aggiunge che la decisione solleva “interrogativi” perché “per quanto riguarda l’importante e oneroso capitolo dell’assistenza a terra è lecito domandarsi se non meriti di essere facilitata in particolare sul territorio tedesco piuttosto che in Italia”. Inoltre, aggiunge Meloni, “è ampiamente noto che la presenza in mare delle imbarcazioni delle ong ha un effetto diretto di moltiplicazione delle partenze di imbarcazioni precarie che risulta non solo in ulteriore aggravio per l’italia, ma allo stesso tempo incrementa il rischio di nuove tragedie in mare”.
Così, conclude Meloni, “gli sforzi, anche finanziari, delle nazioni europee interessate a fornire un sostegno concreto all’italia dovrebbero piuttosto concentrarsi nel costruire soluzioni strutturali al fenomeno migratorio, ad esempio lavo
DIPLOMAZIA GIORGIA VEDE MACRON, MERCOLEDÌ NUOVO DL SICUREZZA
rando a un’iniziativa Ue con i Paesi di transito della sponda sud del Mediterraneo”. Accordi, sostiene la premier, che costerebbero meno rispetto a quello stretto con la Tunisia. Da Berlino fanno sapere che gli accordi con ong come Sos Humanity e Comunità di Sant’egidio erano noti da mesi, ma non è ancora arrivata una risposta ufficiale. Domenica il governo tedesco si era detto “stupito” dopo le critiche del ministro della Difesa Guido Crosetto sulle ong in un’intervista alla Stampa. Ieri la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha fatto dichiarazioni in senso contrario rispetto alla linea del governo italiano: “Bisogna offrire protezione a chi è pericolo in mare”, ha spiegato, dicendosi contraria a qualunque forma di “blocco navale”. Il cardinale Zuppi invece chiede che la questione migratoria non sia “politicizzata”.
La polemica tra Roma e Berlino viene amplificata in serata da Antonio Tajani: il ministro degli Esteri da Parigi ha annunciato che giovedì sarà a Berlino per chiedere spiegazioni al governo tedesco sui finanziamenti alle ong. Anche Matteo Salvini ha definito “inaccettabile” l’atteggiamento tedesco. Il governo prova a fare asse con Parigi: oggi Meloni vedrà Macron. Ieri Tajani, nel bilaterale con l’omologa, ha parlato di “soluzioni comuni” col governo francese anche per Ventimiglia. La ministra Catherine Colonna spiega che serve approvare il prima possibile il Patto per le migrazioni e l’asilo.
PROPRIO QUELLO
che viene bloccato a livello europeo. Ieri un portavoce della Commissione Ue ha bocciato la cauzione dei 5 mila euro per non finire nei Centri per i rimpatri: “Va valutato caso per caso secondo il principio di proporzionalità”. Anche nella maggioranza ci sono dubbi: il forzista Giorgio Mulè dice che la norma va “affinata”. A livello europeo si sta studiando una zona Sar al largo della Tunisia, ma non si sblocca il Patto sulle migrazioni: a stopparlo Germania, Paesi Bassi, Repubblica Ceca, Polonia e Ungheria. Ieri Orban ha esultato: “Il Patto Ue ha fallito”.
Luigi Minchillo è morto il guerriero della boxe italiana che seppe resistere a Hearns e Duranveva 68 anni, fu campione d’Italia e d’Europa. Celebri le trasferte americane per sfidare, e resistere in piedi, a due leggende del ring
di Luigi Panella
Per spiegare quanto abbia rappresentato per la boxe italiana Luigi Minchillo, morto improvvisamente per un malore all’età di 68 anni, bisogna paradossalmente partire da due sconfitte contro autentiche leggende del pugilato come Roberto Duran e Thomas Hearns. Con Duran, in un match senza titolo in palio al Caesars Palace di Las Vegas. Manos de Piedra, che veniva dalle due memorabili sfide contro Sugar Ray Leonard (la prima vinta, la seconda persa con il famosissimo rifiuto di continuare, il ‘no mas’) non sceglieva certo avversari banali. E Minchillo banale non lo era. Il suo alias, il ‘guerriero del ring’, non era un omaggio alla scena ma la perfetta spiegazione di quale pugile fosse. Non eccezionale dal punto di vista tecnico, mai disposto però a fare un passo indietro, pronto sempre ad affrontare qualsiasi sfida. Duran vinse ai punti, ma Minchillo fece un figurone al cospetto di un pugile che qualche tempo dopo sarebbe andato vicinissimo a chiudere il regno di un certo Marvin Hagler. Ma il quadro del coraggio di Minchillo fu dipinto nel febbraio del 1984, stavolta con il titolo mondiale dei superwelter in palio: andò a Detroit, nella tana di Thomas Hearns per una impresa impossibile. Hearns, pugile di tecnica, personalità, devastante potenza e con il solo limite della mascella fragile, fece di tutto per vincere prima del limite. Michillo però seppe resistere stoicamente per dodici round, finendo con il volto tumefatto ma con la fierezza di chi aveva fatto più del possibile. Due sfide che nessuno gli aveva regalato. Originario di San Paolo Civitate, in provincia di Foggia, ma pesarese di adozione (50 anni nella città marchigiana, dove aveva fondato una palestra), Minchillo aveva costruito la sua carriera per gradi in una epoca in cui la boxe, soprattutto in Italia, era assai più selettiva di quella attuale. Selezionato da dilettante per l’Olimpiade di Montreal del 1976. Da professionista campione d’Italia, da ricordare due sfide molto accese contro Vincenzo Ungaro. Quindi campione d’Europa: conquistò il titolo contro il forte francese Louis Acaries, lo difese contro il croato Benes ma soprattutto contro alla Wembley Arena contro Maurice Hope, il fortissimo inglese che era stato capace di battere Vito Antuofermo e in due circostanze Rocky Mattioli. Ha dato tutto, in alcune circostanze forse troppo: arrivò al mondiale che era nelle sue corde, a Milano contro Mike McCallum, ancora con le scorie del match con Hearns e dovette arrendersi al tredicesimo round. Lascia la moglie Cristina e i suoi tre figli Stefania, Paolo e Sabina.
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Giovanni Lodetti, il ricordo dei ragazzi che giocavano a calcio con ‘Ceramica’: “Quel patto tacito per rispettare la sua riservatezza” I funerali del campione milanista a Caselle Lurani e il ricordo di Stefano Zuffi, uno dei ragazzi che condividevano con lui "il puro piacere per il gioco" a parco Trenno
di Lucia Landoni
Domani, martedì 26 settembre, alle 14.30 a Caselle Lurani (il comune del Lodigiano dov’era nato) si terranno i funerali di Giovanni Lodetti, l’ex centrocampista del Milan e della Nazionale scomparso nei giorni scorsi a 81 anni.Nel corso della sua carriera aveva collezionato vari soprannomi – da “Basleta”, dovuto al suo mento pronunciato, a “terzo polmone di Rivera” per
il suo ruolo in campo, fedele scudiero del Golden Boy rossonero – ma a Milano per qualcuno resterà sempre “Ceramica”. Lo chiamavano così infatti i ragazzi con cui Lodetti amava giocare il sabato mattina al parco di Trenno, dopo essersi ritirato dai campi di serie A.Amava raccontare lui stesso quell’aneddoto, a cui era evidentemente molto legato: “Avevo smesso da poco, era ora di dire basta, a 36 anni. Una mattina al parco di Trenno vedo dei ragazzi che giocano. Mi fermo a guardare: la squadra che perde ha un giocatore in meno. Non resisto e vado dietro al loro portiere: 'Scusa, mi fate entrare?' – spiegava – Quello si volta e non ha tanti riguardi, i ragazzi di oggi sono così: 'Ma dai, qui siamo tutti giovani'. Insisto: 'Gioco anche in porta'. Alla fine uno mi fa segno di entrare e dopo un po' mi dice: 'Sai che sei buono? No, sul serio'. Troppo giovani per ricordarsi di Lodetti e allora gli racconto che ho fatto tornei aziendali”.In quel momento è nato Ceramica: “Mi chiedevano: ‘Sì, ma come ti chiami?’. Avevo un giubbotto con scritto Ceramica: 'Mi chiamo Ceramica'. Mi hanno guardato strano però mi hanno accettato e da allora ogni sabato mattina Ceramica se n'è andato al parco Trenno a giocare, a divertirsi di nuovo: passa Ceramica, tira Ceramica, bravo Ceramica – ricordava Lodetti – Solo due anni dopo un tizio mi ha smascherato”.Tra quei ragazzi che quarant’anni fa condividevano un campo improvvisato con Giovanni Lodetti c’era anche Stefano Zuffi, 62enne storico dell’arte milanese: “Non eravamo una squadra, ma solo un gruppo di amici che si ritrovavano per divertirsi. Quand’eravamo fortunati trovavamo libero un campo con delle vere porte, altrimenti ci arrangiavamo mettendo in terra i borsoni per fare da pali – racconta – Una volta, credo fosse il 1981, ci si è avvicinato un 40enne stempiato, smilzo, poco mobile, con maglietta striminzita e brachette stinte”.All’epoca Lodetti aveva smesso di giocare da professionista da appena cinque o sei anni e ne aveva una quarantina, “ma ai nostri occhi di ventenni sembrava avesse già una certa età – prosegue Zuffi – Ci ha chiesto garbatamente di poter giocare, perché aveva notato che eravamo dispari. Era gentilissimo, quasi timoroso. Abbiamo accettato ed è sceso in campo con noi”. Il resto, come si suol dire, è storia: “Era una persona dotata di un garbo eccezionale, tant’è vero che conoscendolo persino a me, interista da sempre, era quasi venuta voglia di diventare milanista – scherza – Poi non è successo ovviamente, ma rende bene l’idea di che tipo di uomo fosse. Eravamo tutti studenti universitari, quindi già troppo vecchi per poter essere considerati delle potenziali promesse. Lodetti non era lì per fare il talent scout, ma solo per il puro piacere del gioco, come dovrebbe essere”.Anni dopo, “durante un evento alla Galleria Previtali”, Zuffi e Lodetti si sono reincontrati per caso: “Mi sono avvicinato per salutarlo e gli ho parlato di quel bel periodo – continua lo storico dell’arte – Si ricordava perfettamente ogni dettaglio, compreso il colore delle nostre maglie, arancione”. Solo su una cosa i ricordi dei due non combaciavano: “L’avevamo riconosciuto eccome, bastava vedere come toccava la palla – conclude Stefano Zuffi – Ma lui era molto riservato e noi rispettavamo il suo desiderio di non essere smascherato. Era una sorta di tacito patto”
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Non solo Zinasco: viaggio tra i rifugi della Lombardia dove inizia la seconda vita degli animali sottratti all’industria alimentareTra gli ospiti ci sono alpaca, piccioni, ratti e degu: "Qui l'essere um ano non è la specie dominante, ma parte di un ecosistema"
di Lucia Landoni
Il più (tristemente) famoso è il Progetto Cuori Liberi di Sairano di Zinasco (nel Pavese), dove nei giorni scorsi i veterinari dell’Ats hanno eseguito l’ordinanza di abbattimento di nove maiali a causa della diffusione nella zona del virus della peste suina. Ma sono decine i centri lombardi in cui trovano rifugio e accoglienza animali generalmente considerati “da reddito” e non “d’affezione”, quindi non cani e gatti, ma asini e mucche, cavalli e maiali, capre, pecore, galline e anatre, ma anche ratti e nutrie.Alcuni di questi sono riuniti nella Rete dei Santuari di Animali Liberi in Italia: le strutture aderenti hanno sottoscritto una “carta dei valori” comune, secondo la quale a ogni creatura ospitata “deve essere garantita la migliore qualità di vita fino alla sua fine naturale” e ciascun santuario deve aprire le porte al pubblico per delle visite, in modo che “ogni animale salvato diventi ambasciatore della propria specie, portavoce dei suoi fratelli e sorelle meno fortunati”.L’aspetto divulgativo è fondamentale perché “in questi luoghi vogliamo raccontare la nostra visione del mondo, diversa da quella attuale – spiega Sara d’Angelo, attivista di Vitadacani odv e coordinatrice della Rete dei Santuari – Qui ci basiamo sulla gentilezza e non sulla prevaricazione e gli animali cambiano status, trasformandosi in creature ‘a debito’ anziché ‘da reddito’, il che significa che loro si riposano e sono gli umani a lavorare per loro, garantendone il benessere”.Nei santuari viene applicata la logica anti specista, quindi “l’essere umano non è visto come specie dominante, ma come parte di un ecosistema”.Fino a qualche mese fa queste strutture erano equiparate agli allevamenti secondo la legge, ma dallo scorso marzo (in virtù di un decreto ministeriale poi pubblicato in Gazzetta ufficiale il 16 maggio) sono stati ufficialmente riconosciuti come santuari: “Per noi è stata una svolta epocale, perché i nostri ospiti sono stati definitivamente sottratti al comparto zootecnico – continua d’Angelo – Abbiamo quindi bisogno di protocolli dedicati anche dal punto di vista sanitario e il caso drammatico del Progetto Cuori Liberi ha dimostrato che sotto questo aspetto c’è ancora molta strada da fare”.Tra le diverse realtà appartenenti alla rete c’è appunto quella di Sairano di Zinasco, dove sono ospitati circa 200 animali fra mucche, asini, cavalli, capre, pecore, tacchini, galline, anatre, oche, tartarughe da terra e d’acqua, nutrie e, fino alla scorsa settimana, anche maiali.Un altro santuario, fondato e coordinato proprio da Sara d’Angelo, è PorciKomodi di Magnago (nell’hinterland milanese), in cui vivono allo stato semibrado oltre 200 animali fra mucche e buoi, maiali, cinghiali, asini, pony, pecore, capre, piccioni, galli e galline. Solo i maiali, che non a caso danno il nome alla struttura, sono ben 140.“Tutte le creature accolte nel nostro e negli altri santuari sono state salvate dallo sfruttamento dell’industria della carne (ma anche del divertimento o della sperimentazione animale) – sottolinea d’Angelo – Gli animali che arrivano qui sono scarti di produzione, nel senso che non sono più utili agli allevatori per vari motivi, oppure provengono da situazioni di maltrattamento per cui vengono sequestrati dalle autorità, che poi ce li affidano”.Oltre a PorciKomodi, fa parte della galassia di Vitadacani anche il Piccolo rifugio La Boschina di Gallarate (nel Varesotto), nato dalla passione per gli animali della veterinaria Elisabetta Curotti: attualmente accoglie quattro cinghiali, cinque maiali, Tino il tacchino, Cecilia la gallina, un degu (roditore originario del Cile) e otto gatti.Tornando in provincia di Milano, la Fattoria Capre e Cavoli di Mesero ha sede in una storica cascina che apre spesso le porte ai visitatori (a cominciare dai più piccoli) per farli interagire con i 50 animali presenti, fra cavalli, asini, vitelli, maiali, pecore, capre, cani, gatti, conigli, anatre, oche e galline.“Abbiamo un’enorme aia con anatre, oche, galli e galline, liberi di razzolare e fare bagnetti (chi di terra, chi d’acqua) oltre ai conigli, i mici, e Zem e Lja, due cagnetti bosniaci che compongono il nostro comitato d’accoglienza – spiegano i gestori – I campi circostanti, che si estendono per cinque ettari, sono la casa tra gli altri dei cavalli Flora e Caramella, degli asini Stella e Carlotto, delle pecore Bianca e Vida e del maiale Pumba”.
Perché nei santuari gli animali smettono di essere numeri per diventare individui, ciascuno con un proprio nome e una storia.A Cantù (nel Comasco) si trova il rifugio NelloPorcello, che prende appunto il nome da Antonello, il primo cucciolo di suino arrivato nella struttura nel 2017: in questo “piccolo angolo di mondo dove individui di diversa specie convivono e lottano fianco a fianco contro ogni forma di discriminazione”, come lo definiscono i gestori, vivono una trentina di animali fra maiali, capre, pecore, conigli, cani e gatti.
Sono invece circa 40 gli ospiti di Oasi Fortuna, rifugio di Chiari (nel Bresciano) che accoglie una mucca, un bue, maiali vietnamiti, capre, pecore, asini, tacchini e oche e si definisce “un luogo di liberazione dalla produttività a cui la società in cui viviamo costringe e incatena gli animali non umani di ogni specie”.
Ci sono poi strutture lombarde che non fanno parte della Rete dei Santuari di Animali Liberi, ma ne condividono la mission: per esempio Ca’ Romoletto di Galbiate (nel Lecchese), così chiamata in onore del primo ospite, l’asino Romoletto. Arrivato nel 2013 in gravi condizioni di salute quando aveva già 35 anni, l’asino si è poi ripreso grazie alle cure ricevute ed è vissuto per altri sette anni.Oggi il rifugio ospita una quarantina di animali fra asini, mucche, capre, pecore, maiali, galline, anatre, tacchini, cani e gatti.Spostandosi nel Comasco, a Castelmarte si trova Il Vecchio Faggio onlus: nata come pensione per animali, si è poi trasformata in rifugio che attualmente accoglie una quindicina fra cavalli, alpaca, maiali, capre, pecore, cani e gatti. “Tutti salvati da situazioni orribili, dalla morte e dal dolore” sottolineano i gestori.
Provengono invece dai laboratori gli ospiti de La Collina dei Conigli odv, centro di recupero con sede a Monza (ma anche a Torino e a Genova) che si occupa di regalare una nuova vita a conigli, cavie, ratti, topi e piccoli roditori: “Molti di questi animali vengono impiegati in sperimentazioni da cui possono uscire – spiegano dalla onlus – Noi li ospitiamo nelle nostre strutture e cerchiamo per ciascuno di loro una nuova casa”.
A mio avviso il gesto di papa francesco ai funerali laici di Giorgio napolitano , passerà alla storia come il Non expedit (in italiano: non conviene) la disposizione della Santa Sede con la quale si dichiarò inaccettabile che i cattolici italiani partecipassero alle prime elezioni politiche del Regno d'Italiae, per estensione, alla vita politica nazionale italiana, sebbene tale divieto non fosse esteso alle elezioni amministrative. La disposizione fu revocata ufficialmente da papa Benedetto XV nel 1919. Infatti La visita di Papa Francesco al feretro di Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica Italiana, morto il 22 settembre scorso, è di sicuro un evento inedito. “È la prima volta che un Santo Padre ha varcato la soglia del Senato, lo ha fatto per rendere omaggio al presidente emerito e, come mi ha detto, a tutta l’Italia”, ha spiegato Ignazio La Russa. Sette minuti in cui il pontefice, arrivato in carrozzina, si è alzato in piedi, si è intrattenuto in silenzio, si è messo la mano sul cuore, ma non ha fatto né segni della croce né ha benedetto la salma. Ma <<[... ] Poi, davanti al feretro, in segno di rispetto si è portato la mano al cuore; infine un lungo silenzio nel quale non è difficile immaginare che abbia pregato. [..] >> ( fonte avvenire qui l'articolo integrale ) . Una scelta che sta facendo discutere e che l'opinionista de il foglio e de il giornale , Camillo Langone ( vedi righe sucessive ) , oggi definisce “un fatto straordinario”. Ma nel senso negativo del termine. Invece per me il gesto del ponetice , nononostante , nell'ultimo periodo ( dai 18 anni in poi ) coltivo solo una fee spirituale \ laica più che confessionale , anche se continuo ad andare in chiesa meo rispetto a prima cioè vado alle funzioni funebri e matrimoni ed eventualmente nei giorni festa ( natale , pasqua , battessimi , ecc ) e prego ringranziando e chiedendo perdono ed perdonando tramite il padre nostro e l'ave maria , non mi ha scandalizzato anzi l'ho trovato di un apertiura verso i Laici .Soprattutto e qui la destra è in malafede non dimentichiamociu che il pontefice non è solo il rappresentante della religione cattolica , ma anche un capo di stato . Ed essendo il funerale di Napolitano una cerimonia laica e non confessionale papa Francesco ha scelto d'evitare segni religiosi . come si vede dal video sotto riportato
secondo i cattolici più tradizionalisti come Camillo Langone su ILGIORNALE d'oggi ( qui l'articolo ) e i falsi credenti come l'articolo sotto coitato di https://www.dcnews.it/ cio' ha creato scandalo
Per carità: Napolitano, primo presidente comunista, ha scelto una cerimonia laica e i funerali di Stato non si terranno in chiesa (come successo, invece, per Silvio Berlusconi). Però Bergoglio è il rappresentante di Cristo in terra, non un signore di passaggio: ci può stare evitare la benedizione della salma, se il diretto interessato non la voleva, ma perché restare inerme di fronte alla bara senza nemmeno farsi un segno della croce? “È un gesto per me naturale che significa almeno due cose: pietà verso i morti e preghiera verso chi ha promesso di farli risorgere”, scrive Langone sul Giornale. “Per un cristiano il segno della croce è per l’appunto cruciale. Un tempo lo facevano tutti e adesso non lo fa nemmeno il Papa”. Non solo: “Forse (il Papa) è stato ultra rispettoso verso l’ateo morto, di sicuro è stato poco riguardoso verso i cristiani vivi, in primis quelli che nei paesi islamici hanno pagato e pagano la manifestazione esteriore del proprio cristianesimo con persecuzioni e carcere, a volte col patibolo”.
quindi sia che lo si veda come scandalo sia che lo si veda come gersto di cortesia oppure come me un evento storico è stato un bel gesto di rispetto e d'apertura . Ai posteri l'ardua sentenza
Ora sarà anche vero quello che dice #NandodallaChiesa .Ma quello che mi chiedo come mai adesso ? quando sono quasi diue annoi che la serie è finta ? Evidentemente non sà come riempire la sua rubrica oppure per partorire un ovvietà visto chew sono anni che si dicono talòi cose sula serie tv deve averle viste tutte le stagioni . Ora se uno\a che ha visto o vuole rivedere \ o vedere per la prima volta la serie ha un buon spirito critico e vede una opera in maiera attiva e non passiva saprà distinguere fra apologia ed esaltazione . Inoltre mi sembra strano che un esperto di criminalità e di mafia\e non sappia che prima il film e poi la serie #Gomorra raccontano la storia ed l'evoluzione della #camorra dal traffico di sigarette ed non solo di contrabbando fino agli anni 70\80 e poi della droga con annesse le faide degli anni 80 \ 2000 . Ma soprattutto fa vedere come lo STATO sia stato assente se non complice \ colluso , ed evidentemente a lui uomo delle istituzioni non deve far piacere che lo si racconti . E poi nelle ultime due stagioni lo stato anche se in miera blanda un po' , anche se con il lumicino si vede la presenza d'esso . Lele sue osservazioni , sarebbero simili , se non fosse che ha seguito #Saviano fin dall'inizio , come quelle che fecero alla #serietv cult degli anni 80\90 #lapiovra . Inoltre è vero che le colpe dei padri non dovrebbero ricadere sui figli ma : dovrebbe scrivere qualcosa anche sui fatti di via Fracchia a Genova e sopratutto di come il padre teneva nella cassaforte il verbale originale del risultato del referendum repubblica e monarchia e dcome si sia procurato e poi non lo abbia consegnato alla magistratura il dattiloscritto integrale dell'interrogatorio di moro da parte dei brigatisti . Poi rubato o fatto sparire dalla sua cassaforte durante il funerale del padre . Ma soprattutto spiegare o domandarsi come mai quando fu trasferito in Sicilia girava senza scorta o senza protezione in particolare il giorno in cui fu ucciso
Odio la moda e cerco di esserne succube e di farmi influnzare il meno possibile . Infatti concordo con questo interessante articolo ( da cui ho preso la foto del post )
Anni e anni di pubblicità, cartelloni appesi per la città e sfilate ci hanno abituate e abituati all’idea che solo un determinato corpo potesse (e meritasse) di sentirsi sexy e a proprio agio in intimo. D’altronde, ancora oggi, è difficile che modelle dai corpi non convenzionalmente magri vengano scelte (specie dai grandi marchi della moda) per indossare lingerie o costumi da bagno. Questa mancata rappresentazione finisce, quindi, per convincerci dell’esclusività di determinati capi, la cui possibilità di essere indossati si trasforma così in privilegio. Un privilegio che ieri, durante la Milano Fashion Week, Dolce e Gabbana ha reso diritto, facendo sfilare in lingerie corpi diversi ma ugualmente (e sapientemente) valorizzati da mise che di norma vengono associate a un’unica taglia. Anche se di strada da percorrere ce n’è ancora tanta, e di passerelle da calcare altrettante, ci auguriamo un futuro quanto più prossimo in cui trovare la propria taglia di reggiseno non sia più impresa ardua e dove chiunque possa disporre del diritto a sentirsi felicemente a proprio agio con la propria sensualità, se lo desidera, ma soprattutto con il proprio corpo, qualunque cosa indossi.