Influenzato dal teatro di Carmelo Bene, dal progressive rock e dall'arte neobarocca.E secondo me anche dal punk e post punk . Ho fatto un viaggio fra capitan harloch , capitan futuro , ecc come ho osservato come suggerisce l'autore stesso nella locandina << le stelle ho visto emergere tra le tele i fantasmi e gli eroi della mia galassia interiore. Un magico universo parallelo dove le leggi della fisica non funzionano. Uno spazio alternativo, un buco nero dove la luce dell'esperienza umana si mescola per generare nuovi racconti possibili>> Le opere contengono uno guardo ai grandi temi del presente: Pandemia, Guerra e quarta rivoluzione industriale, declinati su accadimenti e archetipi del passato e dell'onrico rimescolati con visioni futuristiche.Amalgama distillata insieme alle nuove scoperte tecnologiche e scientifiche, messa in atto per ottenere una possibile visione apocalittica del "contemporaneo prossimo".Esperimento riuscitissimo. un altro lato artistico di Marco che non conoscevo . << Queste >> come dice anche l'introduzione alla pagina facebook dell'associazione che ospita la mostra << sono le molteplici risorse; cercare un luogo, una pagina che non sappia chi tu sia e cosa cerchi... Unknown: è una stanza vuota. un luogo che ti accolga senza colpa nessuna spiegazione potrà farti cambiare idea.>>Un ottima mostra ed bei quadri . ecco uno di quelli che mi ha colpito di più
Nostra patria è il mondo intero e nostra legge è la libertà
29.3.22
Stargazer: Una personale di Marco Boscani
27.3.22
come cambiamo i tempi prima quando si falliva l'obbiettivo mondiali e ci si prendeva dimettendosi le responsabilità oggi nisba
Tutti colpevoli, nessuno responsabile. Vecchia storia, molto italiana. Soltanto che prima s'ammetteva l'errore \ il fallimento dell'obbiettivo e ci si dimetteva .
Oggi invece in questa specie di simulazione della vita che è il calcio, ma anche viceversa, i due grandi capi della squadra (Mancini) e della Figc (Gravina) non soltanto non si smuovono dalle loro seggiole, ma neppure si pongono il dubbio. Dimettersi? Ma quando mai. Autocritica? E perché? Fuori dai Mondiali per la seconda volta di seguito, e un po' anche fuori dal mondo (persi i contatti con la realtà, Houston abbiamo un problema😀), la Nazionale la sta prendendo con filosofia, anzi con assuefazione: all'inevitabile, alla mediocrità. Come se stesse ripudiando il suo passato glorioso ( 4 mondiali vinti ) e combattivo .
Quindi cari Mancini e Gravina, non è una caccia alle streghe e neppure un processo sommario: ma voi vorreste l'assoluzione a prescindere. Un po' troppo, non funziona così. Ai Mondiali 2010: azzurri fuori al primo turno, Lippi se ne va. Mondiali 2014: azzurri fuori al primo turno, Abete e Prandelli dimissionari. Mondiali 2018: azzurri non qualificati, apocalisse, via Tavecchio e Ventura. Mondiali 2022: azzurri non qualificati e incapaci di battere Svizzera e Macedonia del Nord, mica Brasile e Germania, e non sta succedendo niente. Non c'è indignazione. Stiamo scivolando ai margini del calcio, nel mondo e nell'Europa della Champions, e la si vive come una fatalità, qualche attaccante o difensare sbaglia, qualche portiere non para, che peccato, sarà per la prossima volta. Ma la prossima volta è questa, ed è l'ultima. Autoassolti e rassegnati, ma anche coperti dallo scudo scintillante di un Europeo vinto comunque ai rigori, Sembrate quei politici che danno sempre la colpa agli altri. Nessuno nega i vostri meriti (Mancini ha vinto in estate con un fresco gioco d'attacco, Gravina ha gestito un difficilissimo campionato in pandemia), ma cosa ci attende se restano entrambi? Che forza avranno, adesso? Quale credibilità? Alla prima ombra, si alzerà qualcuno in fondo alla sala e dirà: okay, ragazzi, però la Macedonia ...È irritante questa fuga dalle responsabilità, offende gli italiani. E non è accettabile negare qualunque riflessione sulla gravità del momento. Stiamo vivendo un vuoto tecnico gigantesco, in pochi anni siamo passati da Totti e Del Piero a Immobile e Scamacca, senza offesa. I nostri bambini non giocano più a pallone, a meno che li si infili ovviamente senza generalizzare in quelle macchine succhiasoldi che sono le scuole calcio. Non si accudisce e non si coltiva il talento, non si istruiscono gli istruttori, i centri federali non funzionano. Abbiamo dimenticato il territorio com'era accaduto in politica alla sinistra, nessuno scende più in strada: ma nel calcio si perdono partite, non voti, e chi comanda ai alza pure lo stipendio (l'indennità del presidente federale è stata appena portata a 240 mila euro). Insomma, a parte gli stipendi, chi paga?
Nel frattempo, gli stadi si svuotano e i giovani non guardano quasi più il calcio, oltre a non giocarlo. Non dipende da voi o almeno solo da voi certo, ma se il tessuto è scadente servirebbero almeno degli abili ricamatori, un rammendo qui, un'imbastitura là, oppure dei sarti che ammettessero di avere tagliato male la stoffa. Se dal 2010 siamo scomparsi dai radar, persino l'impresa di Wembley può essere considerata l'anomalia dei piccoli che sanno essere grandi per un solo giorno. Può succedere di perdere, e di perdere ancora. Ma poi bisogna saper dire me ne vado, scusate, ho sbagliato, con la testa e con il cuore ciao ciao.
IN TRINCEA PER CONTO DI DIO
IN TRINCEA PER CONTO DI DIO
Ci sono sacerdoti che hanno fatto la differenza. Come donDiana e don Puglisi, uccisi perché scomodi. Oggi il loro testimone è passato adonLuigiCiotti, don Giovanni Ladiana, don Marco Ricci. Qui ce li racconta ateoconvinto. Che li ammira
- Oggi
- ROBERTO SAVIANO di
l’autore di Gomorra,
Ci sono luoghi dei quali nessuno si cura. Luoghi nei quali davvero non c’è niente, non una biblioteca, non una macchia di verde, la chiesa diventa l’unico spazio protetto in cui coltivare il diritto. Beninteso, a scrivere è un ateo, convintamente ateo e convinto della necessità della separazione degli affari politici, pubblici, da qualsiasi confessione religiosa. Ma nella mia vita ho riconosciuto e rispettato l’impegno
della chiesa che si è fatta azione umana, solidale, organizzata, antimafia. Preti che hanno fatto la differenza. Nella notte fra il 12 e il 13marzo una bomba carta è esplosa fuori dalla parrocchia di don Maurizio Patriciello, a Caivano. ( vedi scheda a destra ) Non bisogna lasciare soli questi individui che
Basterebbe riparare una finestra. Basterebbe che una persona inizi a raccogliere l’immondizia, dica a quel pezzo di strada: «Io ho cura di te». Non eliminerebbe spacciatori e rapinatori, ma darebbe alle persone la voglia di tenere acceso il lampione. Non è bello sentirsi abbandonati. È quando ci sentiamo abbandonati che cadiamo nelle tentazioni peggiori. Tanto, a nessuno importa.
Ci sono persone di chiesa che fanno questo: si guardano intorno, aggiustano le finestre. Don Peppe Diana, ad esempio: ucciso il 19 marzo 1994, il giorno del suo onomastico, ad appena 36 anni. La sua colpa? Aver fatto capire chiaramente i suoi intenti: «Per amore del mio popolo, non tacerò». Ed essere stato vicino ai giovani e ai bisognosi di aiuto, strappandoli con ogni mezzo in suo potere alle lusinghe della camorra. Un anno prima, vittima di Cosa nostra era stato don Pino Puglisi, ucciso il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, il 15 settembre 1993. Aveva speso una vita intera nella lotta alla mafia, allontanando i bambini dalla strada,
insegnando loro che esiste un tipo di rispetto diverso da quello dettato dalla paura dellamafia. Poco prima di essere ucciso, don Pino Puglisi disse: «Vi aspettavo». Sapeva che sarebbe stata quella la fine per il suo impegno nel sottrarre individui alle organizzazioni criminali.
Oggi la loro eredità è in tante persone di chiesa che ogni giorno scelgono di rispondere alla violenza e alle minacce creando spazi di aggregazione, di contatto umano in cui ragazzi completamente abbandonati trovano qualcuno che ancora crede nel loro futuro. È l’esempio di don Giovanni Ladiana, che incontra vite segnate dalla sofferenza, nel sud dell’Italia e del mondo, e da più di dieci anni guida il movimento “Reggio Non Tace”, nato dallo scoppio di una bomba che invece di intimidire ha raccolto intorno al suo cratere 300 persone nel giro di mezza giornata. Reggio non tace. E non tace don Giovanni Landiana davanti alle intimidazioni della ’ndrangheta; non nasconde la paura, ma continua a «stare negli incroci della storia, ove vivono i crocifissi d’oggi».
Non tace nemmeno l’arcivescovo di Locri, don Francesco Oliva. Nel 2018 pronuncia una coraggiosissima omelia nel santuario di Polsi, luogo simbolo della ’ndrangheta: «L’uso indebito dell’immagine della Madonna di Polsi e la sua strumentalizzazione da parte di uomini di mafia e di ’ndrangheta, il venire qui non da pellegrini ma con intenti malvagi e sacrileghi, è stata una gravissima offesa alla fede di tutto il popolo mariano. (…) Non basta dirsi cattolici. Non basta partecipare ad atti di culto: accom
Senza la presenza di questa Chiesa, in tanti territori sarebbe impossibile la sopravvivenza
pagnare la statua in una processione, ricevere i Sacramenti, venire in pellegrinaggio. Ci vuole la rettitudine di cuore, la purità nei pensieri e nelle intenzioni».
Non tacciono, i Comboniani, la rete di comunità istituita da padre Alex Zanotelli per incoraggiare sviluppo e promozione umana in Africa, America Latina, Asia. Presenza importante anche in Europa e in Italia nel contrasto al disagio e all’emarginazione; in particolare, a Castel Volturno il loro operato è fondamentale: portano avanti un progetto di integrazione attraverso una scuola di italiano per migranti e una di mediazione culturale, creano aggregazione attraverso lo sport e le arti, gestiscono un laboratorio di sartoria solidale.
Non tace don Marco Ricci, parroco di San Vito al Vesuvio, che si batte strenuamente per la salute delle persone: da quando un chierichetto della sua parrocchia è morto di leucemia a soli 14 anni, ha iniziato a fare tutto quello che era in suo potere per investigare, capire, e una volta compresa la responsabilità enorme delle ecomafie, dei rifiuti sotterrati, degli incendi tossici, ha intrapreso una sistematica campagna di denuncia senza sconti.
Non tace sotto scorta da quando, nel 2002, ha occupato con la sua associazione “Progetto Sud”, autogestita insieme a persone disabili, uno degli edifici sequestrati alla ’ndrangheta. Nonostante gli attentati e continue minacce, non arretra di un passo, e la sua squadra con lui.
E non tace don Luigi Ciotti, il fondatore di “Libera-Associazioni”, nomi e numeri contro le mafie, una rete che oggi tiene unite oltre 800 associazioni, cooperative sociali, movimenti, scuole, sindacati, parrocchie, gruppi scout, impegnati non solo “contro”: contro l’ingiustizia, la corruzione, la criminalità, le mafie; ma soprattutto “per”: per la tutela dei diritti, per una politica trasparente, per la verità e il rispetto dei valori democratici, per la condivisione della memoria.
Lamemoria, per Libera, è fondamentale, perché non cali mai l’attenzione sulle vittime innocenti delle mafie, perché non sia dimenticato il sacrificio di uomini, donne, bambini le cui vite sono state spazzate via da una violenza senza giustificazione. Vite che adesso sono affidate alla testimonianza, al ricordo. È per questo che il primo giorno di primavera, ogni anno il 21 marzo, Libera ha istituito la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, durante la quale vengono ricordati tutti, i nomi di queste donne, di questi uomini, di questi bambini. Un rosario civile sgranato in tantissime città, in Italia e all’estero, per conservarne sempre una parte fra i vivi, la parte più importante, quella che ci ricorda che sperare in un mondo diverso è possibile, ma che per evitare che la lista di nomi si allunghi ancora, la consapevolezza di quello che è stato, e che può ancora succedere, è imprescindibile. Senza la presenza di questa chiesa, in tanti territori sarebbe impossibile la sopravvivenza. Nei territori in cui lo Stato è spazio di polizia, repressivo, non c’è spazio per il contatto umano, e nelle crepe, nei vuoti che quest’assenza lascia nelle persone, si insinuano le mafie, prendendosi la fedeltà che alle istituzioni non interessa cercare. Se è vero che senza speranza si sopravvive poco e male, che gli esseri umani hanno bisogno, per crescere, di essere pensati, allora si capisce l’importanza di coloro che pensano, amano, riparano le finestre. Coloro che fanno sentire amati i dimenticati, ne riempiono i cuori di speranza e le giornate di vita.
La vita dell'animale e dell'uomo
mentre prendevo alcune pagine di giornali vecchi per accendere il fuoco e del camino ho trovato su il FQ mi pare del 26\3\2022 un articolo interessantissimo di una voce contro corrente che è quella di Massimo Fini condivisibilissimo quando dice :
<< “Quando si arriva a produrre e commercializzare ‘shampoo e linee di beauty per cani’, gli si fa indossare, oltre ai cappottini, t-shirt, cappellini, trench, bretelle, stivaletti di montone, occhiali da sole, gli si smaltano le unghie, li si irrora di eau de toilette alla vaniglia perché non odorino da cani, di ‘Color Highlight’ per fare le meches al pelo, striandolo di rosa, di arancione, di blu, di fucsia, di oro, li si fa massaggiare, in centri specializzati, con gli oli essenziali e si fanno loro impacchi d’argilla, li si vaporizza con spray anti-stress, li si porta dallo psicoanalista da 300 dollari l’ora e infine si stipulano polizze vita a loro favore del valore di 200 milioni di dollari, vuol dire che una società è giunta al capolinea. ”Così scrivevo ne Il ribelle dalla A alla Z del 2006. Pensavo che avessimo toccato il fondo. Invece si può sempre scavare. Il New York Times ci informa che negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in parte anche da noi, è in crescita il fenomeno delle cerimonie di nozze per cani e gatti, “toelettandoli a festa e vestendoli con smoking, frac, pizzi, volant di tulle, fiocchi e merletti”. Alcuni, e sono i peggiori, per toelettarsi la coscienza, affermano che il tutto ha scopi benefici per supportare i rifugi dei randagi o dei cani trovatelli, altri, più sinceri, ammettono che è per il proprio puro piacere. In Germania, paese notoriamente sensibilissimo agli esseri umani, è stata approvata una legge che obbliga i padroni a portare fuori i loro animali almeno due volte al giorno e stando almeno un’ora a passeggiare. Negli Stati Uniti, come ha raccontato la nostra Camilla Tagliabue, non si può identificare un animale con il termine “pet”, è meglio utilizzare “animal companion, compagnoanimale, perché in America qualcuno, più di uno, pensa che l’espressione pet qualifichi l’animale come proprietà, mentre companion da l’idea della convivenza con esso, senza specificare alcun padrone o possesso”. Insomma siamo all’estremizzazione della cancel culture per cui gli Lgbtqi+, come se non bastasse, non possono essere semplicemente indicati così ma gli deve essere aggiunto un segno speciale, una sorta di e rovesciata, perché non ci siano indicazioni di genere. In Grecia è vietato mangiare carne di cavallo. Ora l’uomo è un animale onnivoro, e quindi anche carnivoro, e perciò ha diritto di sfamarsi come meglio può. E’ antropocentrico, così come il gatto è gattocentrico e il leone leonecentrico. Il leone si stupirebbe molto se qualcuno andasse a dirgli che non è etico che si divori l’antilope. Lasciamo qui perdere il discorso, che riguarda i vegani e i vegetariani, se non sia peggio mangiarsi una sana cotoletta di una mucca allevata all’alpeggio o piuttosto tenere le mucche, i polli, i conigli, stabulati, sotto i riflettori 24 ore su 24, e quindi torturandoli, ingrassati così artificialmente per poterli smerciare a un peso che non è il loro, perché ci porterebbe troppo lontano >> .
Perché si snaturalizzano ulteriormente e se ne fanno dei feticci . Mentre non condivido completamente l'ultima parte, sarà perchè ho sempre ( ancora vivo ) vissuto con gli animali in casa e in campagna ora vivaio con cani e gatti,la seconda parte :
<< In questi giorni di guerra abbiamo visto molti ucraini, non particolarmente coraggiosi, filarsela tenendosi stretti al petto i loro cani e gatti, senza capire, credo, che questi animali toglievano spazio ad altri umani in fuga.In realtà cani, gatti e consimili sarebbero di per sé delle brave bestie se non ci fossero i loro padroni. Scriveva Ernest Hemingway in Morte nel pomeriggio: ”Io sono persuaso, per esperienza e osservazione, che coloro i quali si identificano con gli animali, vale a dire gli innamorati quasi professionisti di cani e altre bestie, sono capaci di una maggiore crudeltà verso gli esseri umani, di coloro che stentano a identificarsi con gli animali”.>>
perchè soprattutto negli anziani , cani e gatti in particolare . a meno che uno non scelga o non viva in campagna , fanno parte della famiglia e ti ci affezioni . Infatti a parte le idiozie di matrimoni, tinture, vestiario e tutto ciò che li snatura, trovo assurdo non amare e prendersi quindi cura dei propri animali. Amore e cura sono un tutt’uno. Ma Sono d’accordo con Fini. perchè ovviamente senza generalizzare , senza arrivare agli estremi (toilette, matrimoni e cose simili) quasi tutti i possessori di animali li considerano di gran lunga più importanti degli esseri umani (parenti strettissimi a parte).
26.3.22
NON ERANO STREGHE - MARCO CHIAVISTRELLI una canzone-video sulla CACCIA ALLE STREGHE
Decine e decine di migliaia di donne, quasi fino al 1800, arse vive e torturate in ogni modo affinchè confessassero peccati mai commessi: la caccia alle streghe, il genocidio delle innocenti. E' stato calcolato che non più del 2% delle divorate vive dalla fame di ignoranza, superstizione e maschilismo dominanti, facesse un qualche rito particolare, tra l'altro innocuo e senza colpe specifiche di nessun tipo!! Il 98% erano donne normalissime, giovani o vecchie innocenti che per qualche antipatia o bigottismo venivano additate (bastava 2-3 persone ostili) come streghe e adoratrici di satana. Guaritrici, levatrici, artiste, donne libere, donne possidenti cui lo stato e la chiesa si accaparravano dopo il rogo i beni (!), donne che rifiutavano le avances di prepotenti, donne, donne, donne e basta!! Fuori dominava il vento dell'inquisizione folle e della morbosa arroganza maschile. Furono divorate sepolte sezionate estirpate di organi disossate disarticolate affogate asfissiate, sempre bruciate vive con la folla che le respingeva nel fuoco se tentavano di fuggirlo. IL LORO DOLORE ATTRAVERSA I SECOLI, e raggiunge quello delle donne violentate, scheggiate, disprezzate, sottomesse oggi. Ascoltiamo le loro grida affinchè non vengano dimenticate. NON ERANO STREGHE ERANO DONNE!
25.3.22
dura lotta contro l'omofobia e i pregiudizi del patriarcato la storia della pugile irma testa
Irma Testa, medaglia di bronzo alle Olimpiadi, racconta a Fanpage.it il lungo processo che l’ha portata a fare coming out: “Anche per tutti quei ragazzi che vogliono sentirsi liberi di amare”.
A cura di Redazione Sport
Si è tolta un sassolino dalla scarpa ‘Butterfly' Testa, ricordando le tante parole superficiali che ha dovuto sentire sul suo conto. Parole che riguardavano anche lo sport che pratica: "Tante volte hanno associato al mio orientamento sessuale il pugilato e il fatto che rende più mascolina. Qualcuno ha dato anche una spiegazione scientifica, ma non la ricordo, perché è una cosa totalmente inutile. C'è chi pensa che le donne abbiano degli sport predefiniti. Mi hanno detto: sei così perché fai pugilato, ecco perché non dovreste farlo voi donne".Dopo aver fatto coming out Testa ha ricevuto tanti messaggi, anche da persone che non conosceva, e ha voluto parlare di quello che le ha fatto più male. Il racconto di una ragazza che non ha avuto il sostegno della famiglia: "Ho ricevuto tanti messaggi. E vorrei raccontare quello più brutto, quello di una ragazza che non avevano accettato. E così lei invece di amare le donne ha scelto di stare con i ragazzi. Questo è stato il messaggio più brutto che ho ricevuto, è stato di un'atrocità unica. Volevo essere la sorella maggiore di tanti ragazzi e ragazze che vogliono sentirsi liberi di amare chi vogliono".Il coming out Irma Testa lo ha fatto dopo la mancata approvazione del DDL Zan e ancora ricorda bene le esultanze di una parte del Senato: "Ha inciso anche quello nel mio annuncio. Forse la reazione dei nostri senatori. Loro sono le figure che ci rappresentano, le più illustri, e davanti alla negazione dei diritti non si può esultare in quel modo. È stato molto brutto".
Studiare da rifugisti: l'academy è in montagnaUn verso per TikTok, la poesia si fa social.,Missione arance: lotta contro mafia e spreco.,
I gestori di Brioschi e Rosalba lanciano un percorso formativo per aiuto-rifugisti
Gratuito, per un massimo di sei candidati, per imparare il lavoro in rifugio
LECCO – Un lavoro bello ma decisamente duro quello del rifugista, perché la vita in montagna ha il suo grande fascino ma è una sfida personale e, in questo caso, anche professionale.
Il territorio lecchese offre anche questa opportunità di impiego ed oggi c’è anche un percorso formativo per imparare il mestiere: si tratta della ‘Capanat Academy’ di aiuto-gestori di rifugio che ha lo scopo di assumere nuove leve, rivolto a chi vuole intraprendere una esperienza di lavoro in rifugio.
E’ la proposta lanciata da ‘Brialba’, che si occupa si occupa della gestione dei rifugi “Rosalba” e “Brioschi” entrambi sul gruppo delle Grigne, con il patrocinio del Cai di Milano, in collaborazione con guide di montagna e Resinelli Tourism Lab.
Il percorso, completamente gratuito, si svolgerà presso i rifugi Brioschi e Rosalba e prevede la partecipazione di massimo 6 candidati/e ai quali, al termine del percorso, verrà rilasciato oltre che un attestato di frequenza, un attestato corso HACCP.
Ai partecipanti verrà attivata un’assicurazione idonea per attività nel rifugio sponsorizzata da “https://www.quadrifoglio.srl/”L’unico obbligo per i partecipanti sarà attivare l’assicurazione attività individuale del CAI.Al termine della Capanat Academy verranno valutate eventuali opportunità di assunzione e saranno anche promosse attività di segnalazione (liste) anche a beneficio di altri rifugi interessati. Il programma si svolgerà nei week end di apertura dei rifugi tranne il modulo “Mountain Experience” che prevede due giornate infrasettimanali di uscita in ambiente con le Guide Alpine di Mountain Dream Guide
24.3.22
Italia-Macedonia, gara di playoff mondiali che si giocherà giovedì sera allo stadio Barbera di Palermo, vedrà la Rai entrare in una nuova era per quanto riguarda il racconto dello sport.
finalmente s'inizia a cambiare rotta , a non proporre fuori luogo tette e culi ( per lo più siliconati \ gonfiati ) , e fare una tv che sia rispettosa del corpo delle donne . Con Italia-Macedonia leggo sull'articolo ( che trovate sotto) di https://www.fanpage.it/sport/calcio/
A cura di Paolo Fiorenza
Giovedì sera l'Italia si giocherà la qualificazione ai prossimi Mondiali affrontando la Macedonia del Nord nella semifinale dei playoff a Palermo. È la prima delle due scialuppe di salvataggio che gli uomini di Mancini dovranno cercare di condurre in porto dopo il fallimento nel girone eliminatorio: in caso di successo nel primo match, gli azzurri affronteranno poi fuori casa la vincente della sfida tra Portogallo e Turchia. La gara del Barbera segnerà peraltro anche un profondo cambiamento nel modo di raccontare la Nazionale in TV da parte della Rai: una svolta netta nel format, ma soprattutto nella filosofia che ispirerà il network pubblico.Il motore primo della mutazione – elaborata nelle scorse settimane e che vedremo per la prima volta domani sera – è stata la nomina del nuovo direttore di Rai Sport, Alessandra De Stefano ( foto sotto al centro ). La 56enne giornalista napoletana è la prima donna a dirigere la testata sportiva della Rai, essendo subentrata nello scorso novembre ad Auro Bulbarelli. La storica inviata del ciclismo e conduttrice del Processo alla Tappa ha voluto subito dare la propria impronta, a cominciare dall'appuntamento più seguito dello sport in Rai: le partite della Nazionale italiana di calcio.
"So di essere scomoda perché rivendico il diritto di scegliere chi va in video in base al merito e di privilegiare chi è bravo favorendo il ricambio: siamo troppo vecchi, a Rai Sport – è la dichiarazione programmatica della De Stefano – Dai miei giornalisti mi aspetto fame di notizie e voglia di lavorare scomodamente, perché la comodità è una trappola per un cronista. Che siano corretti ma decisi, che non si facciano spaventare dall'aggressività di poteri forti o uffici stampa: se sei preparato e lavori seriamente la tua autorevolezza ti porterà sempre ad essere un interlocutore privilegiato dagli atleti. Cosa ho sacrificato per raccontare lo sport? La mia vita, tutta. Ma ne valeva la pena…".
la vittoria contro la pseudo alienazione parentale di laura Massaro
Quella di Laura Massaro è una storia tremenda andata avanti troppo a lungo, con un figlio strappato alla madre per una “sindrome” senza alcun fondamento scientifico. Infatti
[...]La sindrome da alienazione genitoriale o sindrome da alienazione parentale (PAS, Parental Alienation Syndrome) è una controversa dinamica psicologica disfunzionale che, secondo le teorie del medico statunitense Richard Gardner, si attiverebbe sui figli minori coinvolti tanto in contesti di separazione e divorzio dei genitori, definiti conflittuali, quanto in contesti di presunta violenza intrafamigliare.[...]Oggi la Cassazione ieri ha fatto vincere la giustizia, ribadendo due punti fondamentali: l’illegittimità della PAS e la superiorità dell’interesse dei bambini rispetto al diritto alla bigenitorialità.Una bella notizia, una speranza per molte
Infatti dalla Bacheca di Patrizia Cadau leggo la bellissima notizia
Laura Massaro ( foto sotto a sinistra ) e suo figlio Lorenzo sono liberi.
23.3.22
solidarietà alle voci libere come quella di Orsini
Il problema non è che le persone sane di coscienza non abbiano la consapevolezza che una guerra è sempre una
merda e che chi la propaghi con minacce termonucleari non sia uno psicopatico criminale, il problema è che chi adesso ragiona in modo analitico e pensa che questa dinamica verta su basi sbagliate da principio e ne individui cause e responsabili mettendo la logica come conseguenza delle ripercussioni, non possa esprimersi liberamente perché demonizzato come filoputiniano e quindi guerrafondaio, io sto dalla parte di Orsini che dopo la censura dalla sua stessa università , ne subisce un altra dal deputato Andrea Romano che sbraita con un interrogazione parlamentare ( ci sono argomenti più seri di cui occuparsi , perbacco ) solo perchè lo hanno chiamato per 6 puntate a parlare a Carta Bianca su rai 3 . Le accuse ? quello d'essere oggettivo nelle sue dichiarazioni e con dati alla mano: era una guerra annunciata e ad ogni azione corrisponde una reazione a torto o a ragione, c'erano degli accordi internazionali inviolabili che sono stati ignorati per quanto fossero sbagliati e lesivi per principi di libertà e diritto di indipendenza, ma tra mettere a rischio la democrazia di un popolo e lavorare con altri strumenti per la risoluzione di questo o mettere a rischio il pianeta con una possibile guerra termonucleare, personalmente voto per la pace, per la coerenza e il male minore. Non mi schiero cosi replico e mi spiego al mio post su fb ( sotto al centro la schermata e qui l'intera discussione senza censure )che ha creato ed ancora crea polemiche , a favore dei cattivi ma contro i " Buoni" , contro un altro tipo di bombardamento che è quello mediatico e di propaganda e contro una censura tutta italiana, appoggiamo zelensky a favore della democrazia e della libertà e siamo, sulla carta, (poi bisogna vedere la realtà effettiva ) il 41 esimo paese con libertà di stampa e di opinione, solo dopo il Ghana e il Burkina Faso, SPARISCONO ARTICOLI, SPARISCONO PAGINE DI INFORMAZIONE come per magia....per dire...Il "nostro" Presidente si schiera fornendo armi all'Ucraina e dichiarando apertamente la posizione dell'Italia...io sono italiana, parla per me ? Ma io la guerra non la voglio, io non l'ho votato! Inoltre <<Rivendico >> come Luciano Canfora << la possibilità di osservare e analizzare lucidamente i fatti. Da quando è caduta l’Urss il metodo dell’Occidente è stato demolire tutto il blocco ex sovietico, pezzo per pezzo, facendo avanzare minacciosamente il confine della Nato fin sotto Pietroburgo >>
22.3.22
Barletta, infermiere 81enne muore e dona fegato e reni: "Il suo ultimo gesto per i malati dopo una vita al loro servizio"
da https://bari.repubblica.it/cronaca/ del 21\3\2022
L'uomo era in pensione dopo essere stato per tutta la sua vita lavorativa un dipendente dell'ospedale Dimiccoli di Barletta: il sì alla donazione da moglie e figli
Per molti anni ha prestato servizio all'ospedale Dimiccoli di Barletta occupandosi dei malati e delle loro famiglie e nella notte il suo "sì" ha consentito che la vita continuasse a beneficio di chi nella donazione di organi e tessuti ripone l'ultima speranza. Un uomo di 81 anni di Barletta ha donato fegato e reni.
"A dare il consenso sono stati la moglie e i tre figli - racconta Giuseppe Vitobello,
coordinatore donazioni Asl Bt - a loro va il nostro ringraziamento più sentito. Questa donazione è la dimostrazione che non ci sono limiti di età per la donazione perché gli organi, se in buone condizioni, possono essere trapiantati anche in persone molto più giovani". Nella sala operatoria diretta dal dottor Giuseppe Cataldi, si sono avvicendate le equipe del Policlinico di Bari che ha prelevato il fegato e del Policlinico di Foggia che ha prelevato i reni."Proprio ieri abbiamo sottolineato che il numero dei cittadini che esprime in vita il consenso alla donazione sta crescendo in maniera importante - dice Tiziana Dimatteo, Direttrice Generale Asl Bt - e oggi questa settima donazione dall'inizio dell'anno è la dimostrazione di come su questo territorio si stia facendo un lavoro importante di sensibilizzazione e di attenzione nei confronti della donazione degli organi e dei tessuti. Il nostro pensiero va alla famiglia del donatore che ha saputo scegliere la vita". Dall'inizio dell'anno a oggi nella Asl Bt sono stati eseguite sette donazioni multiorgano di cui cinque all'ospedale Dimiccoli di Barletta.
storia di Angela Russo ha 28 anni chi ha vinto il male dell'anoressia e ha fondato un'associazione che aiuta chi soffre di disturbi alimentari
Angela Russo ha raccontato la sua storia da anoressica che l’ha portata a pesare solamente 18 chilogrammi: “Hanno abusato di me quando ero piccola”
Angela Russo (Tv8)
Angela Russo è una ragazza affetta in passato da anoressia che adesso sta bene, è in forma e in salute, ma che fino a poco tempo fa era arrivata ad essere quasi uno scheletro. Del suo caso ne ha parlato stamane ampiamente il programma di Tv8 “Ogni Mattina”, condotto da Viola e Adriana Volpe, che ha mandato in onda alcune foto della povera Angela, arrivata a pesare addirittura 18 chilogrammi. In studio chiedono alla giovane cosa l’abbia spinta a non mangiare più, e lei ha risposto: “All’età di 6 anni ho subito abusi, sapevo che non fosse normale che una persona adulta avesse determinati comportamenti con me, ma non sapevo chi dei due fosse nel torto quindi pensavo che la causa del male fossi io. Non ho mai denunciato la cosa ai genitori, mi sentivo in colpa, sbagliata, e mi sentivo morire… volevo morire”. Angela si sente quindi di mandare un messaggio a chi come lei si rifugia nel cibo: “L’anoressia non è la soluzione, non dà felicità, la malattia spesso dà giudizi che siamo ancora più duri di quelli che ci diamo noi, non sarai mai abbastanza magro ne malato, è un circolo vizioso che ti porta a stare sempre più male ma mai meglio, alla fine si spreca una vita per nulla”.
ANGELA RUSSO: “DUE MESI IN COMUNITA’ POI LA RINASCITA”
In studio un esperto psicologo di una comunità che tratta appunto questi casi, il dottor Leonardo Mendolicchio: “Le comunità servono perchè aiutiamo le persone a non voler morire, dando il cibo vero che è la vita. Dobbiamo aiutarle queste persone, iniettando in loro tutta la vita possibile, facendole studiare, dando la gioia, lo sport, permettendo di stare assieme, ritrovando amicizie, amore, voglia di studiare, tutta la vita che nutre questi soggetti che poi guariscono”. Angela Russo ha deciso di reagire, recandosi appunto per due mesi in una comunità specializzata da cui è poi rinata: “Quando ho fatto il colloqui con lo specialista ho capito che non ero io il problema, e che ero una parte fondamentale del mio percorso per poter vivere”.
da republica
Cherif Doumbouya, dalla “papera” alle parole di consolazione degli ultrà del UsTempio
Cherif Doumbouya, dalla “papera” alle parole di consolazione degli ultrà del Tempio
Un bel gesto di civiltà ed educazione sportiva dei sostenitori dei Galletti dopo l’errore che è costato il derby con il Calangianus
Nella foto Cherif Doumbouya consolato dai tifosi a fine partita (foto concessa US Tempio)
Una punizione certamente non irresistibile quella di Del Soldato, che al 34' del secondo tempo ha regalato la vittoria al Calangianus nel sentitissimo derby gallurese contro il Tempio, quasi uno spareggio per il salto in Eccellenza. Un tiro lento sul quale Cherif Doumbouya, 22 anni, senegalese, portiere dei Galletti, è incappato in una papera clamorosa, facendosi sfilare il pallone tra le mani. Il giovane portiere senegalese si è fatto prendere dallo sconforto. Nonostante fosse stato già consolato dai compagni alla fine ha chiesto scusa a tutti e dopo il triplice fischio dell'arbitro si è avvicinato nel settore ultrà del Tempio, dove erano accalcati 300 tifosi. Malgrado la comprensibile delusione e la cocente sconfitta dal settore tanti applausi e parole di incoraggiamento da per Cherif. Un bel gesto, di grande sportività e amicizia, che fa da splendido contraltare a episodi di maleducazione, inciviltà (e talvolta razzismo) che talvolta siano abituati a vedere sugli spalti e nei rettangoli di gioco.
16.3.22
Il patto con il diavolo dei monaci banditi del convento di Mazzarino
- Il 12 marzo del 1962, esattamente sessanta anni fa, in corte di Assise a Messina si apriva una vicenda siciliana che ancora oggi ha molti punti oscuri.
- Uomini devoti a Dio e che avevano stretto anche un patto con il diavolo. Quattro frati arrestati per concorso in omicidio, associazione a delinquere, estorsione. Prima assolti, poi condannati. Ignoti complici e mandanti
- Tutto era iniziato la sera del 5 novembre del 1956, con due colpi di lupara sparati all’interno di una cella del convento di Mazzarino.
Entrano in aula trascinando i piedi, legati uno all’altro con le catene ai polsi come i prigionieri più pericolosi. Vengono dal carcere e forse anche dall’inferno. Barbe lunghe e arruffate, capelli scompigliati, unghie che sono artigli. E sguardi allucinati.
C’è anche una rivista, la copertina è dedicata ai «Don Abbondio delle estorsioni». Dietro le sbarre, ai ceppi ci sono quattro imputati, quattro religiosi. Fra Agrippino e fra Venanzio, fra Carmelo e fra Vittorio, tutti accusati di concorso in omicidio, associazione a delinquere, violenza privata, simulazione di reato.
LA MAFIA NASCOSTA SOTTO IL SAIO
L’ESTORSIONE CON LO SCONTO
A tanti ma non a tutti. In paese c’è anche chi vuole sapere la verità. È un vigile urbano, si chiama Giovanni Stuppia, fa domande in giro. Troppe. Una sera, mentre torna a casa, gli sparano. Anche a lui, come al cavaliere Cannada, disintegrano il femore. Ma miracolosamente si salva. E prima di finire sotto i ferri in ospedale fa un nome: «È stato Azzolina». Nella notte i carabinieri perquisiscono il casolare di un giovane pregiudicato, Filippo Azzolina, e trovano un fucile da caccia caricato a pallettoni. Filippo Azzolina si difende, dice che l’ha nascosto lì suo zio Gerolamo. Lo zio, interrogato all'alba, crolla e ammette di avere sparato al vigile urbano. Coinvolge anche i complici, Giovanni Sallemi e Filippo Nicoletti.È quest’ultimo che porta dritto i carabinieri al convento. Comincia a parlare delle lettere anonime («Ma non le ho scritte io perché non so leggere né scrivere ») e gli sfugge un nome: fra Agrippino. È stato lui.Fra Agrippino viene interrogato e tira in ballo l’ortolano Carmelo Lo Bartolo che subito dopo si butta latitante. Trascorre appena qualche settimana alla macchia e viene catturato a Genova, poi lo chiudono nel carcere Malaspina di Caltanissetta. Dopo cento giorni di detenzione lo trovano morto in cella, impiccato a un lenzuolo.«Suicidio», sentenzia sbrigativamente il medico legale. «L’hanno suicidato», denuncia sua moglie Teresa. Il procuratore Lamia che intanto continua la sua inchiesta, fa controllare i conti bancari degli indiziati.L’ortolano ha risparmi per 74.390 lire. E gli altri tre, Gerolamo Azzolina e Giovanni Sallemi e Filippo Nicoletti, tutti insieme non arrivano a racimolare 50mila lire. Fra Agrippino ha invece un libretto al portatore con un deposito di 320mila lire, fra Carmelo un deposito con 400mila e altrettanto ha sua nipote Rosa che lavora come addetta alle pulizie per 12mila lire al mese in una clinica di Palermo.Nella cella di fra Venanzio trovano una macchina per scrivere Olivetti lettera 22 che, secondo i periti, è quella delle missive anonime. Nella cella di fra Vittorio viene sequestrata una risma di carta identica alla carta utilizzata dai ricattatori. Si scopre anche la messinscena delle due fucilate in convento, quando è cominciato tutto. Sono stati gli stessi frati a simulare l’attentato.Il 16 febbraio del 1960 il procuratore della Repubblica Mario Lamia firma gli ordini di cattura contro i quattro monaci, a dicembre ne chiede il rinvio a giudizio. Contro i religiosi non prendono provvedimenti né l’ordine dei cappuccini né la curia di Caltanissetta. Aspettano, aspettano la giustizia terrena e la giustizia divina.SDopo poco più di un anno ecco i quattro frati giudicati dalla Corte di Assise di Messina – processo spostato in quella città per legittima suspicione, legittimo sospetto – che entrano in aula.Le prove contro di loro sono schiaccianti, i grandi avvocati scesi da Roma e dal nord Italia per difendere i religiosi invocano «lo stato di necessità», in pratica sostengono che i frati sono stati costretti dall’ortolano o da ben altri complici a taglieggiare gli abitanti di Mazzarino. Come è possibile che quattro ingenui religiosi possano avere organizzato un piano così diabolico? Chi si nasconde dietro il loro saio?La vedova del cavaliere Cannada durante un’udienza denuncia di avere ricevuto altre minacce di morte, il giornalista sacerdote Lorenzo Bedeschi sull’Avvenire assolve i suoi colleghi ancora prima della sentenza. Che viene pronunciata a tempo di record, tre mesi e dieci giorni dopo l’inizio del dibattimento, il 22 giugno 1962.Assolto fra Vittorio per non avere commesso il fatto, assolti fra Venanzio e fra Agrippino e fra Carmelo per avere agito in stato di necessità proprio come ipotizzavano i principi del foro. Condanna dai 16 ai 30 anni invece per gli altri imputati, i malacarne del paese. È un verdetto clamoroso.Subito si racconta di un furibondo scontro in camera di consiglio fra il presidente Tommaso Toraldo e l’altro giudice togato, si scatenano le polemiche fra gli avvocati, alcuni di loro si spingono ad affermare che i monaci non solo non sono colpevoli «ma che hanno adempiuto a una missione».Il processo d’appello inizia un anno dopo, il 21 maggio del 1963. Fra Vittorio non è in aula perché uscito dal processo. Fra Carmelo è così vecchio che non può più muoversi, sul banco degli imputati si presentano fra Agrippino e fra Venanzio. Tutti e due liberi, senza più catene ai polsi.Il farmacista Ernesto Colajanni, che in primo grado si era costituito parte civile, si ritira in buon ordine. Ma, inaspettatamente, i giudici smontano la sentenza precedente e ribaltano il verdetto: 13 anni di reclusione per fra Agrippino, fra Venanzio e fra Carmelo per associazione a delinquere ed estorsione, gli altri imputati condannati per omicidio. L’impianto accusatorio è confermato, i monaci restano in libertà in attesa della Cassazione. E un’altra volta tutto è da rifare, perché nel febbraio del 1965 la Suprema corte cancella la sentenza di appello e dispone un nuovo processo. Lontano dalla Sicilia, a Perugia. Si apre nell’estate del 1966, a giugno. Fra Carmelo nel frattempo muore. Restano solo fra Agrippino e fra Venanzio.Il procuratore generale è Marino Colacci, descrive il convento di Mazzarino «come la centrale operativa del banditismo mafioso del paese» e chiede pene severe per i monaci. Il 30 settembre del 1967 fra Agrippino e fra Venanzio vengono condannati a 8 anni. Non si scoprono i legami che i frati avevano con i boss, non si scoprono conniventi o mandanti, non si scopre – oltre al movente del denaro – cosa abbia spinto i quattro religiosi a mettere a ferro e fuoco un intero paese. Fra Agrippino torna nel monastero di Mazzarino, dove rimane segregato sino al suo ultimo giorno di vita, nel 1987. Fra Venanzio viene trasferito in una missione in Brasile, dove muore nel 1989. Nel convento dei misteri oggi vivono quattro suore.
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